CAPITOLO 3
UNA GITA
SOTTOTERRA
COLLEGIO ST BARTLEBY PER GIOVANI GENTILUOMINI
Leale era al servizio di Artemis Fowl fin dalla nascita del ragazzo. Durante la prima notte di vita del suo protetto aveva montato la guardia fino al mattino davanti alla maternità della clinica Le Pietose Sorelle. Da quel momento e per oltre un decennio era stato il suo insegnante, mentore e protettore. Non erano mai rimasti divisi per più d'una settimana... fino ad ora. Sapeva che non avrebbe dovuto prendersela. Una guardia del corpo non dovrebbe attaccarsi emotivamente al proprio datore di lavoro, è qualcosa che danneggia le sue capacità di giudizio. Ma ciò nonostante Leale non poteva fare a meno di pensare all'erede dei Fowl come al figlio o al fratello minore che non aveva mai avuto.
Parcheggiò la Bentley sul viale d'ingresso del collegio. Per quanto incredibile potesse sembrare, negli ultimi mesi si era ulteriormente irrobustito. Con Artemis in collegio, passava tutto il suo tempo in palestra. A dire la verità era stufo di sollevare pesi, ma le autorità del St Bartleby si erano rifiutate di concedergli una branda nella stanza di Artemis. E da quando il giardiniere aveva scoperto il suo nascondiglio accanto alla diciassettesima buca del campo da golf, lo avevano bandito in permanenza dai terreni circostanti.
Artemis uscì dal cancello, i commenti del dottor Po che ancora gli echeggiavano nella mente.
«Problemi, signore?» chiese Leale, notando la sua espressione cupa.
«Niente di particolare.» Artemis prese posto sul sedile in pelle color vinaccia della Bentley e scelse un'acqua non gassata nel frigobar. «Un altro psicologo sputasentenze.»
«Devo farci quattro chiacchiere?» s'informò Leale, impassibile.
«Lascia perdere. Che notizie della Fowl Star?»
«Stamattina abbiamo ricevuto una e-mail. Un filmato MPG.»
Artemis si accigliò. Non poteva accedere agli MPG dal suo cellulare.
Leale tirò fuori un piccolo computer dal vano portaoggetti. «Pensavo che saresti stato ansioso di vederlo, così l'ho scaricato su questo.»
Continuando a guidare, gli passò il computer e Artemis si affrettò ad accenderlo. Lì per lì pensò che le pile fossero esaurite; solo dopo qualche istante si rese conto di vedere una spianata coperta di neve. Bianco su bianco, con ombre quasi impercettibili a indicare buche e ondulazioni del terreno.
Tutta quella neve gli procurò una sensazione di disagio. Strano come una scena tanto innocente potesse risultare così minacciosa.
La telecamera scattò verso l'alto per mostrare il cielo opaco, crepuscolare, e poi si abbassò a inquadrare un lontano fagotto scuro. Un crepitio ritmico uscì dal computer mentre il cameraman avanzava sulla neve. I contorni del fagotto si fecero più distinti: era un uomo seduto su, no, legato a, una sedia. Il ghiaccio tintinnò nel bicchiere di Artemis. Gli tremavano le mani.
Un tempo, gli stracci dell'uomo erano stati abiti costosi. Aveva la faccia attraversata da cicatrici saettanti e sembrava che gli mancasse una gamba. Difficile a dirsi. Adesso Artemis aveva il fiato corto, come un maratoneta a fine gara.
Al collo dell'uomo era appeso con lo spago un pezzo di cartone. E sul rozzo cartello, in pesanti lettere nere, erano scarabocchiate due parole: Zdravstvutye syn. La telecamera zummò sul messaggio e infine si spense.
«Tutto qui?»
Leale annuì. «Soltanto l'uomo e il cartello. Nient'altro.»
«Zdravstvutye syn» mormorò Artemis con accento impeccabile. Studiava quella lingua da quando suo padre era scomparso.
«Devo tradurre?» chiese Leale. Anche lui conosceva il russo: l'aveva imparato durante i cinque anni trascorsi in un'unità di spionaggio sul finire degli anni Ottanta, però il suo accento non era perfetto come quello del suo giovane datore di lavoro.
«No, so cosa significa. Zdravstvutye syn: Ciao, figliolo.»
In silenzio, Leale immise la Bentley sull'autostrada. Solo dopo parecchi minuti si decise a chiedere: «È lui, Artemis? Potrebbe essere tuo padre?»
