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Cena a quattro
Durante il viaggio di ritorno, con Monika alla guida, Becky continuava a far lavorare senza sosta le sue cellule grigie, ipotizzava teorie assurde, le disfaceva perché illogiche, poi rammentava Parigi e Benjamin e si convinceva che tutto in fondo era possibile.
All’inizio Monika aveva provato a esprimere un’opinione, ma era stata subito bloccata: «Non riesci a essere obiettiva… sei troppo coinvolta… tendi a difendere ogni sua azione.»
Continuarono così per oltre quaranta minuti. Becky volle saperne di più sull’immagine filantropica di Tomas Novotný, cosa che lei non riusciva proprio a digerire. Novotný è un uomo dalle mille sfumature, è una figura tanto interessante quanto incomprensibile! Più ascoltava i racconti di Monika sulle cene di beneficenza, sulle aperture di orfanotrofi e centri caritatevoli, più Becky non si capacitava del comportamento di quest’uomo nei confronti della moglie.
In uno di questi frangenti le si accese un campanello, dovrei chiedere aiuto a Ben… o forse a Connor, il ragazzo di Jessie potrebbe…
«Arrivate!», erano sotto la pensione Sonia e Becky si sentì in dovere di chiedere scusa a Monika: «Mi spiace per quello che ti ho detto dopo la visita a Novotný, non avrei…»
«Stai tranquilla, apprezzo la tua schiettezza, d’altronde stai aiutando me, e Tomas, senza nemmeno conoscerci, solo per una questione di giustizia e verità. Non riesco a decidermi se sei solo troppo ingenua o decisamente imprudente.»
Becky sorrise per quell’affermazione, se la sentiva ripetere spesso. Si misero d’accordo per aggiornarsi l’indomani con tutte le nuove informazioni che entrambe sarebbero riuscite a recuperare.
Decise per una doccia veloce e prima di dedicarsi al lavoro telefonò a Ludmilla per accertarsi del loro appuntamento: tutto confermato. Bene, forse stasera scoprirò qualcosa di utile.
Con questa prospettiva positiva riuscì a immergersi nella guida turistica senza distrazioni. Scrisse appunti per quasi due ore, senza sosta, ascoltandosi al registratore ed estrapolando ricordi e sensazioni dalla sua percezione emotiva. Tutto ciò la fece rilassare, si sentiva di nuovo estremamente bene, in forma.
Ridacchiò leggendo una e-mail di Jes:
«Dire che mi manchi è riduttivo. La secchiona antipatica che si crede chissà chi assunta al tuo posto è INSOPPORTABILE!!! Becky, aiuto!!! Secondo me Tom lo ha fatto di proposito, magari è una spia!!! Qui nessuno la sopporta!!! In tutto questo ho una fantastica notizia, indovina? Ho accumulato troppe ferie!!! Mi hanno detto che devo iniziare a smaltirle, e così pensavo di fare una settimana al caldo con Connor; ho trovato una mega offerta su Antigua. E poi, rullo di tamburi… potrei accompagnarti nel tuo prossimo viaggio!!! Che ne dici? Sarebbe fantastico!!! Dimmi che sei felice?! Lo sei vero?! Vorrei evitare la domanda ma… come stai? Lui è ancora nei tuoi pensieri? Scrivimi presto, vado in pausa pranzo. Kiss, I love you. J.»
Jes scrive come parla, enfatizza ogni sentimento, la sua vitalità trapela da ogni frase. È unica.
Becky si prese qualche minuto per risponderle. Se le chiedo di aiutarmi penserà che mi sono infilata di nuovo in un pasticcio. Forse potrei usare questo pretesto per sapere come sta Ben. Non lo so…
Alla fine decise: scrisse a Jessie che sarebbe stato meraviglioso godere della sua compagnia durante uno dei prossimi viaggi; poi mentì, sostenendo che tutto andava per il meglio a Praga e che il peso di Ben diventava ogni giorno più gestibile. Aggiunse che era felice che le cose con Connor stessero proseguendo bene. Lo era davvero. Si preparò senza fretta, constatò che il suo appetito era pressoché nullo e uscì. L’aria, decisamente gelida, le fece chiudere la giacca fin sotto al collo e si incamminò a passo svelto verso la sua destinazione per combattere il freddo.
È inutile aspettare, starei tutta la sera a pensarci, forse col mal di pancia. Meglio agire ora, altrimenti cambierò idea, lo so, mi conosco.
