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Romanzi e spie
La galleria Hénaff si trovava in rue de Furstenberg ed era piccola e graziosa, con una grande vetrina che permetteva di vedere quasi tutto l’interno. Una ventina di fotografie di Eddie Mayo erano appese alle pareti, incorniciate in vetro. Erano, notò Falcó, primissimi piani di una brutale bellezza, fatti di luce cruda, scorci, ombre e contrasti, e potevano riassumersi in due parole: sesso e carne.
«Formidabile» commentò.
Aveva idee molto basilari sull’arte fotografica o su qualunque tipo di arte: quello di chiunque sfogliasse riviste illustrate. Però quelle immagini mostravano il corpo umano come un suggestivo labirinto di angoli da visitare e di enigmi da risolvere, incoraggiando a visitarli e a risolverli. Falcó ignorava di che tipo di talento si trattasse, ma l’autrice ce l’aveva. Si voltò a guardarla e incontrò la calma delle sue iridi azzurre fissa su di lui, come se fosse stata per tutto il tempo in attesa della sua reazione.
«Surreal-transessualismo» commentò Küssen, compiaciuto, con il tono di un venditore che magnifica le virtù di un prodotto.
Falcó annuì, sostenendo ancora lo sguardo di Eddie Mayo. Quegli occhi vedono le cose così, pensò. Sono gli intermediari tra una realtà fisica che pulsa e respira e le sue immagini congelate in sali d’argento. Eppure, lei o il suo sguardo le rendono carnalmente intime. Così stimolanti.
«Mi piacciono molto» disse.
La donna continuò a osservarlo senza accusare il complimento, e Falcó pensò che la sua freddezza artica contrastava in modo strano con l’intenso calore delle fotografie. Alla fine lei fece un leggero inchino con la testa, fra la gratitudine e l’ironia. Era Léo Bayard a sembrare il più soddisfatto di tutti. Quasi tronfio.
«È una donna straordinaria… Le sue foto ne sono la miglior prova.»
Sulle labbra di Bayard, l’elogio aveva qualcosa di professorale e accondiscendente. Aveva passato un braccio sulle spalle di Eddie, attirandola verso di sé, e lei appoggiava i suoi capelli biondi su di lui, lasciandolo fare. Sembrava più indifferente che sottomessa e Falcó dedusse, osservandoli, che forse in quell’apparente amore c’era anche qualcosa di reciproca acquisizione sociale. Di trofeo mondano.
«Nessuno guarda così» aggiunse Bayard, categorico, come se tutto fosse opera sua.
«Nessun uomo lo fa, vorrà dire» precisò Falcó.
L’altro lo studiò con altezzoso interesse, scostandosi con due dita il ciuffo dalla fronte. Non era sua abitudine essere contraddetto.
«Prego?»
«Tutte le donne guardano così… Altra cosa è che siano capaci di esprimerlo.» Indicò Eddie. «Lei lo fa.»
«E su cosa basa quest’affermazione?»
Falcó si strinse nelle spalle con semplicità. Il sorriso simpatico, mille volte messo in pratica, toglieva importanza alle sue parole.
«Su secoli di silenzio. Nessuno gestisce il silenzio come loro… Hanno pratica biologica, suppongo. E questo educa il loro sguardo.»
«Interessante» concesse Bayard.
L’azzurro artico si soffermava di nuovo su Falcó. Eddie Mayo scostò la testa dalla spalla di Bayard.
«Sembra che sappia molto sui silenzi delle donne» disse.
«Quasi nulla.»
«Invece lo esprime abbastanza bene.»
«Questione di buon senso.» Falcó finse di pensarci un po’ su. «Mi metto semplicemente davanti, e guardo.»
«Si mette davanti?»
«Sì.»
«E guarda.»
«Già.»
L’azzurro sembrò fondersi leggermente.
«Si limita sempre a guardare?»
«Non sempre. A volte sorrido anche.»
«Guarda e sorride.»
«Sì.»
Lei indicò una delle fotografie.
«E cosa vede in quell’immagine, per esempio?»
Falcó si voltò verso la foto. In primissimo piano, una bocca di donna mordeva una fetta d’arancia. La polpa si disfaceva tra i denti e il succo scorreva gocciolando fino al mento.
«Lei ha lavorato con Man Ray, a quanto ne so.»
«Sì» rispose Eddie con naturalezza. «Sono stata la sua modella e la sua amante.»
«Ah.»
«Con lui ho imparato la fotografia.»
«È chiaro.»
