8
Descrissi a Harvey Clover la Buick di Beckley. Lui prese nota del numero e telefonò di diramare un ordine a tutti i poliziotti della Stradale di fermare quella macchina.
– E adesso? – domandai.
– Torniamo a Bakersfield.
– Non abbiamo più niente da fare qui?
– No.
– E Tom Alien?
– Lo porteremo con noi a Bakersfield e avvertiremo le autorità del Nevada. In fondo, non abbiamo più bisogno di lui, qui.
– Se permettete, vorrei controllare una mia ipotesi.
– Quale?
– Sentite. A Central Creek, c’è un ristorante con una cameriera bionda. Ha preso servizio il sei. Mi sto chiedendo se non rientra anche lei, per caso, nel quadro.
– È un bel po’ di strada per una semplice ipotesi.
– Lo so, ma potremmo condurre con noi Tom Alien per vedere se la riconosce.
Clover rifletté un istante.
– Sarebbe veramente un peccato – insistetti – avere sotto mano un testimone e lasciare che quella ragazza ci sgusci di tra le dita.
Quelle parole lo convinsero definitivamente.
– D’accordo. Andiamo e portiamo con noi Alien.
– E gli altri?
– Li lasceremo dormire. Il nostro tecnico ha perso quasi tutta la notte. Potrà fermarsi in un motel e dormire intanto che noi faremo questa sfacchinata.
Tom Alien, Clover e io scendemmo la montagna fino a Central Creek.
Tom Alien s’era finalmente convinto ch’era “fritto” come diceva lui, e non apriva bocca. Clover era stanco. Viaggiammo in silenzio. Un palo di chilometri prima di arrivare a Central Creek, Clover rallentò.
– Lascerete fare a me, eh?
– Ma certo. È una faccenda vostra, lo so.
– Tom, sapete perché vi abbiamo portato qui?
– No, e non m’interessa. Seguo la marea.
Clover si fermò davanti al ristorante.
– Si può sempre bere un caffè – disse.
– Mi portate diretto nel Nevada? – domandò Alien.
– Non seguite la marea, voi?
– Sì, sì, va bene.
Entrammo tutti e tre nel ristorante. La cameriera bionda era dietro il banco. Al nostro arrivo alzò gli occhi. Mi riconobbe, mi sorrise e quando si voltò verso Tom Alien sorpresi un lampo nei suoi occhi.
Ma Tom Alien le fece un breve cenno e il volto della ragazza si irrigidì.
Guardai Clover. Era impassibile.
Ci sedemmo al banco.
– Buongiorno – disse la cameriera rivolta a me. – Viaggiate mica male, direi.
– Sì.
Ci servì tre bicchieri d’acqua e il suo sguardo incontrò quello di Tom Alien.
– Uova al prosciutto – ordinò Clover. – E voialtri?
– A che cosa hanno diritto i prigionieri? – grugnì Alien. – Forse voi...
– Silenzio. Volete uova al prosciutto?
– Sì.
La cameriera mi guardò.
– Anche per me – dissi.
– Pepé – gridò la bionda – tre uova prosciutto.
– E caffè – aggiunse Clover.
La ragazza ci servì tre caffè.
– Avete mai visto quest’uomo? – domandò Clover.
Lei mi guardò e rispose:
– Ma certo. È venuto qua l’altro...
– No lui. Questo – la interruppe Clover indicando Tom.
La cameriera esaminò Alien e scosse la testa. Clover si voltò verso il garagista.
– È lei?
– Neanche per idea. Non l’ho mai vista, questa qua.
Clover tirò fuori la stella di sceriffo.
– Il vostro nome? – domandò alla ragazza.
– Edith Jordan. Vi interessa?
– Mi interessa. Lavorate qui da molto?
– Dal sei mattina.
– A che ora?
– Verso le dieci, credo. Volete saper altro?
– No, per il momento.
Rigida e ostile, la ragazza ci voltò le spalle. Clover sospirò.
– Be’, dopo tutto, abbiamo fatto una bella gita.
Clover era sfinito e lo si vedeva. Appoggiò i gomiti sul banco, affondò la testa tra le mani e chiuse gli occhi. Io mi girai sullo sgabello e finsi di disinteressarmi di Alien, ma lo tenni d’occhio in uno specchio. Aspettavo che facesse qualche segnale. Non si mosse. La cameriera aveva il broncio.
Nessuno apriva bocca. Pepé ci portò ciò che avevamo ordinato.
