11

Tyrell si fermò sulla terrazza lastricata in pietra e lasciò scorrere lo sguardo sui prati e i giardini che si stendevano dietro la residenza di Adare. Le rose, il fiore preferito della sua matrigna, erano sbocciate ovunque, ma lui non le vedeva. Con la coda dell’occhio scorse suo fratello Rex, seduto su una poltrona da giardino con un bicchiere in mano. Poco lontano si udiva l’eco di risate femminili. Tyrell guardò in direzione di quel suono. Alcune gentildonne stavano emergendo dal labirinto all’altra estremità del gazebo. Una di esse era la sua futura moglie. Tyrell era stato educato nella tradizione dei de Warenne dal momento in cui era nato. Quella della sua famiglia era un’eredità fatta di onore, coraggio, lealtà e senso del dovere. Ma c’era anche molto di più per lui; in quanto futuro Conte di Adare i suoi doveri erano sempre stati chiari. Sua era la responsabilità della statura sociale, della posizione politica e delle finanze della famiglia, e Tyrell sapeva che un giorno, per migliorarle, avrebbe dovuto concludere un matrimonio vantaggioso. Come il padre e il nonno prima di lui, non si sarebbe sottratto ai propri doveri, guidato dalla consapevolezza che le sue azioni potevano rendere ancora più grande o distruggere per sempre l’antico nome di Adare. I beni della famiglia erano cospicui, ciononostante di recente era stata venduta una fruttuosa proprietà in Inghilterra, in vista delle esigenze delle generazioni future. Tuttavia ciò non bastava a garantire una vita di agi e ricchezze ai figli che Tyrell avrebbe avuto e a quelli che avrebbero messo al mondo i suoi fratelli. Lord Harrington era soltanto un visconte, ma era incredibilmente ricco, avendo fatto fortuna nel settore manifatturiero. Un’unione con sua figlia avrebbe assicurato alle future generazioni dei de Warenne una solida posizione economica, dando al contempo un altro punto di riferimento alla famiglia in Inghilterra. Tyrell guardò avvicinarsi la donna che sarebbe diventata sua moglie.

«Dunque non ha i denti neri» commentò suo fratello, alzandosi, compito non facile visto che aveva perduto una gamba nella primavera del 1813 in Spagna, durante le battaglie napoleoniche. Per il suo eroismo era stato nominato cavaliere e gli era stata data una proprietà in Cornovaglia, dove aveva trascorso nella più completa solitudine gran parte dell’ultimo anno. Sebbene un poco più basso del fratello e più muscoloso, Rex gli somigliava molto: entrambi avevano la carnagione scura, gli zigomi alti, il naso dritto e la mascella pronunciata, ma, a differenza di Tyrell, Rex aveva gli occhi scuri. Il suo volto era in quel momento contorto in una smorfia che sembrava sardonica, ma che molto più probabilmente era di dolore. Ciò che era rimasto della sua gamba destra, infatti, gli procurava lancinanti sofferenze. Da tempo Rex conviveva con il dolore.

«Non credevo fosse tanto simile al suo ritratto» affermò Tyrell con voce calma. In effetti, sapendo che spesso il soggetto originale era ben diverso da quello raffigurato, si era aspettato qualche brufolo, una certa obesità oppure ancora un naso adunco. Invece si era trovato davanti una donna molto attraente, dai lineamenti classici, con i capelli biondi, gli occhi blu e la pelle di porcellana. La maggior parte degli uomini l’avrebbe trovata incantevole. E in un certo senso anche lui ammirava una simile bellezza, sia pure con un profondo distacco.

«È molto bella» osservò Rex, zoppicando fino a lui con la gruccia. «Ma tu non sembri contento. Anche ieri sera eri strano. Che cosa ti succede? Dovresti essere soddisfatto. Dopotutto non sarà affatto sgradevole portarsela a letto e in più ti darà dei figli splendidi.»