Artemis ripassò l'MPG e lo bloccò sulla faccia dell'uomo legato. Toccò lo schermo, inondandolo di distorsioni color arcobaleno.
«Penso di sì, Leale, ma la qualità dell'immagine è troppo scadente. Non posso esserne sicuro.»
Leale capì le emozioni che scuotevano il suo giovane protetto. Anche lui aveva perso qualcuno a bordo della Fowl Star. Suo zio, il Maggiore, aveva accompagnato il padre di Artemis in quel viaggio fatale: sfortunatamente, il suo corpo era riapparso nell'obitorio di Tcherskij.
«Comunque» disse Artemis, riacquistando il controllo «devo seguire questa pista.»
«Naturalmente sai qual è il passo successivo.»
«Sì. Una richiesta di riscatto. Questa è solo l'esca, per attirare la mia attenzione. Mi serve l'oro del Popolo. Contatta subito Lars a Zurigo.»
Leale accelerò, portandosi in corsia di sorpasso.
«Signore, ho una certa esperienza in faccende del genere.»
Artemis non lo interruppe. Prima della nascita del suo attuale protetto, la carriera di Leale era stata a dir poco turbolenta.
«I rapitori hanno la tendenza a eliminare tutti i testimoni. Dopodiché tendono a eliminarsi l'un l'altro per evitare di dividere il bottino.»
«Vieni al punto.»
«Il punto è che pagare il riscatto non garantisce la sopravvivenza di tuo padre. Sempre che quell'uomo sia tuo padre. È estremamente probabile che i rapitori intaschino i soldi e ci uccidano tutti.»
Artemis fissò assorto lo schermo. «Hai ragione, naturalmente. Dovrò farmi venire in mente un piano.»
Leale deglutì. Se lo ricordava, l'ultimo piano di Artemis. Per poco non era costato loro la vita e aveva quasi scatenato una guerra interspecie. Leale non era tipo da spaventarsi facilmente, ma lo scintillio negli occhi del Fowl Junior bastò a fargli scorrere un brivido lungo la spina dorsale.
TERMINAL E1: TARA, IRLANDA
Il capitano Spinella Tappo decise di filare dritta in superficie senza neanche smontare, fermandosi solo quanto bastava a ingurgitare una stecca nutrizionale e un frappè energetico prima di saltare su una navetta superveloce diretta a Tara.
E adesso il capo della sicurezza del terminal le stava mettendo i bastoni fra le ruote. Non solo ce l'aveva con lei perché aveva bloccato il traffico per ottenere una capsula prioritaria per E1, ma ancora di più lo mandava in bestia che gli avesse ordinato di farle trovare un'intera navetta riservata per il viaggio di ritorno.
«Perché non ricontrolla?» gli chiese Spinella a denti stretti. «Sono sicura che ormai l'autorizzazione dalla Centrale è arrivata.»
Il truculento gnomo consultò il suo computer palmare. «Nossignora. Qua non c'è niente.»
«Senta, signor...»
«Comandante Terragno.»
«Comandante Terragno. Ho una missione importante. Questione di sicurezza nazionale. La sala-arrivi deve restare sgombra per un paio d'ore.»
Terragno si esibì in uno pseudosvenimento. «Un paio d'ore! Sei matta, ragazza? Ho tre navette in arrivo da Atlantide. Che gli racconto? Che la gita è annullata per le fisime di segretezza della LEP? È alta stagione. Non posso chiudere bottega. Fuori discussione, non se ne parla nemmeno.»
Spinella alzò le spalle. «Bene. Lasci pure che i turisti mi vedano tornare quaggiù insieme a due umani. Si scatenerà un putiferio. Garantito.»
«Umani? Nel terminal? Sei matta?»
Ma ormai la pazienza e il tempo di Spinella erano agli sgoccioli. «Lo vede questo?» sbottò, indicando il distintivo sull'elmetto. «Sono della LEP. Col grado di capitano. E nessuna guardia giurata interferirà con i miei ordini.»
Terragno si raddrizzò in tutta la sua statura, più o meno settanta centimetri. «Sì, lo so chi sei. La capitana matta. Hai provocato un bello sconquasso, l'anno scorso. Va' a sapere quanti lingotti di tasse dovremo ancora pagare per quello scherzetto.»
