Epilogo

L’ultima spiaggia

L’occhio della mente ha un pulsante per l’avanzamento veloce. È buffo. Quasi sempre non ci pensiamo in quei termini, ma quando cerchi di mettere per iscritto una serie di eventi sfortunati e di trasformarli in una narrazione coerente, l’occhio della mente assume alcune caratteristiche di un vecchio videoregistratore a cassette: difficile da azionare, pronto a mollarti e a danneggiarsi, ingombrante, inaffidabile e fragile.

Perciò fate conto che io sia una telecamera e di avermi infilato una batteria nell’orecchio.

Per prima cosa, Panin è andato via.

Immagino sia accaduto questo quando ho iniziato a urlare a squarciagola sul letto da incubo.

Sul sedile posteriore di una lucente BMW diretta a tutta velocità verso Woking, e di là all’autostrada per Dover e per il Tunnel della Manica, un uomo anziano apre gli occhi e trae un profondo respiro. «Era davvero troppo, troppo» dice ad alta voce.

Dmitry gli lancia un’occhiata nello specchietto retrovisore. «Con tutto il rispetto, signore, sono d’accordo.» Ha le nocche bianche per la stretta sul volante e sta collezionando multe dalle telecamere dei tutor con una rapidità quasi irreale. «Gli uomini…»

Panin chiude nuovamente gli occhi. «Morti. O usciranno di là. Vassily all’ambasciata si occuperà di loro. Io torno in patria a spiegare questo fiasco.» Resta in silenzio per quasi un minuto. «Avevamo quasi tutto, una trascrizione del Frammento Sternberg, il Memorandum di Fuller sull’asservimento del divoratore di anime.»

«Con tutto il rispetto, signore, gli adepti sono sempre inaffidabili quando si delega loro un incarico. Comunque, abbiamo lo schema del violino e abbiamo indebolito gli inglesi…»

Panin fulmina Dmitry con un’occhiata. «Il fine del grande gioco non è indebolire gli inglesi, ma la sopravvivenza! Siamo uomini intelligenti, non ratti in preda al panico che si mordono a vicenda nel tentativo di fuggire dalla nave che affonda. Loro sono nemici del nostro nemico, non dimenticarlo. È questo l’errore degli adepti, immaginarsi circondati da nemici che non riusciranno mai a sconfiggere.»

«Com’è successo laggiù?» chiede Dmitry.

Panin non risponde. Restano in silenzio per tutto il viaggio, fino alla Manica.

Ecco invece cosa so che è accaduto.

Per un attimo mi sono risvegliato in una stanza con le luci abbassate per la notte. C’erano due letti e una porta, e seduto accanto a questa un uomo vestito di blu con una pistola. Ho riconosciuto l’altro, disteso sul letto accanto al mio. Dormiva, e ricordo di aver pensato che dovevo dirgli qualcosa di molto urgente, ma non ricordavo cosa e il documento era sparito…

Poi è scattato l’allarme, sono arrivati i medici e mi hanno rimesso a dormire. Dopodiché non ricordo quasi nulla. Ed è meglio così, perché facevo sogni davvero brutti.

Mo mi dice che per la prima settimana mi hanno tenuto sedato al massimo. Se diminuivano la dose di clorpromazina cominciavo a urlare e a cercare di mangiarmi le dita. Lei veniva a trovarmi ogni giorno. Si sedeva accanto al letto e mi dava da mangiare, imboccandomi di cucchiaini di pappetta, attenta che non soffocassi.

Angleton si è ripreso molto più in fretta. Dopo due notti in osservazione, l’hanno dimesso. Poi ha saputo di me e ha sollevato un pandemonio. Pensavano di trasferirmi al St Hilda. Ma Angleton sapeva molto bene cosa non andava in me e non ha accettato rifiuti. Così, dopo quasi una settimana in ospedale, con la testa avvolta nella nebbia rosea di un forte inebriante antipsicotico, un’ambulanza privata mi ha trasportato al Villaggio.

Quest’ultimo si chiamava Dunwich, prima che il ministro della Guerra lo evacuasse, trasformandolo in un sito segreto. Fu assegnato allo Special Operations Executive, parte del quale divenne poi la Lavanderia ed ereditò questa piccola comunità costiera, con stradine, cottage, un pontile malandato, l’emporio e un pub. Oggi lo usiamo come centro di addestramento. Non c’è accesso a Internet, niente campo per i cellulari e nessuna rottura dalla sede centrale sui fogli di presenza e le autocertificazioni di malattia. C’è una dottoressa, ma Janet è sensibile e molto paziente, e nel corso degli anni ha visto un numero impressionante di casi di sindrome di Krantzberg e di altri danni più esoterici, di origini magiche.

