William «Billy» Jones - il proprietario della locanda

Richard Harwell - il capitano scomparso

Eleanor Le Couteau - la moglie franco-canadese del capitano

John Mathias - il giardiniere con la sciatica

Stephen Grant - lo stalliere licenziato

Mary Jones - la figlia del locandiere



Il signor Satterthwaite era contrariato. Nell'insieme, quello era stato un giorno sfortunato. Erano partiti tardi, avevano sbagliato strada e si erano perduti nelle solitarie campagne della piana di Salisbury. Adesso erano quasi le otto di sera e si trovavano a più di una sessantina di chilometri da Marswick Manor, dov'erano diretti, e per rendere le cose ancor più esasperanti avevano anche forato.

Il signor Satterthwaite, che sembrava un uccellino con le piume tutte arruffate, camminava in su e giù davanti al garage del villaggio, mentre il suo autista conversava in toni rauchi e sommessi con il meccanico locale.

«Mezz'ora come minimo» disse quella brava persona.

«A essere fortunati» aggiunse Masters, l'autista. «Almeno tre quarti d'ora, dia retta a me.»

«Comunque, come si chiama questo... posto?» chiese Satterthwaite di cattivo umore. In quanto piccolo gentiluomo rispettoso per i sentimenti altrui, aveva sostituito la parola "posto" a "buco dimenticato da Dio", che era stata la prima a venirgli in mente.

«Kirtlington Mallet.»

Satterthwaite si accorse di non saperne di più, eppure quel nome suscitò in lui qualcosa di vagamente familiare. Si guardò intorno con aria piena di disprezzo. Kirtlington Mallet sembrava composta di un'unica strada solitaria con il garage e l'ufficio postale da un lato e tre botteghe indecifrabili dall'altro. Più oltre lungo la strada, tuttavia, il signor Satterthwaite notò qualcosa che cigolava e ondeggiava al vento e il suo umore migliorò, seppure lievissimamente.

«Vedo che c'è una locanda qui.»

«Certo, "All'insegna del Giullare"» disse l'uomo del garage. «Eccola... là in fondo.»

«Se posso dare un suggerimento, signore» disse Masters «perché non provarla? Forse potrebbero offrirle una specie di pasto, certo... per quanto naturalmente non come quelli a cui lei è abituato...» Fece una pausa quasi per scusarsi, perché Satterthwaite era abituato alla miglior cucina continentale, e aveva al suo servizio un cordon bleu al quale pagava uno stipendio favoloso.

«Non potremo metterci in strada per almeno altri tre quarti d'ora, signore. Ne sono certo. E sono già le otto passate. Potrebbe telefonare a sir George Foster dalla locanda, signore, e informarlo del nostro ritardo.»

«Sembra che lei sia convinto di poter trovare una soluzione a ogni cosa, Masters» disse Satterthwaite in tono tagliente.

Masters, che la pensava proprio così, mantenne un rispettoso silenzio.

Satterthwaite, a dispetto del vivo desiderio di non tener conto dei suggerimenti che potessero venirgli dati (era questo il suo umore del momento), non poté però fare a meno di guardare verso quella cigolante insegna di locanda con intima approvazione. Aveva l'appetito di un uccellino, era un epicureo; ma anche uomini di questo genere possono aver fame.

«"All'insegna del Giullare"» disse in tono pensieroso. «Strano nome per una locanda. Non mi sembra di averlo mai sentito prima.»

«Comunque, la frequenta gente ben strana» disse il meccanico. Era curvo sopra la ruota e la sua voce arrivò soffocata e indistinta.

«Strana gente?» disse Satterthwaite. «Cosa intende dire con questo?»

In realtà non sembrava che l'altro sapesse con sicurezza quello che aveva voluto dire.

«Gente che viene e va. Di quel genere lì» disse l'altro in tono vago.

Satterthwaite sapeva che le persone che frequentano una locanda sono, necessariamente, quelle che "vanno e vengono". Era chiaro che la definizione era imprecisa. Ciononostante la sua curiosità ne fu stimolata. Bene o male, doveva far passare quei tre quarti d'ora. La locanda "All'insegna del Giullare" poteva andar bene come qualsiasi altro posto.

Con passettini affrettati si avviò lungo la strada. Da lontano si sentì un rombo di tuono. Il meccanico alzò gli occhi e disse a Masters: «Sta arrivando un temporale. Lo si sentiva proprio nell'aria».

«Dannazione» disse Masters. «Con sessanta chilometri ancora da fare.»

«Ah!» disse l'altro. «Allora non c'è bisogno di finire in fretta questo lavoro. Non vorrà mettersi in strada finché c'è il temporale. Quell'omettino non mi sembra che sia tipo da divertirsi in giro in mezzo a tuoni e lampi.»

«Spero che lo tratteranno bene in quel posto» mormorò l'autista. «Ci vado anch'io a mangiare un boccone.»

«Billy Jones è una brava persona» disse l'uomo del garage. «Si mangia bene da lui.»

William Jones, un omone corpulento sulla cinquantina proprietario della locanda, in quel momento stava rivolgendo un radioso sorriso a Satterthwaite, con l'intento di propiziarselo.