«Chiama la Centrale, idiota d'un burocrate.»
«Chiamami come ti pare, signorina. Qui rispettiamo le regole, e senza una conferma dal basso io non posso certo cambiarle. Di sicuro non per una femmina nevrastenica col grilletto facile.»
«E allora chiama la Centrale!»
Terragno tirò su col naso. «Stanno appena iniziando a montare le vampe di magma. È difficile prendere la linea. Magari ci riprovo dopo il mio giro di ronda. Puoi aspettare in sala passeggeri.»
La mano di Spinella si mosse verso lo sfrizzagente.
«Ti rendi conto di quello che stai facendo, vero?»
«Cioè?» gracchiò lo gnomo.
«Stai ostacolando un'operazione della LEP.»
«Non ostacolo un acc...»
«Ed è in mio potere rimuovere il suddetto ostacolo con qualunque mezzo ritenga necessario.»
«Non minacciarmi, signorina.»
«Non ti minaccio.» Spinella estrasse lo sfrizza e lo fece volteggiare abilmente. «Mi limito a informarti della procedura standard. Se continui a ostacolarmi, dovrò rimuovere l'ostacolo in questione, ossia te, e rivolgermi al secondo in comando.»
La sicurezza di Terragno vacillò. «Non oseresti mai...»
Spinella sorrise. «Sono la capitana matta, ricordi?»
Lo gnomo ci pensò su. Che arrivasse a sfrizzarlo era improbabile, però con le elfe non si era mai sicuri.
«Vabbè» decise, ordinando una stampata al computer. «Questo permesso è valido ventiquattr'ore. Se sfori i limiti, finisci in custodia appena rientri. E allora sarò io quello che spara minacce.»
Spinella gli strappò il foglio di mano. «Fa' quello che ti pare. Ma ricordati di farmi trovare sgombra la sala-arrivi, quando torno.»
IRLANDA, SULLA STRADA DAL ST BARTLEBY
A CASA FOWL
Artemis stava bersagliando Leale con idee a raffica. Era una tecnica cui ricorreva spesso quando tentava di formulare un piano. Dopotutto, se c'era qualcuno esperto di operazioni segrete, quel qualcuno era la sua guardia del corpo.
«Possiamo rintracciare l'MPG?»
«No. Ci ho provato, ma avevano piazzato un virus autodistruttivo nella e-mail. A stento sono riuscito a copiare il filmato su disco, prima che l'originale sparisse.»
«E dal filmato? Possiamo ricavare la posizione geografica dalle stelle?»
Leale sorrise. Artemis cominciava a pensare come un soldato.
«Niente da fare. Ho spedito una foto a un mio amico della NASA. Neanche si è preso il disturbo d'ingrandirlo al computer. Bassa definizione.»
Artemis rimase in silenzio per un minuto. «Quanto ci vuole per arrivare in Russia?»
Leale tamburellò le dita sul volante. «Dipende.»
«Da cosa?»
«Da come ci andiamo. Per via legale o illegale.»
«Qual è il modo più rapido?»
Leale rise. Non capitava spesso. «Di solito quello illegale è più rapido, ma sarà comunque un viaggio piuttosto lento. Di sicuro non possiamo usare l'aereo: la Mafia terrà d'occhio tutte le piste.»
«Siamo sicuri che ci sia dietro la Mafia?»
«Temo di sì.» Leale lanciò un'occhiata nello specchietto retrovisore. «Tutti i rapimenti fanno capo alla Mafia. Anche se a mettere le mani su tuo padre fosse stato un cane sciolto, avrebbe dovuto consegnarlo appena i capi ne fossero venuti a conoscenza.»
Artemis annuì. «Come pensavo. Dunque dovremo viaggiare via mare, e questo significa minimo una settimana. Ci tornerebbe utile un aiuto, quanto ai mezzi di trasporto. Qualcosa che colga la Mafia di sorpresa. Come stiamo a carte d'identità?»
«Nessun problema. Possiamo farci passare per indigeni. Susciteremo meno sospetti. Ho passaporti e visti.»
«Da. Qual è la nostra copertura?»
«Stefan Bashkir e suo zio Constantin.»
«Perfetto. Lo scacchista prodigio e il suo tutore.» Avevano già usato la stessa copertura in altre occasioni. Una volta un agente di frontiera, anche lui esperto scacchista, aveva messo in dubbio la loro identità finché Artemis lo aveva battuto in sei mosse. Da allora quella tecnica era diventata famosa come la Manovra Bashkir.
