IL NUOVO MONDO
Le lettere cui non ho risposto
scrivono a se stesse
I libri che non ho finito di leggere
aprono le proprie sette ferite
Se vivi nel cuore del mondo
devi fare i conti con tutto
Guardano te i vivi e i morti
Ho smesso di distinguere i vivi dai morti
Così tanta gente muore
Davvero non ricordo se Pablo Picasso pittore di provincia
viva ancora se ancora vivano le sue innumerevoli vittime
Se ancora viva Thomas Mann
che andava a trovare in ospedale i personaggi dei suoi
[racconti
Chi sia oggi il santo ebreo di Drohobycz
dove siano le promesse spose di quei grandi martiri
che le amavano così tanto da non riuscire
a sposarle
Ma tu
vivi
nel cuore del mondo
dal lato destro ci sono i morti
i vivi non ci sono ancora
Ti riporti alla memoria tutti quei luoghi
le grandi stanze con le fotografie nuziali dei padroni di
[casa
e col ritratto di Gesù che in un elegante completo pieno di
[spine
riceve il sacramento della Prima Comunione
le Afriche dei letti e i freddi rettangoli
del pavimento d’albergo ti riporti alla memoria
tutti quei luoghi proibiti
le donne malate che estraevano
il bianco dito della lingua per ricevere l’ultimo
sacramento dell’amore e ci chiedevano la strada
come non sapessero di essere a casa
i respiri dietro il muro le affrettate partenze
ricordi anche coloro che si sono salvati la vita
i volti con la cicatrice della bocca cicatrice che mai si rimargina
ti riporti alla memoria gli ex combattenti sotto i fiumi e
[i laghi
i cavalieri che in pubblico sputano un sangue
distinto con menzione onorevole ma anche chi
nascondeva le proprie ferite sotto la fascia della morte
sebbene fosse così visibile
che i camerieri soffocavano dalle risate
I nati dopo la prima guerra
non mi davano la mano nelle riunioni
di partito votavano con le dita adunche per ghermire
con la membrana fra le dita
Skarga restituiva la tessera e usciva di corsa dalla sala
lo cercavano la volpe e l’agnello con la lancia
nel fianco che metteva i fiori d’improvviso e la corsa si fermava
I nati nell’ultimo giorno di guerra
hanno comuni palmi di mano umani
I nati nell’ultimo giorno di guerra
non conoscono ancora l’arte del doppio amore
Ricordi ancora la primavera dei poeti
cui nei portoni venivano tagliate le barbe
si pensava che i poeti non dovessero apparire vecchi
si pensava che la barba deturpasse il volto di un fanciullo
Alcuni smisero di scrivere altri attraversarono a nuoto
il gonfio cuore dell’Europa dal viaggio mandavano lettere
i muri di baracche e degli immensi dormitori comunisti
nelle nuove borgate si decoravano con vischio si avvicinava
l’inverno stava nascendo il nuovo mondo
Lo confesso non ho visto il fuoco ci sono sempre meno insetti
lo confesso non si vedono ciechi repellenti
il sangue degli incidenti stradali si riveste di albugine di sabbia
tutti si somigliano e ogni sera sempre
lo stesso barbuglio d’ubriachi accomuna
i lavoratori dell’intera nazione
lo confesso i coltelli
dormono nella guaina stai a Cracovia sei poeta
abiti a Stettino sotto la scure del volto
sei un portuale vivi nel cuore del mondo
dal lato destro ci sono i morti
i vivi non ci sono ancora
Che non sia il calcio a rasserenarti
tu stesso un tempo giocavi adesso lo sguardo immobile
vecchio animale segui il volo della palla
e scrolli la forfora dai risvolti della giacca elegante non sia
il dolce sapore delle lunghe serate estive a farti sereno
quando le donne portano fuori di casa i fumanti corpi
che non lo sia la fredda acqua delle stazioni balneari
accanto c’è la selva dove ogni tuo passo
lascia traccia incancellabile
