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La ragazzina non poteva avere più di quindici anni. Faceva lodevoli sforzi per apparire coraggiosa, esperta e molto disinvolta.

Bertha Cool stava spedendola fuori dal piedi.

Mi fermai sulla soglia, la mano sul saliscendi.

– Chiedo scusa – mormorai. – Non sapevo ch’eri occupata, Bertha.

La ragazzina stringeva le palpebre per trattenere le lacrime. Non voleva andarsene, ma, d’altro canto, non le andava di supplicare. Si alzò molto dignitosamente.

– Vi ringrazio di avermi concesso un po’ del vostro tempo, signora Cool – disse.

E si precipitò verso di me, ma mirava alla porta. A mo’ di spiegazione, Bertha esclamò: – Ecco il mio socio, Donald Lam. Sandra Eden, Donald. Ma adesso dobbiamo discutere di cose serie.

I grandi occhioni blu, pieni di lacrime, cercarono di sorridere.

– Come state, signor Lam? – disse la piccola col tono forzato di chi vuol apparire beneducato.

Fece un altro passo, ma io non mi mossi di un centimetro.

– Noie, Sandra? – m’informai, curvandomi su di lei, paterno.

Lei guardò le mie scarpe e si mosse, a testa in giù, come per travolgermi.

– Niente d’interessante per noi – grugnì Bertha. – Neanche un soldo da guadagnare.

Passai il braccio intorno alle spalle della ragazzina.

– Un attimo, Sandra. Cos’è che non va?

Bertha mi fece gli occhi alla “piantala o ti fulmino”.

– Ha già raccontato tutto a me. Ti dico che non possiamo far nulla per lei.

– Che cosa volevate, Sandra? – insistetti.

Il tepore del mio braccio sulle sue spalle, la mia voce piena di comprensione furono troppo per la povera ragazzina. Cacciò il musetto nei risvolti della mia giacca e si mise a singhiozzare convulsamente.

– Per l’amor di Dio – strillò Bertha. – Non posso sopportare le scene. Falla uscire!

– Va bene, usciamo.

– Donald! Ho detto che debbo parlarti! – urlò Bertha fuori di sé.

– Be’, parla! Io, intanto mi occuperò di Sandra. Sedetevi, Sandra.

La condussi a una sedia. La piccola lanciò un’occhiata circospetta a Bertha, e si sedette sull’orlo.

– Allora? Cos’è che non va?

Rispose Bertha, con tono temporalesco:

– Non c’è niente! Niente d’interessante per noi. Cerca un certo zio Amos. Se Amos è ancora vivo, incasserà dei quattrini e, se ne avrà voglia, ne darà forse un po’ alla madre di Sandra. Allora, sua madre potrà pagare il medico e tirar avanti la famigliola. Pare che la madre sia ammalata e non possa lavorare. Anche se si trovasse lo zio non è detto che darebbe del danaro alla madre, e se gliene desse non sarebbe sufficiente a pagare degli investigatori. Perciò, per l’amor del cielo, visto che io ho già sviscerato il lato finanziario della faccenda, fai uscire quella ragazza!

Presi Sandra per mano, la feci alzare, e la trascinai fuori dell’ufficio di Bertha, portandola nel mio, all’altro capo del corridoio.

Elsie Brand, la mia segretaria, alzò gli occhi e divenne immediatamente tutta latte e miele.

– Venite a prendere degli appunti, Elsie – le dissi.

Sandra si asciugò gli occhi, sorrise molto gentilmente e si raddrizzò. Elsie fece entrare Sandra nel mio ufficio, la fece sedere sul divano e le accarezzò la nuca. Ma, sentendo la resistenza della piccola, lasciò ricadere il braccio.

– Come mai siete venuta qui da noi? – le chiesi.

