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Alla fine, cacciarono il cadavere in un grande sacco di plastica e subito dopo in un’autoambulanza.

– E adesso? – domandai a Harvey Clover, il mio vice-sceriffo.

– Adesso, controlleremo le impronte e lanceremo un appello perché ricerchino la macchina di Beckley. Si sarebbe dovuto farlo già da un pezzo. Perché non ci avete pensato?

– Ci ho pensato.

– Perché, allora, non avete fatto nulla?

– Perché nessuno me l’ha chiesto.

– Nessuno vi ha chiesto neppure di venire quassù a cercare questo cadavere, se non sbaglio.

– In un certo senso, sì.

– Dove volete arrivare?

– Mettiamo che Malcolm Beckley sia filato via con la bella autostoppista bionda. Mettiamo che si nascondano da qualche parte. Le autorità lanciano un ordine e fanno ricercare la macchina. Le due tortorelle vanno gentilmente in giro per la campagna e un motociclista le ferma. Chiede a Beckley di mostrargli la patente di guida e lo informa che sua moglie lo sta ricercando e che afferma che la macchina è stata rubata. Beckley gli risponde che sua moglie può andare al diavolo quando le pare, che lui è in viaggio d’affari. che ne ha fin sopra i capelli di telefonarle ogni momento per sentirsi maltrattare, che la bionda non ha niente a che fare con l’autostoppista bionda dell’altro giorno, e che è soltanto una graziosa ragazza che ha conosciuto un’ora prima. Che inoltre non ha mai dato un passaggio a una autostoppista bionda la notte del cinque e che aveva voluto semplicemente fare uno scherzo a sua moglie.

– Sì, sì, sì... capisco il vostro punto di vista.

– Permettetemi di esporne un altro.

– Quale?

– Una donna telefona alla signora Beckley per annunciarle che suo marito ha un guasto e che gli sta mandando un carro-soccorso da Rommelly, ma che lei preferisce proseguire il viaggio da sola.

– Ma se mi avete detto che non gli ha mai mandato il carro-soccorso!

– Non è vero! Io vi ho detto solamente che nessuno dei due garagisti di Rommelly riesce a ricordarsi di aver ricevuto una richiesta del genere.

– Che idea vi frulla nel cervello?

– Se quella donna, la bionda, ha detto una bugia, se non c’è stata nessuna foratura, vuol dire che ha mentito su tutta la linea. Quindi, se ha mentito, è segno che è immischiata nel delitto. E se vi è immischiata, il primo autostoppista, l’uomo, è innocente.

– Non è detto. Possono essere complici.

– Può darsi, ma non è certo.

– Bene, bene, sentiamo.

– Avete una macchina della verità, qui nei dintorni?

– Sì, perché?

– Questa sera, prima che questa faccenda sia sulla bocca di tutti, vorrei che sottoponessimo i due guardiani notturni di Rommelly a una prova con la macchina della verità.

Lui increspò le palpebre, ma io insistetti.

– Così se uno dei due ha mentito, potremo dichiarare innocente la bionda. Beckley è stato abbandonato sulla strada con la gomma forata e in compagnia di un autostoppista. Il baule posteriore era aperto, il cric a terra e l’autostoppista aveva in mano la leva del cric. Sì, insomma, poteva anche averla in mano.

– E, come per miracolo, hanno riparato la gomma.

– È naturale che il pneumatico sia stato riparato. È passato di là qualcuno con una pompa. Che cosa fareste voi se aveste sulla macchina una pompa e vi capitasse di passare accanto a un automobilista in difficoltà?

– Che cosa farei?

– Gli prestereste la pompa e, una volta rigonfiato il pneumatico, quello vi ringrazierebbe, vi restituirebbe la vostra pompa e voi proseguireste per la vostra strada. Non avreste alcun motivo di attendere che abbia cambiato la ruota, smontato il cric e riposto il tutto nel baule. Non vi pare?

– Avete ragione. Vado a telefonare. Avete qualche particolare preferenza, tra i due guardiani?

– Il più giovane dei due è guardiano al garage “Night & Day”. È tatuato e deve aver servito in Marina. Le pareti del suo sgabuzzino sono coperte di fotografie di donnine e di nudi. Se una bionda ben fatta...

– Ho capito. Prenderemo la macchina della verità.

Telefonò al tecnico. Ormai non ci restava altro che aspettare.

