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Il sabato mattina un’Agatha abbacchiata partì con Charles alla volta della villa dei Tamworthy.
“Che ti è preso?” chiese Charles. “Hai messo su un muso.”
“Sono questi casi di divorzio. Li detesto. I due chiusi da Toni non erano così terribili.”
“Perché?”
“Non c’erano di mezzo bambini. Invece nei due casi nuovi ce ne sono.”
“Non è che mi stai sviluppando una coscienza, alla tua tarda età, Aggie?”
“Non sono in tarda età, però sì, la faccenda mi suona sporca.”
“Se gestisci un’agenzia investigativa i casi di divorzio sono inevitabili.”
“Non si tratta solo di questo,” disse Agatha, “c’è anche il fine settimana che ci aspetta. Mi ero persa in fantasie su uno scenario alla Poirot e adesso sento che sono solo le paranoie di una vecchia svitata.”
“Oggi porteremo pazienza,” disse Charles, “e se stabiliremo che è veramente matta, leveremo le tende. Ma da quello che mi hai raccontato sembra proprio che il testamento lo abbia studiato in modo da diventare un bersaglio.”
“Hai tu la mappa,” disse Agatha, che era al volante. “Ricordati di indirizzarmi verso l’ingresso dalla parte di Upper Tapor. Non voglio essere costretta ad affrontare di nuovo quella marcia estenuante in mezzo ai campi. E poi mi pare che stia per piovere.”
“Negli ultimi giorni di tanto in tanto è sembrato che dovesse piovere,” disse Charles, “ma le nuvole poi si dissolvono e torna il sole. Dai, su con il morale. Ti sentirai meglio quando saremo lì e scopriremo come stanno le cose. E se stasera la vecchia sarà ancora viva, ce ne andremo.”
“Io devo restare. Mi paga profumatamente a giornata e adesso che Toni ha uno stipendio intero quei soldi mi servono.”
“Aggie, a volte la tua generosità mi sorprende.”
“Non dovresti essere così sorpreso, dato che sei uno che quando siamo fuori a cena non trova mai il portafoglio.”
“Miao!”
Appena fuori Upper Tapor videro un cartello,THE MANOR HOUSE. Agatha guidò lungo un viale d’accesso ben tenuto e si trovarono ben presto a destinazione.
Li accolse Phyllis Tamworthy. “Pensavo che avrebbe portato suo figlio,” disse ad Agatha.
“Roy Silver non è mio figlio,” disse Agatha con rabbia. “Questo è un mio collega, sir Charles Fraith.”
“Un sir?” Phyllis sogghignò. “Le mie spocchiose figlie l’adoreranno certamente, sir. Vi mostrerò le vostre stanze… o dormite insieme?”
“No,” fece Agatha, ignorando il sussurro beffardo di Charles, che disse: “Forse”.
Agatha rimase stupita nel vedere la stanza che le era stata assegnata. Evidentemente per i piani superiori Phillys aveva deciso di rinunciare all’apparenza di dimora altolocata. Il mobilio sembrava uscito dritto dall’Ikea. E la camera era decorata in varie sfumature di marrone: tappeto marrone scuro, tende di un marrone più chiaro, pareti dipinte di un marrone nocciola e sul letto un piumone color ruggine.
Su un tavolo accanto alla finestra c’era un televisore. Agatha rifletté che sembrava proprio la camera di un albergo a tre stelle.
Charles entrò mentre lei stava sistemando il bagaglio. “Non sono un romanticone come te,” disse, “ma devo ammettere che le stanze mi hanno colto di sorpresa. Non mi pare una scenografia sinistra come dovrebbe essere. Questa casa mi deprime. Un tempo doveva essere stata piacevole.”
Phillys fece irruzione senza bussare, asciugandosi le mani sul grembiule. “Saranno tutti in salotto appena dopo l’una. Jimmy il sabato tiene il negozio aperto solo per mezza giornata. Che stupido. Sarebbe il giorno di maggiore attività, ma con lui è inutile discutere. Quando siete pronti, scendete.”
Una volta andata via la padrona di casa, Agatha disse: “Li hai disfatti in fretta, i bagagli”.
“Non li ho disfatti proprio,” ribatté Charles, laconico. “Ho dato un’occhiata alla stanza e ho deciso che una rapida ritirata potrebbe essere una buona idea. Andiamo di sotto e affrontiamo la situazione.”