Quando finimmo di mangiare, Clover mi guardò e inarcò le sopracciglia. Pagai e ritornammo alla macchina.
– Volete che guidi io? – chiesi a Clover.
– Magari. Ma la macchina appartiene al municipio, perciò fate attenzione.
– Posso guidare io – intervenne Alien. – Niente scherzi, guido bene.
– Neanche parlarne – rispose Clover. – Lam?
– Prendo io il volante, non preoccupatevi.
– D’accordo. Tenete Alien davanti con voi. Io salgo dietro. Niente alzate d’ingegno, se ci tenete alla pelle.
– Per chi mi prendete? Non sono mica nato ieri. Sono fregato e lo so.
Salii al volante. Per strada, tentai di attaccar discorso con Alien ma non c’era verso di farlo abboccare all’amo. Arrivammo così a Rommelly.
– E adesso? – chiesi a Clover.
Scese dalla macchina con passo rigido, si sgranchì e, sbadigliando, si guardò intorno.
– Andremo a svegliare il nostro esperto e proseguiremo. È un vero peccato, starà dormendo.
Lo trovammo infatti nel motel e dovemmo tirarlo giù dal letto. Mentre si vestiva, Clover mi confidò:
– Un errore non conta. Per il resto ve la siete sbrogliata bene.
– Che errore?
Con la testa accennò in direzione di Central Creek.
– Che cosa speravate, andandoci in quel modo?
– Ho tenuto d’occhio la ragazza. Ci ha guardati tutti, e voi in modo particolare. Se avesse riconosciuto Alien, soprattutto se fosse stata lei la nostra bionda, avrebbe dato segni di panico.
– Credete?
– Perbacco, altroché! È un pezzo che faccio questo mestiere.
Col mento gli indicai la “macchina della verità”.
– Mettete in marcia il vostro trespolo e chiedete un po’ ad Alien se conosce quella cameriera.
– Ehi là, un momento – esclamò il prigioniero. – Ho accettato di collaborare con voi, ma ora basta. Non dirò più niente.
– Vedete che cosa intendevo dire?
Clover osservò Alien con aria assorta, poi si voltò verso l’esperto.
– Attaccate.
– Non risponderò – grugnì Alien.
– Avanti – ripeté Clover.
Fecero sedere Alien e gli applicarono l’apparecchio.
– Avete mangiato, dopo che vi ho lasciato? – domandò l’esperto.
Alien non rispose.
– Vi chiamate Tom Alien?
Il giovanotto non aprì bocca.
– Avete incontrato qualcuno che conoscete a Central Creek?
Silenzio.
– Si chiama Edith Jordan – intervenni io.
– Conoscete una certa Edith Jordan?
Alien restò muto. L’esperto osservò il grafico, poi si voltò verso Clover e fece un segno affermativo.
Clover sacramentò a mezza voce.
– Alien – riprese l’esperto – voi mentite. Guardate un po’. Guardate questa curva. È la vostra tensione arteriosa. Il vostro polso. Guardate questo. È il vostro respiro. Voi conoscete Edith Jordan.
La conoscete benissimo. Guardate dunque. Guardate qua le vostre reazioni alle varie domande!
Con le labbra strette, la testa diritta, Tom Alien si rifiutò persino di guardare ciò che l’esperto gli mostrava.
– Be’, Alien? – insistette Clover.
– Non ho niente da dire. Non parlerò.
– La vostra tensione parla per voi. Le vostre reazioni hanno già risposto – disse l’esperto. – Voi avevate già visto quella ragazza. La conoscete benissimo.
Alien cominciò a slacciare le cinghie che lo tenevano fermo, gridando: – Andate alla malora! Non potete pretendere che un uomo testimoni contro se stesso! Ci sono fior di leggi.
– Vai a raccontarlo alle autorità del Nevada! – ribatté Clover.
– È proprio quello che voglio fare.
Clover andò al telefono e chiamò Carver City.
Appena ottenuta la comunicazione col suo aiutante, gli ordinò: – Prendete una macchina e andate al ristorante di Central Creek. Un caffè, sì. C’è una cameriera bionda che si chiama Edith Jordan. Imbarcatela e richiamatemi qui al motel delle Cime a Rommelly, il 26 di Rommelly... come? Imbarcatela, non vi chiedo altro... Be’, ditele che è sospettata di omicidio... Sì, proprio così, omicidio.
Clover riagganciò brutalmente e fulminò con un’occhiata Tom Alien.
– E adesso, ci siete dentro fino agli occhi!
Alien non rispose, chiuso in un silenzio ostile. Clover si rivolse al tecnico.
