Mercoledì notte (molto tardi) o giovedì mattina (molto presto)
Piergiorgio aspettò che il computer si spegnesse, quindi chiuse lo schermo sulla tastiera. Delicatamente, rimise l'oggetto nella borsa. Quindi, si mise la testa fra le mani.
La signora Zerbi aveva effettivamente seguito il suo consiglio («Cambi le password, signora, mi raccomando») e aveva cambiato i codici d'accesso al computer. Quello d'accensione, Piergiorgio lo aveva trovato subito, digitando «Alberto».
Quello della posta elettronica, no. Né subito, né in seguito.
Dopo un'oretta di infruttuosi tentativi, si era arreso ed aveva scritto ad un amico che di maneggi informatici se ne intendeva, spiegandogli che aveva per le mani il computer di una persona defunta e che gli avevano chiesto di risalire ai codici di ingresso, senza specificare che la persona in questione era stata assassinata e che Piergiorgio medesimo era sospettato di averle tolto i sentimenti.
Nel frattempo, smanettando, si era messo a guardare la cronologia di Internet, per curiosare su cosa avesse cercato la signora nei giorni precedenti.
E aveva trovato una cosa parecchio curiosa.
Si era messo d'accordo con Margherita che avrebbero tentato di comportarsi come prima, cioè di incontrarsi praticamente solo per caso, e che avrebbero comunicato riguardo al caso esclusivamente tramite mail.
E, perciò, eccoci qui. Dopo aver preso il proprio portatile, Piergiorgio digitò l'indirizzo di Margherita e cominciò, senza preamboli.
Non riesco ad entrare nella mail. La signora ha cambiato i codici. C'è la possibilità che riesca ad entrarci, ma ci vorrà tempo.
C'è una cosa interessante, però. Ho guardato cosa ha cercato la Zerbi su Google nei giorni scorsi, e fra Bach e canzoni napoletane ho trovato due voci che non c'entravano molto. La signora ha cercato «Leggi Mendel» e «donazioni terreni privati comune».
Sulle leggi di Mendel, è possibile che fosse curiosità. Ne avevo parlato domenica sera, in fondo. Ma se dai a Google «donazioni terreni privati comune» vengono fuori pagine di notizie ed altre di istruzioni e documentazioni legali.
La signora ha guardato solo queste ultime.
Potrebbe non voler dire niente, ma forse può dire qualcosa. Qualche terreno, forse, la signora ce lo aveva.
La risposta non tardò ad arrivare, circa mezz'ora dopo, annunciata da un blimp fluido e beneaugurante che, se avesse sorpreso Piergiorgio nel sonno, non lo avrebbe fatto nemmeno girare sull'altro fianco. Fortunatamente, però, Piergiorgio non riusciva a chiudere occhio quella notte, e così poté alzarsi e interrompere il conto delle pecore, che era costretto ad immaginarsi invece che guardare dal vero per la prima volta da quando era arrivato a Montesodi.
Ottimo. Visto che abiti a casa del sindaco, vedi di informarti con discrezione sulla cosa. Io intanto domani, oltre a cercare il misterioso Pezzanera, massacro la Conticini per farmi dare più pettegolezzi possibile sulla defunta e su chi la odiava. A quanto ho capito, non dovrebbe trattarsi di tanta gente.
Buonanotte, Margherita
Spiritosa.
– Gradisce un altro po' di caffè?
Seduto a tavola, una pesca sciroppata sul piatto e due fresche fresche sotto gli occhi, Piergiorgio annuì senza quasi muovere le labbra.
– Ecco qua. Ha l'aria proprio stanca, stamani. E non ha quasi toccato cibo. C'è qualcosa che non va?
No, signora. Sono sospettato di omicidio e stanotte ho dormito circa sedici minuti, ma a parte questo tutto bene.
– Non ho dormito molto – trovò la forza di dire Piergiorgio, con la voce rauca.
– Le credo, poverino. Tutti i rumori della campagna, un cittadino non ci è abituato, dico bene?
Piergiorgio guardò la signora Viola, senza sapere bene cosa dire, e chiedendosi forse per la decima volta nel corso della sua permanenza se la signora sindachessa fosse completamente scema o facesse solo finta molto bene. La cosa era difficile da decidere comunque, non essendo Piergiorgio un esperto di moda, per cui nei rari momenti in cui i due si trovavano soli finivano sempre per parlare del tempo. Che, va detto, in quei giorni era un argomento meno banale del solito.
Mentre Piergiorgio tentava di non far rimare per forza educato con scontato, si sentì una chiave girare nel portone. La signora Viola sorrise.
– Oh, ecco Armando. Armandooo, vieni a mangiare qualcosa?
Di tutte le apparizioni che Piergiorgio era in grado di sostenere, quella che vide era una delle meno opportune. Il signor sindaco in mimetica, giubbotto arancione da impiegato dell' ANAS, fucile a tracolla e cappellino verde militare, coperto di fango fino alle orecchie.
– Oh, quasi quasi sì, guarda.
– Prima però ti vai a fare una bella doccia e ti vesti ammodino – disse la signora sindachessa passando verso il salotto. – Se mi entri così in cucina ti prendo a forconate.
