14

Lizzie non esitò. Si voltò e uscì di corsa dal salone, ritrovandosi nel corridoio. Ora le restava da varcare soltanto un’altra porta prima di arrivare all’ala della casa destinata agli ospiti. La superò con successo, ma, proprio quando pensava di avercela fatta, si sentì afferrare per una spalla.

«Dunque i miei occhi non mi avevano ingannato!» esclamò Tyrell, costringendola a voltarsi.

Lizzie si ritrovò con la schiena contro il muro. «Posso spiegarvi!»

«Potete spiegare la vostra presenza al ballo per il mio fidanzamento?» replicò lui, furibondo.

«È troppo chiedervi di avere un po’ di rispetto per la mia famiglia?»

«Io non intendevo mancarvi di rispetto» mormorò Lizzie, e i loro sguardi s’incontrarono.

«Non mi piace quando mi guardate come se fossi io quello che vi fa un torto!» ribatté Tyrell. «Perché spiavate Lady Blanche? E non negatelo, perché vi ho vista dietro quel pilastro.»

«Io non nego nulla. Avevo sentito dire che Lady Blanche è molto bella e volevo vedere se era vero» sussurrò lei.

«Se state per piangere di nuovo» sibilò lui, «sappiate che non mi farò commuovere dalle vostre lacrime o dai vostri occhioni lucidi!»

A Lizzie quelle parole parvero un po’ strane, ma non ci rifletté molto. Cercò invece di ritrovare un poco di compostezza.

«Mi dispiace di essere venuta al ballo, milord, ma vorrei congratularmi con voi. Lady Blanche sarà una moglie perfetta» bisbigliò ed era sincera: non v’era traccia di ironia nella sua voce.

Tyrell non rispose e Lizzie desiderò solo correre a rifugiarsi nella propria stanza, a stringere Ned a sé. Poi d’improvviso lui le prese il mento e la costrinse ad alzare il viso.

«Che razza di gioco è questo?» Ma il suo tono era dolce. «Un altro uomo crederebbe che siete sincera, ma io non ci casco. State tramando qualcosa per interrompere il mio fidanzamento? Ebbene, sappiate che sarà inutile, milady.»

Quelle parole ferirono Lizzie come coltellate.

«Sbagliate a giudicarmi così, milord. Io non tramo nulla.»

Lui le lasciò il mento. «Sbaglio a giudicarvi così? E chi è stato a venire qui, nella mia casa, a dichiarare che sono il padre del suo figlio bastardo?» le domandò, appoggiando una mano contro il muro, all’altezza del viso di Lizzie, impedendole di muoversi. Lei lo guardò e nei suoi occhi non vide soltanto la collera, ma i segni di un violento tumulto interiore.

«Vi ho già spiegato il motivo di quel malinteso. C’è forse qualche altra cosa che vi turba, milord?»

«Cos’altro potrebbe esserci?»

«Non lo so. Io non so quasi nulla di voi o della vostra vita, ma mi sembrate triste. Forse persino infelice.»

A quelle parole Tyrell sgranò gli occhi. Quando parlò, era evidente che tentava di controllare la furia. «Voi oltrepassate ogni limite. Io non sono né triste né infelice. Perché dovrei?»

Lei lo toccò. «Allora ne sono lieta.»

Tyrell sobbalzò. «Miss Fitzgerald, dovete evitare la mia fidanzata. È una questione di decoro. Sarebbe umiliante per entrambe, se vi incontraste. Sono stato chiaro?»

Lizzie annuì, di colpo furibonda.

«Non avreste potuto esserlo di più. Io devo aspettare di sopra, nelle stanze che mi avete assegnato e mai scendere senza il vostro permesso. Del resto, sono qui solo per scaldare il vostro letto.»

Un’ombra oscurò lo sguardo di Tyrell. «Mi fate sembrare un orribile mascalzone, ma siete voi la civetta. Voi mi avete provocato in modo scandaloso la sera del ballo in maschera e poi siete scomparsa nel nulla. Voi mi avete stuzzicato con ogni sguardo, ogni parola. E non è forse accaduto lo stesso l’altro giorno per la strada e a casa vostra? E smettetela di guardarmi come se stessi sempre facendovi del male!»

«Bene. Vorrà dire che cercherò di rivolgervi soltanto sorrisi e sguardi seducenti» riuscì a ribattere Lizzie.

Ma di che cosa parlava Tyrell? Lei non aveva la minima idea di come civettare con un uomo.

