Il silenzio attonito dell’arena fu rotto dallo strillo di gioia di Lizzie: — Ripred! Ripred! — Si fece largo tra la folla e corse a gettargli le braccia al collo. — Credevo fossi morto.
— Te l’ho detto che ce ne vuole per uccidermi. Più di qualche insetto, comunque — disse il ratto.
— Ma hanno trovato il tuo scheletro — obiettò Lizzie.
— Quello doveva essere di Cleaver. Mi sono tuffato sotto il suo corpo appena abbiamo toccato terra, e poi sono scappato. Gli acari hanno dovuto sbranare lui prima di arrivare a me, così ho guadagnato un po’ di tempo. Non molto, ma abbastanza per fuggire. Buffo, ho sempre disprezzato Cleaver, ma adesso non posso fare a meno di pensare a lui con un certo entusiasmo — spiegò Ripred.
— E questa come te la sei fatta? — chiese Lizzie, sollevando una mano per sfiorare il nuovo sfregio sul suo muso.
— Oh, un ratto mi ha tagliato. Non è niente. Ora sali, forza. — Spinse Lizzie su una chiazza di pelo che aveva sul dorso.
— Ti farò male — protestò lei.
— No. Mi ricorderai perché sono qui — ribatté Ripred, e fissò Luxa negli occhi.
— E perché sei qui, Ripred? — chiese Luxa, gelida.
— Te l’ho detto. Per parlare in nome dei rodenti. O credevi che avessi passato anni a rischiare la vita per permettere a te di determinare il nostro futuro? — replicò il ratto.
Le creature presenti ritrovarono di colpo la lingua e ognuna di loro si girò verso quella vicina, esprimendo sgomento o perplessità. La maggior parte dei ratti considerava Ripred un nemico ormai da tempo. E lui aveva combattuto con gli umani e le specie alleate tanto a lungo che persino loro avevano cominciato a dare per scontata la sua fedeltà. Ma dare per scontato Ripred era un grosso errore. Gregor aveva la sensazione che avesse sempre manovrato per arrivare a quel momento. Forse non si era aspettato di dover trattare con Luxa, forse aveva pensato che sarebbero stati Solovet o Vikus a negoziare con lui. Ma contro chi si scontrava non aveva poi molta importanza, a condizione di poter rappresentare i ratti.
Luxa alzò la voce per sovrastare il baccano. — È vero, rodenti? Lui parla in vostro nome?
Era evidente che i ratti erano rimasti sbalorditi dall’apparizione di Ripred come tutti gli altri. Si spostavano qua e là, bisbigliando tra loro, cercando di raggiungere un parere comune.
Poi una voce si levò chiara e forte sopra le altre.
— Sì! Io dico che parla in nostro nome!
Lapblood e i suoi due figli si fecero largo tra la folla. Se Ripred era stato sempre oggetto di diffidenza, era chiaro che Lapblood godeva invece della fiducia dei suoi simili. Era stata scelta per trovare la cura contro l’epidemia e aveva avuto l’influenza necessaria per guidare i dissidenti contro il Flagello.
Un attimo dopo la sua dichiarazione, i ratti si unirono a lei e cominciarono a chiedere che fosse Ripred a rappresentarli.
Gregor leggeva la tensione nelle spalle di Luxa. Era già abbastanza difficile dover esporre il programma per il dopoguerra davanti a tutto il Sottomondo. Ma farlo con Ripred pronto a contestare ogni sua mossa?
Ripred? Luxa non era all’altezza e lo sapeva.
Chi sarebbe stato all’altezza di Ripred?
A peggiorare le cose, ci si mise anche Nerissa, che di colpo gridò: — Oh, Luxa, il marchio che ha sul muso… lo vedi?
Luxa esaminò attentamente il muso del ratto. — È solo una cicatrice tra tante.
— Guardate! Forma una X! Il marchio del pacificatore! — esclamò Nerissa.
— Molti di noi hanno cicatrici che si incrociano! — York uscì a grandi passi dalla folla.
— Pensate alle parole — disse Nerissa. E l’arena si fece silenziosa mentre la ascoltava recitare con voce tremula la poesia della stanza delle profezie:
HA UN PASSO FELPATO
CHE NESSUNO AVVERTE,
DISTRIBUISCE MORTE,
DA POCHI È ACCETTATO.
L’ARTIGLIO L’HA UCCISO,
MA POI È RESUSCITATO
CON DUE LINEE SUL VISO:
DA UNA “X” È MARCHIATO.
