Il testo seguito per la traduzione è quello pubblicato in P. Florenskij, Sočinenija v četyrëch tomach [Opere in quattro volumi], Mysl’, Moskva, vol. III, tomo I, 1999, pp. 46-101 (pp. 512-14 per le note dei curatori). Là dove si è ritenuto necessario, questo testo è stato confrontato ed eventualmente emendato (con conseguente segnalazione in nota) sulla base di altre edizioni. Dove non diversamente specificato, le note sono dell’Autore.

 

1

Il presente articolo è stato scritto nell’ottobre del 1919 come testo di una relazione destinata alla Commissione per la tutela dei monumenti dell’arte e dell’antichità della Lavra della Trinità di San Sergio; tuttavia, per varie circostanze esterne, questa relazione non venne letta in sede di Commissione, ma il 29 ottobre del 1920, durante una seduta della sezione bizantina del MIChIM, l’Istituto moscovita di ricerche storico-artistiche e di museologia presso l’Accademia russa di storia della cultura materiale del Narkompros [Commissariato del popolo per l’istruzione]. Il dibattito seguito alla relazione fu particolarmente lungo; per quel che ricordo, vi presero parte: P.P. Muratov, B.A. Kuftin, N.I. Romanov, A.A. Sidorov, N.A. Afrikanov, N.M. Ščekotov, M.I. Fabri kant e N.D. Lange. La vivacità delle discussioni mi ha confermato ancora una volta che il problema dello spazio è uno dei più fondamentali per l’arte e, aggiungerò, per la concezione del mondo in generale. Ma questo problema – quello dello spazio nell’arte figurativa – non viene affrontato nel presente articolo e costituisce l’oggetto di una serie di conferenze sull’analisi della prospettiva, ora in attesa di pubblicazione, che ho tenuto nel 1921 e nel 1922 alla facoltà di Arti grafiche e tipografiche, presso i Laboratori superiori d’arte di Mosca – il cosiddetto Chudemast [Florenskij si riferisce qui al Vchutemas (acronimo di Vysšie chudožestvenno-techničeskie masterskie, «Laboratori superiori tecnico-artistici»), istituzione statale attiva a Mosca tra il 1920 e il 1926]; in questo articolo ci si limita invece a una sorta di approccio storico concreto all’idea di una concezione organica del mondo. L’autore non ha la benché minima intenzione di costruire una teoria della prospettiva rovesciata, ma vuole soltanto sottolineare con adeguata insistenza che esiste un pensiero organico in quest’ambito. A conclusione di questa nota, vorrei ricordare con riconoscenza la compianta Aleksandra Michajlovna Butjagina, che sotto mia dettatura ha trascritto la prima parte di questo articolo.

2

Rappresentazione iconografica con al centro Cristo in trono e ai due lati la Vergine e san Giovanni Battista. Qui s’intende uno degli ordini di icone che compongono l’iconostasi delle chiese bizantine; ai lati del Cristo, collocato sopra le porte regali, ci sono anche due cortei di santi in preghiera [N.d.C.].

3

Con il termine raskryška si intende la prima campitura di colore dell’icona [N.d.C.].

4

Icona n. 23/328, XV-XVI secolo; dimensioni: 32 cm × 25,5 cm; ripulita nel 1919. Lascito di Nikita Dmi trievič Vel’jaminov, offerto nel 1625 in suffragio della monaca Ol’ga Borisovna, figlia dello zar. Si veda Opis’ ikon Troice-Sergievoj Lavry [Inventario delle icone della Lavra della Trinità di San Sergio], Komissija po ochrane Lavry, Sergiev Posad, 1920, pp. 89-90.

5

Si intende, ovviamente, la Lavra della Trinità di San Sergio, monastero fondato nel 1337 da san Sergio di Radonež. Situato a una settantina di chilometri a nord-est di Mosca, rappresenta il centro spirituale della Chiesa ortodossa russa. Il 22 ottobre del 1918 Flo renskij era stato nominato segretario scientifico della Commissione per la tutela dei monumenti dell’arte e dell’antichità della Lavra, incarico che aveva accettato (e poi mantenuto fino al 1920) nella speranza di salvare il salvabile dalla politica antireligiosa instaurata dal regime sovietico. L’inventario che viene citato nella nota precedente e in quella che segue fu appunto uno dei risultati di questo lavoro: catalogate come beni museali, le icone non avrebbero più potuto essere alienate o distrutte come tesori appartenenti alla Chiesa [N.d.C.].

