CAPITOLO 2
CICCA IL SEDUTTORE
GLI STRATI INFERIORI, WEST BANK, CANTUCCIO
L'immagine tradizionale di un leprecauno è quella di uno spiritello vestito di verde. Questo, naturalmente, è lo stereotipo umano. Il Popolo ha stereotipi diversi. Di solito pensa che gli agenti della Squadra Ricognizione della Libera Eroica Polizia siano rozzi gnomi o elfi forzuti reclutati direttamente dalle squadre universitarie di strozza-palla.
Il capitano Spinella Tappo non corrispondeva a nessuno dei due stereotipi. In effetti, era l'ultima creatura al mondo che si sarebbe potuta prendere per un agente della LEPricog. Se qualcuno avesse cercato di indovinare la sua occupazione, l'andatura felina e la muscolatura robusta avrebbero fatto pensare a una ginnasta, o forse a una speleologa professionista. Ma guardandola negli occhi si potevano scorgere un'energia così infuocata da accendere una candela a dieci passi, e quella capacità di cavarsela nelle peggiori situazioni che ne faceva uno dei più rispettati ufficiali della Ricog.
Anche se, per essere precisi, in teoria Holly non era più in servizio alla Ricog. In seguito al Caso Artemis Fowl, quando era stata catturata e poi rilasciata dietro versamento di un congruo riscatto, la sua posizione di primo ufficiale femmina della Ricog era stata messa in discussione. E se attualmente non si trovava in casa ad annaffiare le felci, era solo perché il comandante Tubero aveva minacciato di restituire il distintivo se l'avessero sospesa. Anche se gli Affari Interni non ne erano convinti, Tubero sapeva che il rapimento non era stato colpa di Spinella e che solo la sua prontezza di riflessi aveva evitato la perdita di vite umane.
Comunque, l'eventuale perdita di vite umane non crucciava granché i membri del Consiglio. Li crucciava molto di più la perdita dell'oro. E per riavere Spinella avevano dovuto sganciare una bella fetta del fondo-riscatto della LEP. In effetti Spinella era più che disposta a farsi un giro in superficie e strapazzare Artemis Fowl finché si fosse deciso a restituire il maltolto, ma non era così che funzionavano le cose: secondo il Libro, la bibbia del Popolo, se un umano riusciva a derubare il Popolo, l'oro diventava suo di diritto.
Alla fine, invece di toglierle il distintivo, gli Affari Interni avevano deciso di affibbiarle un incarico di basso profilo e scarsissimo prestigio. Vigilanza, ovviamente. Spinella era stata trasferita a Dogane e Dazi, infilata in una capsula e ancorata a una parete rocciosa per tenere d'occhio un pozzo ascensionale a pressione. Più che un lavoro, un vicolo cieco.
Sia chiaro: il contrabbando dava parecchio da pensare alla LEP. Non tanto per l'innocua paccottiglia contrabbandata (occhiali da sole firmati, videocassette DVD, macchine per fare il cappuccino e simili), quanto per il metodo usato per procurarsela.
I goblin della triade Mazza Sette avevano il monopolio del contrabbando e le loro escursioni in superficie stavano diventando sempre più audaci. Correva addirittura voce che avessero costruito una propria navetta per rendere più fruttuose le spedizioni.
Il problema principale era che i goblin erano stupidi. Sarebbe bastato che uno di loro dimenticasse di azionare lo scudo, e magnifiche istantanee di goblin in varie pose sarebbero finite su tutte le prime pagine nonché in mondovisione. A quel punto gli Strati Inferiori, l'ultima zona del pianeta libera dai Fangosi, non avrebbero avuto scampo. Conoscendo la natura umana, sarebbe stata solo questione di tempo prima che anche lì arrivassero inquinamento, scavi minerari e sfruttamento selvaggio.
Ragion per cui, qualunque infelice finisse sul libro nero del Dipartimento era destinato a restare di vedetta per mesi, e questo spiegava perché Spinella si trovasse in una capsula ormeggiata davanti a un pozzo poco usato.
E37 portava dritto nel centro di Parigi, Francia. La capitale europea era segnalata come zona ad alto rischio, perciò solo di rado venivano rilasciati permessi di visita. E solo ad agenti della LEP. Erano anni che nessun civile usava quel pozzo, sorvegliato ventiquattr'ore al giorno e sette giorni a settimana. Il che significava sei agenti in turni di otto ore.
Il compagno di squadra di Spinella era Cicca Verbil. Come la maggior parte degli spiritelli, Cicca si riteneva un verdastro dono del cielo per le femmine di qualunque tipo, e passava più tempo a tentare di far colpo che a lavorare.
«Oggi è più carina del solito, capitano» fu la sua battuta d'attacco, quella sera. «Ha fatto qualcosa ai capelli?»
Spinella mise a fuoco lo schermo, chiedendosi cosa mai avrebbe potuto fare con un taglio a spazzola come il suo.