Entrando in salotto Agatha studiò la compagnia che si era riunita, e decise con sommo sconforto di non aver mai visto in vita sua una manica di gente così ordinaria.
Mentre Phyllis faceva le presentazioni, Agatha prese mentalmente appunti in modo da potersi ricordare chi era chi. La figlia Sadie, moglie di sir Henry Field, era bassa e tracagnotta, con un completo pantalone azzurro, di seta. Sir Henry era così noioso e pomposo da parere quasi finto, come se l’avesse mandato lì un’agenzia di casting. La figlia divorziata, Fran, era tanto magra quanto la sorella era grassa, aveva i capelli bianchi con una permanente superforte e lineamenti indistinti come se qualcuno avesse preso una spugna e avesse cercato di cancellarle la faccia, ed era vestita con una gonna di tweed cascante e una camicetta Aertex. Erano anni che non vedevo una camicetta Aertex, pensò Agatha.
Il figlio Bert era un piccoletto con la faccia rossa, calvo e con le labbra serrate, come se fosse perennemente scontento. Indossava un abito che doveva essere stato confezionato su misura per lui quando era più magro.
La moglie Alison era una virago vestita di tweed. Aveva la faccia dai lineamenti pesanti e truci, e occhi castani lievemente sporgenti. Gli occhi di Charles si illuminarono nel vedere la figlia di Fran, Annabelle. La donna doveva essere sulla trentina, aveva folti capelli castano ramati e la pelle liscia e lattea. Risaltava in mezzo a quel gruppo di esseri mediocri. La figlia di Sadie, Lucy, era invece squallida come la madre, e la figlia di Lucy, Jennifer, aveva otto anni e la scritta in fronteMOCCIOSA VIZIATA.
Agatha la sera prima aveva telefonato a Phyllis per chiederle cosa avrebbe dovuto rispondere alla domanda su come loro due si erano conosciute e Phyllis le aveva suggerito di dire che si erano conosciute cinque anni prima a Bournemouth, quando lei era stata in vacanza all’Hotel Imperial.
Jimmy, il cocco di mamma, fu l’ultimo ad arrivare. Aveva le spalle curve. La faccia era lunga e l’espressione sconfitta, come se anni di un lavoro che detestava lo avessero schiacciato.
Agatha si chiese se Phyllis avesse pensato di provvedere al pranzo per tutti loro. Fu servito dello sherry. Perfino il palato ineducato di Agatha lo trovò pessimo. Charles borbottò che probabilmente si trattava di sherry britannico, e saltò fuori che aveva ragione. “Ricordate l’epoca in cui era possibile comprare sherry britannico?” disse Phyllis. “Costava talmente poco che ogni volta che avevo una bottiglia vuota andavo al negozio degli alcolici e me la facevo riempire. Era alla spina. Ne ho ancora alcune bottiglie in cantina.”
“Oh, mamma,” piagnucolò Fran, lanciando un’occhiata ansiosa a Charles. “Che opinione si farà di te sir Charles?”
Furono invitati ad accomodarsi nella grande sala da pranzo. Due donne, che avevano l’aria di essere abitanti del villaggio e a giudicare dal comportamento anche di far parte del comitato di protesta, servirono la prima portata, una zuppa di prosciutto e piselli, schiaffandola sgarbatamente nei piatti e lanciando occhiatacce in giro.
Il lungo tavolo di mogano risplendeva e il servizio era di porcellana finissima, ma si notavano, strategicamente distribuite, bottiglie di salsa HP e di ketchup.
Il secondo piatto era un pasticcio di carne e rognone con patatine fritte e piselli. La carne era stoppacciosa e c’era più rognone che carne, e la pasta ricordava un libro bagnato. Fu servito il vino scelto da Phyllis. Una gialappina tedesca.
“Io taglio la corda… e alla svelta,” sussurrò Charles, che era seduto accanto ad Agatha.
“Non mi lasciare,” lo supplicò lei.
La conversazione era formale. Gli ospiti parlavano tra di loro del tempo e di gente che Agatha non conosceva.
