La bambola della sarta
La bambola giaceva abbandonata nella grande poltrona rivestita di velluto. Non c'era molta luce nella stanza; i cieli di Londra erano cupi. Nella delicata penombra, sembrava che il color verde-salvia delle fodere, delle tende e dei tappeti avesse assunto un'unica tonalità sfumata. La bambola, fra tutte quelle sfumature simili, si confondeva con il resto. Se ne stava lunga distesa, accasciata, scompostamente abbandonata sui cuscini, nell'abito di velluto verde, il berretto di velluto verde e la faccina simile a una maschera dipinta. Non era una bambola di quelle che intendono i bambini. Era un fantoccio, un gingillo per ricche signore, la bambola che viene disposta, un po' ciondoloni, vicino al telefono oppure fra i cuscini del divano. Era lì, come buttata per caso, eternamente afflosciata eppure stranamente viva. Sembrava un prodotto decadente del ventesimo secolo.
Sybil Fox, entrando frettolosa con un mazzetto di campioni di stoffe e lo schizzo del modello di abito, guardò la bambola con una lieve sensazione di sorpresa e di stupore. Rimase dubbiosa ma, di qualsiasi cosa si trattasse, il pensiero non le affiorò subito alla mente. Mormorò: « Dunque, si può sapere dove è andato a finire il campione del velluto blu? Dove l'ho messo? Eppure sono sicura che l'avevo qui proprio adesso! » Uscì sul pianerottolo e gridò, rivolta a chi stava nel laboratorio, di sopra.
« Elspeth. Elspeth, ce lo avete voi di sopra il campione del velluto blu? La signora Fellows-Brown sarà qui da un momento all'altro. »
Rientrò, accendendo tutte le luci. Di nuovo, lanciò un'occhiata alla bambola. « Oh, dunque... dove diavolo... ah, eccolo. » Raccolse il campione di tessuto dal pavimento, dove l'aveva lasciato cadere. Si udì,' fuori, sul pianerottolo, il solito scricchiolio dell'ascensore che saliva e si fermava; e dopo un paio di minuti, la signora Fellows-Brown, accompagnata dal suo pechinese, entrò sbuffando nella stanza come un rumoroso trenino di ferrovia secondaria che arriva in una stazioncina senza importanza.
« Sta per venir giù un acquazzone » disse. « E che acquazzone! »
Si tolse rapidamente guanti e pelliccia. Entrò Alicia Coombe. Ormai non si faceva vedere sempre, ma soltanto quando arrivava qualche cliente speciale, e la signora Fellows-Brown era di queste.
Elspeth la prima lavorante del laboratorio, scese con il vestito e Sybil lo fece scivolare sulla testa della signora Fellows-Brown.
« Ecco! » esclamò. « Vi sta proprio bene. Un colore stupendo, vero? »
Alicia Coombe si appoggiò lievemente allo schienale della poltrona, osservandolo attentamente.
« Sì » ammise. « Trovo che sta bene. Sì, è senz'altro un abito riuscito. »
La signora Fellows-Brown si mise di fianco e si guardò nello specchio.
« Devo ammettere » disse « che i vostri vestiti fanno proprio qualcosa per il mio sedere! »
« Siete molto più magra di tre mesi fa » le assicurò Sybil.
« A dire la verità, no » ribatté la signora Fellows-Brown « anche se devo ammettere che, con questo vestito addosso, è proprio l'impressione che do. C'è qualcosa nel modo con cui tagliate i vestiti, che riesce proprio a diminuire le proporzioni del mio didietro. Sembra quasi che io non ce l'abbia... voglio dire che sembra che sia più o meno delle stesse proporzioni di quello della maggior parte della gente. » Sospirò e si sfiorò cautamente la porzione della sua anatomia che le dava tanti fastidi. « È sempre stato il mio punto debole » disse. « Naturalmente, per anni, riuscivo a farlo sembrare meno vistoso mettendo in evidenza il petto. Ma adesso non posso più farlo, perché oltre al sedere mi è venuta anche la pancia. E insomma... ecco, come si fa a tirar in dentro l'uno e l'altro? »
Alicia Coombe disse: « Dovreste vedere certe mie clienti! »
La signora Fellows-Brown fece qualche esperimento, muovendosi avanti e indietro.
« La pancia è peggio del sedere » disse. « Si nota di più. O forse è quello che uno crede perché quando parli con le persone le hai di fronte e, in quel momento, non possono vederti dietro, mentre invece sono in grado di notare che hai la pancia. Ad ogni modo, la mia regola è quella di tirar indietro la pancia e di lasciar che il sedere si arrangi! » Allungò il collo ancora un po' di più, guardandosi dietro le spalle e poi disse all'improvviso: « Oh, quella bambola che avete lì. Mi fa venire la pelle d'oca! È tanto tempo che l'avete? »
Sybil lanciò un'occhiata incerta a Alicia Coombe la quale sembrò perplessa, ma vagamente angustiata.
« Non lo so con precisione... da un po' di tempo, direi... non riesco mai a ricordare le cose. È tremendo... ma, insomma, io non riesco proprio a ricordare più niente. Sybil, da quanto tempo l'abbiamo? »
Sybil rispose asciutta: « Non lo so ».
« Be' » disse la signora Fellows-Brown « mi fa venire la pelle d'oca. Fantastico! Vedete, dà la impressione di essere lì a guardarci, e chissà che non ci prenda in giro e rida di noi di nascosto! Se fossi in voi, me ne libererei! » Rabbrividì leggermente. Poi si lanciò di nuovo nei dettagli tecnici. Bisognava accorciare le maniche di un paio di centimetri, oppure era meglio di no? E la lunghezza? Quando tutti questi particolari importanti vennero definiti soddisfacentemente, la signora Fellows-Brown si rivestì dei propri abiti e si preparò ad andarsene. Mentre passava davanti alla bambola, voltò di nuovo la testa.