«Quando possiamo partire?»
«Praticamente subito. Questa settimana la signora Fowl e Juliet sono a Nizza. Abbiamo otto giorni. Basterà scrivere alla scuola, trovare qualche scusa...»
«Oserei dire che il St Bartleby sarà lieto di sbarazzarsi di me per qualche tempo.»
«Possiamo andare all'aeroporto direttamente da Casa Fowl, il jet Lear è pronto a partire. Atterriamo in Scandinavia e prendiamo una nave da lì. Devo solo passare da casa un momento per recuperare alcune cosette.»
Artemis poteva immaginare esattamente il tipo di cosette che Leale intendeva recuperare. Cosette affilate e cosette esplosive.
«Bene. Prima è, meglio è. Dobbiamo localizzare i rapitori prima che se ne rendano conto. Controlleremo le e-mail strada facendo.»
Leale lasciò l'autostrada e puntò verso Casa Fowl.
«Sai, Artemis» disse, guardando nello specchietto. «Stiamo per metterci contro la Mafia russa, lo ci ho già avuto a che fare. Quelli non sono tipi da mettersi a negoziare. Se li prendiamo di petto, diversa gente potrebbe farsi male. Probabilmente noi.»
Artemis annuì distrattamente, fissando il proprio riflesso nel finestrino. Gli serviva un piano. Qualcosa di audace e brillante. Qualcosa di mai tentato prima. Ma non era troppo preoccupato. Il suo cervello non l'aveva mai deluso.
NAVETTIPORTO DI TARA
Il navettiporto di Tara era davvero impressionante. Ottocento e passa metri cubi di terminal nascosti sotto un poggio coperto di erbacce nel bel mezzo del pascolo dei McGraney.
Per secoli i McGraney avevano rispettato i confini della Fortezza delle Fate, e per secoli avevano goduto di una fortuna eccezionale. Le malattie svanivano nottetempo. Antiche, inestimabili opere d'arte emergevano dal terreno con incredibile regolarità. E fra il loro bestiame non si era verificato un solo caso di mucca pazza.
Dopo aver risolto il problema del visto, Spinella varcò la porta blindata ed emerse dalla schermatura olografica. Per il viaggio era riuscita ad assicurarsi le Koboi DoppiAgile. Funzionavano a batteria solare con rimbalzo satellitare e impiegavano una struttura alare rivoluzionaria: un paio di ali fisse per planare e un paio di ali più piccole per le manovre. Era un pezzo che aveva voglia di provarle, ma ne circolavano solo pochi esemplari. A Polledro non andava di usarle perché non le aveva progettate lui. Invidia professionale. Spinella aveva approfittato della sua assenza dal laboratorio per acciuffarne un paio dalla rastrelliera.
Si librò a quindici metri da terra, assaporando l'aria non filtrata della superficie. Nonostante l'inquinamento era comunque migliore di quella riciclata delle gallerie. Dopo qualche minuto tornò a concentrarsi sulla sua missione: come rapire Artemis Fowl.
Non da Casa Fowl, poco ma sicuro. Legalmente, introdursi in un'abitazione senza permesso l'avrebbe portata su un terreno pericoloso. Anche se, in teoria, il rapimento dell'anno prima poteva equivalere a una specie di invito, pochi avvocati avrebbero accettato un caso sulla base di una difesa del genere. Comunque, la casa era una vera e propria fortezza e aveva già sgominato un'intera squadra LEPrecupero. Perché lei avrebbe dovuto cavarsela meglio?
Per giunta era probabile che Artemis l'aspettasse, soprattutto se era in affari con i Mazza Sette. Non le sorrideva l'idea di cacciarsi in una trappola. Già una volta era stata prigioniera in Casa Fowl. Magari la sua cella era ancora arredata.
Attivò il computer del programma di navigazione e digitò le coordinate di Casa Fowl. Subito una luce cremisi pulsò accanto alla pianta 3D comparsa sul visore. L'edificio era stato dichiarato "zona proibita" dalla LEP. Spinella sbuffò. Adesso le avrebbero rifilato un avvertimento video.
La faccia del caporale Lili Foglietta comparve sullo schermo. Naturalmente avevano scelto lei, per quel compito. La pupa della LEP. Alla Centrale il sessismo era vivo e vegeto e godeva ottima salute. Si diceva che i risultati dell'esame finale di Lili fossero stati pesantemente influenzati dalla sua discendenza dal re elfico.
