– III –
Sette mesi prima
Dopo il master, a settembre, Mia era perplessa: non sapeva se ritornare in America o rimanere per un po’ di tempo in Svizzera.
Durante tutto il periodo degli studi, a causa del faticoso impegno, non aveva potuto godere della natura circostante e della quiete della campagna: aveva voglia di camminare nei boschi e correre nei prati. Decise quindi di concedersi qualche mese di riposo. Ad Atlanta poteva rientrare con i suoi dopo la cerimonia di consegna del master, così da essere in famiglia per le feste di Natale.
“Non so se tornare a casa per il giorno del Ringraziamento oppure no” pensava indecisa. “Le date sono vicine: ventisei novembre il primo, cinque dicembre il secondo. Vedremo. La spesa non è indifferente. Ho già parecchi debiti: o rimango qui qualche mese o faccio il doppio viaggio.” Le immagini di casa si sovrapponevano a una sconsolata malinconia. Cosa avrebbe fatto poi era tutto da pianificare, per il momento voleva godersi il presente.
Bruno le parlò di un suo zio di Kaiseraugst, membro di un neonato consiglio di fondazione, che cercava qualcuno per allestire dei disegni. Mia non sembrò interessata all’argomento. Nemmeno quando le disse che volevano un giovane architetto per il rilievo di un ‘antico rudere’, almeno così lo definì.
Bruno la vedeva svogliata e apatica e la preferiva attiva e frenetica, come quando lavorava ai suoi progetti: voleva trovarle un’attività. Mia fece orecchio da mercante, non aveva voglia di iniziare a lavorare: voleva riposarsi, e anche se un po’ di soldi le avrebbero fatto comodo, non approfondì la questione.
Il giorno appresso era furibonda e in collera con i suoi due coinquilini. Li attese con nervosismo per tutta la giornata: i due non arrivavano. Poco prima di cena uscì per una passeggiata. Doveva rilassarsi. Al suo rientro andò in cucina con la vivacità e la furia di un giovane bisonte. Bruno e Peter si erano appena seduti a tavola e stavano iniziando a cenare. La ragazza aveva un giornale tra le mani che teneva a mo’ di katana, e volteggiandolo nello spazio squadrò entrambi: pareva avesse intenzione di mettere in atto un colpo da samurai. Bruno e Peter si pietrificarono nella loro posizione: Bruno con la forchetta piena di spaghetti arrotolati davanti alla bocca e Peter con il mestolo a mezz’aria. Mia li aggredì.
“Ma cosa diavolo fate voi due a Biologia oltre che osservare fialette? Non vi capita mai di guardare fuori dai vostri asettici laboratori? Certo che no!”
I due ragazzi, mogi e pazienti attendevano la fine dello sfogo.
“Non avete neanche le finestre, tanto a voi non servono: per voi tutto quello che c’è da vedere è dentro uno stupido tubetto di vetro. Mi chiedo cosa riuscireste a vedere senza un microscopio davanti al naso.”
Mia verbosa e stucchevole, dopo l’aggressione sulla disciplina, fece loro un vero e proprio sermone sulla loro pochezza culturale.
Bruno e Peter erano esterrefatti, non capivano cosa le fosse preso e perché ce l’avesse tanto con loro. Peter, cercando d’indovinare il motivo della sfuriata, esternò con titubanza una sua ipotesi:
“Non toccava a me pulire il bagno, ma a Bruno.”
“Ma io ho pulito, lo giuro!” disse Bruno deglutendo. “Calmati Mia, scusami, ora vado e lo pulisco meglio.”
“Ti aiuto anch’io” fece Peter.
“Non mi interessa niente del bagno” disse Mia sempre più seccata, e con impeto gettò sul tavolo il giornale gratuito che teneva tra le mani, lo aprì e diede una tremenda manata su una pagina.
