20

Georgie aggiungeva canticchiando gli ultimi tocchi alle decorazioni natalizie e sistemava sulla mensola del camino rami di abete e un tessuto oro e argento. Poco lontano Lizzie la osservava. Era tutto molto grazioso, pensò, ma lei proprio non riusciva a entrare nello spirito natalizio. Era impossibile.

Si erano trasferite a Londra, nel West End, in autunno, ma Georgina non stava quasi mai nella casa di città di zia Eleanor, a Belgrave Square; preferiva passare le giornate a visitare librerie, musei, gallerie d’arte e assisteva a qualunque dibattito pubblico pubblicizzato sul Times. Era diventata un vero turbine di intelligente attività sociale e Lizzie ne era felice.

Per lei, invece, tutto era stato più difficile.

Quel terribile giorno di fine estate, lasciata Wicklowe, le due sorelle erano andate direttamente a Glen Barry. Per fortuna Eleanor, dopo aver dato loro una rapida occhiata, le aveva accolte a braccia aperte e, ascoltato il breve racconto di Lizzie e la sua richiesta di perdono, aveva detto: «Io ti voglio molto bene, Elizabeth; ho capito la tua collera e ti confesso che ora mi chiedo se davvero la decisione che ho preso a suo tempo sia stata la migliore».

Le due giovani erano arrivate a Londra poco prima che Tyrell tornasse a Wicklowe insieme alla sua fidanzata.

Eleanor lo sapeva e perciò aveva insistito per partire da Glen Barry, che distava appena due ore dalla residenza dei de Warenne. Aveva giustamente pensato che per Elizabeth sarebbe stato troppo doloroso trovarsi così vicino all’uomo che amava e a Ned.

Fu soltanto diverse settimane dopo il loro arrivo a Londra che zia e nipoti seppero che il matrimonio di Tyrell era stato posticipato e che avrebbe avuto luogo in maggio. A quanto si diceva, la futura sposa non si era sentita bene.

Sebbene molto sorpresa da quella notizia, Lizzie aveva rifiutato di prestarvi troppa attenzione per non nutrire folli speranze. Erano trascorsi ormai quattro mesi da quando aveva lasciato Tyrell e lui non aveva nemmeno risposto alla sua lettera di addio: era evidente che non gli importava più nulla di lei.

Per quanto Lizzie tentasse di reagire, il suo dolore era immenso, l’avvolgeva come un pesante mantello del quale non riusciva a liberarsi. Ogni giorno era immerso in una nebbia grigia, ogni notte la trovava insonne. Ma non aveva rimpianti e custodiva gelosamente il ricordo di ogni momento passato insieme a Tyrell. Se solo quelle memorie non fossero state così dolorose!

Si diceva che il tempo curasse tutte le ferite, ma era evidente che per lei non ne era trascorso abbastanza. Le mancava soprattutto Ned, anche se era sicura di avere fatto la cosa migliore per il piccolo.

Nel tentativo di non pensare, si concentrava sui suoi compiti di ogni giorno, fossero questi accompagnare la zia a un tè, Georgie a fare una passeggiata o assistere i malati all’ospedale di St. Anne. Ma alla fine era tutto inutile. I ricordi la travolgevano nei momenti più impensati e con essi si riaccendeva il dolore, violento, lacerante, devastante.

Se non altro Ned stava bene. La contessa le aveva scritto che era cresciuto, che faceva grandi progressi in sella al suo pony e che ormai era in grado di pronunciare intere frasi. Su quella lettera Lizzie aveva pianto e aveva risposto alla contessa ringraziandola e pregandola di continuare a darle notizie del bambino ogni volta che ne avesse avuto il tempo.

Per quello che riguardava Tyrell, Lizzie presumeva si trovasse ad Adare con la sua fidanzata e con il bambino. Cercò di immaginarlo insieme a Blanche, a sorriderle così come aveva sorriso a lei, ma era troppo doloroso, quindi si limitò a pregare che fosse felice.

Georgie le toccò un braccio. «Oh, Lizzie! Proprio quando comincio a pensare che tu ti stia riprendendo ti torna sul viso quell’espressione tanto triste. Non pensare a lui!»