La notte precedente, in preda a una profonda inquietudine, Tyrell si era scolato un’intera bottiglia di brandy. Il motivo del suo malessere lo rammentava bene: aveva gli occhi grigi e i capelli rosso Tiziano.

«Ma io sono contento» disse al fratello. «Perché non dovrei? Lady Blanche è davvero bella ed è la figlia di Lord Harrington. Certo che sono soddisfatto.»

Rex lo stava fissando e d’un tratto Tyrell si rese conto di non provare alcuna emozione, a parte una leggera sorpresa, all’idea che di lì a poco si sarebbe sposato. La gioia e l’eccitazione erano molto lontane da lui. Doveva riconoscerlo, lo distraeva il pensiero di Elizabeth Fitzgerald, ma nulla e nessuno avrebbe mai messo in pericolo il suo futuro, certamente non lo avrebbe fatto una fanciulla dagli occhi grigi, che del resto non riusciva a comprendere. Miss Fitzgerald sembrava dolce e innocente, educata e irreprensibile, ma era una meravigliosa menzogna vivente. Ormai era impossibile negare la realtà: lei era tornata con il figlio di un altro uomo, nato al di fuori del matrimonio. Perché allora rifiutava di diventare la sua amante? Non aveva più nulla da perdere, la sua reputazione era distrutta. Inoltre, conosceva le donne abbastanza bene per capire che anche lei lo desiderava. Che cosa sperava di ottenere allora, negandosi? O si trattava di un altro dei suoi trucchetti, come quello che gli aveva fatto al ballo della vigilia d’Ognissanti?

«Hai un’aria alquanto insoddisfatta, mio caro fratello.»

La voce profonda di Rex interruppe i suoi pensieri. Era la verità, Tyrell lo sapeva bene. D’altronde non riusciva a provare il minimo interesse per la sua fidanzata, e questo poiché non faceva altro che pensare a una donna perduta.

«Come sta la tua gamba?» chiese a Rex, nella speranza di volgere la conversazione verso un argomento spiacevole sì, ma alquanto meno infido.

«La mia gamba sta bene, ma tu no» ribatté l’altro, quindi smentì le proprie parole, massaggiandosi il moncherino. Tyrell notò quel gesto e subito si rimproverò. Si struggeva per una donna che non era la sua fidanzata, mentre il fratello aveva perduto una gamba, soffriva costantemente e si era inflitto una sorta di autoesilio. «Il fatto è, Rex» gli confessò dopo una breve esitazione, «che ho un’altra donna in mente.»

«Davvero? Allora ti suggerisco di saziarti quanto vuoi di lei, così dopo potrai rivolgere la tua attenzione là dove è più opportuno» controbatté Rex mentre Blanche si avvicinava insieme a due amiche.

A dire la verità Tyrell non desiderava altro che saziarsi di Elizabeth Fitzgerald. Un impeto di desiderio, inopportuno quanto violento, lo assalì proprio mentre si rendeva conto che Blanche gli sorrideva, aspettando un po’ perplessa che lui si accorgesse della sua presenza. Tyrell s’inchinò e rispose al sorriso.

«Spero che vi stiate godendo questo splendido sole d’Irlanda» disse.

«E come non potrei?» gli rispose lei con semplicità. «È una bellissima giornata e la vostra casa è davvero splendida, milord.»

Tyrell e Blanche si erano incontrati per la seconda volta la sera precedente, ma non avevano avuto occasione di parlarsi in privato. Tuttavia lui l’aveva osservata durante la cena e aveva notato i suoi modi sempre cortesi, le labbra sempre atteggiate al più amabile dei sorrisi.

«Vi ringrazio, sono lieto che la mia casa vi piaccia. Vorreste fare una passeggiata in carrozza con me, più tardi? Potrei mostrarvi la campagna qui intorno.»

Uscire in carrozza con Lady Blanche era l’ultima cosa che desiderava, ma faceva parte dei suoi doveri nei confronti della futura sposa e non vi si sarebbe sottratto. Chissà, forse trascorrere qualche tempo insieme li avrebbe aiutati a conoscersi un po’ meglio prima delle nozze.