«Posso farle una bella bistecca, signor... con patate fritte, e poi ho un formaggio favoloso che le raccomando proprio. Da questa parte, signore, nella sala da caffè. Non abbiamo molta gente ora, l'ultimo cliente che era qui per la pesca è appena partito. Fra un po' saremo di nuovo al completo per la caccia. Al momento abbiamo qui soltanto un signore, un certo Quin...»

Satterthwaite si fermò di colpo.

«Quin?» chiese in tono eccitato. «Ha detto Quin?»

«Sì, signore, precisamente. È suo amico forse?»

«Sì, certo. Oh, sì, sì.» Trepidando per l'eccitazione, Satterthwaite quasi non si rese conto che al mondo poteva esserci più di un uomo con tale nome. Non aveva alcun dubbio. Per quanto strano fosse, quell'informazione si adattava a quanto aveva detto l'uomo del garage: «gente che va e viene». Una descrizione che calzava a pennello per Quin. Anche il nome della locanda sembrava singolarmente appropriato.

«Ma guarda un po'» disse Satterthwaite. «Che cosa strana doverci incontrare così! Il signor Harley Quin, non è vero?»

«Precisamente. Questa è la sala da caffè. Ah! Ecco il signore.»

Alto, bruno, sorridente, il signor Quin si alzò dal tavolo al quale era seduto e la voce che il signor Satterthwaite ricordava così bene disse: «Ah! Signor Satterthwaite, ci troviamo di nuovo. Che incontro inaspettato!».

Satterthwaite gli stava stringendo calorosamente la mano.

«Felicissimo. Felicissimo, certo. Un guasto fortunato per me. La mia macchina, capisce. E lei alloggia qui? Per molto?»

«Soltanto una notte.»

«Allora sono proprio fortunato.»

Satterthwaite sedette di fronte all'amico con un piccolo sospiro di soddisfazione e guardò il viso bruno e sorridente che aveva di fronte con aria di aspettativa.

L'altro scosse lentamente la testa.

«Si rassicuri» disse «non ho un vaso di pesciolini rossi o un coniglio da tirar fuori dalla manica.»

«Che peccato» disse Satterthwaite, un po' deluso. «Sì, devo confessarlo... mi capita facilmente di agire così nei suoi confronti. L'uomo della magia. Ecco come la considero. L'uomo della magia.»

«Eppure» disse Quin «è lei quello che esegue i trucchi da prestigiatore, non io.»

«Già» disse Satterthwaite in tono vivace. «Ma non posso farli senza di lei. Mi manca... come dire... l'ispirazione.»

Quin scosse la testa sorridendo. «È una parola troppo grossa. Io le do la battuta, ecco tutto.»

Il padrone della locanda arrivò in quel momento con il pane e un panetto di burro giallo. Mentre li deponeva sul tavolo, ci fu il vivido bagliore di un lampo e, quasi sopra le loro teste, si sentì il rumoreggiare del tuono.

«Una nottataccia, signori.»

«In una sera come questa...» disse Satterthwaite, e si interruppe.

«Che strano» disse il locandiere intromettendosi, «erano proprio le parole che stavo per usare io. È stato in una sera come questa che il capitano Harwell portò a casa la sua sposa, il giorno prima di scomparire per sempre.»

«Ah» disse Satterthwaite sussultando. «Ma certo!»

Finalmente l'aveva scoperto. Adesso sapeva perché il nome Kirtlington Mallet gli era familiare. Tre mesi prima aveva letto ogni particolare sulla scomparsa del capitano Richard Harwell. Come tanti altri in tutta la Gran Bretagna, aveva meditato sui dettagli di quella scomparsa e, come ogni altro anglosassone, si era fatto una propria teoria.

«Naturalmente» disse. «È stato a Kirtlington Mallet che è successo.»

«Ha alloggiato qui all'epoca della caccia, l'inverno scorso» disse il padrone. «Oh! Lo conoscevo bene. Un uomo giovane, bello; avreste detto che non aveva pensieri al mondo. L'hanno fatto fuori, questa è la mia opinione. Quante volte li ho visti tornare a casa insieme, in sella ai loro cavalli... lui e la signorina Le Couteau, e tutti dicevano che ne sarebbe venuto fuori un bel matrimonio, e infatti è stato proprio così. Una bellissima ragazza, e molto considerata, anche se era canadese e straniera. Ah! C'è un oscuro mistero nella faccenda. Non sapremo mai la verità. Le ha spezzato il cuore. Proprio così, certo. Avrete sentito che ha venduto la proprietà e se n'è andata all'estero; non sopportava di restar qui con tutti che la fissavano e se l'indicavano quando passava... per quanto non fosse colpa sua, povera ragazza, vero? Un oscuro mistero, ecco quello che è.»

Scosse la testa, poi, ricordandosi dei suoi doveri, uscì in fretta dalla stanza.

«Un oscuro mistero» disse Quin in tono sommesso.

La sua voce suonò provocatoria alle orecchie di Satterthwaite.