«Ma questo non ha nulla a che vedere con quello che le ho chiesto.» Eddie indicava di nuovo la bocca di donna. «Cosa vede in quella foto?»
«Sesso.»
«Questa è la parte facile. Cos’altro vede?»
«Sfida. Sicurezza… Pericolo.»
«Che tipo di pericolo?»
«Avvicinarsi troppo a quella bocca e alle sue conseguenze… Dimenticare, sia pure per un solo momento, che il mondo è un luogo ostile.»
«Anche questo la fa sorridere?»
«A volte.»
Una punta di malizia sfiorò le labbra della donna.
«Forse perché ha soldi e vive a Cuba, tra piantagioni di tabacco e sigari, lontano da ogni tipo di luoghi ostili?»
«Potrebbe darsi.»
«E lo è, in realtà?»
«Mi scusi… A cosa si riferisce?»
«Il mondo… L’ha detto lei… Un luogo ostile. No?… Uno scenario pericoloso.»
Bayard e Küssen assistevano interessati allo scambio, senza aprire bocca. Falcó guardò Eddie, senza rispondere. Capì che si stava spingendo troppo oltre. La donna gli metteva delle esche e lui era sul punto di inghiottirle tutte. Per qualche motivo, lei era diffidente. Tuttavia, la sua reticenza non era aggressiva. Si limitava a mantenere le distanze, sottoponendolo a una certa forma di osservazione preventiva. Falcó ne ignorava la causa. In ogni caso, quella storia non beneficiava la manovra. Anche Küssen sembrava rendersene conto. Gli occhi inquieti dell’austriaco non smettevano di inviare messaggi di avvertimento.
«Capisco quello che Nacho ha voluto dire» intervenne all’improvviso Bayard.
Non parlava da troppo tempo, e Falcó lo accolse con sollievo. Küssen approfittò dell’occasione.
«Devi prendere una di queste fotografie, amico mio. Non hai scuse per non farlo.»
Falcó annuì, arreso all’evidenza.
«Hai ragione.»
Si guardò intorno fino a soffermarsi di nuovo sulla bocca che mordeva l’arancia.
«Credo che comprerò questa.» Guardò Eddie. «Se non è stata ancora venduta.»
Lei indicò il punto rosso appiccicato alla cornice.
«Lo è, ma non importa. Posso sistemare le cose… Lei se l’è guadagnata.»
L’aveva detto senza sorridere, inespressiva, come se non le importasse che Ignacio Gazán, spagnolo residente all’Avana, comprasse o no una delle sue foto.
«Stupendo» disse Küssen. «Però ti costerà duemila franchi.»
«Accidenti.»
«È quasi regalata. Te l’assicuro.»
Senza ulteriori commenti, Falcó tirò fuori dalla tasca interna della giacca la Sheaffer Balance verde giada e il libretto d’assegni del Crédit Lyonnais che gli aveva dato l’Ammiraglio a San Sebastián. Poi, con un gesto indifferente, si appoggiò al tavolino dell’accoglienza e ne compilò uno.
«Grande.» Con aria felice, Küssen agitava l’assegno in aria per far asciugare l’inchiostro. «Adesso dovremmo tutti festeggiare con un brindisi.»
Quando uscì, Falcó notò che qualcuno li seguiva a breve distanza, senza nascondersi: un tipo basso e forte, con un naso da pugile, cravatta e berretto di lana. Bayard, che lo vide voltarsi, sorrise tranquillizzante.
«Non si preoccupi. È Petit-Pierre, il mio autista.»
«E il suo guardaspalle» precisò Eddie.
«È stato con me in Spagna, come meccanico della squadriglia. Prima era stato nei battaglioni africani. Un brav’uomo, fedele come un mastino.»
«Troppo» disse la donna.
Andarono a Montparnasse, al Dôme. Il dehors ribolliva di gente come una padella di patate fritte, così si sedettero al bancone, ordinarono cocktail boston-flip e bevvero in gruppo, fumando e chiacchierando animatamente mentre Petit-Pierre rimaneva sulla porta. Intorno si sentiva parlare in varie lingue, e Falcó pensò che, in quei tempi convulsi, quella babele internazionale sembrava organizzata da un’agenzia di pubbliche relazioni nordamericana priva di complessi razziali o politici. Lì, come i sassi scorrevoli di un torrente, rifugiati e fuggitivi di tutt’Europa, temporaneamente lontani dai fili spinati, dalle frontiere incerte e dai fucili, si mescolavano con i turisti. A Falcó piaceva l’atmosfera eterogenea dei caffè di Parigi, dove passare inosservato era frequente quanto, un minuto dopo, salutare tutti. Ammirava anche la durezza elegante dei camerieri francesi, con i loro dignitosi grembiuli lunghi e il loro talento per conservare la forma.