«Concentrati, soldato, da un momento all'altro potremmo trovarci impegnati in uno scontro a fuoco.»
«Ne dubito, capitano. Questo posto è più tranquillo d'una tomba. È proprio il tipo d'incarico rilassante che piace a me. Una scampagnata.»
Spinella studiò il panorama sottostante. Verbil aveva ragione. In seguito alla chiusura del pozzo al traffico civile, il quartiere un tempo brulicante di attività era diventato un deserto. Ormai da quelle parti passava solo qualche troll alla ricerca di cibo... e se ci sono i troll, vuol dire che un posto è proprio deserto.
«Eccoci qui soli soletti, capitano. E la notte è ancora giovane.»
«Piantala, Verbil. Concentrati sul lavoro. O quello di soldato semplice non è un grado abbastanza basso per te?»
«Sì, Spinella, chiedo scusa, voglio dire, sissignore.»
Spiritelli. Tutti uguali. Dategli un paio di ali e si credono irresistibili.
Spinella si morse le labbra. Quel lavoro di ronda era già costato abbastanza tasse-oro ai contribuenti. Tanto valeva che le autorità ci dessero un taglio, ma naturalmente non ci pensavano neanche. Era il posto ideale per tenere in quarantena gli agenti diventati fonte d'imbarazzo.
Comunque lei era decisa a svolgere quel compito al meglio delle sue capacità. Non aveva intenzione di fornire altri pretesti agli Affari Interni.
Richiamò sullo schermo al plasma la lista di controllo giornaliera. Gli indicatori dei morsetti pneumatici erano sul verde. C'era gas a sufficienza per mantenere la capsula a ciondolare in quel punto per quattro lunghe, noiose settimane.
Subito dopo venivano i termosensori. «Cicca, fai una ricognizione. Usa una termica.»
Verbil sorrise. Gli spiritelli adorano volare. «Ricevuto, capitano» rispose, agganciando un termosensore alla tuta.
Spinella aprì un portello. Verbil si tuffò tra le ombre e subito il termosensore cominciò a spazzare l'area sotto di lui con raggi sensibili al calore. Lo schermo davanti a Spinella si riempì di immagini sfocate in varie sfumature di grigio: il termosensore poteva segnalare la presenza di ogni creatura vivente, anche se nascosta dietro un masso, ma naturalmente non si vedeva un'anima, a parte qualche smoccorana e la punta della coda di un troll in rapida ritirata.
«Ehi, capo» gracchiò la voce di Verbil dall'altoparlante «do un'occhiata ravvicinata?»
Era questo il guaio con gli analizzatori portatili: più lontano eri, più debole diventava il segnale.
«Va bene, Cicca. Un altro giro. Fa' attenzione.»
«Non temere, Spinella. Il grande Cicca si conserverà tutto intero solo per te.»
Spinella prese fiato per una rispostaccia, ma le parole le morirono in gola. Sullo schermo, qualcosa si stava muovendo.
«Cicca... l'hai visto?»
«Affermativo, capo. Ricevo qualcosa, ma non so cos'è.»
Spinella ingrandì una sezione dello schermo. Due "qualcosa" si aggiravano al secondo livello. Due qualcosa grigi.
«Mantieni la posizione, Cicca. Prosegui il controllo. Grigio? Com'era possibile che una qualunque cosa grigia si muovesse? Grigio significava morto. Niente calore, freddo come una tomba. A meno che...»
«Sta' in guardia, soldato semplice Verbil. Possibili elementi ostili.»
Dopodiché, senza perdere tempo, si mise in comunicazione con la Centrale, dove Polledro, il genio tecnico della LEP, li teneva d'occhio dalla Cabina Operativa.
«Polledro. Ci vedi?»
«Sì, Spinella» rispose il centauro. «Vi ho appena trasferiti sullo schermo principale.»
«Che mi dici di quelle sagome grigie? Non ho mai visto niente del genere.»
«Neanch'io.» Seguì un breve silenzio, punteggiato dal ticchettio della tastiera. «Due spiegazioni possibili. Uno: un guasto strumentale. Potrebbero essere immagini fantasma provenienti da un altro sistema. Tipo interferenze radio.»
«E l'altra?»
«È troppo ridicola per parlarne.»
«Fammi un favore, Polledro, parlane.»
«Be', per quanto possa sembrare assurdo, forse qualcuno ha trovato un modo per eludere il mio sistema.»
Spinella impallidì. Se Polledro ammetteva quella possibilità, ciò significava che era reale. Chiuse la comunicazione col centauro e riportò la sua attenzione sul soldato semplice Verbil. «Cicca! Torna indietro. Sali! Sali!»
Ma lo spiritello era troppo impegnato a far colpo sul suo grazioso capitano per rendersi conto della gravità della situazione. «Rilassati, Spinella. Sono uno spiritello. Nessuno può centrare uno spiritello.»
Fu allora che un proiettile eruttò attraverso una feritoia del pozzo, aprendo un foro grosso quanto un pugno in un'ala di Verbil.