«Vorrebbe darmi a intendere che potremmo risolvere un mistero sul quale è fallita Scotland Yard?» chiese con vivacità.

L'altro fece un gesto caratteristico.

«Perché no? È passato del tempo. Tre mesi. E fanno una bella differenza.»

«Questa è una sua curiosa idea» disse Satterthwaite. «Che le cose si vedano meglio dopo che non al momento in cui sono successe.»

«Tanto più tempo è trascorso quanto più le cose assumono la giusta proporzione. Allora si vedono nella giusta relazione che hanno fra di loro.» Ci fu un silenzio che durò qualche minuto.

«Non sono sicuro» disse Satterthwaite con voce esitante «di ricordare bene i fatti.»

«Io, invece, credo di sì» disse Quin in tono pacato.

Era proprio l'incoraggiamento che Satterthwaite aspettava. Il suo ruolo nella vita era sempre stato quello di ascoltatore e spettatore. Solo in compagnia di Quin questo atteggiamento cambiava completamente. Allora era Quin l'ascoltatore interessato, e Satterthwaite prendeva posto al centro del palcoscenico.

«È stato appena un anno fa» disse «che casa Ashley fu acquistata dalla signorina Eleanor Le Couteau. È una bella casa antica, abbandonata e rimasta vuota per molti anni. Non avrebbe potuto trovare castellana migliore. La signorina Le Couteau è una franco-canadese, i suoi antenati erano emigrati al tempo della Rivoluzione francese e le avevano lasciato una collezione di oggetti d'arte e di antichità di valore quasi inestimabile. Fra l'altro lei stessa ne comprava e li collezionava con gusto molto raffinato così che, quando decise di vendere Ashley Grange e tutto ciò che conteneva dopo la tragedia, il milionario americano Cyrus G. Bradburn non ci pensò due volte a pagare il fantastico prezzo di sessantamila sterline per la casa così com'era.»

Satterthwaite fece una pausa.

«Le parlo di questo» disse in tono di scusa «non perché sia importante rispetto alla storia, strettamente parlando non lo è, ma per creare un'atmosfera, quella in cui visse la giovane signora Harwell.»

Quin annuì. «L'atmosfera è sempre preziosa» disse in tono grave.

«Così, eccoci ad avere un quadro di questa ragazza» continuò l'altro. «Ventitré anni, bruna, bella, istruita. E ricca... questo non dobbiamo dimenticarlo. Era orfana. Viveva con lei, in qualità di dama di compagnia, una certa signora St. Clair, donna di educazione e posizione sociale impeccabile. Eleanor Le Couteau controllava da sé il suo patrimonio. E non è difficile incappare in qualche cacciatore di dote. C'era per lo meno una decina di giovanotti senza il becco di un quattrino sempre a farle la ruota intorno in ogni occasione: durante le caccie, nei saloni da ballo, ovunque andasse. Dicono che il giovane lord Leccan, il partito più ambito del paese avesse chiesto di sposarla, ma lei aveva preferito non impegnare il suo cuore. Fino all'arrivo del capitano Richard Harwell.

«Il capitano Harwell era sceso alla locanda del villaggio per alloggiarvi durante la caccia. Era un cavaliere brillante e ardito, un tipo temerario, un bell'uomo dalla risata sempre pronta. Ricorda l'antico proverbio, signor Quin? Quello che dice "Felice il fidanzamento che non dura a lungo". Il vecchio adagio, almeno in parte, venne trasformato in realtà. Due mesi dopo Richard Harwell e Eleanor Le Couteau erano fidanzati.

«Tre mesi dopo si sposarono. La coppia felice andò all'estero per una luna di miele di quindici giorni e poi tornò per stabilirsi ad Ashley Grange. Il padrone della locanda ci ha appena detto che era stato in una serata di bufera come questa che tornarono a casa. Un sinistro presagio? Chi può dirlo? Comunque, la mattina seguente, molto presto - pressappoco alle sette e mezza -, il capitano Harwell fu visto passeggiare nel giardino da uno dei giardinieri, John Mathias. Era senza cappello e stava fischiettando. Ecco qui un altro ritratto, quello della spensieratezza e della felicità prive di qualsiasi preoccupazione. Eppure, da quel momento in poi, per quanto ne sappiamo, nessuno ha più visto il capitano Richard Harwell.»

Satterthwaite fece una pausa, compiacendosi della drammaticità del momento. Lo sguardo pieno di ammirazione del signor Quin gli diede il tributo di cui aveva bisogno. «La scomparsa era inspiegabile» disse dopo un attimo. «Fu soltanto il giorno seguente che la moglie, angosciata, chiamò la polizia che, come sa, non è riuscita a risolvere il mistero.»

«Suppongo che si sia ventilata qualche teoria, vero?» chiese Quin.

«Oh, teorie, ce ne furono un sacco. Teoria numero uno, il capitano Harwell era stato assassinato. Ma in tal caso, dov'era il cadavere? Un po' difficile che potessero averlo fatto scomparire. Non solo, ma qual era il movente? A quel che si sapeva, il capitano Harwell non aveva nemici.»