«Non so quasi nulla di sigari cubani» disse Bayard. «Li fumo soltanto, a volte… La piantagione della sua famiglia è molto grande?»
«Ragionevolmente» rispose Falcó con disinvoltura. «È una di quelle che lì chiamiamo vegas finas, terreno di prima qualità, vicino a San Luis. A sudovest dell’Avana.»
«Il tipo di terra sarà importante, no?»
«Naturalmente. La pianta sta al sigaro come la vite al vino.»
Bayard sembrava realmente interessato.
«La sua è una marca conosciuta?»
«Non abbiamo una vitola nostra.» Falcó avvertì lo sguardo preoccupato di Küssen e sorrise con calma. «Siamo associati con la famiglia Menéndez, che sono nostri parenti, per la marca Montecristo.»
L’austriaco sbatteva le palpebre, insicuro, lanciando messaggi di allerta. Inquieto per il terreno in cui si avventurava Falcó, fece un paio di tentativi per cambiare argomento; però Bayard continuava a interessarsi ai sigari. O a Nacho Gazán.
«Quali sigari mi raccomanderebbe?»
«Della nostra casa, senza dubbio un cosacos B o un piramide numero 2.» Senza esitare, con grato stupore di Küssen, infilò una mano nella tasca interna della giacca e tirò fuori un sigaro spesso, offrendolo a Bayard. «Come questo. Ha un cepo rispettabile.»
«Cepo?»
«Lo spessore. Il nome piramide è dovuto alla punta affilata.»
Bayard lo accettò con distinzione, infilandolo nel taschino della giacca senza annusarlo né maneggiarlo. Falcó si era rivolto a Eddie Mayo.
«Lei fuma sigari?»
«A volte.»
«Non bisogna mandar giù il fumo, come sa. È solo una questione di gusto e di aroma.»
«È chiaro.»
Falcó tirò fuori un altro sigaro. Un cosacos B.
«Forse le piacerà questo.» Glielo offrì dopo aver forato l’estremità con uno stuzzicadenti che prese dal bancone. «Il gusto è leggero e la grandezza, ragionevole.»
Con il sigaro in bocca, senza ringraziare, lei si era sporta verso la fiamma che Falcó le offriva.
«È vero che li preparano le donne, mentre una legge ad alta voce?» domandò dopo le prime boccate.
Falcó sorrideva, riponendo l’accendino sotto la muta ammirazione di Küssen.
«Sono vere entrambe le cose.»
«E li fanno arrotolandoli fra le cosce nude, come la Carmen di Mérimée?»
«Questa parte è leggenda, temo.»
«Accidenti.»
«In ogni caso, non tutte le cosce sono interessanti.»
«No?»
«Per nulla… Fra le nostre lavoratrici abbondano le persone anziane. Dai cinquanta in su.»
Eddie lo studiò per qualche secondo più del necessario.
«Che delusione.»
«Già.»
Adesso lei osservava il sigaro fumante tra le sue dita.
«Toglie romanticismo al fatto di fumarli.»
«Temo anch’io» convenne Falcó. «Comunque, ci si può sempre immaginare la donna che ci sembri adeguata.»
«E che donne immagina lei?»
«La mia immaginazione è limitata.» Fece una smorfia prudente. «Ho visto preparare troppi sigari.»
Detto ciò, Falcó bevve un sorso del suo cocktail e si rivolse a Bayard. Era ora, si disse, di lavorare un po’ su quel fronte. Di avvicinarsi di più alla preda.
«Mi sembra formidabile quel che ha fatto in Spagna.»
«Grazie.»
«Come le è venuto in mente di andarci?»
Lo scrittore incassò la domanda con apparente indifferenza. Era appoggiato al bancone, con il bicchiere in mano. Superiore e distinto. Aveva saputo, disse dopo un istante, che dei mercenari italiani e tedeschi volavano con le truppe di Franco. Così aveva deciso di fare la stessa cosa per aiutare il governo legittimo. Aveva buoni rapporti con il ministro dell’Aviazione del gabinetto Blum. Loro non potevano fare nulla in maniera ufficiale, ma lui sì. Aveva tirato certi fili, si era procurato dei soldi e aveva reclutato dei volontari: francesi, inglesi, qualche russo e qualche tedesco.
