La leonessa

 La mattina dopo Donatella fece trovare ai ragazzi una prima colazione in piena regola: marmellata di frutti di bosco, composta di ciliegie, yogurt Sterzing-Vipiteno, biscotti Petit-Beurre, cereali biologici, Kinder Pinguì, e anche dell'uva bianca.

 Margherita e Gianmarco si scambiarono, allibiti, alcune occhiate interrogative, gradirono soprattutto i Petit-Beurre, che si spartirono dopo averli contati.

 La mamma aveva visto al cinema o alla televisione che nella maggior parte delle famiglie anglosassoni è a colazione che la famiglia si raduna, scambia due chiacchiere, in certi casi si espongono i propri problemi, a mente fresca. Provò con un: "E allora ragazzi, come si preannuncia la giornata? Qual è il vostro desiderio? Che cosa vi augurate che succeda oggi?".

 Ma che, la mamma si è ammattita? pensarono contemporaneamente Gianmarco e Margherita. Non le risposero nemmeno, si allontanarono di tutta fretta, spaventati che la mamma avesse perso la ragione.

 Prepararono muti gli zainetti, a dire la verità Margherita lo aveva già pronto dalla sera prima. Gianmarco ci cacciò dentro qualche libro a caso.

 Appena usciti loro, Donatella voleva affrettarsi a riprendere la lettura del Diario Segreto. Ma aspettò qualche minuto, magari quelli tornavano indietro, si erano dimenticati la cartellina di educazione artistica o altro.

No, non tornarono. Lei riattaccò a leggere, famelicamente ma con paura.

 28 settembre

 Il Moresini rompe sempre i coglioni che non bisogna mangiare gli animali, perché sono vivi. Dice che noi che mangiamo la carne e il pesce siamo assassini. Lui dice che in casa sua sono vegani, e che i vegani sono migliori di quelli che mangiano la carne. Per merenda si porta dietro delle schifezze che gli prepara la sua mamma. Secondo me lo fanno per risparmiare, però lui dice che non è che a mangiare vegano si risparmia, anzi, costa di più, il che secondo lui dimostra che i vegani sono i migliori.

A casa nostra non è che si mangi tanta carne, non più di una volta al giorno: a me piacciono gli hamburger, di vitello e di pollo. Certe volte vado con la mamma al supermercato: gli hamburger non costano niente, e anche le fettine, alla fine è la roba che costa meno, la mamma ce li dà con delle patate fritte surgelate, dove noi mettiamo sopra il ketchup. Moresini dice che a casa sua c'è solo ketchup biologico, e che per questo loro sono meglio di noi. Io chiedo alla mamma sempre l'hamburger di pollo, così mi viene prima il menarca (questa parola l'ho imparata alla lezione di educazione all'affettività).

 E poi questa storia che gli animali sono vivi e le piante no mi pare sia una cazzata. Ce l'ha spiegato la profe di matematica e scienze. Lei dice che sono altrettanto vive le piante, perché anche nelle piante c'è la replicazione cellulare, la traduzione dei geni in proteine, la riproduzione sessuata. Per ora non ci ho capito granché ma qualcosa mi dice che quello che spara Moresini sono delle scemenze. Il che non esclude che lo siano anche quelle che dice la profe di matematica e scienze.

 Un intermezzo apparentemente tranquillo. E chi se ne frega se ci sono dei genitori vegani che rompono i coglioni e rincoglioniscono anche i loro figli? Ma dopo...

 29 settembre

 La Bene e la Moniq lo so che lo dicono e basta, però raccontano di esperienze omosessuali che loro avrebbero già fatto. Boh? Io non so cosa pensare. Se devo essere sincera se penso a un'esperienza sessuale mi fa abbastanza impressione sia avercela con un maschio che con una femmina. Forse sono sbagliata io. Vedere film porno non mi aiuta. Mi fa abbastanza schifo e non mi fa neanche divertire. Quegli enormi cazzoni mi fanno proprio paura: e io dovrei prenderne uno dentro la passerina? Ieri la Bene mi ha fatto vedere un video dove a una signora due maschi gli infilano i loro piselloni nel sedere, tutti e due insieme. Oddio mio.

 Donatella avrebbe voluto sbattere la testa contro il muro. Madonna santissima. Via, via da qui, via da questa città, via da questo paese, via da questo mondo!

 La mia Margheritina che si guarda i filmini pornografici, glieli fanno vedere quelle stronze! E dicono di avere avuto esperienze lesbiche. Che imbecilli, in che mondo ci tocca vivere. Ma come faccio adesso? Le parlo? Le proibisco di vedere le sue migliori amiche? Le impedisco di usare il computer?

