30
Non resisto. Do un pugno fortissimo sul braccio di Nathan. «Come hai potuto? Come hai potuto fare una cosa del genere a Julia?»
Lui impreca sottovoce e si massaggia il punto in cui l’ho colpito. «Mi hai fatto male.»
«Selena non ha mai detto che Nigel non era il padre di Ruby. Lui lo sa?»
«Non so cosa gli abbia detto. Io l’ho scoperto da pochissimo. Me lo ha detto lei. Il giorno prima che morisse.»
Magari mentiva. Selena mentiva su tutto.
«È per questo che le hai dato il tuo numero? Perché così potevate incontrarvi di nascosto?» Avrei dovuto capirlo prima. Sapevo che Selena era uscita per vedere qualcuno e quello stesso giorno avevo anche incontrato Nathan che tornava dal paese. Ecco perché lei si comportava così stranamente in sua presenza.
Nathan abbassa la testa. «Voleva parlarmi», dice guardandosi le scarpe.
«Lo hai detto alla polizia?»
Alza subito lo sguardo. «Non ancora. Stamattina stavo parlando con Rachel ma poi ha ricevuto una chiamata urgente ed è dovuta scappare. E comunque voglio dirlo prima a Julia.»
«Hai avuto due giorni per farlo!»
«Non è facile! Non criticarmi sempre. Non siamo tutti perfetti come te, cavolo!»
«Vaffanculo!» Le sue parole mi hanno ferita. Soprattutto perché so di non essere affatto perfetta.
Non mi muovo, anche se vorrei andarmene. Restiamo in silenzio. Nathan si accende un’altra sigaretta e inspira profondamente. Io mi sposto. Il fumo non fa bene all’asma.
«Ci siamo incontrati nel parco. A Julia avevo detto che avevo bisogno di stare un po’ da solo.»
«Che macello.»
Lui fa un altro tiro. «Non siamo stati tanto assieme. Giusto il tempo che le ci è voluto per dirmi di Ruby. E io ci ho creduto. Anche perché le date coincidono. Mi ha detto... mi ha detto di aver sentito che Julia non riusciva a rimanere incinta e allora voleva che sapessi che ero già padre.»
Non posso non pensare che è stato molto egoista da parte di Selena. Cos’era quella per lei? Una gara con Julia?
Faccio un respiro profondo. Benché sia un po’ distante da Nathan, il fumo mi arriva comunque e mi fa tossire. Nathan se ne accorge. «Scusami.» Spegne la sigaretta. «Ha detto che da quel momento la palla stava a me. E poi se n’è andata. Io ho fatto due passi da solo e poi sono tornato verso casa. E infatti ci siamo incontrati.»
«Selena c’era quando sei rientrato?»
«Non lo so. Non l’ho vista. Sono andato subito di sopra. Julia era arrabbiata con me e abbiamo litigato... Non ho ancora detto alla polizia che, la notte in cui è morta Selena, ho dormito di sotto.»
«Oddio, Nathan. Perché?»
«Non lo so. Julia ha detto... Io e Julia abbiamo pensato che fosse meglio non dire niente.» Sbuffa. «Comunque è successo una volta sola, con Selena.»
«Una volta basta e avanza», gli ricordo, a denti stretti. Sta cominciando a piovere e io ho freddo. Mi stringo nel cappotto, accartoccio il cartoncino col numero di Nathan e me lo infilo in tasca. Continuo a nascondere prove. Stavo già coprendo mamma e adesso alla lista si aggiungono anche Nathan e Julia. Mi sento schiacciare da questo peso. Poi però mi viene in mente una cosa. «Mamma lo sa?» gli chiedo.
«Spero di no! Te lo immagini?» Non si è ancora rasato e si gratta la barba. «A meno che...» Mentre pensa ad alta voce, fa l’espressione di chi ha appena assaggiato qualcosa di cattivo. «A meno che non glielo abbia detto Selena. Credi che lo avrebbe fatto?»