«Alcuni erano antifascisti convinti e altri sono stati attratti dalla paga… E, per la verità, ci siamo organizzati abbastanza bene.»
Falcó ascoltava immobile, con la bocca socchiusa. Attentissimo. La sua espressione era di ammirazione quasi devota.
«È vero che è stato abbattuto?»
«Sì, una volta. A bordo di un Potez. Ci ha mitragliato un caccia fascista, la Vickers si è inceppata e abbiamo dovuto atterrare in malo modo a Gredos.»
«Santo cielo.»
«Si è ferito» disse Eddie.
Bayard tolse importanza alla faccenda con un gesto stoico che piuttosto gliela conferiva.
«Quasi niente… Me la sono cavata con una contusione a un ginocchio. Però è morto il nostro mitragliere, un italiano che si chiamava Giacopini.»
«Mi spiace» disse Falcó.
«Sono incerti del mestiere… La gente si è comportata a meraviglia, ci ha aiutati. Persone umili, che non avevano niente, ci hanno dato tutto.» Guardò Eddie. «Gli spagnoli sono formidabili, non è vero?»
«Lo sono» disse lei, aspirando dal sigaro.
«Avreste dovuto vedere quando abbiamo seppellito Giacopini; le donne che piangevano e tutti quei contadini con il pugno in alto… È stato commovente.»
«Sicuramente sì» disse Küssen, debitamente commosso.
«Lei e Eddie vi siete conosciuti in Spagna?» s’interessò Falcó.
«Lei stava facendo foto per “Life”. Ci siamo incontrati a una cena all’hotel Regina di Albacete, dove avevamo la base. Era appena tornata dal fronte sulla Sierra di Guadarrama.»
«Sul serio?» Falcó guardò la donna. «Com’è stato?»
«Duro e freddo» rispose lei con semplicità.
«Ha fatto un reportage su di noi e non si è mai più allontanata troppo» disse Bayard. «Andava e veniva, e alla fine è rimasta con noi… Discutevamo della guerra e di politica, della nuova società che ognuno immagina a suo modo.»
Falcó continuava a guardare Eddie.
«Ha volato anche lei?»
La donna scosse la testa.
«No. Ho fatto fotografie agli aviatori. Poi ho girato un po’ per i diversi fronti… Ci vedevamo a Madrid o a Valencia, o alla base della squadriglia.»
«Faceva la sua vita» disse Bayard. «E continua a farla.»
Eddie aveva aperto la sua borsa, un elegante sac haut di cuoio morbido marrone. Ne tirò fuori un portafotografie di pelle e ne mise una sul bancone, accanto al bicchiere di Falcó. Nell’istantanea dai bordi dentati, davanti a un aereo, posavano sette uomini e lei, in pantaloni, giubbotto e berretto di lana. Tutti mischiavano abiti civili e militari di volo; e uno degli uomini, il più alto, era Bayard, con una sigaretta in bocca e un’espressione disinvolta e ironica. Aveva le mani infilate nelle tasche di un soprabito e sul berretto portava l’emblema dell’aviazione repubblicana con due stelle da tenente colonnello.
«Quello a sinistra è Giacopini» disse lei, indicando un ragazzo con i capelli ricci e un sorriso franco. «Altri due di questi uomini sono morti.»
«Sì.» Bayard li indicò nella foto. «Questo qui è Uborevich, che hanno ucciso sopra Teruel. E quest’altro, Moussinac, è stato abbattuto vicino a Madrid.»
Con il sigaro fra i denti, gli occhi socchiusi per il fumo, Eddie guardò la fotografia.
«Uomini coraggiosi» disse, secca.
«Pensa di tornare in Spagna?» le chiese Falcó. «Qualche nuovo reportage?»
«Può darsi.» La donna fece un gesto ambiguo. «Per il momento collaboro con Léo ai suoi attuali progetti… E, come ha visto alla mostra, vado avanti con il mio lavoro. Vivo la mia vita.»
«Simpatizzava già con la sinistra prima di conoscerlo?»
Lei fece un tiro dal sigaro e lasciò uscire lentamente il fumo.
«Diciamo che non avevo analizzato in profondità una certa parte del mondo e della vita. Léo mi ha fatto vedere un paio di cose di cui fino ad allora non mi ero accorta.»
«È così» confermò Bayard, allegro. «Abbiamo cominciato parlando di Dostoevskij, di Faulkner…»
«E di Cervantes. È stato lui a farmi leggere il Chisciotte.»
«Che l’ha affascinata. L’ingegnoso hidalgo è diventato il suo eroe letterario preferito.»