 Però gli occhi già le scorrevano sulla pagina successiva, e qui il diario non le risparmiava niente.

 A me l'educazione all'affettività mi pare tutta aria fritta. Per questo mi sono procurata un libro di nascosto, un libro dove si parla veramente di sesso. Si chiama Cinquanta sfumature di nero. L'ho rubato alla zia. Voglio sapere come funziona veramente il sesso.

 Anche questa, pensava Donatella, si è messa a leggere quelle porcate! E io che non mi sono accorta di niente. Bisogna che glielo tolga dalle mani, che glielo faccia sparire... Chissà dove lo tiene nascosto. Che poi non creda che il sesso è quella roba lì, sadomasochismo, torture, perversioni... Bella educazione sessuale.

 Donatella cercò di ricordare l'ultima volta che aveva fatto l'amore, mah, amore è una parola grossa, diciamo sesso, con suo marito. Quando lui abitava ancora in casa con lei, tanto tempo prima. Lui era ubriaco fradicio e violento, le zompò addosso e cercò di penetrarla, ma col membro eccitato solo a metà non ci riusciva, fra l'altro lei opponeva resistenza. Il membro si afflosciò del tutto e lui si infuriò, dando la colpa a lei che era fredda e rigida come un pezzo di legno. Poi lui si cagò addosso, nel vero senso dell'espressione, e pulire toccò a lei. Mamma mia, solo ripensarci le faceva male. E io che le racconto alla Margherita? Eppure bisognerà che le parli, prima o poi.

Donatella abbandonata e disperata sul tavolo di cucina cercava di ricordare l'immagine del membro del suo ex marito. Si rese conto di non avercela presente. Forse non l'aveva guardato mai. Per l'appunto il diario continuava con questo.

 30 settembre

 Il compleanno

 Ieri sono stata al compleanno di Xu, che si dice Sciu, il nostro compagno di classe cinese, quello ricco. I suoi hanno alcuni ristoranti (cinesi) a Milano e forse anche da altre parti. Xu ha una bella casa e per il suo compleanno la sua mamma ha preparato tantissime cose da mangiare, quasi tutte buone. C'erano dolci e dolcini, confezionati benissimo, a forma di fiori. C'era anche un cameriere. Da bere c'erano delle schifezze cinesi ma anche Coca-Cola e Fanta. Xu aveva invitato tutta la classe ma in tanti non sono venuti, eravamo otto. Tutti italiani. Comunque la Bene, la Moniq e la Sofi non sono venute.

 È stato un bel compleanno: a Xu i suoi parenti hanno regalato roba costosa, per esempio un Samsung ultimo modello.

 Il mio compleanno è il 6 gennaio, una data sfigata, non vi dico le battute, ah ah, comunque non ho mai avuto una festa perché sono tutti via, in vacanza. Forse meglio così, la mamma sarebbe in difficoltà a organizzare una festa di compleanno. A me piacerebbe, una cosa semplice, ma dove viene tutta la classe. Senza tante storie, quello lo invito, quello non lo invito, quella stronza non ci viene, guarda che merda mi hanno regalato.

 Io vorrei solo schiacciata con la mortadella, e qualcosa senza mortadella per i musulmani. Senza invidia, gelosia, sfoggio, dispetti e falsità, come succede sempre con i compleanni, che poi le festeggiate fanno una scenata di crisi e di pianti, sono deluse, litigano e hanno lo stress. Ma tanto non capiterà, quindi in fondo non rischio niente.

 Povera la mia Margheritina, povero fiorellino. Quanto sarà delusa di me, non ha mai avuto una festa per il suo compleanno. Ma come si fa, il 6 gennaio? Mica si può fare dopo, a febbraio. E tantomeno prima. Eppure a lei basterebbe una festicciola. Ma l'anno prossimo, costi quel che costi, la festa la faremo, non la solita cenetta noi tre e lo zio. Affitteremo un bel posto, col caminetto, staremo caldi e ci saranno dei giochi per tutti. Almeno i forestieri verranno, tanto quelli in ferie non ci vanno. E le sue migliori amiche le faremo venire dalla montagna, dove sono in vacanza. Pago io il biglietto. Ma sono piccole, mica ce le mandano in treno da sole. Vabbè, in qualche modo ce la faremo, a tutti i costi!

Purtroppo per Donatella il diario continuava così.

