La casa di ringhiera non è più deserta

 Intanto la casa di ringhiera si era ripopolata, come per magia.

 Per prima era tornata la signorina Mattei-Ferri, da Salsomaggiore. Quando venne a sapere che il suo badante, Giorgi Claudio, era convalescente dopo un pestaggio trattenne a stento, anzi non trattenne proprio, un ghigno di soddisfazione. Lei il suo badante non lo gradiva proprio e se avesse potuto se ne sarebbe liberata al più presto, tanto adesso che le avevano tolto il busto poteva tornare alla vita che faceva prima, ovvero sulla sedia a rotelle, ma quando faceva comodo a lei. Però quello là le aveva strappato l'assunzione e in qualche maniera la teneva per le palle, il bastardo. E adesso per soprammercato era tornato a casa sua, da quella disgraziata della moglie Donatella, era stato riaccolto, nonostante fosse un ubriacone inveterato e dannoso. Ma presto ci sarebbe stata la resa dei conti, e lei aveva idee brillanti, anche se per il momento un po' macchinose, su come liberarsi di quella sanguisuga che la ricattava, costasse quel che costasse.

La Mattei-Ferri riprese immediatamente il suo posto di osservazione, la sua finestra di cucina, dalla quale dominava la casa di ringhiera e tutto ciò che in essa poteva accadere. A dire il vero della vicenda delle ragazzine su FB non ne sapeva molto, oltre a quello che aveva visto per televisione. Però presto i suoi informatori le avrebbero disvelato particolari interessanti, che comunque, purtroppo per lei, non avrebbero mostrato connessioni con la famiglia Giorgi. La faceva imbestialire che il Giorgi fosse ancora a suo carico, nonostante non potesse recarsi al lavoro da lei.

 E sono sempre io a pagare! si lamentava. Su questo si sbagliava perché pagava l'INAIL, ma ciò che conta è il privato sentire, e lei era sicura che il Giorgi le sbafasse lo stipendio pur dalla convalescenza.

 Dalla sua finestra la Mattei-Ferri poté osservare il ritorno del Luis De Angelis, con la sua macchina decappottabile. Dove era andato in quel periodo? Dove si era nascosto, e perché? Sapeva che il vecchio aveva passato qualche guaio, era venuta perfino la polizia a cercarlo. E adesso bello bello se ne tornava, per la verità abbastanza scuro in volto. Per giunta la sua amata auto era sporca, i cerchioni non erano stati lucidati, le cromature opache. Impensabile. Che era successo? Anche qui ci voleva un supplemento di informazioni.

 In effetti il Luis non sembrava nel pieno della forma. Fece scendere dalla spider quel cagnetto di merda che gli aveva lasciato in eredità il Consonni. Entrò in casa con la sua piccola valigia, un po' mesto, non certo entusiasta. Non volle salutare nessuno. Gli unici inquilini che andò a trovare furono per l'appunto i Giorgi, il De Angelis voleva avere notizie di come stava il Claudio. Ma fu di poche parole, presto si ritirò nel suo appartamento, e a cosa si dedicasse nessuno poteva saperlo.

 Suo malgrado la signorina Mattei-Ferri dovette rendersi conto che erano tornati anche i peruviani. Ma, attenzione, non tutti. Soltanto le donne. Quei lazzaroni dei mariti non c'erano, se ne erano rimasti nel loro paese. E perché? La questione meritava un approfondimento, ma ce n'era un'altra, forse più urgente.

C'era un gran movimento negli appartamenti e nei vari locali di proprietà della signora Xing, una cinese avvizzita e piena di soldi che circolava su una Mercedes nera gigantesca che sembrava quella delle pompe funebri. Nei locali di sua proprietà, di solito chiusi e poco utilizzati, c'era adesso un gran fervore. Un numero indefinito di cinesi entrava e usciva nella casa di ringhiera, scaricavano casse, materiali di ogni genere, altro ne portavano via. Introducevano mobili, macchinari smontati, tavoli, attrezzature. Che cosa stavano tramando? si domandava la Mattei-Ferri. Purtroppo temeva di avere già la risposta. Stavano istituendo un simpatico laboratorio dove avrebbero lavorato 24 ore al giorno una trentina di musi gialli, che peraltro nei locali ci avrebbero anche dormito, e fatto i loro bisogni, e fritto i loro terribili involtini, senza nessun riguardo per le norme igieniche e per le regole di condominio, ammesso che ve ne fossero. Ah, ma se di questo si trattava l'avrebbero presto sentita all'assemblea di condominio: lei avrebbe chiamato la municipale, la ASL, i carabinieri.