– Guardo la televisione e so di che cosa sono capaci i bravi investigatori. Una mia amica bibliotecaria mi ha parlato dell’Agenzia Cool e Lam, e ho sempre pensato che se un giorno mi fosse successo qualcosa mi sarei rivolta subito a voi. Ho chiesto di voi, perché mi hanno detto che voi siete il più in gamba dei due, ma voi non c’eravate e mi ha ricevuto quella... quella là.

– Di che si tratta?

– Di mio zio Amos.

– Amos come?

– Gage. Amos Gage.

– Che cosa gli succede?

– Lo zio Amos è... insomma, è strano.

Chinai la testa.

– E ogni tanto parte per far baldoria... Né io, né mamma, gli serbiamo rancore, perché non sappiamo granché sull’alcoolismo. Mamma dice che è ammalato. Non può frenarsi quando lo prende la smania di bere, come io non posso frenarmi dall’avere il morbillo.

– E, attualmente, è partito?

– È filato via per una delle sue imbarcate, e non è tornato. Ha scritto alla mamma che sarebbe tornato. Diceva che gli era passata la smania di girare e la voglia di sbronza, e che tornava a casa facendo l’auto-stop. Ma non si è visto.

– Dove doveva rientrare?

– A casa sua. Vicino alla nostra. Lo zio Amos ci vuole molto bene, a mamma e a me.

– Vediamo. È il fratello di vostra madie?

– No. Mamma aveva sposato suo fratello, poi suo fratello, vale a dire mio padre, è morto, e mamma ha sposato James Eden. Ma, poco dopo, si sono separati.

– E voi seguitate a frequentare lo zio Amos?

– Oh, sì. È un tesoro. Ci vuole molto bene.

– Che cosa è accaduto?

– Lo zio Amos riceve del denaro da un... come si dice... un fide-commissionario, e dà trenta dollari al mese alla mamma. Questo mese, suppongo che non abbia ricevuto neanche un soldo. Comunque, noi non li abbiamo visti.

– E non avete avuto sue notizie?

Scosse la testa.

– Solo una cartolina postale. Diceva che era sulla via del ritorno e che appena arrivato sarebbe venuto a trovarci. Ma non lo si è visto.

– Da dove gli viene quel denaro?

– Dall’eredità di suo zio.

– Come si chiamava quello zio?

– Elbert.

– Sapete a quanto ammonta l’eredità?

– No. So che è una cifra molto importante ma, per il momento, lo zio Amos ne riceve solo una parte. Più tardi, avrà un sacco di quattrini.

– Vostra madre ne è al corrente?

– Certo. Lui versa trenta dollari al mese a mia madre. E le ha promesso che quando sarà in possesso dell’intera eredità, le darà molto di più. Gli verrà versata a trentacinque anni compiuti. Ha anche detto a mamma di aver fatto testamento in suo favore, nel caso che dovesse morire. Suppongo che io e mamma siamo le persone che gli sono più vicine. Gli vogliamo molto bene.

Prima di rispondere diedi un’occhiata all’orologio.

– Devo veder Bertha a proposito di un affare importante. Raccontate la vostra storia a Elsie Brand. Datele il nome di vostra madre e il suo indirizzo e il vostro numero di telefono, se l’avete.

Dopo di che, tornate a casa e... Sapete sbrogliarvela da sola, con gli autobus?

M’incenerì con un’occhiata.

– Naturalmente! Ho quasi quindici anni!

– Bene. Tornate a casa e appena ci sarà qualcosa di nuovo vi avvertiremo.

– Ma la signora Cool mi ha detto che non poteva perder tempo in affari del genere, che sareste falliti se ve ne foste occupati, ch’erano storie da ragazzini e... e che...

Sbatté le palpebre.

– Bertha Cool pare fredda e dura come un diamante. Ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze. Sotto quel guscio batte un cuore di polietilene. – Il polietilene è una materia plastica tenera ma resistentissima, e mi pareva il paragone più adatto per quel cuore ortopedico schiacciato dall’adipe.

Con un cenno del capo a Elsie, aggiunsi:

– Prendete tutti gli appunti necessari. Io vado a cacciarmi nella gabbia del leone.

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