Prese il cellulare dalla borsa, cercò tra i contatti Brian Turner, così Ben le aveva fatto registrare il suo numero privato, e premette il tasto della chiamata.
Speriamo non risponda…
«Becky! Stai bene? È successo qualcosa?» Il suo tono era preoccupato. Becky si era aspettata che fosse sorpreso, felice, incuriosito, ma non certo in pensiero per lei, che al contrario non riusciva a parlare; la sua bocca si apriva ma non emetteva suoni. L’emozione di sentirlo l’aveva paralizzata.
«Becky, cosa c’è? Parlami.»
Si sentiva inerme, poi riuscì a pronunciare un debole: «Ciao Ben, è… è… passato tanto tempo…»
«Non poi così tanto, non sai quanto ho desiderato che tu mi chiamassi.»
«Io volevo chiederti un favore…»
«Non vuoi nemmeno sapere come sto?»
«Sì, scusa… come vanno le cose?»
«Senza te, male. Mi manchi.»
Di nuovo rimase senza parole, lei voleva ascoltare queste cose, lei bramava quell’uomo come mai le era capitato nella vita di agognare qualcosa o qualcuno. Tutto il suo io, fisico e mentale, aveva bisogno di lui.
«Ho detto qualcosa di inappropriato? È quello che sento Rebecca, se vuoi posso fare a meno di dirtelo, ma non di provarlo. È come se vivessi in un mondo grigio, senza colori, ed è triste, credimi, a volte mi sembra di impazzire. Prenderei subito un aereo per raggiungerti a Praga se questo servisse a farti cambiare idea su di me, su di noi.»
Con l’ultima frase Becky si riprese immediatamente: «Mi stai spiando?»
«No, Becky, non ti sto spiando, ti tengo sotto controllo per sapere dove sei. Mi piace immaginarti a parlare col registratore per le vie del centro di quella magica e nostalgica città…»
«Io non voglio che tu mi tenga sotto controllo!»
«Sei impossibile, ti sto dicendo che ti amo alla follia e l’unica cosa che hai da dire è che non vuoi che mi tenga informato su dove sei?»
«Io… io…»
«Sai, pensavo fossero reali tutte le motivazioni che mi hai dato sul perché non possiamo stare assieme, ma a questo punto ho dei seri dubbi al riguardo.»
«Ti comporti da stalker!»
«Sarei uno stalker perché mi preoccupo per la persona che amo? Sapendo che ha un’innata propensione a ficcarsi nei guai? Forse non sei mai stata con qualcuno che ti amasse davvero.»
Becky buttò giù la comunicazione. Il solito presuntuoso!
Una parte di lei avrebbe voluto rispondergli che anche lei non poteva vivere senza di lui, ma l’altra parte, quella più razionale, l’aveva trattenuta. Non era una questione di orgoglio: Becky aveva paura. I sentimenti che provava per Ben erano devastanti. Lei era abituata alla sua indipendenza e questa nuova sensazione di impotenza nel gestire la ragione quando si trattava di Benjamin Green la rendeva tremendamente insicura.
Arrivò sul luogo dell’incontro e, nonostante fosse in anticipo, Rick era già presente davanti alla porta. Vedendola arrivare intirizzita decise che forse era il caso di aspettare le altre all’interno del locale.
«Saggia idea!», esclamò Becky una volta dentro. Dovette urlare perché c’era una confusione tale da rendere difficile il dialogo. Forse non è il posto giusto dove cercare di reperire informazioni.
L’antica birreria “U Fleků”, dove mentre consumi il tuo pasto puoi anche assistere al processo di fabbricazione della bevanda, era suddivisa in una parte all’aperto e una al chiuso; la scelta ovvia fu di accomodarsi al caldo in un lungo tavolo in legno chiaro, per metà già occupato, e tenere i posti per Ludmilla e Sofia. Neanche il tempo di sedersi che un cameriere, armato di un grosso vassoio che teneva in alto, con le braccia alzate, servì loro due grandi boccali di birra scura.
Becky rimase interdetta e subito Rick le spiegò che lì funzionava così, birra a volontà appena il boccale è vuoto.
Ti amo alla follia, vivo in un mondo grigio, senza colori, mi manchi… Queste frasi continuavano ad assillarla, ma lei le cacciava via, doveva e voleva essere attenta, non poteva permettersi di lasciarsi distrarre.