Il tecnico arrivò col suo apparecchio poco dopo mezzanotte e andammo tutti insieme al garage “Night & Day”. C’era lo stesso guardiano della notte prima. La porta non era chiusa. Non s’era ancora coricato. Seduto su una specie di sdraia, che s’era combinata da solo con una poltrona normale e alcune assi, stava ascoltando la radio. Mi riconobbe e mi strinse la mano. Gli presentai il vice-sceriffo e il tecnico. S’incaricò Harvey Clover d’interrogarlo.

– Vi ricordate il giorno cinque di questo mese? Diciamo piuttosto, la notte dal cinque al sei? Cerchiamo di avere informazioni su un soccorso stradale.

– Sì, signore.

– Come vi chiamate?

– Tom Alien.

– È venuto qualcuno a chiedervi il carro-soccorso?

– No, signore. Ne ho già parlato con quello là, l’investigatore. Gli ho detto che non ne sapevo nulla. Forse in quell’altro garage, ma qui da me, no di sicuro.

– Come fate a esserne così certo?

– Come? Ma ho un registro in cui segno tutto, chiamate, soccorsi, tutto. C’è un contachilometri sul carro-attrezzi e devo giustificare ogni metro percorso. Per certi soccorsi prendiamo un dollaro al chilometro, per altri cinquanta cents, e venticinque per la roba da poco. Che cosa credete?

– Basta. Limitatevi a rispondere alle mie domande, senza far commenti.

– Sì, signore.

– Benone. Sedetevi qua. Cosi. Questo signore, vi misurerà la pressione con questa macchina. Sapete che cos’è?

– Eh...

– È una macchina della verità. Noi vi interrogheremo ora con quest’apparecchio, e sapremo se dite la verità, o no.

– Non mi persuade, quell’aggeggio.

– Volete dire che vi rifiutate di sottoporvi a questa prova?

Alien chinò la testa, si passò la lingua sulle labbra e alla fine borbottò.

– No, io non mi rifiuto affatto.

Clover fece un segno al tecnico.

– Cominciate.

– Non lavorerò in condizioni ottime, disgraziatamente – disse l’esperto. – Non vi garantisco che...

– Vedremo poi. Forza – lo interruppe Clover.

– Benissimo – fece il tecnico voltandosi verso Alien. – Devo avvertirvi che questo è uno strumento scientifico che misura la vostra pressione arteriosa, la sensibilità della pelle, la respirazione. Quando questa prova sarà terminata, potrò dirvi se avete mentito o no. Mi capite?

Alien si limitò a chinare la testa.

– Rimboccatevi la manica. Vi fisserò il bracciale di tensione, dopo di che potremo incominciare.

Alien si rimboccò la manica, respirò a fondo e si sedette comodamente nella poltrona. L’esperto mise a punto l’apparecchio e cavò di tasca alcune carte da gioco.

– Vedete queste carte? Sceglietene mentalmente una. Non dovete indicarmela, né fare gesti, pensate solamente alla carta che avrete scelto. Ci siamo?

– Sì.

– Bene. Adesso, desidero che non mi diciate la verità. Voglio vedere che cosa succede quando mentite.

– Come devo fare?

– Vi domanderò, per esempio, se avete scelto l’asso di picche. Voi mi risponderete di no, anche se è proprio quella la carta. Rispondete sempre no a tutte le mie domande. Avete capito bene?

– Sì.

– Dovete dir di no. A ogni carta, dite no. Non è difficile.

– D’accordo.

L’esperto manipolò alcuni bottoni, posò l’ago automatico sul grafico e cominciò.

– Avete scelto l’asso di picche?

– No – rispose Alien.

L’esperto aspettò cinque secondi e proseguì:

– La regina di cuori?

– No.

– Il dieci di quadri?

– No.

– Bene, vi rifarò le stesse domande nello stesso ordine e voi risponderete nello stesso modo.

– Bene.

– Allora, l’asso di picche?

– No.

L’esperto nominò tutte le carte e quand’ebbe finito dichiarò: – Benissimo, Tom. Ora credo di aver capito le vostre reazioni psicologiche.

– Che cosa vorrebbe dire?

– Avevate scelto il quattro di cuori.

Alien sobbalzò, sbalordito.

– Adesso – riprese il tecnico – parleremo della notte del cinque e del mattino del sei. D’accordo?

– D’accordo.