Agli alberi possono ricrescere le pinne che non sia
la familiarità degli uccelli col luogo a rasserenarti
Da ogni uccello s’involerà un proiettile quando le violente
[svolte epocali
riprenderanno e nulla ricaverai dando da mangiare ai colombi
incorruttibili che non sia la stanchezza dei vecchi
condottieri a farti sereno né la polvere sui ritratti
Da ogni vecchio condottiero verrà fuori un giovane
boia cucito nell’uniforme del corpo che non sia
la sua pagella appena corretta a farti sereno
loro possono sbagliarsi le aiuole diverranno
vulcani da ogni macchina spunterà un carro armato
che non sia la lenta esecuzione capitale
di Freud a Londra a rasserenarti né la noia di lunghe orazioni
Non addormentarti ai lunghi giornali-radio
il tuo vicino di casa non dorme affatto non è l’amore
a indebolirlo né la sua pronuncia scorretta
la sua misera eloquenza già tempo fa è stato detto
ciò che con tanta pena quotidiana ti spiega
Non sto pensando alla guerra ciò ti piace,
anche la migliore gioventù perisce e tu
vai verso l’alto e scrivi memorie non penso alla guerra
che non sia questo a rasserenarti sono così tante
le guerre invisibili tutto può accadere
sotto ogni casa nascosta sta
una seconda casa, invisibile, ogni tuo gesto
potrebbe essere un altro tutto ciò che dici
lo si può dire altrimenti potresti avere altri
amici avresti potuto non incontrare mai questa precisa
donna avresti potuto incontrare una donna
del tutto diversa che a farti sereno non sia
il suo sorriso appiccicato alla faccia come un’ala
ogni tuo pensiero potrebbe essere il pensiero
di un altro avresti potuto non incontrarla, lei, potresti
pensare in modo opposto a come pensi adesso
e così come dico anzi ancora di più
se fossi convinto saresti veramente convinto
saresti affezionato alla tua mente
che non sia la ruga sulla tua fronte a rasserenarti
tutto è soltanto preso o dato in prestito
che non sia la tua nuova casa a farti sereno
e la foto sul giornale nella quale, dissimile
da te stesso, doppiamente in prestito,
stai in guardia impettito non è niente
sei nudo in ogni tuo sogno riappare
quel vecchio che in realtà ora sei
che non sia la poesia a rasserenarti
è meglio che tu non la legga tanto non hai tempo
è il tempo ad averti ti tiene in suo pugno
negli artigli e se è un uccello
ti soffoca lento pensi che sia solo asma
che non sia l’internazionale dei medici
a rasserenarti Tutto può accadere
ciò che è normale è ciò che dura meno
ciò che è anormale è così facile da capire
così facile conciliarsi con esso
che non sia questa facilità a rasserenarti
Lo confesso tutt’intorno tempo sereno
gli alberghi come frutteti sono pieni di gioviali
uomini dalle guance rubiconde
uomini in trasferta che cercano timbri
affrontano un arduo intervento chirurgico sotto la cura
di donne deperite per la felicità e la fortuna
ma potrà verificarsi un caso in cui uno di loro
potrà non tornare inizieranno le indagini
Stanley partirà un’altra volta per l’Africa
Nobile volerà verso il polo
i satelliti artificiali non chiuderanno occhio
Gagarin dirà addio a sua madre
Socrate sarà citato in giudizio
Colombo nel cuore della notte verrà svegliato
di soprassalto così tante persone sono perite
non ricordo più chi fra loro è vivo
e chi se ne è appena andato
SIMONE WEIL
Non ho mai incontrato un comunista
Gli eroi i protagonisti di letture scolastiche
sono crollati a pezzi come putrefatti nastri
dai cappelli eleganti di mia nonna
che organizzava lo scoutismo polacco
I caporedattori dei grandi periodici
proletari sfrecciavano in volo sulla mia testa