«Ne sarei onorata, signore» mormorò Lady Blanche. «Posso presentarvi le mie due migliori amiche, Lady Bess Harcliffe e Lady Felicia Green? Sono arrivate questa mattina.»

Le due giovani gentildonne fecero una graziosa riverenza e arrossirono entrambe. Lui s’inchinò, mormorò un saluto appropriato, poi prese la mano di Blanche e se la portò alle labbra, sfiorandola con un bacio. Quando sollevò il viso, notò che lei non aveva perso la sua compostezza, fatto che non gli dispiacque: una verginella leziosa lo avrebbe irritato alquanto. Non poté tuttavia fare a meno di domandarsi se esisteva qualcosa in grado di scuotere quell’ammirevole serenità.

«A più tardi, allora.»

«Con grande piacere.» Lady Blanche fece un’altra aggraziata riverenza, imitata dalle giovani amiche, e il trio si allontanò.

Tyrell le osservò. Il contegno della sua fidanzata era calmo, rilassato, mentre le sue due amiche già le bisbigliavano qualcosa all’orecchio, tutte agitate. Se mai Blanche era eccitata non lo dava a vedere, se si divertiva non rideva mai. Elizabeth lo guardava senza fiato, le labbra ancora gonfie dei suoi baci. Era rossa in viso. D’imbarazzo e collera? E mentre gli sussurrava: «Non posso accettare la vostra proposta», aveva gli occhi colmi di lacrime.

«Tyrell?» Rex gli stava tirando la manica. «Non ti ho mai visto tanto distratto» osservò, una nota di rimprovero nella voce.

«Non so dove lei voglia farmi arrivare» replicò Tyrell.

Rex lo guardò un momento, poi rispose scegliendo con cura le parole. «Non è da te avere un’altra donna in mente in un periodo tanto cruciale della tua vita. La maggior parte degli uomini sarebbe conquistata da Miss Harrington. Mi preoccupi. Sei uno degli uomini più in gamba che conosca, come è giusto che sia dal momento che sei l’erede di nostro padre, e non sei certo il tipo che perde il controllo per una donna, rischiando d’insultare Lord Harrington e sua figlia.»

Rex aveva ragione, lasciarsi distrarre da un’altra donna sarebbe stata, in quel momento, una scorrettezza imperdonabile.

«Lei deve essere molto bella... e astuta anche» aggiunse il fratello.

«Sì, è molto astuta, anche se in realtà sembra la creatura più innocente del mondo. Ma intendo interrompere il suo gioco una volta per tutte.» Tyrell intendeva davvero ciò che aveva appena detto. «Questo suo giochetto è cominciato circa due anni fa» proseguì. «E ora lei osa ricomparire a Limerick con il figlio bastardo di un altro. E in più mi rifiuta!»

«Quella donna ti ha colpito così tanto?» Rex era sbalordito. Tyrell trasalì. «Assolutamente no!»

«Mmh... tu sei un de Warenne e tutti noi sappiamo che quando un de Warenne è colpito da una donna se ne innamora profondamente per tutta la vita.»

«Questa non è che una leggenda di famiglia e poi nessuno mi ha colpito» ribatté Tyrell, ma le parole del fratello lo avevano disturbato.

«Se lei non fosse sparita a quel ballo in maschera, questa storia sarebbe finita da tempo» aggiunse, anche se incominciava a dubitarne. Nella sua vita aveva inseguito e corteggiato molte donne, ma nessuna a lungo, poiché la passione in lui si affievoliva presto. Il desiderio per Elizabeth invece continuava a divampare nel suo corpo, più ardente che mai. Lui non aveva mai avuto difficoltà a sedurre una donna. D’altronde lo cercavano spudoratamente in molte, di ogni tipo, classe e rango. Ogni giorno riceveva inviti, timidi o sfacciati, ed Elizabeth era stata la prima a resistergli. Ma non lo avrebbe rifiutato una seconda volta, oh, no! Lui era il futuro Conte di Adare. Quella donna stava giocando, lo stava provocando. Voleva farlo impazzire con i suoi rifiuti, ridurlo al punto di non riuscire più a pensare con lucidità. Ma lui doveva averla; era già pronto a dare una piccola fortuna per il suo corpo. In fondo cos’altro poteva desiderare una come lei? Doveva pur rendersi conto che la sua protezione le serviva. Rex gli afferrò una spalla.