Il movimento ad orologeria dell’apparecchio ronzava. Il tamburo sul quale era fissato il foglio di carta millimetrata girava lentamente e l’ago oscillava seguendo i battiti del cuore di Alien. L’esperto cominciò l’interrogatorio.

– Vi chiamate Tom Alien?

– Sì.

L’ago sobbalzò, salì leggermente sul grafico e ridiscese.

– Avete pranzato stasera?

– Sì.

L’ago si mosse appena.

– Avete avuto la visita di una donna bionda la notte dal cinque al sei?

– No.

– Fumate?

– Sì.

– Una donna ha suonato alla vostra porta a metà della notte per chiedervi di andare a soccorrere un automobilista che aveva forato?

– No.

– Giocate a poker?

– Sì.

– Barate qualche volta?

– No.

– Siete sposato?

– No.

– Siete stato in Marina?

– Sì.

– Sono venuti a chiedervi di andare a riparare una gomma la notte tra il cinque e il sei?

– No.

– Un momento. Ricomincio tutto dal principio. Vi ripeterò le stesse domande nello stesso ordine.

Tom Alien non rispose.

– Avete capito?

– Sì, sì.

L’esperto gli rivolse le stesse domande una seconda volta. Poi sganciò il bracciale, tolse la bardatura di cuoio che circondava il torace di Tom Alien e disse: – Spiacente, Tom, ma non ve la caverete tanto facilmente.

– Come sarebbe a dire?

– Voi mentite.

– Non è vero!

– Be’. Allora vi spiegherò. Vi ho rivolto quella domanda a proposito della bionda... to’, guardate il foglio. Vedete in che modo avete reagito? Vi ho rivolto la stessa domanda e la vostra reazione non è mutata. Vedete il foglio che registra il respiro? Avete avuto un sussulto impercettibile, ma il grafico lo rivela. E ora vi dirò un’altra cosa. Voi non vi chiamate Tom Alien. Sentite, Tom, siete in un brutto pasticcio. Noi non siamo qui per divertimento. È grave, Tom. È stato commesso un omicidio. Voi avete mentito. Avete nascosto alcune prove e testimoniato il falso. Vivete sotto un nome fasullo. Siete stato in Marina. Ora prenderemo le vostre impronte digitali. Tra ventiquattro ore, sapremo chi siete e che cosa avete fatto.

Alien si afflosciò nella poltrona, sfinito. Clover intervenne: – Sei nei guai, giovanotto, eh?

Alien non rispose. Clover attese un momento poi annunciò: – Benissimo. Sarà meglio che ti imbarchiamo. Intanto che controlleremo i tuoi precedenti penali, rimarrai in gattabuia come testimonio importante. C’è stato un delitto. Può mettersi male per te.

– Porca miseria! – gridò Alien drizzandosi. – Non ho commesso nessun delitto, io! Non c’entro per niente in questa storia. Sì, d’accordo, ho avuto alcune grane. Ho fatto un po’ di galera nel Nevada. Liberato sulla parola ho tagliato la corda. E con ciò? Mica ho ucciso qualcuno, per questo!

– E la donnina della notte del cinque?

– Be’, vi dirò tutto. Dormivo e ho il sonno piuttosto pesante. Hanno suonato due volte, mi sono alzato, ho acceso la luce e tirandomi su i calzoni sono andato ad aprire. Mi aspettavo di trovare un tizio qualsiasi davanti alla porta, e invece, ragazzi! Era una di quelle bambole, fratelli, come se ne vedono poche! Mi dice che c’è un tale fermo sulla strada con un guasto, un tizio che ha forato e che ha la gomma di scorta sgonfia. Dovevo andarci.

– Allora?

– Allora, parlando, era entrata. Le ho domandato chi era e mi ha risposto che faceva dell’autostop, che il suo nome non c’entrava niente in questa faccenda, ma che il tizio della macchina era carico di quattrini e aveva di che pagare il soccorso. A questo punto le ho detto che non c’era nessuna fretta, che prima di muovermi avrei fatto un caffè e le chiesi se ne voleva anche lei. Mi ha detto di sì. Allora l’ho fatta entrare nel mio sgabuzzino, ho innestato la spina del fornello e quindi... Be’, insomma, sapete com’è... Abbiamo chiacchierato un po’ e alla fine era troppo tardi per andare a dare una mano a quel tale. Ho pensato che doveva essersi arrangiato ad avvertire l’altro garage, o a riparare la gomma, e che doveva essersi rimesso in strada da un pezzo.