6

Icona n. 58/160, XVI secolo; dimensioni: 31,5 cm × 25,5 cm. Lascito di Ivan Grigor’evič Nagov, offerto nel 1601. Si veda Opis’ikon, cit., pp. 102-103.

7

Con il termine razdelka si intende il disegno del panneggio [N.d.C.].

8

Con il termine assistka si intende una specie di reticolato realizzato con oro (o argento) in foglia sulle vesti di Cristo e della Vergine, il quale conferisce alle immagini un effetto di ombreggiatura [N. d. C.].

9

Il termine qui utilizzato da Florenskij è opis’, ossia la linea che definisce i contorni (per lo più del volto) [N.d.C.].

10

Con il termine oživki si intendono dei particolari punti luminosi apposti sugli incarnati nell’ultima fase di realizzazione dell’icona; il termine dvižki indica anch’esso dei colpi di luce sugli incarnati, costituiti da trattini bianchi o chiari; otmetiny e probely sono ulteriori tipologie di lumeggiature (le seconde apposte solitamente su vesti ed elementi del paesaggio) [N.d.C.].

11

Sussiste per altro l’opinione secondo la quale si dovrebbe interpretare come un primo stadio della prospettiva la raffigurazione di guerrieri o cavalli che incedono gli uni dietro gli altri, muovendosi frontalmente in un’unica linea perpendicolare alla direzione del movimento. Ora, è evidente che in questo caso abbiamo a che fare con una qualche proiezione, di tipo militare, assonometrico o, comunque, di questo genere, a partire da un centro infinitamente lontano, ed è evidente che essa ha un significato di per se stessa, in quanto tale. E, però, vedervi il germe di qualcos’altro, cioè di una prospettiva non ancora compresa fino in fondo, significherebbe perdere di vista il fatto che ogni rappresentazione è una forma di corrispondenza, e che molte rappresentazioni sono sì delle proiezioni, ma non prospettiche, e che ci sono in esse pochi germi tanto di prospettiva quanto di prospettiva rovesciata e di molte altre cose ancora, mentre la prospettiva, dal canto suo, è sicuramente un germe della prospettiva rovesciata, ecc. Sembra che in questi casi ai ricercatori manchi semplicemente la dovuta attenzione all’aspetto matematico della questione, in quanto, secondo loro, tutti i metodi di rappresentazione – e ve ne sono moltissimi – si dividerebbero in metodi corretti, quelli che seguono le leggi della prospettiva, e metodi scorretti, quelli che non seguono le leggi della prospettiva. Mentre in realtà la mancanza di prospettiva non significa affatto che ci si trovi di fronte a qualcosa di scorretto; a tal proposito, bisogna prestare particolare attenzione proprio alle rappresentazioni egizie, perché in questo caso le sensazioni tattili predominavano su quelle visive. Quale corrispondenza utilizzano gli egizi tra il punto rappresentato e il punto della rappresentazione? Si tratta di una domanda complessa che a tutt’oggi non ha ricevuto una risposta soddisfacente.

12

M. Cantor, Vorlesungen über Geschichte der Mathematik, 3a ediz., Teubner, Leipzig, vol. I, 1907, p. 108.

13

Vitruvius Pollio, De architectura libri decem, VII, Praefatio, 11.

Si dice la stessa cosa nella Vita di Eschilo. Eppure, secondo un’indicazione di Aristotele in Poetica, 4, il primo a offrire lo spunto per una scenografia sarebbe stato Sofocle. Per altro queste informazioni non sono così discordanti, in quanto bisogna pensare che, più di Eschilo, proprio il naturalista Sofocle abbia iniziato a cercare di ottenere delle scenografie ancor più illusorie.

14

«Prototipo» e «immagine» traducono rispettivamente pervoobraz e obraz: il gioco di parole del testo russo va ovviamente perduto [N.d.C.].

15

Il riferimento è alla corrente artistica dei peredvižniki, «ambulanti» o «itineranti»; nato nel 1863 (e scioltosi nel 1923), questo gruppo era caratterizzato dalla tensione a rendere l’arte sempre più accessibile al grande pubblico (attraverso mostre itineranti – di qui il nome – che volevano emancipare l’arte dalle accademie e dalle vecchie mode canoniche) e sempre più schierata a favore di un impegno sociale. Ispirata alle concezioni estetiche realiste di Belinskij e Černyševskij, la corrente raccolse artisti di primissimo piano come N.N. Ge, I.N. Kramskoj, M.V. Nesterov, L.O. Pasternak, V.G. Perov, V.D. Polenov, I.E. Repin, e altri ancora [N.d.C.].