«Il mio umore è già pessimo. Vi prego di non prendermi in giro.»

«Non farei mai una cosa simile, milord. Io vi ammiro troppo.»

Tyrell la guardò, sorpreso.

«Non... non posso farlo» balbettò lei, chiudendo gli occhi.

«Non credo di avervi sentita bene.»

Allora Lizzie aprì gli occhi e trovò il coraggio di guardarlo in viso.

«Mi dispiace, ma non posso essere la vostra amante.»

Tyrell le si fece ancora più vicino, tanto che il suo respiro le solleticò una guancia. «Oh... Conosco questo gioco e non m’interessa, Miss Fitzgerald. Abbiamo concordato che sarete la mia amante e così sarà.»

«Non posso» ripeté lei.

«Forse» continuò Tyrell, e la sua voce si fece ancora più gelida, «questa è una benedizione. Dopotutto, nessuno della mia famiglia vi vuole qui.»

La paura s’impadronì di Lizzie. Dunque lei e Ned stavano per essere cacciati. Era orribile, ma non c’era altra scelta.

«Ce ne andremo domattina presto e...» cominciò.

«Voi ve ne andrete, se lo vorrete, Miss Fitzgerald. Mio figlio resta qui.»

Lizzie si lasciò sfuggire un grido. Tyrell ora dichiarava che Ned era suo figlio per ricattarla?

Gli occhi sempre più cupi, lui la prese fra le braccia.

«Potete andarvene da sola, Miss Fitzgerald, o restare qui, con vostro figlio, come mia amante.»

«Come potete essere tanto crudele?» gridò lei. «Volete portarmi via Ned?»

«Siete voi a costringermi! Non mi piace essere preso in giro. Insieme abbiamo passato un pomeriggio soddisfacente per entrambi e ora desiderate andarvene? Ebbene, se non volete rinunciare al vostro piccolo bastardo, non credo che vi convenga farlo.»

Lizzie non credeva alle proprie orecchie. Era dunque quello l’uomo che credeva di conoscere da una vita? No, l’uomo che lei amava era soltanto un’invenzione della sua fantasia, mentre il vero Tyrell de Warenne era un individuo gelido che lei non conosceva affatto.

«E di nuovo avete quell’aria angosciata come se vi stessi infliggendo un dolore insopportabile, quando sono io a essere vittima dei vostri inganni!»

Lizzie riuscì a ritrovare la voce.

«Io non sono angosciata, milord» mentì.

«Molto bene, avete vinto. Quando volete che sia pronta per voi? Oh, aspettate! Mi volete stanotte, l’avevate detto. Ebbene, sarò nel mio letto, profumata e senza vestiti, impaziente e vogliosa. E suppongo che, prima di raggiungermi, darete la buonanotte alla vostra fidanzata, non è così?»

«Siete una donna davvero strana» replicò Tyrell, e Lizzie si stupì del suo tono calmo.

«Nove uomini su dieci hanno un’amante.»

«Ma io non sono mai stata l’amante di nessuno.»

«Ah, no? E il padre del vostro bambino?»

«Quello... quello era diverso.»

«Sì, suppongo che lo sia, ma non voglio continuare a litigare con voi, Elizabeth. E in ogni caso ricordate che non potete vincere con me, poiché sono disposto a fare qualunque cosa pur di avervi.»

Quelle parole provocarono in lei un impeto di desiderio.

«Perché?» sussurrò, guardandolo negli occhi.

Un lento sorriso curvò le labbra di Tyrell. Lui le prese il viso tra le mani.

«Non lo so» confessò senza più sorridere.

Quando la baciò ogni remora morale scomparve dalla mente di Lizzie. Le sue labbra le sfiorarono lente la bocca, fino a quando lei non dimenticò la sua crudeltà e quell’orribile ricatto, fino a quando non si sentì le gambe tremare e il ventre fremere. Finalmente Tyrell la prese fra le braccia, la strinse contro il suo corpo possente e il suo bacio si fece profondo, avido, appassionato.

Lizzie gli fece scivolare le mani sotto il panciotto, sul petto, sentendo il cuore che batteva, forte e vigoroso; d’un tratto lui si staccò, ma continuò a immobilizzarla, appoggiando entrambe le mani contro il muro. Una luce gli illuminava lo sguardo e Lizzie poteva solo stare immobile ad aspettare che ricominciasse a baciarla, che le toccasse i capelli e i seni e la portasse di sopra, per finire ciò che aveva cominciato. Ma d’un tratto, come attraverso una nebbia, giunsero alle sue orecchie gli echi delle risate e delle voci del ballo, che continuava a svolgersi poco lontano da loro.