Lizzie le sorrise. Ormai aveva imparato a farlo anche quando il dolore le straziava il cuore.

«Non sono triste» rispose, ma era una bugia ed entrambe lo sapevano. «È Natale, un periodo dell’anno che io adoro. Mamma e papà arrivano oggi e sono molto felice di rivederli.»

«Sì, anch’io, ma sono un po’ preoccupata. Non abbiamo più visto papà da quel terribile giorno a Wicklowe» replicò la sorella.

Lizzie distolse lo sguardo senza rispondere. Quel pensiero angustiava da qualche tempo anche lei, ma preferiva non parlarne.

Scriveva regolarmente ai genitori e loro non avevano mai accennato a quell’orribile pomeriggio nel quale suo padre l’aveva ripudiata. Sua madre sembrava essere diventata molto popolare in società e di rado trascorreva una sera a Raven Hall senza compagnia. Per qualche misteriosa ragione, infatti, la contessa continuava a invitarla ad Adare ogni volta che vi si trovava. Visto poi che anche le lettere di suo padre avevano un tono leggero, Lizzie cominciava a sperare che il conflitto che li aveva divisi fosse stato dimenticato.

Per quel che riguardava Anna, scriveva spesso alla sorella e le descriveva la sua vita di sposa e futura mamma felice; aspettava infatti un bambino per la primavera. Lizzie era lieta per lei, tuttavia trovava sempre piuttosto difficile risponderle. Nella sua ultima missiva Anna l’aveva invitata a trascorrere qualche tempo da lei, nel Derbyshire, e aveva anche accennato alla possibilità di presentarle uno degli amici scapoli di Thomas. Ma Lizzie non si illudeva. La sua reputazione non le avrebbe mai consentito di sposarsi... e a dire la verità per lei era un sollievo. Perché amava Tyrell e non avrebbe mai smesso di amarlo. Nella sua vita non ci sarebbe stato nessun altro.

Eleanor entrò nel salone e Lizzie fu lieta di essere distratta da quei cupi pensieri. «Che cosa pensate, zia? Vi piacciono le nostre decorazioni? Vi confesso che è stata tutta opera delle abili mani di Georgie.»

«Sì, la stanza ha un’aria di festa.» La vecchia signora sorrise. Come sempre indossava un elegante abito nero e aveva addosso più diamanti di una duchessa. «Sono arrivati i vostri genitori» annunciò alle sorelle, poi si rivolse a Lizzie. «Hai fatto tu quella torta di rum e uvetta che ho visto in cucina?»

«Sì, la notte scorsa. È la preferita di papà.»

Eleanor le sfiorò una guancia. «E che ora era? Mezzanotte? Le tre del mattino?»

Lizzie abbassò lo sguardo. Ormai odiava la notte. In quelle ore buie la solitudine l’assaliva, mescolandosi con i ricordi. Se poi si addormentava, arrivavano i sogni. Sogni vividi nei quali a volte faceva l’amore con Tyrell, a volte rideva con lui, spesso insieme a Ned. Il risveglio era terribile, il momento in cui si rendeva conto di essere sola era come una lama che le penetrava nel petto.

«Sei troppo magra» stava continuando a rimproverarla la zia. «E vagare di notte per casa non ti aiuta di certo.»

«Vi preoccupate troppo, zietta» replicò lei con un sorriso lieve, ma in quel momento Eleanor abbassò la voce e le porse una lettera. «Questa è appena arrivata» sussurrò in tono di disapprovazione.

Lizzie vide il timbro e il suo cuore fece una capriola. Arrivava dall’Irlanda e portava il sigillo della contessa.

«Mia cara, non credo che questa corrispondenza ti faccia bene» osservò Eleanor.

Lizzie la guardò. «Io devo sapere come sta Ned.»

«Sta bene, sta molto bene, ma credo davvero che tu debba invitare la contessa a non scriverti più.»

«Mi manca» si limitò a replicare lei, più decisa che mai a non accettare interferenze nei suoi rapporti con la matrigna di Tyrell.

«Devi dimenticare, Lizzie» insistette Eleanor. «Solo così potrai andare avanti con la tua vita.»