«Chi è? A chi stai pensando?»

«A una vipera dagli occhi grigi, con un corpo che Dio ha creato apposta per far impazzire gli uomini» rispose asciutto Tyrell.

«Spero che la tua sia una passione passeggera, caro fratello. La conosco?»

«Forse. Di certo conosci la sua famiglia. È Miss Elizabeth Fitzgerald, la figlia di Gerald Fitzgerald.»

«Vuoi dire che stai inseguendo una gentildonna?» Rex guardò il fratello, incredulo.

«Quella donna non è la dama che tu credi» lo corresse Tyrell con aria cupa. «Te l’ho detto, è una madre nubile ed è un bel frutto, pronto per essere colto.»

«Penso proprio che dovresti dimenticarla. Hai bisogno di cominciare a pensare al tuo futuro e a quello di questa famiglia.»

Lo sguardo di Rex era scuro, penetrante. «Blanche Harrington è molto bella. Insieme a lei vivrai una vita piacevole... Non hai bisogno di un’amante proprio ora.»

Tyrell scosse il capo. Rex aveva ragione... ma solo su un punto.

«Non preoccuparti. Non ho intenzione di insultare Lady Blanche, ma nemmeno di essere rifiutato o preso in giro.»

«Davvero? Allora perché ora lei è qui?»

«Non so davvero di che cosa tu stia parlando.»

«Sto parlando della dama che occupa il tuo cuore. Ero nell’atrio quando sono arrivati. A quanto pare c’è anche la sua famiglia.»

«Sono sicuro che ti sbagli. Non può trattarsi di lei.»

«Li ho visti con i miei occhi. C’è anche una balia con un bambino» aggiunse. «E Mr. Fitzgerald ha chiesto di parlare con nostro padre.»

La contessa tornò nel salone accompagnata da suo marito, il Conte di Adare. Seduta sul bordo di una sedia, Lizzie pregava di essere riuscita a convincere la contessa a lasciarla tornare a casa con Ned, ma nel momento in cui lo sguardo duro e incredulo del conte si fissò su di lei, capì di essere già sconfitta. Il cuore che le batteva forte nel petto, fece una profonda riverenza.

«Miss Fitzgerald» la salutò il conte, prendendole il gomito e aiutandola a rialzarsi. Lizzie fu così costretta a guardarlo negli occhi. Come quelli di Tyrell erano blu. Era un uomo molto attraente, da cui emanava un’aura di autorità e potere.

«E così siete la madre del bimbo di mio figlio?» le chiese in tono brusco. Alle spalle di Lizzie, Mrs. e Mr. Fitzgerald aspettavano impazienti la sua risposta. Ormai non era più possibile negare.

«Sì, milord» riuscì a mormorare. Il volto del conte si fece ancora più severo.

«Voi affermate che mio figlio vi ha sedotta.»

Lizzie sarebbe voluta morire.

«No, milord» sussurrò, ignorando il padre che la tirava per un braccio. «La colpa è solo mia. Sono stata io a sedurlo.»

Il conte lasciò lentamente scivolare lo sguardo su di lei: era evidente che non credeva alle sue parole. «Non mi sembrate davvero una seduttrice. E mio figlio non è un libertino.»

Lizzie s’inumidì le labbra. «Eravamo in costume e lui non sapeva chi fossi. Vi ripeto, è stata solo colpa mia.»

«Dunque ora lo difendete?»