Si interruppe bruscamente, per un pensiero improvviso. Quin si sporse verso di lui. «Lei sta pensando al giovane Stephen Grant» disse sottovoce.

«Infatti» ammise Satterthwaite. «Stephen Grant, se ricordo bene, doveva occuparsi dei cavalli del capitano Harwell ed era stato licenziato da lui per una mancanza lievissima. La mattina successiva al ritorno degli sposi, molto presto, Stephen Grant era stato visto nelle vicinanze di Ashley Grange e non aveva saputo dare una spiegazione convincente della sua presenza lì. Era stato fermato dalla polizia in relazione alla scomparsa del capitano Harwell ma non si erano trovate prove contro di lui e alla fine era stato rilasciato. È vero che si poteva supporre che avesse del livore contro Harwell per essere stato licenziato sui due piedi ma, innegabilmente, questo motivo dev'essere stato considerato estremamente fragile. Suppongo che la polizia si fosse sentita in dovere di fare qualche cosa. Vede, come ho appena detto, il capitano Harwell non aveva nemici.»

«A quel che se ne sapeva» disse Quin pensieroso.

Satterthwaite annuì, compiaciuto.

«Ci stiamo arrivando. In fondo che cosa si sapeva del capitano Harwell? Quando la polizia esaminò i suoi antecedenti, si trovò di fronte a una singolare scarsità di materiale. Chi era Richard Harwell? Da dove veniva? Era letteralmente piombato giù dal cielo, a quanto sembrava. Il suo modo di cavalcare era favoloso e, apparentemente, era una persona facoltosa. Nessuno, a Kirtlington Mallet, aveva mai approfondito la cosa. La signorina Le Couteau non aveva né parenti né tutori che potessero fare indagini sulla situazione economica del suo fidanzato. Era padrona di se stessa. La teoria della polizia a questo punto apparve abbastanza chiara. Un ragazza ricca e uno sfrontato impostore. La vecchia solita storia!

«Ma non era così. Certo, la signorina Le Couteau non aveva genitori né tutori, però era rappresentata da un ottimo studio di avvocati londinesi. La loro testimonianza fece apparire ancora più oscuro il mistero. Eleanor Le Couteau aveva pensato di mettere a disposizione del futuro marito una certa somma di denaro, ma questi l'aveva rifiutata. Aveva dichiarato di non averne bisogno. Così, senza possibilità di errore, si ebbe la prova che Harwell non aveva mai messo le mani sul denaro delia moglie. Il patrimonio della signora Harwell era intatto.

«Di conseguenza, non si trattava di un imbroglione qualsiasi; forse si proponeva un perfezionamento di questa arte? Oppure un ricatto in un'epoca futura, nel caso che Eleanor Harwell volesse sposare un altro uomo? Ammetto che qualcosa del genere mi era sembrata la soluzione più ovvia. E mi è sembrata tale sempre... fino a stasera.»

Quin si sporse in avanti, sollecitandolo.

«Stasera?»

«Stasera... non mi soddisfa più. Come ha potuto scomparire così, all'improvviso... proprio a quell'ora del mattino quando tutti si svegliano, si alzano e si mettono in cammino per andare a lavorare? E senza cappello, per di più.»

«Non c'è alcun dubbio su quest'ultimo punto... dal momento che lo vide il giardiniere?»

«Sì... il giardiniere... John Mathias. È da lì che ci potrebbe venire qualcosa?»

«Non è possibile che la polizia non l'abbia preso in considerazione» disse Quin.

«L'hanno sottoposto a un interrogatorio incalzante.

Ma lui non ha mai avuto esitazioni nella sua testimonianza. La moglie ha confermato, in seguito, la sua dichiarazione. Il giardiniere uscì da casa sua alle sette per andare a lavorare nella serra e tornò alle otto meno venti. I domestici in casa udirono la porta d'ingresso che si chiudeva, sbattendo, verso le sette e un quarto. Questo stabilisce il momento in cui il capitano Harwell uscì di casa. Ah, sì, so quello che sta pensando.»

«Mi chiedo se ne è proprio sicuro» disse Quin.

«Credo di non sbagliarmi. C'è stato tempo sufficiente perché Mathias ammazzasse il padrone. Ma perché, amico mio, perché? E se anche fosse stato così, dove ha nascosto il cadavere?»

Il padrone della locanda entrò con un vassoio.

«Mi spiace di avervi fatto aspettare così a lungo, signori.» Il profumo che saliva dai piatti solleticò le narici di Satterthwaite. Si sentì immediatamente benevolo e ben disposto. «Questo piatto ha un aspetto invitante» disse. «Stavamo discutendo della scomparsa del capitano Harwell. Che è successo del giardiniere Mathias?»

«Ha trovato un posto nell'Essex, credo. Non voleva più stare qui. C'era sempre qualcuno che lo guardava di traverso, per quanto io non abbia mai creduto che lui c'entrasse in qualche modo.»