«Io sto andando avanti, zia Eleanor. Ci siamo spostate in città, abbiamo partecipato a cene e ricevimenti e faccio la volontaria all’ospedale di St. Anne. A dire la verità non ho un minuto di tempo libero.»

Eleanor sospirò.

In quel momento il campanello della porta suonò e Lizzie corse sulla soglia del salone, da dove vide Leclerc accogliere Rory McBane, che reggeva un sacchetto; con ogni probabilità erano i suoi regali di Natale.

Lizzie ne fu piacevolmente sorpresa. Voleva molto bene a Rory, che trovava spiritoso, affascinante e attraente. Non lo vedeva dall’estate precedente, quando lui era andato in collera per la bugia che gli aveva raccontato. Andandogli incontro, sperò che il giovane l’avesse perdonata e che entrambi potessero gettarsi il passato alle spalle.

«Rory! Che bello rivedervi! Buon Natale!»

Il giovane posò il sacchetto a terra e s’inchinò. «Buon Natale anche a voi, Lizzie» le rispose senza sorridere. C’era una domanda nei suoi occhi, una domanda che Lizzie comprese molto bene.

Anche lui desiderava dimenticare il loro alterco e gliene chiedeva conferma, così, alquanto sollevata, lei gli sorrise. «Grazie per essere venuto.»

«Come avrei potuto dimenticare la mia parente preferita?»

«Oh, siete sempre il più galante dei gentiluomini» replicò Lizzie, prendendogli le mani fra le proprie e ridendo. Quel suono la sorprese e solo allora si rese conto che quella era la prima volta che mostrava gioia da quando aveva lasciato l’Irlanda.

Ma Rory già non la guardava più. Il suo sguardo si era spostato alle sue spalle. «Spero che questo significhi che vi sono mancato» mormorò.

Lizzie si voltò e vide Eleanor e Georgie ferme sulla soglia. La zia era felice di rivedere il nipote, mentre sul volto di Georgie era visibile la tensione.

«Zia!» esclamò Rory ridendo. «Mi saluterete nello stesso modo entusiastico di Lizzie?» E intanto fissava Georgie.

Anche Lizzie guardò la sorella, felice di notare che non era mai stata tanto graziosa. Indossava un semplice abito azzurro con un grembiule bianco legato in vita e aveva della polverina d’oro sul naso. I lunghi capelli biondi le si erano sciolti sulle spalle quel pomeriggio, quando aveva deciso di arrampicarsi su una scala per decorare il salone. Sebbene il suo aspetto non fosse impeccabile, era incantevole e il rossore che le accendeva il viso la rendeva irresistibile.

«Miss Fitzgerald» la salutò Rory, chinando appena il capo e arrossendo a sua volta.

Georgie gli fece la riverenza, guardando altrove. «Mr. McBane.»

«Restate a cena, vero, Rory?» intervenne Lizzie.

«Accetto volentieri, se non reco troppo disturbo» rispose lui.

«Voi non disturbate mai, non è vero, zia?»

Eleanor lanciò un rapido sguardo alla nipote, poi baciò Rory. «Certo che no, razza di briccone! In questa casa c’è davvero bisogno di un po’ d’allegria. Come mai ci hai messo tanto a venire a trovarci?»

Il giovane ridacchiò. «Sono stato molto occupato, zietta. Sapete, i miei affari...»

«Ho paura di chiederti che tipo affari, ma spero non ci sia nulla di cui preoccuparsi.»

«Non avete nulla da temere» ribatté Rory con un sorriso sardonico, ammiccando a Elizabeth.

Eleanor prese sottobraccio il nipote e con lui rientrò nel salone. «Le ragazze stanno aspettando i loro genitori. Questa sarà una sera di festa» dichiarò.

Alle loro spalle Georgie lanciò a Lizzie un’occhiataccia. «Perché lo hai invitato a cena?» le chiese sottovoce. «Non vedi in che stato sono?»

«Puoi sempre cambiarti. Dovresti cercare di goderti la sua compagnia, non abbiamo mai avuto ospiti divertenti da quando siamo arrivate. Gli amici della zia sono così vecchi e noiosi. E poi lui è nostro cugino e mio amico.»

«Non ricordi l’ultima volta che lo abbiamo visto? Era furibondo con tutte e due!» sibilò Georgie, afferrando una mano della sorella.

