IN PRIMA PERSONA PLURALE
a Julian Kornhauser
Portiamo da qualche parte, addosso, parole usate,
il sublime e la disperazione divorate da bocche altrui,
camminiamo sulle botole del terrore altrui,
nell’enciclopedia scopriamo la vecchiaia,
a sera fingiamo che sia scoppiata la guerra,
conversiamo con Baczyński,
facciamo le valigie in tutta fretta,
ripassiamo nella mente antichi poeti,
usciamo diretti alla stazione, deploriamo il fascismo,
dopodiché trionfalmente,
in un vagone di prima classe,
in prima persona plurale,
diamo espressione alla nostra perspicacia,
come se non fossimo stati dotati
dell’orecchio assoluto del tacere.
IL PRESTIGIATORE
Rinviene quei sotterranei clandestini nessi
degli oggetti
I legami che un
tempo li univano
prima che facesse capolino la nostra
scrupolosa verbosità
Li fa sopravvivere li porta in salvo li riscatta mirando
alla durata di un momento e poi, col dolente sorriso
di un sopravvissuto ai propri cari
osserva come tornano al loro abisso
LA MEMORIA
Ai defunti portiamo
cose logore, consunte
Parliamo a loro con parole
cui mancano lettere
Sulle tombe piantiamo fiori
ma lo facciamo con troppa destrezza
come per vanagloria
della nostra stessa buona salute
Poi rincasando pensiamo
che la cosa migliore sarebbe o sarebbe stata
spedire ai defunti dei pacchi
L’EPICURO CHE ABITA NEL MIO CONDOMINIO
L’Epicuro che abita nel mio condominio
dopo l’università serale
di marxismo-leninismo
dopo un corso accelerato d’amore
due volte al giorno rimette in libertà
sua suocera vecchietta sfinita dai malanni
che sputa dalla bocca sangue nero
e si rivolge a lui dicendogli figlio di puttana
Allora lui regola la radio puntandola su lei
proprio quando sta trasmettendo un programma
a piena voce sulle questioni della gioventù
e pensa sono ancora giovane
la mia vita si apre davanti a me
come un golfo marino nel pieno sole dell’estate
LA CONFERENZA
Dio non c’è
disse per la seconda volta
il conferenziere
e scosse con feuerbach
una donna che si stava addormentando
in prima fila
dio non c’è
il dibattito è aperto
uno sbarbatello dall’angolo dell’aula domandò
la messa non verrà più celebrata?
I GIOVANI POETI
I giovani poeti e le donne che si avviano
alla maturità abitano gli stessi orologi
Le donne anziane alle soirée letterarie
raccontano la propria vita
Leggono le linee delle proprie mani
Tralasciano gli eventi fuori dal comune
Dopo la morte di mio padre avviai le pratiche
La vita per me allora era molto pesante
ero rimasta completamente sola
Allegano date verosimili
si richiamano a una ricca esperienza
È accaduto che partorissi nel salone di un palazzo
post-tedesco nelle Terre Occidentali
– applausi – la donna si alza
s’inchina ripetutamente
si toglie le guance sotto gli occhi del pubblico
Le recensioni sono soppesate
Ai giovani poeti sono ben noti
i piccoli imbrogli degli artisti
DOMENICA DELLE PALME
per M.
Cristo crocifisso all’alba,
una settimana di anticipo, la barba lunga,
avvolto in un abito sporco, un’espressione
di stupore sul magro volto,
attorniato da soldati
vestiti di uniformi male abbottonate,
inchiodato al legno in fretta e furia.
Sono state revocate le estasi della Settimana,
è stato revocato il cupo mercoledì e l’odio del venerdì,
sono sospesi gli esercizi spirituali
e sospesi gli slanci interiori dei fanciulli
in età puberale, abbiamo perso l’occasione
di sette giorni di ascesi, non è l’ora
della penitenza, si avvicinano nuove feste
colme dell’ignota gioia degli incendi.
LA REPUBBLICA DI PLATONE
Nella repubblica di Platone respiravamo ritmicamente.
In un paese di lana, nelle più belle valli,
in torrenti visti come le acque
meglio conservate, nel corso di lente
passeggiate viste come le più
misurate, nel corso di equilibrate
discussioni, sul volto la lingua mobile,
affamata di parole, le palpebre e la loro scuola
rapida, che non manteneva nessun segreto,
nascondevamo a noi stessi in vecchi
libri di cucina l’essiccata flora
delle smorfie dell’epoca dei sorrisi morti,
gli orologi andavano sotto le armi, e alle mani dei poeti
[crescevano boschi.
LA CITTÀ
La città è una sala d’attesa dove ogni giorno
muori della malattia da ratto di chi chiude gli occhi per
[non vedere il male
La città è una sala d’attesa piena di sedie mobili, mobili come
scale che portino i ciechi all’ambita vetta
nel duro stomaco della mensa menti fai soffiate
e tradisci gli amici
Non sei affamato ma neanche sazio
non sei onesto ma non sei un porco
Sei a metà strada dici con una voce dolce
prego, la tribuna del popolo: ci sali
e a un tratto dimentichi cosa volevi dire
Allora sputi saliva rosa e pensi che sia sangue
Ti lava solo la Vistola questo linfatico fiume
che ti ricorda i poeti del bacino fluviale del Baltico
Di mattina rubi di sera bevi vodka
sei una brava persona che ha i suoi principi
L’unica sublimità che ti permetti
è il tuo sperimentato amore
Da dieci anni inganni tua moglie
di notte a bordo del vostro vecchio letto
matrimoniale salpate per il lago di Tiberiade
Questi sono i tuoi viaggi più lunghi
nella biancorossa fodera dei cuscini
LA VERITÀ
Alzati apri la porta sciogli risolvi dissipa queste corde
divincolati tirati fuori dalla rete di nervi
sei Giona che digerisce la balena
Nega la stretta di mano e l’aiuto a quell’uomo
mettiti dritto asciuga il tampone della lingua
esci da quel tuo bozzolo rimuovi smuovi quelle membrane
cattura i più profondi strati d’aria
e lentamente ricordando le regole della sintassi
di’ la verità a questo servi nella mano sinistra
chiudi amore e nella destra odio