33 GIORNI PRIMA DI NATALE

Ora di pranzo

Plumstead. Woolwich. Bugsby’s Reach. Thamesmead. David aveva sentito parlare di questi non-luoghi, di queste caotiche periferie sparpagliate lungo il grigio e impetuoso Tamigi, certo, ma non le aveva mai viste. Tranne forse da un finestrino di business class, decollando per Ibiza, Parigi, Milano, quando guardava con annoiato stupore l’espansione urbana della capitale, la luccicante zona portuale, i rettangoli argentei d’acqua, e per ultimo le sfumature grigio topo di quei sobborghi. Per me un Tanqueray e acqua tonica, grazie.

Invece adesso era lì, disceso in terra, perso nel remoto Sud-est di Londra, dove senza alcuna ragione apparente nelle strade dissestate ti potevi imbattere in un divano o vedere dei sacchetti di plastica appesi ai rami scuri degli alberi; dove gli ultimi nativi britannici tenevano la testa china e si riunivano tutti qui, in questo pub tra un’officina e un vecchio mulino georgiano, il Lord Clyde.

Il locale era quasi vuoto, solo una barista sui trent’anni che sfoggiava un occhio nero e guardava la TV senza sonoro appesa al muro, oltre a un paio di clienti seduti a pranzare, due operai con il gilet catarifrangente che scolavano pinte di birra da quattro soldi. Che parlavano di calcio, con un accento non molto diverso da quello di Rachel. L’eco, il ricordo, bussò alla sua coscienza. La sua nuova moglie. La donna che amava.

Ed ecco a cosa si era ridotto adesso quell’amore. A questo squallido pub. Ai dubbi, alle ansie e alle indagini: a un sinistro sospetto che andava confermato e forse sfruttato. Perché aveva il dovere di proteggere suo figlio dai suoi stessi errori.

Chi mai aveva sposato? Chi aveva ammesso in maniera così precipitosa a Carnhallow?

Ray tornò dai servizi chiudendosi i pantaloni. Poi prese la sedia e bevve un sorso di Guinness.

David lo guardò e considerò quanto fosse invecchiato dall’ultima volta che si erano visti, più o meno cinque anni prima. E di conseguenza quanto fosse invecchiato anche lui.

Ray un tempo era un uomo di fiducia del suo vecchio amico Edmund. Così l’aveva rintracciato la settimana prima: attraverso gli amici degli amici di Edmund. Quest’uomo, Ray, un ex poliziotto sulla quarantina, aveva lavorato al servizio di Edmund per almeno cinque anni, svolgendo indagini private, ricerche discrete, al margine della legalità. Finché Edmund non era crollato a terra, a soli trentasette anni. Emorragia cerebrale. “Sarebbe potuto capitare a chiunque.”

«Gli sarebbe piaciuto questo posto», commentò David.

Ray si asciugò la birra dalle labbra. «A Edmund? Sì, è vero, lui impazziva per i bassifondi.»

«I suoi fidanzati venivano sempre da posti come questo.»

Ray scoppiò a ridere. «Esatto, squattrinati che lo facevano per soldi, poverino...» L’ex poliziotto sembrava insolitamente malinconico. «Mi manca quel vecchio bastardo. Sapeva anche essere molto divertente.»

David annuì, sforzandosi di tornare a parlare di affari. Non aveva voglia di perdere troppo tempo a chiacchierare di Edmund. Edmund non c’entrava niente.

«Okay, cos’abbiamo?»

Ray soffocò un rutto, si abbassò e prese un sacchetto del supermercato, da cui estrasse una specie di quaderno di scuola. Mentre lo apriva, David cercò di sbirciare senza farsi notare troppo. La calligrafia di Ray era piccola, elegante e precisa. Merito dello sbirro che era in lui, sempre pronto a prendere appunti dettagliati.

Schiarendosi la voce, quasi fosse in tribunale, Ray cominciò a spiegare. «A dire la verità, David, la tua telefonata mi ha sorpreso molto. Mai sentita una cosa simile da gente come te, e in più non mi hai dato molto tempo. Di solito mi piace fare le cose con calma, capisci, farmi un quadro della situazione, come si dice.» Sorrise, mostrando un dente d’oro. «Ma la tua offerta è stata molto generosa, perciò mi sono messo a lavorare sodo, e in fretta.»

«E?...»

«Rachel Daly. Trent’anni. Un metro e sessanta. Nessun precedente. Genitori irlandesi. Madre donna delle pulizie, padre delinquente. Nasce al Woolwich General. Frequenta la scuola elementare St Mary’s, poi la Holy Trinity. Lascia presto gli studi, si mette a fare lavoretti da poco, pulizie, sempre cose occasionali. Va alla scuola d’arte Goldsmiths. E poi scappa», recitò leggendo i suoi appunti.

«Scappa?»