« No » disse. « Questa bambola non mi piace. Dà troppo l'impressione di essere al suo posto, qui. È morboso. »
« Cosa avrà voluto dire? » domandò Sybil mentre la signora Fellows-Brown scompariva giù dalle scale.
Prima che Alicia Coombe potesse rispondere, la signora Fellows-Brown ritornò, mettendo dentro la testa nella stanza.
« Buon Dio, mi ero completamente dimenticata di Fou-Ling. Dove sei, tesorino? Ma guarda un po'! Sembra incredibile! »
Stava guardando qualcosa con gli occhi sbarrati, e le altre due la imitarono. Il pechinese si era seduto vicino alla poltrona di velluto verde e fissava attentamente la bambola che vi era mollemente adagiata. Sul suo muso, dagli occhietti protuberanti, non c'era nessuna espressione né di piacere né di risentimento. Si limitava semplicemente a fissarla.
« Su, vieni, tesorino della mamma » disse la signora Fellows-Brown.
Ma il tesorino della mamma non le prestò la minima attenzione.
« Diventa più disubbidiente » disse la signora Fellows-Brown con l'aria di chi sta esaltando una virtù. « Su, andiamo, Fou-Ling. Buono, buono! Vieni, che c'è un bel pezzetto di fegato che ti aspetta. »
Fou-Ling girò la testa di pochi centimetri verso la sua padrona, poi riprese sdegnato l'osservazione della bambola.
« Bisogna proprio dire che gli ha fatto una grande impressione » disse la signora Fellows-Brown. «Non credo che l'abbia mai notata prima di oggi. E neanch'io. C'era già, l'ultima volta che sono venuta? »
Le altre due donne si guardarono. Sybil, a questo punto, aveva le sopracciglia corrugate e Alicia Coombe, aggrottando la fronte, disse: « Come vi ripeto... in questo periodo, non riesco a ricordarmi mai di niente. Da quanto tempo l'abbiamo, Sybil, si può sapere? »
« Da dove è venuta? » domandò la signora Fellows-Brown. « L'avete comprata? »
« Oh, no. » Per qualche motivo particolare, Alicia Coombe sembrava scandalizzata da quell'idea. «Oh, no. Suppongo... suppongo che me l'abbia data qualcuno. » Scosse la testa. « È esasperante! » esclamò. «Assolutamente esasperante, quando una cosa ti esce dalla testa appena è successa! »
« Allora, Fou-Ling! Non fare lo stupido » disse la signora Fellows-Brown con voce aspra. « Vieni. Altrimenti dovrò prenderti in braccio. » Si chinò a raccoglierlo. Fou-Ling proruppe in un breve latrato di lacerante protesta. E se ne andarono dalla stanza mentre Fou-Ling, con gli occhietti protuberanti girati sulla spalla coperta di pelo setoso, continuava a fissare con enorme attenzione la bambola sulla poltrona...
« Quella bambola lì » disse la signora Groves « mi fa rabbrividire. Proprio così, mette addosso i brividi! »
La signora Groves si occupava delle pulizie. Aveva appena terminato di procedere all'indietro, un po' di sghembo come i gamberi, attraverso il pavimento. Adesso si era raddrizzata e stava girando lentamente per la stanza con il piumino della polvere in mano.
« Buffo, eh? » disse la signora Groves. « Non me ne sono mai accorta fino a ieri. E poi è stato come un colpo, tutto d'un tratto. Sì, proprio. Come un gran colpo, all'improvviso. »
« Non vi piace? » domandò Sybil.
« Ve l'ho già detto, signora Fox » rispose la donna delle pulizie. « Mi fa venire i brividi. Mica tanto naturale, se mi capite. Con quelle gambine molli, penzoloni, e il modo in cui se ne sta lì, tutta floscia, nella poltrona e quella arietta da furbona! No, c'è qualcosa che non va! »
« Però non avete mai detto niente di questa bambola fino a oggi! » disse Sybil.
« Ve lo ripeto, non l'avevo mai notata... fino a stamattina... Lo so anch'io che è già da un po' di tempo che l'avete qui, però... » si interruppe mentre un'espressione di stupore le passava sulla faccia. « È come una di quelle cose che si sognano di notte » disse e, raccogliendo tutta una serie di utili strumenti per le pulizie, uscì dal sa-lottino di prova e attraversò il pianerottolo, dirigendosi verso il locale che si trovava sul lato opposto.