«Non soltanto letterario… C’è qualcosa del Chisciotte in Léo. È questo che mi ha attratto in lui. Però non è mai stato un combattente triste, come altri. Sapeva ridere; scherzava sempre e infondeva nei suoi uomini una specie di entusiasmo giovanile, quasi goliardico. Mi è piaciuto quello spirito di cameratismo, di fraternità combattente.»
Bayard annuiva, apparentemente d’accordo con il ritratto. Sembrava un professore di musica che ascoltava la sua allieva preferita in un’esecuzione corretta.
«Lei era un diamante grezzo, per così dire. Una ragazza bellissima e viziata di famiglia conservatrice, ribelle, modella, musa di artisti… Un carattere in cerca di una causa degna per cui battersi. E l’ha trovata in Spagna.»
«Non è una militante comunista… O sì?»
«No.» L’azzurro si era di nuovo raffreddato. «Soltanto simpatizzante. Neanche lui lo è.»
«È vero» rise Bayard. «Non ho la tessera del partito. Sono troppo libero per farla. Ma riconosco che Stalin è l’unico che aiuti davvero la Repubblica. E che soltanto la chirurgia ferrea dei comunisti può salvarla.»
«Quindi i suoi rapporti con i sovietici sono buoni» disse Falcó.
«Di più. Sono ottimi.» Ci pensò su, come pentito della sua stessa enfasi. «Basati, naturalmente, sul reciproco rispetto.»
Si fermarono per bere di nuovo. Eddie Mayo fumava il sigaro con naturalezza e Küssen, untuoso e bonaccione, era sempre attento a mantenere un’atmosfera favorevole. A un certo punto, l’austriaco portò la conversazione sul terreno dell’arte e fece scivolare il nome di Picasso. Falcó si mostrò nuovamente interessato a visitare lo studio del pittore.
«Niente di più facile» disse Eddie. «È un nostro buon amico.»
Bayard scoppiò a ridere.
«Soprattutto tuo. Quel satiro ti ha messo gli occhi addosso da secoli.»
«Non essere idiota.»
«È vero.» Strizzò un occhio a Falcó. «A Pablo piacciono molto le donne e Eddie è un esemplare superbo.»
«Quanto sei volgare.»
«Fa sempre il cascamorto con lei. Non perde la speranza. Eppure conosciamo bene la sua attuale moglie, Marie-Thérèse.»
«E la sua attuale amante, Dora» aggiunse Eddie.
Küssen approfittò dell’occasione. Volenteroso, mise un gomito sul bancone e appoggiò la cicatrice della mandibola sul palmo della mano, come se stesse riflettendo.
«Possiamo andare tutti allo studio» disse come se gli fosse appena venuto in mente. «Ora gli telefono e vedo se ha qualcosa di disponibile.»
«Buona idea» lo appoggiò Falcó.
«Domani pomeriggio» propose Eddie.
Bayard scuoteva la testa.
«Io non posso. Ho una riunione importante con Gide e Mauriac.»
«Non importa. Lo accompagneremo Hupsi e io.» Si era rivolta a Falcó, sollecita. «Le va bene?»
«Mi sembra perfetto.»
«Poi possiamo andare a cena e a bere qualcosa, Léo. E tu ci raggiungi.»
Bayard affondò il naso nel bicchiere, guardando con sarcasmo Falcó.
«Stia attento a Picasso e Hupsi… Insieme sono letali. La spremeranno come un limone.»
«Non lo permetterò» disse Eddie.
Ordinarono un altro giro di drink. Il sorriso amichevole, falsamente stordito, che Falcó dedicava a Bayard, mascherava un’intensa curiosità professionale. Era lì per distruggere quell’uomo; e più sapeva di lui, meglio era. In fin dei conti, Picasso e il suo quadro per l’Esposizione erano soltanto il cinquanta per cento del lavoro. Non dimenticava mai che la missione era doppia. E sarebbe venuto il momento per ogni cosa.
«Perché se n’è andato?»
Bayard lo guardò, confuso.
«A cosa si riferisce?»
«Alla Spagna, naturalmente.»
Lo scrittore osservò il suo bicchiere e bevve di nuovo. Poi guardò Eddie e assunse un’espressione rassegnata.
«I suoi compatrioti sono diffidenti» disse dopo qualche istante. «Gli ufficiali d’aviazione guardavano alla nostra squadriglia con disprezzo, perché era troppo ben pagata per i loro gusti. Alla fine ci sono state eccessive ingerenze e ho deciso di smettere… Come ho detto prima, non sono fatto per ricevere ordini. Ma continuo a combattere a modo mio.»
