Less is more reloaded
– Quindi fammi capire, – ho detto a Paola, – andate tutti al vernissage di Barbara e lí c’è questo che ti guarda le scarpe fetish.
– Non è che me le guarda, – mi dice Paola sotto voce. – Se n’è invaghito. Non puoi capire. Tu poi lo sai no? – ha continuato. – Io sto passando un periodo di merda… e tu vuoi fare il documentario anche perché non sai scrivere…
– Non so scrivere… diciamo che non mi piace farlo in tre atti…
– Sí, va bene, siamo precisi: non sai piú scrivere in tre atti.
– Sí, cioè, la vita è complessa.
– E quindi parli di siero.
– Anche del siero, cioè di come entra nelle nostre vite, che sono disordinate e caotiche anche se noi crediamo di poterle ordinare. Crediamo di ordinarle, ma è un’illusione postuma, e siccome l’immaginario ha la sua importanza è possibile che il postumo, cioè il costruito, orienti le nostre decisioni, capito?
– Sííí, me l’hai già detto! Allora, ricapitolando, io non sto in un buon momento, il mio ego è debole, ho capito che voi del club meri…
– Voi?
– Sí, voi, Luigi, tu e gli altri: quelli del club meridionale «so campare».
– Ma no…
– Ma sí. Allora, ricapitoliamo: ti compri una bicicletta, cammini e pensi, ti viene in mente di fare questo documentario assurdo, rompi il cazzo a tutti, metti in mezzo cene e feste, a me sale l’ansia, perché ho cinquanta cose da fare e ci mancava il tuo documentario, quindi un giorno ti incontro, ho un attacco di panico, tu molto gentile mi fai compagnia, mi racconti delle tue difficoltà di linguaggio, dici una cosa come sant’Asca e io capisco sant’Anna. Andiamo a fare shopping, perché io c’ho l’ansia e siccome c’ho l’ansia mi vedo brutta, e siccome c’è Gianni, che è meridionale, io per fare la simpatica bestemmio sant’Anna, e voi del club vi offendete e io per corrispondere alle aspettative che faccio? Mi compro queste scarpe fetish che piacciono solo a te e a Luigi, quelli un po’ volgarotti.
– Ma no…
– Poi tu vai a Caserta…
– Attenzione, – le dico, – attenzione alla narrazione, se non possiamo fare i tre atti, dobbiamo concentrarci sugli stati d’animo, sono quelli che influenzano le nostre azioni, no? Quindi: vado a Caserta con un umore languido e tenero che è cominciato quel giorno.
– Quel giorno quale?
– Quel giorno in cui hai bestemmiato sant’Anna.
– Mannaggia sant’Asca!
– Appunto! Languido e tenero, nemmeno bisticcio con quelli dell’inceneritore alla presentazione, no. Anzi, esco dal retro per evitarli e chi ti incontro? – intanto Paola incrocia le gambe. – Barbara. Che per me è l’ideotipo della donna romantica, e dunque deve entrare nel docu, e guarda caso fa un vernissage, e quindi… quindi, lo vedi che devo scrivere un libro?
– Sí sí, al vernissage incontro Vittorio, – e indica col capo il tipo con la frangetta, – però lí, sai, era solo uno che mi guardava le scarpe… ci siamo scambiati i numeri, cioè gli ho dato il mio numero perché sembra un cagnolino bastonato, con quella sua espressione… comunque, tutto questo è colpa tua, ed è colpa tua anche il casino tra Silvana e Giacomo, colpa tua tra…
– Perché colpa mia? – comincio a sudare e mi gratto un poco.
– Perché tu e Luigi l’avete spinto a fare lo scemo a giro.
– Io? – dico sollevato mentre Paola ci sta prendendo gusto, comincia anche a gesticolare. – Ma che dici? Era lui che voleva e non poteva, e poi io l’ho spinto perché non sopporto questi maschi chiacchieroni, gli stessi che ti stanno rovinando.