Spinella infilò una Neutrino 2000 nella fondina, sparando ordini attraverso il comunicatore dell'elmetto. «Codice 14, ripeto Codice 14. Spiritello colpito. Spiritello colpito. Siamo attaccati. Inviate stregomedici e rinforzi.»
Saltò fuori dal portello e atterrò nel tunnel, riparandosi dietro una statua di Foglietta, il primo re elfico. Cicca era caduto su un cumulo di detriti dall'altra parte del viale. Non aveva un bell'aspetto. Un lato dell'elmetto aveva sbattuto contro un muro e il comunicatore era completamente fuori uso.
Doveva raggiungerlo alla svelta o era spacciato. Gli spiritelli avevano limitati poteri di guarigione: erano in grado di far sparire una verruca, ma le ferite serie erano al di fuori della loro portata.
«Ti passo il comandante» annunciò la voce di Polledro nel suo orecchio. «Sta' pronta.»
La voce raschiante del comandante Tubero cavalcò latrando le onde radio. Non sembrava di buonumore. Non che questa fosse una sorpresa.
«Capitano Tappo. Mantieni la posizione finché arrivano i rinforzi.»
«Negativo, comandante. Cicca è ferito. Devo aiutarlo.»
«Spinella. Il capitano Algonzo arriverà a minuti. Resta dove sei. Ripeto: resta dove sei.»
Dietro il visore, Spinella digrignò i denti esasperata. Era a un pelo dall'essere espulsa dalla LEP, e adesso questo. Per salvare Cicca doveva disobbedire a un ordine diretto.
Tubero intuì la sua indecisione. «Ascoltami bene. Con qualunque cosa vi stiano sparando, ha aperto un buco nell'ala di Verbil. Il tuo giubbotto LEP servirebbe a poco. Perciò sta' buona e aspetta il capitano Algonzo.»
Il capitano Algonzo. Probabilmente il più esaltato fra gli agente della LEP, famoso per aver scelto il nome Grana al compimento della maggiore età. Comunque Spinella non avrebbe voluto nessun altro agente a coprirle le spalle.
«Spiacente, signore, non posso aspettare. Cicca è ferito a un'ala. Sa che cosa significa.»
L'ala di uno spiritello non è come quella di un passero. Le ali sono l'organo più grande degli spiritelli e contengono sette arterie principali. Un buco del genere doveva averne spaccate minimo tre.
Il comandante Tubero fece un sospiro che, attraverso gli auricolari, suonò come una raffica di energia statica.
«E va bene. Ma sta' attenta. Non voglio perdere un altro dei miei.»
Spinella estrasse la Neutrino 2000 e, per non correre rischi, la posizionò sul 3. Probabilmente i cecchini erano goblin della Mazza Sette: una scarica forza 3 li avrebbe stesi minimo per otto ore.
Scattando come una molla, lasciò il riparo della statua un istante prima che una gragnuola di proiettili ne facesse saltare svariati pezzi, e raggiunse il compagno caduto mentre le pallottole le ronzavano attorno come api supersoniche. Di solito in una situazione del genere si consiglia di non spostare la vittima, ma quel fuoco incrociato non lasciava scelta. Così Spinella afferrò il soldato semplice per le spalline e lo trascinò dietro un'arrugginita navetta mercantile.
Cicca le rivolse un debole sorriso. «Lo sapevo che venivi a prendermi, capo.»
«Naturale che sono venuta, Cicca» replicò Spinella, tentando di mascherare la preoccupazione. «Mai abbandonare un ferito.»
«Lo sapevo che non potevi resistermi» farfugliò lo spiritello. «Lo sapevo.» Poi chiuse gli occhi. Era parecchio malridotto. Forse troppo.
Spinella si concentrò sulla ferita. Guarisci, pensò, e sentì la magia gonfiarsi dentro di lei, pizzicando come un milione di spilli, e scorrerle nelle braccia e verso le dita. Appoggiò le mani sulla ferita di Verbil e scintille azzurrine presero a danzarvi attorno, riparando il tessuto danneggiato e reintegrando il sangue perduto. Il respiro dello spiritello si stabilizzò e una sana sfumatura verdastra gli colori le guance.
Spinella sospirò. Cicca se la sarebbe cavata. Probabilmente non avrebbe più partecipato a missioni volanti, ma sarebbe sopravvissuto. Lo distese su un fianco, facendo attenzione a non schiacciare l'ala ferita. Adesso doveva occuparsi delle misteriose sagome grigie. Alzò la taratura della Neutrino a 4 e corse verso l'ingresso del pozzo.
All'Accademia della LEP, sin dal primissimo giorno di corso un grosso gnomo peloso, col torace ampio quanto quello d'un troll-toro, spiaccica ogni cadetto contro il muro e lo avverte di non precipitarsi mai alla cieca in un edificio durante un conflitto a fuoco. Ripete l'avvertimento tutti i giorni, finché resta impresso a fuoco nel cervello di ognuno. Ma quella volta il capitano Spinella Tappo della Squadra LEPricog si comportò esattamente così.