«Sta preparando un film» intervenne Küssen, sempre pronto ad avvicinare il toro al picador.
«In effetti… Si chiamerà Cieli di Spagna. Basato sulla mia esperienza personale, ovviamente. Voglio denunciare il fatto che, per paura di affrontare Hitler e Mussolini, le democrazie europee stanno abbandonando la Repubblica.»
Eddie lasciò cadere la cenere del sigaro.
«La politica di non intervento» disse «è una canagliata cosmica.»
«Completamente immorale» aggiunse Küssen, volenteroso.
«Indubbiamente.» Il tono di Bayard non ammetteva repliche. «Sono lontani dal capire che stanno concimando il terreno per un’altra guerra più in grande scala, molto più terribile.»
«Comunque» disse Eddie, «tu non hai mai diretto un film.»
«E allora?… Non avevo mai pilotato un aereo, e sono stato caposquadriglia. Sarà più difficile fare cinema che fare la guerra nell’aria?»
«Cieli di Spagna può essere un fallimento.»
«Ne dubito. Ma in ogni caso sarebbe un fallimento brillante. Di quelli per cui vale la pena.»
Fissò Falcó, condiscendente. Perfino magnanimo.
«Magari le interesserebbe partecipare alla produzione del film» disse piano.
Falcó annuì cauto, senza mostrare eccessivo entusiasmo. Tutto doveva succedere al giusto ritmo. Approssimazione indiretta, si chiamava. Confezionare la trappola senza troppa ostentazione, e che altri si facessero avanti.
«È possibile» disse.
«Dice sul serio?»
«Certo.»
«Stupendo.»
Bayard batté la mano sul bancone, come se non ci fosse spazio per le repliche. Sembrava soddisfatto.
«Spesso la questione dalla Spagna mi ricorda una citazione letteraria» disse, un po’ teatrale. «“È stupefacente che gli esseri umani, che vivono così poco tempo, si sforzino di causarsi reciprocamente tanti dolori”… L’ha scritto Somerset Maugham. Ha letto qualcosa di suo?»
«Qualcosa, sì. Una volta l’ho anche conosciuto giocando a carte, durante un viaggio in nave. Mi ha regalato un suo romanzo, con dedica.»
«Sul serio?… Non mi dica.»
«Però l’ho perso.»
«Accidenti.»
«Era un romanzo di spie. Non mi è sembrato granché.»
Ti piace il rischio, diceva lo sguardo timoroso di Küssen. Maledetto damerino bastardo. L’Ammiraglio mi aveva avvertito. Dal canto suo, Bayard sbatteva le palpebre, interessato.
«Lei è un lettore di romanzi di spie?»
«Per nulla.» Falcó bevve un sorso dal suo bicchiere. «Sono troppo complicati.»
In quel momento Eddie Mayo guardò verso la porta, fra la gente.
«Parlando di Spagna e di romanzi, indovinate chi è appena entrato?»
Bayard guardò in quella direzione e corrugò la fronte sotto il ciuffo ribelle.
«Oh, no, Dio mio… È quel rompiscatole di Gatewood.»
A Falcó il personaggio diceva qualcosa. Nordamericano, giornalista, scrittore. Vedendo Eddie e Bayard, il neoarrivato si avvicinò per salutarli, scostando la gente senza troppi riguardi. Era grande e trasandato: alto, forte, capelli neri folti come i baffi.
«Salve, ragazzi» disse con naturalezza, appoggiandosi al bancone.
«Ciao, Gat» disse Eddie.
Bayard si era limitato a grugnire un saluto poco convincente. Gatewood ignorò Küssen e guardò Falcó con diffidenza. Portava occhiali d’acciaio. Aveva un sorriso ampio, mani grandi e spalle da pugile sotto una giacca grigia. Pantaloni di flanella sgualciti. La camicia senza cravatta era macchiata di vino.
«Prenderei un brandy» disse.
«Puoi chiedere quello che vuoi» rispose Bayard.
Il nordamericano si rivolse al cameriere come se lo conoscesse da una vita. Poi guardò di nuovo Falcó, osservò di sottecchi Eddie, che continuava a fumare il suo sigaro, e tornò a Falcó. Gli guardava la cravatta, con aria che voleva essere sagace.
«Life Guards britannici?»
«Marinella… Napoli.»
Con una smorfia, l’uomo si rivolse a Bayard e a Eddie.