«Avete selezionato Casa Fowl» trillò Foglietta, sbattendo le ciglia. «Si tratta di una zona proibita. L'accesso è severamente vietato. E così pure sorvolarla. Artemis Fowl è tuttora considerato una minaccia per il Popolo.»
Le comparve accanto una foto di Fowl, con un cipiglio truce ritoccato in digitale.
«Il suo assistente, che risponde al nome di Leale, non va avvicinato in nessuna circostanza. Di solito è armato e sempre pericoloso.»
Il testone di Leale comparve accanto alle altre due immagini. Armato e pericoloso era dir poco. Il solo umano ad avere mai sconfitto un troll in un corpo-a-corpo.
Spinella inviò le coordinate al computer di volo e lasciò che le ali facessero il resto. La campagna scivolò rapida sotto di lei. Dalla sua ultima visita, l'infestazione dei Fangosi sembrava peggiorata. Non c'era un mezzo ettaro di terra senza dozzine delle loro abitazioni conficcate nel suolo, non un chilometro di fiume senza una delle loro fabbriche ad avvelenare le acque.
Finalmente il sole sparì dietro l'orizzonte e Spinella tolse il filtro dal visore. Il tempo era dalla sua parte. Aveva a disposizione tutta la notte per escogitare un piano. Però le mancavano i commenti sarcastici di Polledro: per quanto irritanti fossero le osservazioni del centauro, di solito risultavano accurate e le avevano salvato la vita in più di un'occasione. Tentò di stabilire un collegamento, ma le vampe di magma erano ancora alte e non c'era ricezione. Soltanto scariche di statica.
Casa Fowl torreggiò davanti a lei. Esaminò l'edificio col termosensore, ma le forme di vita che scoprì erano esclusivamente insetti e piccoli roditori. Ragni e topi. Nessuno in casa. Ottimo. Atterrò sulla testa di un doccione particolarmente brutto e restò in attesa.
CASA FOWL
Il castello Fowl era stato eretto da Lord Hugo Fowl nel quindicesimo secolo e dominava la pianura su quattro lati. Una tattica presa in prestito dai Normanni: mai permettere al nemico di coglierti alla sprovvista. Nel corso dei secoli, l'edificio era stato più volte modificato fino a diventare una dimora signorile, però sempre mantenendo un occhio di riguardo per le misure di sicurezza. Attualmente era circondato da mura spesse un metro e protetto da un capolavoro di sistema elettronico.
Leale aprì il cancello col telecomando e osservò nello specchietto la faccia pensierosa del suo datore di lavoro. A volte pensava che, nonostante tutti i suoi contatti, informatori e impiegati, Artemis Fowl fosse il ragazzo più solo che avesse mai conosciuto.
«Potremmo portarci dietro un paio di quei toaster fatati» suggerì.
Durante l'assedio dell'anno prima, aveva alleggerito dell'artiglieria la Squadra LEPrecupero Uno.
Artemis annuì. «Buona idea, però togli le batterie nucleari e metti i toaster in una valigia insieme a qualche gioco e libri vari. Se ci catturassero, potremmo spacciarli per giocattoli.»
«Sissignore. Buona idea.»
La Bentley percorse il viale, attivando le luci di sicurezza incastonate nel terreno. Nell'edificio erano accese parecchie lampade, regolate da comandi a tempo che scattavano secondo uno schema casuale.
Leale sganciò la cintura di sicurezza e uscì agilmente dalla Bentley.
«Desideri qualcosa in particolare, Artemis?»
«Prendi del caviale dalla cucina. Per diecimila sterline a trimestre, alla mensa del St Bartleby ci rifilano schifezze inaudite.»
Leale sorrise di nuovo. Un adolescente che chiedeva del caviale. Non ci avrebbe mai fatto l'abitudine.
Ma il sorriso gli morì sulle labbra prima ancora che avesse raggiunto il portone restaurato da poco. Un brivido gli attraversò il cuore. Conosceva quella sensazione. Sua madre diceva sempre che qualcuno era appena passato sulla sua tomba. Un sesto senso. C'era un pericolo, là intorno. Invisibile, ma c'era.