Per cominciare, fece esplodere le doppie porte della stazione e le superò d'un balzo, tuffandosi al riparo di un banco del check-in. Neanche quattrocento anni prima quel posto brulicava di turisti in coda per chiedere un permesso di viaggio in superficie. Parigi era stata una meta turistica molto popolare finché, inevitabilmente, gli umani si erano impadroniti della capitale europea. L'unico posto dove il Popolo era al sicuro era Disneyland, subito fuori città, dove nessuno trovava sconcertante la presenza di creature fuori dall'ordinario, neanche se erano verdi.
Spinella attivò il motosensore dell'elmetto ed esaminò l'edificio tramite il pannello di sicurezza al quarzo del bancone. Se qualcosa si fosse mosso, il computer dell'elmetto l'avrebbe segnalato automaticamente con un alone color arancio. Alzò lo sguardo appena in tempo per vedere due figure galoppare su una balconata panoramica e verso il navettiporto. Goblin, senza ombra di dubbio: correvano a quattro zampe per guadagnare velocità e si tiravano dietro un carrello. Indossavano una tuta in lamina riflettente completa di casco, ovviamente per ingannare i termosensori. Molto intelligente. Troppo, per i goblin.
Spinella percorse a tutta velocità il livello inferiore, mantenendosi parallela ai goblin e passando in mezzo a vetusti cartelloni pubblicitari afflosciati. TOUR DEL SOLSTIZIO: DUE SETTIMANE, VENTI GRAMMI D'ORO. I PICCOLI SOTTO I DIECI ANNI VIAGGIANO GRATIS.
Scavalcò il tornello dell'entrata e superò di volata il controllo-imbarco e il duty-free. Adesso i goblin stavano scendendo, stivali e guanti che producevano un tonfo sordo sugli scalini di un'immobile scala mobile. Per la fretta, uno perse il casco. Era alto per essere un goblin: più d'un metro. Aveva gli occhi senza palpebre sbarrati dalla paura e non faceva che inumidirseli con la lingua biforcuta.
Senza rallentare, il capitano Tappo sparò un paio di colpi. Uno centrò il didietro del goblin più vicino. Spinella sbuffò. Neanche lontanamente vicino a un centro nervoso. Non che ce ne fosse bisogno. Quelle tute laminate avevano uno svantaggio: erano ottimi conduttori di cariche neutriniche. Il goblin fece un salto di due metri e rotolò svenuto ai piedi della scala mobile. Il carrello, privo di controllo, si ribaltò e andò a sbattere contro un nastro trasportatore. Centinaia di oggettini cilindrici si riversarono fuori da una cassa spaccata.
Il goblin numero due spedì una dozzina di raffiche in direzione di Spinella. La mancò, in parte perché tremava di paura, e anche perché sparare tenendo la pistola poggiata all'anca funzionava solo nei film. Spinella azionò la telecamera dell'elmetto per ottenere un ingrandimento dell'arma e passarlo al computer per l'identificazione, ma c'erano troppe vibrazioni.
L'inseguimento proseguì nei corridoi e nel navettiporto. Sbalordita, Spinella riconobbe il ronzio dei computer d'attracco. In teoria laggiù non doveva esserci una scintilla di energia. I tecnici della LEP avrebbero dovuto smantellare i generatori. A che potevano servire?
Ma conosceva già la risposta. Servivano ad azionare la monorotaia e il controllo-volo. I suoi sospetti ebbero conferma appena entrò nell'aviorimessa. I goblin avevano costruito una capsula!
Incredibile! Nel cervello dei goblin non c'era abbastanza elettricità da accendere una lampadina da dieci watt. Come avevano potuto costruire una capsula? Eppure eccola là, ormeggiata sul suo trespolo, simile al peggior incubo di un venditore di capsule usate. Lo scafo era un ammasso di bulloni e saldature, e non c'era un solo pezzo di quel catorcio che avesse meno di dieci anni.
Ma per il momento Spinella doveva accantonare lo stupore e concentrarsi sull'inseguimento. Il goblin si era fermato a recuperare un paio di ali dalla stiva. Avrebbe potuto sparargli, ma era troppo rischioso. Come niente, la batteria nucleare della capsula era protetta da un'unica lastra di piombo.
Approfittando della sua esitazione, il goblin infilò il tunnel d'uscita, dove la monorotaia correva sulle rocce bruciacchiate e fino al pozzo, uno dei tanti orifizi naturali che crivellano la crosta terrestre e attraverso i quali il magma sputato dal nucleo del pianeta viene incanalato a intervalli regolari verso la superficie. Senza quegli sfiatatoi, la Terra sarebbe esplosa già da un pezzo. La LEP aveva imbrigliato la forza del magma per effettuare emersioni d'emergenza, cavalcando le vampe roventi dentro navette al titanio. Ma se non si aveva una particolare fretta e si preferiva viaggiare comodi, le navette evitavano le vampe e risalivano i pozzi, sfruttando le correnti d'aria calda che le portavano verso i terminal sparsi per tutto il mondo.