Sybil fissò con attenzione la bambola, mollemente abbandonata sulla poltrona. Sulla sua faccia si stava dipingendo un'espressione sbalordita. Alicia Coombe entrò e Sybil si voltò rapidamente: «Signorina Coombe, da quanto tempo possedete quest'esserino? »
« Cosa, la bambola? Mia cara, sapete bene che non riesco più a ricordare niente! Ieri... insomma, è stato troppo sciocco da parte mia! Stavo andando a quella conferenza e avevo già percorso un bel tratto di strada quando, di colpo non sono più riuscita a ricordarmi dove stavo andando. Ho pensato e ripensato. Mi sono lambiccata il cervello. E, alla fine, mi sono detta che doveva essere Fortnum. Sapevo che c'era qualcosa che volevo comprare da Fortnum. Be', non ci crederete ma è stato soltanto quando sono rientrata a casa, mentre prendevo il tè, che mi sono ricordata della conferenza. Naturalmente ho sempre sentito dire che, con il passare degli anni, certe persone rimbecilliscono, però devo ammettere che, per me, sta capitando un po troppo in fretta. Adesso ho dimenticato il posto dove ho messo la borsetta... e anche gli occhiali Insomma, si può sapere dove li ho messi? Li avevo proprio adesso... stavo leggendo il Times »
« Gli occhiali sono qui, sulla mensola del caminetto » disse Sybil, porgendoglieli. « Come vi siete procurata questa bambola? Chi ve l'ha regalata? »
« Anche in questo caso, c'è il vuoto nel mio cervello » disse Alicia Coombe. « Qualcuno me la deve aver regalata, o mandata, suppongo Ad ogni modo, mi sembra che sia molto in armonia con tutto il resto della stanza, non è vero? »
« Fin troppo, direi » ribatté Sybil « Lo strano è che non ricordo assolutamente quando è stata la prima volta che mi sono accorta della sua esistenza! »
« Su, su, cercate di non diventare smemorata come me » la ammonì Alicia Coombe. « Dopo tutto, siete ancora giovane. »
« Eppure, credetemi, signorina Coombe, non me ne ricordo affatto. Voglio dire che, ieri, l'ho guardata e mi è sembrato che ci fosse qualcosa di inquietante in lei..., la signora Groves ha proprio ragione. Poi ho pensato che non era la prima volta che lo pensavo e ho cercato di ricordarmi quando mi era venuto un pensiero simile e... insomma, non sono affatto riuscita a farmelo venire in mente! Quasi quasi, era come se non la avessi mai vista prima... solo che non era questa la sensazione che provavo. Era come se fosse già qui da tanto tempo mentre io l'avevo osservata solo allora per la prima volta! »
« Forse un bel giorno è volata dentro dalla finestra a cavalcioni di un manico di scopa » disse ironica Alicia Coombe. « Ad ogni modo, si armonizza perfettamente con tutto il resto in questa stanza, non è vero? » Si guardò intorno. « Un po' difficile immaginare questo locale senza di lei, eh? »
« Già, infatti » rispose Sybil con un leggero brivido, « ma come vorrei che fosse il contrario! »
« Cioè? »
« Come vorrei riuscire a immaginare questo locale senza di lei, invece! »
« Cosa stiamo facendo? Non perderemo il ben dell'intelletto per questa bambola, per caso, eh? » esclamò Alicia Coombe spazientita. « Si può sapere cosa c'è che non va in questa poverina? A me dà un po' l'impressione di un cavolo appassito ma forse è perché non ho gli occhiali. » Aggiunse. Poi se li mise sul naso e osservò con fermezza la bambola. « Sì » disse « capisco quel che volete dire. È davvero inquietante, fa proprio venire i brividi... un'aria così triste, ha... sì, però anche furbetta e abbastanza determinata. »
« Strano » seguitò Sybil « che la signora Fellows-Brown abbia provato un'antipatia così violenta nei suoi confronti. »
« È una donna, quella, che non dice mai ciò che pensa » osservò Alicia Coombe.
« Però è curioso » insistette Sybil « che questa bambola dovesse farle una tale impressione. »
« Forse » disse Sybil con una risatina « quella bambola non è mai stata qui fino a ieri... Forse è proprio... volata dentro dalla finestra, come avete detto voi, e si è stabilita qui. »
« No » disse Alicia Coombe « sono sicura che c'era già da qualche tempo. Forse è diventata visibile solo ieri! »
« È quello che provo anch'io » disse Sybil « ... che fosse già qui da un po'... ma insisto nel ripetere che non l'ho mai realmente vista fino a ieri. »
« Adesso, cara » disse Alicia Coombe in tono brusco « basta. Mi fate sentire così strana... con i brividi che mi corrono su e giù per la schiena. Non vorrete creare un'atmosfera soprannaturale intorno a questo pupazzo, per caso? » Afferrò la bambola, la scosse, le riaggiustò le spalle e la mise a sedere su un'altra poltrona. Immediatamente la bambola si accasciò mollemente su se stessa.
« Non sembra assolutamente una creatura umana » disse Alicia Coombe fissando la bambola. «Eppure, a modo suo, sembra proprio viva, eh? »
« Oh che spavento mi ha fatto prendere » ripeteva la signora Groves mentre si aggirava per il salone delle sfilate, spolverando. « Mi ha fatto prendere un tale spavento che, quasi quasi, non ci rimettevo più piede, io, nel salottino di prova! »
« Chi vi avrebbe fatto prendere uno spavento? » domandò la signorina Coombe, che era seduta a una scrivania d'angolo, assorta nell'esame di varia fattura.
« Questa qui » aggiunse più per le proprie orecchie che non per quelle della signora Groves, « crede di poter avere due abiti da sera, tre da cocktail e un tailleur all'anno senza sborsare neanche un centesimo! Ma è incredibile la sfacciataggine di certa gente! »
« È quella bambola » disse la signora Groves.
« Cosa? Ancora la nostra bambola? »
« Sì, proprio! Seduta là alla scrivania, come un essere umano! Oh, che spavento mi ha fatto prendere!»
« Ma si può sapere di che cosa state parlando? »
Alicia Coombe si alzò, attraversò il salone a lunghi passi, percorse il pianerottolo ed entrò nel locale di fronte... il salottino di prova. In un angolo c'era un piccolo scrittoio Sheraton e lì, seduta su una sedia, che gli era stata tirata vicino, con le lunghe braccia flosce appoggiate sopra, sedeva la bambola.
« Sembra che qualcuno abbia voluto divertirsi un po' » disse Alicia Coombe. « Che buffa idea, metterla lì, seduta a quel modo! Ma guardate un po'! Ha proprio un'aria naturale. »
In quel momento scendeva dalle scale Sybil Fox, portando con sé un vestito che doveva essere messo in prova quella mattina stessa.
« Venite qui, Sybil. Guardate la nostra bambola seduta alla mia scrivania: adesso si è addirittura messa a scrivere lettere! » Le due donne la osservarono. « Insomma è troppo ridicolo! » disse Alicia Coombe. «Vorrei proprio sapere chi l'ha messa lì a quel modo! Siete stata voi? »
« No, non sono stata io » disse Sybil. « Dev'essere stata una delle ragazze che lavorano di sopra. »
« Uno scherzo molto stupido, davvero! » disse Alicia Coombe. Afferrò la bambola seduta alla scrivania e la scaraventò sul divano.