Quand’è che sono diventata così? Un tempo mi sarei crogiolata per ore con aria trasognata ripetendomi sino allo sfinimento certe parole.
«Vedrai che a breve arriveranno a prendere l’ordinazione!», provò a intavolare una conversazione Rick.
«Ok.»
Era incredibile come dovevano urlare per riuscire a comunicare tra loro pur essendo così vicini. Il motivo di tanto rumore non era solo il vociare delle molte persone presenti, artisti di strada cantavano e suonavano inni e canzoni praghesi seguiti dai clienti, per la maggior parte stonati. Dalla sala alla loro destra provenivano urla di canzoni straniere; ponendo più attenzione Becky poté riconoscere alcune note di Azzurro, uno dei motivetti più famosi della penisola a forma di stivale.
Non aveva voglia di parlare col ragazzo seduto di fronte a lei, in altre circostanze non sarebbe stata zitta un attimo; l’argomento in comune, Londra, sarebbe stato sulla sua bocca tutta la sera, ma in quel momento riusciva a pensare solo a Benjamin Green.
Rick si guardava attorno con leggero imbarazzo finché a un tratto Becky lo vide sbracciarsi verso l’entrata: le due agenti di polizia erano arrivate. In abiti civili erano ancora più belle.
«Scusate, siamo entrati perché Rebecca aveva freddo», si giustificò subito Rick davanti a Ludmilla. Becky si alzò per stringere la mano di Sofia che, nonostante il freddo, era sudaticcia.
Ognuno disse la sua per quanto riguardava i piatti da ordinare e per Becky presero il famoso gulasch, il prosciutto di Praga e un piatto di formaggi. Tra il pranzo e la cena sarò piena per due giorni!
Altri due boccali vennero serviti per i nuovi arrivati e il cameriere li informò che prima di venti minuti non sarebbero arrivate le pietanze.
«Esco a fumare», comunicò Sofia al gruppetto.
«L’accompagno fuori» disse subito Becky, facendo l’occhiolino prima a Rick e poi a Ludmilla, che distolse immediatamente lo sguardo.
Seguì la ragazza bionda facendosi spazio tra la gente in piedi che aspettava di trovare un posto.
«Che calca», dichiarò Becky una volta fuori.
«Chi ha scelto U Fleků? Si sa che qui è sempre pieno di turisti.»
«Forse l’ho proposto io», ammise Becky.
Senza rivolgere la domanda diretta Sofia porse il pacchetto di Merit a Becky che rifiutò. A entrambe usciva fumo dalla bocca, chi per la sigaretta chi per il freddo.
Ci sono alcune persone che non reggono il peso del silenzio, che devono trovare qualcosa da dire a tutti i costi, ma questo non era il caso di Sofia, che intenta a fumare osservava i passanti per strada.
«Sembri indispettita, c’è qualcosa che non va?», domandò Becky cercando di instaurare una sorta di rapporto con la ragazza.
«Ludi mi ha messa in guardia da te.»
Ottimo inizio.
Poi continuò: «A dire il vero non serviva. Avevo già capito che tipo fossi. Non ci vuole molto a inquadrarti.»
Becky non la lasciò finire, si stava indisponendo: «E che tipo sarei?»
«Una di quelle che non si fa i fatti suoi.»
Non sapeva cosa rispondere. La ragazza, per quanto avesse usato un tono dispregiativo che non le piaceva affatto, non aveva tutti i torti in questo caso.
«Sono solo una che va alla ricerca della verità.»
«Con me caschi male. Sto parlando la tua lingua per non essere maleducata e sono qui perché me lo ha chiesto Ludi, ma non tentare di fare l’amica per estrapolarmi informazioni. Non attacca.»
«Visto che ti piace essere esplicita farò lo stesso: tu e Ludmilla sembrate due cagnolini che scodinzolano dietro al loro padrone e che per quanto lui li maltratti loro gli restano comunque fedeli.»
«A me non interessa ciò che pensi. Non sai niente di me.»
«E non ti interessa che un innocente finisca in carcere per un reato che non ha commesso?»
«Novotný è ben lontano dall’essere innocente, forse non ha ucciso sua moglie, ma non è una brava persona.»
«Io non lo conosco ma ti assicuro che non mi piace per niente, però rabbrividisco al solo pensiero che possa passare il resto della sua vita in prigione per qualcosa che non ha fatto.»
«La tua è una causa persa.»
