Domenica dopo cena

 

– E adesso, dopo questa interessantissima spiegazione sulla nostra genealogia e sull'interpretazione dei registri parrocchiali fatta dalla dottoressa Castelli, che ringraziamo con un bell'applauso...

Dalle poche persone ancora coscienti arrivò un applauso sgangherato di pura cortesia, che permise al sindaco di fare strada a Margherita e di fare alzare in piedi Piergiorgio.

–... il dottor Pazzi, qui, ci spiegherà per quale motivo siamo tanto importanti a livello medico e in quali modi intende metterci sotto il microscopio.

Piergiorgio, che fino a quel momento aveva ascoltato Margherita osservando con inquietudine crescente come la palpebra del pubblico si facesse calante, si alzò in piedi, consapevole di dover affrontare l'ostacolo più temuto dagli oratori di ogni tipo.

La platea stordita.

Non quella ostile, la cui inimicizia può essere (e spesso è) causa di scontri accesi e vivificanti.

Non quella plaudente che ride anche quando chi parla racconta una barzelletta dell'epoca Liberty.

Non quella di circostanza che annuisce e fa grandi cenni di approvazione col capo, tra singoli membri o vicendevolmente tra vicini di posto, mentre pensa allegramente ai cazzi suoi.

No, la cosa peggiore è la platea anestetizzata, addormentata, che non aspetta altro se non che il supplizio finisca e che ci si possa alzare tutti. La platea da quinta ora di scuola, che è stata immersa in una minestra di discorsi per quattro ore di fila ed è satura di equazioni, rivoluzioni e altre informazioni, e non ne può semplicemente più.

Non che avessero tutti i torti, poveracci; per circa un'ora, i circa duecento convenuti alla riunione si erano sorbiti una lezione di filologia sui registri parrocchiali e sull'utilità della loro lettura per ricostruire l'albero genealogico, il tutto con tanto di proiezioni di esempi tipici a mo' di seminario universitario, con l'ausilio del piccolo computer portatile gentilmente messo a disposizione dal Dipartimento di Filologia Romanza. Per seguire la proiezione era stato quindi necessario spegnere la luce, obliterando così l'unica cosa che per un buon numero dei presenti aveva senso di essere guardata, ovvero le michelangiolesche chiappe della filologa, e favorendo così l'abbraccio collettivo con Morfeo.

Prima di provare a dire qualsiasi cosa, una platea di questo tipo va svegliata.

Lentamente, Piergiorgio si avvicinò al centro del tavolo con l'aria di chi sa il fatto suo.

Gli astanti si aspettavano che l'ospite aprisse bocca e cominciasse a parlare; Piergiorgio, invece, cominciò a guardare con attenzione studiata il pesante tavolo fratino di noce su cui lui e altre undici persone avevano cenato. Dopo averlo guardato bene bene, ci mise una mano sopra e chiese a Stelio: – Quanto peserà questo tavolo, signor Stelio?

La risposta arrivò biascicata: – Ma so una sega io.

Dopo che le risate si furono smorzate, Piergiorgio insistette: – Più o meno, via.

– Più o meno seicento chili.

– Benissimo. Adesso, per favore, vorrei che due persone lo sollevassero.

Brusìo.

– Avete capito bene. Vorrei che due persone fra voi si alzassero e sollevassero il tavolo da terra.

Mentre il brusìo cresceva di intensità, dalle sedie si alzarono tre o quattro persone.

– Me ne bastano due, per favore.

E così, dopo un rapido scambio di sguardi, al tavolo si avvicinarono due tizi: uno, il Bonacci, era il troll che Piergiorgio aveva già visto in azione nel pomeriggio. L'altro, che se la memoria non lo ingannava si chiamava Visibelli Palla, sembrava fatto dello stesso materiale del Bonacci.