Spinella rallentò. Il goblin non aveva alcuna possibilità di fuga. Sempre che non intendesse risalire a volo il pozzo... e nessuno poteva essere così folle. Una vampa di magma ti friggeva a livello subatomico.
L'entrata del pozzo si spalancava davanti a loro, enorme e circondata da rocce carbonizzate.
Spinella accese l'altoparlante dell'elmetto. «Fermo» gridò, sovrastando l'ululato del vento proveniente dal nucleo. «Arrenditi. Non puoi entrare nel pozzo senza assistenza.»
Ossia senza informazioni tecniche. Ossia, nel caso specifico, senza conoscere le previsioni orarie delle vampe. Accurate fino a un decimo di secondo. Di solito.
Il goblin sollevò uno strano fucile, e stavolta prese bene la mira. Il grilletto si abbassò, ma qualunque tipo di proiettile usasse, nel caricatore non ce n'erano più.
«Ecco il problema, con le armi non nucleari: le pallottole finiscono» commentò Spinella sprezzante, anche se le tremavano le ginocchia.
Per tutta risposta, l'altro sollevò di nuovo il fucile. Seguì un botto terrificante, troppo corto di cinque metri ma sufficiente a distrarla. Il goblin ne approfittò per accendere le ali. Erano di vecchio modello, a rotazione e con un silenziatore scalcinato. Il rombo del motore riempì la galleria.
Ma sotto quel frastuono si sentì un altro rombo. Un ruggito che, grazie a migliaia di ore di volo nei pozzi, Spinella conosceva fin troppo bene. Cera una vampa in arrivo.
Il suo cervello fece due più due alla velocità della luce. Se in qualche modo i goblin erano riusciti a collegare il terminal a una fonte di energia, allora tutti i meccanismi di sicurezza erano attivi. Compreso...
Fece dietrofront, ma le porte scorrevoli collegate a un termosensore nel pozzo si stavano già chiudendo: erano d'acciaio, spesse due metri, e ogni volta che arrivava una vampa isolavano il tunnel dal resto del terminal. Era intrappolata là dentro insieme al goblin, e c'era un'ondata di magma in arrivo. Comunque non sarebbe stato quello a ucciderli: sarebbe bastato uno sbuffo di quell'aria arroventata per farli rinsecchire come foglie autunnali.
Il goblin era sul ciglio del pozzo, in apparenza inconsapevole della vampa imminente: non era pazzia, la sua, ma pura e semplice stupidità.
Con uno spavaldo cenno della mano e una strizzata d'occhio, lo vide saltare nel pozzo e volare rapidamente verso l'alto. Non abbastanza rapidamente, però. Un getto di lava spesso sette metri lo avvolse come le spire di un serpente in agguato, consumandolo totalmente.
Spinella non perse tempo a piangerlo. Anche lei aveva i suoi problemi. Le tute della LEP erano dotate di termoregolatori per disperdere il calore in eccesso, ma in questo caso non sarebbero bastati. Fra pochi istanti una muraglia di calore si sarebbe riversata nel tunnel, innalzando la temperatura fino a spaccare le rocce.
Un'occhiata verso l'alto le mostrò una fila di antiquati estintori imbullettati al soffitto. Senza esitare, regolò il toaster alla massima potenza e cominciò a colpire il ventre delle bombole.
Gli estintori s'incrinarono e si spaccarono, eruttando aria puzzolente e striminziti rivoli di liquido refrigerante. Niente da fare. Il loro contenuto doveva essere evaporato nel corso dei secoli e i goblin non si erano mai presi il disturbo di sostituirlo. Ne restava ancora uno. Nero, oblungo, fuori posto fra i modelli verde standard della LEP. Vi si piazzò sotto e fece fuoco.
Tremila galloni di acqua iperrefrigerata le piombarono addosso proprio mentre dal pozzo arrivava l'ondata di calore. Faceva uno strano effetto, essere congelata e bruciata quasi contemporaneamente: in pratica, le vesciche non fecero in tempo a gonfiarsi sulle sue spalle che la pressione dell'acqua le appiattì. Cadde in ginocchio, i polmoni affamati d'aria; non poteva tirare il fiato e nemmeno sollevare una mano per azionare il respiratore.
Dopo quella che sembrò un'eternità, il ruggito cessò e Spinella aprì gli occhi. La galleria era piena di vapore. Attivò l'antinebbia del visore e si rialzò barcollando, con l'acqua che scorreva a torrenti sulla tuta antifrizione. Dissigillò l'elmetto e respirò a fondo. Aria calda, ma tollerabile.
Dietro di lei, le porte scorrevoli si aprirono e comparve il capitano Grana Algonzo, tallonato da una squadra LEP di pronto intervento.
«Bella manovra, capitano.»