Sybil distese con cura su una sedia il vestito, poi uscì e risalì nel laboratorio della sartoria.
« Vi ricordate la bambola » chiese, « la bambola di velluto nella stanza della signorina Coombe, giù al piano di sotto... nel salottino di prova? »
La prima lavorante e tre delle ragazze alzarono gli occhi.
« Sì, signora, certo che ce la ricordiamo! »
« Chi ha voluto fare uno scherzo e l'ha messa seduta alla scrivania? »
Le tre ragazze la fissarono, poi Elspeth, la prima lavorante, disse: « Seduta alla scrivania? Io, proprio, non saprei! »
« Neanch'io » disse una delle ragazze. « E tu, Marlene?» Marlene fece segno di no con la testa.
« Lo avete fatto per scherzo, Elspeth? »
« No, davvero! » disse Elspeth, una donna dall'aria severa che dava l'impressione di aver sempre la bocca piena di spilli. « Ho ben altro da fare io! E non ho né voglia né tempo di giocare con le bambole e metterle sedute alla scrivania! »
« Sentite un po' » disse Sybil e, con sua grande sorpresa si accorse di avere la voce un po' tremula. « È stato... è stato uno scherzo proprio divertente, solo che vorrei sapere chi l'ha fatto. »
Le tre ragazze cominciarono a inalberarsi.
« Ve lo abbiamo già detto, signora Fox. Non siamo state noi, vero, Marlene? »
« Io non sono stata » disse Marlene « e se Nellie e Margaret dicono di non essere state neanche loro, vuol dire che non siamo state noi. »
« Avete già sentito la mia risposta » disse Elspeth. « E poi, si può sapere cos'è tutta questa storia, signora Fox? »
« Forse è stata la signora Groves? » disse Elspeth.
Sybil scosse la testa. « Impossibile che sia stata la signora Groves. Le ha fatto prendere un tale spavento! »
« Voglio venir giù a vedere con i miei occhi » disse Elspeth.
« Adesso non è più lì » disse Sybil. « La signorina Coombe l'ha tolta dalla scrivania e l'ha buttata sul divano. Bene... » e fece una pausa... « volevo semplicemente dire che qualcuno deve averla seduta su quella sedia davanti alla scrivania... pensando che fosse divertente, suppongo! E... e io non capisco perché, chi l'ha fatto, non vuole dirlo! »
« Ve l'ho già ripetuto due volte, signora Fox » disse Margaret. « Non vedo perché dobbiate continuare ad accusarci di dire le bugie. Nessuna di noi farebbe mai una cosa tanto stupida! »
« Scusatemi » disse Sybil. « Non volevo mettervi in agitazione. Ma... ma chi può essere stato? »
«Forse si è alzata e ci è andata con le sue gambe » disse Marlene, e scoppiò in una risatina sciocca.
Per qualche motivo particolare, l'idea suggerita dalla ragazza non piacque a Sybil.
« Oh, ad ogni modo, tutta questa storia non è altro che un mucchio di sciocchezze » disse, e ridiscese.
Alicia Coombe stava canticchiando tra sé tutta allegra. Si guardò in giro.
« Ho smarrito per l'ennesima volta i miei occhiali » disse. « Però non importa. Adesso come adesso non ho voglia di guardare niente. Il guaio è che, quando una persona ha così poca vista come la sottoscritta, e ha smarrito un paio di occhiali, se non ne possiede un altro paio da infilare per ritrovare quelli smarriti, be'... non ci riuscirà mai perché non ci vede abbastanza bene per cercarli! »
« Ve li cerco io » disse Sybil. « Li avevate proprio adesso! »
« Mentre eravate di sopra, sono andata nell'altra stanza. Immagino di averli portati di là con me. »
E passò nell'altro locale.
« Che fastidio! » esclamò Alicia Coombe. « Volevo continuare a fare questi conti ma, senza occhiali... non ci riesco! »
« Vado a prendervi l'altro paio in camera da letto » disse Sybil.
« Al momento, non ne ho un secondo paio » disse Alicia Coombe.
« Possibile? E dove sono finiti? »
« Credo di averli dimenticati ieri quando ero fuori a pranzo. Ho telefonato là e anche nei due negozi dove era andata. »
« Oh, poveri noi » disse Sybil, « dovreste farne tre paia, suppongo! »
« Se avessi tre paia di occhiali » disse Alicia Coombe, « passerei la vita a cercarne l'uno o l'altro. No, credo proprio che la cosa migliore sia averne uno soltanto! Così sarò costretta a cercarli fintanto che non li avrò trovati. »
« Saranno pure in qualche posto! » disse Sybil. « Non siete mai uscita da queste due stanze. Qui non ci sono, quindi li avrete lasciati nel salottino di prova. »
Ci andò e lo girò, guardando dappertutto con grande attenzione. Poi, non sapendo più dove cercarli, le venne in mente di sollevare la bambola dal divano.
« Li ho trovati » gridò.
« Oh, e dov'erano, Sybil? »
« Sotto quella cara bamboletta! Probabilmente ce li avrete lasciati cadere quando l'avete messa di nuovo a sedere lì! »
« No. Sono sicurissima di non aver fatto niente di simile! »
« Oh! » esclamò Sybil esasperata. « Allora non ci resta che supporre che sia stata la bambola a prenderli e a nasconderli! »
« Ma, non saprei » disse Alicia, fissando pensierosa la bambola. « Non lo escluderei affatto! Ha un'aria molto intelligente, non trovate, Sybil? »
« Non credo che mi piaccia quel faccino » disse Sybil. « Sembra che sappia qualcosa che noi ignoriamo. »
« Non trovate che ha un'espressione un po' triste e dolce al tempo stesso? » disse Alicia Coombe, cercando di persuadere l'altra, ma senza molta convinzione.