«Io credo che, se mamma avesse saputo che Ruby era sua nipote, me lo avrebbe detto.» Anche se non è necessariamente vero. Ormai è evidente che mia madre sa mantenere un segreto. Forse è proprio per questo che aveva invitato Nathan, perché Selena potesse dirglielo. La cosa ha senso. «È stata lei a invitarvi qui oppure è stata un’idea vostra?»
«È stata un’idea di mamma, ovviamente. E noi, visto che era il suo compleanno, abbiamo pensato che potesse essere una bella cosa.»
«Allora forse lo sapeva.» Era l’unica persona cui Selena non raccontava bugie, a quanto pare.
«Dovrò dirglielo, vero?»
«A chi? A Julia?»
Annuisce.
«Certo.» Non voglio chiederglielo, ma devo. Perché c’è qualcosa che non mi torna. Perché Nathan non ha detto alla polizia di aver dormito di sotto la notte in cui è morta Selena? Forse per avere un alibi? Non riesco più a trattenermi e alla fine glielo chiedo: «Sei stato tu a spingere Selena giù per le scale?»
Lui barcolla indietro, come se gli avessi appena sparato. «Cosa? Ma certo che no. Davvero pensi una cosa del genere?»
«Non so cosa pensare. Potresti averla incrociata mentre scendevi e aver litigato con lei sulle scale perché non volevi che raccontasse tutto a Julia.»
«Non riesco a crederci...»
«Potrebbe essere stato un incidente causato da un gesto di stizza. Nathe?» Mi guardo intorno per assicurarmi che non ci sia nessuno. «A me lo puoi dire.» E, se me lo confessasse sul serio, io poi che ne farei, del suo segreto? Lo terrei nascosto assieme a tutti gli altri?
Non possiamo continuare a parlare perché vediamo arrivare mamma, più in forma che mai. Dietro di lei ci sono Sian e Orla. Cavolo. Avevo dimenticato che sarebbero passate a prendere Amelia.
«Ecco che arriva la malvagia Strega dell’Ovest», dice Nathan sottovoce.
Di solito avrei riso. Ma non oggi. Sono ancora furiosa con lui.
Saluto calorosamente Sian e Orla e poi le accompagno in casa. Salgo a chiamare Amelia, che è in cameretta a disegnare. Sembra imbronciata ma, nell’istante in cui vede Orla, salta giù dal letto tutta contenta. Evie è in un angolo che gioca coi suoi peluche e con la bambola di porcellana. Quando entriamo in cameretta, a malapena alza la testa.
Amelia prende Orla sottobraccio e Sian mi avvisa che la riporterà alle sei. Prima di uscire, si ferma e mi dice: «Mi dispiace per tua cugina».
Evidentemente lo sa già tutto il paese, anche se i giornali non avevano fatto il nome di Selena. «Grazie.»
Mi abbraccia, avvolgendomi nel profumo dei suoi capelli appena lavati. «Tutto il resto va bene? Le bambine? L’attività?»
Vorrei raccontarle tutto, a questa donna che conosco appena. «Ti va se ci prendiamo un caffè appena le bambine tornano a scuola?»
Lei sorride. «Molto volentieri.»
Le guardo partire e mi prende subito l’ansia. Detesto quando le bambine sono in una macchina che non guido io. Mi preoccupo che possano avere un incidente. Anche se in realtà Sian sembra una persona giudiziosa. Ho sempre paura che le mie figlie mi vengano portate via, come Natasha è stata portata via a mia madre. A tutti noi.
Vivono dall’altro lato del paese, mi dico, cercando di convincermi che andrà tutto bene, ma non riesco a trattenermi e alla fine, dopo mezz’ora, per assicurarmi che siano arrivate sane e salve mando un messaggio a Sian con la scusa di aver dimenticato a che ora ha detto che riporterà Amelia a casa. Sian non mi risponde subito e, mentre pulisco la cucina, cerco di non immaginarmi scene di ambulanze e lamiere accartocciate. Dieci minuti dopo, mi scrive e conferma che riporterà Amelia alle sei.