Posizionatisi ai due capi del tavolo, i due si guardarono le mani, decisero di non sputarcisi sopra presumibilmente per rispetto all'ospite, quindi a un cenno abbrancarono il piano simultaneamente. Uno, due, tre e hop! (o, meglio, uargh), e il tavolo si alzò da terra di una trentina di centimetri, tenuto alto dai due che facevano forza sulle gambe e sugli addominali. Dopo qualche secondo, i quattro avambracci cominciarono a tremare.

A quel punto, Piergiorgio disse semplicemente: – Grazie.

Un attimo dopo, il tavolo venne lasciato andare di malagrazia.

La botta finì di svegliare anche i tre o quattro ancora in stato catatonico.

Mentre i due si guardavano perplessi, Piergiorgio allargò le braccia e li indicò con un cenno delle mani.

– Ecco perché siamo qui. Perché siete forti. Molto forti.

Prima la sveglia, poi la lusinga. E la platea è conquistata.

– A parte questa piccola dimostrazione, credo vi sia noto che la forza fisica degli abitanti di Montesodi Marittimo è oggetto di leggenda da molti anni, in questi dintorni.

Brusìo. Sullo schermo, la slide presentava una veduta del paese, che si snodava lungo la Schiantapetti.

– Ma, ultimamente, a quest'aura di leggenda si sono aggiunti dei riscontri oggettivi, partiti dal vostro conterraneo più famoso.

Brusìo più rumoroso, a causa dell'apparizione sullo schermo di un ragazzone col collo taurino e due orecchie a sventola più sullo scimmiesco. In tale immagine, tutti gli astanti non mancarono di riconoscere Antonio Mercialli Palla, detto «la morsa umana», nativo del paese e fresca medaglia d'oro olimpica nella lotta libera; competizione nella quale aveva impressionato, più che per la tecnica, per la paurosa facilità con la quale aveva vinto più di un incontro sbarbando l'avversario dal suolo e proiettandolo di nuovo in terra, facendolo prima passare al di sopra della propria testa.

– E, così, è stato deciso da parte del Dipartimento di Endocrinologia della nostra Università di cercare di capire per quale motivo siete così forti. In particolare, se il motivo sia da cercare nella vostra genetica.

Piergiorgio toccò il computer, e sullo schermo apparve la foto di un bambino di circa due anni che si reggeva in equilibrio su di un braccio solo.

– Alcuni anni fa, in Germania, è nato un bambino con una forza muscolare incredibile, in grado di sollevare pesi di massa maggiore del proprio corpo a quattro anni di età. La causa di questa forza mostruosa è una anomalia genetica del cosiddetto gene MSTN, il quale solitamente contiene le istruzioni per far sintetizzare al nostro corpo una proteina particolare, la GDF-8, detta comunemente miostatina. La miostatina serve per limitare la crescita muscolare del nostro corpo, in concomitanza con altri fattori. È, in sintesi, una specie di mediatore che impedisce che i nostri muscoli diventino troppo grossi.

Piergiorgio mostrò una slide in cui si vedeva uno schema biochimico; roba incomprensibile per i non esperti, ma che conferiva al discorso un'aura di credibilità scientifica proprio per la sua intrinseca impossibilità di essere decodificato dal popolaccio vile.

– Ma nel caso di questo bambino, il gene è alterato, e le istruzioni sono sbagliate. E la miostatina non viene prodotta.

Piergiorgio guardò la platea: – Quello che ci siamo chiesti è: possibile che a Montesodi succeda una cosa del genere? Possibile che la popolazione del paese abbia un'alta probabilità di avere tale anomalia genetica nel proprio DNA, e che quindi sia questo il motivo per cui sono così forti?

Piergiorgio guardò l'uditorio. Ancora attenti, e visibilmente interessati. Ora veniva la parte più noiosa.

– E così, ci siamo messi in testa di investigare su questo aspetto tramite una serie di test medici su un certo numero di famiglie di volontari del paese.

E, con precisione, Piergiorgio incominciò a spiegare in che cosa sarebbe consistito il suo lavoro. Innanzitutto, partendo dalla metodologia.