«Era un gioco... ma mi è sfuggito di mano» sussurrò lei. Ormai le sembrava di essere sotto processo.

Il conte si voltò a guardare Ned e il suo volto s’imporporò.

«Non c’è dubbio che questo bambino sia il figlio di Ty» mormorò la contessa, alle spalle del marito.

«Già, lo vedo» fu la secca replica del conte.

Lizzie si sentì svenire. Ne erano così sicuri! E del resto era naturale che lo fossero. Ma chissà, forse dopo la smentita decisa di Tyrell, che di certo sarebbe arrivata presto, avrebbero cambiato idea e lei e la sua famiglia sarebbero stati cacciati da Adare una volta per tutte.

«Miss Fitzgerald, come vi ho già detto, voi non mi sembrate affatto una seduttrice. Ora, prima di parlare con mio figlio, vorrei che mi raccontaste come tutto questo è accaduto» disse il conte.

Mortificata oltre ogni dire, ben sapendo che non sarebbe mai riuscita a convincerlo di essere ciò che in effetti non era, senza quasi rendersi conto di quello che stava dicendo Lizzie mormorò: «Io amo vostro figlio da anni». E subito dopo aver pronunciato quelle parole si coprì la bocca con le mani.

«È vero» gridò sua madre, facendo un passo avanti. «La mia Lizzie è innamorata di vostro figlio da quando era una bambina. Noi la prendevamo in giro per questo e pensavamo che lo avrebbe dimenticato, ma non è andata così.»

Il conte guardò Lizzie. «Così pensavate di intrappolare Tyrell?»

«No!» negò lei, sconvolta.

«Ma siete qui, con il suo bambino, a chiedere un matrimonio riparatore. Potevate essere in costume, ma conosco mio figlio e so che non avrebbe mai permesso che un episodio simile venisse dimenticato. Sono certo che avrebbe cercato, in un modo o nell’altro, di porvi rimedio.»

Lizzie non sapeva più che cosa dire. «Gli ho nascosto la mia identità e poi sono fuggita.»

Il conte tornò a guardare Ned che giocava tranquillo sul pavimento.

La contessa si schiarì la voce. «Il ritratto di Ty e sua madre, quello appeso nella sala da pranzo... questo bambino avrebbe potuto posare per il pittore.»

Il conte si rivolse di nuovo a Lizzie e ai suoi genitori. «Questa per vostra figlia è una circostanza alquanto sfortunata» dichiarò asciutto.

«Temevo che avreste detto una cosa simile» replicò Mr. Fitzgerald, altrettanto asciutto.

«Mi fraintendete» ribatté l’altro. «Mi dispiace molto per la situazione in cui si trova vostra figlia, ma non posso dispiacermi di avere un nipotino, anche se è illegittimo.»

Terrorizzata, Lizzie si affrettò ad avvicinarsi a Ned e a prenderlo in braccio.

«Mam... ma» ciangottò lui con un gran sorriso.

«Cosa intendete dire, milord?» domandò Mr. Fitzgerald.

«Mio figlio sta per fidanzarsi con la figlia di Lord Harrington e io non voglio che nulla interferisca con questa unione.»

Lizzie chiuse gli occhi, faticava a respirare, il cuore pareva volerle scoppiare nel petto.

«Noi saremo lieti di crescere qui il nostro nipotino» proseguì il conte. «Non c’è altra possibilità.»

Lizzie scosse il capo. «No.»

Il Conte di Adare fissò su di lei il suo sguardo più freddo. «Vi verrà assegnata una rendita. Vi ripeto che mi dispiace molto per la circostanza in cui vi trovate e vi assicuro che in futuro mio figlio si comporterà con onore. So che questa è una piccola consolazione, ma è tutto ciò che posso offrirvi. Non vi mancherà mai nulla, Miss Fitzgerald.»

«Mi mancherà mio figlio!» gridò Lizzie. «Voi non mi separerete da lui!»

Il conte la guardò sorpreso. La contessa venne verso di lei, un’espressione compassionevole sul bel volto.

