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Lizzie era certa di aver sentito male.«Anna?»
«Tyrell de Warenne è il padre?» chiese Eleanor, sbigottita.
Anna sollevò il capo e guardò la sorella.
«Mi dispiace» sussurrò. Il pavimento ondeggiava sotto i suoi piedi. Lizzie barcollò, incapace persino di pensare.
«Elizabeth? Leclerc! Porta i sali, presto!» gridò la zia.Lizzie si mise a sedere e in quel momento la sua mente ricominciò a lavorare. Tyrell de Warenne era il padre del bambino di Anna? No, doveva esserci un errore. Era lei quella che lo amava... Anna aveva decine di pretendenti... no, era un terribile, mostruoso errore.
Guardò Anna, era accanto a Eleanor, cerea in volto. Lizzie s’inumidì le labbra, faticava a parlare, le sembrava di avere perduto la voce. «Anna?» ripeté.
La sorella aveva gli occhi colmi di lacrime. «Mi dispiace!»
E allora la realtà la colpì in tutta la sua brutalità. Anna stava per avere il bambino di Tyrell. In lei il dolore era insopportabile, reso ancora più lacerante dalla consapevolezza devastante dell’inganno, del tradimento.
Lizzie gridò, portandosi una mano al cuore, e Anna distolse lo sguardo.
Ma come poteva essere successo? In fondo Tyrell era un gentiluomo, non avrebbe mai sedotto una fanciulla innocente.«Bisogna chiamare un dottore. Leclerc!» chiamò Eleanor, preoccupata. «Chiama subito il dottor Fitzrobert!»
Lizzie avrebbe voluto dire alla zia che non era necessario nessun medico perché nessuno avrebbe mai potuto guarire il suo cuore spezzato, ma quelle che le uscirono dalle labbra furono parole amare, accusatorie.
«Come hai potuto?» sibilò, fissando la sorella. «Avevi un’infinità di ammiratori! Perché proprio lui?»
Anna scosse il capo, le tremavano le labbra. «Tu non puoi capire. Oh, Lizzie, sapessi quanto ho maledetto quella notte!»
Eleanor si alzò e lasciò scorrere lo sguardo da una all’altra delle sorelle.
«Non mi sento bene» mormorò Anna. «Vado a stendermi.» E si voltò per uscire dalla stanza.
«No!» Lizzie balzò in piedi. «Come osi fuggire da me? Affrontami! Esigo una spiegazione!»Anna si fermò, continuando a darle le spalle. Tremava.
«Che cosa sta succedendo?» domandò con calma zia Eleanor.Muovendo appena le labbra, Lizzie mormorò: «Vorrei parlare un momento con Anna da sola».
Eleanor esitò, poi uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Allora Anna si voltò.
«Non volevo che tu lo scoprissi. Non so come sia accaduto, Lizzie. Non lo so! Ma ti prego, non guardarmi così!»
«Tutto questo tempo io sono stata innamorata di lui e voi due eravate amanti. Che sciocca sono!»
Lizzie scosse il capo.«No!» protestò Anna. «Non è andata così. È accaduto solo una volta, la notte del ballo in maschera.»
Gli eventi di quella notte si ripeterono con stupefacente rapidità nella mente di Lizzie. Lo sguardo ardente di Tyrell, la sua audace proposta, il suo desiderio. A mezzanotte. Nei giardini occidentali. Là ogni vostro desiderio sarà per me un ordine. E poi Anna con l’abito macchiato di liquore, Anna che la implorava di darle il suo costume per poter restare a divertirsi ancora un poco. Ma persino di notte Tyrell non avrebbe potuto confondere le due sorelle, Lizzie ne era certa. Anna era troppo bella per essere scambiata con qualcun’altra.
«E poi che cosa importa? Tu non hai mai avuto possibilità con lui, Lizzie. E appartiene tutto al passato, vero? Lizzie!»
D’un tratto il tono di Anna si fece implorante. «So che sarei dovuta tornare a casa quando la mamma me lo aveva ordinato, lo so. Non puoi perdonarmi? Non credi che abbia sofferto abbastanza?» E si accasciò su una sedia, il volto rigato di lacrime.