– E la bionda?

– Abbiamo fatto quattro risate e poi mi ha detto che doveva proseguire, con l’autostop. Ma che bambola! Bionda platino era, tinta naturalmente, con due occhi di uno strano azzurro. Quasi blu. E una pelle!

– Non avete cercato di sapere il suo nome?

– Certo. E avrei dato non so che cosa per avere il suo indirizzo e il numero del telefono, ma nebbia! Ogni volta che le rivolgevo una domanda precisa, lei se la cavava scherzando, cambiava discorso e finiva col prendermi in giro.

– Secondo voi, era una ragazza di manica larga?

– Non come lo intendete voi. Vi assicuro che quando è entrata qui voleva bere un caffè e nient’altro. Non aveva paura di me. Aveva l’aria di non aver paura di niente, a dire il vero. Il tipo di ragazza indipendente che fa tutto di testa sua, e che se la sbroglia sempre. L’unica cosa che ho potuto sapere sul suo conto, è ch’era stata cameriera in un sacco di osterie, un po’ dappertutto. Mi ha detto che quando voleva fermarsi in qualche posto, non aveva mai difficoltà a trovar lavoro, ma che non riusciva mal a star ferma. Bisogna riconoscere che quella bambola poteva presentarsi dovunque. Ma non dovete fraintendere. Non era una donnaccia, per niente! Me ne intendo di donne, io. Non era il tipo. Si annoiava, quella sera, e aveva voglia di una tazza di caffè, e poi... Be’, credo di esserle piaciuto. Appena aperta la porta, ho visto che le piacevo.

– E ci avete fatto un pensierino, eh?

– Be’, sì, insomma. Ci sono di quelle con le quali attacca subito, e con altre mai. Ma ci si accorge subito. Con quella bambola, attaccava.

– E voi avete negato di aver ricevuto quella visita?

– Certo! Mi sarei fatto licenziare!

– Dove andava quella ragazza?

– Mi ha detto che era diretta a Los Angeles, ma non so altro. È andata via di qua appena alle sette del mattino. Sembrava che non avesse fretta. Il turno di giorno comincia alle sette e mezzo, altrimenti sarebbe rimasta volentieri anche fino a mezzogiorno.

– Sapete che questo giochetto può procurarvi grossi guai?

– Procurarmi? Porca miseria, ci sono già fino al collo, nel guai. Non mi aspettavo che mi chiedeste il mio nome, cosi su due piedi, con quel vostro aggeggio. Vi dico io che è stato un brutto colpo. Ora la polizia del Nevada mi beccherà, quant’è vero Iddio, e finirò di nuovo in prigione a Carson City. Avevo promesso al direttore del carcere che avrei rigato dritto e che non mi avrebbe rivisto mai più. Lui odia i tipi che non mantengono le promesse. Sono conciato per le feste.

– Sì, per le feste. Ma prima dovrete servirci da testimone. La riconoscereste, quella bionda?

– Eccome! Porca miseria, una ragazza come quella non la si scorda più!

Clover mi guardò.

– Mi sembra che ormai tutta la faccenda graviti sulle spalle dell’altro autostoppista, di quello che è rimasto in macchina.

– Sapevo io che questo giovanotto non aveva detto la verità, quando sono venuto a interrogarlo.

– Balle! – esclamò Alien. – Vi avevo menato per il naso, benone, altroché. Avete bevuto la mia storia dall’A alla Zeta!

– Come spiegate allora il fatto che sono tornato con la polizia?

– È quello che vorrei sapere. Ma confesso che, appena vi ho visti arrivare, ho capito che ero fritto, in un modo o in un altro. Porca miseria, devo scontare ancora cinque anni e appena mi avrete preso le impronte, sarò buggerato.

Sia pur a malincuore, Clover mi lanciò un’occhiata di ammirazione.

– Sapete – mi disse. – Noi non abbiamo molta simpatia per gli investigatori privati, in generale, ma devo riconoscere che avete fatto proprio centro, Lam.

– Grazie. Forse, potrete farmi un favore...

– Sicuro... – rispose. E voltandosi verso Tom Alien proseguì: – Coraggio, Alien. Fate il fagottino.

Telefonate al vostro padrone e ditegli che si cerchi un altro guardiano notturno. Un altro letto vi aspetta, e là non avrete l’opportunità d’incollarci le vostre donnine!

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