con nere profonde Volga
I capi delle rivoluzioni distrettuali
nei colletti intrisi di sudore
di camicie non stiro si mettevano
in viaggio per la crociata del sonno del sogno
Antonio Gramsci nella prigione mediterranea
scriveva col sangue lettere ai veri amici
agli amici dimenticati e per sempre perduti
mentre Simone Weil santa ape
dannata per la chiesa e il partito
si rimise nelle mani di Dio
SOLDATI VENTENNI
Non sapevo dipingere, la mia voce non reggeva, si spezzava,
non superai l’esame di maturità,
non ho potuto diventare artista. Fui assegnato
alla fanteria, al secondo reggimento dei figli
della patria, pulivamo le armi e ascoltavamo
i discorsi di pace, ininterrotta durava la guerra,
i chiusi occhi delle case guardavano le rivolte
degli animali e le interminabili processioni
dei vecchi sacrificali, mia madre mi portava
nel pane giornali risalenti ai tempi della grande fame
di verità, il pane lo lasciavo ai compagni ai colleghi, con la carta
costruivo imbarcazioni, ci aspettavano grandi
battaglie e non intenzionali vittorie,
di notte ci svegliava il frastuono dei carri
e gli urli dei condottieri ubriachi, eravamo convinti,
noi soldati ventenni, che
assetato di sangue stava per sopraggiungere un esercito vero.
NEGOZI DI CARNE
Africano, non Negro
oggi non si sente più parlare dei Negri
che perirono nella miniera di carbone
furono operai africani dai crani
sfracellati a giacere in eterno sotto gli ammassi
del cervello non si sente più parlare del beccaio
nobile cavaliere del sangue
i negozi di carne sono i musei della nuova sensibilità
impiegato funzionario e non boia
oggi non si sente più parlare dell’accalappiacani, del furfante
detestato dai bambini
Nel ventesimo secolo sotto il regime della nuova autorità
della ragione certe cose non succedono più
il sangue sulla via sui cofani delle auto
e sulle auto senza cofano
l’uomo sbiancato dal terrore
un europeo faccia a faccia con la morte
Oggi non si sente più parlare della morte
decesso e non morte
questa è la parola che va bene
La pronuncio e improvvisamente scorgo
che le pareti interne della mia bocca sono state rivestite
[di un cartone
anticamente chiamato silenzio
LA FINE DEL MONDO
Ogni qualche anno, a volte un po’ più di ogni dieci anni
ha luogo l’autentica fine del mondo
Quattro cavalieri a cavallo percorrono rimisurandola la terra
con automobili marca Nysa – stesso nome
dell’affluente dell’Odra che costituisce parte
della frontiera polo-tedesca, frontiera occidentale
di questo grande corpo
La fine del mondo avviene sempre di notte
quando nel sonno e nel sogno tu nutri i molto affamati
[antenati
In poche ore incanutiscono i ritratti
e cambia la lingua
nella quale da domani parlerai ad alta voce
C’è un momento
in cui le vecchie parole non hanno più valore né importanza
e nuove parole ancora non ci sono
un momento in cui tutti i trionfi si rivelano essere
banali travisamenti
in cui gli errori svelano la propria doppia natura
mentre la speranza non possiede in propria difesa
neanche una parola
né è in grado di indicare foss’anche un solo essere umano
C’è un momento in cui non c’è nulla
né fede né amore
e il mondo scisso andrebbe a disperdersi in più direzioni
come un uomo e una donna che perdano le forze
se non fosse per il tuo profondo sonno e sogno
nel quale tutt’a un tratto diventi più anziano
di duemila anni della nuova era
e giovane come un giorno non venuto al mondo
L’EREDE AL TRONO
Sono cresciuto in due città
attraverso il mio corpo passava la frontiera
di due stati fra loro amici