 1 ottobre

 Il telefonino della mamma

La mia mamma certe volte mi fa pena. Oggi all'uscita parlava con altre mamme. Si dovevano scambiare dei numeri ma lei ha detto che il telefonino l'aveva lasciato in macchina. Non ha voluto tirar fuori il cellulare perché ne ha uno vecchissimo e schifoso, come anche io, del resto. Allora lei dice che l'ha lasciato in macchina perché se ne vergogna con le altre mamme, che hanno l'iPhone e stanno sempre lì a sbandierarlo. Così lei dice che l'ha lasciato in macchina. Peccato che non abbia nemmeno la macchina.

 Questa notazione fu per Donatella come una pugnalata. Era la pura verità, e lei non aveva proprio niente da replicare. Si vedeva tristemente smascherata, e dalla figlia, per giunta. Che lo sapessero anche le altre mamme che lei la macchina non ce l'aveva? Beh, cosa importa, in fondo. Ormai la macchina è diventata un oggetto obsoleto, non è più nemmeno uno status symbol. Beh, la mamma della Bene ha una Mini Clubman verde bottiglia. È carina, e lei la posteggia sempre nel mezzo della strada, perché la si veda per forza. Roba da buzzurri, tutto sommato.

Seguiva un altro testo stampato al computer.

 2 ottobre domenica

 Il libro del mese

 Hosseini, Il cacciatore di aquiloni

 Riassunto di Margherita Giorgi

 Amir vive con il ricco padre Baba in una lussuosa e splendida villa insieme ai servitori Alì e il figlio Hassan. È orfano: sua madre è morta di parto e questo ha compromesso i rapporti con il padre che pensa che la colpa sia del bambino. Amir e Hassan sono amici nonostante siano molto diversi: Amir è sunnita mentre Hassan è sciita. Al di là di questo i due bimbi trascorrono un'infanzia serena tra letture di libri avventurosi e aquiloni: il primo è bravissimo a farli volare, il secondo è specializzato nella caccia agli aquiloni abbattuti.

 Tutto cambia quando dopo un torneo di aquiloni, in un vicolo buio di Kabul (che è la capitale dell'Afghanistan), Hassan viene assalito e violentato da una banda di ragazzini con a capo Assef, un bambino che perseguitava spesso i due amici. Amir assiste impotente alla scena decidendo di non intervenire mentre Hassan più volte lo aveva difeso. Scappa come un vigliacco. I due amici si separano per sempre: tra loro si instaura la barriera del senso di colpa e della delusione.

 Con l'arrivo a Kabul dei Russi Amir e Baba fuggono in America, mentre Alì e Hassan scappano da Kabul in seguito, ma rimanendo in Afghanistan. Amir a San Francisco si realizza, diventa scrittore, si sposa e conduce una vita serena fino a quando un giorno riceve una telefonata dall'Afghanistan dall'amico Rahim Khan, che gli chiede di andarlo a trovare.

 Torna in patria trovando Kabul cambiata, ferita e il suo passato ritorna prepotentemente a galla. La guerra ha lasciato cicatrici profonde. Rahim Khan lo mette a conoscenza del fatto che Hassan è in realtà suo fratello: il padre Baba era andato a letto con la moglie del servo. Gli racconta che il vecchio amico d'infanzia si è sposato e ha avuto un figlio, Sohrab, ormai rimasto orfano per colpa di una mina, e gli chiede di andare a cercarlo per portarlo via dall'Afghanistan. Il bambino però non si trova più all'orfanotrofio perché è stato rapito poco prima dai talebani. Scopre che il capo dei talebani è Assef, e l'unico modo che ha per riavere il bambino è affrontarlo.

 Alla fine, grazie all'aiuto di Sohrab, Amir riesce nella sua impresa. Tornare in America non è facile: il ragazzo deve necessariamente passare per un orfanotrofio per poter essere legamente adottato e la prospettiva lo abbatte al punto da spingerlo al suicidio. I due riescono infine a tornare in America, entrambi con profonde ferite difficili da guarire.

 Il libro si conclude con una nota di speranza: il giorno del capodanno afghano, mentre gli aquiloni volano alti nel cielo, un timido sorriso compare sul volto del ragazzo, il primo segnale di distensione dopo il mutismo in cui si è chiuso. Zio e nipote, ormai padre e figlio, possono sperare in un futuro migliore.

 Che palle! Mi sono fatta due palle così anche soltanto a leggere il riassunto. Ma perché ci fanno leggere questa roba? E che differenza c'è tra i sunniti e gli sciiti? Ho guardato per scrupolo su Wikipedia, ma non ci ho capito niente. E comunque a me che cosa me ne importa?

E poi il Papi mi scrive una lettera al giorno.

 Cara Margherita

 Sono molto contento dei tuoi buonissimi risultati scolastici, ne vado molto fiero, come se i bei voti li prendessi io.