Ma Spinella era troppo impegnata a fissare l'arma abbandonata dal neovaporizzato goblin per rispondergli. Quello era il Mister Muscolo dei fucili, lungo quasi mezzo metro e con tanto di mirino telescopico a visione notturna.
Lì per lì aveva pensato che i Mazza Sette si fossero messi a fabbricare le proprie armi, ma ora si rese conto che era molto peggio. Con uno strattone, estrasse il fucile dalla roccia semifusa, e se poté riconoscerlo fu grazie a un corso di storia seguito all'Accademia: Come Imporre il Rispetto della Legge. Un vecchio Nasomolle. Un laser messo al bando da un pezzo. Ma non era questo il peggio. Invece che da una fonte d'energia fatata, l'arma era azionata da una pila alcalina AAA. Roba da Fangosi.
«Grana» chiamò. «Guarda un po' questo.»
«D'Arvit» balbettò Grana, attivando il comunicatore dell'elmetto. «Passatemi subito il comandante Tubero. Abbiamo un caso di contrabbando Classe A. Sì, Classe A. Voglio una squadra di tecnici. E Polledro. Voglio che l'intero quadrante sia isolato...»
Continuò a sparare ordini, ma la sua voce non era che un ronzio lontano nelle orecchie di Spinella. I Mazza Sette erano in affari con i Fangosi. Umani e goblin avevano unito le forze per rimettere in circolazione armi proibite. E se le armi erano lì, quanto ci sarebbe voluto prima che arrivassero i Fangosi?
I rinforzi richiesti arrivarono in un baleno. Nel giro di mezz'ora attorno a E37 c'erano tante alogene da fare concorrenza alla prima di un film della MondoGolem.
Polledro stava esaminando il goblin svenuto ai piedi della scala mobile. Se gli umani non avevano ancora scoperto il rifugio sotterraneo del Popolo, era solo grazie al centauro: un genio le cui intuizioni avevano aperto la strada a ogni tipo di sviluppo tecnologico, dalla previsione delle vampe alla tecnica spazzamente. Polledro diventava meno rispettoso e più irritante a ogni nuova scoperta. Però correva voce che avesse un debole per una certa agente Ricog. In effetti, per l'unica agente femmina Ricog.
«Bel lavoro, Spinella» commentò, tastando la tuta riflettente del goblin. «Hai appena avuto uno scontro a fuoco con uno spiedino.»
«Sì, bravo, Polledro, sposta l'attenzione dal fatto che i Mazza Sette sono riusciti a fregare i tuoi sensori.»
Polledro provò l'elmetto del goblin. «Non i Mazza Sette. Impossibile. Troppo scemi. Il loro cranio non è abbastanza grande da contenere tanto cervello. Questo è un manufatto umano.»
«E tu come lo sai? Riconosci le giunture?»
«No» rispose Polledro, e le lanciò l'elmetto.
«Made in Germany» lesse Spinella sull'etichetta.
«Questa dev'essere una tuta ignifuga: serve sia a tenere fuori il calore che a tenerlo dentro. È una faccenda seria. Qui non si tratta di camicie alla moda e stecche di cioccolata. Qualche umano si è messo d'accordo con i Mazza Sette per organizzare un bel giro di contrabbando.»
Il centauro si scostò per permettere alla squadra tecnica d'infilare sotto la pelle del goblin svenuto un prendisonno istantaneo. Il prendisonno comprendeva una microcapsula di sonnifero e un minidetonatore, e permetteva alla LEP di mettere fuori combattimento via computer il criminale "sensibilizzato", ogni volta che si fosse trovato nuovamente coinvolto in un'attività illegale.
«Lo sai chi c'è dietro questa faccenda, vero?» disse Spinella.
Polledro sospirò. «Fammi indovinare. L'arcinemico del capitano Tappo, Messer Artemis Fowl.»
«Chi altro potrebbe essere?»
«Chiunque. Nel corso degli anni il Popolo è entrato in contatto con migliaia di Fangosi.»
«Davvero? E quanti di loro non sono stati sottoposti allo spazzamente?»
Polledro finse di pensarci su, raddrizzando la calotta metallizzata che gli copriva la testa per stornare ogni raggio sonda-cervello eventualmente focalizzato su di lui. «Tre» borbottò alla fine.
«Prego?»
«Tre.»
«Esatto. Fowl e i suoi due gorilla addomesticati. C'è Artemis dietro questa faccenda, dammi retta.»
«Ti piacerebbe, eh? Finalmente avresti l'occasione di fargliela pagare. Hai già scordato cos'è successo l'ultima volta che la LEP gli si è messa contro?»
«Me lo ricordo. Però era l'ultima volta.»
Polledro sogghignò. «Vorrei farti presente che ora ha tredici anni.»
La mano di Spinella strinse il calcio dello sfrizzagente. «Non m'importa quanti anni ha. Una sfrizzata di questo e dormirà come un pupo.»
«Se fossi in te» l'avverti Polledro accennando all'ingresso «risparmierei l'energia. Temo che ti servirà.»