– Imballate pure il vostro materiale. Dobbiamo essere pronti a partire appena riceverò notizie da Central Creek. Il mio aiutante porterà la bionda e ci daremo tutti da fare.
– Se la troverà – mormorai.
– Come sarebbe a dire, se la troverà? – strillò Clover.
– Così...
Riponemmo tutti gli apparecchi nella macchina e rientrammo nel motel ad aspettare. Dopo pochi minuti squillò il telefono. Clover andò a rispondere, parlò circa un minuto e alla fine strillò: – Lanciate l’allarme. Fatela arrestare. È sospettata di omicidio!
Riagganciò rabbiosamente e si voltò verso di me.
– Ha tagliato la corda! Cinque minuti dopo la nostra partenza ha preso il volo. È riuscita a fermare una macchina e non sappiamo da che parte sia andata!
– Sulla mia parola – mormorai – solo quelli che non fanno niente non commettono errori.
– Sgualdrina! E dire che l’avevamo in mano! Accidenti, Lam, perché non mi avete detto niente?
– Volevate occuparvi della faccenda a modo vostro...
– Sì, ma avreste dovuto intuire...
– Non fatevi cattivo sangue, Clover. Forse è meglio così.
– Che cosa intendete dire?
– La ritroverete. Questa fuga è una prova di colpevolezza. Non avevate granché contro di lei prima, e se Alien si rifiuta di parlare, potevate andare incontro a noie. La macchina della verità non è ammessa dai tribunali della California. Ora, invece avete in mano qualcosa.
Clover esaminò il problema e sorrise.
– Accidenti, è vero, Lam. Forza, andiamo.
Riprendemmo la lunga strada verso Bakersfield.
Il sole picchiava sodo quando entrammo nell’ufficio dello sceriffo. C’erano notizie della Buick.
Era stata ritrovata dalla polizia stradale a Bridgeport, in California, abbandonata su un lato della strada. Tutte le impronte erano state accuratamente cancellate.
Quando Clover riuscì a mettersi in contatto telefonico con la polizia stradale, gli suggerii: – Domandate com’è la ruota di scorta.
S’informò, ascoltò la risposta, e si voltò verso di me.
– Il pneumatico è in ottimo stato. Gonfio.
– E la leva del cric?
Ripeté la domanda e mi riferì la risposta.
– Il cric è nel baule, ma non c’è la leva. È un cric idraulico e ci dovrebbe essere una leva di ferro, ma non la si trova.
– Ma il pneumatico è proprio ben gonfio?
– Sì.
– Allora deve essere stato riparato da qualche parte.
Clover batté le palpebre.
– Avete ragione, Lam. Grazie dell’informazione – disse prima di voltarsi rabbiosamente verso Alien. – Razza di lurido teppista! Quella ragazza è venuta ad avvisarti che un tale era fermo sulla strada. Era a soli quindici chilometri e aveva il portafogli imbottito. Siete andati laggiù tutti e due, col carro-soccorso, hai riparato la gomma e subito dopo hai ammazzato quel tale con la leva del cric. E l’avete trascinato nel bosco!
– E dell’altro autostoppista che cosa ve ne fate? – domandò Alien. – Ho ucciso anche lui? Oppure è d’accordo? Piantatela, rimandatemi nel Nevada!
– Neanche a parlarne! Ti terremo qui e ti accuseremo di omicidio!
– Fate pure. L’accusa non starà in piedi.
– Ci penserò ben io a farla stare in piedi! Non ci va che gli avanzi di galera ci menino per il naso e che ci raccontino favole quando stiamo indagando su un delitto.
– Penso che chiederò un avvocato.
– E ti beccherai invece un sonoro calcio nel sedere – ruggì Clover. – Hai fatto segno a quella cameriera e lei ci è sgusciata tra le dita!
– Non conosco nessuna cameriera.
Clover si strozzò. Gli domandai:
– Non avete qua, per caso, l’orario degli aerei? Vorrei prendere il primo volo in partenza per Los Angeles.
– Vi accompagnerò io all’aeroporto. E grazie di tutto, Lam, ve la cavate molto bene. Ma cercate di filare prima che i giornalisti vi saltino addosso.
– Saranno entusiasti di sentirmi – intervenne Alien.
– Questo lo dici tu! – grugnì Clover, e rivolto al suo aiutante. – Chiudetemi questo bastardo in una cella!
Clover prese un orario, lo sfogliò e guardò l’orologio.
– Venite, Lam. Faremo appena in tempo.