 Ma c'è qualcosa di cui vorrei parlarti, che ha segnato tutta la mia vita negli ultimi anni, e che ha segnato anche la vita della nostra famiglia: l'alcol. Come tu ben sai ho avuto dei seri problemi di alcol, che hanno portato il giudice a spezzare la nostra famiglia, separandomi da voi.

 Ma il giudice ha semplicemente formalizzato una situazione della quale mi prendo al cento per cento la responsabilità, la colpa è tutta mia, e sono io che ho distrutto la famiglia mettendo voi, tu e Gianmarco, in estrema difficoltà.

 So benissimo quanto male vi ho fatto, e quanto ne ho fatto a me stesso, è inutile che torni sull'argomento. Ti volevo solo dire che la società stigmatizza molto le condizioni come la mia, come se l'alcolismo fosse non una patologia ma semplicemente un cattivo comportamento: come se avessi rubato o ucciso qualcuno. Gli alcolisti, a parte i discorsi di circostanza, vengono colpevolizzati, senza considerare che le principali vittime sono loro, quelli che soffrono di più. E quindi l'alcolista deve praticare una guerra assolutamente impari: contro l'alcol, nemico insuperabile, almeno da soli. Contro se stessi, forse è quello il nemico principale. E contro la società, dentro la quale c'è anche tua moglie e gli altri, che ti considerano una carogna che merita soltanto di affondare in mezzo a un oceano di alcol. Non è che voglio fare la vittima, ma non mi sento neanche di essere il carnefice, come mi hanno detto tante volte, specialmente la mamma, senza la sua denuncia per me forse il calvario sarebbe stato meno duro.

 Sono diventato un mostro, una bestia, e tutte le colpe erano mie. Anche quello che mi avete fatto tu e Gianmarco - questione sulla quale non voglio assolutamente tornare e che non racconterò mai a nessuno - si è rivoltato contro di me. Una cosa orribile fatta a me si è trasformata in un mio atroce delirio, volto a sacrificare addirittura i miei figli. Ma non voglio tornare su queste cose, a che serve? Ora sono concentrato su una nuova vita, magari non particolarmente esaltante - chi dà credito a un ex alcolizzato? - ma una lotta continua con le difficoltà.

 Lo sapete che morirei per voi, voi due, e soprattutto tu, la mia cucciolina, siete la cosa che ho più cara, darei la vita per voi, e in fondo è quello che sto facendo.

 Sto lottando perché la nostra famiglia si ricomponga, in qualche modo, anche se la mamma non ne vuole sapere: non la biasimo, lei può giudicare che la storia fra me e lei è finita per sempre. Ma può lei decidere anche sulla storia fra me e i miei figli?

Come in tutte le storie di disagio, a monte ci sta un conflitto, una sofferenza, una crisi. Nel nostro caso, come ci ha detto mille volte il consulente psicologico familiare, alla base c'era una crisi del rapporto di coppia, fra me e la mamma. Ma la colpa è solo mia, come è risultato ufficialmente? E perché? E se io, a fronte di questa crisi, sono quello che ha ceduto, che non ha retto, che si è dato all'alcol, allora sono io quello da colpevolizzare, da processare, da allontanare?

 Ma forse, mi auguro, tutto ciò è acqua passata.

Adesso è più di un anno che ho fatto la detox, e ne ho viste tante che faccio fatica a ricordarmele: vivo in una schifosa casa famiglia con gente che ha un'infinità di problemi. Non ne posso più, eppure mi impegno al massimo. Ho accettato di fare un lavoro umile, il più umile che c'è, cioè il badante, ma non voglio lamentarmi: la sola idea di poter tornare a guadagnare qualche soldo e di darlo per intero alla famiglia, cioè a tua madre per voi, mi rende felice.

 Ma basta con tutta questa malinconia, raccontami di te. La mia giornata così si scalderà di un affetto imbattibile.

IL PAPI

 Un affetto imbattibile? Ma che scemenze dice questo imbecille. E quello che racconta poi, sul suo "calvario". Fa la vittima. E io allora? pensava Donatella, io non ho sofferto, io non lo sto passando il "calvario", brutto stronzo? Che carogna, che subdolo, adesso la principale responsabile di tutto il male che ci ha fatto sarei io? Furbo! E con me fa tutto il gentile, quello che si è pentito, quello che è tornato sulla retta via, ravveduto. Ma sotto sotto ai figli li vuole convincere che la colpa non è di nessun altro se non della loro mamma. E tira fuori ancora la storia della cella frigo. Va bene, il pasticcio lo combinarono i bambini, ma si può biasimarli? Loro lo avevano fatto a fin di bene, e io non ne sapevo niente, mentre lui è ancora convinto che la mente dell'operazione ero io.