«Non provocatemi più» l’avvertì lui con voce roca.

Allora il ricordo della lite appena avvenuta tornò a colmarle la mente. Tyrell non avrebbe mai accettato un rifiuto da parte sua e d’altronde in quel momento lei non aveva più la forza di combattere.

Lui percepì di avere vinto e la sua espressione si fece meno dura.

«Non voglio più discutere con voi, Elizabeth, non voglio più minacciarvi. Vi prego, smettete di fare giochetti e io mi prenderò cura di voi e di vostro figlio. Ricordate che avete bisogno di me.»

«So che vi prenderete cura di noi» sussurrò lei. «Non ne ho mai dubitato.»

«Bene.» Tyrell le sorrise, ma nei suoi occhi restava una domanda.

E Lizzie capì.

«Stanotte vi aspetterò nella mia stanza» mormorò.

Il sollievo gli illuminò lo sguardo. «Devo ritornare dai miei ospiti» dichiarò, poi esitò. «Partiranno domani e dopo per noi sarà più facile. Andremo a Wicklowe e ricominceremo dal principio. Ci ho riflettuto e forse è meglio che la nostra relazione non inizi tra queste mura.»

Lizzie annuì, sollevata a sua volta.

«Bene, vedo che per una volta credete alle mie parole. Non vi pentirete del nostro accordo. Vedrete, vi renderò felice.» Poi Tyrell s’inchinò e, voltandosi di scatto, si allontanò.

Guardandolo andare via, Lizzie non poté fare a meno di chiedersi se davvero lui poteva renderla felice, visto che si era appena fidanzato con un’altra donna.

Seduta su una panca nel giardino, Lizzie vedeva la fontana di pietra calcarea che sorgeva al centro del viale circolare, ma non riusciva a scorgere la facciata della casa.

Era circa mezzogiorno e si sentiva esausta, poiché quella notte aveva dormito soltanto un’ora o due. Non faceva che pensare a Tyrell e al futuro che l’aspettava come sua amante.

S’irrigidì quando vide le cinque, eleganti carrozze passare davanti alla fontana e imboccare il viale, allontanandosi da Adare. Restò a guardarle fino a quando non divennero cinque piccoli puntolini per poi scomparire del tutto all’orizzonte, lasciando alle loro spalle null’altro che verdi pascoli, colline ondulate e il blu del cielo d’Irlanda.

Se ne erano andati.

Lei, Lady Blanche, se ne era andata.

«Miss Fitzgerald?»

Al suono dolce della voce della contessa, Lizzie sussultò.

«Buongiorno, milady» la salutò, alzandosi in fretta e facendole una riverenza.

La gentildonna le rivolse un sorriso gentile, poi si chinò a salutare Ned, che emise un gridolino di gioia e si drizzò subito in piedi.

«Su! Su!» strillò.

Con un sorriso radioso la contessa prese il piccolo in braccio e lui le accarezzò una guancia.

«No... na» balbettò.

«Il mio adorabile nipotino» mormorò Lady de Warenne e, rivolgendosi a Lizzie: «È così irresistibile!».

Nel vederli insieme, gran parte della preoccupazione di Lizzie scomparve. Era giusto così, pensò con fierezza. Il posto di Ned era lì ad Adare. Forse la sua relazione con Tyrell era uno sbaglio, ma portare Ned in quella casa era stata la decisione migliore.

«Mia cara, sto andando in città. Ci vado ogni mercoledì a portare i nostri avanzi agli orfani di St. Mary. Vi occorre qualcosa?»

«Prima che lasciassi il paese per andare a vivere con mia zia» rispose lei, «anch’io andavo ogni settimana ad aiutare le sorelle. Potrei venire con voi, milady? Mi piacerebbe riprendere a fare beneficenza. E i bambini mi sono mancati tanto! C’è ancora Beth? E Steven? Dev’essere cresciuto ormai.»

La contessa la guardò, pensierosa. «Beth è stata adottata la primavera scorsa e il padre di Steven è venuto a riprenderlo quest’inverno.»

«Che notizie meravigliose!» esclamò Lizzie, sorridendo.

«Mi farebbe molto piacere che veniste con me» continuò Lady de Warenne. «Perché non lasciamo Ned con Rosie?»

Tyrell galoppava più veloce che poteva tra i campi. Rallentò soltanto per saltare un muretto di pietra, poi tornò a spronare il suo baio perché corresse come non aveva mai fatto.