« Non credo che sia affatto dolce » disse Sybil.
« Non... forse avete ragione... Oh, bene, occupiamoci dei fatti nostri. Lady Lee sarà qui fra dieci minuti. E vorrei preparare e mandare a impostare queste fatture. »
« Signora Fox. Signora Fox. »
« Sì, Margaret? » disse Sybil. « Cosa c'è? »
Sybil era china su un tavolo, intenta a tagliare un pezzo di satin.
« Oh, signora Fox, si tratta ancora di quella bambola. Ho portato giù il vestito marrone, come mi avevate detto e la bambola è ancora seduta davanti alla scrivania. E non sono stata io... non è stata nessuna di noi. Per piacere, signora Fox, credetemi, nessuna di noi oserebbe fare una cosa del genere! »
Le forbici di Sybil ebbero un guizzo e scivolarono di lato.
« Ecco! » esclamò stizzita, « guardate che cosa mi avete fatto fare! Oh, be', non è poi un guaio così grosso, per fortuna. Allora, cos'è questa storia della bambola? »
« È seduta di nuovo alla scrivania. »
Sybil scese al piano sottostante ed entrò nel salottino di prova. La bambola si trovava esattamente nella stessa posizione di poco prima.
« Sei una bella ostinata, eh? » disse Sybil, rivolgendosi alla pupattola.
La afferrò senza tante cerimonie e la tornò a mettere sul divano.
« Il tuo posto è qui, bambina mia » disse. « E devi restarci. »
Poi si diresse verso l'altra stanza.
« Signorina Coombe. »
« Sì, Sybil? »
« Sapete che qualcuno si sta prendendo gioco di noi? Quella bambola era seduta ancora alla scrivania.»
« Chi pensate che possa essere? »
« Secondo me, una delle tre ragazze del laboratorio » disse Sybil. « Credono che sia divertente, forse. Naturalmente giurano e spergiurano che non sono loro! »
« Chi pensate che sia... Margaret? »
« No, secondo me non si tratta di Margaret. Aveva un'aria stravolta quando è venuta a dirmelo. Immagino, piuttosto, che sia quella scioccherella di Marlene, che ride sempre. »
« Ad ogni modo, è una cosa molto stupida da fare! »
« Naturalmente.... è idiota » disse Sybil. « Comunque » aggiunse, corrucciata, « ho intenzione di metter fine a tutta questa faccenda. »
« Cosa avete intenzione di fare? »
« Vedrete » disse Sybil.
Quella sera, quando se ne andò, chiuse a chiave, dall'esterno, la porta del salottino di prova.
« Chiudo a chiave questa porta » disse « e tengo la chiave con me. »
« Oh, capisco » disse Alicia Coombe con l'aria leggermente divertita. « State cominciando a pensare che sia io, vero? Credete che sia tanto distratta da entrare là dentro, pensando di sedermi a quella scrivania e invece di farlo io, prendere la bambola e metterla lì a scrivere, al mio posto, eh? Sarebbe questo, ciò che pensate? E che, poi, me ne dimentico completamente? »
« Be', è sempre una possibilità » ammise Sybil. « Ad ogni modo, voglio avere la completa sicurezza che, stanotte, nessuno potrà prepararci qualche stupido scherzetto. »
La mattina seguente, con le labbra contratte in una piega dura, la prima cosa che Sybil fece, al suo arrivo, fu quella di riaprire la porta del salottino di prova con la chiave e di entrarvi a passo fermo. La signora Groves, con aria offesa, straccio e scopa in mano, era lì ad aspettare sul pianerottolo. « Adesso vedremo! » disse Sybil. Ma indietreggiò con un'esclamazione smorzata di stupore.
La bambola era seduta alla scrivania.
« Accidenti! » disse la signora Groves alle sue spalle. « È un mistero! Già, proprio un mistero. Oh, signora Fox! Su coraggio, siete diventata tutta pallida! Non vi sentite male? Vi occorre un buon goccetto. La signorina Coombe ha qualcosina da bere di sopra, lo sapete, per caso? »
« Sto benissimo » disse Sybil.
Si diresse verso la bambola, la prese in mano con cautela e attraversò la stanza tenendola fra le braccia.
« Qualcuno ha voluto farle di nuovo uno scherzo » disse la signora Groves.
« Non so come avrebbero potuto farmelo, stavolta » disse Sybil lentamente. « Ieri sera avevo chiuso a chiave la porta. Sapete benissimo anche voi che nessuno poteva entrare. »
« Forse qualcuno ha un'altra chiave » disse la signora Groves, ansiosa di rendersi utile.
« Non credo » disse Sybil. « Non abbiamo mai pensato di chiudere a chiave questa porta prima d'ora. Si tratta di una di quelle chiavi antiquate... e ce n'è una sola. »
« Forse l'altra chiave... quella della porta di fronte... va bene anche per questa. »
Così, a poco a poco, fecero la prova con tutte le chiavi della sartoria ma nessuna andava bene per la serratura del salottino di prova.
« È strano, signorina Coombe » disse Sybil qualche tempo dopo, mentre pranzavano insieme.
Alicia Coombe aveva un'aria quasi contenta. « Mia cara » disse. « Io trovo che è semplicemente straordinario. Dovremmo scrivere a quella gente che si occupa di studi psichici. Sapete che potrebbero mandare qualcuno a indagare... una medium o qualcosa di simile... per vedere se, nella stanza, c'è qualcosa di strano. »
« A sentirvi, si ha l'impressione che non abbia molta importanza per voi » disse Sybil.
« Ecco, sotto un certo punto di vista, devo dire che — quasi quasi — mi diverto » rispose Alicia Coombe. « Cioè, alla mia età, è piuttosto divertente... quando capitano certe cose! Al tempo stesso... no» aggiunse, rannuvolandosi « non credo che mi piaccia del tutto. Voglio dire che questa bambola comincia a credersi chissà chi, vero? »
Quella sera, Sybil e Alicia Coombe chiusero di nuovo a chiave, dall'esterno, la porta.
