Capitolo 8

 

Per un istante Annelise rimase congelata, mentre il brusio della sala si attutiva intorno a lei. Vide le vene della fronte di Mr. Chipple gonfiarsi come se lui fosse pronto a esplodere in una scenata che avrebbe distrut­to qualsiasi ambizione avesse di trovare un pretenden­te titolato per la figlia e non potè fare altro che metter­si di mezzo.

«Christian!» esclamò, andandogli incontro con un sorriso luminoso. «Siete riuscito a venire, dopo tutto!» Gli prese entrambe le mani e lo baciò sulla guancia.

Lui non esitò ad approfittarne. Avrebbe dovuto solo sfiorarle la guancia con le labbra, ma si attardò più a lungo del necessario. Annelise pensò rapidamente a come evitare il disastro.

Si staccò da lui mantenendo il sorriso sulle labbra e augurandosi di non essere arrossita. Non le capitava facilmente, ma Montcalm non le lasciava le mani e lei non sapeva come salvare la situazione dal momento che aveva addosso gli occhi di tutti.

Doveva almeno tentare. Si voltò verso Mr. Chipple. «Questo è il mio caro amico Christian Montcalm» dis­se. «È tanto tempo che non ci vediamo, spero che non vi dispiaccia se l'ho invitato.» In realtà metà degli ospiti erano stati invitati da lei, ma erano tutte persone su cui Chipple voleva far colpo.

Gli aveva lasciato abbastanza tempo per calmarsi. Lui accennò un inchino in direzione di Christian e dis­se rigidamente: «Montcalm».

Hetty lo guardò con espressione confusa, ma ebbe il buon senso di non dire nulla. «Buonasera, signore» mormorò educatamente.

Christian non aveva ancora lasciato le mani di An­nelise e l'ultima cosa che lei voleva era permettere che desse luogo a uno scandalo in casa di Chipple. Fortu­natamente il caso, che negli ultimi tempi si era diverti­to a giocarle dei brutti scherzi, le venne incontro sotto forma della sua madrina, Lady Prentice.

Amelia Prentice intuì la situazione all'istante e se ne prese carico. «Buonasera, Josiah, Hetty» disse. «E la mia cara Annelise. Perché non ne approfitti per rinno­vare la conoscenza con il tuo amico mentre io faccio gli onori di casa al tuo posto? Dopo tutto, sono una delle madrine che appoggia il debutto di Miss Hetty.»

Annelise l'avrebbe baciata, ma prima doveva occu­parsi di qualcos'altro. «Vi ringrazio infinitamente» disse, trascinando Christian lontano dalla sala affolla­ta.

Lui la seguì docilmente, in silenzio. Non aveva idea di dove portarlo, ma doveva assicurarsi che nessuno potesse sentirli. Alla fine decise per il giardino sul re­tro, con i cancelli in ferro battuto che davano su un vi­colo. Poteva spingerlo fuori e richiudere il cancello, ma questo non gli avrebbe impedito di ripresentarsi all'ingresso principale.

Al centro del giardino c'era un'altra delle statue gre­che predilette da Chipple, questa volta una donna se­minuda di dimensioni gigantesche. Annelise decise immediatamente che era meglio trovare un posto me­no imbarazzante per un confronto a due. Tuttavia Christian non sembrava minimamente interessato al seno di marmo che aveva davanti agli occhi. Proba­bilmente ne aveva visti troppi, pensò con una punta di acredine.

«Che cosa diavolo ci fate qui?» gli chiese, quando riuscì finalmente a liberarsi della sua mano.

«Che linguaggio, mia cara!» replicò Christian. «Ma è vero che con un amico di vecchia data potete sentir­vi libera di esprimervi come volete.»

«Dovete andarvene immediatamente. Ho appena evitato una scenata di proporzioni spaventose e non posso far conto sul buon senso di Mr. Chipple.»