 Che disastro! Decine e decine di cinesi a sputare nella corte della casa di ringhiera! Dove si era arrivati?

 A dir la verità queste erano soltanto supposizioni. Ma quante volte si era trovata a poter agire solo in ritardo, per non aver dato retta alle sue supposizioni?

 A dire il vero il ritorno più eclatante agli occhi della Mattei-Ferri fu senz'altro quello di Antonio, il manovale, che non si vedeva da parecchio tempo, perché era in Germania a lavorare. Almeno secondo quello che dichiarava lui. In realtà chissà che cosa ci andava a fare quel mezzo delinquente in Germania, dai suoi fratelli o amici mafiosi. Ma l'aspetto più rilevante del ritorno di Antonio fu che non era solo. Si presentò con una ragazza tedesca, una certa Yutta, che apparentemente era la sua fidanzata. Non era un tipo da restare inosservato. Alta quasi un metro e novanta, aveva un fisico al tempo stesso statuario ed esile, con seni e natiche da antologia. Pareva una mannequin. Occhi verdissimi, capelli fra il biondo e il platino, polpacci tonici ma finissimi, insomma assomigliava sputata alla famosa modella degli anni Sessanta che rispondeva al nome di Veruschka. Come lei indossava pigiama palazzo, e la sua falcata di due metri lasciava fluttuare al vento il pantalone a zampa larghissima. Fra l'altro portava zatteroni con tacco da 10 centimetri, per cui la sua altezza raggiungeva i due metri. Antonio le arrivava a livello delle mandibole, squadrate.

 Le menti degli inquilini corsero alla precedente compagna di Antonio, Erika, che era alta meno di un metro e sessanta. Quella sembrava una terruncella pelosa e rotondetta, questa sembrava una dea.

 Fra l'altro parlava qualsiasi lingua possibile e immaginabile: al telefono, sul ballatoio, mentre mostrava le sue grazie, la si poteva sentire parlare francese, ovviamente tedesco, inglese e anche italiano: parlava, con un delizioso accento austriaco, anche quello, e ogni giorno migliorava. Ma da dove veniva questa qua? E dove l'aveva trovata l'Antonio? Sembrava appartenere a un mondo assai diverso dal suo. Eppure, in amore non si può mai dire, pensava il De Angelis, che probabilmente fu quello che rimase più scosso dalla nuova arrivata.

 Anche gli architetti Jacopo Du Vivier e consorte, Patty Ortolani, proprietari degli appartamenti 6 e 7, fecero la loro ricomparsa. Ecco, questo la signorina Mattei-Ferri non se lo aspettava. Dopo le torbide vicende nelle quali erano stati coinvolti e svergognati, avevano tentato, corrompendo un ufficiale dei vigili del fuoco, di convincere gli inquilini che l'intera casa di ringhiera era pericolante, per mandare via tutti. Erano finiti nei guai insieme al vigile del fuoco, ma si sa, questa gente tira sempre su la testa, e adesso volevano terminare i lavori di ristrutturazione, secondo i loro standard, assai elevati. E avrebbero presto cominciato a rompere i coglioni.

 Un altro inquilino di prestigio che fece la sua ricomparsa inaspettata fu Angela Mattioli e a questo ritorno la signorina Mattei-Ferri fece particolare attenzione.

