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LA VITA SEGRETA DEL GENIO

 

 

 

Quando una persona si innamora,

spesso inizia a ingannare se stessa,

finendo poi con l’ingannare gli altri.

Questo è ciò che il mondo definisce

relazione sentimentale.

OSCAR WILDE

 

Alle 6,45 c’era un volo da Belgrado per New York, con un unico scalo a Monaco.

Data la situazione, la cosa migliore era prendere un taxi per Nikola Tesla, l’aeroporto della capitale.

A bordo di una vecchia Mercedes, pensai che fosse il mio destino quello di attraversare la Serbia all’alba. Gli estesi campi per i quali ero passato all’andata ora sembravano meno desolati, forse perché Sarah dormiva sulle mie gambe.

Anche se una scena simile, il treno Freccia Rossa, aveva avuto un triste finale, mi batteva il cuore mentre guardavo Sarah respirare profondamente.

Una persona che cominci ad amare mentre dorme all’alba sulle tue gambe, in un viaggio che da nessun luogo porta a nessuna parte, era per me una buona definizione di felicità.

 

Quando il Boeing 735 attraversò le prime nubi, Sarah prese la mia mano e mi fece un sorriso che non seppi interpretare. Era stata un’espressione di allegria ingenua, come quella di un bambino che torna a casa dopo un lungo e faticoso viaggio.

Tuttavia, io non sentivo che era un porto sicuro quello che mi stava per accogliere. Al contrario, man mano che procedevamo, ero più smarrito che mai, in quell’avventura come nella vita.

La voce vellutata di Sarah mi distolse dai miei pensieri.

«Non mi è piaciuto che Tea sia stata tanto dura con Albert».

«Perché?», replicai sorpreso. «Credi che lui abbia trattato bene Mileva?»

«Affatto, ma non mi sembra giusto che lo si giudichi in base a un periodo della sua vita che deve essere stato molto difficile».

«Ho voglia di rivedere la faccenda della cugina nel manoscritto di Yoshimura, però dovrò aspettare di ricomprare il portatile per scaricare nuovamente il documento».

«Questi pettegolezzi posso raccontarteli io stessa», disse sorseggiando una tazza di tè. «In fin dei conti, sono da diversi anni su una tesi dedicata a Mileva Marić́, anche se credo che molte cose non si trovino in nessun libro».

«L’editore del manoscritto parlerebbe di “buchi”».

«Be’, io devo ancora riempire un cratere per capire quale è stato il ruolo di Mileva nelle teorie di Albert. Sulla sua vita privata sappiamo molte cose, soprattutto da quando vennero messe all’asta da Christie’s quattrocentotrenta lettere che si scambiarono nei loro momenti belli o brutti. Alcune sono terribili. Per esempio, quando la relazione già si era deteriorata, Einstein pose a sua moglie tre condizioni per continuare a vivere insieme: rinunciare a qualsiasi rapporto personale con lui, lasciare la camera da letto senza protestare quando lui lo avesse richiesto e preoccuparsi che le lenzuola fossero sempre pulite».

Ordinai un secondo caffè prima di infuriarmi con la dottoranda:

«Ecco quello che mi ha sempre seccato degli intellettuali come te. Un uomo qualsiasi lo appendereste vivo per un commento inopportuno che possa essere interpretato come maschilista. Invece ai geni come Picasso o Einstein è permesso trattare male le loro mogli fino a spingerle sull’orlo del suicidio».

«Be’, forse questi uomini hanno dato un contributo così grande all’umanità, donne comprese, che si possono perdonare le loro crudeltà domestiche. Gli uomini come te, invece, possono mettere sulla bilancia solo le loro azioni quotidiane».

Sarah compensò la dura invettiva dandomi un dolce bacio sulla guancia. Finsi di essere ancora in collera fino a ottenere un secondo bacio, questa volta più vicino alle labbra. Per farla breve, mi stavo comportando come un bambino.

«La cosa interessante di queste lettere», proseguì, «è che rafforzano la teoria secondo cui Mileva avrebbe avuto un ruolo importante nella produzione scientifica di suo marito, con o senza l’aiuto di Tesla. Per esempio, in alcune Einstein si rivolge alla moglie parlando del “nostro lavoro”, come se fosse stato un lavoro a due. Questo spiegherebbe anche la devoluzione a lei dell’intera somma del Nobel nel 1921, quando erano già separati e tra loro c’era un’evidente inimicizia.

«Forse fece questo perché si era comportato come un cretino, come ha detto Tea, e aveva la coscienza sporca».

«Einstein non aveva questo tipo di problemi», rispose categorica. Io la vedo piuttosto come una resa dei conti per un lavoro fatto da entrambi di cui si era preso tutto il merito».

«Come è andata è andata, non mi importa. Come hai detto bene tu, io sono un uomo mediocre a cui interessa solamente il pettegolezzo. Cosa successe con la cugina?»

«È una lunga storia».

«Il tempo è proprio quello che non manca in questo aereo. Se quando saremo arrivati a Monaco non avrai finito, possiamo continuare sul volo per New York».

Sarah mi dette una gomitata e poi mi avvertì:

«Te lo racconto solo se stai un po’ zitto, senza fare nessun commento non pertinente».

Alzai la mano in segno di giuramento.

«Le cose si misero definitivamente male quando gli Einstein si trasferirono a Berlino nel 1914», iniziò. «A Mileva non piaceva per niente quella città. Inoltre, cominciava a sospettare che Albert avesse una relazione con la cugina, Elsa Löwenthal, sua amante occasionale da due anni. Lui in alcune lettere le scriveva carinerie del tipo: “Tratto mia moglie come un’impiegata che non posso licenziare”».

«Una grande prova di considerazione».

«Quando si seppe della loro relazione e il matrimonio naufragò, Albert scrisse la famosa lettera con le tre condizioni. Mileva fu sul punto di accettare, ma cambiò idea quando ricevette una nuova lettera in cui il marito chiariva che tra loro due non ci sarebbe mai stata solidarietà, che la loro sarebbe dovuta essere una semplice relazione d’affari senza contatti personali. Concludeva quella lettera dicendo: “Ti assicuro che il mio comportamento verso di te sarà corretto, come lo sarebbe verso un’estranea”».

In quel momento l’aereo iniziò le manovre di atterraggio sull’aeroporto Franz Josef Strauss di Monaco.

«E la storia come finì?», le chiesi. «Andiamo, su, non tenermi sulle spine».

Sarah inspirò profondamente e il suo petto si gonfiò. Poi disse:

«Mileva era una donna intelligente e non accettò quella sfilza di stupidaggini. Decise di separarsi e si portò i bambini a Zurigo. Cinque anni dopo, Albert si sposò con Elsa; le cose andarono ancora peggio che con la prima moglie. Questo dimostra che anche i geni sbagliano, che si può essere un dieci in fisica e uno zero nelle scienze del cuore».

Quando le ruote dell’aereo stavano per toccare il suolo tedesco, chiesi alla mia compagna:

«Tu chi preferiresti al tuo fianco: un genio cretino o un somaro di buon cuore?».

Per tutta risposta, Sarah chiuse gli occhi e sorrise.

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