L'arco dell'attenzione di un essere umano oscilla mediamente fra i dieci minuti e un quarto d'ora. Se tentate di comunicare qualcosa di didattico per un tempo di durata superiore a questo intervallo, avete bisogno di introdurre un elemento che sorprenda chi vi segue, e lo obblighi in maniera del tutto naturale a concedervi nuovamente tutta la sua attenzione. In un testo scritto, questo può essere ottenuto inserendo all'interno culo di una frase una parola assolutamente priva di coerenza logica e grammaticale con le parole che la precedono e la seguono: in una conferenza, qualsiasi cosa possa giungere inaspettata – salti mortali dell'oratore, proiezione di slide con donne nude, la Merkel che entra in aula in scooter su una ruota ecc. – può fungere alla bisogna in modo eccellente.

Nei precedenti dieci minuti Piergiorgio, dopo un rapido ripasso delle leggi di Mendel sulla genetica, aveva lentamente corroso l'attenzione degli astanti con la descrizione della metodologia con la quale intendeva esaminare la forza e la costituzione fisica dei volontari. Rendendosi conto che la presenza del pubblico cominciava a vacillare, mentre parlava Piergiorgio cominciò a pensare a quale elemento di sorpresa utilizzare per svegliare la gente.

Per fortuna, però, il nostro non ebbe bisogno di fare ricorso a questi mezzi. Appena terminato di leggere l'elenco delle famiglie del paese coinvolte nella ricerca, infatti, Piergiorgio si era chinato sul computer per far partire la slide successiva, ed in quel preciso momento una voce dal buio esplose: – E chi le ha dato il permesso di esaminare questa gente?

Piergiorgio alzò lo sguardo, mentre dal pubblico si sentì il rumore di parecchie seggiole spostate. La voce era quella di una donna piuttosto anziana, e difatti subito dietro a un gruppo di teste voltate all'indietro si intuiva il volto di una signora che sembrava decisamente vecchia, e indiscutibilmente contrariata. Piergiorgio la riconobbe: era arrivata dopo cena, mentre iniziava a parlare la filologa, e si era seduta in seconda fila su di una sedia vuota, evidentemente riservata a lei.

– Mi scusi?

– Con quale diritto lei va a fare la mappatura genetica di queste persone?

– Su base volontaria, signora. Esclusivamente su base volontaria.

La signora fece un rumore sprezzante con la bocca. Piergiorgio, dopo un attimo di silenzio, continuò: – Prima di far partire il progetto, è stata chiesta la disponibilità di interi nuclei familiari a sottoporsi in modo assolutamente volontario, sulla base quindi della espressa volontà di ogni singola persona, ai prelievi e alle visite...

– Ma per cortesia. Non mi parli di assolutamente volontario. C'è gente all'interno delle famiglie che lei ha citato che non si allaccia nemmeno le scarpe se il capofamiglia non è d'accordo.

Involontario assenso da parte di alcune teste, i cui pensieri probabilmente convergevano su Emma, figlia secondogenita del Caproni e organista ufficiale della parrocchia di Sant'Antonio Abate; la classica ragazza per bene, tanto brava e tanto dolce da sembrare mezza scema, che non si era mai allontanata dal sentiero sicuro che unisce la casa e la chiesa, tranne che per il decoroso servizio di collaboratrice domestica a casa del sindaco (giorni pari e festività solenni) e presso casa Zerbi Palla (giorni dispari), e che si avviava a detta di tutti verso un tranquillo e inesorabile zitellaggio a vita.

– Questo non lo posso sapere, signora. Io so solo che quando...

– E allora, visto che non lo può sapere, con quale faccia di bronzo viene qui a metterci sotto il microscopio? Ha idea dei casini che potrebbe combinare?

Mentre Piergiorgio si guardava intorno, per cercare di capire quanti del pubblico fossero d'accordo con la vecchia pazza, il sindaco si alzò lentamente dalla propria sedia.