«Non sono sicuro di dovervi ringraziare per questo. Se avesse fatto una scenata, avrebbe reso meno desi­derabile Miss Hetty e in questo modo la mia proposta sarebbe apparsa sotto una luce più favorevole. D'altro canto, dato che Mr. Chipple non ha potuto fare altro che darmi il benvenuto in casa sua davanti a mezza Londra, d'ora in avanti sarà obbligato a tollerare la mia presenza, dandomi l'opportunità di vincere la sua resistenza.»

Annelise lo guardò, scandalizzata. «Era questo il vostro piano?»

Lui rise. «No, dolcezza. Dubitavo di potermi ingra­ziare Mr. Chipple dopo che voi l'avete messo in guar­dia sul mio conto. È voi che devo ringraziare, vero?»

Annelise si rifiutò di sentirsi in colpa. «Certo. Vi avevo avvisato. Voglio essere sicura che Hetty sposi un uomo che la ami e che si prenda cura di lei.»

«E chi dice che io non lo farei? Il denaro mi rende molto affettuoso.»

«Siete disgustoso. Voglio che ve ne andiate!»

«Ma io non lo farò. Ho bisogno di parlare con Mr. Chipple e non intendo andarmene finché non l'avrò fatto.»

«Se credete che chiedere la mano di Hetty vi servirà a qualcosa, dovete essere pazzo.»

«E sappiamo entrambi che non lo sono. Voglio dire due parole a Mr. Chipple riguardo ai suoi metodi per scoraggiare i corteggiatori della figlia. Mancano di fi­nezza.»

Fino a quel momento Annelise aveva fatto del suo meglio per non guardarlo in viso per la semplice ra­gione che non si fidava della reazione del proprio cor­po, ma ora lo fece e gli lesse sul volto una collera che non aveva niente a che fare con lei.

Senza riflettere, allungò una mano per toccarlo, ma per fortuna lui sussultò lievemente prima che le sue dita lo sfiorassero. Immediatamente incrociò le brac­cia sul petto. «Mr. Chipple non è abituato alle regole della buona società. Se è stato un po' troppo rude con voi...»

«Potete ben dirlo» mormorò Christian.

«In questo caso ha sbagliato» continuò Annelise, ignorando l'interruzione. «Ma sembra che voi non sap­piate accettare un rifiuto.»

«Solo quando voglio» replicò. «Sapete da dove viene la fortuna del vostro ospite?»

«Dai commerci marittimi. Perché me lo chiedete?»

«Commerci marittimi di che genere?»

«Non ne ho idea e non m'interessa. Spezie, legna­ie, animali esotici, forse.»

«Invece dovrebbe interessarvi, dragonessa, ma non sarò io a illuminarvi. Scambierò qualche parola con Mr. Chipple e poi me ne andrò. Questo vi rende feli­ce?»

«La mia felicità non vi riguarda» rispose in tono ri­gido. «Voi causate problemi ovunque andiate e io in­tendo proteggere Hetty.»

«In realtà so donare anche molto piacere a chi vuole sperimentarlo. Ma non siamo qui per discutere di que­sto, vero? Non voglio farvi adirare un'altra volta. So che sputate fuoco quando siete arrabbiata, però ho constatato che siete piuttosto morbida nei punti giu­sti.»

Annelise alzò la mano per colpirlo in viso, ma lui le afferrò il polso prima che potesse dargli uno schiaffo. «Non volete farlo davvero» mormorò. «Sono già stato aggredito, oggi, e non sono nello stato d'animo di ripe­tere l'esperienza.»

«E che cosa fareste per impedirlo?» ribatté, infuria­ta.

«Quello che faccio quando voglio farvi tacere.» La baciò senza preavviso. Non fu che un breve tocco del­le labbra, ma le fece ribollire il sangue nelle vene. Annelise balzò indietro come se fosse stata morsa, Passandosi il dorso della mano sulla bocca.