«Milady!» la supplicò Lizzie. «Io non posso abbandonare mio figlio.»

«Lizzie» intervenne sua madre, prendendole con gentilezza una mano. «Forse è la cosa migliore.»

Lei si liberò bruscamente dalla sua stretta. «Ned ha bisogno di me e io non rinuncerò mai a lui. Posso crescerlo da sola... ed è quello che farò!»

Il conte continuava a fissarla sbigottito.

Fu in quel preciso momento che Tyrell entrò nella stanza. Lizzie, che aveva ancora Ned in braccio, s’immobilizzò.

«Mi stavate cercando?» chiese lui guardandola.

Lei sentì il cuore battere freneticamente, come il battito d’ali di un uccello intrappolato nel suo petto. Oh, si sentiva svenire, ma almeno lui era là e di lì a un istante avrebbe negato di essere il padre di Ned, permettendole di tornare a casa con il piccolo.

«Credo che tu conosca Mr. e Mrs. Fitzgerald» dichiarò cupo il conte. «E la figlia, Miss Elizabeth Anne.»

Tyrell non s’inchinò, ma si limitò a chinare appena il capo.

«Tuttavia sono certo che tu non abbia mai incontrato tuo figlio» proseguì il conte.

Il giovane sobbalzò e il suo sguardo si spostò di colpo da Lizzie al bambino fra le sue braccia. «Il mio... cosa?»

La contessa gli posò una mano sul braccio. «So che è un colpo per te. Lo è per tutti noi.»

Lizzie, tremante, si mordeva le labbra.

«Voi dichiarate dunque che questo è mio figlio?» le domandò Tyrell, incredulo.

Lei non riuscì a rispondere.

«Credo che sia stato concepito la notte della vigilia di Ognissanti, non è così, Miss Fitzgerald?» l’interrogò il conte.

«La vigilia di Ognissanti?» ripeté Tyrell con voce gelida, minacciosa.

Lizzie cominciò a rendersi conto che le cose non andavano come aveva previsto.

«Ned è mio figlio» riuscì a sussurrare, ma nessuno parve sentirla.

Suo padre fece un passo avanti e, il volto rosso d’ira, puntò un dito contro Tyrell. «A me non importano le assurde storie che mia figlia racconta per proteggervi, signore! Voi l’avete sedotta, voi avete rovinato la sua vita! E ora vostro padre rifiuta di rimediare! Ma che razza di uomo siete ad abusare della mia figliola innocente e poi ad abbandonarla così?»

Alle ultime parole di Mr. Fitzgerald Tyrell s’irrigidì, poi si voltò verso Lizzie.

«Io sarei il responsabile di questo bambino?» ripeté.

Lizzie chiuse gli occhi e una lacrima le scivolò sul viso. Sempre più mortificata pensò che, se non altro, entro breve lui avrebbe negato di essere il padre di Ned. Ai suoi occhi lei sarebbe stata per sempre una bugiarda della peggior specie... cosa che d’altronde era davvero. Poteva solo sperare che un giorno Ned vedesse riconosciuti i suoi diritti di nascita.

«Noi cresceremo qui il bambino» dichiarò di nuovo il Conte di Adare in tono deciso. «Provvederò io stesso a ogni necessità di Miss Fitzgerald, ma per il resto non cambierà nulla. Un matrimonio con lei è fuori discussione.»

«Un matrimonio con lei» gli fece eco Tyrell, scoppiando in una risata priva di allegria.

«Non c’è nulla da ridere, signore!» gli intimò offeso Mr. Fitzgerald.

Tyrell alzò una mano che lo fece zittire di colpo. «Ora basta!» ordinò. «Vorrei parlare qualche minuto da solo con Miss Fitzgerald.»

Lizzie soffocò a stento un singhiozzo e, d’istinto, si ritrasse.

«Vorrei parlare qualche minuto da solo con la madre di mio figlio» si corresse Tyrell e un gelido sorriso gli curvò le labbra.