Lizzie non si curò del dolore della sorella, le tempie le pulsavano così forte che la sua testa sembrava sul punto di spaccarsi.
«Come è successo?»
Anna parlò senza guardarla. «Ero uscita in giardino per prendere un po’ d’aria. Lui era là, l’ho riconosciuto subito. E appena mi vide venne da me! Ne ero così lusingata che non riuscivo nemmeno a parlare. Mi prese fra le braccia e senza dirmi nulla cominciò a baciarmi... Non ero mai stata baciata così!» S’interruppe, poi continuò. «Ero sbigottita, ma pensai che da qualche tempo mi ammirasse in segreto... poi però volle sapere dove fosse la vera Lady Marian.»
Lizzie sentì la rabbia svanire. Dunque Tyrell era andato in giardino, l’aveva aspettata!
«Io gli risposi che la vera Lady Marian era scomparsa» bisbigliò Anna. «Oh, Lizzie, ero così emozionata che non riuscivo a pensare. Non ho pensato a te, credevo che corteggiasse me.»
«Eppure dovevi aver capito che ti aveva scambiata per me, che aspettava me!» riuscì a ribattere Lizzie.
Anna scosse il capo. «No, ero certa che volesse me.»
E allora Lizzie comprese. Sua sorella era abituata a essere ammirata, perché mai quella sera avrebbe dovuto pensarla diversamente?
«Tyrell era in giardino per incontrare me, non te. E poi avete fatto l’amore.» Sotto il peso immane di quelle parole barcollò e dovette sedersi.
«Non ho mai rimpianto tanto il mio folle comportamento di quella sera, Lizzie, ma è accaduto solo una volta ed è passato tanto tempo, ormai. Ti prego, dimentichiamo tutto!» la supplicò Anna, cercando di prenderle la mano.
Bruscamente, Lizzie si scostò. «Non potrò mai dimenticare.»
Parlava lottando contro il pianto, trattenendo i singhiozzi. «Nessuno mi aveva mai guardata prima di Tyrell. Lui è l’unico uomo che mi abbia mai vista come una donna. Ma naturalmente» concluse con voce amara, «lui ha preferito te.»
Anna chiuse gli occhi. «Lui non voleva me» sussurrò.
Lizzie si alzò. «Non capisco, tu aspetti il suo bambino, ora.»
«Lui è l’erede del Conte di Adare» affermò la sorella, guardandosi le scarpe. «È ricco, potente e bello. Sì, ho avuto molti corteggiatori, ma mai nessuno come lui. Quando si è reso conto che non ero te, si è arrabbiato, ma io non l’ho lasciato andare. Volevo che mi baciasse ancora, volevo che s’innamorasse di me. Non ho pensato a te, Lizzie. Nemmeno per un secondo!»
Lizzie la fissò. «Mi stai dicendo che lui voleva andarsene, ma tu... tu l’hai costretto a restare?»
D’un tratto Anna alzò la testa. «Sì, sì! Io mi sono gettata fra le sue braccia, Lizzie!»
L’altra sobbalzò.«Io non sono buona, sensibile, corretta come te e Georgie, così quella notte ho fatto una cosa di cui mi pentirò per il resto della vita. So di avere sbagliato, ma sono pur sempre tua sorella, Lizzie, e nulla potrà cambiare il nostro legame. Riuscirai mai a perdonarmi?»
Lizzie chiuse gli occhi. Voleva ancora bene ad Anna e gliene avrebbe voluto sempre, ma quell’affetto non leniva il dolore per il suo tradimento. E nulla poi avrebbe cambiato il fatto che Tyrell era il padre del bambino di sua sorella.
«Hai ragione a non perdonare» mormorò Anna. Lizzie s’irrigidì, come se qualcuno l’avesse colpita. «Che cosa intendi dire?»Anna si morse le labbra e dopo un lungo, terribile momento, le confessò: «Lui non è stato il mio primo amante, Lizzie».D’un tratto, come un fiume in piena, immagini del passato inondarono la mente di Lizzie e in ognuna c’era Anna, così bella, così ammirata, così adorata da tutti. Agli occhi della madre Anna non faceva mai nulla di male e dunque non veniva mai punita; il padre, naturalmente, non interveniva. In quel momento Lizzie comprese che, essendo stata viziata tutta la vita, la sorella era fragile, debole. Soprattutto con se stessa. Era sventata, noncurante, ma non amorale.«Dopo me ne pento sempre, sai» continuò Anna, «ma vedi, quando sono fra le braccia di un uomo mi sembra di non essere più in grado di pensare.»