16

G. Emichen, Grečeskij i rimskij teatr [Il teatro greco e romano], trad. rus. di I.I. Semënov, E. Gerbek, Moskva, 1894, pp. 160-61 [ed. orig. Das Bühnenwesen der Griechen und Römer, in Die griechischen Sakralaltertümer und das Bühnenwesen der Griechen und Römer, a cura di P. Stengel e G. Oehmichen, Beck, München, 1890].

17

Claudius Ptolomaeus, Γεωγραϕικὴ Ὑϕήγησις. Si veda Cantor, Vorlesungen über Geschichte der Mathematik, vol. I, cit., p. 423.

18

François d’Aiguillon (1567-1617), gesuita, matematico e fisico; i suoi lavori nel campo dell’ottica contengono i primi studi sulla visione binoculare ed utilizzano per la prima volta espressioni come «proiezione stereografica» e «proiezione ortografica» [N.d.C.].

19

N.A. Rynin, Načertatel’naja geometrija. Metody izobraženija [Geometria descrittiva. Metodi di rappresentazione], Tipografija A.E. Kollins, Petrograd, 1916.

20

Numerose riproduzioni, con foto e schizzi, del paesaggio architettonico greco-romano, nonché una precisa analisi archeologica di questo paesaggio, si possono trovare nel circostanziato studio di M. Rostovcev, Ellinističesko-rimskij architekturnyj pejzaž [Il paesaggio architettonico ellenistico-romano], in «Zapiski Klassičeskogo otdelenija Imperatorskogo Russkogo archeologičeskogo obščestva» [Memorie della sezione classica della Società imperiale russa di archeologia], 1908. Purtroppo il lavoro di Rostovcev non si occupa minimamente dell’aspetto storico-artistico e di critica d’arte di tale questione, e in particolare non prende assolutamente in considerazione l’idea di spazio vigente nel paesaggio ellenistico-romano. Notiamo a questo proposito che nei paesaggi riprodotti da Rostovcev viene talvolta utilizzata la prospettiva diretta (anche se in maniera non del tutto rigorosa), mentre in altre occasioni vengono utilizzati metodi di proiezione diversi, affini alla prospettiva e di tipo assonometrico (ossia una proiezione a partire da un centro posto all’infinito). A ogni modo, il carattere generale di queste rappresentazioni è abbastanza vicino alla prospettiva.

21

«Del resto, il problema del paesaggio architettonico greco-romano, della sua origine e della sua storia, del suo carattere realistico o fantastico, sino a oggi non è mai stato posto seriamente. Personalmente, invece, la questione mi interessa già da molto, sin dai primi giorni in cui ho fatto la conoscenza di Pompei. Mi è parso subito chiaro che nel paesaggio pompeiano l’ambito di autentica applicazione della fantasia era estremamente ridotto e riguardava esclusivamente la questione della riproduzione illusionistica, in parte di motivi ricavati dalla natura circostante, in parte di modelli paesaggistici e architettonici di provenienza esterna. L’espressione “architettura fantastica” è qualcosa che in generale mi risulta difficilmente comprensibile: certi particolari di carattere ornamentale possono essere frutto della fantasia, certe combinazioni di motivi possono essere arbitrarie e insolite, ma i motivi stessi e il carattere complessivo saranno inevitabilmente reali, se non come dei ritratti con tutta la loro corposità (quelli che abbiamo davanti non sono né i progetti di un architetto né delle fotografie), per lo meno nel senso di una realtà tipologica. Lo studio, da questo punto di vista, dei motivi architettonici, in apparenza del tutto fantastici, presenti nel cosiddetto stile architettonico della decorazione parietale ha già dato una serie di risultati inattesi ed estremamente importanti: è stato chiarito, o si sta chiarendo, il legame tra questa architettura “fantastica” e l’architettura della scena greco-romana; e studi ulteriori daranno ovviamente ancora più risultati, soprattutto adesso che in Asia Minore si vanno scoprendo sempre più monumenti dell’autentica architettura ellenistica. A questi stessi risultati mi hanno portato del resto i lunghi anni di ricerca sull’architettura dei paesaggi pompeiani. Tutto, qui, si rivela reale e trasmette i tipi della reale architettura ellenistica in misura ancor più grande di quanto constatato nella decorazione architettonica. Per la fantasia pura, qui, c’è meno spazio di quanto ve ne sia nell’architettura delle pareti pompeiane» (ibid., pp. Ix-x). L’autore collega questo paesaggio con le vedute delle ville romane, i paesaggi egizi, ecc.