Spinella seguì il suo sguardo. Fermo sulla soglia, il comandante Julius Tubero stava facendo scorrere lo sguardo tutt'intorno. E più vedeva, più paonazzo diventava.
«Comandante» cominciò Spinella «venga a...»
Un'occhiata di Tubero la zittì. «Che accidenti t'eri messa in testa?»
«Scusi, signore?»
«Non raccontare balle. Ero al Centro Operativo. Ho assistito a tutta la scena dal visore del tuo elmetto.»
«Oh.»
«Oh non si avvicina neanche lontanamente a quello che penso, capitano!» I corti capelli grigi di Tubero vibravano di collera. «In teoria questa era una semplice ronda di controllo. C'erano parecchie squadre di pronto intervento sedute sul loro ben addestrato posteriore, che aspettavano solo una tua chiamata. E invece il capitano Tappo decide di fare tutto da sola.»
«Avevo un ferito, signore. Non c'era scelta.»
«E che ci faceva Verbil laggiù, tanto per cominciare?»
Spinella abbassò lo sguardo. «Faceva un controllo col termosensore, signore. Secondo il regolamento.»
Tubero annuì. «Ho appena parlato con lo stregomedico. Verbil se la caverà, però ha finito di volare. Ci sarà un'inchiesta, naturalmente.»
«Sì, signore. Capisco.»
«Una formalità, ne sono sicuro, ma conosci il Consiglio.»
Spinella lo conosceva fin troppo bene. Sarebbe stata il primo agente LEP mai sottoposto a due indagini contemporaneamente.
«Allora, cos'è questa storia di una Classe A?»
Tutte le merci di contrabbando erano classificate, e Classe A era il codice relativo a "pericolosa tecnologia umana". Come le fonti di energia, per esempio.
«Da questa parte, signore.»
Spinella precedette il comandante e il centauro verso la stiva della capsula, il cui accesso era stato bloccato da un telo di perspex, ed entrò scostando le falde opacizzate.
«Visto? È una faccenda seria.»
La stiva era piena di casse di batterie AAA.
«Pile» disse Spinella, sollevandone una manciata. «Una fonte d'energia comunemente usata dai Fangosi. Rozza, inefficiente e inquinante. Qui ce ne sono dodici casse. E chissà quante sono già state trasportate nel tunnel.»
Tubero non batté ciglio. «Chiedo scusa se non svengo. Insomma... i goblin vogliono farsi qualche videogame umano. E con ciò?»
Ma Polledro aveva visto il Nasomolle. «Oh no!» disse, controllando l'arma.
«Esatto» annuì Spinella.
Al comandante non faceva piacere sentirsi escluso dalla conversazione.
«Oh no? Spero che tu voglia essere melodrammatico.»
«Nient'affatto» replicò il centauro. «Questa faccenda è mortalmente seria. I Mazza Sette usano le pile degli umani per attivare i vecchi Nasomolle. Hanno solo sei scariche per pila, ma fornisci a ogni goblin un bel po' di pile e diventano un sacco di colpi.»
«Ma i Nasomolle non sono stati messi fuori legge da decenni? E distrutti per essere riciclati?»
Polledro annuì. «In teoria è così. È stata proprio la mia sezione a supervisionare la fusione. Non che la considerassimo un'esigenza prioritaria, sia chiaro. In origine erano azionati da una singola batteria solare che durava più o meno un decennio. A quanto pare, qualcuno è riuscito a sgraffignarne un paio dai magazzini blindati del riciclaggio.»
«Più che un paio, a giudicare da tutte quelle pile. Non ci mancava altro: goblin armati di Nasomolle.»
La teoria alla base del funzionamento dei Nasomolle consisteva nell'agganciare al toaster un inibitore che rallentava il raggio laser quanto bastava a permettergli di perforare il bersaglio. Dapprima sviluppati a scopi minerari, le loro possibilità in campo militare erano state rapidamente intuite da alcuni avidi fabbricanti d'armi. Dopodiché erano stati altrettanto rapidamente messi fuori legge per l'ovvio motivo che servivano a uccidere, non a immobilizzare. È vero che di tanto in tanto qualche Nasomolle ricompariva nelle mani di qualche membro di una banda, ma questa non sembrava una delle solite operazioncelle di mercato nero. Questa sembrava un'operazione su larga scala.
«Sai cos'è davvero preoccupante?» chiese Polledro.
«No» rispose Tubero con calma ingannevole. «Perché non me lo dici tu?»
Polledro si rigirò il Nasomolle fra le mani. «Il modo in cui l'hanno adattato per farlo funzionare a pile. Molto astuto. Impossibile che i goblin ci siano arrivati da soli.»
«Ma perché modificarlo? Perché non usare le vecchie batterie solari?»
«Perché sono rarissime. Valgono tant'oro quanto pesano. Gli antiquari le usano per far muovere ogni tipo di anticaglie. E sarebbe impossibile fabbricarle senza che i miei sensori se ne accorgano. È molto più semplice rubarle agli umani.»
