III
Un mese dopo, un pomeriggio, Dorian Gray s'abbandonava su una comoda poltrona, nella piccola libreria della casa di Lord Henry in Mayfair. Era nel suo genere un buen retiro molto grazioso, coi rivestimenti di quercia, i fregi color avorio, gli stucchi al soffitto; e sul feltro rosso mattone che copriva il pavimento, eran stesi tappeti persiani dalle lunghe frange di seta. Una statuetta di Clodion si ergeva su una deliziosa piccola tavola; vicino stava una copia delle Cent Nouvelles, legata da Clovis Eve per Margherita di Valois. La legatura era bulinata con le margherite d'oro che la regina aveva scelto per emblema. Sulla mensola del camino c'erano tulipani e grandi vasi di porcellana turchina; attraverso le vetriate piombate della finestra fluiva la luce albicocca d'un pomeriggio estivo londinese.
Lord Henry non era ancora giunto. Era sempre in ritardo, per partito preso; essendo una sua massima che la puntualità ruba il tempo. Per questo il giovane sembrava piuttosto di malumore. Con mano pigra sfogliava le pagine di una Manon Lescaut, dalle preziose illustrazioni, che aveva preso da uno scaffale. Il monotono tic-tac della pendola Luigi XIV lo irritava. Un paio di volte ebbe la tentazione di andarsene.
Finalmente udì un passo, e la porta s'aprì. «Com'è tardi, Harry» mormorò.
«Temo che non sia Harry, signor Gray» rispose una voce squillante.
Si volse rapidamente e si alzò in piedi. «Vi chiedo scusa, credevo...»
«Credevate che fosse mio marito. È soltanto sua moglie. Permettete che mi presenti. Vi conosco molto bene dalle vostre fotografie. Credo che mio marito ne possieda ventisette.»
«Ventisette, Lady Henry?»
«No? Ventisei, allora. E vi ho visto l'altra sera all'opera con lui.» Parlando rise d'un riso nervoso, e lo guardò con i suoi occhi incerti, color miosotide. Era una strana donna. I suoi vestiti parevano disegnati in un impeto d'ira, e indossati durante una tempesta. Era di solito innamorata di qualcuno, ma le sue passioni non essendo mai corrisposte, ella aveva mantenute intatte tutte le illusioni. Le sarebbe piaciuto di riuscir pittoresca, le riusciva soltanto di parer disordinata. Si chiamava Victoria, e aveva la manìa di andare in chiesa.
«Davano il Lohengrin, nevvero, Lady Henry?»
«Ah, sì, quel delizioso Lohengrin. Preferisco la musica di Wagner a ogni altra. È così fragorosa, che si può chiacchierare continuamente senza che gli altri odano quello che si dice. Questo è un gran vantaggio. Nevvero, signor Gray?»
Rise, con le sottili labbra, di un riso secco e nervoso. Le sue dita giocavano con un lungo tagliacarte di tartaruga.
Dorian sorrise e scosse la testa. «Temo di non condividere le vostre opinioni, Lady Henry. Non parlo mai durante un concerto – un buon concerto. Se invece si ascolta della cattiva musica allora è doveroso soffocarla con una conversazione.»
«Ah, questa è una delle idee di Harry, nevvero, Gray? Ma non crediate che non mi piaccia la buona musica. L'adoro, ma mi fa paura. Mi rende troppo romantica. Ho letteralmente adorato i pianisti. Talora due alla volta, mi dice Harry. Non capisco che cosa si celi in loro. Forse perché sono stranieri. Tutti i pianisti sono stranieri, no? Anche quelli che sono nati in Inghilterra divengono stranieri dopo qualche tempo, vero? Questo è così intelligente da parte loro, e nello stesso tempo è un tale omaggio reso all'arte. L'arte diventa cosmopolita, no? Voi non siete mai venuto alle mie riunioni, vero, Gray? Bisogna che veniate. Non posso permettermi il lusso delle orchidee, ma non bado a spese per procurarmi qualche straniero. Rendono la casa pittoresca. Ma ecco Harry! Harry, ero venuta a cercarvi per domandarvi qualche cosa, non ricordo quale, e ho incontrato il signor Gray. Abbiamo fatto una simpatica chiacchierata sulla musica. Abbiamo veramente le stesse idee. Cioè, credo che le nostre idee siano fondamentalmente diverse, ma il nostro incontro fu molto divertente. Sono tanto contenta di averlo conosciuto.»