Satterthwaite si servì, imitato da Quin. Il padrone della locanda sembrava disposto a trattenersi per chiacchierare. Satterthwaite non aveva obiezioni in proposito, al contrario. «Parliamo un po' di questo Mathias» disse. «Che genere di uomo era?»

«Un uomo di mezz'età, che doveva esser stato robustissimo in gioventù ma che ora era curvo e deformato dai reumatismi. Ce li aveva fortissimi, e molte volte era costretto a stare a letto e non poteva lavorare. Da parte mia, credo che si trattasse di pura gentilezza se la signorina Eleanor continuava a tenerlo con sé. Ormai come giardiniere era inabile, per quanto sua moglie cercasse di rendersi utile in casa; era stata cuoca, ed era sempre pronta a dare una mano.»

«E lei, che tipo di donna era?» chiese pronto Satterthwaite.

La risposta del padrone lo deluse. «Un tipo comune, scialbo. Di mezz'età, piuttosto dura di modi. E poi era sorda. Io non ho mai avuto a che fare con loro. Erano qui soltanto da un mese, capisce, quando è successo il fatto. Dicono che lui fosse stato un gran bravo giardiniere ai suoi tempi. La signorina Eleanor aveva avuto delle ottime referenze sul suo conto.»

«Lei era interessata al giardinaggio?» chiese sommessamente Quin.

«No, signore, non potrei dirlo. Non era come certe signore qui intorno che pagano denaro sonante ai giardinieri e passano tutto il tempo a trafficare in giardino anche loro. Io la considero una vera scemenza. Vede, la signorina Le Couteau non stava molto qui, eccetto che d'inverno, per la caccia. Il resto del tempo lo trascorreva a Londra o in quelle località marine straniere dove le ricche signore francesi non bagnano neanche la punta di un piede per non sciuparsi il costume, o perlomeno così ho sentito dire.»

Satterthwaite sorrise. «Non c'è stata nessuna... ehm... donna per quel che riguarda il capitano Harwell?» chiese. Per quanto la sua teoria fosse stata demolita, continuava a restare aggrappato alla sua idea.

William Jones scosse la testa. «Niente del genere. Neanche una chiacchiera si è sentita. No, è un mistero, ecco quello che è.»

«E la sua teoria? Cosa ne pensa lei, personalmente?» insistette Satterthwaite.

«Cosa ne penso io?»

«Sì.»

«Non so cosa pensare. La mia opinione è che lo abbiano fatto fuori, ma chi sia stato, questo non so. Vado a prendervi il formaggio.»

E uscì a passi pesanti dalla stanza con i piatti, vuoti. Il temporale, che si era calmato, riprese all'improvviso con vigore. Il bagliore di un lampo che attraversava il cielo a zig-zag e un gran rumoreggiare di tuoni, vicinissimi l'uno all'altro, fecero sussultare il piccolo signor Satterthwaite; prima che gli ultimi echi del tuono si fossero spenti, entrò nella sala una ragazza che portava il tanto vantato formaggio.

Era, alta e bruna, e anche bella, di una sua bellezza imbronciata tutta particolare. La sua somiglianza con il padrone della locanda era tale da non lasciar dubbi sul fatto che fosse sua figlia.

«Buona sera, Mary» disse Quin. «Una sera tempestosa.»

Lei annuì. «Le odio, io, queste serate di temporale» mormorò.

«Ha forse paura dei tuoni?» chiese Satterthwaite in tono cortese.

«Paura del tuono? No, figurarsi! C'è ben poco che mi faccia paura. No, ma il temporale li fa scatenare. Parlano, non fanno che ripetere sempre la stessa cosa, come un branco di pappagalli. E papà a cominciare: "Ecco questa serataccia, mi ricorda... sì, proprio la sera in cui il povero capitano Harwell..." e così via.» Si rivolse al signor Quin. «L'ha sentito anche lei come continua. Che senso ha tutto questo? Perché non ci mettono una pietra sopra? Quel che è stato è stato!»

«Ci si può mettere una pietra sopra soltanto quando una cosa è stata chiarita» disse Quin.

«E questa forse non lo è? Supponiamo che volesse scomparire? Qualche volta lo fanno questi bei signorini.»

«Pensa che sia scomparso di sua spontanea volontà?»

«Perché no? È più logico che non supporre che l'abbia assassinato una persona buona di cuore come Stephen Grant. Perché poi avrebbe dovuto ucciderlo, mi piacerebbe saperlo. Un giorno Stephen aveva bevuto un goccetto di troppo e gli ha risposto male, così è stato licenziato. Ma con questo? Si è trovato un altro posto buono come quello. Forse è questa una ragione per ammazzare, a sangue freddo, un uomo?»

«Ma la polizia si sarà convinta della sua innocenza» disse il signor Satterthwaite.

«La polizia! Che importanza ha la polizia? Quando Stephen viene nel bar la sera, tutti lo guardano in un modo strano. Non sono realmente convinti che abbia assassinato Harwell, però non sono neanche sicuri che non l'abbia fatto, e così lo guardano male e cercano di evitarlo. Bella vita per un uomo, con la gente che ti evita come se tu fossi diverso dal resto dell'umanità. Perché papà non vuole sentirne parlare del nostro matrimonio? "Faresti un cattivo affare, ragazza mia. Io non ho niente contro Stephen, ma... però non sappiamo niente, vero?"»