 Pioveva fitto alle otto e mezza di sera, quando Angela varcò l'androne della casa di ringhiera e si affacciò nella corte. Evidentemente era tornata a Milano per fatti connessi con la morte di Amedeo Consonni. C'erano degli indagati? Ci sarebbe stato un processo? Il sangue di Consonni era rimasto a lungo sul selciato, prima che Donatella Giorgi, proprio lei, si decidesse a lavarlo via con lo spazzolone e la lisciva. Si sapeva che l'appartamento del Consonni era vuoto, abbandonato. Per un po' si era pensato che ci venisse ad abitare sua figlia, Caterina, col bambino, l'Enrico, cinque anni. Ma questa proprio non se la sentiva, nonostante da anni cercasse di convincere il padre ad andarsene a stare in un bilocale, e trasferirsi lei nel bell'appartamento di ringhiera, così finemente arredato, visto che lui era stato un tappezziere con i fiocchi. Ora quell'appartamento, come aveva potuto vedere Donatella, col suo parquet antico, coi rivestimenti di sete meravigliose, i tendaggi, i cuscini di damasco, mobili in noce del Settecento lombardo, era in disuso, trascurato e in cattive condizioni, anche perché gli agenti della polizia scientifica non erano andati troppo per il sottile quando erano intervenuti, alla ricerca di qualche indizio, di qualche prova che permettesse di stabilire quali misteri si nascondessero nella vita di Consonni.

 Circolavano voci che Caterina quell'appartamento volesse venderlo. Con che coraggio avrebbe riportato in quella casa l'Enrico, che adorava il nonno alla follia? Di preciso non si sapeva quale versione dei fatti fosse stata trasmessa al bambino, forse una incompleta. In ogni caso nella casa di ringhiera non si era mai più visto.

 Angela, turbata all'idea di rimettere piede nel suo appartamento, pensò di andare a bussare proprio dal De Angelis, per salutarlo. Per scambiare due parole.

Si avvicinò alla porta dell'appartamento del vecchio, e fu sorpresa di notare che lui era alla finestra, semioccultato da una tendina di pizzo bianco, che guardava fuori, armato di un binocolo. Che stava osservando? Forse, come al solito, la sua BMW, per controllare che i teppisti, i bambini peruviani, non gliela stessero vandalizzando. Ma no, il binocolo non era puntato verso il basso, nella corte, bensì verso l'appartamento n. 9, quello di Antonio, cioè di Yutta, il monolocale accanto a quello del Consonni. Ad Angela parve che non ci fosse niente di particolare da osservare, forse che il Luis stava piantonando l'abitazione del Consonni, magari incaricato ufficialmente da qualcuno di dedicarsi a questa sorveglianza?

 Angela suonò alla porta del De Angelis e quello ci mise un po' ad aprire, come se dovesse rimettere a posto qualche cosa.

 Finalmente le aprì, senza dire niente, guardando in basso. Il cagnetto approfittò dell'apertura della porta per catapultarsi fuori.

 "Vieni qui, birbante che non sei altro" fece il De Angelis non troppo convinto. Il cane pisciò sul ballatoio. Il Luis provvide immediatamente ad asciugare col Mocho Vileda, evidentemente lo teneva a disposizione, subito dietro la porta, per un'evenienza che non doveva essere rara.

 "Torna subito dentro, brigante!". Il cane era già sulla via del ritorno. Annusò Angela, le fece un accenno di feste, poi rientrò per disporsi, probabilmente, al suo posto, sul divano.

 "Luis, caro, quanto tempo che non ci vediamo! Come va?".

 "Eh, come vuole che vada. Si invecchia sempre di più".

 "Ma la trovo bene, sa?".

 "Entri, entri, Angela, benvenuta, le posso offrire qualche cosa? Non faccia caso al disordine, sono tornato da poco".

 Questo fu tutto ciò che si poté vedere e sentire dall'esterno. La Mattioli era entrata dentro, cosa si sarebbero detti lo sapevano solo loro.

 E questo dettaglio innervosì un po' chi li stava osservando dalla sua finestra.

Dopo una mezz'oretta la porta del De Angelis si riaprì, uscì fuori come una saetta il cane, che ripisciò sul ballatoio, lo seguì Angela, con bagagli e valigie.

 "Allora Luis, siamo d'accordo. Mi raccomando".

 "Bene, professoressa Angela, lo faccio subito".

 Ma cosa mai avrebbe dovuto fare? si chiedeva la stessa persona che osservava prima.

 Angela si stava dirigendo, un po' penosamente, verso il suo appartamento quando incontrò Donatella. Fra loro solo un breve, impacciato, dialogo.

 "Come sta, signora Mattioli? Che piacere rivederla... la casa è a posto, ho fatto tutto quello che mi aveva chiesto. Ci sono passata anche stamattina, ho dato un po' d'aria. Ma lei come sta?".

 "Eh, che vuole... così... ma mi dica di lei, e i bambini? Come sta la Margherita? E il Gianmarco? Tutto bene a scuola?".