Adesso la vittima è lui. E chi sarebbe il carnefice?

 Meno male che la Marghe non ci cascava e gli rispondeva per le rime.

 Caro Papi, ho letto in un libro in biblioteca che un alcolista rimane un alcolista anche se smette per sempre di bere. Anch'io adesso sono fiera di te perché vedo gli sforzi che fai per rimettere le cose a posto. Lo dice anche la terapeuta familiare, tanto per rassicurarci. Come si fa a non capire che la mamma proprio di questo ha paura?

 Ma non avevi detto che di quella storia della cella frigo non ne volevi più assolutamente parlare? Eppure la ritiri sempre fuori. Ti pesa ancora? Vuoi colpevolizzarci? La terapeuta ci ha detto che gli alcolisti sono aggressivi, ma che spesso, come tutti quelli affetti da una dipendenza, assumono comportamenti vittimistici e colpevolizzanti. Scusa se parlo come un libro stampato ma io e Gianmarco ne abbiamo viste e sentite tante sull'alcolismo che potremmo scriverci un libro anche noi.

 Ma io, Papi, ho molta fiducia in te.

 E adesso smettiamola di parlare di alcol, no? Pensiamo ad altro, pensiamo alle cose belle? Ne hai da raccontarmi? Hai letto qualche bel libro?

La furbizia di Margherita non finiva di stupire Donatella. Contro l'insopportabile retorica di Claudio lei usava una controretorica al curaro: quell'accenno all'eventuale lettura di un bel libro - a suo padre! - non era una battuta velenosa?

3 ottobre

 Le mie migliori amiche bevono.

 La Bene e la Moniq mi hanno raccontato che si sono ubriacate. Hanno bevuto la vodka, che hanno rubato nel frigorifero. Dicono che è stato uno spasso, ed erano completamente fuori. Non so se è vero, a me mi dicono un sacco di balle. Comunque io l'alcol non lo voglio nemmeno assaggiare. Il Papi a forza di bere è finito nella merda, e ancora non ci è uscito. Secondo me ogni tanto qualche goccetto se lo fa anche la mamma, la sera, quando noi siamo a letto, si beve un bicchiere o due di vino. In confronto a quello che beveva il Papi è niente, però ho letto sul libro che le donne sono più sensibili all'alcol, gliene basta meno. Io non berrò mai neanche una goccia di alcol, perché fa diventare dei mostri anche la gente per bene. Alle elementari la maestra di scienze e matematica ci disse che l'alcolismo è un fatto genetico, cioè si eredita. Secondo me lo ha detto apposta perché sapeva benissimo che il mio papà è un alcolista. La Bene e la Moniq mi hanno raccontato che quando si sono ubriacate hanno avuto fra di loro dei rapporti lesbici. Si sono baciate con la lingua, e toccate la passerotta. Boh?

 Che c'entra, tutti possono avere un momento di debolezza. Non posso averlo anch'io? Un bicchiere di vino ogni tanto non fa nessun male, anzi, dicono che fa bene. Ma come hanno fatto a vedermi? Da domani comunque la mia Margherita quelle là non le vede più, anche se le considera le sue migliori amiche. Qualche cosa mi inventerò, lei mi odierà, ma quelle stronzette zoccole non le vede più, se non durante l'orario scolastico.

 4 ottobre

 La lettura segreta della settimana

Cinquanta sfumature di nero

 Riassunto

 Ho cominciato a leggere questo libro ENORME che mi hanno detto è molto spinto e descrive il sesso nei particolari. Non è vero niente! Prima che succeda qualche cosa ho dovuto leggere cento pagine, dico cento pagine, dove la protagonista rincontra il suo fidanzato, che è molto ricco e a un certo punto le regala un iPad. Parlano di quando stavano insieme che lui le faceva qualche cosa che a lei non piaceva, la picchiava? Lei lo desidera, e lui anche. Lui dice che lei deve mangiare di più, forse la vuole più grassa perché poi la vuole mangiare a sua volta? Boh, non ci capisco niente. Finalmente fanno l'amore, la faccenda è descritta in fretta e furia, lei glielo succhia e poi gli dice: "Ti voglio dentro di me", e lui dice: "Mi vuoi adesso?". E quando, mi domando io, a questo punto lei lo prende dentro, e godono tutti e due. Sì, ma che succede esattamente? Possibile che sia tutto qui? Fin qui ci arrivavo anch'io. Ma chi la prende l'iniziativa? Il maschio tocca la donna, la donna capisce e ci sta o non ci sta? Ho sentito dire che le donne prima del sesso si bagnano, a fare il petting, che più o meno credo sia toccarsi il culo e le tette (che io non ho, fra l'altro) così funziona meglio la lubrificazione. Ma in che consiste? E il preservativo lo deve mettere la donna all'uomo o se lo mette lui da solo? E quando lui gode cosa fa, oltre ad accasciarsi esausto? Si fa fatica? Si muove solo il maschio o tutti e due? Ci si muove solo in su e in giù o anche lateralmente? Il pisello resta eretto oppure torna normale? E qual è di preciso il ruolo del clitoride?