22

A. Benua, Istorija živopisi [Storia della pittura], Šipovnik, Sankt-Peterburg, vol. I, 1912, pp. 41 sgg.

23

Si veda sopra, nota 21.

24

Florenskij utilizza qui il termine podvig, che sta a indicare il carattere tipicamente ascetico di uno sforzo o di una qualsiasi prestazione: il podvižnik è l’asceta in senso proprio [N.d.C.].

25

Ibid., cit., p. 45.

26

Ibid., pp. 45-46.

27

Ibid., p. 43, nota 24.

28

Antica domus romana sepolta al tempo dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Venne riportata alla luce solo nel 1894 [N.d.C.].

29

Ibid., p. 70.

30

Ibid., p. 75.

31

Loc. cit.

32

Nel testo seguito per la traduzione questo «non» era caduto ed è stato ripristinato sulla base del senso e di altre edizioni dell’opera, in particolare quella contenuta in Sobranie sočinenij [Opere], YMCA-Press, Pariž, vol. I: Stat’i po iskusstvu [Articoli sull’arte], 1985, pp. 117-92 (il passo che stiamo leggendo si trova alla p. 136) [N.d.C.].

33

D.M. Bolduin, Duchovnoe razvitie detskogo individuuma i čelovečeskogo roda [Lo sviluppo mentale del bambino e del genere umano], Moskovskoe Knigoizdatel’stvo, Moskva, 1911 [ed. orig. J.M. Baldwin, Mental Development in the Child and the Race, 3a ediz. riveduta, Macmillan & Co., New York, 1906].

34

La citazione da Vasari è stata ovviamente ripristinata secondo il testo originale (si veda Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, et architettori, Firenze, 1568, vol. I, parte prima, p.131) [N.d.C.].

35

I. Ten, Putešestvie po Italii [Viaggio in Italia], trad. rus. di P.P. Percov, Nauka, Moskva, vol. II, 1916, pp. 87-88 [ed. orig. H. Taine, Voyage en Italie, Hachette, Paris, 1866].

36

Florenskij offre qui una versione in prosa di alcuni versi (31-45) della poesia di Giotto Molti son que’ che lodan povertade, che sono stati ripristinati sulla base del testo originale (si veda F. Trucchi, Poesie italiane inedite di dugento autori dall’origine della lingua infino al secolo decimosettimo, Guasti, Prato, vol. II, 1846, pp. 9-10) [N.d.C.].

37

Anche in questo caso la citazione da Vasari è stata ripristinata secondo il testo originale (si veda Le vite, cit., pp. 121-22) [N.d.C.].

38

Benua, Istorija živopisi, cit., p. 100.

39

Loc. cit.

40

Ibid., pp. 107-108.

41

Si veda A. Mironov, Al’brecht Djurer, ego žizn’ i chudožestvennaja dejatel’nost’ [Albrecht Dürer, la sua vita e l’attività artistica], Universitetskaja tipografija, Moskva, 1901, p. 375.

42

A. Dürer, Underweysung der Messung, mit dem Zirckel und Richtscheyt, in Linien, Ebnen und gantzen Corporen, Nürnberg, 1525. Oltre a questa esistono non meno di altre cinque edizioni successive.

43

Mironov, Al’brecht Djurer, ego žizn’ i chudožestvennaja dejatel’nost’, cit., p. 380, nota 1.

44

Passi di alcuni di questi trattati sono riportati in G.I. Alleš, Renessans v Italii [Il Rinascimento in Italia], trad. rus. di E.Ju. Grigorovič, M. i S. Sabašnikovych, Moskva, 1916 [ed. orig. G.J. von Allesch, Die Renaissance in Italien, Kiepenheuer, Weimar, 1912].

45

Il testo seguito per la traduzione riportava, come anno di morte, il 1449; l’anno esatto era invece indicato nella già citata edizione parigina di YMCA-Press (il passo che stiamo leggendo si trova alla p. 145) [N.d.C.].

46

L’affresco di Paolo Uccello (realizzato in realtà nel 1433) è il Monumento equestre a Giovanni Acuto; quello di Andrea del Castagno (la cui data di realizzazione va anch’essa spostata, al 1456) è invece il Monumento equestre a Niccolò da Tolentino [N.d.C.].