Al momento della torta di mele con crema – le mele erano acide e la crema piena di grumi – Phyllis, rossa in faccia per via dei molti bicchieri di vino dolce, chiese: “E i miei regali quando arrivano?”.
“Ci siamo messi d’accordo, i regali te li daremo al momento del brandy e del caffè.”
“Se intendete la fine del pasto, d’accordo,” disse Phyllis. “Ma voi lo sapete che a me il brandy non piace. Berremo tutti il mio vino di sambuco. Agatha!” gridò per farsi sentire fino all’altro capo del tavolo. “Io raccolgo le bacche di sambuco e ci faccio il vino. Ah, non c’è niente di simile al mondo.”
“Ci scommetterei, in effetti,” mormorò tetro Charles.
Mentre veniva servito il caffè, a uno a uno i componenti della famiglia si alzarono e uscirono per andare a prendere i regali. A quanto pareva nessuno di loro si era sentito in dovere di allentare i cordoni della borsa per comprare alla vecchia qualcosa di decente. Qualcuno le porse libri che Agatha riconobbe come volumi in vendita nei remainder. Jimmy regalò a sua madre una borsa dell’acqua calda a forma di orsacchiotto. Fran le regalò una collana. Agatha ne aveva vista una uguale nel reparto gioielleria di Marks & Spencer.
Sadie squadrò Agatha e Charles. “Non avete portato nulla a mamma?”
“Non abbiamo avuto tempo di passare al mercatino dell’usato,” sussurrò Charles.
Agatha sentì una risata sgorgare e gonfiarsi dentro di lei. Tentò di soffocarla, ma quella montò, montò, e lei cominciò a ridere come una pazza.
La voce di Phyllis interruppe la risata. “Ad Agatha non avevo detto che era il mio compleanno,” disse.
Agatha si calmò, si asciugò gli occhi e domandò scusa mentre i presenti la guardavano con sospetto.
Poi mentre tutti, con l’eccezione di Phyllis, facevano smorfie schifate per colpa del vino di sambuco, la piccola Jennifer cinguettò: “Mia nonna,” disse, parlando di Sadie, “dice che non vale la pena di farti regali belli perché tu vuoi fotterci tutti”.
Seguì un silenzio attonito. Poi la madre di Jennifer, Lucy, disse: “La cara piccina stava solo scherzando. La colpa è di quell’orrenda scuola pubblica che frequenta. Se andasse in una scuola privata, non si esprimerebbe in questo modo”.
Phyllis si alzò. “Sono stanca,” annunciò. “Ci rivediamo alle sei per lohigh tea.”
“Ma, mamma,” gemette Sadie. “Nessuno, ma proprio nessuno, fa più lohigh tea.”
“Io sì,” disse Phyllis, decisa.
“Voglio andare a casa!” strillò Jennifer.
“Ottima idea, amore mio,” disse sua madre Lucy. La nonna di Jennifer, Sadie, concordò: “Sì, andate pure, tesori miei. Questa non ci lascerà nulla, a prescindere da quanto ci tratteniamo”.
“Buona idea,” le fece eco Annabelle. “Me ne vado pure io.”
“Dai,” disse Charles ad Agatha, “andiamo a fare una passeggiata.”
Una volta fuori, sir Fraith guardò il cielo. “Credo che l’estate di san Martino sia finalmente agli sgoccioli. Che pranzo disgustoso.”
“Colazione, vorrai dire,” lo corresse Agatha. “Perlomeno una volta andate via Annabelle, Lucy e quell’orrida bambina, ci resteranno meno persone da tenere d’occhio. Dovremo occuparci di Sadie, sir Henry, Fran, Bert, Jimmy e Alison. E non riesco a vedere nessuno di loro come un potenziale assassino.”
“Portiamo pazienza fino a domani. Oppure vuoi partire adesso?”
“Phyllis mi paga per l’intero fine settimana. Non mi abbandonare, Charles.”
“Certo che no,” disse Charles, che stava già progettando di farsi chiamare da un amico che gli avrebbe comunicato una notizia utilizzabile come valida scusa per tagliare la corda.
“Penso che siano ancora tutti quanti in sala da pranzo,” disse Agatha. “Ascoltarli non sarebbe male. Lassù c’è la sala da pranzo. Riesco a vedere sir Henry che cammina su e giù, sbracciandosi. Le finestre sono aperte. Se ci avviciniamo e ci mettiamo dietro quei cespugli di alloro dovremmo riuscire a sentire tutto.”