 Mah, adesso ne leggo un altro po' ma mi sa che è una fregatura.

 5 ottobre

 I sogni

A me con questa storia dei sogni mi hanno fracassato la minchia. Io non sogno mai di notte, e quelle poche volte che faccio dei sogni sono brutti e mi prendo paura. Vado in cucina e mi bevo un bicchier d'acqua e aspetto che i sogni non tornano. Invece tutti dicono che noi dobbiamo credere nei nostri sogni, ma quali? Io non ne ho. Io non suono uno strumento musicale, e per fortuna, perché tutti i miei compagni che i genitori hanno obbligato a imparare a suonare uno strumento, pensando che diventassero più intelligenti, poi hanno smesso e lo strumento lo hanno buttato nel cesso. Quindi non sogno di diventare una grande concertista internazionale. Io non faccio sport, tipo ginnastica artistica o nuoto oppure tennis, quelle cose che si fanno fare alle femmine, quindi non sogno di diventare una campionessa dello sport, che poi il fisico non ce l'ho. Non faccio danza, non canto in un coro, non scrivo poesie. E allora che devo sognare, di vincere col Gratta e Vinci? No, perché del denaro a me non importa mica molto. Non voglio neanche fare la crocerossina che salva i malati, e neanche la suora. A scuola religione non la faccio, sono esentata. Forse l'unico sogno che ho sarebbe quello di avere una bella festa di compleanno, in una villa sontuosa.

 Se dovessi fare un sogno beneaugurante lo farei su quegli sfigati dei miei genitori, che fanno una vita da schifo, sogno che le cose gli vadano un po' meglio.

 Ma lo sognerei a occhi aperti, insomma, sarebbe un desiderio, mica un sogno. Ma a dirla tutta non è che alla fine me ne freghi granché. Ma allora tutti questi imbecilli che parlano dei sogni, ma di che parlano?

 Il diario continuava senza pietà.

 6 ottobre

 Oggi pomeriggio ero con le solite stronze compagne di classe, a fare i compiti. Ma non facevamo i compiti, e mi hanno detto questo.

 "Tu sei frigida, come tua madre, una vera donna sa far godere il suo uomo, e non deve fargli mancare niente".

 Io avrei voluto spaccargli la testa ma non avevo niente da controbattere.

 "Tua madre non ha saputo far godere tuo padre, ed è per quello che lui beve".

 Io ho trovato un po' di forze e ho risposto.

 "Ma non è vero, mio padre non beve più, ha smesso".

 "Stai zitta, piccola zoccola, se non vuoi che ti facciamo vedere noi. Qualcuno qui ti ha dato l'autorizzazione a parlare?".

 "Zoccola sarai tu!".

 "Certo, e me ne vanto. E so di cosa si tratta. Tu sei mai stata con un ragazzo? Tu non sai nemmeno di cosa stiamo parlando".

 Quelle stronze erano in tre, e io sapevo come sarebbe andata a finire. C'erano già state discussioni, e in tutti i tre o quattro casi precedenti era andata a finire male per me. Mi avevano presa a botte, o mi avevano fatto bere la pipì.

 Quelle stronze parlavano fra di loro.

 "Mia madre sa come far godere un uomo e mi sta insegnando tutto".

 Poi ci siamo messe alla finestra, osservando quello che succedeva per strada. È arrivato un ragazzo in motorino che si è fermato sotto la finestra. Quelle sceme si sono messe a fare le cretine per attirare la sua attenzione.

 "Io me lo farei, quello lì" diceva la Bene, e io mi chiedevo che cosa intendesse con me lo farei.

Le cretine si abbracciavano fra di loro, simulando atteggiamenti lesbici, chissà dove l'avevano visto fare.

 "Io mi farei quella là, e subito".

 Si stringevano l'una all'altra, facendo gesti sguaiati senza conoscerne il significato.

 Il ragazzino in motorino guardava perplesso quelle bambine, che avevano al massimo dodici anni. Lui è partito sgassando, e le bambine hanno dato la colpa a me: "Ti ha visto e se ne è andato. Tu, piccola troietta, ci rovini la piazza. E adesso devi pagare".