47

Abitualmente, la data di nascita di Andrea del Castagno viene spostata molto più avanti, attorno al 1421. L’affresco qui ricordato è l’Ultima cena, databile tra il 1445 e il 1450 [N.d.C.].

48

Benua, Istorija živopisi, cit., p. 383.

49

Più esattamente: De prospectiva pingendi [N.d.C.].

50

Sia l’anno di morte di Masaccio sia quello di Benozzo Gozzoli vanno in realtà anticipati di un anno, rispettivamente al 1428 e al 1497.

51

Una vasta letteratura su tali questioni si può trovare in Rynin, Načertatel’naja geometrija. Metody izobraženija, cit., pp. 245-64.

52

Seconda parte della frase: «So che in privato bevono vino / e in pubblico predicano l’acqua», tratta dal poema satirico di Heinrich Heine Deutschland. Ein Wintermärchen (1844) [N.d.C.].

53

G. Schreiber, Lehrbuch der Perspektive: mit einem Anhang über den Gebrauch geometrischer Grundrisse, 2a ediz., rivista da A.F. Viehweger e con la prefazione di L. Nieper, Oehmigke, Leipzig, 1874.

54

Ibid., par. 32, p. 51.

55

Ibid., par. 34, p. 56.

56

Ibid., p. 57.

57

Nonostante la sua importanza storica (era stata edificata per commemorare la vittoria del 1812 su Napoleone) e nonostante i tentativi di mostrarne l’esemplarità, come fa qui Florenskij, questa chiesa venne abbattuta pochi anni dopo la stesura della Prospettiva rovesciata, nel 1931. Venne ricostruita sullo stesso luogo dopo la caduta dell’Unione Sovietica [N.d.C.].

58

N.A. Rynin, Načertatel’naja geometrija. Perspektiva [Geometria descrittiva. La prospettiva], Tipografija Georgievskogo Komiteta, Petrograd, 1918, par. 8, pp. 72-73.

59

Come notava Nicoletta Misler nella prima traduzione italiana del testo (P. Florenskij, La prospettiva rovesciata e altri scritti, Casa del libro, Roma, 1983, p. 134, nota 23), «non esistono paesaggi di Rubens nella collezione della Galleria degli Uffizi. Probabilmente Florenskij si riferisce al Paesaggio con il ritorno dai campi (1632-34 ca.) che si trova nella Galleria di Palazzo Pitti» [N.d.C.].

60

Rynin, Načertatel’naja geometrija. Perspektiva, cit., par. 8, pp. 70-82 e p. 89. Schreiber, Lehrbuch der Perspektive, cit.

61

Rynin, Načertatel’naja geometrija. Perspektiva, cit., par. 8, p. 75, fig. 144.

62

F. Schilling, Über die Anwendungen der darstellenden Geometrie insbesondere über die Photogrammetrie, Teubner, Leipzig-Berlin, 1904, pp. 152-53. Rynin, Načertatel’naja geometrija. Perspektiva, cit., par. 8; Načertatel’ naja geometrija. Metody izobraženija, cit.

63

Schilling, Über die Anwendungen der darstellenden Geometrie, cit., p. 153, nota 1.

64

Mironov, Al’brecht Djurer, ego žizn’ i chudožestvennaja dejatel’nost’, cit., p. 347.

65

F. Kugler, Rukovodstvo k istorii živopisi so vremën Konstantina Velikogo [Manuale di storia della pittura dai tempi di Costantino il Grande], 3a ediz., Soldatenkov, Moskva, 1872, p. 584. [ed. orig. Franz Kugler’s Handbuch der Geschichte der Malerei seit Constantin dem Grossen, Duncker & Humblot, Berlin, 1847].

66

A.A. Sidorov, «Četyrie apostola» Al’brechta Djurera i svjazannye s nimi spornye voprosy [I quattro apostoli di Albrecht Dürer e le relative controversie], in «Zapiski Klassičeskogo otdelenija Imperatorskogo Russkogo archeologičeskogo obščestva», 1915, p. 15.

67

Si fa riferimento a un manoscritto di Dürer di proprietà del British Museum e composto da alcuni abbozzi dell’artista preparati in vista delle sue future opere a stampa. Pubblicato a cura di A. von Zahn nel 1868 e di W.M. Conway nel 1889, è stato successivamente rieditato da K. von Lange e da F. Fuhse (si veda Dürers schriftlicher Nachlass, auf Grund der Originalhandschriften und theilweise neu entdeckter alter Abschriften, Niemeyer, Halle, 1893, p. 326).