Becky non era riuscita a scalfire quel carattere duro, e quando Sofia finì la sigaretta buttò in terra la cicca spegnendola con lo stivale.
«Io rientro, ho freddo», e senza aggiungere altro si voltò aprendo la porta della birreria con una spallata.
Accidenti, mi sa che non caverò un ragno dal buco.
La scenetta a cui assistettero da lontano, mentre cercavano di individuare il loro posto, era stucchevole: Rick parlava all’orecchio di Ludmilla che rideva beatamente inclinando la testa all’indietro e si toccava in continuazione il ciuffo rosso che le cadeva indisciplinato sulla fronte.
Sembra un’altra persona!, constatò Becky. Almeno questa uscita è stata utile per qualcuno.
Quando si unirono al gruppo Ludmilla si ricompose in fretta e assunse subito un’aria seria.
«Non credevo fossi una che fuma», disse Rick a Becky.
«No, infatti non fumo, ho solo preso una boccata d’aria.»
Lui la guardò perplesso, chiedendosi come mai avesse voluto lasciarli soli, e ci mise un po’ a capire che probabilmente l’americana aveva intuito il tenero che Ludmilla provava per lui. Le sorrise con riconoscenza, poi le fece qualche domanda su Londra ma parlarono con difficoltà, sempre a causa della confusione. Non si era nemmeno posto l’idea che forse Becky avrebbe preferito essere sola con le due donne, non poteva sapere cosa ci fosse dietro questa serata.
Il cibo era buono e Becky ringraziò per la scelta fatta, i camerieri continuavano a servire birra, lei e la rossa avevano finito appena il secondo boccale, mentre Sofia e Rick erano già al terzo.
Io devo restare lucida al cento per cento però. Se Ludmilla bevesse qualcosa in più magari si lascerebbe andare.
Gli altri si dichiararono sazi, ma Becky insistette per ordinare il dolce: sapeva che così sarebbero arrivati gli altri due boccali di birra. Era fiduciosa.
Chiese notizie sull’evento ebraico che stavano organizzando e la coppietta, che ancora non sapeva di esserlo, si cimentò in un divertente resoconto della serata che si prospettava. Sembrano fatti l’uno per l’altra! E, proprio come aveva previsto, Ludmilla finì presto anche la terza birra. Becky invece si era guardata bene anche solo dall’assaggiarla.
Sofia restò sulle sue per tutta la cena, ma quando fu il momento di pagare e uscire fece cenno a Becky di seguirla.
«Hai avuto modo di riflettere sulla colpevolezza e sull’innocenza?», domandò Becky con una punta di soddisfazione nella voce.
«No, ma voglio sapere cosa ti dà la certezza che Roden stia sbagliando.»
«Mi spiace, ma se vuoi sapere cosa so io prima devi dirmi cosa sai tu. È così che funziona.»
La ragazza rise, sembrava prenderla in giro: «Vuoi giocare a fare la dura con me?»
«Per me non è un gioco…», Becky stava aggiungendo qualcosa ma l’altra la interruppe: «Ascolta, a me non frega niente di te né di Novotný. Voglio che stai alla larga da Ludmilla, è una brava ragazza, riservata e semplice. In quanto a Roden, credo tu abbia capito chi ti trovi davanti.»
«Se non ti interessa la questione perché vuoi sapere cosa ho scoperto fino ad ora?»
Lo sguardo di Sofia era sprezzante, ma forse uno spiraglio si stava aprendo a favore della verità. La titubanza che ebbe nel rispondere diede la conferma a Becky.
«Ipotizziamo che ultimamente il mio capo abbia esagerato in alcuni casi e che io mi sia trovata in disaccordo senza proferire parola con nessuno. E che, sempre in via ipotetica, questa indagine possa avermi scatenato dei dubbi e che potrebbe interessarmi un avanzamento di carriera, cosa mi diresti?»
«Ti direi che seppure lo scopo non sia nobile è arrivato il momento di ribellarsi alla corruzione di Roden.»
«Shhh, attenta a come parli! Io non ho mai detto che è corrotto.»
«Un ispettore di polizia che non mette al primo posto la legge…»
«Non dare giudizi affrettati. È sempre stato un buon capo… è cambiato dopo che gli è morta la figlia.»
«Come è successo?»
«Di parto. Cinque o forse sei anni fa. È mancato solo un giorno dal servizio, ma ogni ora era sempre più lontano. Non si è più ripreso. È diventato un uomo freddo, spietato, come se la figlia si fosse portata con lei nella tomba tutta l’umanità del padre.»