 Siamo tornate in camera e Moniq mi ha mostrato alcune foto abbastanza osé che aveva postato su Facebook, dichiarando di avere diciannove anni.

 "Anche tu devi postare qualche foto tua messa un po' bene. Altrimenti...".

 Donatella avrebbe voluto strappare gli occhi alle migliori amiche di Margherita, quell'angelo sperduto e confuso. A dodici anni sono già così? A dire la verità Margherita di anni ne aveva dieci e mezzo, era un anno avanti, aveva fatto la primina, ah, che errore! Cosa fare adesso, cambiarle scuola? Adesso le madri di quelle troie mi sentiranno! Gliela faccio vedere io!

 Ma lo spirito reattivo di Donatella fu sopraffatto dal bisogno di andare avanti nella lettura.

 La pagina successiva cominciava con la brutta copia di un'altra lettera al Papi.

 Caro Papino, c'è una cosa che vorrei dirti. Non è un problema mio ma bisogna che te la dica. La cosa riguarda Gianmarco.

Ti ricordi quando dicevano che Gianmarco è finocchio, cioè, insomma, omosessuale? A scuola ne parlavano tutti. Io con Gianmarco non ne ho mai parlato, facevo finta di niente, figuriamoci. Però lui ne era al corrente perché era sempre nervoso. In più ogni tanto aveva un occhio nero. Lui diceva che era caduto giocando a calcio, ma chissà. Tu sai che per me non fa differenza se uno è gay oppure no. Io non mi vergognavo affatto però era meglio se non era gay.

 Beh, adesso ce n'è un'altra, dicono che Gianmarco è un puscier, cioè vende la mariuana. Io lo so che non è vero però la faccenda mi mette un po' in imbarazzo con le mie migliori amiche. Loro mi prendono in giro, insomma, ci vado di mezzo anche io, per via della vergogna di avere un fratello così.

Insomma, la storia di Gianmarco gay è stata risolta dalla signora Mattioli: potresti chiederle se ci risolve anche questa? Lo so che lei adesso non c'è, ma tu magari potresti telefonarle.

 Vorrei invece che tu prendessi sul serio la faccenda di Gianmarco, perché mi rende la vita difficile anche a me.

 MARGHE

 Donatella era destabilizzata: perché una semplice stupidata su suo fratello la metteva così tanto in difficoltà? Cosa c'era sotto? Il segreto che non poteva confessare neanche al diario?

 Cara Marghi

 Non ti preoccupare troppo se dicono queste cose di Gianmarco. Sono cose del tutto inventate, naturalmente. Con le tue amiche devi difendere tuo fratello a spada tratta. Devi essere orgogliosa di tuo fratello: sì, lo so, non è bravo come te a scuola, e anche come ala destra, o difensore, o portiere, insomma, dove lo mettono, non è granché. Però ha un gran cuore, e sono sicuro che in futuro si farà valere. Le tue amiche lasciale parlare, non contano niente.

Se vuoi con la preside ci vado a parlare io, la cosa va chiarita una volta per tutte.

 PAPI

 No, per l'amor del cielo, tutto ma non che vada a parlare con la preside, figuriamoci che cosa sarebbe capace di dirle, soprattutto se perde le staffe. Bisogna che parli immediatamente con Claudio, che se ne stia al suo posto. Assolutamente!

 Ma il seguito del diario le impedì di pensarci meglio.

 7 ottobre

 Caro diario, vorrei morire. Quelle tre stronze hanno deciso che dovevo superare il rito di iniziazione, se no non potevo più frequentarle e non erano più mie migliori amiche. In casa della Bene i suoi genitori non c'erano, e neanche sua sorella grande. Loro si sono truccate con i trucchi della sua mamma e hanno truccato anche me. Poi hanno messo un pezzo di rock satanico. Mi hanno fatto leggere un foglio, dove io giuravo fedeltà assoluta alla Bene, che era il capo assoluto della Congrega delle serve del sesso.

 Mi hanno tagliato un polpastrello con una lametta da barba del papà e poi mi hanno fatto firmare con il sangue. Non ho sentito tanto male, però dopo sì. Io credevo che fosse finita, questa storia della firma col sangue la fanno tutti. Poi c'era il rito vero e proprio: hanno tirato fuori quello che loro chiamano Il sacro profumo virile. È una bottiglietta di profumo da uomo a forma di banana. Me l'hanno fatta infilare dentro la passerina. Ho sentito un male cane e ho pensato di non essere più vergine... però di sangue non ne è venuto fuori. Bastarde!

