La casa di ringhiera è deserta

 Donatella Giorgi abitava nell'appartamento 15 della casa di ringhiera di via *** civico 14. I suoi due bambini erano a scuola, e lei non era al lavoro perché disoccupata.

 Ottobre è il mese in cui si va a scuola. Cioè, lo era. Un tempo le scuole cominciavano il primo di ottobre, ma adesso aprono a settembre, con grande disappunto degli studenti e del corpo insegnante, perché "quella che gli insegnanti fanno tre mesi di ferie è una balla colossale", a quanto dicono gli insegnanti stessi. Ai genitori invece, soprattutto a quelli meno abbienti, non risulta affatto scomodo che i ragazzi inizino ad andare a scuola fin da metà settembre. Molti genitori di compagni di classe dei figli di Donatella erano scandalizzati anche che le scuole cominciassero a metà settembre per chiudere a metà giugno: "Ma siamo in Europa o no?". "Qui siamo nel Medioevo". Insomma si auguravano che le scuole iniziassero prima e finissero dopo. Curiosamente erano pressappoco gli stessi che inveivano contro una scuola che carica i bambini di compiti, di test, di interrogazioni, quando l'apprendimento dovrebbe essere un gioco, un passatempo, un divertimento.

 Sta di fatto che oggi come oggi a ottobre l'attività scolastica "entra nel vivo". Gli insegnanti forzano la mano sul programma didattico, in sostanza si comincia a fare qualcosa.

 In quell'ottobre a cui ci stiamo riferendo nella casa di ringhiera di via *** 14 non si era ancora tornati alla normalità, dopo l'orrenda morte violenta a cui era andato incontro l'inquilino Amedeo Consonni, dell'appartamento 8, trucidato da una squadra di killer proprio nella corte.

 L'evento aveva provocato un sussulto negli equilibri condominiali. Adesso l'appartamento del Consonni era vuoto, abbandonato nelle stesse identiche condizioni in cui era il giorno che il proprietario aveva alzato lo sguardo per osservare i ballatoi per l'ultima volta.

 Ma l'appartamento del Consonni non era l'unico ad essere vuoto. C'era anche quello della ex professoressa Mattioli Angela, per l'appunto legata da una relazione sentimentale al Consonni. Anche lei non aveva più il coraggio di frequentare quei ballatoi ed era andata ad abitare altrove, si diceva in Liguria, ma non v'era certezza.

 In realtà tutto il condominio era semiabbandonato.

 Non vale la pena di parlare degli appartamenti 6 e 7 di proprietà dell'architetto Du Vivier e consorte che ufficialmente erano ancora in restauro, anche se i lavori erano fermi da più di un anno. L'appartamento 9 era vuoto perché il signor Antonio, di professione manovale, era da tempo in Germania. Di sotto i locali di proprietà della signora Xing erano sempre serrati, praticamente inutilizzati.

 Negli ultimissimi tempi poi erano intervenuti altri elementi di desolazione. Per esempio il cosiddetto appartamento Senza numero, che abitualmente ospitava dei peruviani, in un numero indefinito e variabile ma comunque alto, era stato abbandonato dalla sera alla mattina dall'intera comunità, che comprendeva, approssimativamente, sei o sette donne lavoratrici - badanti, cameriere, donne delle pulizie -, quattro o cinque maschi, con profili occupazionali incerti e che seguivano i destini professionali delle suddette donne lavoratrici con occhio di riguardo, e una mezza dozzina di bambini e ragazzi, tutti regolarmente iscritti alle scuole elementari del quartiere, di indole chiassosa ed esuberante.

 Adesso che non c'erano più la loro assenza si faceva sentire, e non era una sensazione positiva, nonostante tutte le lamentele pregresse sul comportamento e sullo stesso numero dei peruviani da parte di alcuni inquilini.