Christian scosse il capo, ridendo. «Mia cara Miss Kempton, è troppo facile mettervi in difficoltà.»

«Allora trovatevi un avversario migliore! Andate­vene immediatamente da questa casa!»

«Come vi ho già detto, Mr. Chipple e io dobbiamo avere un... chiarimento. Miss Hetty è un premio trop­po prezioso perché possa ignorarlo; quanto a voi, dra­gonessa, be', ho scoperto di avere un debole per voi. Mi piacciono queste nostre schermaglie.»

«Andatevene» ripetè a denti stretti.

«Tra poco.» Christian fece scorrere lo sguardo lun­go il suo abito. «Avete dei vestiti davvero orribili e perché copriate il vostro seno con quella sciarpa va oltre la mia comprensione. E quelle perle, per quanto belle, sono false; meritate di meglio. Se solo indossa­ste vestiti migliori, acconciaste i capelli in modo di­verso e toglieste quei dannati occhiali, potreste essere molto graziosa.»

Questa volta non provò a schiaffeggiarlo, anche se lo desiderava ardentemente. «Non m'interessa di esse­re graziosa» replicò. «E le perle sono vere.»

«Vi sbagliate su entrambe le cose, dragonessa. Ma ne parleremo più tardi. Per quanto gradevoli siano queste piccole schermaglie amorose, ho bisogno di vedere Mr. Chipple. Dobbiamo discutere di alcuni af­fari, ma vi prometto che verrò a cercarvi quando avrò finito.»

«Che Dio mi conceda la forza» esclamò Annelise, esasperata. «La cosa più gentile che possiate fare è la­sciarmi in pace.»

«Lo so» disse, sfiorandole il volto con un gesto de­licato. Sollevò il filo di perle tra le dita e lo lasciò ri­cadere. «Ma io non sono gentile.»

 

Annelise si faceva un punto d'onore di non trascura­re mai il proprio dovere e di non fuggire davanti al pe­ricolo. Ma c'erano cose che nemmeno una Kempton poteva sopportare. Avrebbe accusato un malessere e se qualcuno avesse insistito nel trattenerla, gli avrebbe fornito fin troppi dettagli. Dopo di che si sarebbe chiusa nella sua stanza, avrebbe bruciato il biglietto e strappato in mille pezzi il fazzoletto di pizzo.

Era in preda a tante emozioni confuse che non riu­sciva a cominciare a dipanarle e nemmeno lo deside­rava. Voleva solo fuggire.

C'erano tre direzioni che poteva prendere: tornare in casa e subire tutti quegli sguardi curiosi, andare nel giardino sul davanti della casa, sicuramente pieno di coppiette intente alle loro schermaglie amorose, oppu­re salire al piano superiore dalla scala di servizio sen­za imbattersi in qualcuno che le avrebbe fatto delle domande. La servitù avrebbe mormorato, ma questa era l'ultima delle sue preoccupazioni.

Aprì il cancello di ferro e uscì nel vicolo; si stava dirigendo verso le stalle quando le parve di vedere una figura che scivolava nell'ombra.

Se avesse avuto un po' di buon senso si sarebbe messa a correre, ma in quel momento era troppo scon­volta per ragionare lucidamente e per di più la sagoma le sembrava familiare. «Chi è là?» chiese.

L'ombra si bloccò, poi Mr. Dickinson emerse len­tamente alla luce delle torce. «Buonasera, Miss Kemp­ton» mormorò.

«Buonasera, Mr. Dickinson. Perché non siete den­tro a divertirvi anziché aggirarvi nel buio come un criminale?»

Lui arrossì. «Non sono stato invitato, Miss Kempton. Speravo solo di vedere Hetty attraverso una del­le finestre. Non l'ho mai vista vestita per una serata importante e volevo un'immagine da portare con me, dato che vivrò tutta la vita da solo.»