Tacque, con il petto che si sollevava tumultuosamente per la violenza del suo discorso.

«È crudele, crudele, ecco cos'è» gridò. «Stephen, che non farebbe male a una mosca! E per tutta la vita ci saranno certe persone che penseranno che sia stato lui. È una cosa che lo sta incattivendo. E io non posso certo meravigliarmene. E più lui è così, più la gente pensa che dev'esserci qualcosa sotto.»

Tacque di nuovo. Aveva gli occhi fissi sulla faccia del signor Quin come se ci avesse letto sopra qualcosa che aveva provocato quell'esplosione.

«Non si può far nulla?» disse Satterthwaite.

Era sinceramente angustiato. Capiva che si trattava di qualcosa di inevitabile. La serie di prove contro Stephen Grant, proprio perché erano varie e poco soddisfacenti, gli rendevano ancor più difficile dimostrarne la falsità.

La ragazza si voltò di scatto verso Satterthwaite. «Soltanto la verità può aiutarlo» gridò. «Se si trovasse il capitano Harwell, o se tornasse, se si sapesse come sono andate realmente le cose...» si interruppe con una sorta di singhiozzo, e scappò via in fretta dalla stanza.

«Che bella ragazza» disse Satterthwaite. «E anche un caso triste. Vorrei... vorrei proprio poter fare qualcosa.»

Il suo cuore era turbato.

«Stiamo facendo quel che possiamo» disse Quin. «Ci vorrà ancora quasi mezz'ora prima che la sua macchina sia pronta.»

Satterthwaite lo fissò. «Crede che si possa arrivare alla verità così... parlandone come stiamo facendo?»

«Lei conosce molto bene la vita» disse Quin in tono grave. «Più della maggioranza delle persone.»

«La vita mi è passata accanto sfiorandomi» disse Satterthwaite con amarezza.

«Ma, nel far così, ha affinato le sue capacità visive. Dove altri sono ciechi, lei può vedere.»

«Questo è vero» disse Satterthwaite. «Io sono un grande osservatore» disse compiaciuto. Quell'attimo di amarezza era passato. «Io vedo le cose in questo modo» disse dopo un po'. «Per arrivare alla causa di una cosa, dobbiamo studiarne l'effetto.»

«Molto bene» disse Quin in tono di approvazione.

«L'effetto in questo caso è che la signorina La Couteau - voglio dire la signora Harwell - è una moglie e al tempo stesso non è una moglie. Non è libera e non può risposarsi. E allora, tenendo conto di questo, vediamo Richard Harwell come un personaggio sinistro, un uomo venuto dal nulla, con un passato misterioso.»

«Sono d'accordo» disse Quin. «Lei vede quello che tutti sono costretti a vedere, ciò che non può sfuggire: il capitano Harwell alle luci della ribalta, come un personaggio sospetto.»

Satterthwaite lo occhieggiò dubbioso. Non sapeva bene perché, ma gli sembrava che quelle parole gli suggerissero un quadro leggermente diverso. «Abbiamo studiato l'effetto» disse. «O meglio, il risultato. Adesso possiamo passare...»

Quin lo interruppe. «Non ha preso in esame il risultato dal punto di vista strettamente materiale.»

«Ha ragione» disse Satterthwaite dopo una breve riflessione. «Bisogna andare fino in fondo. Allora diciamo che il risultato della tragedia è questo: la signora Harwell è una moglie e non è una moglie, non ha più la possibilità di risposarsi, il signor Cyrus Bradburn ha potuto acquistare Ashley Grange e tutto ciò che conteneva per... sessantamila sterline, giusto?... E qualcuno nell'Essex si è potuto assicurare John Mathias come giardiniere! Di conseguenza, non possiamo sospettare "qualcuno nell'Essex" oppure il signor Cyrus Bradburn di aver organizzato la scomparsa del capitano Harwell.»

«Lei è sarcastico» disse Quin.

Satterthwaite alzò gli occhi e lo guardò in modo penetrante. «Ma lei sarà d'accordo che...»

«Oh, sì, sono d'accordo» disse Quin. «L'idea è assurda. Che altro c'è?»

«Immaginiamo di essere tornati indietro, al giorno fatale. La scomparsa ha avuto luogo, diciamo, questa stessa mattina.»

«No, no» disse Quin sorridendo. «Dal momento che, per lo meno nella nostra fantasia, abbiamo il potere di controllare il tempo, usiamolo in senso opposto. Diciamo per esempio che la scomparsa del capitano Harwell è avvenuta cent'anni fa. E che noi, nel ventunesimo secolo, stiamo ritornando indietro per studiarla.»

«Lei è uno strano uomo» disse lentamente Satterthwaite «crede nel passato e non nel presente. Perché?»

«Non molto tempo fa lei ha usato la parola "atmosfera". Nel presente non c'è atmosfera.»