S’INCROCIANO INFINE
DUE LINEE DI CONFINE.
UNA È INATTESA,
MA TROVERANNO UN’INTESA.
— Non capite? — insisté. — Descrive dettagliatamente Ripred. Si è intrufolato qui senza che nessuno se ne accorgesse, è letale, è odiato, lo credevamo morto ma è tornato in vita. E la X! Metà gli è stata inflitta da un umano. Metà da un rodente. Due linee sul viso. E adesso la linea umana e la linea rodente si incrociano anche in carne e ossa. In Luxa e Ripred.
L’arena impazzì, ma Luxa restò indifferente. Attese che l’agitazione si placasse, poi chiese: — Credi di essere il pacificatore, Ripred?
— Be’, non mi piace vantarmi, ma quello che dice Nerissa ha senso. E se sono proprio il pacificatore, non posso farci niente né in un senso né nell’altro, ti pare? — rispose il ratto.
Gregor sentiva ciascuno mormorare al proprio vicino che era vero, che le profezie non sbagliavano mai. Ma il ratto guardava Gregor con un sorrisetto, roteando appena gli occhi come per dire: “Capisci cosa intendo?”
Anche se non aveva modo di provarlo, Gregor si convinse di colpo che Ripred si fosse fatto quella seconda ferita da solo. Sarebbe stato un prezzo ben piccolo da pagare per essere riconosciuto come “il pacificatore”.
— Bene. Allora non dovrebbe crearti problemi condurre pacificamente i tuoi colleghi rodenti nei Territori Inesplorati — disse Luxa.
Quella frase sorprese persino Gregor, anche se, ripensandoci, forse non avrebbe dovuto. Quando aveva dato inizio alle ostilità, Luxa gli aveva detto: “Tanto vale farla finita. E combattere la guerra che deciderà chi va e chi resta”. Ma Gregor aveva pensato che tutte le tragedie di quel periodo le avessero fatto cambiare idea. A quanto pareva, non era così.
La proposta di Luxa rese la situazione difficile e pericolosa.
— Sì che mi crea problemi, Altezza. Tanto è vero che rifiuto decisamente di farlo — ribatté Ripred in tono rabbioso. — Cosa mi rispondi?
— Ti rispondo che potete andarvene con le buone o con le cattive. A voi la scelta! — dichiarò Luxa.
— Se è un’altra guerra che cerchi, allora l’avrai, credimi! — ringhiò Ripred. — Ma mi chiedo come te la caverai, con il tuo esercito zoppicante, la tua città distrutta e con me alla gola invece che a coprirti le spalle!
— Non ho bisogno di te, Ripred. Io ho Gregor! — replicò Luxa.
— Davvero? Al posto tuo, non ci conterei. Anche se resta, scommetto che troverà troppo duri i tuoi metodi. Potrebbe addirittura ricordare certi favori passati e schierarsi con me! — la rimbeccò Ripred.
Gregor rimase a bocca aperta, incredulo. Di cosa parlavano? Cosa stavano facendo, tutti e due? Possibile che volessero davvero tornare in guerra? E si aspettavano che lui si unisse a uno di loro?
— Lasceremo che sia lui a decidere — dichiarò Luxa, e poi si girò verso Gregor. Tutti, in tutta l’arena, si girarono verso di lui, desiderosi di sapere quel era la sua posizione.
— Avete davvero intenzione di farlo? Volete davvero entrare di nuovo in guerra? — esordì Gregor. Sentiva qualcosa ribollirgli dentro. — Giusto, dimentichiamoci quello che è successo. La giungla, le Terre Infuocate, il Flagello. — Alzò la voce mentre il suo lato di furia assumeva il controllo. — Dimentichiamoci tutti quelli che sono morti! Tic e Twitchtip e Hamlet e Thalia e Ares! E i tuoi genitori, Luxa! E i tuoi cuccioli, Ripred! Dimentichiamo tutti quelli che hanno dato la vita per permettervi di avere un momento come questo, un momento in cui… potreste rimettere a posto le cose! Potreste fermare il massacro! Combattevamo per gli stessi motivi, ricordate? Voi due dovete la vita l’uno all’altra! Dovete le vostre vite a me! E adesso ve ne state lì a chiedermi di scegliere? A chiedermi di aiutarvi a uccidervi a vicenda? — Gregor si strappò la spada di Sandwich dalla cintura e la roteò con tanta violenza che persino Luxa e Ripred fecero un passo indietro. — Be’, indovinate un po’? Il guerriero non combatterà per nessuno dei due!