«Ebbene, è evidente che ora non lo è più.»

«Ma è così vanesio! Non riesco a sopportarlo, si vede benissimo che è un libertino.»

Lizzie la guardò divertita. «Non lo conosci nemmeno. Rory non è affatto vanesio, tanto meno un libertino. La politica lo interessa ben più delle donne. Sai, voi due avete parecchio in comune...»

«Noi non abbiamo niente in comune!» scattò Georgie, avvampando. «Proprio niente. Ne sono certa.»

«Mmh, chissà perché ti accendi tanto... Georgie, parliamoci francamente per un momento. Lui è attraente, affascinante ed è scapolo» osservò la sorella.

«Non m’importa nulla del suo aspetto!» Georgie era sempre più furibonda. «E non trovo affascinante il fatto che un uomo si comporti come un libertino. E poi che cosa significa quella tua ultima frase? Io adoro essere zitella!»

Lizzie avrebbe avuto voglia di darle un colpo in testa. Non l’aveva mai vista tanto agitata. Già dall’estate precedente si era accorta che Rory era molto attratto da Georgie e ora la reazione accalorata della sorella le faceva sospettare che quell’attrazione fosse ricambiata. «Non puoi almeno riconoscere che è attraente?»

Ma Georgie, per tutta risposta, le lanciò una delle sue occhiatacce più cocciute.

All’improvviso Lizzie si domandò se la sorella non avesse paura di un tipo come McBane. Dopotutto, con la sua passione politica, il suo bell’aspetto, la sua educazione, era molto adatto a lei. E se poi un giorno avesse ereditato la fortuna di zia Eleanor sarebbe stato davvero un ottimo partito.

«Io comunque sono molto contenta che sia venuto e spero che ritorni. Sono stanca dei vecchi amici della zia» dichiarò.

«Mi dispiace» replicò Georgie e la collera scomparì dal suo viso. «Non so davvero perché ho perduto il controllo. Credo che andrò a cambiarmi... per mamma e papà, naturalmente.» Poi, dopo un profondo respiro, aggiunse: «E a dire il vero anch’io sono contenta che lui sia qui. Stasera ti ho sentita ridere per la prima volta da mesi».

Lizzie la guardò. «Rory è molto spiritoso.»

«A me non sembra.» Georgie parlò fissando la sorella negli occhi. «Ma tu gli vuoi molto bene e anche lui te ne vuole, Lizzie. Chiunque lo capirebbe. Ed è per questo che oggi è venuto, ne sono certa.»

Quella fu davvero una sera di festa. Durante la cena Mrs. Fitzgerald intrattenne tutti con i racconti delle sue avventure nell’alta società irlandese. Ormai si riteneva la migliore amica della Contessa di Adare e andava a trovarla almeno una volta alla settimana. Secondo lei la contessa era la dama più gentile e più bella che avesse mai conosciuto.

«E il modo in cui la tratta il conte, poi!» esclamò dopo il terzo bicchiere di vino. «Dovresti prendere una lezione o due da lui, caro» aggiunse, guardando il marito.

Mr. Fitzgerald sorrise a Lizzie e alla moglie rispose con dolcezza: «Certo, mia cara, credo che lo farò».

Seduta a capotavola, Eleanor era rimasta fino ad allora in silenzio, apparentemente divertita dalla conversazione della cognata. Finalmente osservò: «È bello vederti così felice, Lydia».

«Be’, mi mancano le mie ragazze, certo» si affrettò a ribattere Mrs. Fitzgerald. «Raven Hall non è più la stessa senza di loro. Anche se certo non potrei mai rimproverarle per il tempo che passano qui con te, Eleanor. E anche Anna è molto felice. Thomas l’adora e io non vedo l’ora che nasca il bambino.»

«È un vero peccato che non possa essere qui con noi stasera» affermò Eleanor.

«Oh, sono così impaziente di rivedere la mia cara figliola!» esclamò Mrs. Fitzgerald.

«Ho visto un’eccellente vignetta sul Times» intervenne il marito, rivolgendosi a Rory.

«Le vignette di Rory sono sempre molto brillanti» confermò Lizzie.

Il giovane le sorrise, poi chiese a Mr. Fitzgerald: «A quale vignetta vi riferite?».