«Felice, cara, felicissimo» disse Lord Henry, inarcando le sopracciglia scure, e guardandoli con un sorriso allegro. «Mi rincresce d'essere in ritardo, Dorian. Ero andato a vedere un pezzo di broccato antico in Wardour Street, e ho dovuto contrattare per ore ed ore. Oggi la gente conosce il prezzo di tutte le cose; e ne ignora il valore.»
«Credo giunto il momento di andarmene» esclamò Lady Henry, e ruppe il silenzio imbarazzante con una delle sue assurde risate improvvise. «Ho promesso alla duchessa di uscire con lei. Arrivederci, Gray. Arrivederci, Harry. Cenate fuori, no? Anch'io. Forse vi troverò da Lady Thornbury.»
«Crederei di sì, cara» disse chiudendo la porta. Lasciando la traccia di un lieve odore di frangipane, ella uscì, simile a un uccello del paradiso che abbia passato tutta la notte sotto la pioggia. Egli accese una sigaretta, e si lasciò cadere sul sofà.
«Non sposate mai una donna dai capelli biondo-paglia, Dorian» disse dopo qualche boccata.
«Perché, Harry?»
«Perché sono tanto sentimentali. Non sposatevi: è più semplice, Dorian. Gli uomini si sposano perché sono stanchi; le donne perché sono curiose; ed è una delusione per tutti e due.»
«Non è molto probabile che io sposi, Harry. Sono troppo innamorato. È uno dei vostri aforismi. Lo metto in pratica come tutto quel che dite.»
«E di chi siete innamorato?» chiese Lord Henry, dopo una pausa.
«Di un'attrice» rispose Dorian Gray, arrossendo.
Lord Henry si strinse nelle spalle. «È un début piuttosto comune.»
«Non direste così se l'aveste vista, Harry.»
«Chi è?»
«Si chiama Sybil Vane.»
«Mai sentita nominare.»
«Non se ne parla, forse un giorno. È un genio.»
«Mio caro ragazzo, nessuna donna è un genio. Le donne sono un sesso decorativo. Non hanno nulla da dire; ma lo dicono con grazia. Le donne personificano il trionfo della materia sullo spirito, così come gli uomini personificano il trionfo dello spirito sulla morale. Ci sono due specie di donne: le donne normali e le donne dipinte. Le donne normali sono utilissime. Se volete farvi una reputazione di persona rispettabile, basta che vi facciate vedere a cena con loro. Le altre donne sono molto interessanti. Però commettono un errore. Si dipingono per parer giovani. Le nostre nonne si dipingevano per avere una conversazione brillante. Il rouge e l'esprit erano inseparabili. Adesso tutto è mutato. Se una donna riesce a parer dieci anni minore di sua figlia, non chiede altro. In tutta Londra, per quel che riguarda la conversazione, ci sono cinque donne soltanto con le quali valga la pena di parlare, e due di queste non sono presentabili. Ma, comunque, raccontatemi del vostro "genio". Da quanto tempo la conoscete?»
«Ah, Harry, le vostre opinioni mi spaventano!»
«Non importa. Da quanto tempo la conoscete?»
«Da tre settimane circa.»
«E dove l'avete incontrata?»