 "Le cose vanno abbastanza bene".

 "E suo marito? Come sta? Come va con il lavoro?".

 "Ah, meglio, grazie. Adesso la sua posizione è stata regolarizzata. Risulta assunto e il suo stipendio è quello sindacale".

 "Ma fa sempre il badante alla signorina Mattei-Ferri?".

 "Beh, sì, in teoria".

 "Come in teoria?".

 "Il fatto è che attualmente è in convalescenza".

 "In convalescenza?". Angela si immaginò che il problema fosse sempre il solito: coma epatico. "E abita sempre nella casa famiglia?".

 "No, no, è qui. È tornato qui!".

 "È tornato a casa?".

 Per Donatella la conversazione stava diventando pesante.

 "Purtroppo adesso devo salutarla, professoressa Mattioli. Quanto si trattiene? Avremo modo di fare due chiacchiere. Arrivederci, signora Mattioli".

 "Arrivederci, Donatella, stia bene".

 Angela non ci capì molto, ma le parve poco opportuno fare altre domande.

 Olga Mattei-Ferri aveva visto Angela Mattioli che chiacchierava con Donatella Giorgi. La sedicente professoressa era certamente tornata per parlare con gli inquirenti. La Mattei-Ferri ribolliva di insoddisfazione. Certamente la Mattioli era al corrente di qualche novità. Ma che fa, sta venendo qui?

 In effetti Angela stava andando a salutare la Mattei-Ferri, che aveva scorto dietro la finestra.

 "Buongiorno signorina Mattei-Ferri. Allora, come va?".

 "Eh, come vuole che vada? Non lo vede? Ma lei come sta? Si è ripresa dallo straziante dolore?".

 L'accenno era sicuramente al fatto che, non si sa come, la Mattioli forse aveva trovato rapidamente il modo di consolarsi della perdita del Consonni, anzi il modo l'aveva trovato ben prima che il Consonni venisse a mancare.

 "Dev'essere terribile la solitudine, no? Tutta sola, in questa valle di lacrime".

 Come faceva quella stronza a sapere che nel suo viaggio a Bruxelles Angela aveva conosciuto qualcuno? Era a quello che si riferiva? Quella donna era veramente diabolica, aveva informazioni su tutto, difficile nasconderle qualche cosa.

 Angela fece finta di non aver sentito.

 "Si va avanti, si va avanti".

 "E quali notizie ci porta? Ci sono novità sul povero Consonni? Hanno scoperto qualcosa?".

 L'altra non si sbottonò.

 "No, nessuna novità, brancolano nel buio".

 "C'era da immaginarselo" bofonchiò con un mezzo sorriso la Mattei-Ferri.

 "E lei signorina, come va la schiena? Quell'orribile busto lo deve portare ancora? Come vanno le sue vertebre lombari? Sono sempre terribilmente schiacciate? Le procurano ancora quei dolori insopportabili?".

 Una piccola stoccata se la meritava anche quella merda della Mattei-Ferri.

 "Il busto me l'hanno tolto, però i dolori sono rimasti. Un inferno".

 "Mi dispiace immensamente, signorina Mattei-Ferri. Bisogna avere tanta pazienza".

 "Dispiace anche a me. Ma lei, è riuscita a elaborare questo tragico lutto? Mi immagino debba essere terribile la sua situazione. Il suo "fidanzato" ucciso a fucilate, e per giunta dopo che si era preso una cotta per una ragazza giovane e bella. Non oso pensare quanto lei abbia sofferto e stia ancora soffrendo. Ma sono sicura che abbia trovato il modo di consolarsi".

 Non si andava per il sottile. Angela non ce la fece a imporsi di non dirlo.

 "E lei, ha ancora il badante? So che ha regolarizzato il rapporto, me l'ha detto ora ora la signora Giorgi. Ormai si è rassegnata, o mi sbaglio?".

 Questa fu una vera coltellata per la Mattei-Ferri, che però assorbì il colpo e riuscì a trovare le energie per rispondere che: "Ognuno ha la sua croce".

 "Adesso devo lasciarla, signorina Mattei-Ferri. Poi mi racconterà meglio della faccenda del badante. Ma io la trovo bene, sa?".

