Capitolo 19
Annelise trasalì, come se si aspettasse che la colpisse, ma lui si limitò a prendere fra le dita il filo di perle che portava al collo.
Credeva di conoscere le donne, ma Miss Annelise Kempton rimaneva un mistero per lui. Un mistero emozionante come un regalo da scartare a poco a poco per gustare fino in fondo la sorpresa.
Ma alla fine si era negato questo piacere. In fondo era solo una donna, si era detto, e il mondo era pieno di donne interessanti. Donne più belle di lei, più ricche, più esperte. E non era nemmeno la sfida che rappresentava ad attirarlo. C'erano altre donne che non volevano avere niente a che fare con lui e che avrebbe potuto facilmente convincere del contrario.
Allora perché era così affascinato da quella dragonessa? Era innamorato? No, di questo era assolutamente certo. I sentimenti che provava per Annelise Kempton non avevano niente a che vedere con l'amore, ma piuttosto con il puro desiderio carnale.
Perché allora la lasciava andare?
Perché aveva pianto tra le sue braccia? Perché era stata tradita da tutti, specie da un padre alcolizzato che aveva preso le sue perle, il suo amore e poi era morto senza lasciarle nulla? Sapeva che non aveva fratelli; probabilmente il padre era l'unico uomo che avesse amato e l'aveva tradita crudelmente. Non c'era da stupirsi che sputasse fuoco per allontanare chiunque altro da sé.
Se non altro lui aveva conosciuto l'amore, molto tempo prima. L'amore dei suoi genitori che aveva circondato lui e i suoi fratelli, tenendoli al sicuro, protetti e inconsapevoli della tragedia che si stava scatenando. I suoi genitori si amavano teneramente e questo sentimento aveva reso più intenso quel senso di completezza e di felicità. Poi la sua famiglia era stata rimpiazzata da un vecchio senza cuore, ma almeno per una volta aveva conosciuto l'amore. Sospettava che Annelise non l'avesse mai provato.
Guardò le perle posate nel palmo e potè vedere il battito nervoso della vena sul collo. Annelise era rimasta immobile e Christian si chiese perché avesse paura di lui.
«Come mai le avete indossate?» chiese in un sussurro.
«Per ricordare.»
«Che cosa?» Una insolita immobilità si era impadronita di lui e aveva la strana sensazione che la sua vita sarebbe interamente cambiata se non fosse andato via da lì al più presto, lontano dal fascino che esercita su di lui quella donna.
«Mio padre» disse e il labbro inferiore tremò leggermente. Aveva delle labbra deliziose e lui avrebbe voluto fermare quel tremito, ma non si mosse.
«Sono false.»
«Lo so. L'ho amato senza riserve e lui ha preso tutto, compresa l'unica cosa di valore che mi avesse lasciato mia madre. Indosso queste perle per tenere mente che tutti gli uomini sono dei ladri bugiardi ed egoisti, che finiscono sempre per tradire.»
Christian diede uno strattone al filo, che si spezzò facendo rotolare le perle al suolo. Quel gesto aveva attirato Annelise più vicino a lui, così vicino che poteva leggere sul suo volto il dolore e il panico, così vicino che avrebbe voluto rassicurarla con un bacio sulla fronte, invece la lasciò andare.
Lei rimase a fissare le perle false sparse sulle assi di legno. «Non erano nemmeno una buona imitazione» disse con voce spenta. «Se le avessi osservate meglio, avrei visto che non erano infilate bene. Ma a quel tempo pensavo che mio padre mi amasse.»
«Ne sono sicuro» mormorò Christian, benché una voce interiore gli ordinasse di andarsene. «Ma come molti uomini, non sapeva resistere a quello che lo tentava di più. Non tutti gli uomini sono alcolizzati.»
«Non m'importa.»
Le fece scivolare le mani lungo il collo, passando delicatamente le dita sul piccolo segno rosso che era rimasto dove il filo si era spezzato. Avvertì il fremito che la percorse e quello fu la sua rovina.
Avrebbe voluto strapparle quell'abito informe che l'avvolgeva come un'armatura. No, come le scaglie di un drago. Lui era il cavaliere in armatura. Quanto al drago, aveva la sensazione che avesse inghiottito una principessa e che sarebbe bastato il suo tocco per liberarla.
Le accarezzò lievemente la nuca, dove qualche ciocca di capelli sfuggiva allo chignon. Il vestito aveva una fila di piccoli bottoni sulla schiena e si chiese coinè riuscisse ad allacciarli senza l'aiuto di una cameriera.
Decise di chiederglielo.
Lei era rimasta immobile sotto il suo tocco, come una puledra nervosa in attesa di essere domata. «Di solito mi aiuta una delle cameriere di casa, quando sono in visita, ma sono in grado di farlo anche da sola.»
Lui sfiorò il primo bottone alla base del collo e lo slacciò. «Sembra un'impresa impossibile.»
«Avete detto che niente è impossibile se si possiede il denaro necessario. Io dico che niente è impossibile se si possiede la forza di volontà.»