Spinella vide i fari spazzare il cielo quando la Bentley distava ancora più di due chilometri. Dal suo posto d'osservazione, lo schermo Optix non serviva granché. Anche quando riuscì a distinguere il parabrezza, il vetro era oscurato e dietro s'intravedevano soltanto ombre. Il suo cuore accelerò i battiti.
Lauto percorse la strada scivolando tra salici e ippocastani. D'istinto, Spinella si chinò: era schermata, d'accordo, ma col tirapiedi di Fowl non c'era da stare sicuri. L'anno prima Artemis aveva dissezionato un elmetto fatato per costruire un paio di occhiali che avevano permesso a Leale d'individuare e neutralizzare un intero commando LEPrecupero. E anche se era improbabile che la guardia del corpo se lo portasse dietro in pianta stabile, non conveniva sottovalutare Fowl o il suo assistente... come Grana Algonzo e i suoi ragazzi avevano scoperto a proprie spese.
Portò la taratura della Neutrino a un valore leggermente superiore a "stordire". Non ci avrebbe perso il sonno, se per caso avesse fritto un paio di cellule del cervello di Leale.
Lauto imboccò il viale facendo scricchiolare la ghiaia. Si fermò, e ne uscì la guardia del corpo. Spinella si accorse di digrignare i denti. Una volta, dopo il primo mortale scontro di Leale con un troll, gli aveva salvato la vita. Non era sicura che l'avrebbe rifatto.
Trattenendo il fiato, regolò le DoppiAgile su "discesa lenta" e calò silenziosa verso terra, tenendo l'arma puntata contro il petto di Leale. Un bersaglio che neanche un nano accecato dal sole avrebbe potuto mancare.
L'umano non poteva essersi accorto della sua presenza. Impossibile. Eppure esitò. Si fermò e fiutò l'aria. Quel Fangoso era come un cane. No, non un cane, un lupo. Un lupo con una grossa pistola.
Spinella puntò la minicam dell'elmetto sull'arma e inviò una foto al database del suo computer. Pochi istanti dopo, un'immagine 3D rotante ad alta definizione apparve in un angolo del visore.
«Sig Sauer» disse la voce registrata di Polledro. «Nove millimetri. Tredici colpi in canna. Grossi. Basta uno a farti saltare la testa, e a questo la magia non può porre rimedio. A parte ciò dovresti essere a posto, sempre che ti sia ricordato d'indossare la tuta regolamentare da superficie in microfibra da me recentemente brevettata. Ma, essendo un fanfarone della Ricog, probabilmente non l'hai fatto.»
Spinella si accigliò. Polledro era ancor più irritante quando aveva ragione. Era saltata sulla prima capsula a disposizione senza minimamente pensare alla tuta da superficie.
Ormai aveva gli occhi al livello di quelli di Leale, e ancora si librava a un metro da terra. Quando aprì i sigilli del visore, il sibilo pneumatico la fece trasalire.
Anche Leale lo sentì, e subito puntò la Sig Sauer verso la fonte del suono.
«Fatina» disse «so che sei lì. Abbassa lo schermo o comincio a sparare.»
Non esattamente la posizione di vantaggio che Spinella aveva avuto in mente. Aveva il visore alzato e il dito del gigante accarezzava il grilletto. Prese fiato e abbassò lo schermo.
«Salve, Leale» disse con calma.
«Salve, capitano.» Leale armò la Sig Sauer. «Vieni giù lentamente e non tentare qualcuno dei tuoi...»
«Metti via la pistola» disse Spinella, la voce densa di fascino ipnotico.
La canna della pistola cominciò a tremare mentre Leale opponeva resistenza.
«Mettila giù, Leale. Non costringermi a friggerti il cervello.»
Una vena pulsò nella palpebra di Leale.
Incredibile, pensò Spinella. Mai visto niente del genere.
«Non resistere, Fangoso. Arrenditi.»
La guardia del corpo aprì la bocca. Per avvertire Artemis. Spinella si concentrò, investendolo con ondate di magia.
«Mettila giù, ho detto!»
Una goccia di sudore gli scivolò lungo una guancia.
«METTILA GIÙ!»
E finalmente Leale obbedì, lentamente e con riluttanza.
Spinella sorrise. «Bene... Fangoso. Adesso torna in macchina e comportati come se niente fosse.»
Le gambe di Leale si mossero, ignorando i segnali furibondi del suo cervello.