«Ve lo dirò, Harry. Ma dovete essere indulgente. Dopotutto, se non vi avessi conosciuto, questo non sarebbe accaduto. Voi avete risvegliato in me un folle desiderio di conoscere la vita a fondo. Per giorni e giorni da quando v'incontrai, mi parve di sentir qualche cosa di vivo dentro me. Errando per il Park, vagabondando per Piccadilly, avevo preso l'abitudine di osservare tutti quelli che mi rasentavano, e di chiedermi, con una grande curiosità, che vita conducessero. Alcuni mi attraevano; altri mi facevano paura. Nell'aria c'era un sottile veleno. Ero innamorato delle sensazioni... Ebbene, una sera, verso le sette, decisi d'andarmene in cerca di avventure. Sentivo che questa nostra Londra grigia e mostruosa, con le sue miriadi di individui, con i suoi sordidi peccatori, e i suoi splendidi peccati – è un vostro modo di dire – doveva serbare qualcosa anche per me. Pensai migliaia di cose. Il semplice pericolo mi riempiva di piacere. Ricordai che in quella meravigliosa prima sera in cui cenammo insieme, mi diceste che la ricerca della bellezza è l'unico vero scopo della vita. Non so quel che cercassi, ma uscii e me ne andai verso l'Est, e presto mi smarrii in un labirinto di viuzze e di piazze oscure, senza aiole. Verso le otto e mezzo passai davanti a un buffo teatrino con grandi lampade a gas e pomposi manifesti. All'ingresso, fumando un sigaro di cattiva qualità, stava un ebreo ripugnante vestito del più fantastico panciotto che abbia mai visto. Aveva i capelli crespi ed unti, ed un enorme diamante gli scintillava al centro di una camicia lucida. "Palco, signore?" mi chiese quando mi vide, e si tolse il cappello, grandiosamente servile. Qualche cosa in lui mi attrasse, Harry. Era mostruoso. Entrai – so che questo vi farà ridere – e pagai una intera ghinea per un palco di proscenio. Ancor oggi non so rendermi ragione di questo; eppure, se non l'avessi fatto, – caro Harry, se non l'avessi fatto, avrei rinunciato al più grande romanzo della mia vita. Ah, ridete! Non è generoso da parte vostra.»
«Non rido, Dorian, o meglio, non rido di voi. Non dite: "il più grande romanzo della mia vita"; "il primo romanzo della mia vita". Voi sarete sempre amato, e sarete sempre innamorato dell'amore. La grande passion è un privilegio delle persone che non hanno niente da fare. Per una nazione questa è l'unica utilità delle classi oziose. Non temete. Altre cose deliziose vi attendono. Questo non è che il principio.»
«Mi credete tanto superficiale?» esclamò Dorian Gray indispettito.
«No; credo che la vostra natura sia molto profonda.»
«Che cosa volete dire?»
«Mio caro ragazzo, veramente superficiali sono le persone che amano una sola volta nella loro vita. Quella che esse definiscono lealtà e fedeltà, io la definisco: o tendenza al letargo, o mancanza d'immaginazione. La fedeltà è nella vita sentimentale quello che la coerenza è nella vita dello spirito – l'accettazione di un fallimento. La fedeltà! Un giorno o l'altro dovrò pure analizzarla. Si riduce a un amore per la proprietà. Parecchie cose getteremmo via volentieri se non avessimo paura che altri le raccogliessero. Ma non voglio interrompervi. Continuate il vostro racconto.»
«Dunque, mi trovai seduto in un sudicio palco di proscenio, faccia a faccia con un volgare sipario. Guardai il teatro e la platea a traverso le tendine. Era carico d'ornamenti e Cupidi e cornucopie, come una torta nuziale di terza classe. La galleria e le sedie erano affollate; ma le due file di poltrone erano completamente vuote, e in quelli che immagino si chiamino "posti distinti", c'erano forse una o due persone. Donne si aggiravano con birra e arance, e si faceva un gran consumo di noccioline.»
«Come nei tempi aurei del teatro inglese.»
«Proprio così, credo; ed era molto umiliante. Stavo chiedendomi cosa dovessi fare, quando il mio sguardo cadde sul programma. Che cosa credete che rappresentassero, Harry?»
«Immagino: L'idiota, ovvero Muto ma innocente. I padri nostri prediligevano tal sorta di teatro, credo. Più io vivo, Dorian, e più si precisa in me la sensazione che quello che poteva andar bene per i nostri padri, non va bene per noi. Come in politica, anche in arte les grands-pères ont toujours tort.»