 In più era vuoto anche l'appartamento 5, quello occupato dal Luis De Angelis, che si era assentato per un lungo periodo. Non aveva lasciato recapiti, era partito con due valigie, infilate a pressione nell'esiguo bagagliaio della sua BMW spider Z3 roadster, forse diretto da certi suoi parenti meridionali in Piemonte.

 Non si sapeva perché il De Angelis se ne fosse andato, e per un periodo così lungo. A dir la verità erano venuti anche i carabinieri a cercarlo, almeno due volte. In quali pasticci era finito? C'era forse di mezzo suo nipote Daniel, un arruffone che negli ultimi tempi si era notato mettere il naso nella casa di ringhiera, nonostante suo zio Luis lo vedesse come il fumo negli occhi? Si sarebbero potute chiedere informazioni all'inquilina Mattei-Ferri, dell'appartamento 12, senz'altro la più informata del condominio, ma non era presente nemmeno lei.

 Abitualmente in quel periodo si concedeva una vacanza (pagata dalla ASL) alle terme di Salsomaggiore. Quindi non bazzicava la casa di ringhiera, almeno per questioni di lavoro, nemmeno il suo badante, evidentemente in ferie anche lui. Strano no? Un badante maschio, né cingalese né filippino bensì italiano, e per di più neanche giovanissimo, più vicino ai 50 che ai 40. Ma sull'identità di questo badante, connesso in qualche modo proprio alla famiglia Giorgi, torneremo in seguito.

 E quindi nel condominio erano rimasti solo i Giorgi dell'appartamento 15, vale a dire la signora Donatella e i figli Gianmarco (anni 13 e mezzo) e Margherita (anni 11 da compiere).

 In quel momento Donatella stava rientrando in casa dopo aver fatto la spesa, una misera spesa da 17 euro e 65 centesimi, interamente contenuta in un unico sacchetto biodegradabile che si era già rotto.

 Per Donatella Giorgi era una sensazione strana e desolante rientrare nella casa di ringhiera: non c'era nessuno con cui scambiare due parole, chiedere un consiglio o velatamente un piacere. La vita condominiale, così brutalmente interrotta, di norma le risultava nient'altro che una rogna, perché tutti regolarmente le chiedevano interessati notizie delle sue sfighe, delle condizioni del marito, se stava andando avanti la separazione legale, se aveva trovato un altro lavoro. Lo facevano solo per rompere i coglioni: lei svicolava ma tanto lo sapeva di essere sulla bocca di tutti. Però adesso qualcosa le mancava. Non è che se nessuno ti chiede niente la tua situazione migliora, questo Donatella ebbe modo di capirlo. E in parte quell'interesse per le sue sfighe adesso le mancava.

Però i suoi problemi principali non riguardavano ciò che accadeva al di fuori delle mura domestiche, bensì ciò che accadeva al loro interno. E non era una novità.

 Viste da fuori le situazioni familiari appaiono sempre un po' meglio di come risultano da dentro, nonostante l'impegno che ci mettono alcune persone nell'immaginare magagne che dal di fuori non si vedono, o si intravedono e basta. E se la situazione della famiglia Giorgi non pareva granché neanche vista dal di fuori, a parte il fatto che adesso nella casa di ringhiera non c'era più nessuno a osservarla, figuriamoci dal di dentro. E dire che negli ultimi tempi c'erano stati alcuni miglioramenti, rispetto alle difficoltà passate e recenti, figuriamoci.

 La famiglia era stata rovinata dall'inveterato alcolismo del capofamiglia, Claudio, marito di Donatella e padre di Gianmarco e Margherita. Claudio, per i suoi disgraziati comportamenti fuori controllo, che sfociavano nella violenza nei confronti soprattutto della moglie e anche dei figli, era stato allontanato dal giudice dal suo appartamento di residenza. Dopo varie vicissitudini familiari, ospedaliere e legali era stato seguito in una terapia di detox assistita, e quindi inserito in una casa famiglia fra Gorla e Crescenzago.