E su quelle parole, Gregor prese la lama della spada tra le mani e se la calò di piatto sulla coscia con tanta forza da spezzarla in due. Gettò via le due parti, una verso Luxa e una verso Ripred. Le sue mani ormai vuote sanguinavano quando le sollevò. — Ecco. Il guerriero è morto. L’ho ucciso.
— E così si avvera la Profezia del Tempo! — esclamò Nerissa, senza fiato.
Gregor scosse la testa. L’avrebbero mai fatta finita, con quelle profezie? Ma disse solo: — Amen. E adesso voi due cos’avete intenzione di fare?
— Già, cosa facciamo, dopo un’esibizione del genere? — chiese Ripred a Luxa. — Anche se in effetti il ragazzo dice bene riguardo all’immoralità di iniziare una nuova guerra mentre il sangue dell’ultima deve ancora asciugarsi. Specie quando le tagliole si stanno ammassando ai nostri confini. — La folla reagì e Ripred girò in tondo per essere sicuro che lo sentissero tutti. — Oh, non ve ne avevo parlato? Ora, non dico che pensino di cogliere questa occasione per distruggerci tutti, ma dovete ammettere che sarebbe un’eccellente scelta di tempo. La loro forza contro la nostra debolezza. Certo, se tra noi le cose fossero diverse…
— Sì, capisco. Potremmo dissuaderle — commentò Luxa in tono brusco.
— L’abbiamo già fatto in passato — osservò Ripred.
— Il passato è passato. Come facciamo a sapere che possiamo fidarci di voi, adesso? — chiese Luxa.
— Fidarvi di noi? Tu hai appena cercato di esiliarci nei Territori Inesplorati! Secondo me, quelli che hanno bisogno di un minimo di garanzie sono i rodenti! — rispose Ripred. — Perciò… non lo so, scrivi un trattato o qualcosa del genere.
— Nessuno crede nei trattati. Saltano in un lampo — replicò Luxa.
— Allora decidi tu, Luxa. Amici o nemici. Fiducia o sfiducia. Tra te e me. Tra le nostre specie. Decidi tu come deve essere — disse Ripred.
Era il momento della verità. Gregor vedeva il conflitto interiore di Luxa riflettersi sul suo viso. Guizzi della durezza di Solovet alternarsi al desiderio di dialogo di Vikus. Tutti i vecchi rancori e i sacrifici e i debiti e le speranze turbinare dentro di lei mentre tentava di decidere il destino del Sottomondo. Guerra o pace. Scontro o compromesso. Solovet o Vikus. Era stata proprio quella decisione a distruggere Hamlet. A farlo impazzire, e poi fuggire, e infine morire in battaglia.
Alla fine, l’espressione di Luxa si fece ferma. — Non ci saranno trattati — annunciò. — Ci hanno sempre deluso, in passato.
Il cuore di Gregor si schiantò da qualche parte vicino ai suoi piedi. Ma lei non aveva finito.
— Non ci saranno trattati! — ripeté Luxa. — Ma offro questo, in cambio. — Fece un passo avanti e sollevò la mano destra verso Ripred.
Un rantolo si levò dalla folla davanti a ciò che proponeva. Persino Ripred fu colto di sorpresa, all’inizio. Ma si riprese in fretta. — Un vincolo?
— Un vincolo tra tutti gli umani e i rodenti. Un giuramento di difenderci l’un l’altro fino alla morte. Te lo offro. Hai il coraggio di accettarlo? — chiese Luxa.
— Se ho il coraggio? — replicò Ripred. — Sì che ce l’ho. — Sollevò la zampa e la premette contro la sua mano.
Dopo un istante, Luxa pronunciò il suo voto:
Ripred il rodente, a te vincolo la mia sorte,
siamo due, ma una è la nostra vita
e una la nostra morte.
Nel buio e nel fuoco, in ogni guerra e contesa,
di te sarò custode, e mi consacro a quest’intesa.
Ripred le fece eco con il proprio giuramento:
Luxa l’umana, a te vincolo la mia sorte,
siamo due, ma una è la nostra vita
e una la nostra morte.
Nel buio e nel fuoco, in ogni guerra e contesa,
di te sarò custode, e mi consacro a quest’intesa.
Poi il ratto lasciò ricadere la zampa e si stiracchiò. — Non dovrebbe esserci un banchetto, adesso?
— Sia come dice — dichiarò Luxa. E tutta l’arena esplose in applausi e acclamazioni.
Gregor sentì Ripred che le diceva: — Tuo nonno sarà molto fiero di te.