«Quello spettacolo era fatto per noi, Harry. Era Romeo e Giulietta. Riconosco che fui piuttosto seccato all'idea di veder recitare Shakespeare in un simile covo. Però, nel suo genere m'interessava. Decisi di rimanere al primo atto. Una ignobile orchestra, diretta da un giovane ebreo che sedeva a un pianoforte sgangherato, per poco non mi fece scappare; ma finalmente il sipario s'alzò, e cominciò lo spettacolo. Romeo era un robusto signore anziano, con sopracciglia di sughero bruciato, una voce cavernosa da tragedia, e la figura di un barile di birra. Mercuzio era quasi della stessa risma: un guitto che aveva interpolato battute sue nel testo, ed era in ottimi rapporti con la platea. Lo scenario era grottesco quanto loro, e sembrava tolto da un baraccone da fiera. Ma Giulietta! Immaginate, Harry, una giovane di neppure diciassette anni, un viso simile a un fiore, una piccola testa greca, fasciata di capelli neri e lisci, occhi appassionati, veri abissi violetti, labbra come petali di rosa. La più bella cosa che abbia vista mai. Mi diceste una volta che il "pathos" non vi commoveva, ma la bellezza assoluta poteva farvi salir le lagrime agli occhi. Credetemi, Harry, a malapena potevo veder la ragazza attraverso il velo di lagrime che mi offuscava gli occhi. E la sua voce... non ho mai udito una voce simile. Bassa in principio, con note profonde e dolci, che l'orecchio distingueva una per una; divenne poi più acuta, come un flauto o un oboe lontano; nella scena del giardino aveva l'aspettazione intenta che si prova un momento prima dell'alba, quando cantano gli usignoli. In altri momenti fremeva con la selvaggia passione dei violini. Voi sapete quanto una voce possa commuovere. La vostra voce, la voce di Sybil Vane, due cose che non dimenticherò mai. Se chiudo gli occhi, le odo, e ciascuna dice cose diverse. Non so quale ascoltare. Perché non dovrei amarla? Io l'amo, Harry. Essa è tutto per me, nella vita. Ogni sera vado a sentirla recitare. Una sera essa è Rosalinda, la sera seguente Imogene. L'ho vista morire in un cupo mausoleo italiano, suggendo il veleno dalle labbra dell'amante. L'ho vista aggirarsi per le foreste delle Ardenne, vizioso fanciullo, in calzoncini, giacchetta e berrettino. Pazza, si è presentata a un re colpevole, e gli ha dato ruta da portare, ed erbe amare da assaggiare. Innocente, le nere mani della gelosia hanno imprigionato la sua gola sottile. L'ho vista in ogni epoca e in ogni costume. Le donne semplici non eccitano la nostra fantasia. Sono chiuse nel proprio secolo. Nessuna magia le trasfigura. Le loro idee ci sono facilmente note come i loro cappellini. Si possono trovare quando si vuole. Non c'è mistero in nessuna di loro. Vanno a cavallo la mattina al Park, e a chiacchierare il pomeriggio ai tè. Hanno il sorriso stereotipato e le maniere di moda. Sono prevedibili. Ma un'attrice! Oh, quanto un'attrice è diversa! Harry, perché non mi diceste che la sola cosa che valga la pena d'essere amata è un'attrice?»
«Perché ne ho amate tante, Dorian.»
«Sì, creature ritinte e truccate.»
«Non parlatemi male dei capelli tinti e dei visi truccati. A volte hanno un fascino straordinario.»
«Oh, vorrei non avervi parlato di Sybil Vane!»
«Non potevate farne a meno, Dorian. Per tutta la vostra vita mi confiderete ogni cosa.»
«Sì, Harry, forse avete ragione. Non posso fare a meno di dirvi tutto. Avete una strana influenza su di me. Se mai commettessi un delitto, verrei a confessarvelo. Voi mi capireste.»
«Le persone come voi – irrompenti raggi di sole della vita – non commettono delitti, Dorian. Ma non importa, vi ringrazio del complimento. Ed ora ditemi – porgetemi i fiammiferi, da bravo; grazie – di che genere sono le vostre attuali relazioni con Sybil Vane?»