« Io continuo a essere convinta » disse Sybil « che qualcuno voglia farci uno scherzo anche se, a dire la verità, non riesco a capire perché... »
« Pensate che, domattina, sarà seduta di nuovo alla scrivania? » domandò Alicia.
« Sì » rispose Sybil, « credo di sì. »
Invece sbagliavano. La bambola non era seduta alla scrivania. Era appollaiata sul davanzale della finestra e guardava fuori, in strada. E, anche questa volta, la sua posizione era piena di una naturalezza straordinaria.
« È terribilmente stupido tutto questo, vero? » disse Alicia Coombe mentre bevevano rapidamente una tazza di tè nel pomeriggio. Di comune accordo non avevano scelto, per l'ora del tè, il salottino di prova come al solito ma si erano riunite nella stanza di fronte, quella privata di Alicia.
« Stupido, in che senso? »
« Be', voglio dire che non c'è niente a cui appigliarsi. Si tratta soltanto di una bambola che si trova sempre in un posto differente. »
A mano a mano che i giorni passavano, questa osservazione sembrò sempre più adeguata. Perché, adesso, la bambola non si spostava solo di notte. In qualsiasi momento entrassero nel salottino di prova, anche dopo essere rimaste assenti solo per pochi minuti, potevano trovare la bambola in un posto diverso: su una poltrona, dopo averla lasciata sul divano. Oppure su una poltrona diversa da quella di prima. Qualche volta era sul sedile sotto la finestra, e qualche altra volta alla scrivania.
« Insomma, si muove come le pare e piace » disse Alicia Coombe. « E io credo, Sybil... credo che questo la diverta. »
Le due donne erano ferme, in piedi, e stavano fissando quella pupattola inerte, afflosciata fra le pieghe dell'abito di morbido velluto, con il visetto di seta dipinta.
« Qualche pezzettino di vecchio velluto e di seta, un po' di pittura, ed è tutto » disse Alicia Coombe. Aveva la voce angustiata. « Suppongo, sapete, che... ehm... potremmo liberarcene. »
« Cosa volete dire? In che senso "liberarcene"? » domandò Sybil con voce quasi sconvolta.
« Be' » disse Alicia Coombe, « potremmo buttarla nel fuoco, se ci fosse un fuoco. Bruciarla, voglio dire, come una strega... Oppure, naturalmente » aggiunse in tono disinvolto, « buttarla nella spazzatura.»
« Non credo che sarebbe una buona soluzione » disse Sybil. « Probabilmente qualcuno la tirerebbe fuori dai rifiuti e ce la verrebbe a restituire. »
« Oppure potremmo mandarla in qualche posto » disse Alicia Coombe. « Sapete, una di quelle associazioni che continuano a scrivere e a chiedere qualcosa... per una vendita di beneficenza, per un bazaar. Credo che sia l'idea migliore. »
« Non so... » disse Sybil. « Avrei quasi paura di compiere un'azione del genere. »
« Paura? »
« Credo che tornerebbe indietro » disse Sybil.
« Volete dire che tornerebbe qui? »
« Sì. »
« Come un piccione viaggiatore? »
« Sì, press'a poco. »
« Non ci starà dando di volta il cervello, per caso? » disse Alicia Coombe. « Spero proprio di no. Io non sono completamente rimbambita e voi non mi date ragione come si fa con i matti, vero Sybil? »
« No » disse Sybil. « Ma ho una sensazione spiacevolissima... una terribile sensazione che quella bambola sia troppo forte per noi! »
« Cosa! Un fagotto di stracci? »
« Sì, proprio quell'orribile fagottino di stracci, così molle e floscio. Perché, vedete, è talmente decisa! »
« Decisa? »
« Ad averla vinta? Volete dire che, adesso, questa stanza è diventata sua? »
« Sì » ammise Alicia Coombe, guardandosi intorno, « perché è così, vero? Naturalmente, è sempre stato così, se ci pensate bene... i colori e tutto il resto... io pensavo che fosse la bambola ad armonizzarsi con la stanza, ma invece è la stanza ad essere in armonia con lei. Devo dire » continuò la sarta, con una sfumatura più tagliente nella voce « che sembra abbastanza assurdo che una bambola possa venire a prender possesso di certe cose, in questo modo! Sapete che la signora Groves non vuol più farci le pulizie? »
« Dice che ha paura della bambola? »
« No. Ha tirato fuori qualche scusa d'altro genere. » Poi, con voce vagamente impaurita, Alicia aggiunse: « Cosa dobbiamo fare, Sybil? Questa situazione mi deprime. Ormai sono settimane che non riesco a disegnare neanche un modello. »
« Quanto a me, non sono più capace di concentrarmi quando devo tagliare i vestiti » confessò Sybil. «Commetto gli errori più stupidi. Forse » aggiunse incerta, « la vostra idea di scrivere a quella gente delle ricerche psichiche potrebbe esserci utile. »
« Ci prenderebbero per un paio di vecchie stupide » disse Alicia. « Non parlavo seriamente. No, suppongo che dovremo cercare di tirare avanti... fino a quando... »
« Fino a quando... »
« Oh, non lo so » ammise Alicia, e rise per nascondere l'imbarazzo.
La mattina seguente Sybil, quando arrivò, trovò la porta del salottino di prova chiusa a chiave.
« Signorina Coombe, avete voi la chiave? Siete stata voi a chiudere ieri sera? »
« Sì » disse Alicia Coombe « l'ho chiusa a chiave, e così resta adesso! »
« Cosa intendete dire? »
« Voglio semplicemente dire che ho rinunciato a quella stanza. Può averla tutta per sé, la bambola! Non abbiamo bisogno di due salotti. Possiamo fare qui le prove. »
« Quello è il vostro salotto privato. »
« Be', non lo voglio più. Ho una camera da letto molto bella. Posso trasformarla in una camera da letto-soggiorno, no? »
« Volete dire che non metterete mai più piede in quel salottino di prova? » domandò incredula Sybil.