Spinella riattivò lo schermo. Questa se la sarebbe goduta.
Artemis stava scrivendo una e-mail sul computer portatile.
Caro dottor Guiney, a causa dell'irriguardoso terzo grado al quale il vostro psicologo ha sottoposto il mio piccolo Arty, ho deciso di ritirarlo dal St Bartleby per una serie di sedute terapeutiche con veri e seri professionisti nella Clinica Mont Gaspard in Svizzera. Sto seriamente prendendo in considerazione l'opportunità di un'azione legale. Non tenti di mettersi in contatto con me: servirebbe solo a infastidirmi ulteriormente, e quando sono infastidita, di solito mi rivolgo ai miei avvocati. Sinceramente,
Angeline Fowl
Inviò il messaggio e si concesse il lusso di un sorrisetto. Gli sarebbe piaciuto vedere la faccia del preside Guiney quando avesse letto la lettera. Sfortunatamente, la minicam che gli aveva piazzato nell'ufficio trasmetteva solo nel raggio di un chilometro.
Leale aprì lo sportello e dopo qualche istante si sedette al posto di guida.
Artemis chiuse con uno scatto il cellulare e lo infilò nel portafoglio. «Il capitano Tappo, presumo. Perché non la smetti di vibrare e rientri nello spettro visibile?»
Un guizzo, e Spinella comparve. In mano stringeva un'arma luccicante. E indovinate su chi era puntata.
«Insomma, capitano, è proprio necessario?»
Spinella sbuffò. «Vediamo. Rapimento, seri danni fisici, estorsione, complicità in tentato omicidio. Secondo me è necessario.»
«Per piacere, capitano!» Artemis sorrise. «Ero giovane ed egoista. Puoi crederci oppure no, ma sono arrivato al punto di nutrire alcuni dubbi su quella particolare impresa.»
«Non abbastanza da restituire l'oro, però.»
«No. Non esattamente.»
«Come hai capito che ero qui?»
Artemis congiunse la punta delle dita. «Da diversi indizi. Uno: Leale non ha eseguito il solito controllo antibomba sotto l'auto. Due: è tornato senza quello che era andato a prendere. Tre: lo sportello è rimasto aperto diversi secondi, una cosa che nessuna guardia del corpo seria farebbe mai. E quattro: ho individuato un leggero alone mentre entravi nel veicolo. Elementare, in realtà.»
Spinella aggrottò la fronte. «Un Fangosetto osservatore, eh?»
«Ci provo. Ora, comandante Tappo, se volessi essere così gentile da dirmi perché sei qui...»
«Come se non lo sapessi.»
Artemis ci pensò su. «Interessante. Dev'essere successo qualcosa, ovviamente. E altrettanto ovviamente ne sono ritenuto responsabile.» Sollevò d'un millimetro un sopracciglio. Un'espressione di emozione intensa, per Artemis Fowl. «Qualche umano fa affari col Popolo.»
«Impressionante» commentò Spinella. «O lo sarebbe, se non sapessimo entrambi che quell'umano sei tu. Ma se anche non riusciremo a tirarti fuori la verità, sono sicura che i file del tuo computer ci diranno parecchie cose.»
Artemis chiuse il computer. «Capitano, mi rendo conto che fra noi non corre buon sangue, ma adesso non ho tempo. È imperativo che io abbia qualche giorno per sistemare certi affari.»
«Fuori discussione. Sottoterra ci sono alcune persone che gradirebbero fare quattro chiacchiere con te.»
Artemis alzò le spalle. «Dopo quanto ho fatto, suppongo di non potermi aspettare un trattamento di riguardo.»
«Esatto. Non puoi.»
«Quindi suppongo di non avere scelta.»
Spinella sorrise. «Esatto, Fowl, non ce l'hai.»
«Andiamo, allora?» Il tono di Artemis era sottomesso, ma il suo cervello era tutto uno scoppiettio di idee. Forse cooperare con il Popolo non era un'idea malvagia. Dopotutto avevano diverse abilità interessanti.
«Perché no.» Spinella si rivolse a Leale. «Dirigiti a sud. Mantieniti sulle strade secondarie.»
«Andiamo a Tara, presumo. Mi sono spesso chiesto dove fosse esattamente l'ingresso di E1.»
«Continua a chiedertelo, Fangosetto» borbottò Spinella. «Ora dormi. Tutta questa tua attività deduttiva mi sta stancando.»