«A quella che raffigura il parlamento come un circo, pieno di lanciatori di fiamme, mangiatori di spade e altri simili cialtroni. E poi avete disegnato il Presidente della Camera con gli zoccoli, le corna e la coda.»

Rory ridacchiò, ma Georgina sussultò.

Il giovane la guardò un istante, poi tornò a rivolgersi a Mr. Fitzgerald. «L’ho raffigurato come il diavolo, signore. Il diavolo che induce i nostri compatrioti irlandesi a vendere le loro anime politiche.»

«Vedo che le tue idee radicali non sono cambiate» commentò Eleanor con un sospiro.

«Idee radicali!» sibilò Georgina, rossa in volto come una barbabietola.

Lizzie temeva come sarebbe finita quella conversazione, così tossicchiò e propose: «Prendiamo il dolce nel salone?».

Ma Rory la ignorò e, ridacchiando, si rivolse a Eleanor. «Ero sul punto di fare anche la caricatura di Prinny, il Principe Reggente, dunque dopotutto dovreste essere soddisfatta della mia moderazione, zietta.»

Prima ancora che Eleanor potesse replicare, Georgie dichiarò: «I nostri compatrioti non vendono affatto le loro anime politiche!».

Continuando a sorridere Rory la guardò. «Mi permetto di dissentire, Miss Fitzgerald, ma preferisco non parlare di politica con una donna.»

Georgie non finse nemmeno di sorridere. «E perché?» chiese subito, sporgendosi verso di lui sul tavolo in un atteggiamento ben poco elegante. «Le donne non hanno cervello? Le nostre opinioni non contano? Oppure è solo la mia opinione che non conta, Mr. McBane?»

«Certo che le donne hanno un cervello, Miss Fitzgerald, mi dispiace di aver dato l’impressione contraria. E naturalmente la vostra opinione conta molto» ribatté Rory arrossendo, consapevole di avere commesso un errore.

«Sono lieta di sentirvelo dire» dichiarò Georgie con un sorriso soave. «Perché la mia opinione è che le vostre vignette siano sediziose.» Poi aggiunse, ancora più soavemente, voltandosi verso la zia: «Vogliamo spostarci nel salone per quella torta al rum e all’uvetta?».

Ma a quel punto Rory, senza più sorridere, gli occhi fuori dalle orbite, si sporse sul tavolo verso di lei. «Dunque voi mi accusate di sedizione?»

«Sì, signore. Voi screditate i nostri compatrioti, cioè gli uomini che parlano a nostro nome nel parlamento dell’Unione. E questa è diffamazione. Questa è sedizione!»

Per una volta Rory restò senza parole.

«Ma naturalmente potete difendere il vostro punto di vista, sempre se desiderate discutere con me. E se non temete di essere battuto da una donna» concluse Georgie con noncuranza.

Lizzie ormai faticava a trattenere il riso.

I suoi genitori si scambiavano invece da un po’ di tempo sguardi sbigottiti. «Georgina May!» esclamò infine la madre. «È ora di recarci nel salone.»

Un’espressione soddisfatta sul viso, la giovane si alzò.

Anche Rory balzò in piedi e, senza rivolgersi a nessuno in particolare, esclamò: «Vuole trascinarmi a tutti i costi in un dibattito politico!».

«Non ho certo paura di confutare le vostre opinioni, signore» ribatté calma Georgie. «Anzi, a dire il vero, sto ancora aspettando che ribattiate a ciò che vi ho detto.»

Rory la guardò a bocca aperta.

«Oppure, se credete, potete riconoscere la vostra sconfitta» proseguì lei, in tono mellifluo.

«Miss Fitzgerald, non conosco nessun gentiluomo che discuterebbe davvero con una dama. Voi siete molto determinata, ma io non vi divertirò» replicò il giovane, tentando di controllare l’ira.

Georgie sollevò gli occhi al cielo.

«Divertirmi? Oh, non credo proprio che ci riuscireste, Mr. McBane!»

Mrs. Fitzgerald ascoltava affascinata quello scambio pirotecnico, così come Lizzie. Il padre, tuttavia, si alzò. «Sono pronto per quel brandy» dichiarò. «E concordo, un gentiluomo non dovrebbe contraddire una dama.»