 Angela era buona e cara, ma se la si stuzzicava sapeva diventare una merda anche lei.

 "Che novità mi dà, signorina, sulla casa di ringhiera? È successo qualcosa di nuovo?".

 La Mattei-Ferri rimuginava, trovando un appiglio per una piccola vendetta immediata.

 "Beh, una piccola novità c'è, ma non so se le farà piacere conoscerla".

 "E cioè?".

 "È tornato l'Antonio, il manovale, dalla Germania, ha ripreso possesso dell'appartamentino 9".

 "Ma questo lo sapevo già, signorina, lo sa anche lei che sono io che mi occupo della pigione di quell'appartamento".

 "Sì, ma quello che lei forse non sa è che l'Antonio non è tornato solo, si è portato dietro una compagna, una compagna germanica".

 "Una compagna? Questo non me lo aveva specificato".

 "Ma cosa vuole che specifichi, quello lì, a stento mette due parole in fila".

 "E chi sarebbe questa "compagna"?".

 La Mattei-Ferri sogghignò.

 "Lo chieda al De Angelis... vedrà che lui sarà in grado di farle una descrizione esauriente". In effetti al De Angelis non erano sfuggite certe qualità fisiche della compagna tedesca dell'Antonio, e soprattutto l'indole spregiudicata di questa ragazza, che a quanto pareva, al De Angelis, non aveva ritegno e tirchieria nell'esibire le sue poderose e sensuali fattezze.

 "Beh, il signor Antonio dell'appartamento che ha in locazione ne fa quello che gli pare, non trova? Io in fondo ho solo l'incarico di occuparmi dei pagamenti dell'affitto e il signor Antonio...".

 La Mattei-Ferri alzò gli occhi al cielo. Come dimenticarsi che la stessa ex professoressa Mattioli si era presa a cuore quel selvaggio, cercando addirittura di propinargli un corso di buone maniere?

 "Come vuole lei, signora Angela".

 "Beh, adesso devo proprio andare, buonanotte signorina Mattei-Ferri".

 "Buonanotte a lei, Angela, e bentornata... anche se per lei deve essere ben difficile...".

 Che pezzo di merda, pensava Angela mordendosi le labbra, quella fra l'altro crede di sapere tutto e non sa niente. Un giorno di questi...

 Angela sapeva che ormai il momento del suo rientro a casa, che rappresentava per lei riaffacciarsi nella sua vita passata, era improcrastinabile. Alla fine del giro degli inquilini, volente o nolente, si incamminò verso il suo trilocale. Sentì dei rumori provenire dall'alto, dall'appartamento senza numero: erano i peruviani. L'apertura della porta aveva coinciso con il diffondersi, per pochi secondi, fino a che la porta non venne richiusa, di una musica sudamericana a tutto volume. La signora Flora scorse Angela e si affrettò ad andarla a salutare, mentre lei, con le chiavi in mano, stava per entrare in casa.

"Señora, como estas?".

 Nella sua lingua ibrida aggiunse qualcosa come "Sono così felice di rivederla! Infatti volevo dirle che se è per l'affitto le pagheremo subito due mensilità, il resto fra pochissimo".

 Aveva dei contanti in mano e voleva assolutamente infilarli nella borsa di Angela, che aveva ben altro da pensare.

 "Non si preoccupi signora Flora, adesso devo rientrare a casa. Domani la vengo a trovare, e parliamo. Stanno tutti bene?"

 La peruviana assunse un atteggiamento meno allegro ed espansivo e accennò qualcosa all'orecchio di Angela. La Mattei-Ferri non riuscì a decifrare un bel niente.

 "Va bene Flora, ne parleremo domani. Mi raccomando, però, d'accordo?".

 "Certo signora, stia tranquilla".

 E perché doveva stare tranquilla? Alla Mattei-Ferri prudevano le mani. Ma prima o poi sarebbe riuscita a colmare le lacune di quelle conversazioni reticenti. Ripreso il suo posto alla finestra non poté fare a meno di notare che il De Angelis, appostato col binocolo in mano, scrutava alla ricerca di altre visioni della tedescona.