quando calava il crepuscolo benevoli impiegati
sottovoce conducevano interminabili
conversazioni sulle barriere daziarie del sangue
Dazio era l’immersione
nelle fetali acque del fiume
Poi mitigato dalla morte
che nessuno comprendeva
fui affidato alle cure dei maestri
Nella scuola s’insegnava il metodo bocca-a-bocca
io divenni il primo della classe
imparai la storia della mia stessa vita
fissai nella memoria la vera data di nascita
e ottenni il nome di ulteriore erede dell’essere umano
con la faccia come un cappotto troppo largo
messo addosso all’anima
LA CASA
Stavo guardando la casa in cui crebbero
una volta per tutte i miei capelli
e cadde la prima unghia tagliata
Per le scale passavano i cortei dei miei sogni
Tutti i mobili, gli attrezzi, gli apparecchi ardevano
Nel giardino, dalle nere aiuole e dai neri piccoli posatoi sorgeva il sole
Dalle finestre balzavano fuori, si lanciavano i vicini
invece di precipitare si levavano in alto
Gli interpellati rispondevano sottovoce
ma erano sgarbati, ignoravano gli interlocutori
Dagli armadi correvano fuori gli scoiattoli
Sul tetto si erano riuniti tutti gli animali domestici
e fra poco si sarebbero trovati ancora più in alto
I ratti si misuravano gli abiti delle mie sorelle
e ballavano tenendosi per mano
I caratteri uscivano dai libri e crescevano come un dolce
Le molle degli orologi cantavano vecchie canzoni
Infine entrambe le guerre mondiali ricominciarono da capo
SU COME IL 27 MARZO 1972 19 STUDENTI SOTTO LA GUIDA DEL DOTTORE DI RICERCA PROKOP ERANO INTENTI AD ANALIZZARE LA MIA POESIA “LA CITTÀ”
Non ricordiamo nulla siamo nati troppo tardi
la storia ci è sfuggita le lotte e il sangue dei folli
cavalieri a cavallo gli urli delle sale anatomiche d’Europa
le madri ci mettevano in guardia ci davano dei segni
il silenzio dei maestri ci aiutava
venivano ammainati gli stendardi le organizzazioni
giovanili aprivano i propri morbidi corpi
le isole delle domeniche rivelavano il bianco ventre
il tempo si rigirava nel letto
come il gigante dormiente di una fiaba popolare russa
in tutto il mondo continuava a tenersi la Corsa della Pace
nella corsa agli armamenti cominciò il momento della verità
la parola morte dopo l’ultima riforma
fu soppressa dai nostri manuali
cosa dobbiamo fare mi domandavano
i miei diciannove io lirici
I LETTORI DI POESIA FANNO APPELLO
I lettori di poesia fanno appello per una luce
visibile nelle poesie per un orologio una strada un percorso
che muto, in punta di piedi, non declamando
Majakovskij si sposti in avanti
Le madri chiedono una stella di speranza per i loro figli
che hanno cominciato la vita dalla perdita della fede
I padri in parole ruvide ammoniscono i poeti
Un uomo anziano che ricorda la Prima guerra mondiale
chiede scusa per non aver compreso molto
tuttavia in queste poesie non vede amore
Lettori di poesia dovreste aiutare i poeti
La poesia luccica di luce riflessa
Le madri dei poeti piangono su questo stesso mare
La famiglia del poeta si trasferisce in un’altra città
La parola dei poeti tocca a tal punto il diapason che la pelle
dei loro volti si crepa e scoppia come un guanto
Lettori di poesia aiutate i poeti
Appendete nelle vostre case specchi convessi
Fondate biblioteche portatili del cuore
IMMORTALITÀ
Questi poveri poeti ottocenteschi
visionari dalle gote arrossate o infiammate
nostri grandi fratelli che si lasciavano
divorare dal fuoco
dell’ispirazione e ritrarre da pittori
a Parigi oggi stelle di antologie scolastiche
e autori di versi che citati danno fondamento
e giustificazione a qualsiasi ingiustizia