– Ah, l’hai fatto per me?
– Ma no, cioè, in questa catena di eventi, da qualche mese a questa parte, si sono innescate una serie di dinamiche, un po’ le ossessioni, un po’ le riflessioni…
– Un po’ che: se sapessi scrivere…
– Anche quello sí… ma scusa, di preciso che è successo tra Giacomo e Silvana e Luisa?
– Perché, Luigi non ti ha spiegato tutto?
– No, è partito per la mostra, mi ha raccontato solo vagamente.
– È successo che Giacomo dopo i vostri discorsi da club meridionale «so campare»…
– Ma che è «so campare»? E smettila di fare il segno delle virgolette con le dita.
Paola sbuffa.
– Giacomo ha deciso di essere coraggioso e di corrispondere alle aspettative dei «so campare», perciò visto che Silvana non c’era, Luisa è venuta a casa e hanno…
– Scopato?
– Nooo, a quanto ho capito, si sono un po’ sbaciucchiati, sul divano.
– Ah vabbè, allora tecnicamente non è successo niente, il bacio non conta, e nemmeno il divano.
– Perché no?
– Nel «club» il bacio non vuol dire niente, ma adesso è complesso da riassumere. E poi?
– E poi Silvana è tornata dall’Umbria, direttamente a casa mia.
– Certo, c’ero anch’io, m’ha pure detto che la mia cintura Martin Margiela era chic.
– Pensa te… – e mi guarda e scuote la testa, – comunque poi è andata in bagno con Luisa, la quale tutta sudata per essersi scatenata con Jovanotti, e tra parentesi chi l’ha proposto Jovanotti?
– Io?
– Sí tu.
– Ah già, ma ero ubriaco, e io non mi ubriaco mai, lo sai, massimo tre volte all’anno…
– Ecco, Luisa si è pettinata i capelli per aggiustarseli un po’ e che ti ha trovato nel mio pettinino?
– Che cosa?
– Non indovinerai mai, guarda.
– E no…
– Un pidocchio!
– Che cazzo!
– Eh! Era piena. Luisa ha detto: oddio oddio. Ma come li ho presi? Come? Non preoccuparti, ha detto Silvana, la sua amica del cuore, non diciamo niente a nessuno e andiamo via. Cosí sono uscite dal bagno, e che ha visto Silvana? Giacomo che cantava e si grattava. Capito? Cantava e si grattava. Silvana…
– Ha fatto due piú due.
– Ha portato Giacomo in bagno: con una scusa ha preso a pettinargli i capelli e ohh, guarda qui…
– Cazzo, e si è saputo come li ha presi?
– Come l’ha presa Silvana? Ha fatto una scenata in diretta.
– No, no, come li ha presi i pidocchi.
– Ah, e ti stai mangiando le parole!
– Scusa.
– No dài, scusa tu, scusa, e no, non si sa, forse Giacomo mentre girava ma chissà.
– Che cosa assurda, – ho sospirato.
– Eh, ma non finisce qua, dopo questo casino se ne vanno via tutti tranne Vittorio.
– Perché, c’era anche Vittorio l’altra sera? Non me ne sono nemmeno accorto.
– Ci credo, eri ubriaco… Comunque, Vittorio è un commercialista e ha un sacco di clienti importanti e io avevo proprio bisogno di un nuovo commercialista, per questo è venuto. Ha cominciato a mandarmi sms, molto garbati e simpatici.
– Meridionale?
– No, marchigiano. Ma il punto è che si tratta di un dominatore finanziario.
– E che è? Uno del FMI?
– No, al contrario, un masochista, prova tanto ma tanto piacere a pagare ed essere umiliato.
– Ma che stai dicendo? Ah, se sapessi scrivere…
– Infatti!
– Ma scusa, fa cosí con tutti i clienti? E ci credo che ha un sacco di gente nel suo studio.