Arrivato ad Adare, scese di sella davanti alle scuderie e affidò il cavallo ansimante a Ralph, il capo stalliere, che gli lanciò uno sguardo di disapprovazione.

«Siete fortunato che non si sia spezzato una zampa finendo nel buco di qualche talpa» borbottò l’uomo. «E un purosangue come questo, poi!»

Tyrell accarezzò il collo sudato dell’animale. Ma che cosa gli stava succedendo? Perché mai sfogava la propria frustrazione su quella povera bestia?

«Lo faremo riposare per qualche giorno» dichiarò.

Poi si asciugò il sudore dalla fronte, cercando invano di non pensare a Elizabeth Fitzgerald e a come lui la stava trattando. Passando dal retro e attraversando una grande terrazza, entrò nel salone dove di solito si riuniva la famiglia, dirigendosi direttamente al carrello dei liquori. Si stava versando uno scotch quando Rex entrò zoppicando nella stanza.

«Stai cercando di ucciderti?» gli domandò. «Oppure stai cercando di liberarti del tuo cavallo migliore?»

Ty svuotò in un sol sorso il bicchiere, sentendo il liquido bruciargli la gola. La notte precedente aveva ricattato Elizabeth per costringerla a restare con lui. Che razza di uomo era diventato?

«Spero di uccidere me stesso prima di Safyr» ribatté, versandosi un’altra dose di liquore. E la cosa peggiore era che non riusciva a impedirsi di comportarsi così, forse non lo voleva neppure; ma se non era in grado di controllarsi, allora non era che un pupazzo tra le mani di Elizabeth. Un pupazzo che stava mettendo in pericolo il suo imminente matrimonio.

«È solo mezzogiorno, ma posso unirmi a te?» commentò il fratello.

Senza rispondergli Tyrell versò dell’altro scotch in un bicchiere e glielo porse.

«Agli Harrington» mormorò Rex in tono acidulo. «Alla bellissima Lady Blanche.»

Sempre più teso, Tyrell sollevò il bicchiere e bevve di nuovo.

Rex sorseggiò il suo scotch e osservò il fratello.

«È un’unione vantaggiosa sotto ogni aspetto, Tyrell, sono certo che te ne rendi conto.»

«Sì, e infatti ne sono felice» replicò lui, ma si accorse subito di avere un tono infastidito e poco sincero.

«Davvero?» insistette Rex. «Eppure non sembri affatto felice, se mai irritato.»

«Non sono affatto irritato» insistette Tyrell, costringendosi a sorridere.

Rex continuò a sorseggiare il liquore. «Non devi fingere con me, Ty. Io ti conosco troppo bene e capisco quando sei di pessimo umore. Come in questi ultimi giorni, per esempio.»

«Non essere diplomatico, Rex. Vai avanti, dillo. Mi sto comportando in modo inaccettabile. Ho tenuto sotto lo stesso tetto la mia amante e la mia fidanzata!»

«Bene, vedo che ti rendi conto della situazione, ma devi essere più prudente. Almeno fingi di essere felice quando sei con la tua fidanzata!» esclamò Rex.

«Io sono felice.»

«Bene, allora tienile la mano, sorridile una volta o due!»

Tyrell lo guardò di traverso. «E va bene, riconosco che ieri sera ero un po’ preoccupato.»

«Hai fatto infuriare Lord Harrington. Ho sentito io stesso nostro padre giustificare il tuo atteggiamento distratto, Ty. Per l’amor del cielo, persino Eleanor mi ha chiesto se eri malato!» insistette Rex, riferendosi alla sorella minore.

«Avevo altre cose per la mente.»

«E quali altre cose possono essere più importanti del fatto di pensare al futuro dei tuoi figli... e a quello mio, di Cliff e di Eleanor?» gli domandò il fratello.

Rex aveva ragione. Nulla era più importante del suo matrimonio con Lady Harrington e lui doveva cominciare a comportarsi di conseguenza. Ma non era ancora pronto a rinunciare a Elizabeth Fitzgerald.

«Lei non è quella che credevo» dichiarò d’un tratto Rex.

Tyrell capì subito che non si riferiva a Blanche. Lentamente incontrò lo sguardo del fratello. Era penetrante come una lama.

«Non è quella che credevo neanch’io» sussurrò. «Non avrò una relazione con lei nella casa di nostro padre.»