Una strana compassione per quella sorella tanto vulnerabile pervase Lizzie.
«Mi odi?» sussurrò Anna.
«Non potrei mai odiarti, lo sai. Come hai detto prima, siamo sorelle e questo non cambierà mai.»
«Ti voglio bene, Lizzie» mormorò Anna, avvicinandosi a lei. «Tu mi hai aiutato nel periodo peggiore della mia vita e non potrò mai dimenticarlo... ma Tyrell è soltanto un sogno per te, un sogno che non si avvererà mai, e non deve diventare tanto importante. Ti prego, possiamo dimenticare tutto quello che è successo?»
Lizzie avrebbe tanto desiderato dimenticare, ma come poteva? Poiché ogni volta che guardava il ventre sporgente di sua sorella pensava alla notte di passione che lei e Tyrell avevano trascorso insieme.
Eppure Anna avrebbe avuto il bambino e il piccolo sarebbe stato affidato a una buona famiglia. Entro pochi mesi loro due sarebbero tornate a Raven Hall come se niente fosse successo e in settembre Anna si sarebbe sposata con Thomas. Così, con il passare del tempo, la ferita si sarebbe rimarginata e Lizzie avrebbe finalmente dimenticato. O almeno lo sperava.
Anna le prese le mani. «Ti prego.»
No, non poteva abbandonarla. Lizzie aveva gli occhi colmi di lacrime, il cuore spezzato, ma quando parlò la sua voce era ferma. «Hai ragione, Anna. Tyrell è stato solo un sogno folle. In fondo, ho sempre saputo che lui non era per me. Quello che è accaduto fra voi due al ballo in maschera appartiene al passato e non ha più importanza.»
«Oh, Lizzie, grazie. Grazie davvero.»
Poco dopo avere saputo delle condizioni di Anna, Eleanor si ritirò con le due sorelle a Glen Barry, il suo maniero di campagna nel cuore del Pale. Là visitatori e inviti erano rari e Anna poté portare avanti la gravidanza al riparo da occhi indiscreti. L’unico problema fu rappresentato da Rory, il quale venne in visita una sola volta in maggio, prima di recarsi a Londra. Gli venne detto che Anna era tornata a casa ed Eleanor gli comunicò che non aveva più bisogno della sua compagnia, dato che c’era Lizzie con lei. Rory si fermò un giorno appena, deluso dall’atteggiamento della zia. Quando se ne andò, tuttavia, era allegro come sempre e Lizzie si sentì ragionevolmente certa che non sospettasse nulla. Il bambino nacque a metà luglio, dopo un travaglio durato quasi tutta la notte nel corso del quale Lizzie non lasciò mai la sorella. I primi raggi del sole filtravano attraverso le tende aperte della finestra quando la levatrice annunciò: «Signora, avete uno splendido maschietto».Anna sorrise e prese la mano della sorella, e d’istinto Lizzie s’irrigidì. Nel corso delle ultime settimane aveva fatto del suo meglio per perdonare Anna, tuttavia una certa tensione restava fra loro e sarebbe stato impossibile affermare che il loro rapporto non era cambiato. Lizzie non avrebbe mai abbandonato la sorella, ma a volte, nel cuore della notte, sognava di essere sola e di cercarla senza riuscire a trovarla. Quella mattina, però, scacciò quei pensieri dalla mente e strinse la mano di Anna, che chiuse gli occhi, sfinita. Fu allora che Lizzie vide la levatrice porgere il neonato a una cameriera. «No!» gridò senza pensarci e corse accanto a quest’ultima per prenderle la coperta dalle mani. Fu lei dunque a ricevere il bimbo di Anna dalla levatrice e ad avvolgerlo nella copertina. Due grandi occhi blu si aprirono e la fissarono, attenti. Mentre guardava la creatura più bella che avesse mai visto, Lizzie sentì il cuore fermarsi. Il figlio di Tyrell. In quell’istante qualcosa di immenso e incontrollabile sbocciò in lei. Poi il piccino parve sorriderle. Stringendolo forte al petto, dimentica di tutto ciò che la circondava, Lizzie capì che mai aveva amato qualcuno di più.