 Anche Donatella era alla finestra. Fumava una sigaretta, aveva ceduto, se ne era comprata un pacchetto. Pensava ai destini della famiglia Giorgi, che aveva già ricevuto una seria proposta di acquisto per l'appartamento della casa di ringhiera, per una cifra che ammontava a duecentosettantacinquemila euro. Nel frattempo lei aveva visto molte case, terratetto, appartamenti, porzioni di villette con giardino, fra Saronno, Meda, Seregno e Lentate, con poco più della metà dei soldi ricavati dall'appartamento di ringhiera si comprava una casa dignitosa.

 Donatella si era anche informata sulle scuole della zona. Per Margherita non c'erano problemi, di scuole medie ce n'erano per tutti i gusti. Per Gianmarco la mamma vedeva di buon occhio il Tecnico Commerciale o il Tecnico Industriale, o, alla peggio, il Professionale Industria e Artigianato.

 Il drone quadrielica sorvolava la casa di ringhiera nell'oscurità. Ormai i condomini erano tutti a letto, le luci spente. Solo una finestra era ancora illuminata, quella della signorina Mattei-Ferri, ma questo non è indice che fosse sveglia, quella luce rimaneva sempre accesa, come a ricordare ai vicini di casa che un occhio vigile era sempre puntato su di loro. Il drone circumnavigò il rettangolo dell'edificio, poi entrò nella corte e si abbassò fino al livello del primo piano, niente di particolare da segnalare. Si soffermò per qualche secondo di fronte all'appartamento di proprietà di Caterina Consonni. Dunque si elevò di una decina di metri, evidentemente la sua missione era finita. Ruotò di 360 gradi su se stesso, come a dare un ultimo sguardo panoramico alla zona Casoretto, piazza Sire Raul. Verso est le tettoie dei depositi dei tram.

 Si mosse in direzione sud-ovest, come per tornare dal suo falconiere. Ma al marchingegno successe qualcosa di imprevisto, o forse era successo al proprietario che lo pilotava, perché il drone prese velocità e sorvolando via Pacini stava per raggiungere Piola. Tutto faceva pensare che a questo punto fosse sfuggito al raggio d'azione del radiocomando, e che continuasse la sua corsa panoramica su Milano di notte senza controllo, tagliandola da nord-est a sud-ovest. La Milano notturna e relativamente tranquilla ha il suo fascino.

 Via Noè, via Maiocchi, piazza Otto Novembre, il drone perse un po' di quota passando sopra lo Sheraton Diana Majestic, ben illuminato e sontuoso.

 La macchia scura dei giardini pubblici Indro Montanelli, per intendersi i giardini di Porta Venezia, la sagoma imponente del Museo di Storia Naturale e poi sopra Brera, sembrava che l'aeromobile ronzante prendesse velocità, ma prima o poi le batterie si sarebbero esaurite, in effetti all'altezza del Teatro Dal Verme erano quasi a zero. Il tempo di sorvolare di pochi metri la Cattolica, sbandamenti, colpi a vuoto, che i motorini elettrici, dopo aver tossito un po', smisero di funzionare e il drone, che come si sa non ha nessuna portanza, cominciò a precipitare a spirale, come fanno le falene quando si lasciano cadere al suolo per sfuggire ai pipistrelli.

 Il drone si schiantò su una Panda quattro per quattro posteggiata in via De Amicis. Probabilmente il piccolo e costoso velivolo non sarebbe mai tornato nelle mani del suo proprietario, ma anche se ci fosse tornato ci sarebbe stato ben poco da recuperare. Soprattutto la delicata telecamera a raggi infrarossi, distrutta. Chi era questo proprietario? Cosa cercava nella casa di ringhiera?

Per uno strano scherzo del destino a Milano via De Amicis è la continuazione di via Carducci. È un curioso paradosso, visto che Carducci fu il maggior detrattore dell'autore del libro Cuore, il best seller per eccellenza della storia dell'editoria italiana del periodo post-risorgimentale dopo Pinocchio. Carducci sfotteva Edmondo De Amicis chiamandolo "Edmondo dei languori", disgustato dalla prosa zuccherosa, melensa e sentimentalistica. De Amicis soffriva di questa cattiva critica, e talvolta reagiva con aggressività, sbandierando senza scrupoli le sue cifre di vendita. In effetti queste erano talmente alte da creare invidie mostruose nei suoi colleghi, tanto che sono circolate atroci ipotesi di pedofilia a riguardo dello scrittore che tanto amava i bambini.