– E no, – qui Paola assume un contegno molto dignitoso, busto eretto e mento fiero, – lo fa solo con me, si è eccitato quella sera, dice, per il clima di tensione che s’era creato e per le mie scarpe fetish, piene di cerniere. Lui dice che la tensione è obbedienza al piacere.
– E ti paga le cene?
– Insiste anche per pagarmi l’affitto.
– Eh?
– Sí sí!
– E che vuole in cambio?
– Giocare.
– A nascondino?
– Una specie, se ci pensi è una specie… in pratica… però giura, giura, giura, che non lo racconti né lo scrivi.
– Giuro!
– Hai giurato… e non incrociare le gambe!
– Ma che credi ancora a queste cose? Ho giurato!
– Allora, – e Paola fa un lungo respiro, dubbiosa, – in pratica ci siamo sentiti spesso e visti una volta, è venuto a casa, e io sono entrata nella parte.
– Ti sei vestita fetish?
– No, non funziona cosí, – e la voce si riduce a un sibilio e mi devo avvicinare a lei, – lo credevo anche io, poi mi sono informata.
– Da chi?
– Da Alberto e Costanzo.
– Ma sono gay.
– Sanno tutto di pratiche BDSM.
– Ma dài? Sono sadomaso?
– Macché! Sono due romanticoni monogami, ma sanno tutto di tutto.
– Ah, mi sembrava.
– Vittorio è uno schiavo, come dire, personale. Non vuole fare sesso, vuole essere umiliato.
– Ah, ed è impegnativo?
– No, senti, è venuto a casa con dei regali. Io li ho aperti e gli ho detto che facevano schifo.
– E facevano schifo?
– Assolutamente sí.
– Quindi non ti sei dovuta impegnare.
– No, poi l’ho fatto spogliare e gli ho detto che aveva il cazzo piú piccolo che avessi mai visto.
– E com’era?
– Il piú piccolo che avessi mai visto.
– Piccolo quanto?
– Una nocciolina.
– Stupendo.
– In che senso?
– La storia, dico. E lui?
– Mi ha detto: grazie per essere stata sincera.
– Stupendo.
– …
– Stupendo, insomma, bella la sincerità, e poi?
– E poi niente, l’ho riempito di parolacce…
– Ah, ecco, perciò dici sempre: cazzo, cazzo…
– Sí, mi devo tenere in allenamento… poi gli ho detto che mi aveva stufato e l’ho preso a schiaffi.
– A schiaffi?
– Sí, due pizze, niente di che, ma mi sono sfogata un po’ e gli ho detto che doveva andarsene e lui ha obbedito, però prima mi ha scongiurato di permettergli di rimediare per avermi deluso con i regali e allora mi ha prenotato una cena da Heinz Beck, alla Pergola dell’Hilton.
– E ci sei andata?
– Certo! Un percorso gastronomico niente male.
– E… e… e poi, voglio dire, ti eccita tutto questo?
– Per niente. Sto capendo una cosa, che non sono situazioni legate al sesso, è altro.
– Altro che?
– Altro, altro, a volte si tratta di mantenere il controllo, la disciplina placa lo spirito. Cioè, tu sai come Vittorio ha scoperto il masochismo?
– Eh no.
– Da piccolo soffriva di crisi d’ansia.
– Chi?
– Vittorio.
– Ah, da piccolo? Ma pure io, però niente sadomaso, per carità, già il sesso è complicato.
– Sí, ma non c’entra. Era uno iperattivo, in pratica i genitori gli lasciavano fare tutto.
– Tutto?
– Sí, che so, rompeva un giocattolo e glielo ricompravano subito, non aveva limiti e quando uno non ha limiti può avere delle esplosioni di panico.
– L’onnipotenza ha i suoi difetti.
– Un giorno vanno in campagna e lui vede una macchina delle bufale...
– Bufale? Ma è marchigiano, non ci sono bufale.
– Vabbè, delle mucche.