«È vero, forse» disse Satterthwaite pensieroso. «Sì, è vero. Il presente ha una certa tendenza a rivelarsi... piuttosto ristretto di vedute.»

«Una buona immagine» disse Quin.

Satterthwaite abbozzò un piccolo inchino. «Lei è troppo gentile» disse.

«Prendiamo... non questo stesso anno, sarebbe troppo difficile, ma diciamo... l'anno scorso» continuò l'altro. «Riassuma lei per me, lei che ha il dono della frase precisa.»

Satterthwaite ci pensò un minuto. Era geloso della propria reputazione. «Cent'anni fa abbiamo l'epoca della cipria e dei nei. Vogliamo dire che era anche l'epoca delle parole incrociate e dei ladri acrobati?»

«Molto bene» approvò Quin. «Presumo che lei ne parli dal punto di vista nazionale, non internazionale, vero?»

«Per quel che riguarda le parole incrociate, devo confessare che non lo so» disse Satterthwaite. «Ma il ladro acrobata ha avuto una certa importanza in Europa. Ricorda quella serie di furti compiuti l'anno scorso nei castelli francesi? Si era arrivati alla conclusione che un uomo solo non avrebbe potuto realizzarli. Per riuscire ad entrarvi sono stati commessi veri e propri miracoli. C'era anche la teoria che fossero stati gli acrobati di una troupe, i Clondini. Era composta da una madre, un figlio e una figlia. Poi sono spariti dal mondo dello spettacolo in modo piuttosto misterioso. Ma stiamo divagando e ci allontaniamo dal nostro argomento.»

«Non siamo andati molto lontano» disse Quin. «Soltanto al di là della Manica.»

«Dove le signore francesi non si bagnano neppure la punta dei piedi secondo il nostro bravo oste» disse Satterthwaite ridendo.

Ci fu una pausa che parve colma di significato.

«Perché scomparve?» disse Satterthwaite. «Perché? Perché? È incredibile, una specie di trucco da prestigiatore.»

«Già» disse Quin. «Un trucco da prestigiatore. È una descrizione che va a pennello. Ancora l'atmosfera, vede. Ma in che cosa sta l'essenza dell'illusione data dal trucco di un prestigiatore?»

«La mano è più rapida dell'occhio» disse Satterthwaite.

«È tutto, vero? Ingannare l'occhio? Qualche volta con la velocità della mano, qualche volta... con altri mezzi. Ci sono molti trucchi, il colpo di pistola, il fazzoletto rosso che viene agitato, qualcosa che sembra importante ma in realtà non lo è. L'occhio viene distolto da quello che sta realmente accadendo, è attratto dal gesto spettacolare che non significa nulla... assolutamente nulla.»

Satterthwaite si sporse verso di lui con gli occhi che scintillavano. «C'è qualcosa in quel che ha detto. È un'idea.»

Continuò parlando sommessamente. «Il colpo di pistola. Che cosa ha preso il posto del colpo di pistola nel trucco da prestigiatore di cui stiamo discutendo? Qual è stato il momento spettacolare che ha attirato la fantasia?»

Trattenne bruscamente il fiato. «La scomparsa» mormorò, ansando, Satterthwaite. «Togliete quella, e non resta nulla.»

«Nulla? Supponiamo che le cose prendessero lo stesso corso senza quel gesto drammatico.»

«Vuole dire... supponiamo che la signorina Le Couteau dovesse vendere Ashley Grange al signor Bradburn e partire... senza alcuna ragione?»

«Bene.»

«Bene, perché no? Avrebbe sempre fatto nascere qualche chiacchiera, suppongo; ci sarebbe stato un notevole interesse per il valore di ciò che la casa conteneva,... nel... ah! Aspetti!»

Restò in silenzio per un minuto poi disse: «Ha ragione: si sono puntate troppe luci sul capitano Harwell. È stato messo troppo in vista. E proprio per questo motivo lei è rimasta in ombra. La signorina Le Couteau! Tutti si chiedono: "Chi era il capitano Harwell? Da dove è venuto?". Ma proprio perché lei è la parte offesa, nessuno si mette a fare indagini sul suo conto. Era realmente una franco-canadese? Quegli stupendi oggetti sono stati realmente un'eredità di famiglia arrivata fino a lei? Aveva ragione quando poco fa ha detto che non avevamo divagato, allontanandoci troppo dal nostro argomento... eravamo andati soltanto al di là della Manica. Quelle cosiddette eredità erano state trafugate dai castelli francesi, in gran parte si trattava di objets d'art di gran valore e, di conseguenza, si poteva trovare una certa difficoltà nel disfarsene. Lei compra la casa - probabilmente per quattro soldi - vi si stabilisce e paga una bella cifra a un'irreprensibile signora inglese perché le faccia da chaperon. Poi arriva lui. La congiura era stata ordita in precedenza. Il matrimonio, la scomparsa, e il fuoco di paglia! Che cosa c'era di più naturale, dopo quello, che una donna con il cuore spezzato desiderasse vendere quanto le ricordava la passata felicità? L'americano è un conoscitore, gli oggetti sono autentici, qualcuno di essi non ha prezzo. Fa un'offerta, lei l'accetta, lascia la località - una figura triste e tragica. Il grande coup è riuscito. L'occhio del pubblico è stato ingannato dalla rapidità della mano e dalla natura spettacolare del giochetto».