Nathan e mamma sono ancora fuori in giardino, sembra si stiano confessando. Parlano fitto fitto e non si accorgono neanche della pioggia.
Sto caricando la lavastoviglie quando Ruby entra in cucina e lì per lì mi fa prendere un colpo. Non sono ancora abituata a vederla girare per casa. Quando Selena era ancora viva, Ruby veniva trattata coi guanti di velluto. Chissà che fine farà questa creatura. Nathan deve assolutamente dire alla polizia che è lui il vero padre di Ruby, forse così potremo impedire che Nigel se la porti via. Perché, se è davvero un uomo violento, non voglio che la bambina stia con lui.
«Ciao, zia Kirsty.» Mi sorride timida. Ha il suo adorato topo di peluche sotto il braccio. Mi accorgo che le manca un dentino davanti. «Posso salire a giocare con Evie?»
Le guardo le gambe. Non si è più messa i tutori da quando se li è tolti in giardino. Il giorno in cui è arrivata, venerdì scorso, era sulla sedia a rotelle. Adesso – con grande sorpresa di tutti – cammina da sola, anche se con qualche difficoltà. «Certo. Ma sei sicura di farcela, a salire le scale?»
Lei tira su il mento, testarda. E mi ricorda tanto Selena. «Sì. Starò attenta. Mamma non me lo avrebbe mai permesso. Diceva che rischiavo di cadere e che era troppo pericoloso. Non voleva che camminassi.» Le si riempiono gli occhi di lacrime. Selena era iperprotettiva, come me. Evidentemente la morte di Natasha aveva segnato anche lei. E la capivo. Pure io sarei stata così se le mie figlie avessero avuto i problemi di Ruby.
«Ti aiuto io, tesoro», le dico. Vorrei stringerla forte tra le braccia. Lei mi prende la mano e mi porta verso le scale. Comincia a salire e io mi metto dietro di lei, come facevo con Amelia e con Evie quando erano piccole. C’impiega un po’ a salire tutti i gradini e, quando arriviamo in cima, ha un accenno di affanno, però sorride felice, mostrando la finestrella che ha tra i dentini. Poi attraversa il pianerottolo, più spedita. Sa già qual è la porta della cameretta di Evie ed entra senza bussare. Quando la vede, Evie urla di gioia e salta in piedi.
«Hai visite», le dico, accarezzando i lunghi capelli di Ruby. Lei respira ancora affannosamente e, vedendola così, mi preoccupo come se si trattasse di una delle mie figlie. «Puoi badare tu a Ruby un momento, amore? Voglio andare a chiedere una cosa veloce a zia Julia.»
Evie prende Ruby per mano e la porta in mezzo alla stanza. Sto per uscire dalla cameretta quando vedo l’album dei disegni di Amelia sul letto. Senza neanche pensarci, lo prendo e mi metto a sfogliarlo, soffermandomi sull’ultimo disegno che ha fatto. C’è un fantasma che insegue una ragazza. È cupo e pieno di sfumature. Angosciante. Rimetto l’album sul letto.
Mi affaccio dalla porta della mia camera e trovo Adrian completamente immerso nel suo romanzo. Ci siamo a malapena rivolti la parola da ieri e temo che, dopo la morte di Selena, abbiamo ricominciato ad allontanarci. Per un po’ mi è sembrato il contrario, perché mi aiutava a preparare la colazione e pareva si stesse interessando di più alla gestione del B&B. Ma è durata poco e adesso si è richiuso in se stesso. E non capisco perché. Quando gli dico di buttare un orecchio alle bambine che giocano in cameretta, non si gira nemmeno. Fa solo un verso.
Vado di sotto e mi accorgo che Nancy se n’è andata senza neanche prendersi i soldi per le ore che ha fatto oggi. Julia è in salotto. È seduta sul divano e legge attentamente alcune carte che ha in mano. Quando entro, alza la testa e mi chiede: «Tutto bene?»