«Non conosco il vostro amico.»
Il tono non era amichevole e il suo alito sapeva di alcol. Bayard fece le presentazioni di malavoglia.
«Hupsi Küssen, Ignacio Gazán» disse.
Gatewood strinse la mano di Falcó con forza eccessiva. Con esagerata effusività. Gli fece quasi male.
«Spagnolo?… Io sono appena tornato dalla Spagna. Torno negli Stati Uniti a lavorare a un romanzo. Ho un biglietto sul Normandie, ma rimarrò qualche giorno a Parigi. Sapete, interviste e tutto il resto.»
«E come vanno le cose lì?» domandò Bayard.
«Da quando te ne sei andato sono un po’ migliorate. Ho saputo della tua squadriglia… Non ti è andata giù che ti togliessero il comando, non è vero?»
«Non mi hanno tolto assolutamente niente. C’è stata una riorganizzazione, questo è tutto.»
«Già.» Il nordamericano sorrise con malizia. «In ogni caso, un po’ di disciplina farà bene. Guarda la batosta che hanno preso trotzkisti e anarchici a Barcellona.»
Bayard mosse la testa, mostrandosi d’accordo.
«Se la stavano cercando» convenne. «Prima di provare a fare la rivoluzione, bisogna vincere la guerra.»
«A chi lo dici… Pensi di tornarci?»
«Sì. Gireremo un film… Hai visto qualcosa di interessante negli ultimi giorni?»
«Quasi niente di nuovo. Madrid resiste bene e finalmente abbiamo preso Santa María de la Cabeza.»
«Abbiamo?»
«Sì, cazzo. Abbiamo.»
Bayard gli rivolse un’occhiata ironica.
«L’hai presa tu, personalmente?»
«Lo sai cosa voglio dire.»
«Certo.»
Gatewood bevve il cognac in due rapidi sorsi e ne ordinò un altro.
«Per essere dei fascisti, quelle guardie civili hanno combattuto bene» disse. «Non si sono arresi, eh?… Fino alla fine, cadendo uno dopo l’altro. Con le famiglie nascoste negli scantinati. Due coglioni così.»
Stavolta aveva parlato rivolgendosi soprattutto a Falcó, mentre lo esaminava da cima a fondo. Non sembrava soddisfatto dall’esame. Allora si voltò verso Eddie Mayo.
«È scoppiata una bomba nell’hotel Florida, e quasi quasi ammazza Dos Passos e qualche altro… L’ultima volta ci siamo visti là… Ti ricordi?»
«Certo. Come dimenticarlo? Hai fatto di tutto per infilarti nella mia stanza.»
«Logico» rideva il nordamericano, portandosi il bicchiere alle labbra. «Eri la più bella della festa.»
«E quella tua fidanzata bionda, quella nuova?… Come si chiamava?»
«Quel giorno non c’era.»
Eddie corrugò la fronte. Gli occhi azzurri sputavano schegge di ghiaccio.
«Sei sempre stato una merda, Gat.» Gli gettò il fumo del sigaro in faccia. «Un fanfarone di merda.»
Il nordamericano si era voltato verso Bayard chiedendo sostegno.
«La tua ragazza mi sta insultando, Léo.»
«Avrà le sue ragioni» rise il francese, scontroso. «Io non sono il guardiano di Eddie. È libera di insultare chi vuole.»
«Mi ha chiamato fanfarone di merda.»
«L’ho sentito.»
Gatewood guardò di nuovo Falcó. Il secondo cognac era già scivolato nella sua gola. Si era tolto gli occhiali e li puliva con un fazzoletto lercio.
«Anche lei crede che io sia un fanfarone, amico?»
Parlavano in francese, però amigo l’aveva detto in spagnolo. Falcó lo affrontò con calma. Divertito.
«Non ho dati.»
«Cazzo. Quarantacinque giorni continui di guerra non sono male.»
«Sarà stato in molte battaglie, immagino.»
Gatewood si rimise gli occhiali e ordinò un terzo cognac.
«In qualcuna, naturalmente.»
«Gli piacciono le battaglie» disse Eddie, sarcastica. «Non se ne perde una. Passa la vita a cercare ogni tipo di battaglia.»
Il nordamericano la guardò, irritato.
«Perché lo dici a lui?»
«Non ti conosce… Anche se sembra strano, Gat, nel mondo c’è gente che non ti conosce.»
Gatewood guardò Falcó come se lo vedesse per la prima volta.
«Lei è spagnolo, no, Pedro?»
«Nacho.»