Ah, i drammi della gioventù, pensò Annelise na­scondendo un sorriso. Se non altro l'aiutava a distrarsi dai suoi melanconici pensieri. «Rinunciate così in fret­ta, Mr. Dickinson? Avrei detto che avreste lottato per il vero amore.»

«Che cosa posso fare? Mr. Chipple ha rifiutato di permettermi di corteggiare Hetty. A voi sembrerà un anziano gentiluomo gioviale, ma lasciate che vi dica che non è un uomo da prendere alla leggera. Sono successe delle brutte storie in campagna.»

«Sciocchezze!» Annelise annullò le sue preoccupa­zioni con un gesto della mano. «Siete abbastanza ele­gante da non farvi notare. Venite con me.»

Il povero ragazzo non le chiese nemmeno dove, ma­si limitò a seguirla verso il cancello che immetteva nel giardino sul retro.

Per un attimo Annelise temette che fosse chiuso, ma bastò qualche colpetto per riaprirlo. Will la seguì, docile come un agnello, e si fermò di colpo quando vide la statua seminuda.

Se non altro qualcuno aveva il buon gusto di mo­strarsi imbarazzato, pensò Annelise, vedendo che ar­rossiva. A differenza di Montcalm, che probabilmente stava creando problemi anche in quel momento.

«Vado a cercare Hetty, così potrete stare qualche minuto insieme» disse. «State qui e non muovetevi.»

«Se Mr. Chipple mi scopre...»

«Credo che Mr. Chipple abbia altre preoccupazioni questa sera» replicò Annelise. «Inutile dire che ho piena fiducia che vi comporterete da gentiluomo, Mr. Dickinson.»

«Certamente, Miss Kempton!» Sembrava quasi più scandalizzato al pensiero di potersi comportare male che alla vista della dea greca di marmo.

«Molto bene. Ma non trattenetevi troppo a lungo. La festa è in onore di Hetty e qualcuno potrebbe nota­re la sua assenza.»

«Sì, signora.»

La festa era in pieno svolgimento quando Annelise rientrò nella sala e nessuno sembrò notarla mentre si faceva strada tra la folla. La gente era così indaffarata a divertirsi che potè solo presumere che Montcalm e Chipple non avessero fatto una scenata, ma la cosa era comunque fuori del suo controllo. Trovò Hetty nel sa­lotto verde, circondata da tre giovani gentiluomini in adorazione.

Tutti e tre erano degli ottimi partiti. «Scusate» disse Annelise, prendendo per mano Hetty e tirandola da parte un istante.

«Che cosa volete?» domandò Hetty in tono scontro­so. «Mi stavo divertendo. Non c'è niente che non vada in quei gentiluomini.»

«Stai prendendo in considerazione uno di loro?»

«No!»

«Allora potresti essere interessata a prendere una boccata d'aria, per così dire. Nel giardino sul retro, cui si accede dalla stanza di lettura.»

«So dove si trova il giardino. Perché volete che va­da lì?»

Annelise contò mentalmente fino a dieci. Quella se­ra Hetty non era particolarmente sveglia.

«Potresti trovare qualcosa di più interessante di quella statua smisurata.»

«Oh!» Sul volto di Hetty passò un lampo di com­prensione, seguito da un'espressione diffidente. «Ma perché dovreste...»

«Stasera sono più sentimentale del solito. E non sto molto bene. Mi ritiro nella mia stanza, ma confido che ti comporterai come una signora. In realtà non mi fido di te, ma mi aspetto che Mr. Dickinson farà in modo che ti comporti come si deve. Buonanotte, Hetty.»

Stava per andarsene, quando Hetty le posò una ma­no sul braccio, si sporse verso di lei e le diede un ba­cio totalmente inaspettato sulla guancia. «Dio vi be­nedica, Miss Kempton» mormorò. Un istante dopo scivolava tra la folla così rapidamente che quasi nes­suno la notò.