Avanzarono cautamente fino a trovarsi nascosti dai cespugli. La voce ben articolata di sir Henry arrivò fino alle loro orecchie. “Ho cercato di farla ragionare. Tagliare fuori così il sangue del suo sangue”.
Bert disse: “E se tu provassi a supplicarla, Jimmy? Sei sempre stato il suo preferito”.
Agatha e Charles sentirono la voce di Jimmy, carica di veleno. “Preferito?” sputò. “Incatenato a quel negozio maledetto. Come vanno stamattina i suoi alluci valghi, signora Smith? Puah! E adesso tutti mi odiano perché la mamma vende questo posto. Tra poco mi troverò indebitato. Le ho chiesto di aiutarmi e lei ha risposto che sta a me gestire con successo l’impresa.”
Sadie intervenne. “Si dà il caso che io abbia saputo che la mamma sta per cambiare qualcosa nel testamento.”
Seguì un silenzio stupefatto.
“Me lo ha detto lei,” disse Sadie. “Ha goduto nel dirmelo. Lo cambierà la settimana prossima. Mi ha raccontato di aver parlato al telefono con il suo notaio, il giorno prima di parlare con me. L’eredità andrà tutta nella costruzione di un istituto tecnico intitolato a papà. Comincerà a costruirlo non appena avrà venduto questo posto, e anche nel caso in cui lei morisse, i lavori andrebbero avanti, se ne è sincerata. E l’istituto tecnico lo lascerà allo Stato, quindi non potremo nemmeno venderlo.”
Alison, la moglie di Bert, ringhiò: “Oh, se solo crepasse”.
“Vado a fare un riposino,” disse Sadie. “Oh sì, signorina Crampton, adesso può sparecchiare.”
Si udì un rumore di seggiole spinte indietro. Charles e Agatha si spostarono.
“Perbacco perbaccone,” disse Agatha. “Hanno toni da assassini.”
“Mi sembrano una manica di rompiscatole,” disse Charles. “Rilassati. Non succederà niente.”
“Hai ragione. Affronterò l’orrendo tè e domattina taglierò la corda. Sarai libero per la cena di Natale?”
“Aggie, siamo a ottobre.”
“Lo so, ma ho intenzione di organizzare uno splendido Natale come quelli di una volta.”
“La tua ultima cena di Natale è stata un disastro. Cosa è questa fissazione per il Natale?”
“Voglio passare almeno un Natale, uno, come dovrebbe essere.”
“Non è mai come dovrebbe essere, Aggie. Cresci. Le persone si stressano. Bevono troppo, litigano, si rendono conto di essersi sempre odiate. Tu sei una romantica.”
“E che cosa c’è di male? Di questi tempi è sempre tutto sesso, sesso, sesso, sesso.”
“Di solito l’amore si presenta camuffato da brama sessuale, o in veste di gratificazione rimandata, come in Il mondo nuovo.”
“Ti farò vedere,” disse Agatha. “Vieni alla mia cena di Natale, punto e basta.”
“A-ha, qui c’è sotto qualcosa. Dov’è James?”
“È in viaggio. Ma sono certa che per Natale sarà a casa.”
“E in piedi sotto il vischio?”
“Io entro in casa,” disse Agatha, arrabbiata. “Oh, era una goccia di pioggia?”
Charles alzò lo sguardo al cielo. “Sembra di sì.”
“Pensavo che il tempo si sarebbe guastato con un meraviglioso temporale,” disse Agatha.
“E che Phyllis sarebbe caduta morta sul tavolo da pranzo tra schianti di tuoni, con la faccia cadaverica illuminata dai lampi?”
Agatha rise suo malgrado. “Qualcosa del genere.”
“Smettila di scrivere sceneggiature. La vita è così spesso noiosa e prevedibile.”