 Comunque aveva perso il lavoro, la dignità, il rispetto, ed era finito sulla soglia della catastrofe, che peraltro travolse anche la famiglia, essendo che Donatella si era venuta a trovare priva di redditi, né da lavoro né, ma pensa te, da rendite.

 Anni addietro, quando il Claudio lavorava come informatico in una ditta di trasporti, guadagnava circa 2.150 euro al mese per tredici mensilità e mezzo. La moglie aveva un posto presso una ditta di catering aziendale - portavano il pranzo a piccole mense diffuse - e, con un contratto a tempo determinato (rinnovato due volte l'anno) arrivava a prendere 1.200. Sembra un'esagerazione ma a Milano con una famiglia di quattro persone e un bilancio di quasi 3.400 euro al mese non è che si fanno follie, ma si può vivere dignitosamente, nonostante il mutuo da pagare. Con un po' di attenzione si riescono a comprare i libri scolastici e ci si può permettere anche una vacanza al mare, probabilmente sulla riviera romagnola, non certo in Liguria o in Versilia.

 Per via dell'alcol Claudio aveva finito per perdere il lavoro. L'azienda per cui lavorava, viste le sue condizioni, prima gli dette un periodo di aspettativa, sperando che questo gli fosse sufficiente a rimettersi in carreggiata. Quando lui tornò al lavoro il suo incarico cambiò, diventando quello di magazziniere. Non durò molto, Claudio era totalmente inaffidabile. Creava situazioni imbarazzanti, beveva anche in ditta. Fu definitivamente allontanato la seconda volta che fu trovato urlante e seminudo in segreteria mentre minacciava con un taglierino la Cerutti Laura, anni cinquantanove.

 Tutto ciò durò mesi se non anni, con tentativi inframezzati di detossificazione, parziali recuperi e affondamenti in abissi sempre peggiori.

 Per un lungo periodo fu Donatella a tenere con sé i figli e a trovare rifugio da suo fratello Corrado. Poi intervenne il giudice, che prese provvedimenti nei confronti di Claudio, allontanandolo dal focolare domestico.

 Donatella doveva mantenere la famiglia col suo reddito, ma presto si trovò privata anche di quello.

 Per colpa della "crisi" il contratto non le venne rinnovato, quindi il bilancio familiare dei Giorgi si ridusse a zero. Donatella aveva cercato di raccattare lavoretti a destra e a sinistra, per esempio quelli di pulizia domestica per alcuni inquilini della casa di ringhiera, nella fattispecie la signora Mattioli Angela e il signor Consonni Amedeo. Ma la signora Mattioli se ne era andata a vivere altrove, e il signor Consonni era morto.

 Per fortuna negli ultimi tempi non tutto pareva andare per il verso storto: il signor Claudio sembrava veramente essersi disintossicato e non bere più: con molta umiltà aveva accettato un lavoro di badante presso la signorina Mattei-Ferri (la già citata residente nello stesso condominio nell'appartamento 12, attualmente a Salsomaggiore), e non si sa come, dopo un periodo diciamo di apprendistato nel quale veniva pagato pochissimo e al nero, adesso aveva un contratto serio, con i contributi e l'assicurazione e tutto. Incassava circa 1.000 euro al mese, che consegnava praticamente per intero a Donatella. Ma non era solo la questione dei soldi: Claudio, dopo cento tentativi falliti di uscire dall'alcolismo sembrava voler continuare nei comportamenti virtuosi. Donatella, reduce da tante delusioni passate, era la prima a diffidare, ma questa volta, dopo svariati mesi, anche lei cominciava a sperare che il marito fosse riuscito a rimettersi in carreggiata. Anche il giudice pareva propenso a dare fiducia a Claudio, e forse si sarebbe deciso a dargli l'autorizzazione a riunirsi con la famiglia. Chissà.

 Purtroppo, però, c'erano altri elementi critici che andavano a turbare gli equilibri e le finanze familiari.