«Saggia decisione» commentò il fratello con un sorrisetto. «Ma non credere d’ingannarmi. So bene che se lei non è ancora diventata la tua amante, lo diventerà presto... anche se spero che prima o poi te la toglierai dalla mente. Non è così, Ty?»

«Lo spero!» esplose Tyrell. «Credi che non mi renda conto delle conseguenze del mio comportamento? Io non ho mai pensato di essere infedele, Rex, e ho sempre creduto che mia moglie sarebbe stata anche la mia migliore amica e la mia amante.»

«Ebbene, non vedo perché Blanche non possa diventarlo» obiettò Rex, stupito. «Il fatto è che mi sembra tu abbia già deciso di esserle infedele.»

«Lei non m’interessa, non ho il minimo desiderio di fare l’amore con lei, e dunque come posso pensare di esserle fedele?» protestò Tyrell.

Zoppicando, il fratello gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.

«Non ha importanza se le sarai fedele o meno, visto che quasi nessun uomo lo è. Ma devi essere gentile, discreto e trattarla con rispetto.»

«Certo» confermò l’altro, andando a sedersi sul sofà, un’espressione disgustata sul volto. Prima di allora l’idea di avere un’amante, oltre che una moglie, non gli aveva mai attraversato la mente. Si era sempre immaginato di costruire una famiglia serena, basata sull’amore e sulla lealtà. E invece si ritrovava a un passo dal matrimonio, del tutto distratto da una relazione con un’altra donna e, a quanto pareva, incapace di controllare il proprio comportamento.

«L’ho trovata... piacevole» stava dicendo Rex. «Non c’è nulla di malizioso o astuto in lei. Quando ci siamo incontrati tornava dalla cucina dove aveva preparato delle torte con tuo figlio. Era coperta di farina dalla testa ai piedi e mi è sembrata molto timida. Ho fatto qualche piccola indagine e pare che tutta la servitù l’adori già. Piace anche a nostra madre.»

Tyrell fissò il fratello. «Sembra quasi che tu sia un suo ammiratore.»

«Forse... ma molto, molto prudente.»

«Sai che è venuta qui cercando di costringermi a sposarla?»

Rex sospirò.

«Certo, lo sanno tutti, ma si dice che sia stata un’idea dei genitori, non sua. A quanto pare la madre non vede l’ora di maritare le sue due altre figlie.»

Tyrell avrebbe voluto credere che Elizabeth fosse una vittima del piano dei genitori per intrappolarlo, ma purtroppo era un buon giudice dei caratteri altrui e aveva capito che la spiegazione di Elizabeth – cioè che non voleva sposare il vero padre di Ned – era una menzogna. «Ormai non ha più importanza» affermò. «Quello che importa è che lei è qui.»

Ma Rex non si diede per vinto. «Ty, è tutto così strano. Tu sei strano! Perché non ti comporti come un padre inebetito dalla gioia con il tuo primogenito?»

Tyrell si voltò e riuscì a sorridergli.

«Ho solo bisogno di tempo per abituarmi all’idea.»

«Questa è una bugia!» scattò il fratello. «Che cosa c’è che non va? Perché sei così nervoso? Perché dimentichi i doveri che hai nei confronti della tua fidanzata e di questa famiglia? E perché hai sedotto una giovane donna di buona famiglia e ora la porti qui come tua amante? Mi rendo conto che lei è la madre di tuo figlio, ma ha diritto a un marito e a una famiglia sua! Che cosa diavolo ti sta succedendo?»

All’improvviso una collera sorda s’impadronì di Tyrell. Rex aveva ragione in tutto. «È evidente che sono diventato un pazzo senza un briciolo di buonsenso in testa, un pazzo al quale non importa niente della sua famiglia! Ebbene, Elizabeth avrebbe dovuto pensare meglio alle conseguenze delle sue azioni prima di saltare nel mio letto con tanta facilità!»

«La cosa migliore per tutti sarebbe che tu tornassi in te e ti decidessi a corteggiare la tua fidanzata. Non posso certo difendere Miss Fitzgerald, ma lei mi piace molto e credo che meriti ben più di quello che tu puoi offrirle.»

Furibondo, si diresse zoppicando verso la porta, ma sulla soglia si fermò.

«E anche noi meritiamo di più, se sarai tu a diventare il capo di questa famiglia.»

Tyrell non esitò. Scagliò con tutte le sue forze il bicchiere contro il fratello, ma per fortuna lo mancò e il vetro andò a frantumarsi sul pavimento. Allora si coprì il volto con le mani.