Sollevata che la crisi fosse superata, Lizzie passò un braccio intorno alle spalle della sorella. «Andiamo a mangiare la torta nel salone.»

Ancora molto agitata, Georgie annuì e borbottò: «Scusatemi», uscendo in fretta dalla stanza.

Allora Lizzie si voltò verso Rory e lo sorprese a scrutare Georgie a occhi socchiusi. Non lo aveva mai visto guardare nessuna così e, in quel momento, comprese che la caccia era cominciata. «Vi prego di perdonarla» gli disse. «Mia sorella ha forti opinioni politiche ed è molto diretta. Sono sicura che non intendeva accusarvi di diffamazione; il fatto è che, proprio come voi, quando parla dell’Irlanda si infiamma.»

Rory si allentò la cravatta e finalmente sorrise. «Non c’è nulla da perdonare e vostra sorella non è l’unica a essersi offesa per le mie vignette. Chissà, forse un giorno riuscirò a convincerla a passare dalla mia parte.»

«Ne dubito» concluse Lizzie ridendo.

Il piccolo gruppo passò dunque nel salone, dove Rory e Mr. Fitzgerald cominciarono a discutere delle corse dei cavalli sorseggiando i loro cognac, mentre Mrs. Fitzgerald, seduta sul sofà insieme a Georgie e a Eleanor, rimproverava la figlia per essersi comportata in modo tanto sfacciato. Poco lontano da loro, Lizzie pensò che era stata davvero una piacevole serata, la più piacevole che avesse passato da mesi. Il volto di Tyrell le attraversò subito la mente, ma non l’addolorò come altre volte. Costringendosi ad allontanarlo dai propri pensieri, andò verso i due uomini con il sorriso sulle labbra.

«Papà? Se vuoi fumare potresti andare in terrazza. A zia Eleanor non dispiacerà.»

«Cara, cara Elizabeth, sei sempre così sensibile e attenta. Ti ringrazio, ma sto bene così» replicò il padre, guardandola con affetto.

«E voi? Volete fumare?» Lizzie si era rivolta a Rory.

«Mi piacerebbe, mia cara, ma fuori fa molto freddo.» Gli occhi verdi del giovane brillavano, sembrava rilassato, con le lunghe gambe distese davanti a sé e la solita espressione blandamente divertita sul volto. Il suo sguardo si spostò quasi per caso verso le tre donne sedute sul sofà.

«È stato davvero fuori luogo, Georgina» stava affermando Mrs. Fitzgerald, «parlare in quel modo a tuo cugino.»

La risposta di Georgie fu un borbottio indistinto.

Lizzie studiò l’atteggiamento di Rory, che guardava sua sorella. Il suo corpo era rilassato, languido, ma gli occhi erano vigili, attenti. Rendendosi conto di essere osservato, il giovane si voltò. «Credete che vostra sorella abbia bisogno di essere salvata?» le chiese.

«Nessuno dovrebbe sapere meglio di voi che Georgie sa difendersi molto bene da sé» gli rispose lei sorridendo.

Rory ridacchiò. «In effetti, è vero.» Poi, sporgendosi verso di lei e scrutandola in viso, domandò: «E voi come state, Lizzie? Davvero».

«Sto meglio» replicò lei, e fu sorpresa di scoprire che era la verità. «E poi la vostra visita mi ha risollevato non poco.»

«Quando sono entrato sembravate triste e sono certo di sapere il perché.»

Lizzie s’irrigidì un poco. «È stato difficile. Molto difficile.»

Il giovane esitò. «Posso parlarvi sinceramente?»

Temendo ciò che Rory avrebbe potuto dirle, lei non rispose.

«Vi voglio bene come a una sorella e credo che abbiate fatto bene a lasciare Wicklowe.»

«Non... non avevo altra scelta» mormorò Lizzie in tono incerto.

«Mi dispiace, non mi ero reso conto che questo argomento fosse ancora tanto doloroso per voi» replicò lui, prendendole la mano.

«Sono innamorata di Tyrell, Rory.»

Il giovane fece una smorfia. «Lui non merita la vostra devozione! Non dopo il modo in cui vi ha trattata.»