 Come detto Donatella era senza lavoro, e per quanto si desse da fare non riusciva a trovare niente. La sua speranza era quella di incappare in un part-time nel settore della ristorazione, fosse essa aziendale o commerciale, purtroppo non possedeva titoli di studio, ma forse se ne avesse avuti le sarebbero stati di ostacolo.

 Gianmarco non andava bene a scuola, anzi, il suo profitto era veramente imbarazzante.

 E adesso anche Margherita, dieci anni e mezzo abbondanti, il genio di casa, quella che leggeva due libri a settimana, quella che rassicurava tutti, che non aveva mai creato problemi e che anzi era in grado di infondere fiducia in un futuro radioso e consapevole, non era più la stessa, perché manifestava strani comportamenti, come se fosse diventata la persona più infelice sulla faccia della terra. Ma che le era successo?

C'è da aggiungere qualche dettaglio su Donatella. D'accordo, suo marito sembrava, dico sembrava, essersi avviato sulla strada della redenzione, si era dimostrato capace di sforzi enormi per ricominciare, faceva il badante e non si lamentava di dover pulire l'orribile, probabilmente, sedere della signorina Mattei-Ferri. Forse il giudice gli avrebbe dato il permesso di tornare a casa. Ma lei lo desiderava davvero? Ufficialmente poteva darsi, dopo mille e ovvie resistenze, viste le situazioni in cui si era trovata col marito, che avevano messo a repentaglio la sua salute. Beh, sì, adesso di fronte agli occhi bagnati e supplichevoli di Claudio non riusciva a esibire quel rigore di chiusura netta che per un bel po' aveva mantenuto.

 Ma nel fondo del suo spirito si domandava se ne aveva veramente voglia di ritrovarsi Claudio per casa, e di ricostituire il nucleo familiare. A parte 1.000 euro al mese che cosa le avrebbe potuto dare lui? E lei a lui? Cosa avevano da ricostruire? Si guardava bene dall'esternare queste perplessità, soprattutto con i figli, ma nel suo intimo, corazzatissimo, intravedeva serate meste e una vita comunque finita. Meglio rimanere nella difficoltà, nella solitudine, con un remoto sogno di una sorpresa indefinibile a priori, oppure avere la certezza di uno squallido crepuscolo, lei che aveva da poco superato i quarantatré?

Chi può dire se nelle più profonde pieghe del suo intimo non si augurasse che Claudio ricominciasse a bere e si togliesse dai coglioni per sempre? Noi non lo sappiamo, di fatto Donatella in quel periodo pareva dedicarsi anima e corpo alle difficoltà dei figli, le sembrava giusto. Alle difficoltà, o alla resilienza del marito dedicava poco tempo ed energia.

 Si domandava cosa potesse essere capitato a Margherita, che pareva così strana. Si era anche azzardata a chiederlo a Gianmarco, che si limitò a dire che era una cretina, come tutte le sue amichette.

 Fra l'altro anche Gianmarco stava attraversando un periodo così così, adesso che erano ricominciate le scuole. E non c'era molto da stupirsi se si sentiva un po' in difficoltà, perché era la seconda volta che faceva la terza media. Eh sì, come dicono le mamme quando il loro figlio viene bocciato, "aveva perso un anno". Parrà impossibile che nel 2011 uno venga bocciato in terza media, ma purtroppo questo era accaduto a Gianmarco, il quale non era nemmeno stato ammesso all'esame a causa di un numero di assenze che andava oltre la soglia stabilita.

In quella primavera Gianmarco era andato in crisi, non voleva più frequentare la scuola, si sentiva male. Donatella lo fece vedere al medico, il ragazzo non mangiava più, se ne stava a letto tutto il giorno. Che gli era successo? Perché non voleva andare a scuola, e se riuscivano a mandarcelo a forza lui prendeva e se ne filava via?