Tubero accese uno degli immancabili sigari fungini. «Dimmi che è tutto qui. Dimmi che non c'è altro.»
Lo sguardo di Spinella guizzò verso il fondo dell'aviorimessa. Quello di Tubero lo imitò, proseguendo oltre le casse e fino alla capsula di fortuna.
«E quella che roba è, Polledro?» sbottò, portandosi davanti al rappezzato manufatto.
Il centauro passò una mano sullo scafo. «Stupefacente. Incredibile. L'hanno messa insieme utilizzando materiali di scarto. Mi sorprende che si stacchi da terra.»
Il comandante azzannò il suo sigaro pestilenziale. «Quando avrai finito di ammirare i goblin, Polledro, forse ti degnerai di spiegarmi com'è che i Mazza Sette sono riusciti a mettere le mani su questa roba. Credevo che tutte le vecchie navette venissero distrutte.»
«Lo credevo anch'io. Ho personalmente dichiarato non utilizzabili alcuni di questi pezzi. Il sovralimentatore di tribordo, per esempio, era a E1 prima che l'anno scorso il capitano Tappo lo mettesse fuori uso. Ricordo di avere firmato l'ordine di distruggerlo.»
Tubero impiegò un secondo per lanciare un'occhiataccia a Spinella.
«Così ora, oltre ai Nasomolle, abbiamo anche pezzi di navette che spariscono dalle fonderie di riciclaggio. Scoprite com'è arrivata qui questa capsula. Smontatela, un pezzo alla volta. Voglio che ogni bullone sia passato allo spolvolaser per cercare impronte e tracce di DNA. Fornisci al computer tutti i numeri di serie. Cerca un denominatore comune.»
Polledro annuì. «Buona idea. Metto subito al lavoro i miei.»
«No, Polledro. Te ne occupi tu personalmente. Priorità assoluta. Accantona per qualche giorno le tue paranoie e trovami il traditore che traffica con questa roba.»
«Ma Julius, è un lavoro da cani!»
Tubero gli si avvicinò d'un passo. «Uno: non chiamarmi Julius, civile. Due: io lo chiamerei più un lavoro da mulo.»
Polledro notò la vena che pulsava sulla tempia del comandante. «Ho capito» disse in fretta, sfilando un computer palmare dalla cintura. «Comincio a lavorarci subito.»
«Meglio per te. Allora... capitano Tappo, che racconta di bello il nostro prigioniero?»
Spinella scrollò le spalle. «È ancora svenuto. Quando si sveglia, sputerà fuliggine per un mese. Ma lei sa come lavora la triade. Alla bassa forza viene detto il minimo indispensabile. Quel goblin è solo una pedina. È un peccato che il Libro ci proibisca di usare il fascino sul Popolo.»
«Mmm» disse Tubero, la faccia rossa come il posteriore di un babbuino. «E lo è ancora di più che la Convenzione di Atlantide abbia messo fuori legge il siero della verità, altrimenti l'avremmo fatto cantare come un Fangoso ubriaco.» Respirò a fondo parecchie volte per evitare che gli scoppiasse una vena. «Dobbiamo scoprire da dove vengono queste pile e se ce ne sono altre negli Strati Inferiori.»
Spinella prese fiato. «Io avrei una teoria, signore.»
«Non dirmelo» grugni Tubero. «Artemis Fowl, giusto?»
«Chi altri? Sapevo che sarebbe tornato alla carica. Me lo sentivo.»
«Conosci le regole, Spinella. Hanno scorso ci ha sconfitti. Partita chiusa. Così dice il Libro.»
«Sì, signore, ma quella era un'altra partita. Partita nuova, regole nuove. Se Fowl rifornisce di pile i Mazza Sette, il minimo che possiamo fare è tenerlo d'occhio.»
Tubero ci pensò su. Se c'era dietro Fowl, le cose potevano diventare molto complicate, e molto in fretta.
«Non mi piace l'idea d'incontrare Fowl sul suo terreno. Però non possiamo portarlo qui. La pressione lo ucciderebbe.»
«Possiamo tenerlo in una zona sicura» obiettò Spinella. «In città la pressione è equalizzata. E anche nelle capsule.»
«D'accordo» acconsentì il comandante. «Portalo quaggiù a fare quattro chiacchiere. E porta anche quello grosso.»
«Leale?»
«Sì, Leale.» Tubero fece una pausa. «Ma ricorda: è solo un controllo. Non voglio che ne approfitti per vendicarti.»
«No, signore. È soltanto lavoro.»
«Ho la tua parola?»
«Sì, signore. Garantito.»
Tubero stritolò il mozzicone di sigaro sotto il tacco. «Non voglio che qualcun altro si faccia male, oggi. Neanche Artemis Fowl.»
«Chiaro.»
«Cioè...» precisò il comandante. «A meno che non sia assolutamente necessario.»