Dorian Gray scattò in piedi, rosso in viso, gli occhi scintillanti: «Harry! Sybil Vane è sacra!».
«Le cose sacre sono le sole che mette conto di profanare, Dorian» disse Lord Henry, con una strana eco di commozione nella voce. «Ma perché questo vi offende? Un giorno, credo, quella creatura sarà vostra. Chi è innamorato, comincia sempre con l'ingannare se stesso, e finisce sempre con l'ingannare gli altri. Questo è quello che il mondo chiama romanzo. In ogni modo, la conoscete personalmente, non è vero?»
«Naturalmente la conosco. Fin dalla prima sera dopo lo spettacolo quel ripugnante ebreo entrò nel palco, e si offerse di condurmi sul palcoscenico, e di presentarmi a lei. Ne fui irritatissimo, e gli dissi che Giulietta era morta da secoli, e che il suo corpo giaceva a Verona, in un sarcofago di marmo. Lo stupore espresso dal suo sguardo attonito mi fa pensare che egli mi supponesse alticcio per il troppo champagne, o press'a poco.»
«Non mi sorprende.»
«Neanch'io mi sorpresi. Poi mi chiese se scrivessi in qualche giornale. Gli risposi che non li leggevo neppure. Rimase male. Mi confidò che tutti i critici drammatici erano alleati contro lui, e che non ce n'era uno che non si potesse comprare.»
«Non ci sarebbe da meravigliarsi se su questo punto avesse ragione. Ma, d'altra parte, a giudicar dalle apparenze, la maggior parte dei critici deve costar poco.»
«Però, egli aveva l'aria di credere che fossero troppo cari per lui» disse Dorian ridendo. «Intanto le luci del teatro si erano spente, ed io dovetti andarmene. Avrebbe voluto che provassi certi sigari che mi raccomandava calorosamente. Rifiutai. La sera dopo, naturalmente, sono tornato. Quando m'ha visto, m'ha fatto un profondo inchino, e ha scoperto che io sono un generoso mecenate. È un invadente plebeo, sebbene abbia una passione straordinaria per Shakespeare. Mi disse una volta, orgogliosamente, che i suoi cinque fallimenti erano dovuti esclusivamente al "Bardo", come insisteva a chiamarlo. Questo gli sembra un segno di distinzione.»
«Ed è un segno di distinzione, mio caro Dorian; di grande distinzione. Molti falliscono per aver investito i capitali nella prosa della vita. Rovinarsi per la poesia è un onore. Ma quando avete parlato per la prima volta alla signorina Sybil Vane?»
«La terza sera. Aveva recitato la parte di Rosalinda. Non potei farne a meno. Le avevo gettato dei fiori, ed ella mi aveva guardato. Almeno mi parve. L'ebreo insisteva. Mi parve fermamente deciso a portarmi in palcoscenico e acconsentii. Strano, nevvero, che non desiderassi di conoscerla?»
«No, non mi pare.»
«Perché, Harry?»
«Ve lo dirò un'altra volta. Ora voglio sapere di lei.»
«Oh, era tanto timida e gentile. C'è qualche cosa d'infantile in lei. Spalancò gli occhi tutta meravigliata quando le dissi quel che pensavo della sua recitazione; mi pareva che non avesse nessuna idea della sua potenza. Credo che tutti e due eravamo piuttosto nervosi. Sulla porta del polveroso ridotto stava il vecchio ebreo sogghignando e facendo delle chiacchiere sul nostro conto, mentre noi indugiavamo a guardarci come bambini. Egli continuava a chiamarmi My Lord, tanto che dovetti assicurare Sybil che non ero niente di simile. Ella mi disse molto semplicemente: " Avete piuttosto l'aspetto d'un principe. Vi chiamerò Prince Charming".»
«Parola d'onore, Dorian, la signorina Sybil sa come si fa un complimento.»
«Voi non la capite, Harry. Mi considera assolutamente come un personaggio di teatro. Tutto ignora della vita. Vive con sua madre, una donna stanca ed appassita che la prima sera sosteneva la parte di Lady Capuleti, avviluppata in una specie di tunica violetta; essa ha l'aria di aver conosciuto giorni migliori.»