 Alla fine ho dovuto scrivere un inno al Dio dal Gran membro Virile. "Te che sei tanto brava a scrivere!". Non volevo farlo, ma ho dovuto, però lo so che terranno con sé questo inno, che mi hanno anche fatto firmare, e se non rigo dritto lo faranno leggere in giro, lo posteranno su Facebook!

 Caro diario, vorrei proprio morire, e mi fa anche male la passerina.

 Oh, santissima Madonna! Ma io quelle tre le ammazzo! Ecco perché aveva un cerotto sul dito!

A Donatella girava la testa, le affluì troppo sangue al cervello tutto insieme. Pensò di stare per avere un malore, si sentiva sul punto di crollare a terra. Dopo qualche minuto di sbandamento si riprese un po' e gradatamente lo smarrimento venne sostituito da una reazione mista di odio e ferocia.

 Riscorse le pagine del diario di Margherita sempre più furiosa, in lei si stava sviluppando una capacità reattiva simile a quella di una vera leonessa che difende le sue creature (e come leonessa le ha dovute difendere in precedenza dal maschio).

La prima e unica reazione della leonessa non fu quella di parlare con Margherita, cercare di chiarire la situazione, magari capire se c'era qualche esagerazione nel resoconto, o addirittura se c'erano elementi di invenzione, dettati ovviamente da un disagio innegabile. Non fu neanche di prendere informazioni presso, per esempio, le insegnanti di Margherita, e, in caso ci fosse una sufficiente ricettività nei confronti del problema, segnalarlo, discuterne, affrontarlo in modo equilibrato, per quanto possibile. Figuriamoci l'ipotesi di parlare con l'assistente psicologica della scuola, che riceveva una volta la settimana su appuntamento. Sicuramente sarebbe venuto fuori che i problemi li aveva principalmente Margherita.

 Tantomeno in Donatella emerse l'esigenza di confrontarsi pacatamente con i genitori delle ragazzine in questione, questa era veramente l'ultima cosa a cui pensava in quanto mamma, perché quegli stronzi avrebbero sicuramente negato tutto, accusando magari Margherita di spargere fango sulle loro deliziose figliolette, per invidia e gelosia, come usa dire oggi.

 E tutte le altre problematiche che emergevano dal diario, dalle manovre accerchianti di Claudio alle letture edificanti (per niente), dai segreti sul passato fra il marito e i figli ai problemi di Gianmarco, passavano in second'ordine, distanziatissime.

 Donatella era semplicemente e soltanto accecata da uno spirito violentissimo di vendetta e di difesa della figlia. La sua idea principale era di annientare quelle stronze di ragazzine, avrebbe voluto tendere un agguato e picchiarle selvaggiamente, e al tempo stesso i suoi genitori, soprattutto quelle troie delle loro madri, cui voleva spaccare la testa. E poi scrivere una lettera alla preside, alla Repubblica, al prefetto e cose simili. In lei montava una rabbia cieca, accompagnata però da una fredda determinazione. Riuscì infatti a mantenere la calma e a decidere che avrebbe programmato una vendetta più sensata.

 Adesso però bisognava sospendere la lettura, era quasi mezzogiorno, doveva uscire per fare la spesa e imbucare qualche lettera di richiesta di lavoro, per quello che poteva servire. Ma non riusciva a distogliere i suoi pensieri da quello che le occupava tutto il cervello, un progetto che doveva portare a risultati certi, definitivi e micidiali.

 Le idee le affluivano in testa come un fiume in piena: bucare le gomme delle automobili dei genitori? Graffiarne le carrozzerie? Vandalizzarle con scritte volgari e disegni pornografici? Incendiarle?

 Ma a che sarebbe servito, e che soddisfazione ne avrebbe ricavato lei? E Margherita che ci avrebbe guadagnato?

 Pensò di andare nottetempo davanti alle case d'abitazione degli interessati, e scrivere con la bottiglietta spray sul muro di fronte messaggi sulfurei, del tipo: tua figlia Benedetta è una grandissima troia e fa i pompini col risucchio. Oppure: tua figlia Moniq ha il culo spanato. E roba del genere. Le mamme, si sa, se provocate non vanno per il sottile. Però la cosa non la convinceva: sì, ci sarebbe stato un pochino di scandalo, se ne sarebbe parlato, ma alla fine la colpa l'avrebbero data a qualche adolescente maschio (o anche femmina), insomma, roba da ragazzini. E invece qui occorreva colpire a fondo, e per sempre.

 Continuava a convincerla il filone dello svergognamento pornografico di quelle zoccole e zoccolette. Poi si batté una mano sulla fronte, come a dire: come ho fatto a non pensarci prima! Un'idea assai più potente le si stava concretizzando negli emisferi cerebrali.