«Capisco, e non ha moglie?»
«No.»
«Il diventare nonno non lo ha aiutato?»
«Lei era una ragazza madre, e i figli sono stati dati in adozione. Credo ci sia stata una causa legale e questo ha fatto sì che Roden si indurisse ancora di più. Qualcosa nelle istituzioni deve averlo deluso a tal punto da non credere più nella giustizia.»
Nonostante tutto Becky non riusciva a trovare alibi per quell’uomo e un pensiero iniziò a farsi strada nella sua testa.
«Ora tocca a te», la intimò Sofia.
«Io ho visto Roden parlare con l’investigatore privato David Zito, subito dopo aver fatto visita a quell’uomo.»
«È un essere così viscido! Non sapevo nemmeno fossero in rapporti stretti.»
«Cosa sai dirmi di lui?»
La ragazza stava per parlare ma poi si bloccò: «Qui mi sembra che l’unica che si sta esponendo sono io.»
«Hai ragione, scusa, quando attacco con le domande…»
«La tua sembra deformazione professionale. Mi sa che hai sbagliato mestiere.»
L’agente Sofia Dobreva si stava ammorbidendo, in lei stava prendendo posizione il pensiero che forse la stravagante tipa che aveva davanti non era poi così male.
Becky aveva notato questo cambiamento e voleva far di tutto per non perdere ciò che a fatica si stava guadagnando.
«Qualcuno ha trovato nella cassaforte di Zito parecchi soldi… e nessuna foto compromettente di Novotný.»
«Non ci posso credere. Violazione di domicilio! Ma fino a che punto ti spingeresti per qualcuno che nemmeno conosci?»
«Non è così. Non è stata una mia idea. Anzi, io ero contraria.»
Sofia quasi rideva, Rebecca Town le piaceva ogni attimo di più.
«Sai, in effetti questa cosa non mi è mai quadrata del tutto. Era risaputo che Novotný fosse infedele alla moglie, che motivo aveva lei per rivolgersi a quella spazzatura di uomo per avere delle foto compromettenti? Una di classe come Clarissa Novotný che si affida a Zito. Bleah. Stona, credimi.»
«Forse ai fini del divorzio sarebbe stato utile avere qualcosa in mano oltre che le dicerie.»
«Non lo so, comunque ormai è tardi per chiederglielo, poveretta.»
«Avete controllato i conti bancari per vedere se Novotný ha pagato qualcuno per…»
Becky aveva posto la domanda per capire se la polizia era al corrente della vera situazione finanziaria dell’accusato di omicidio.
«Sì, e il risultato dell’indagine bancaria ci ha stupiti: lui non è più intestatario di nulla, zero assoluto. Eravamo increduli quando… Aspetta, come mai non mi sembri meravigliata? Sai qualcosa?»
Doveva giocare a carte scoperte.
«Oggi ho parlato con l’avvocato di Novotný.»
«Milos Marecek.»
«Esatto, proprio lui.»
«Un punto a tuo favore. Cavolo! Come hai fatto?»
«Preferirei non mettere in mezzo altre persone, ti racconterò tutto quello che so, ma lasciamo fuori gli assenti.»
«Per ora mi può star bene, ma se le cose si complicano dovremo rivedere questa parte del patto.»
«Marecek ha ammesso che è tutto intestato alla moglie di Novotný.»
«Era», anche Sofia iniziava a fare strane congetture e il seme del sospetto contro Roden prendeva forma.
La loro lunga e, per entrambe, produttiva conversazione fu interrotta da Rick e Ludmilla.
«Allora, come ci organizziamo per il rientro?», domandò pimpante il riccioluto: «Io sono venuto in metro, qualcuna rientra con me?»
Quel qualcuna era ovviamente riferito a Ludmilla, che, mentre stava per rispondere e dire la sua, fu anticipata da Sofia: «Grazie Rick, ma ci siamo già accordate per smezzarci il taxi. Sarà per la prossima volta», gli disse allusivamente, e tutti capirono a cosa si stesse riferendo.
Ludmilla non obiettò e quando il ragazzo si fu allontanato in direzione della metropolitana Sofia, senza attendere un attimo di più, aggiunse: «Seguitemi, conosco un posto qui vicino dove potremo parlare con più tranquillità.»
La telefonata con Ben era stata accantonata, temporaneamente.