Alle sei un’immusonita compagnia rientrò di malavoglia in sala da pranzo. Fuori dalle finestre, la pioggia cadeva fitta. Si sedettero ai propri posti, seguendo la disposizione voluta da Phyllis, che come suo solito si accomodò a capotavola. Oltre ad Agatha e Charles, gli altri, ovvero Sadie, Fran, sir Henry, Bert, Alison e Jimmy si accasciarono sulle loro sedie. Lo high tea era già apparecchiato. Su una credenza c’era un bollitore con le tazze, il latte e lo zucchero. Al centro del tavolo, su una grande tortiera, erano disposte sul ripiano inferiore fette sottili di pane bianco imburrato, sul secondo c’erano leteacake, sul terzo gli sconee in cima alcuni dolci con la panna artificiale.
Davanti a ciascuno dei commensali c’era un piatto con due fettoline di prosciutto lucente, piselli, patatine, e anche una ciotolina di insalata dall’aspetto strano.
Agatha punzecchiò l’insalata con la forchetta. “Cosa c’è dentro?”
“Una mia creazione personale,” annunciò con orgoglio Phyllis. “Prezzemolo, pastinaca grattugiata, carota grattugiata, rapa grattugiata e lattuga. Gli altri sono tornati a casa?”
“Sì, mamma,” disse Jimmy. Aveva la faccia pallida nella luce grigia che entrava dalle finestre bagnate dalla pioggia.
“Peggio per loro,” disse Phyllis. “Dateci dentro. Le donne del villaggio le ho mandate a casa. Non ha senso pagare qualcuno che ti serva, quando puoi servirti da solo.”
Phyllis fece ripetuti tentativi di conversazione ma non ebbero seguito. Agatha, che non reggeva più quel silenzio, cominciò a parlare del tempo, dicendo che sì, era vero, i giardini avevano bisogno della pioggia, ma la cosa era ugualmente deprimente. La voce le morì perché nessuno le diede retta.
Dopo un altro lungo silenzio, Fran all’improvviso afferrò la propria ciotola d’insalata e la scaraventò nel camino vuoto. “Vaffanculo mamma, tu e quel tuo maledetto mangime per conigli e la tua tirchieria. Hai intenzione di diseredare il sangue del tuo sangue!” Scoppiò a piangere e fuggì da tavola.
Agatha vide con sorpresa gli occhi di Phyllis scintillare divertiti.
“Te la sei voluta,” disse Bert.
“È meglio se usciamo e ci troviamo un pub per questa sera,” mormorò Charles ad Agatha. “Questa porcheria non riesco proprio a mangiarla.”
Jimmy fece per alzarsi da tavola. “Mamma, voglio vendere il negozio!”
“È intestato a me, figlio mio. Lo erediterai quando sarò morta.”
Con una vocina carica di amarezza, Jimmy disse: “E quando morirai, mamma?”.
Phyllis parve scioccata e ferita per la prima volta da quando Agatha l’aveva conosciuta.
Si alzò e vacillò. Sul viso comparve un’espressione strana. Cercò di fare un passo e crollò sul pavimento. Jimmy si precipitò per aiutarla a rialzarsi.
“Sono solo stanca, tutto qui,” dichiarò Phyllis. “Aiutami a tornare in camera.”
Sorretta dal figlio, uscì barcollando dalla sala da pranzo, sembrava ubriaca.
“Credo che fareste meglio a chiamare un medico,” disse Agatha.
“Ha già avuto dei capogiri,” disse Bert. “È debole di cuore. Si riprende sempre, le basta riposare un po’.”
“Penso che il dottore dovreste chiamarlo comunque,” insisté Agatha. “Ditemi come si chiama, gli telefono io.”
“Lei non fa parte della famiglia,” disse Bert con rabbia. “Non c’è bisogno di fare tante storie.”
Più tardi, al piano di sopra, Charles raggiunse Agatha in camera sua. “Sono passato a vedere come stava Phyllis. Fran stava uscendo dalla stanza della madre. Ha detto che stava bene, quindi non si tratta di un avvelenamento. Insomma, se l’avessero avvelenata avrebbe il vomito o le convulsioni. Usciamo di qui per un paio d’ore e cerchiamoci un pub.”
“Non quello del villaggio. Andiamo da un’altra parte,” disse Agatha.
Decisamente corroborati dopo una tipica cena da pub a base di salsicce, uova e patate fritte, Agatha e Charles tornarono alla villa. “Portami in camera di Phyllis,” disse Agatha. Dal salotto arrivava il suono della televisione. “Probabilmente sono tutti di sotto a guardare la tv.”