– Vacche, non mucche, mannaggia a Heidi.
– Vacche vacche, sí! Anna e Asca… Queste vacche stavano dentro delle macchine.
– Ma che macchine? Mungitrici automatiche?
– No no, me l’ha spiegato, delle specie di gabbie.
– Ah, sí, gabbie di contenimento.
– Non ho capito perché, povere…
– Perché cosí si tranquillizzano, sai, per il parto eccetera, le mettono in queste gabbie, le stringono, le contengono, e loro si calmano, fa parte del loro comportamento etologico, quindi non sono povere, anzi, gli fai solo del bene.
– Appunto, Vittorio ha capito che quelle gabbie portavano beneficio agli animali e allora ha cominciato a sperimentare anche lui i vincoli e le umiliazioni. E ha scoperto che si calmava. I limiti fisici gli donavano una disciplina psicologica e l’ansia passava. Il sadomaso è questo, contenere il proprio corpo.
– Però?
– Però io non mi sono eccitata, si è eccitato il mio ego, sai, una scarica di adrenalina, uno sfogo, non devo corrispondere alle aspettative di nessuno, anzi piú sono stronza e piú dico hai il cazzo piccolo, sei un impotente e neanche ti viene duro, sei un fallito, non sai fare niente, piú dico questo, piú lui è felice.
– È incredibile, sapessi scrivere.
– E sapessi scrivere pure io…
– Cosa scriveresti?
C’è stata una pausa nella conversazione e ho notato distraendomi che davanti a noi c’era un sacco di gente. Da dove venivano quei gruppi sparpagliati, ognuno con il suo cattivo o buon umore, tristi, arrabbiati, scocciati, felici, pieni di odio, speranze, credenze, fedi, verità e cecità? Dov’erano prima di occupare il centro della sala o gli angoli, il corridoio, prima di stazionare sulla soglia delle camere o davanti ai davanzali? Quale catena di eventi avevano seguito? E quelle mani? Che reggono bicchieri, forchette, piatti, sigarette o piú semplicemente gesticolano nell’aria e disegnano qualcosa, un progetto, uno scenario, il prossimo lavoro, la prossima donna o uomo, il sogno che di sicuro prima o poi si concretizzerà, quelle mani, come raccontarle?
– Scriverei di quest’ora, – dice Paola.
– In che senso?
– L’ora del dopocena, a Roma: scriverei delle ragazze single come me, intorno ai trent’anni, che a quest’ora si sentono sole, tanto, e allora organizzano feste, o vanno alle feste, sai, una scusa si trova, il lavoro, i contatti sociali, e mangiano, parlano di cibo, di film, di libri, ma la ragione vera è che scende la sera e sale l’ansia. La paura del buio, che domani non arrivi la luce, hai queste immagini in testa e… scopri che non sei la sola ad averle, un sacco di ragazze come te ce l’hanno, in questo preciso istante è tutto un fiorire di immagini simili e la mia angoscia si somma a quella di centinaia di ragazze in giro per Roma, e chissà in quante città del mondo, e come si fa? Come si fa a difendersi dall’imponderabile, senza famiglia, senza figli, con i sensi di colpa, l’inadeguatezza, che colpisce tutte, belle e brutte, giovani e meno giovani, e che vuoi fare…
– Che vuoi fare?
– Pasticche, gocce, farmaci, scriverei anche di questo. Di ragazze che a quest’ora contano le gocce, e del rumore che fanno, ovattato, quando toccano l’acqua, e di quella particolare posa che tu stessa assumi, contratta, immobile, perché è meglio che in quel momento non ti muovi, che non ti fai domande, tanto è un attimo, no? Cinque gocce, bevi e rimandi i pensieri. Scriverei di questo, se sapessi scrivere. E tu?
– Cosa scriverei?
– No, cosa hai fatto per il film porno…
– Ah!
– Allora?
– No, senti, mi ripeti questa cosa che scriveresti?