«Conosco quell'atteggiamento. Mi demoralizza» disse lord Henry, esaminando i suoi anelli.
«L'ebreo voleva raccontarmi la sua storia, ma gli dissi che non mi interessava.»
«Avevate ragione. C'è sempre qualcosa di infinitamente meschino nelle tragedie altrui.»
«Sybil è l'unica cosa che mi interessi. Che mi importa la sua origine ? Dalla sua piccola testa al suo minuscolo piede è assolutamente e interamente divina. Ogni sera vado a vederla recitare, ed ogni sera è più ammirevole.»
«E questa, suppongo, è la ragione per la quale da qualche tempo non cenate più con me. Supponevo che doveste essere impigliato in qualche strana avventura. Ho indovinato; è esattamente l'avventura che prevedevo.»
«Caro Harry, ogni giorno io e voi pranziamo o ceniamo assieme, e parecchie volte sono venuto all'opera con voi» disse Dorian sgranando meravigliato i suoi occhi turchini.
«Ma venite sempre così tardi!»
«Bene, non posso far a meno d'andar a vedere Sybil che recita, fosse anche per un solo atto» esclamò. «Ho bisogno della sua presenza. E quando penso alla sensibilità meravigliosa che si nasconde in quel piccolo corpo d'avorio, mi sento pieno di sgomento.»
«Cenate con me questa sera, Dorian, vero?»
Egli scosse la testa. «Questa notte è Imogene» rispose «e domani sera sarà Giulietta.»
«E quando è Sybil Vane?»
«Mai.»
«Me ne congratulo con voi.»
«Come siete cattivo. Essa riunisce in sé tutte le grandi eroine del mondo. Non è solo una creatura. Voi ridete, ma io vi dico che è un genio. L'amo, e devo indurla ad amarmi. Voi che conoscete tutti i segreti della vita, ditemi che incantesimo devo farle perché mi ami. Voglio render geloso Romeo. Voglio che tutti gli amanti del mondo odano il nostro riso, e divengano gelosi. Voglio che un soffio della nostra passione dia una coscienza alle loro ceneri, e vi risvegli il dolore. Mio Dio, Harry, come l'adoro!» Chiazze di rossore febbricitante gli ardevano le guance. Era straordinariamente eccitato.
Lord Henry lo osservava con uno squisito piacere. Quanto diverso dal ragazzo chiuso e timido che aveva incontrato nello studio di Basil Hallward! La sua natura era germogliata come un fiore, aveva dischiuso corolle di fiamma scarlatta. L'anima era strisciata fuori dal suo nascondiglio segreto, e sulla sua via aveva trovato ad attenderla il desiderio.
«E che avete intenzione di fare?»
«Voglio che voi e Basil veniate con me qualche sera a vederla recitare. Non ho nessun dubbio circa il successo. Sono certo che riconoscerete il suo genio. Poi dobbiamo toglierla alle mani di quell'ebreo. È legata a lui per tre anni – per due anni e otto mesi a partire da oggi. Quando tutto sarà definito, prenderò un teatro nel West End, e le creerò un ambiente adatto. E farà delirare il mondo, come ha fatto impazzire me.»
«Impossibile, mio caro ragazzo.»
«Sì, lei lo vuole. Non soltanto è artista e ha un profondo istinto dell'arte, ma ha anche una personalità; e voi mi avete detto più d'una volta che la personalità, non i principii ideali dominano le epoche.»
«Bene, quale sera vogliamo andare?»
«Lasciatemi pensare. Oggi è martedì. Diciamo domani. Domani recita la parte di Giulietta.»
«Senz'altro. Al Bristol alle otto; e condurrò Basil.»
«No, non alle otto, Harry, per piacere. Alle sei e mezza. Dobbiamo arrivare prima che si alzi il sipario. Voglio che la vediate nel primo atto, quando incontra Romeo.»
«Alle sei e mezza! E che ora è mai questa? Mi parrebbe di prendere il tè. Ma sia come volete. Vedrete Basil voi, prima di allora? O gli devo scrivere io?»