— E mia nonna si rivolterà nella tomba — ribatté Luxa.
— Lei è sempre stata troppo difficile da compiacere — commentò Aurora. Luxa le buttò le braccia al collo, e il pipistrello la circondò con le sue ali dorate. — Era la cosa migliore da fare — disse.
— Se la pensi così, allora posso sopravvivere anche a questo — rispose Luxa.
— E io? Niente abbraccio? — chiese Ripred.
— Bleah, tu sei pieno di infezioni. Lizzie, scendi di lì prima di prenderti qualcosa di disgustoso. — Luxa sollevò Lizzie dal dorso di Ripred. — Dovresti andare all’ospedale — disse al ratto. — E poi suppongo che dovremo riunirci per esaminare i dettagli di questa giornata storica.
Ripred sospirò. — Sì, immagino di sì. Finisce sempre che dobbiamo fare tutto noi due. Vogliamo dire quattro membri per ogni delegazione?
— Perché no? — rispose Luxa. — La stupidità di quattro può essere la stessa di dieci. Inutile affollare la stanza.
Ripred scoppiò a ridere. — Sai, credo che tu e io ci intenderemo a meraviglia.
— E tu, Sopramondo… — iniziò Luxa, rivolgendosi finalmente a Gregor. — Sanguini anche tu.
— Be’… mi sono ucciso — ribatté Gregor con un sorriso.
— Non penso che ti abbiamo lasciato molta scelta — osservò Luxa. — Forza, allora. Vi accompagno all’ospedale. Voglio avere il piacere di raccontare a Vikus cos’è successo. Ho bisogno di almeno un umano che approvi davvero quanto ho appena fatto.
— Quello ce l’hai già — obiettò Gregor. Raccolse le parti spezzate della sua spada e tutti insieme si diressero verso l’ospedale.
Mentre entravano a Regalia, Luxa disse: — Avresti dovuto farti un taglio più profondo, Ripred. Potrebbe non lasciare nessuna cicatrice, e allora dove andrebbe a finire il nostro pacificatore?
Gregor rise. Il ratto non l’aveva imbrogliata neanche un po’.
— Non ho idea di cosa tu stia insinuando — replicò altezzosamente Ripred.
— Scommetto che non ci sono neppure tagliole lungo i confini — aggiunse Gregor.
— Be’, potrebbero esserci — protestò Ripred. — Sono anche i loro confini. E, se posso permettermi, trovo molto scortese che voi due dubitiate di me. Soprattutto la mia nuova vincolata.
— Credo che ti ci abituerai — ribatté Luxa. Il ratto non si degnò di rispondere.
Lizzie accompagnò Ripred a farsi curare, ma Gregor voleva prima vedere Vikus. Il vecchio era seduto a letto, puntellato da cuscini. Il lato destro del suo corpo era stato compromesso dall’ictus. Ma l’occhio sinistro si illuminò e il braccio buono si tese quando Gregor e Luxa entrarono nella stanza. Gregor gli afferrò la mano con la sua ancora sanguinante. — Ehi, Vikus, come te la passi? — Il vecchio non riusciva ancora a parlare davvero. — Guarda, volevo solo restituirti questa. — Gregor sollevò i pezzi della spada di Sandwich e li posò sul letto. Vikus inarcò le sopracciglia, in attesa di una spiegazione. — Luxa e Ripred volevano reclutarmi per una nuova guerra, stavolta uno contro l’altra. Così ho mandato il guerriero in pensione. Anzi, l’ho ucciso.
Sul viso di Vikus passò un’espressione allarmata.
— No, non preoccuparti — disse Luxa. — Ripred è vivo e comanda i ratti, ma non ci sarà nessuna guerra. Non vorresti conservare la spada, Gregor? Per ricordo?
— No, grazie. Ne ho fin troppi, di ricordi. — Gregor si tolse il pugnale di Solovet dalla cintura e lo mise insieme alla spada. — E poi, la mamma non mi permette neanche di tenere un coltellino — aggiunse.
Vikus gli rivolse un sorriso a metà. Con grande sforzo, riuscì a farsi uscire di bocca una parola. Era difficile da capire, ma Gregor pensava di sapere cosa volesse dire. — Speranza? — chiese. Il vecchio annuì e indicò il petto di Gregor. — Io ti do speranza? — Vikus annuì di nuovo. — Be’… aspetta di sentire cos’ha fatto Luxa. — Si chinò e lo baciò sulla guancia. — Abbi cura di te, Vikus.