Non avrebbero notato nemmeno lei, pensò Anneli­se, ma per altri motivi. Era rimasta commossa dalla gratitudine di Hetty. Forse non era così superficiale come sembrava se aveva il buon senso di preferire William Dickinson ai pavoni che la circondavano a Londra. A eccezione, forse, del pavone peggiore di tutti.

La momentanea tranquillità che aveva riconquistato svanì al pensiero di Christian Montcalm. Non era in vista e così pure Mr. Chipple, il che poteva significare qualsiasi cosa. Ma per quella sera Annelise ne aveva avuto abbastanza e se non si fosse ritirata subito nella sua stanza sarebbe scoppiata in lacrime.

Chiuse dietro di sé la porta della camera da letto e si appoggiò al battente. Ogni volta che incontrava quell'uomo la sua reazione diventava sempre più emo­tiva. Come osava parlarle in quel modo sfrontato? E dire che le sue preziose perle erano false?

Andò al cassetto del comò, frugò tra la biancheria e trovò il biglietto incriminato. Era spiegazzato per es­sere rimasto nel corpetto e per averlo letto troppe vol­te. Quella sera il fuoco nel camino era spento e la stanza era fredda. I domestici erano stati troppo impe­gnati con i preparativi e probabilmente non si aspetta­vano che qualcuno si ritirasse così presto.

Prese in considerazione l'idea di strappare il foglio in mille pezzi, tuttavia anche così avrebbe continuato a esistere e lei voleva che scomparisse del tutto. Era stata una stupida ad aspettare così a lungo.

Il fazzoletto era ancora sotto il cuscino. Lo prese e cercò di strapparlo in due, ma il pizzo di Valencia era molto resistente. Alla fine rinunciò, appallottolò nella mano il fine tessuto e sedette a riflettere sul bordo del letto.

Il mattino dopo avrebbe giustificato la sua assenza dicendo che aveva avuto mal di stomaco. Se Mont­calm e Chipple avessero deciso di dare scandalo, la cosa non l'avrebbe riguardata. In realtà, se Chipple avesse fatto una scenata, forse Hetty sarebbe stata libe­ra di sposare il giovane William, il che ad Annelise sembrava una buona cosa. Ma forse aveva sopravvalu­tato il senso dell'onore di Dickinson, si disse subito dopo, forse in quel momento i due giovani stavano fuggendo nel parco.

In questo caso avrebbe dovuto rallegrarsene. Tenere compagnia a un'anziana gentildonna era una cosa, ma fare da guida in società a una giovane ribelle non era la sua massima aspirazione. Tanto meno se la costrin­geva a frequentare persone come Christian Montcalm.

Tuttavia, se quella sera fosse scoppiato uno scanda­lo, la sua madrina avrebbe fatto fatica a trovarle un'al­tra casa dove stare. Tanto peggio, si disse. Avrebbe venduto le perle e avrebbe trovato una casetta in cam­pagna, dove vivere tranquilla con i suoi libri e i suoi gatti.

Tolse la collana e la guardò. Le perle erano lumino­se come sempre. Montcalm la faceva dubitare di qual­siasi cosa, dalle perle alla propria natura, ma lei non avrebbe permesso che lo facesse ancora.

Rimise la collana nella sua custodia ricamata e la nascose nel cassetto, tra la biancheria intima. Dato che non c'era fuoco, non ebbe altra scelta che rimettere il biglietto insieme alle perle, anche se le sembrava qua­si un atto di tradimento. Si spogliò rapidamente e do­po essersi messa a letto, spense le candele, rimanendo nella più completa oscurità.

Poteva sentire la musica che proveniva dalla sala da ballo, le voci e le risate degli invitati. Apparentemente la festa proseguiva senza intoppi.

Annelise si rannicchiò su se stessa e cercò di dormi­re, con l'odioso fazzoletto stretto nel pugno.