«Quel caro Basil! Da una settimana non lo vedo. È cattivo da parte mia. Mi ha mandato il ritratto in una bellissima cornice, disegnata apposta da lui, e benché sia un po' geloso del quadro per il fatto che è di un mese intero più giovane di me, devo riconoscere che mi fa piacere. Forse è meglio che gli scriviate voi. Non ho voglia di vederlo da solo a solo. Mi dice cose che mi irritano. Mi dà buoni consigli.»
Lord Henry sorrise. «Agli uomini piace molto regalare proprio quello di cui essi mancano. Io chiamo questi atteggiamenti gli abissi della generosità.»
«Oh, Basil è il migliore degli uomini, ma mi sembra un pochino filisteo. Me ne sono accorto, Harry, da quando vi ho conosciuto.»
«Mio caro ragazzo, Basil mette nel suo lavoro tutto quel che ha di buono. Di conseguenza non gli rimangono per la vita che i suoi pregiudizi, i suoi principii, e il suo buon senso. I soli artisti personalmente deliziosi che io conosca, sono i cattivi artisti. I buoni artisti esistono semplicemente nelle loro opere, e quindi sono del tutto senza interesse nella loro vita. Un grande poeta, un poeta veramente grande, è la meno poetica di tutte le creature. Ma i poeti minori sono affascinanti. E quanto peggiori le loro poesie, tanto più attraenti mi paiono. Il solo fatto d'aver pubblicato un volume di sonetti di secondo ordine, rende un uomo irresistibile. Egli vive la poesia che non può scrivere. Gli altri vivono la poesia che non osano trascrivere.»
«Mi domando se sia proprio così, Harry» disse Dorian Gray, versando sul fazzoletto il profumo di una grossa bottiglia dal collo cerchiato d'oro, che era sulla tavola. «Dev'essere così, se voi lo dite. Ed ora vado. Imogene mi aspetta. Non dimenticatevi: per domani. Addio.»
Appena uscito Dorian, le grevi palpebre di Lord Henry si reclinarono, e cominciò a pensare. Certo, poche persone l'avevano interessato quanto Dorian Gray, e tuttavia la folle adorazione del giovane per un'altra persona non gli dava la minima irritazione né gelosia. Gli faceva piacere. Lo rendeva anche più interessante come oggetto di studio. Era sempre stato incline verso i metodi delle scienze naturali, ma i comuni oggetti dell'osservazione scientifica gli parevano volgari, e poco importanti. E così aveva cominciato col vivisezionare se stesso, e aveva finito col vivisezionare gli altri. La vita umana: questo – pensava – è la sola cosa che valga la pena di essere indagata. Tutto il resto al confronto non ha valore alcuno. È vero che se si considera la vita nei suoi singolari intrecci di dolore e di piacere, non si può proteggere il viso con una maschera di vetro, né impedire ai vapori sulfurei di turbare lo spirito e di offuscare l'immaginazione con fantasie mostruose e sogni informi. Ci sono veleni tanto sottili che per conoscerne le proprietà bisogna intossicarsi. Vi sono malattie tanto strane che bisogna ammalarsene per penetrarne la natura. Eppure, che grande ricompensa! Come il mondo diviene meraviglioso! Osservare la eccezionale ferrea logica delle passioni, e la variopinta e commossa vita dell'intelletto – seguirli quando si incontrano e quando si separano, cogliere il punto in cui sono intonati e quello in cui sono in disaccordo – questa è una gioia! Che importa il prezzo? Non si pagherà mai abbastanza una sensazione.
Sapeva – e questo pensiero accese una scintilla di piacere nei suoi occhi d'agata bruna – che le sue parole, alcune parole musicali dette con cadenza armoniosa, avevano sconvolto l'anima di Dorian e l'avevano guidato verso quella bianca fanciulla e l'avevano piegato in adorazione davanti a lei. Il giovane era in gran parte una creatura sua. L'aveva reso precoce. Era qualche cosa. Le persone comuni aspettano che la vita palesi loro i suoi segreti, ma ai pochi, agli eletti, i misteri vengono annunciati prima che il velo sia tolto. Talvolta è effetto dell'arte, e soprattutto della letteratura, che è la più vicina alle passioni e all'intelletto. Ma di quando in quando una personalità complessa prende il posto dell'arte, e ne assume i compiti – anch'essa nel suo genere è opera d'arte, perché la vita ha i suoi complessi capolavori, come la poesia, o la scultura, o la pittura.