«Come sei bello, mio piccolo tesoro» sussurrò. «Diventerai proprio come il tuo papà, non è vero?»
«Vedo che è tutto finito» dichiarò Eleanor, entrando nella stanza e dando un’occhiata ad Anna, che riposava. Poi si fermò accanto a Lizzie e guardò il piccino.
«Non è meraviglioso? Non è perfetto?» le chiese la fanciulla, senza mai staccare gli occhi da quel visetto.
«Somiglia a suo padre» commentò la zia.
«Solo perché noi sappiamo la verità» mentì Lizzie, che in realtà concordava con lei. Eleanor non rispose e Lizzie le voltò le spalle, cullando il piccino.
«Ha bisogno di un nome» mormorò quasi tra sé. «Anna? Dobbiamo trovare un nome a tuo figlio.»
«Non occorre, Elizabeth» intervenne Eleanor. «Le suore verranno domani a portarlo dai suoi nuovi genitori. Penseranno loro a dargli un nome.»
Un dolore lancinante trafisse il cuore di Lizzie.
«Non affezionarti troppo a lui, cara» l’ammonì con dolcezza la zia, posandole una mano sulla spalla, e a Lizzie parve che un secchio d’acqua gelata le fosse stato gettato in pieno viso. D’istinto strinse ancora di più a sé il piccolo, che cominciò a piangere.
«Non piangere, tesoro» sussurrò, «non piangere.»
Non posso farlo, pensò. Non posso abbandonare questo bambino!
«Lizzie, dai il bimbo alla balia» le ordinò Eleanor in tono brusco.
«Non ancora» replicò lei, stringendosi il bambino al petto. Ned, lo avrebbe chiamato Ned, abbreviativo di Edward, in onore di suo nonno.
«Lo prendo io, milady» si offrì la cameriera, tendendo le mani.
«No!» Lizzie fece un balzo indietro, sorridendo poi subito a Ned, che stava per ricominciare a piangere.
«Posso... vederlo?» sussurrò debolmente Anna. Lizzie s’irrigidì e si rese conto che non voleva che la sorella toccasse Ned. La fronte imperlata di sudore, chiuse gli occhi. Che cosa le stava succedendo?
«Lizzie?» bisbigliò Anna.
«Lasciale vedere il bambino, cara.» Eleanor le toccò una spalla. Allora lei andò accanto ad Anna e le mostrò il piccino. «Non è bellissimo?» le chiese con voce roca, ma non fece il gesto di posare Ned accanto a sua madre. Anna annuì. «Somiglia... somiglia a suo padre. Oh, Dio, è identico, non trovi?»
Lizzie non riusciva a parlare, così si limitò a scuotere il capo.
«Promettimi... promettimi che manterrai il nostro segreto, Lizzie» ansimò Anna all’improvviso. «Lui non dovrà mai sapere. Mai!»
Lizzie capì in quel momento che un simile segreto era sbagliato e che Tyrell aveva ogni diritto di conoscere, amare e crescere suo figlio. Tuttavia non esitò.
«Lo prometto, Anna.»
La sorella richiuse gli occhi. «Grazie» bisbigliò.
«Elizabeth?» Di nuovo la zia le posò una mano sulla spalla. «Voglio che tu dia il bambino alla balia.» Lizzie sapeva che se avesse lasciato il piccino non lo avrebbe stretto fra le braccia mai più. Lo sapeva come sapeva di dover respirare per vivere. E voltandosi verso la zia, sostenendo delicatamente la testina di Ned con una mano, seppe anche quello che doveva fare. «Avvertite le suore. Non occorre più che vengano.»
Eleanor sussultò. «Che cosa intendi dire?»
«Dite loro che il bambino ha una madre.»«Lizzie!» gridò la zia.«Da oggi io sono la madre di Ned.»