Gregor se ne andò perché Luxa potesse raccontare al nonno quello che era successo nell’arena. E poi, gocciolava sangue da tutte le parti. Trovò Ripred e Lizzie in una stanza. Un’equipe di dottori stava cercando di rimettere insieme il ratto, ingessandogli la zampa, ripulendo e fasciando la carne morsa dagli acari. Certo che per essere un duro, Ripred faceva proprio un sacco di storie. Ma non quante ne avrebbe fatte se non ci fosse stata Lizzie a consolarlo.
Quando Howard ebbe fasciato la mano di Gregor, la riunione dei delegati era sul punto di iniziare. Lizzie volle andare per stare vicina a Ripred, così andò anche Gregor, per tenere d’occhio lei. La riunione si svolgeva in una sala con un grande tavolo rotondo. Gregor e Lizzie sedettero contro la parete mentre quattro delegati di ogni specie – umani, ratti, pipistrelli, topi, ragni, scarafaggi e talpe – si raccolsero intorno al tavolo. Erano ventotto in tutto, ma ben presto risultò chiaro che Ripred e Luxa si aspettavano di essere soprattutto loro a parlare. Per essere due che si erano appena vincolati, di certo non erano molti gli argomenti su cui andavano d’accordo. Non sulla divisione o la restituzione dei territori, e nemmeno sull’occupazione militare. Si intromisero altre voci, e di lì a poco la conversazione si allontanò dal futuro per tornare alle reciproche crudeltà del passato. La situazione sembrava davvero poter degenerare nell’aggressione fisica quando Ripred saltò sul tavolo e urlò: — Non sentitevi superiori! Nessuno in questa stanza si senta superiore! Tutti noi ci siamo inflitti a vicenda sofferenze indicibili! Ammettiamolo, o non faremo altro che scivolare indietro!
— Ehi, come nella profezia — intervenne Gregor. — Il tempo torna indietro.
— Chiudi il becco, tu! — gli ringhiò contro Ripred. Il ratto scese dal tavolo e nessuno seppe da dove riprendere la conversazione.
Poi, timidamente, Lizzie disse: — Io ho un’idea. — Lei non avrebbe dovuto parlare, in realtà, ma tutti rispettavano la decifratrice.
— Sono sicura che sarà ben accetta, Lizzie — la incoraggiò Heronian.
— Credo che siate in troppi. Credo che ogni gruppo dovrebbe avere un solo rappresentante. — Lizzie si passò la lingua sulle labbra. — E che quel rappresentante dovrebbe essere scelto dalle altre specie.
Ci fu un lungo silenzio mentre le delegazioni riflettevano sulla proposta. Certo, a tutti piaceva l’idea di scegliere i rappresentanti degli altri. Ma lasciare che gli altri scegliessero i loro…
— Qui non si va avanti. Ritengo che il suggerimento di Lizzie meriti un tentativo — disse Luxa.
— Bene, allora io posso anche andarmene, no? — commentò Ripred, rivolgendo a Lizzie uno sguardo ferito.
— Oh, e smettila di tenere il broncio! Io non sarò certo invitata a restare! — scattò Luxa.
— Be’, io non voterei né per te né per lui — rincarò Gregor. Gli lanciarono entrambi un’occhiataccia, e quel gesto comune lo fece sogghignare.
I rappresentanti vennero scelti. I sette designati furono Mareth, Nike, Temp, Heronian, Lapblood, Reflex e una talpa di cui nessuno riusciva a pronunciare il nome.
— Oh, guardate, sono rimasti tutti i rappresentanti più ragionevoli — disse Gregor mentre usciva con quelli che erano stati scartati.
— Tutti i più deboli, vorrai dire — borbottò un ragno che non conosceva.
Gregor guardò nella stanza. — No — obiettò. — Non c’è nessuno di debole, lì dentro. Buona fortuna, gente. — Prese la mano di Lizzie. — Ottima idea, Liz.
— È un po’ come quel rompicapo logico sul formaggio. Solo che va rovesciato. C’è un unico pezzo di formaggio e sette creature che devono spartirselo. Il trucco è capire quali sono le più disposte a spartire — rispose Lizzie. Poi, in tono triste, aggiunse: — Però adesso Ripred è arrabbiato con me.