Antica Villa Romana lungo il Reno
I responsabili del sito archeologico della più antica colonia romana sul Reno, Augusta Raurica, e i rappresentati dello Stato hanno svelato a cosa servivano i lavori, in cantiere protetto, lungo il fiume a Längi, nel grande prato di forma triangolare definito dalla Kraftwerkstrasse, la Kanalweg e la Gallezenstrasse, di fronte alla chiusa. Non si trattava d’interventi di bonifica dell’argine, come avevano fatto credere a tutti, bensì di scavi archeologici. La notizia era stata tenuta segreta per garantire sicurezza al cantiere e soprattutto per proteggere gli innumerevoli oggetti della quotidianità romana ritrovati durante gli scavi. Ieri a lavori conclusi è stato tolto il velo sull’incredibile scoperta. La più bella e antica villa Romana: la Domus Rhenus, così chiamata, in un ottimo stato di conservazione, è tornata alla luce dopo duemila anni. Gli esperti sono entusiasti ed euforici, pare che all’interno siano stati trovati, oltre che mosaici e dipinti, paragonabili addirittura con le grottesche della Domus Aurea di Nerone, anche numerosi suppellettili perfettamente conservati. Molti studiosi internazionali sono già stati interpellati per le verifiche di rito.
La neonata Fondazione Domus Rhenus si è da subito attivata per una campagna di raccolta fondi, pare che ci siano già state alcune cospicue promesse di donazioni da parte di un facoltoso inglese e da una società americana.
Fra un anno la villa sarà aperta al pubblico, e tutti sono convinti che accorreranno migliaia di visitatori, con una ricaduta positiva sul turismo della regione. R.G.
“Antico rudere! Eh. Ma vi rendete conto dell’importanza storica di un ritrovamento del genere? Avete la più pallida idea di cosa si sta parlando: antico rudere un’antica domus romana.” Socchiuse gli occhi e fissò i due amici scuotendo la testa.
Bruno e Peter non sapevano più da che parte guardare. Mia aveva esagerato come suo solito, quando parlava d’architettura esisteva solo quello e chi non la pensava come lei proprio non lo considerava. Bruno e Peter lo sapevano e su quell’argomento si erano già scontrati parecchie volte, e saggiamente lo evitavano. Bruno però reagì, certo di essere dalla parte della ragione.
“Ma scusa, Mia, ti avevo detto che cercavano un architetto, sei stata tu che neanche mi hai dato retta.”
“Mi hai parlato di un antico rudere non di una domus. Sei stato impreciso e superficiale. Un conto è un edificio rurale decadente e un conto è una villa romana d’importanza internazionale: la capisci la differenza?”
Bruno rovesciò gli occhi, mise in bocca la sua forchettata di spaghetti ormai freddi, abbozzò una smorfia e iniziò a masticare. Peter, che si era tenuto in disparte, prese un piatto, posate, e un bicchiere dalla credenza e apparecchiò. Versò del vino rosso a tutti. “Dai Mia, siediti a mangiare dei buoni spaghetti al sugo come piacciono a te e vedrai che tutto si sistema.”
Il vino rosso placò gli animi.
Bruno diede qualche spiegazione supplementare, sul ritrovamento ne sapeva di meno di quanto scritto sul giornale, conosceva però il motivo per cui cercavano un architetto.
“Mio zio mi ha detto che sono stati travolti dai tempi di questa scoperta. Pare che gli archeologi che stanno eseguendo le misure dettagliate e precise di ogni piccolo elemento, stiano procedendo molto lentamente. Un importante sponsor dell’operazione e i responsabili del marketing fremono perché al più presto si possa pubblicizzare il ritrovamento. Quindi hanno deciso di usare dei disegni semplificati senz’attendere quelli degli archeologi. Siccome hanno un budget limitato stanno cercando dei giovani architetti con l’intento di risparmiare.”
Mia, che nel frattempo si era calmata, tra una forchettata e l’altra di spaghetti e qualche sorso di vino rosso, ascoltava il racconto di Bruno con attenzione. Peter era soddisfatto la sua trovata aveva rasserenato l’atmosfera.
“Pensi che mi possa ancora proporre?” fece Mia con la bocca piena.
“Ma certo!” disse Bruno. “La questione ha solo qualche giorno di vita e non credo abbiano già trovato un architetto. Scrivi una bella lettera di presentazione e inviala assieme al tuo book. Poi ti do l’indirizzo.”
Lo sguardo di Mia divenne raggiante. Prese il fiaschetto di Chianti, versò del vino a tutti, e alzando il bicchiere propose un brindisi: “All’antico rudere”.