– Agli ordini. Trovate mica, le chiavi?
– Macché – rispose la signora Viola, scuotendo la testa. – Ho guardato dovunque. Anche in cantina.
– Come sono fatte? – chiese Piergiorgio.
– Un mazzetto così – e la signora Viola delimitò con pollice e indice un pezzetto d'aria di circa cinque centimetri – con un portachiavi di Borbonese, ha presente?
– No.
– Una striscia di pelle maculata grigia e nera – disse il sindaco, affacciato sulla porta. – Una roba che si ritrova facilmente, a patto di essere un'aquila. Appena appena più piccolina di questa – specificò, mostrando con orgoglio un mazzo di chiavi modello San Pietro attaccato ad un moschettone di metallo tinto di viola.
– Eh, guarda, davvero un bell'oggetto – disse la sindachessa. – Mi sono sempre stupita che tu non lo porti al naso. Sarebbe perfetto.
– Io, intanto, le chiavi non le ho mai perse – replicò il sindaco, avviandosi signorilmente verso la doccia.
– Allora, andata bene la nottata?
– Di merda.
– Armando, ti dispiacerebbe essere un pochettino meno sboccato, almeno quando ci sono gli ospiti?
– Sì, cara. Certo. Insomma, non è stato un bel diversivo. Tutta la notte a spargere fieno e granone con un freddo bestia, in mezzo al bosco.
In piedi, davanti alla tavola, il sindaco si stava preparando un panino gigante, mentre guardava fuori dalla finestra. Fortunatamente, il cielo era sereno.
– Granone?
– Eh sì, mio caro. Con tutta la neve che è venuta giù, gli ungulati hanno problemi a reperire il cibo. Allora quei cattivacci dei cacciatori, per evitare che le bestiole vadano a invadere le coltivazioni, prendono il culo...
– Armaa-ndo!
– Scusa cara. Prendono il deretano e vanno a spargere foraggio nella foresta, così il cervo non va a sfasciare i campi e non attraversa le strade di notte in cerca di cibo. Ha mai preso dentro un cervo con l'auto?
– Armando – disse la signora sindachessa, mentre entrava con un nuovo bricco di porcellana pieno di caffè fumante – il signore viene dalla civiltà. Non abita nelle spelonche come noi. In città i cervi non attraversano la strada, sai?
– Comunque, non è difficile da immaginare – rispose il sindaco, abbrancando il panino a due mani e tenendolo ad altezza pancia.
– No, credo di no. Immagino che il parabrezza e tutto il davanti dell'auto ne escano piuttosto male. E perché il fucile, allora?
Benvenuti, che aveva appena attaccato un morso al panone, alzò le sopracciglia mentre masticava. Poi, una volta deglutito, cominciò: – Anche se lei vive nella civiltà, saprà bene che incontrare un cinghiale non è proprio una cosa bellissima. Di solito, è difficile spiegare alla bestia che sei animato dalle migliori intenzioni. Tende a non ascoltarti. E a caricare, specialmente se è affamato. Allora, siccome non ho mai seguito un corso per torero, se una bestia con le zanne mi carica io prendo e gli sparo. Se ci riesco.
Altro morso al panone, altra pausa.
– L'unica cosa che mi consola è che in questi giorni quel coglione dello Zerbi se la deve fare tutto da solo, la sua tenuta del ca...
– Sarebbe da persone civili andare a dargli una mano – disse la sindachessa, caricando su di un vassoio i resti della colazione di Piergiorgio.
– Ma nemmeno per sogno. Ha voluto fare la tenuta reale, ha voluto andarci a cacciare da solo e invitare i suoi clienti, i signori da Bologna e da Firenze, e proibire l'accesso al resto del paese? E ora sono cavolacci suoi.
– E che succede se non gli dà da mangiare?
– Eh, che succede. Succede che con tutta questa neve la selvaggina se lo va a cercare altrove, il cibo. E se entra nel campo di chi dico io, questo prende e va dal buon vecchio Giulio dello Zerbi e abbatte lui. Del resto, va a colpo sicuro. In questo posto i cinghiali si trovano solo alle Fatte.
– Le Fatte? Sarebbe la tenuta del figlio della signora Zerbi?
– Ora sì. Ora che è morta sua madre, sì. Non che cambi molto, voglio dire. La tenuta era di proprietà della signora, ma di fatto è sempre stata gestita dal figlio. Che da parte sua è sempre stato un emerito...
– Armandooo... – giunse la voce della signora sindachessa dalla cucina.
– Armando un cazzo – disse il sindaco, sottovoce. La signora rientrò con una nuova caffettiera e un vassoio con del pane appena affettato.
– Insomma, la smetti di annoiare il dottore con le beghe di paese? Stamattina deve lavorare, e non ha dormito tutta la notte, poveretto. Lo scusi, eh, ma per lui Montesodi è il centro dell'universo, e se lo lascia partire le racconta tutte le faide di paese dal milleseicento a oggi.
– Non si preoccupi, signora. Non mi annoiano certi racconti.
Anzi.