“Seguimi,” disse Charles.
Precedette Agatha su per le scale e lungo un corridoio. “Sembra che abbiano ristrutturato questa casa nello stile di un albergo,” disse. “Le camere più ampie devono averle divise in due. Eccoci.” Bussò delicatamente alla porta.
Non ci fu risposta.
“Entra,” lo incalzò Agatha.
Charles girò il pomolo della maniglia, entrambi varcarono la soglia. Videro Phyllis, alla luce della lampada sul comodino.
Agatha si fece avanti e la guardò bene. “Charles,” disse con voce tremante, “credo che sia morta.”
Phyllis era distesa sopra il letto fatto, con addosso gli stessi vestiti che aveva all’ora del tè. Alla casacca nera erano rimasti appiccicati brandelli d’insalata.
Charles provò a sentirle il polso, ma non c’era più nulla.
Dalla porta arrivò la voce di Fran: “Che cosa state combinando?”.
“Credo che sua madre sia morta,” disse Agatha.
Fran si precipitò accanto al letto. Scrutò la madre per qualche istante e poi allungò la mano per prendere il telefono sul comodino.
“Lasciamo la stanza come si trova,” ordinò Agatha. “Telefoniamo dal piano di sotto.”
“Ma perché…?”
“Credo che sua madre sia stata assassinata.”
“Ma lei è pazza furiosa. Telefonerò al dottore e vedrete che è stato un infarto.”
“Io non sono un’amica di vostra madre,” disse Agatha. “Sono un’investigatrice. Mi aveva invitato qui perché sospettava, così mi aveva detto, che qualcuno della famiglia volesse ucciderla.”
Fran si fece bianca come un cencio. Agatha prese nota del fatto che Fran era rimasta più scioccata dalla notizia che lei fosse un’investigatrice e che Phyllis sospettasse la presenza di un potenziale assassino in seno alla famiglia, che non dalla morte della madre.
“È una follia,” sussurrò Fran. “Vado di sotto a telefonare.”
“Usciamo di qui e chiudiamo la porta a chiave. Aspetteremo la polizia.”
La notizia fece il giro della casa e tutti si riunirono in salotto.
“Il dottor Huxley è in arrivo,” disse Fran.
“Ma la polizia non l’avete chiamata?” volle sapere Agatha.
Arrivò un coro scioccato di “perché mai?”.
“Perché,” disse Agatha alzando la voce per sovrastare il chiasso, “come ho detto a Fran, sono un’investigatrice e vostra madre mi aveva arruolata per proteggerla in questi due giorni. Riteneva che uno di voi potesse tentare di ucciderla.”
“Era anziana,” disse sir Henry. “Stava uscendo di zucca. Ne abbiamo le prove. Ma ecco il dottore.”
Agatha scrutò rapidamente le facce dei presenti nella stanza. Tradivano vari livelli di shock e preoccupazione ma nessuno aveva l’aria addolorata.
Bert andò alla porta e fece entrare il medico. “Eccole la chiave della stanza della signora Tamworthy,” disse Agatha. “Mi è parso opportuno tenere chiusa la camera fino all’arrivo della polizia.”
Il dottor Huxley era un ometto magro e puntiglioso. Prese la chiave e disse con decisione: “Sono certo che scoprirò che la signora Tamworthy è morta d’infarto. Aveva il cuore debole. Era sotto farmaci”.
Bert accompagnò il medico al piano di sopra.
“Vado a prendere una boccata d’aria,” disse Agatha.
“Ma sta diluviando,” fece Charles.
“Amen.”
Agatha uscì, tirò fuori il telefono cellulare e chiamò la polizia di Mircester, parlando in fretta.
Poi tornò subito nella sala.
“Non appena il dottore se ne sarà andato,” disse Sadie ad Agatha, “voialtri potete pure fare i bagagli e partire. Questa è casa nostra, adesso, e non siete graditi.”
Scese il silenzio.
Dopo un’attesa che parve eterna, il medico scese le scale. “La signora Tamworthy è spirata serenamente nel sonno quando il suo cuore si è fermato. Ho scritto il certificato di morte e l’ho consegnato al signor Albert Tamworthy.”
Fran si rivolse ad Agatha con occhi scintillanti. “Visto? E ora si levi dai piedi.”