«Mi pare la parola più adatta, non credi? Guardati attorno. Guarda il suo curriculum: è lo specchio dell tipico sottoproletariato del Sud di Londra. Conoscevo bene questa gente quando facevo il poliziotto. Ladruncoli, non studiano e non lavorano, profittatori che tirano a campare. Aggressivi semicriminali.»

«Qualcos’altro?»

«Quando era piccola i suoi vivevano qui e là. Una casa a Thamesmead, un appartamento a Charlton – una topaia –, poi una squallida villetta bifamiliare a Abbey Wood, sempre in affitto, manco a dirlo. Prima l’affitto e poi lo sfratto, lo stesso ogni volta. Una lista di indirizzi lunga come un braccio. Gli ufficiali giudiziari erano di casa. Molto, molto dura.»

David si appoggiò allo schienale, pensando alla sua forte e intraprendente seconda moglie, che si era tirata fuori da tutto questo. Ebbe un moto di ammirazione quasi involontario. Rachel era riuscita a superare il suo terribile passato. Davvero notevole. Una delle ragioni per cui si era innamorato di lei.

Ma all’improvviso un canto di Natale arrivò a interrompere quella stupida fantasticheria. Tra la la la la. Doveva davvero smettere di pensare in quel modo. Doveva tenere presente perché l’aveva fatto infuriare. Una donna che si permetteva di ficcare il naso a Carnhallow. Una donna che con le sue follie non faceva che innervosire suo figlio. Un potenziale disastro. E lui l’aveva sposata.

«Qualcos’altro?»

Ray guardò di nuovo i suoi appunti. «Sì, c’è dell’altro. Sono scomparsi per un certo periodo di tempo.»

«Scusa?»

«Quando Rachel aveva quasi vent’anni, la sua famiglia è come svanita nel nulla. Nessun indirizzo conosciuto. Il papà per conto suo. Poi, qualche anno dopo, Rachel si iscrive al Goldsmiths, e in quel momento la madre vive in campagna. E senti un po’ questa: sta in un appartamento di sua proprietà!»

«Ma non avevano soldi!» ribatté David.

«Esatto. Spariscono, poi madre e figlia riappaiono e hanno abbastanza denaro per comprarsi una casetta. Niente di che, ma comunque è piuttosto strano. E a quel punto il padre è tornato in Irlanda. È ancora lì adesso, vive a Kilkenny. La madre è morta qualche anno dopo. Tumore ai polmoni.»

David rimase assorto nei suoi pensieri e bevve un sorso, cercando di tenere lontano il senso di tradimento. Ma non era facile. Stava tradendo Rachel, la donna che amava. Eppure questa cosa andava fatta. Magari poteva trovare una via d’uscita facile. Con la persuasione, non con la forza. Nell’ipotesi peggiore, se il matrimonio era davvero finito, di sicuro non voleva affrontare un divorzio. Il divorzio andava evitato in ogni caso. Perché lei poteva opporsi. Poteva dire alla polizia che il marito aveva mentito sull’incidente, e se avessero cominciato a indagare...

Impensabile. Lui doveva essere più intelligente di così. Lui era più intelligente di così.

«Ne vuoi un altro?» gli chiese Ray, indicando il bicchiere di David. Lui ci pensò su: un gin tonic era più che sufficiente. Doveva mantenersi lucido.

Mentre Ray si dirigeva al bancone, David si guardò attorno. Gli operai erano usciti nel gelo invernale, chiudendosi le giacche fino al collo, temprati da tre pinte di birra per pranzo. Sì, tutto qui: chiudersi fino al collo e andare avanti. Finire il lavoro. Una pinta.

Ray tornò a sedersi con un’altra Guinness. David si allungò verso di lui e disse: «Senti, adesso mi serve qualcosa. Qualcosa di meglio, di più forte».

«Qualcosa da usare per ricattarla un po’, intendi?»

David non rispose, non ce n’era bisogno. Ray bevve un altro sorso di birra e guardò la barista con l’occhio nero. «Qualcuno dev’essere andato a sbattere contro una porta, eh? Succede spesso da queste parti, devono proprio avere delle porte di merda.»

«Ray...»

L’uomo fece una risatina. «Sì che ce l’ho qualcos’altro! Anche se in realtà è molto leale, questa gente. Pappa e ciccia. Culo e camicia. Cazzate del genere. Ma c’è questo tizio che forse potrebbe aiutarci. È l’unico che vuole parlare di lei.»

«E quest’uomo sarebbe?...»

«Liam Daly, il cugino di Rachel. Gli ho detto che gli davi cinquecento sterline se spiffera qualcosa di interessante. Lui mi ha detto al telefono che aveva qualcosa, forse.»

«Okay, okay.»

«Che puntualità, eccolo qui!»

La porta si era spalancata e un uomo dai capelli rossi sulla trentina con una giacca a vento troppo grande fece loro un brusco cenno del capo. Aveva un’aria vagamente ostile, ma in fondo tutto sembrava vagamente ostile in quel posto, si disse David. Era tutto sbrigativo, brusco e dimesso. Sferzato dal vento dell’estuario.