 Donatella un'idea ce l'aveva, perché era venuta a conoscenza di certe circostanze che si erano verificate da febbraio in poi, a scuola e a calcio. Il problema era che gli dicevano che era finocchio, garruso, maricon, vale a dire omosessuale. Si sa, sono cose che succedono, purtroppo anche nel 2011. I valori maschili, in campo soprattutto calcistico, sono sempre gli stessi. Donatella parlò con Gianmarco. Gli presentò il cosiddetto risottino. Gli disse infatti che questo tipo di cose sono sempre accadute, è che certi maschi sono talmente atterriti dall'ipotesi di essere omosessuali (perché magari lo sono) che si sfogano su altri dandogli del "culo". "Beh, io speravo che i tempi fossero un po' cambiati, mi dispiace che invece siamo sempre allo stesso punto. Quelli che danno del finocchio agli altri sono loro potenziali finocchi, e sperano che non si veda infamando gli altri. Vedi, nell'essere omosessuali non c'è niente di male, sia ben chiaro. Però molta gente, la maggioranza, non la pensa così. E allora gli adolescenti maschi vanno in crisi, l'ultima cosa che desiderano è che siano presi per finocchi. Allora accusano gli altri di esserlo. Forse fra noi femmine le cose vanno diversamente. Se ci si deve offendere mica ci diciamo "lesbicaccia". Ci diciamo "zoccola". Bah, in fondo non lo so. Ma passerà, stai tranquillo. Smetteranno".

 Gianmarco tuttavia si picchiò con qualche suo compagno, che lo irrideva e gli dava del "culo".

 Per fortuna intervenne l'inquilina professoressa (ex) Mattioli, alla quale Donatella era andata a chiedere aiuto e consulenza, che si propose di risolvere il problema, almeno quello della stigmatizzazione pubblica. Ebbe un'idea geniale. Reclutò tre ragazze fra i 16 e i 18, le più avvenenti che le capitarono sotto mano, non si sa bene dove le avesse trovate ma c'è chi crede che si trattasse di sue parenti e loro amiche. La più grande aveva la patente. Angela chiese in prestito all'inquilino De Angelis la BMW Z3 roadster decappottabile 3.2 24 valvole, una questione di un'oretta. Il De Angelis non era molto favorevole a che una sbarbina diciottenne guidasse il suo bolide, ma la Mattioli si rese garante al cento per cento, e a lei un favore non lo poteva rifiutare.

 Così le tre ragazze andarono, a tetto scoperto, a prendere Gianmarco, all'uscita da scuola. Lo caricarono sulla macchina, lascive, con la musica al massimo. Gianmarco era piuttosto imbarazzato, e lo fu ancora di più quando la più giovane delle tre, tal Sara, una sedicenne bionda alta metri 1,76, con cosce chilometriche, lo abbracciò caldamente, si sfregò a lui in modo che tutti potessero vedere e poi gli infilò la lingua in bocca, senza particolari remore. A parte il fatto che Gianmarco si infiammò e andò in estasi - lui che per baciare si infilasse la lingua in bocca l'aveva solo sentito dire -, la platea era numerosa e nessuno più avrebbe detto che era un "culo".

 Ma dopo non volle più andare a scuola. Si rifiutava. E non fu ammesso all'esame.

 Donatella cercò di minimizzare, gli diceva "Vabbè, vorrà dire che starai disoccupato per un anno di meno".

 Ma Gianmarco pareva ombroso e preoccupato, e soprattutto non voleva farsi vedere dai suoi compagni. E perché? Ci doveva essere qualcos'altro, che Donatella non venne mai a sapere.

 Con l'estate il ragazzo riuscì a rimettersi un po' in sesto, ma il ritorno a scuola fu difficile. Per giunta fare la terza un'altra volta.

 Adesso a quanto pareva a scuola ci andava, ma era molto nervoso, e se ne stava sempre chiuso in camera. Donatella ci era abituata, perché Gianmarco era un maschio, perché era un po' fragile e perché forse risentiva dell'assenza del padre, e dei fallimenti del medesimo. Non è che la terapia familiare servisse a molto. Eppure Gianmarco sembrava seriamente preoccupato. Che altro c'era?