Satterthwaite fece una pausa, avvampando per il trionfo.

«Se non fosse stato per lei, non me ne sarei mai accorto» disse con improvvisa umiltà. «Lei ha un effetto molto curioso su di me. Certe volte, anzi spesso, si dicono le cose senza accorgersi di quello che significano in realtà. Lei ha la capacità di mostrarne una. Tuttavia c'è qualcosa che non mi è ancora completamente chiaro. Dev'essere stato molto difficile per Harwell scomparire come ha fatto. In fondo, la polizia lo stava cercando in tutta l'Inghilterra.»

«Probabilmente lo stavano cercando» disse Quin «in tutta l'Inghilterra.»

«Sarebbe stata la cosa più semplice rimanere nascosto alla Grange» disse soprappensiero Satterthwaite. «Se fosse stato possibile.»

«Secondo me era molto vicino alla Grange» disse Quin.

La sua occhiata significativa non andò perduta.

«La casetta di Mathias?» disse Satterthwaite. «Ma la polizia l'avrà perquisita!»

«Ripetutamente, credo» disse Quin.

«Mathias» disse Satterthwaite, aggrottando le sopracciglia.

«E la signora Mathias» disse Quin.

Satterthwaite lo guardava fissamente. «Se quella banda era davvero formata dai Clondini» disse con aria meditabonda «sappiamo che era composta di tre persone. I due più giovani erano Harwell e Eleanor Le Couteau. E la madre, allora, era la signora Mathias? Ma in tal caso...»

«Mathias soffriva di reumatismi, sì o no?» disse Quin con aria ingenua.

«Oh!» esclamò Satterthwaite. «Ci sono arrivato. Ma potevano riuscirci? Credo di sì. Vediamo. Mathias è stato lì un mese. Durante quel periodo, Harwell e Eleanor sono stati via per quindici giorni in luna di miele. Negli altri quindici giorni precedenti al matrimonio, sembra che fossero stati in città. Un uomo intelligente potrebbe aver recitato le due parti di Harwell e Mathias. Quando Harwell era a Kirtlington Mallet, Mathias era molto opportunamente ammalato di reumatismi, con la signora Mathias che lo aiutava a sostenere la finzione. E la sua era una parte necessaria. Senza di lei qualcuno avrebbe potuto sospettare la verità. Come lei dice, Harwell era nascosto nella casetta di Mathias. Era Mathias. Quando finalmente i loro piani si sono realizzati e Ashley Grange è stata venduta, lui e la moglie hanno fatto correre la voce di aver accettato un posto nell'Essex. Esce di scena John Mathias con la moglie... per sempre.»

Si sentì bussare alla porta della sala ed entrò Masters.

«La macchina è pronta, signore» disse.

Satterthwaite si alzò imitato da Quin, che attraversò la stanza e andò alla finestra a scostare le tende. Nella stanza entrò un raggio di luna.

«Il temporale è finito» disse.

Satterthwaite stava infilandosi i guanti. «La settimana prossima deve venire a cena da me il questore» disse con tono d'importanza. «Gli esporrò questa mia teoria.»

«Sarà facile dimostrarla vera o falsa» disse Quin. «Un confronto degli oggetti rinvenuti in Ashley Grange con un elenco fornito dalla polizia francese...»

«Proprio così» disse Satterthwaite. «Molto sfortunato il signor Bradburn, ma... be'...»

«Credo che potrà sopportare la perdita» disse Quin.

Satterthwaite gli tese la mano. «Arrivederci» disse «Non so dirle quanto ho apprezzato quest'incontro inatteso. Lei parte domani da qui, vero?»

«È possibile che parta anche stasera stessa. Quel che avevo da fare qui l'ho fatto. Io vado e vengo, sa.»

Satterthwaite ricordò di aver udito quelle stesse parole, in precedenza, la stessa sera. Piuttosto curioso.

Uscì e si diresse verso l'automobile dove l'aspettava Masters. Dalla porta spalancata del bar uscì la voce del padrone, profonda e compiaciuta.

«Un oscuro mistero» stava dicendo. «Un oscuro mistero, ecco quello che è.»

Ma non usò la parola "oscuro". Quella che usò lasciava intendere un colore completamente diverso. Il signor William Jones sapeva discriminare e sceglieva gli aggettivi a seconda della compagnia in cui si trovava. La compagnia raccolta nel bar aveva un debole per gli aggettivi molto coloriti.

Satterthwaite si abbandonò piacevolmente alle comodità della sua limousine. Si sentiva gonfiare il petto dal piacere del trionfo. Vide la ragazza che si chiamava Mary uscire sui gradini sotto l'insegna cigolante della locanda.

Non immagina certo, disse tra sé Satterthwaite, non immagina certo quello che io sto per fare!

L'insegna del "Giullare" ondeggiava dolcemente nel vento.



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