«E voi la possedete, vero?» mormorò, slacciando il secondo bottone. Lei non diede segno di accorgersi di quello che stava facendo.
«I miei abiti sono abbastanza ampi perché in caso di necessità possa indossarli a rovescio, allacciare i bottoni e poi rigirarli per finire con gli ultimi rimasti.»
Christian slacciò il terzo bottone. «Molto ingegnoso.»
Lo stava guardando in viso e anche nella penombra lui poteva leggere la sua espressione. Non si era reso conto di quanto gli piacesse poter incontrare lo sguardo di una donna allo stesso livello del suo. Ma Annelise era l'unica donna così alta che avesse conosciuto ed era fin troppo consapevole di quanto gli piacesse.
La sua reputazione era già rovinata per essere rimasta a Wynche End, si disse. Perché avrebbe dovuto Armarsi e rinunciare a lei? I sensi di colpa non potevo competere con il desiderio che provava e che era diventato così potente da riuscire a stento a trattenerlo
«Voi avete un effetto deleterio sulla mia forza di volontà, Miss Kempton» mormorò. Posò le dita sul quarto bottone e si fermò. «Continuo a dirmi di no e di mio corpo continua a dire di sì.»
Lei abbassò lo sguardo e un lieve rossore si diffuse sulle sue guance.
«Forse non sono all'altezza di Priapo...» disse, provocandola deliberatamente, «ma mi sto avvicinando.»
Era sufficiente perché si liberasse e lo coprisse di insulti come meritava, invece non si mosse.
Christian slacciò il quarto bottone. «Sono davvero confuso...» disse. Poteva sentire la sua pelle sotto le dita. Era fredda e avrebbe voluto riscaldarla.
Le era rimasta ancora una briciola di spirito combattivo. «È solo perché non vi siete mai posto dei limiti nella vostra vita dissoluta. Se non vi negate nulla, perdete presto interesse. Ma finché cercate di convincervi che non dovreste... non dovreste...» La voce la tradì e le sue guance s'imporporarono quando anche il quinto bottone cedette sotto le sue dita.
«Non dovrei cosa, dragonessa? Toccarvi? Non dovrei desiderarvi?»
Lei fece un ultimo tentativo di resistere. «L'unico motivo per cui mi desiderate è perché vi dite che non potete avermi e questo non è un buon motivo.»
Christian sorrise. La sua dragonessa aveva ripreso a sputare fiamme, proprio come piaceva a lui. Quando la vedeva in preda allo sconforto provava l'impulso di confortarla e quando lottava provava l'impulso di...
«Ero venuto a dirvi che potevate andarvene, avevo cambiato idea e deciso di lasciarvi in pace.»
«Così avete detto e io apprezzo la vostra generosità.» La sua voce era fredda, ma i suoi occhi tradivano il rimpianto. Che strana creatura enigmatica, penso Christian. Qualsiasi decisione prendesse, era già condannato.
«Sfortunatamente ho cambiato idea di nuovo» disse slacciando un altro bottone. Il vestito cominciò a scivolare, scoprendo le spalle. «Penso che non rinuncerò, dopo tutto.»
Annelise era rimasta immobile e l'unico segno del suo nervosismo era il petto che si alzava e abbassava al ritmo del respiro affrettato.
Christian possedeva due mani ed era in grado di spogliare una donna con una sola. Le posò una mano tra i seni, sul cotone bianco della camicia, per sentire il battito del suo cuore. Quando si chinò su di lei fino a sfiorarle le labbra con le sue, il battito si fece ancora più rapido.
«Devo rovinarti del tutto, dragonessa?» mormorò con voce arrochita dal desiderio. «O devo lasciarti andare per la tua strada?»
Il suo sguardo era cupo e fermo, in contrasto con il respiro irregolare di Annelise. «Perché?»
Lui non finse di non aver capito. «Perché ti desidero» sussurrò. «E non importa che tu lo voglia o no. Certo che lo vuoi, ma anche se non fosse così, riuscirei a suscitare il tuo desiderio. Sono molto bravo in questo.»
Non perse tempo a negarlo. «Se dico di no, mi lascerai andare?»
«Posso provarci, ma non sono mai stato molto abile resistere al mio lato oscuro. E fare l'amore con una bellissima e austera zitella, senza pensare al futuro, è una delle cose più perverse ed eccitanti.»
Lo guardò con velata ironia. «Vuoi dire che non mi porterai immediatamente in Scozia per fare di me una donna onesta?»
«Certo che no. Anche se il mio bisogno di denaro non è così pressante, grazie alla generosità di Mr. Chipple e ai gioielli che Hetty ha lasciato indietro perché erano troppo volgari, so di non essere capace di restare fedele a una sola donna. E a te non piacerebbe. Vorresti un marito sobrio, devoto, lavoratore e terribilmente noioso.»
«Se dovessi avere un marito, vorrei che fossi tu.»