— Al contrario — disse Ripred, tirandole la treccia. — Ripred è molto seccato che nessuno abbia votato per lui, ma molto lieto di poter andare al banchetto, finalmente. Salta su — la invitò, e Lizzie gli si arrampicò in groppa. — In realtà, è la situazione ideale. Se ne usciranno con un piano. Che non piacerà a nessuno. Tutti penseranno di essere stati trattati ingiustamente, ma saranno felici che i loro vicini siano nelle loro stesse condizioni. E questa è la natura del compromesso. E adesso andiamo a strafogarci.
Gregor e Luxa indugiarono in corridoio mentre gli altri si avviavano al banchetto.
— Quando devi partire? — chiese Luxa.
— Mia madre vuole partire oggi. Tra qualche ora, forse — rispose Gregor. — Mio padre l’ha convinta che era importante che rimanessimo per la resa. Ma lei vuole arrivare in Virginia prima possibile.
Riempirono una cesta di cibo in cucina e Aurora li portò fuori da Regalia, alla vecchia grotta di Ares. Poi lei se ne andò dalle parti del lago, lasciandoli soli.
— Finalmente possiamo fare quel famoso picnic — disse Luxa.
— Sì — replicò Gregor. Ma nessuno dei due riuscì a mangiare. Si limitarono a starsene seduti lì, abbracciati.
— Dov’è la Virginia? — chiese Luxa.
— Molto lontano da New York. Centinaia e centinaia di chilometri — rispose Gregor.
— Non ci rivedremo più — disse Luxa.
Gregor si ritrovò a desiderare che Sandwich avesse tirato fuori qualche altra profezia sul guerriero. — Probabilmente no. E non potremo neanche scriverci.
— Sarai contento di essere a casa? — chiese Luxa.
— No — ribatté Gregor. — Non riesco neppure a immaginare di essere di nuovo lì. E comunque la Virginia non è la mia casa. È solo un posto dove sono stato.
— Per te sarà più facile. Qui si parlerà sempre di te. Nel Sopramondo, invece, chi conosce anche solo il mio nome, a parte i tuoi? E loro non vorranno certo stare a rimuginare sul tempo che hai passato quaggiù. Sì, sarà molto facile dimenticarmi — rifletté Luxa.
— Mai — protestò Gregor. — Per quanto possa provarci, non riuscirò mai ad allontanarti dalla mia mente. — Non era più uno sforzo pronunciare quelle parole. — Ti amo.
— Ti amo anch’io — confessò Luxa.
Non rimaneva altro da dire.
Tic, tac, tic, tac, tic, tac, tic, tac, tic, tac, tic, tac…
Pochi istanti dopo, i corni di Regalia cominciarono a suonare. Aurora entrò nella grotta in un frullare di ali. — Ci richiamano — annunciò.
Gregor faceva fatica a credere che stesse davvero accadendo. Il breve volo di ritorno. La sua famiglia in attesa sul molo, pronta a partire. I suoi pochi averi prelevati dal museo e già ordinatamente riposti in una borsa. Ci furono abbracci e saluti, ma solo Boots disse: — Ci vediamo presto — mentre sommergeva Temp di baci.
Ripred ritenne doveroso impartire a Gregor qualche consiglio da furia dell’ultimo minuto. — Sta’ in guardia. Questa cosa della furia non sparirà magicamente. Fa parte di te. Non ci sarà nessuno che tu non possa eliminare. E hai già ucciso abbastanza da non pensarci due volte prima di farlo. Ricorda, è molto più facile perdere la testa che tenerla sulle spalle.
Quelle parole gelarono il sangue di Gregor. — Lo ricorderò — disse. Sarebbe stato meglio. O chissà cos’avrebbe potuto combinare. — Corri come il fiume, Ripred.
— Vola alto, Gregor di Sopramondo — disse il ratto, poi rivolse la sua attenzione a Lizzie, che non la smetteva un attimo di piangere.
Nike e Aurora sorvolarono la Distesa d’Acqua e lasciarono i Sopramondo e Luxa sulla scala sotto Central Park. Gregor disse addio ai pipistrelli, poi tenne stretta la mano di Luxa mentre suo padre scostava la lastra di pietra. L’aria fresca della notte penetrò all’interno.
— Vieni a vedere, solo per un secondo — la invitò Gregor. Ma Luxa salì i gradini solo fino ad avere la testa e le spalle in superficie. Era una notte limpida. Si vedeva qualche stella e la luna era splendida.
— È qui che penserò a te — disse. — Così saprai dove sono.
Gregor le diede un bacio d’addio e uscì nel parco. Luxa indietreggiò di alcuni gradini. Si guardarono negli occhi finché il padre di Gregor non fece scivolare la lastra di nuovo al suo posto, separandoli per sempre.