« Precisamente. »
« Ma... e le pulizie? Si coprirà di polvere, si rovinerà tutto! »
« Non me ne importa nulla! » disse Alicia Coombe. « Se quel locale sta lasciandosi possedere lentamente da una bambola... benissimo», che diventi un suo possesso in senso completo Che se lo pulisca lei! » E poi aggiunse: « Ci odia sapete ».
« Come sarebbe? » disse Sybil. « La bambola odia noi? »
« Sì » disse Alicia. « Non lo sapevate? Eppure dovete esservene accorta! Non lo avete capito osservandola? »
« Sì » ammise Sybil pensierosa « suppongo di sì. Suppongo di averlo sempre intuito... che ci odiava e voleva scacciarci di qui. »
« È un esserino pieno di malizia » disse Alicia Coombe. « Ad ogni modo, adesso dovrebbe essere soddisfatta. »
Dopo quella decisione drastica la vita seguitò a trascorrere tranquilla. Alicia Coombe annunciò al personale che, per il momento, rinunciava a servirsi del salottino di prova... spiegò che le stanze da pulire e spolverare erano già troppe Tuttavia non le fu certo di conforto udire, non vista, una delle lavoranti che diceva a una compagna, quella stessa sera: « Adesso la signorina Coombe è diventata proprio matta. Ho sempre pensato che fosse un po' stramba... non faceva che perdere gli oggetti, e dimenticarsi di tutto. Ma adesso non si controlla più assolutamente. Deve avere una specie di fissazione con quella bambola che c'è giù, nel salottino. »
« Oh, credi proprio che diventerà pazza furiosa? » aveva risposto l'altra. « Che potrebbe accoltellarci o qualcosa del genere? »
Passarono oltre, chiacchierando e Alicia si raddrizzò, più impettita, sulla sedia. Diventar matta, figuriamoci! Poi, aggiunse con tristezza, tra sé: "Se non fosse per Sybil comincio a credere che lo penserei anch'io! Ma con me, Sybil e anche la signora Groves, dà proprio l'impressione che ci sia qualcosa di poco chiaro in questa storia! Quello che non riesco a capire è come finirà, piuttosto! »
Una ventina di giorni dopo, Sybil disse a Alicia Coombe: « Una volta o l'altra bisognerà pur entrare in quella stanza ».
« Perché? »
« Voglio dire che sarà in uno stato pietoso. Entreranno le tarme dappertutto, e via dicendo! Dovremmo spazzarla e spolverarla... solo questo... e poi richiuderla a chiave. »
« Io preferirei tenerla così com'è, ben chiusa, e non metterci più piede » disse Alicia Coombe.
Sybil rispose: « Guarda, guarda, siete ancora più superstiziosa di me, sapete? ».
« Probabilmente, sì » ammise Alicia Coombe. « Sono sempre stata più pronta a credere in tutto ciò di quanto non lo siate stata voi, tanto per cominciare... e poi, sapete che... trovo emozionante quello che accade, senza sapermene spiegare il motivo. Non capisco. Però ho paura e preferirei non entrarci più! »
« Io invece voglio entrarci » disse Sybil « e ci entrerò. »
« Sapete per quale ragione volete entrarci? » disse Alicia Coombe. « Siete curiosa, ecco la verità! »
« E va bene, d'accordo. Sono curiosa. Voglio vedere quel che ha fatto la bambola. »
« Io sono sempre dell'opinione che sia meglio lasciarla stare » disse Alicia. « Adesso che abbiamo abbandonato quel locale, è soddisfatta. E fareste meglio a non farle cambiare umore. » Proruppe in un sospiro di esasperazione. « Quante stupidaggini stiamo dicendo! »
« Sì, lo so che stiamo dicendo un sacco di stupidaggini, ma trovatemi un po' voi il modo di non dirle... Su, datemi la chiave! »
« Va bene, va bene! »
« Credo che abbiate paura che la lasci venir fuori o qualcosa del genere. Secondo me, dovrebbe essere di quegli esseri che passano attraverso le porte e le finestre! » Sybil aprì la porta ed entrò. «Ma è stranissimo » disse.
« Cosa c'è di strano? » chiese Alicia Coombe, occhieggiando al di sopra della sua spalla.
« Questo salottino sembra senza un briciolo di polvere vero? Eppure, si dovrebbe pensare che dopo essere rimasto chiuso tutto questo tempo... »
« Sì, è strano. »
« Eccola! » disse Sybil.
La bambola era sul divano. Ma non vi giaceva nella solita posizione afflosciata. Invece era seduta ben dritta, con un cuscino dietro la schiena. Aveva l'aria della padrona di casa che sta aspettando di ricevere gente.
« Bene » disse Alicia Coombe « sembra proprio a suo agio, vero? Quasi quasi mi vien voglia di chiedere scusa perché sono entrata. »
« Andiamocene » mormorò Sybil. Indietreggiò, richiuse la porta e girò la chiave nella serratura.
Le due donne si fissarono.