«Liam, lui è David.»

Liam si sedette senza aprire bocca.

«Una birra?»

Liam guardò David, poi di nuovo Ray. «Sidro, Abrahams.» Una pausa. Non si prese la briga di ringraziare.

Portarono l’ordinazione. Liam si sbottonò la giacca a vento, mostrando strati su strati di magliette da calcio. Un uomo in forma destinato a diventare fuori forma: mezza pinta in meno di dieci secondi. David si sentì invadere da un prepotente senso di frustrazione e prese la parola: «E così Rachel Daly è tua cugina, giusto?».

Liam ingoiò dell’altro sidro e appoggiò il bicchiere sul tavolo. «Già.»

«Vai avanti.»

«Niente. Siamo stati vicini per un po’.»

«Quanto vicini?»

«Andavamo a scuola insieme.»

«E...?»

Una scrollata di spalle. Ancora silenzio. I’m dreaming of a white Christmas... Liam era immobile, quasi sprezzante. David lo incalzò: «Liam, non ti pagherò cinque pezzi per sentire di quando vi sbaciucchiavate nel capanno delle bici, intesi?».

Where the treetops glisten, and children listen...

Alla fine, con una punta di disprezzo, Liam si decise a proseguire: «Va bene, cos’altro posso dire? Era una tipa popolare, piaceva un po’ a tutti. Ed era anche simpatica, molto forte. Meglio per lei, se è riuscita a uscire da questo zoo del cazzo!». Liam guardava fisso David, adesso con aria apertamente ostile. Ma poi, David capì che forse Liam era arrabbiato solo con sé stesso, per aver tradito una vecchia amica per soldi. «Poi dev’essere successo qualcosa. Ha litigato con la sua famiglia... Non so perché, ma di sicuro non doveva essere colpa sua. Hanno tutti smesso di parlarle.»

«Hai idea del motivo?»

«No, zero assoluto. I suoi erano gente incasinata, sempre nei guai. E suo padre poi, Gesù, che vecchio stronzo! Beveva e picchiava. Niente di strano se la sorella ha dato di matto!»

«E cos’ha fatto?»

Ray si interruppe. «Sinead, la sorella maggiore di Rachel. Ha trentadue anni. È stata espulsa dalla scuola perché ha spaccato delle finestre. Adesso vive a Glasgow, fa l’infermiera. Rachel non è più rimasta in contatto con nessuno dei suoi dopo che si sono separati, almeno così credo.»

David annuì, cercando di tenere a bada l’irritazione. Non era ancora abbastanza. White Christmas stava per finire. Ray evidentemente percepì il suo stato d’animo e incalzò Liam.

«Senti, noi non abbiamo tutta la giornata: potresti dire a David quello che hai detto a me? Al telefono, stamattina. Quello che è successo a Rachel. Hai detto che avevi qualcosa che poteva esserci utile.»

Liam bevve un lungo sorso, come se gli servisse l’alcol per tenere saldi i nervi. Poi fissò David con sguardo neutro. «Okay. Poco dopo che suo padre se l’è squagliata, forse prima, non so, lei è andata fuori di testa. È impazzita.»

David sentì accelerare il battito, i sensi da avvocato in allerta. «Intendi dire che Rachel ha avuto un esaurimento nervoso?»

«Già.»

«Grave?»

Un breve silenzio ammiccante. «Gravissimo. Pare fosse fuori come un balcone. L’hanno chiusa in un posto, come si dice, un ospedale psichiatrico. E quando è uscita, è sparita dalla faccia della terra. È cresciuta. Ha perso l’accento di qui, almeno in parte. E poi se n’è andata.»

David guardò Liam, poi Ray, poi il bicchiere vuoto sul tavolo. Era un po’ come se avesse vinto alla lotteria. Rachel aveva avuto problemi mentali. Il peggiore dei suoi sospetti si era rivelato atrocemente vero. E forse questo spiegava ogni cosa. Rachel si stava davvero inventando tutto. La donna che doveva prendersi cura di suo figlio era seriamente disturbata, soffriva di allucinazioni, paranoie e manie di persecuzione. “Sento delle voci. Mi dicono che morirò a Natale.”

A questo punto poteva far internare la moglie per sempre. Doveva farlo. Prima che facesse del male a suo figlio.

David si guardò attorno, avvertendo lo squallore del posto. Nonostante la rivelazione, non provava nessuna gioia. Anzi, questa informazione lo faceva sentire ancora più triste, più in colpa. Quell’esuberante e allegra ragazza dai capelli rossi che aveva conosciuto alla galleria d’arte otto mesi prima. Quella sopravvissuta. Quella ragazza che aveva amato. Era unica. Era la ragazza speciale che aveva sempre sognato.

Ma era anche una ragazza che doveva sparire dalla sua vita.