Io tiro fuori l’inalatore e inspiro un paio di volte. «Scusa», le dico, e poi le racconto di Ruby. «Forse soffre di asma? Dopo aver salito le scale, mi è sembrata molto affannata. È vero che sicuramente non è allenata, ma...»
Julia raccoglie le carte che stava leggendo e le infila nella borsa accanto a lei. «Posso sempre darle un’occhiata. Di sopra ho la borsa con tutti gli strumenti. Comunque, hai pensato a come fare col medico di base?»
«Sì. Ne ho contattato uno stamattina. Dovrò andare a compilare alcuni moduli.»
«Dimmelo, quando ci vai, vorrei venire con te se non ti dispiace.» Aggrotta la fronte, guarda la borsa e poi di nuovo me. «Stavo dando un’occhiata alle cartelle cliniche di Ruby. Ho notato un po’ di stranezze.»
«Stranezze?»
«Sì, rispetto a quello che mi ha detto Selena. Secondo lei, Ruby aveva il morbo di Crohn, giusto?»
Ripenso alla nostra conversazione. «Sì, esatto. Ruby è allergica ai latticini e al frumento e ha problemi di crescita. Selena pensava pure che potesse avere l’encefalomielite mialgica.»
Julia si morde il labbro. «Mmm. Ha detto le stesse cose pure a me. Proprio qui, la sera prima che morisse.»
Non capisco dove voglia arrivare. «E invece le cartelle cliniche cosa dicono?»
«Be’, il punto è proprio questo. Ruby si è sottoposta a un mucchio di esami. Alcuni parecchio invasivi, anche. Ha passato un sacco di tempo in ospedale. Le hanno fatto più volte i test per capire se avesse il morbo di Crohn. La prima quando aveva solo quattro anni, poi di nuovo a cinque e l’ultima volta quest’anno.»
«Perché così tante volte?»
«Perché, a quanto pare, Selena era convinta che fosse questo il problema di cui soffriva.»
«E allora?»
Julia scuote il capo, seria. «La bambina è sempre risultata negativa.»
Penso al corpicino minuto e denutrito di Ruby. Alla sua faccina pallida. Alle gambe deboli. Alla spossatezza, e mi sento di difendere mia cugina. «Cosa mi stai dicendo? Che Ruby non è malata? Perché invece a me sembra evidente che lo sia. La seconda notte che ha passato qui, abbiamo dovuto chiamare l’ambulanza per farla portare di corsa in ospedale. Ha avuto la febbre alta e una crisi epilettica. Non se l’è mica inventato Selena.»
«Non lo so», fa Julia, con gli occhi marroni talmente scuri che quasi non distinguo le pupille. Si alza in piedi e si mordicchia l’unghia del pollice. Prende tempo, come se avesse paura di dire ciò che pensa. «Ascolta, è molto raro e non mi è mai capitato nessun caso, ma ho letto parecchio a riguardo. Non sono sicura che si tratti proprio di questo. Forse sono altri i motivi per cui Ruby non sta bene, quello che è certo è che le cose che ci ha detto Selena e le cartelle cliniche della bambina non corrispondono.»
«Non capisco cosa stai cercando di dirmi.»
«Ruby è nata con alcune problematiche. Da piccolina aveva l’ittero, qualche problema respiratorio e un’allergia ai latticini. Poi, negli anni successivi, ha fatto un sacco di analisi ed esami invasivi e non le hanno trovato niente. Insomma, la bambina non è più allergica ai latticini né tantomeno ha il morbo di Crohn, visto che gli esami hanno dato esito negativo per ben tre volte. Fino a ieri questa bambina usava la sedia a rotelle e i tutori, quando secondo me non ce n’era bisogno; adesso improvvisamente mangia senza problemi cose che Selena ti aveva detto che non poteva assolutamente mangiare...» Mi guarda, come se volesse capire se sia il caso o no di essere completamente onesta con me. «Kirsty, hai mai sentito parlare di una patologia che si chiama ’disturbo fittizio provocato da altri’?»
«Non mi pare.»
«Forse lo conosci con un altro nome: la sindrome di Munchausen per procura.»