«Vi fermerete a lungo?» gli chiese lei, impaziente di cambiare argomento.

«Penso di sì. Non posso disegnare le mie vignette se non assisto da vicino all’attività politica qui in città.»

«Allora dovete venire a trovarci spesso. Vi prego, Rory. Gli amici di zia Eleanor sono tutti vecchi, grigi e duri d’orecchio!»

Di nuovo Rory ridacchiò. «Allora vorrà dire che v’infastidirò più che potrò.»

«Bene» rispose lei, poi tornò a guardare verso Georgie, che non era più seduta sul sofà, ma si trovava dal lato opposto della stanza, accanto alle finestre, da dove osservava attentamente Lizzie e Rory.

Trascorse solo un momento, poi McBane si scusò e si alzò, andando verso di lei.

«Lizzie?»

Lei si voltò e vide suo padre.

«La mamma sembra molto felice» osservò con una certa ansia, poiché non si trovava a tu per tu con lui da quel terribile pomeriggio a Wicklowe.

«Lo è» concordò il padre. «La gente la critica parecchio, ma a quanto pare la sua compagnia è molto ricercata.»

Lizzie si morse le labbra. Se sua madre era criticata, era a causa sua. «Mi dispiace, papà» sussurrò. «Mi hai perdonata?»

Lui le prese le mani fra le proprie. «Sì, figliola. Ma tu hai perdonato me? Oh, Lizzie, tu sei il mio cuore, la mia vita e ancora non so spiegarmi che cosa mi abbia spinto a parlarti così quel giorno.»

«Non devo perdonarti nulla, papà» rispose Lizzie con le lacrime agli occhi. «So bene quanto ti ho deluso. Ho fatto la scelta sbagliata, ora me ne rendo conto, perché non ho considerato l’immenso dolore che causavo a te e alla mamma.»

«Ti voglio tanto bene, Lizzie» mormorò il padre, attirandola a sé. «Non parliamone più, vuoi?»

«Allora, che cosa pensate di Londra?» Cosa alquanto insolita per lui, Rory non sapeva cos’altro dire e si sentiva insicuro come uno scolaretto. Georgina era una delle donne più incantevoli che avesse mai visto, ma sembrava del tutto indifferente al suo fascino e al suo spirito. E quella sera aveva anche dimostrato quanto fosse intelligente. Loro due avevano idee politiche opposte, tuttavia Rory l’ammirava per le sue convinzioni.

In piedi davanti alle portefinestre che davano sulla terrazza, Georgie fissava le stelle, ma gli lanciò una breve occhiata di traverso. In confronto alle sciocche civette alle quali era abituato, gli sembrava incredibilmente lontana e distaccata. «Adoro Londra» rispose lei senza sorridere.

Rory aveva già avuto modo di ammirare il suo squisito profilo classico, a volte gli ricordava quello di una regina egizia dai capelli biondi, forse anche perché, nonostante la posizione modesta della sua famiglia, Georgie aveva sempre un portamento regale. Di nuovo a corto di parole, riuscì a replicare soltanto: «E come mai l’adorate?».

Lei si voltò e incrociò le mani sul petto, sollevando in quel modo il seno, in un gesto d’inconsapevole sensualità che lo intrigò. «Non c’è mai nulla di noioso qui» dichiarò alla fine, guardandolo.

Rory ricambiò lo sguardo e intanto si chiedeva come fossero le sue gambe; aveva il sospetto che fossero molto lunghe. Quel pensiero suscitò nella sua mente tutta una serie d’immagini ben poco degne di un gentiluomo.

«Non c’è mai nulla di noioso, anche grazie a causa di sciocchi sediziosi come me?»

Lei arrossì. «Vi ho detto una cosa davvero terribile e vi prego di scusarmi. Mi... mi sono lasciata trasportare, Mr. McBane. La sedizione è un crimine molto serio, soprattutto in tempi come questi. La guerra non è ancora finita, anche se Napoleone si sta ritirando e si può ancora essere impiccati per opinioni sediziose.»

«E a voi dispiacerebbe se io lo fossi?» le chiese Rory, senza potersi controllare.

Georgie continuò a fissare la notte. «Non desidero certo la vostra fine, Mr. McBane.»