« Vorrei sapere » disse Alicia Coombe « perché ci spaventa a questo modo... »
« Bontà divina, e chi non si spaventerebbe? »
« Be', voglio dire che, a ben pensarci, cosa sta succedendo qui, in fondo? Niente di così speciale. Solo una specie di pupattola che si muove per la stanza. Secondo me non è la bambola in se stessa... è uno spirito che annuncia in questo modo la sua presenza. »
« Oh, questa sì che è una buona idea! »
« Già, ma io non ci credo sul serio. Credo che... credo che sia... la bambola. »
« Siete sicura di non sapere da dove è arrivata? »
« Non ne ho la minima idea » insistette Alicia. « E più ci penso, più sono sicura di non averla affatto comprata, e di non averla ricevuta in regalo da nessuno. Credo che... ecco, che sia arrivata così, semplicemente. »
« Credete che... se ne andrà, un giorno? »
« A dire la verità » rispose Alicia, « non ne vedo il motivo... Ha tutto ciò che vuole. »
Invece sembrava che la bambola non avesse affatto tutto ciò che voleva. Il giorno seguente, quando Sybil entrò nel salone delle sfilate, restò con il fiato mozzo per lo spavento. Corse a chiamare, sul pianerottolo.
«Signorina Coombe, signorina Coombe, venite giù. »
« Cos'è successo? »
Alicia Coombe, che si era alzata tardi, scese le scale zoppicando leggermente perché soffriva di reumatismi al ginocchio destro.
« Si può sapere cosa vi è successo, Sybil? »
« Guardate. Guardate cos'è capitato, adesso! » Si trovavano sulla soglia del salone. Seduta su un divano, mollemente appoggiata al bracciolo, c'era la bambola.
« È venuta fuori » disse Sybil. « È venuta fuori da quella stanza! Vuole anche questa! »
Alicia Coombe si mise a sedere vicino alla porta. « Alla fine » disse « immagino che vorrà l'intera sartoria. »
« È possibile » disse Sybil.
« Brutta antipatica, furba, maligna » disse Alicia rivolgendosi alla bambola. « Si può sapere perché continui a venire a darci fastidio? Non ti vogliamo. »
Le sembrò - e anche Sybil ebbe la stessa impressione - che la bambola abbozzasse un lievissimo movimento. Come se le sue membra si rilassassero ancora di più. Un lungo braccino floscio era allungato sul bracciolo del divano e il visetto, seminascosto, sembrava che occhieggiasse al di sotto di quello. Aveva un'espressione furba e maliziosa.
« Che orribile creatura » disse Alicia. « Non la sopporto. Non la sopporto più! »
D'un tratto, cogliendo completamente di sorpresa Sybil, attraversò rapida la stanza, afferrò la bambola, corse alla finestra, la spalancò e scaraventò la bambola giù, in strada. A Sybil sfuggì un'esclamazione soffocata, un mezzo grido di paura.
« Oh, Alicia, non dovevate farlo! Sono sicura che non dovevate farlo! »
« Bisognava pur fare qualcosa » disse Alicia Coombe. « Insomma non la sopportavo più. »
Sybil la raggiunse alla finestra. Laggiù, sul marciapiede, la bambola giaceva come un fagotto, a faccia in giù.
« L'avete uccisa » disse Sybil.
« Non siate ridicola... Come posso uccidere qualcosa che è fatto di due straccetti di seta e di velluto. Non è una persona reale. »
« È orribilmente reale » disse Sybil.
Alicia restò con il fiato sospeso.
« Santo Iddio! Quella bambina... »
Una bambinetta cenciosa si era avvicinata alla bambola. Guardò a destra e a sinistra... la strada non era particolarmente affollata a quell'ora del mattino anche se c'era un certo traffico di automobili; poi, come se fosse soddisfatta di ciò che aveva visto, la piccina si chinò a raccogliere la bambola e scappò verso l'altro marciapiede.
« Ferma, ferma! » gridò Alicia.
Si voltò verso Sybil.
« Quella bambina non deve prendere la bambola. Non deve! Quella bambola è pericolosa... è cattiva. Dobbiamo impedirglielo. »
Ma non furono loro a fermarla, fu il traffico In quel momento tre tassì arrivarono da una direzione e due furgoni carichi di merce da quella opposta, La bambina si trovò bloccata su un'isola pedonale, in mezzo alla strada. Sybil scese le scale a precipizio, Alicia Coombe la seguì. Sgusciando fra un furgone e un'automobile, Sybil, con Alicia Coombe alle calcagna, arrivò sull'isola pedonale prima che la bambina potesse guadagnare il marciapiede opposto, passando fra il traffico « Non puoi portar via quella bambola » disse Alicia Coombe. « Restituiscimela. »
La bambina la guardò. Era un cosino magro magro, sugli otto anni, leggermente strabica. Ma il suo visetto aveva un'espressione di sfida.
« Perché dovrei darvela? » disse. « Buttata giù dalla finestra l'avete... già... vi ho visto. Se l'avete gettata giù dalla finestra, vuol dire che non la volete, così adesso è mia. »
« Te ne comprerò un'altra » esclamò Alicia ormai in preda alla disperazione, « Andiamo in un negozio di giocattoli... ti compro quello che vuoi... la bambola più bella che riusciremo a trovare. Ma devi restituirmi questa. »
« No che non la restituisco » disse la piccina. Le sue braccine circondarono con aria di protezione la bambola di velluto.
« Devi renderla » disse Sybil. « Non è tua. »
E protese la mano, per togliere la bambola alla bambina. Ma in quello stesso istante, la piccina batté un piede al suolo, si voltò e si mise a gridare contro le due donne:
« No! no, e poi no! È mia, mia! Le voglio bene. Voi non le volete bene. La odiate. Se non la odiavate, non l'avreste buttata giù dalla finestra. Io le voglio bene, avete capito? Ed è tutto quello che cerca. La bambola cerca qualcuno che le voglia bene.»
Poi, sgusciando come un'anguilla fra i veicoli, la bambina attraversò la strada, imbocco una viuzza e scomparve prima che le due donne si decidessero a scansare le automobili e a seguirla.
« È sparita » mormorò Alicia.
« Ha detto che la bambola cercava qualcuno che le volesse bene » disse Sybil.
« Forse » disse Alicia « forse è quello che ha sempre voluto fin dal principio... un po' di amore... »
Nel mezzo del traffico londinese le due donne atterrite si fissarono.