Sì, il ragazzo era precoce. Raccoglieva la sua messe in primavera! In lui si agitavano gli impulsi e le passioni della giovinezza, e veniva acquistando la coscienza di se stesso. Osservarlo era delizioso. Col suo bellissimo viso, e la sua bellissima anima, era un miracolo. Non aveva importanza sapere come tutto questo sarebbe finito. Era simile ad una di quelle graziose creature della finzione e del teatro, le cui gioie paiono lontane, i cui dolori ridestano il senso della bellezza, le cui ferite somigliano a rose rosse.
Spirito e materia, materia e spirito – com'erano misteriosi! C'era qualche cosa di animalesco nello spirito, ed il corpo aveva brividi di spiritualità. I sensi possono raffinarsi, e l'intelletto avvilirsi. Chi può stabilire dove cessi il moto della materia e cominci l'impulso psichico? Quanto sono superficiali le distinzioni arbitrarie della psicologia comune. E come è difficile scegliere tra gli argomenti delle varie scuole! È forse l'anima un'ombra assisa nella casa del peccato? O il corpo è veramente avvolto dall'anima, come crede Giordano Bruno? La separazione dello spirito dalla materia è un mistero, e l'unione dello spirito con la materia è un mistero.
Si chiedeva se sarebbe possibile ridurre la psicologia a una scienza tanto esatta, da poterci rivelare ogni minima ragione della vita. Come stanno le cose, fraintendiamo noi stessi, e raramente intendiamo gli altri. L'esperienza non ha valore etico. È semplicemente un'etichetta con la quale designiamo i nostri errori. Gli uomini, di regola, l'hanno considerata come una specie di avvertimento, le hanno attribuito una certa efficacia etica nella formazione del carattere, l'hanno esaltata perché ci insegna quello che si deve seguire, e ci mostra quello che si deve evitare. Ma non v'è energia motrice nell'esperienza. Come la coscienza, essa non è una causa attiva. E questo è dimostrato dal fatto che il nostro futuro è simile al nostro passato, e che il peccato commesso una prima volta con ripugnanza lo ripetiamo molte volte con gioia.
Gli pareva che il metodo sperimentale fosse il solo col quale si giunge ad una analisi scientifica delle passioni; e certo Dorian Gray era un soggetto favorevole e pareva promettere risultati ricchi e fertili. L'improvviso e folle amore per Sybil Vane era un fenomeno psicologico di non scarso interesse. Senza dubbio c'entrava molto la curiosità, la curiosità e il desiderio di nuove esperienze; non era una passione semplice ma una passione molto complessa. Quel tanto che v'era di sensuale anche nella giovinezza era stato elaborato dall'immaginazione e trasformato in qualche cosa che al giovane pareva staccato dai sensi, e appunto per questo riusciva più pericoloso. Le passioni sulla cui origine ci inganniamo sono quelle che ci dominano più fortemente. I nostri stimoli più deboli sono quelli della cui natura ci rendiamo conto. Spesso accade che quando pensiamo di fare esperienza sugli altri, in realtà stiamo sperimentando noi stessi.
Mentre Lord Henry sedeva sognando queste cose, bussarono alla porta, e il cameriere entrò a ricordargli che era tempo di vestirsi per la cena. Si alzò, e guardò nella strada. Il tramonto aveva fuso in oro scarlatto le finestre alte delle case di fronte. I vetri lucevano come lamine di metallo rovente. Più in alto il cielo aveva il colore di una rosa appassita. Pensò alla giovine vita color di fiamma di Dorian Gray, e si chiese come tutto questo si sarebbe concluso.
Quando rientrò verso le dodici e mezza, vide un telegramma sulla tavola dell'anticamera. L'aperse e vide la firma di Dorian Gray. Gli diceva che s'era fidanzato con Sybil Vane.