Mi hanno alloggiato in un piccolo cottage sul mare e Janet non mi ha fatto più somministrare la clorpromazina, sostituendola con altre sostanze, non tutte legalmente prescrivibili. L’ecstasy aiuta moltissimo quando hai l’allucinazione di essere un morto che cammina. Dopo tre giorni, ho smesso di tremare e singhiozzare di paura, riuscivo a dormire senza una luce notturna. Nel fine settimana è venuta a trovarmi Mo. Ero felice di vederla. Lei capisce con buona approssimazione quello che ho passato. Abbiamo trascorso molto tempo insieme, solo tenendoci per mano. È molto strano toccare una persona viva. Forse tra una settimana riuscirò ad abbracciarla senza ritrarmi per il terrore di divorarle la mente senza volerlo.

Mo è tornata anche nel fine settimana successivo. Dice che sta cercando di ottenere una settimana di licenza straordinaria, ma le conseguenze delle azioni di Iris sono più che sconvolgenti. Vedremo.

Ci ho messo un paio di settimane a stendere questa relazione.

Dato che il Villaggio è una zona senza Internet, ho il permesso di usare un computer con un software di dettatura e trascrizione, anche se gli è stato rimosso il driver di CD e il chipset del Wi-Fi, la scocca è chiusa con una saldatura ed è fissato con il lucchetto a una scrivania di quercia che pesa all’incirca la metà del Memex di Angleton. È molto meglio di una macchina da scrivere manuale, ma quando ho chiesto all’addetto alla sicurezza se potevo portarmelo a casa, è riuscito a stento a nascondere un sorriso ironico.

Certo, ci sono questioni da chiarire.

Non abbiamo mai scoperto cos’è accaduto agli uomini di Panin, tranne Alexei, e a lui stesso. Non posso dare per scontato che ci fosse proprio Panin dietro il furto della relazione sul violino, anche se sottrarre segreti di Stato è effettivamente una specialità in cui eccelle l’organismo cui fa capo il Tredicesimo direttorato. Immagino che le truppe specnaz assegnate a una sezione della guerra occulta abbiano avuto più opportunità di fuga degli adepti, ma questo non vale per tutti i componenti della squadra. A Brookwood, il mattino dopo, la scena era indescrivibile. Ho visto le foto. È stato facile chiudere il cimitero, con posti di blocco e la scusa che vi si era tenuto un rave non autorizzato, con atti di vandalismo sulle tombe, più una direttiva di sicurezza per tappare la bocca ai cronisti più fastidiosi dei media locali. Però hanno dovuto fare qualcosa per i cadaveri. I divoratori hanno fatto risorgere tutto quello che non era del tutto smembrato e disarticolato. Alla fine hanno dovuto scavare un po’ di fosse con i bulldozer. Hanno identificato alcuni adepti, ma non Jonquil e il fidanzato Julian.

Credo che Brookwood non riaprirà per molto tempo. Brains si è preso una lavata di capo e sarà soggetto allo speciale spettacolo di varietà della sicurezza interna, per avere infranto almeno sedici norme, installando software beta sul cellulare personale di un dipendente. Inutile ricordare alla Sicurezza interna che, se non l’avesse fatto, avrebbero perduto il divoratore di anime per opera di un’adepta infiltrata. Al momento, in Amministrazione è tutto un prendersi a calci nel culo gli uni con gli altri, tranne Angleton, che cerca di evitarmi il peggio. Infatti non hanno dimenticato che io ho fatto il cattivello. Se non fosse stato per me, non avrebbero avuto bisogno di tutti quei bulldozer a Brookwood. Anche se Angleton ha fatto notare con un certo successo ai più rigidi in fatto di disciplina che se non fosse stato per i divoratori evocati da me la Confraternita del Faraone Nero avrebbe cercato di chiamare il Dormiente nella piramide con un’interurbana pagata in morti di Londra.

Quanto a lui, chiamiamolo Teiera, Angleton o Signore, non l’ho visto da quando mi sono svegliato qui. E non succederà fino a quando i Revisori non ascolteranno la mia relazione finale e tornerò al servizio attivo. Ma devo dire questo.

Pensavo che lui mi spaventasse a morte, ma ora so che non è così. So com’è fatto dentro. Gli effetti del tentativo raffazzonato di asservimento da parte di Iris sono svaniti in fretta, e forse ho mutuato solo una piccola parte del suo potere. E non sapevo nemmeno come usarlo a dovere. Non è una coincidenza che Angleton sia piombato in un coma piatto per l’intera durata della mia buffa trasformazione. Ho scoperto anche questo: Angleton non è vincolato alla Lavanderia dallo sgangherato incantesimo lanciato negli anni Trenta da Fuller e dai suoi eccentrici compagni occultisti. Lui è un agente libero, almeno quanto noi, che siamo uomini, bestie o dei. Per quale motivo si trova bene con noi? Non lo so. Forse ha finito per abituarsi. Ha vissuto così a lungo come un perfetto inglese che vi si è identificato. Ma ho una teoria.

Angleton sa cosa ci aspetta. Sa esattamente cosa tracimerà attraverso le pareti della realtà, quando le stelle cadranno in fiamme da cieli spietati e noi, sempre più esseri pensanti, cominceremo a corrodere la struttura della realtà. Lui crede che noi siamo la sua migliore speranza di sopravvivere.

Come ho detto, l’unico dio in cui credo sta tornando. E quando arriverà, io sarò lì ad aspettarlo con un fucile.