Le sue mani erano arrivate all'ultimo bottone; se l'avesse slacciato, l'abito sarebbe scivolato al suolo in una pozza di fango marrone.
«In questo caso sei fortunata che non ti sposi» replicò, sorpreso di sentire che anche il suo cuore aveva accelerato i battiti. «Non farei altro che deluderti.»
«Molto fortunata. Come hai detto, merito di meglio.»
«Già» mormorò. I suoi seni sembravano bellissimi sotto il sottile tessuto della camicia e gli sarebbe bastato spostare la mano di poco per posarla sulla sua pelle. «Quindi presumo che fare l'amore con te sarebbe una pessima idea?»
«Una pessima idea» ripetè, chiudendo gli occhi un istante. Quando li riaprì, lo fissò con sguardo limpido. «Ma abbiamo già stabilito che tu sei un pessimo soggetto, non è così?»
Era una specie di consenso, benché Christian avrebbe scommesso metà dei gioielli di Hetty che non sarebbe mai riuscito a strapparglielo. Esitò solo un istante «Allora vuoi che ti conduca alla rovina, dragonessa?»
«Sì, ti prego» Lasciò cadere il vestito al suolo e chiuse gli occhi.
L'attirò a sé e le diede un bacio lento e profondo per assicurarsi che non si facesse prendere dal panico e si tirasse indietro all'ultimo momento. Le sciolse il nodo ai capelli, togliendo le forcine una a una e lasciando che ricadessero lungo la schiena, poi la sollevò tra le braccia e la trasportò verso il letto. La camicia che la copriva dal petto alle caviglie era logora per l'uso e lasciava intravedere le rotondità del seno e le punte più scure. Christian non esitò a strapparla e il tessuto cedette facilmente sotto le sue dita, cogliendola di sorpresa. Si piegò su un ginocchio, accanto al letto, e con gesti delicati le tolse l'indumento strappato.
Lei sembrava una delle statue di marmo di Chipple, una dea d'incredibile bellezza, ma non era una statua, era una donna in carne e ossa, una vergine, una dragonessa pronta ad affrontare il più delizioso dei sacrifici.
La luce della candela sul comodino gettava ombre scure sulle pareti, impedendogli di apprezzare appieno il candore della sua pelle. Avrebbe voluto prenderla su un soffice letto d'erba, in una giornata di sole, per assaporare ogni dettaglio. Ma mancavano mesi all'estate e prima di allora lei sarebbe uscita dalla sua vita.
Si liberò della cravatta e della camicia e prima di togliere i calzoni si fermò. «Un ultimo avvertimento, amore» disse. «Questa non è una favola, non è un sogno. È la realtà. Sarà doloroso per te, almeno all'inizio. Dopo potresti odiarmi.»
«Non preoccuparti di questo, Christian» rispose. «Ti odio già.»
Queste parole, pronunciate con calma, lo colsero di sorpresa. Subito dopo la vide sorridere.
«Smettila di cercare di spaventarmi. La tua fama è leggendaria; se tu non sei in grado di renderlo piacevole, nessuno potrebbe farlo, ma io so che può essere molto piacevole Hetty era in estasi e dubito che Will avesse la tua esperienza.»
«Hetty era innamorata di lui. È diverso.»
«Credevo che avessimo stabilito che io sono innamorata di te. Me l'hai detto la prima sera che sono arrivata qui.»
«Volevo solo provocarti.»
«La tua presenza su questa terra è una provocazione sufficiente» replicò. «Ma in questo caso avevi ragione.»
Avrebbe dovuto sentirsi inorridito, invece era solo sorpreso. «Hai detto di odiarmi.»
«È troppo tempo che mi dibatto tra odio e amore. Perché non fai qualcosa che mi aiuti a decidere? Non mi dovevi una lezione?»
Christian rise, liberandosi degli ultimi rimorsi di coscienza. «E tu sei un'allieva che impara in fretta» disse, sollevandola in modo che potesse liberarsi degli ultimi brandelli di camicia.
Annelise gli allacciò le braccia al collo e lo baciò di propria iniziativa, facendogli sentire il tepore delle sue labbra piene, il tocco della lingua e la lieve stretta dei denti sul labbro inferiore. Quando l'allontanò da sé, un'ombra attraversò il suo volto. «Non va bene?»
«Impari fin troppo in fretta» mormorò, facendola stendere sulla schiena e posandole una mano sulla nuca mentre riprendeva a baciarla con languida passione. Continuarono così fino a non avere più fiato, s'interruppero e ripresero, poi Christian si stese al suo fianco e la strinse a sé, godendo del contatto con la sua pelle nuda.
Aveva ancora il fisico asciutto e ben modellato di una cavallerizza, anche se non cavalcava da anni. Avrebbe cavalcato con lui. Avrebbe fatto tutto quello che le avesse chiesto e oltre; le notti e i giorni sarebbero stati un infinito flusso di piacere, fino al giorno in cui si sarebbe sentito pronto a lasciarla.
Se mai si fosse sentito pronto.