«Ne sono incredibilmente sollevato.»

Un brevissimo sorriso le curvò le labbra.

L’aveva fatta sorridere! Compiaciuto come un adolescente, lui insistette. «E che cosa vi piace di più di Londra?»

«Le librerie» confessò Georgie, e due deliziose macchie rosse le imporporarono le gote.

«Le librerie» ripeté Rory, mentre una strana esaltazione s’impadroniva di lui. Avrebbe dovuto sapere che una donna tanto intelligente preferiva i libri alle sale da ballo.

«Sì, io adoro le librerie» ribadì Georgie, sollevando il mento. «Vedo che siete perplesso. Così ora sapete la verità. Io non sono una donna alla moda. Ho forti convinzioni politiche, detesto cene e ricevimenti e il mio modo preferito di passare il tempo è leggere Socrate o Platone.»

Lui la fissò e non poté fare a meno di domandarsi se una donna così fosse mai stata baciata. Ma certo che sì... da quell’orribile uomo con il quale un tempo era stata fidanzata. Ancora non riusciva a capirlo. «Perché ho l’impressione che ogni vostra parola sia una sfida?» le domandò.

«Io non vi sfido affatto! Ma voi continuate a fissarmi, così penso che le mie idee vi abbiano sorpreso.»

E forse era proprio quello che voleva, pensò Rory, senza riuscire a trattenere un sorriso. «Oh, sì, mi avete sorpreso. Una giovane donna che ama la filosofia e la politica. Sì, siete sorprendente!»

Georgie si voltò di scatto verso di lui. «Dunque ora ridete di me? Mi avete fatto una domanda e io vi ho risposto con sincerità. Mi dispiace di non essere una civetta come tutte le altre. Oh, ecco Lizzie! Di certo lei non l’avete dimenticata, vero?» E con quelle parole fece per allontanarsi.

Lui la trattenne, afferrandola per un braccio. Quella era la donna più esasperante che avesse mai conosciuto!

«E questo che cosa significa?» Poi, con la coda dell’occhio vide che si trovavano sotto il vischio, allora di colpo la sua collera scomparve e un lento sorriso compiaciuto cominciò a curvargli le labbra.

«Significa che il vostro fascino è sprecato con me, signore!» esclamò Georgie e, con un sussulto di sorpresa, Rory si accorse che aveva le lacrime agli occhi. «Conosco bene quelli come voi. E ora vi prego di lasciarmi andare!»

Lui sentì appena le sue parole; vedeva solo i suoi occhi lampeggianti, del colore dei topazi, le labbra piene e serrate, il seno piccolo che si alzava e si abbassava.

In lui il desiderio ebbe il sopravvento. La voleva e sapeva bene quando non era indifferente a una donna. Lo sentiva.

Così la prese fra le braccia, stringendola a sé. Georgie emise un gemito di protesta, ma d’istinto lui la strinse più forte. Poi la baciò sulla bocca.

Sentiva le sue piccole mani spingergli contro il petto per allontanarlo, ma non vi prestò attenzione e continuò a premere le labbra contro le sue fino a quando lei non si arrese e aprì la bocca. Allora il bacio si fece più avido, più profondo. Quella donna era incantevole, brillante, intelligente, appassionata. Era unica ed era perfetta per lui.

Abbandonandosi alla passione, Georgina gli rispose con una brama che quasi lo stupì e Rory, presentendo che quell’incontro avrebbe condotto entrambi molto lontano, in un luogo ben più importante di un letto, bruscamente si staccò da lei.

Georgie non riuscì a far altro che fissarlo con i suoi grandi occhi chiari.

Lottando per riacquistare il controllo di sé, il giovane le sorrise incerto. «Non ho potuto resistere» mormorò, alzando gli occhi sul ramo di vischio.

Georgina si portò una mano alla bocca e, rossa in volto, indietreggiò.

«Sie... siete» balbettò, «sie... siete stato alquanto inopportuno... Mr. McBane.»

Senza sapere che cosa rispondere, evento molto raro per lui, Rory s’inchinò. «Credo di dover andare. Vi ringrazio molto per questa piacevole serata» mormorò nel suo tono più gentile. «E attendo già con impazienza il nostro prossimo incontro.»