Se c'era una cosa che Piergiorgio invidiava alle persone, era l'autorità: quella vera, che si acquisisce nel corso di una vita, e che non si compra coi soldi, ma viene dalla piena consapevolezza da parte degli altri, amici parenti o sconosciuti, che i tuoi gesti e le tue parole pesano come macigni. E il modo calmo e dignitoso in cui si alzò Benvenuti diceva esattamente questo.

Dopo che si fu alzato, nel silenzio generale, il sindaco parlò: – Vorrei solo far presente a tutti che siamo stati scelti per uno studio che potrebbe avere una grande importanza. Ne abbiamo discusso in consiglio comunale, e abbiamo deciso di collaborare con la ricerca scientifica in modo democratico. Da quando sono nato, e da prima ancora, le cose si fanno in questo modo. Se qualcuno non ha ancora passato abbastanza tempo in questo paese da capire come vanno le cose, nessuno lo trattiene qui.

Ci fu qualche secondo di silenzio imbarazzante. Quindi, con una dignità appena inferiore a quella del sindaco, la vecchia signora si alzò in piedi, restò immobile un momento guardandosi intorno e poi, con decisione, si avviò verso l'uscita. Qualche secondo dopo, passando tra le seggiole a schiena bassa, un uomo sulla cinquantina la seguì a passo svelto. La porta d'ingresso sbatté, e si sentì una voce maschile da fuori dire in tono incerto: – Mamma, aspetta... ma dove cavolo... mamma, Cristo!

Poi, la porta sbatté una seconda volta. E, se non la calma, tornò il silenzio.

– Mi volevo scusare per questo piccolo incidente a nome di tutto il paese.

Dopo l'interruzione, Piergiorgio aveva ripreso la conferenza parlando a velocità doppia rispetto a quella standard, e alla fine qualcuno gli aveva rivolto una o due domande di pura cortesia. Poi, gli astanti avevano abbandonato la sala non senza prima essersi fermati a salutarsi tutti gli uni con gli altri, e a salutare Piergiorgio e Margherita.

Il sindaco, tornato evidentemente sobrio dopo l'imprevisto, stava porgendo il piumino all'ospite mentre si apprestavano a uscire dal ristorante. Piergiorgio fece un sorriso di circostanza e rispose: – Si figuri. Sono cose che capitano. Uno non può mica controllare tutte le persone del paese, anche se è il sindaco, no?

– No, quello no. Ho le telecamere sparse per tutto il bosco, ma quelle sono per la selvaggina, non per gli uomini. E, anche a vedere quando un uomo si comporta male, mica gli posso sparare. A parte le implicazioni morali, voglio dire, spenderei più di cartucce che di benzina per il fuoristrada.

– Ci manca solo che tu incominci a sparare alla gente, Armando, dai – disse con un sorriso infreddolito la signora Viola, ovvero la moglie del sindaco, involtolata in una pellicciona di zibellino che da sola doveva costare più del fuoristrada stesso. – Già siamo quattro gatti, mettiti anche a eliminare qualcuno.

– Pochi ma buoni – ribatté il sindaco, ridacchiando. – Lo ha detto anche il dottore, prima. Va be', dai, adesso è meglio che la accompagni a casa. Nonostante tutto, credo che stasera la signora la farà entrare in casa lo stesso.

– In che senso?

– Eh, nel senso che... ma non l'ha riconosciuta, la signora?

– Armando – disse la signora sindachessa, col tono paziente che spesso le mogli usano col marito in presenza di estranei – il dottor Pazzi è arrivato oggi pomeriggio. Annamaria era da me per il bridge. È tornata a casa verso le otto. Non credo che abbiano fatto in tempo a presentarsi.

– Quando hai ragione hai ragione, cara. Be', comunque adesso si sono presentati, dai.

– Mi scusi, continuo a non capire – disse Piergiorgio, e mentre lo diceva si rese conto che invece aveva capito benissimo. E lo stesso sindaco glielo confermò: – Quella là che le vociava dietro, prima, è la sua ospite. La signora Zerbi Palla. La persona dalla quale starà a dormire per le prossime due settimane. Brava donna, per carità, ma è una di quelle che deve sempre dire la sua, ha presente?