68

Rynin, Načertatel’naja geometrija. Perspektiva, cit., par. 8, pp. 75-78; Načertatel’naja geometrija. Metody izobraženija, cit., par. 15, pp. 113-17.

69

L’edizione russa seguita per la traduzione rimanda qui a due possibili reminiscenze poetiche: Orazio, Ars poetica, 71-72 («... usus, / quem penes arbitrium est et ius et norma loquendi», «... l’uso, / in cui risiede la sovranità, il diritto e la norma del linguaggio»), e A. Puškin, Evgenij Onegin, I, XXV, 4 («L’uso è despota fra la gente») [N.d.C.].

70

Rinvio a Così fan tutte, ossia La scuola degli amanti di Mozart, uno dei compositori preferiti di Florenskij, che amava anche eseguirlo personalmente.

71

E. Mach, Dlja čego čeloveku dva glaza? [Perché l’uomo ha due occhi?], in Populjarno-naučnye očerki [Saggi scientifico-popolari], trad. rus. di G.A. Kotljar, Obrazovanie, Sankt-Peterburg, 1909, p. 64 [ed. orig. Wozu hat der Mensch zwei Augen?, in Populär-wissenschaftliche Vorlesungen, Barth, Leipzig, 1896].

72

Per una spiegazione elementare dei termini della «teoria degli insiemi» qui utilizzati – insieme, corrispondenza, cardinalità, equivalenza, similitudine o conformità, ecc. –, si può vedere il seguente articolo: P.A. Florenskij, O simvolach beskonečnosti, in «Novyj put’» [La via nuova], settembre 1904, pp. 173-235 [trad. it. I simboli dell’infinito, in Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza, Bollati Boringhieri, Torino, 2007, pp. 25-80].

73

Sul metodo per stabilire la corrispondenza dei punti di un quadrato e dei suoi lati, si veda la dimostrazione data dallo stesso Cantor [come segnala l’edizione russa seguita per la traduzione, nel manoscritto originale la parte finale della nota non si è conservata].

74

Come segnala l’edizione russa seguita per la traduzione, nell’originale qui c’era una nota che non si è conservata [N.d.C.].

75

Rynin, Načertatel’naja geometrija. Metody izobraženija, cit.

76

Nel testo seguito per la traduzione si ha qui izmerenij («misurazioni», «dimensioni»), che ci è parso un chiaro errore di stampa per un più coerente izmenenij («cambiamenti») e che abbiamo dunque corretto in tal senso, seguendo la già citata edizione parigina di YMCA-Press (il passo che stiamo leggendo si trova alla p. 174) [N.d.C.].

77

Termine che rimanda alle teorie filosofico-religiose di N.M. Minskij (1856-1937), poeta simbolista seguace di Nietzsche e Schopenhauer, sostenitore di una sorta di mistica del non-essere (μὴ ὄν).

78

Come segnala l’edizione russa seguita per la traduzione, nell’originale qui c’era una nota che non si è conservata [N.d.C.].

79

E. Mach, Poznanie i zabluždenie. Očerki po psichologii issledovanija [La conoscenza e l’errore. Studi sulla psicologia della ricerca], trad. rus. di G.A. Kotljar, Skirmunt, Moskva, 1909, p. 346 [ed. orig. Erkenntnis und Irrtum. Skizzen zur Psychologie der Forschung, Barth, Leipzig, 1905].

80

Ibid., p. 349.

81

Ibid., p. 354.

82

E. Mach, Analiz oščuščenij i otnošenie fizičeskogo k psichičeskomu [L’analisi delle sensazioni e il rapporto tra fisico e psichico], trad. rus. di G.A. Kotljar, Skirmunt, Moskva, 1908, pp. 157-58 [ed. orig. Die Analyse der Empfindungen und das Verhältnis des Physischen zum Psychischen, Fischer, Jena, 1900].

83

Espressione ispirata a una famosa locuzione latina: «Res iudicata facit de albo nigrum, originem creat, aequat quadrata rotundis, naturalia sanguinis vincula et falsum in verum mutat», «La cosa giudicata trasforma il bianco in nero, crea un precedente, rende le cose quadrate simili a quelle rotonde, cambia i vincoli di sangue naturali e muta il falso in vero» [N.d.C.].

84

Ibid., p. 146.

85

«Il fato guida chi vuole lasciarsi guidare, trascina chi non vuole»; citazione dalle Lettere a Lucilio di Seneca (XVII-XVIII, 107, 11) [N.d.C.].