«Vabbè, Nacho. Avevo capito Pedro. Molti di voi si chiamano così.»
«Sono spagnolo, ma vivo fuori dalla Spagna.»
«Gli spagnoli sono ammirevoli.» Il nordamericano fece schioccare la lingua. «Non ho mai visto gente così coraggiosa…. Quello sì, molti non sanno neanche maneggiare un’arma. A più d’uno ho dovuto insegnare un paio di cose.»
«Cosa ne sarebbe della Repubblica senza di te» commentò Eddie.
Gli aveva di nuovo soffiato il fumo del sigaro in faccia, ma stavolta Gatewood lo schivò.
«Ehi, Léo, che succede alla tua ragazza? Ha uno di quei giorni di disturbi femminili?»
«Vaffanculo, Gat» disse lei.
Bayard scoppiò a ridere.
«L’hai sentita. Niente disturbi. È solo che non le sei simpatico.»
«Non capisco cosa abbia visto in te… Non sei nemmeno un vero comunista.»
«Sono più alto di te.»
«E più bello ed elegante» aggiunse Eddie.
«In più, scrivo meglio.»
«Col cazzo» protestò Gatewood.
«Scrive meglio» sostenne Eddie.
Il nordamericano ritirò fuori il fazzoletto e si soffiò il naso. Guardava Falcó.
«Lei cosa ne pensa, amico?… Chi dei due è lo scrittore migliore?»
«Non ne ho la minima idea. Di solito vado al cinema.»
«In ogni caso, io sono più famoso.»
«Non in Francia» disse Eddie.
Con aria di sfida, Gatewood avvicinò il viso a quello di Bayard. Era incredibile, pensò Falcó, la capacità di quell’individuo di tollerare l’alcol. Soltanto gli occhi dietro le lenti rivelavano un luccichio alcolico.
«La tua guerra con gli aeroplanini è una stronzata, Léo. Gli uomini veri combattono nel fango, faccia a faccia.»
«Ne terrò conto la prossima volta che combatterò.» Bayard si voltò verso Eddie, ironico. «Ricordamelo, tesoro.»
«Lo farò.»
«Il fatto è che le donne impazziscono per gli aviatori» borbottò Gatewood. «Le conosco bene, queste sgualdrine.»
«’Fanculo» disse Eddie.
«Calma» suggerì Bayard.
«Sono calmissimo» rispose il nordamericano.
Sospirò a fondo, si guardò intorno e finì per soffermarsi su Küssen.
«E lei di dov’è?… Sembra turco. Non mi piacciono i turchi.»
Küssen batté leggermente i tacchi.
«Sono austriaco.»
«Austriaco, eh?»
«Sissignore. Al suo servizio.»
«Sa quante schegge di mitraglia austriaca mi hanno tirato fuori dal corpo?»
«Duecento frammenti» disse Eddie con fastidio. «L’hai raccontato migliaia di volte, Gat.»
«Duecentoventisette.»
Il nordamericano si colpì una gamba con una delle sue manone, come se gli facesse ancora male.
«Quella di Guadalajara è stata la battaglia più decisiva della guerra di Spagna» aggiunse, evocativo. «Ci sono stato. Quegli italiani morti, patetici, sparsi sulla neve… Verrà studiata nelle accademie militari, vedrete. Per gli italiani è stato un disastro paragonabile a quello di Caporetto.» Guardò con violenza Falcó. «Io a Caporetto c’ero.»
«Tu sei stato dappertutto» commentò sprezzante Eddie, spegnendo il mozzicone del sigaro in un posacenere.
«Non capisco come uno spagnolo possa vivere fuori dalla Spagna, invece di stare lì e combattere.»
Falcó sorrideva, conciliante.
«Non tutti siamo eroi, sa?»
«Lo vedo.»
«Lascialo in pace» disse Eddie.
«Tutti gli spagnoli dovrebbero essere eroi. Ci sono momenti della Storia in cui essere un eroe è obbligatorio… Se fossi spagnolo, mi vergognerei di starmene a Parigi, al bancone di un bar.»
Si guardava intorno con fastidio. Sembrava dispiaciuto di vedersi al Dôme e non in una trincea di Madrid, pieno di pidocchi e circondato da irsuti miliziani.
«Domani tengo una conferenza nella libreria di Sylvia. Venite?»
«Abbiamo un impegno.»
Gatewood ordinò un altro cognac. Poi si rivolse a Falcó.
«Lei dovrebbe venire, Pedro. Alla conferenza. Imparerebbe un paio di cose sulla Spagna.»