Agatha sentì in lontananza le sirene delle volanti e disse: “Ho chiamato la polizia”.
Attorno a lei si levarono strilli d’indignazione. Poi Fran in un impeto di rabbia si scagliò contro Agatha. L’aggredita si riparò tuffandosi dietro una poltrona. Fran si affacciò oltre lo schienale e afferrò Agatha per i capelli. Charles la trascinò via.
“Non avete alcun diritto di mettere in dubbio il mio parere,” disse il dottore, una volta placate le proteste e le urla.
Le sirene risalirono il viale di accesso.
Poi si sentì bussare energicamente alla porta d’ingresso e un grido: “Polizia!”.
Bert andò ad aprire. Entrò l’ispettore Wilkes, seguito da Bill Wong. Bill era un amico di Agatha. Alle loro spalle c’erano quattro agenti.
“Sono il dottor Huxley,” si presentò il medico. “Ho esaminato il corpo della signora Tamworthy e firmato il certificato di morte.”
Wilkes lo ignorò. “Signora Raisin? Quando ci ha telefonato, non ha parlato di una lettera?”
Agatha la tirò fuori dalla borsetta. Wilkes indossò un paio di guanti di lattice, la lesse rapidamente e poi la porse a Bill, il quale a sua volta s’infilò i guanti prima di riporla con cura in una busta.
“Alla luce di questa lettera,” dichiarò Wilkes, “dobbiamo attendere il medico legale, che sta arrivando. Aspetterò il suo referto.”
“Se in sala da pranzo non hanno già sparecchiato,” disse Agatha, “potrebbe essere un’idea chiuderla a chiave, per il momento. La morte della signora Tamworthy potrebbe essere stata provocata da qualcosa che aveva mangiato.”
“Mostri la sala da pranzo a uno degli agenti,” ordinò Wilkes. Sentì il rumore di un’auto in arrivo e guardò fuori dalla finestra. “Ecco il medico legale. Tra poco sarà qui anche la Scientifica. Che nessuno di voi lasci questa stanza.”
Un agente fece entrare il medico legale, e Wilkes e Bill lo seguirono su per le scale.
Gli altri rimasero tutti seduti immobili, come impietriti.
Poi Wilkes chiamò un agente, che lo raggiunse al piano di sopra. Dopo poco il poliziotto ridiscese rumorosamente, uscì per andare all’auto del medico legale e rientrò con una valigia pesante, che portò su per le scale. Agatha, che si era alzata per affacciarsi alla finestra, si chiese che cose stesse succedendo.
Jimmy all’improvviso si accese una sigaretta. Sadie fece lo stesso dopo un attimo di esitazione. Con un piccolo sospiro di sollievo Agatha pescò il proprio pacchetto di sigarette.
L’orologio sulla mensola del camino si produsse in un ronzio preliminare, prima di suonare l’ora. Erano le undici.
Quando ormai sembravano condannati a un’attesa lunga quanto la notte, entrò Wilkes. “Il medico legale ha condotto un primo esame con uno spettrometro di massa con desorbimento per ionizzazione elettrospray.”
“E allora? La smetta di confonderci con la scienza e tagli corto,” disse sir Henry.
“In base alle condizioni del corpo, unite ai rimasugli di insalata sul vestito e alla radice vegetale che le abbiamo trovato stretta in una mano, il medico è giunto alla conclusione che la signora Tamworthy sia stata avvelenata con una pianta alcaloide, tipo cicuta. Voialtri resterete qui intanto che la Scientifica passa al setaccio la casa. È arrivata anche un’unità mobile della polizia, è qui fuori. Vi chiamerò uno alla volta per interrogarvi. Lei sarà la prima, signora Raisin. Mi segua.”
Agatha uscì dalla stanza con Wilkes, sotto lo sguardo di facce pallide e stupefatte.
Charles soffocò uno sbadiglio. All’improvviso si scoprì annoiato. Si chiese quando sarebbe riuscito a defilarsi.
All’interno dell’unità mobile, Wilkes affrontò Agatha. “Cominci dal principio,” disse.
Agatha gli ripeté la storia della lettera e poi gli parlò del testamento e della minaccia di destinare i soldi dell’eredità alla costruzione di un istituto tecnico. Poi gli raccontò del piano di Phyllis di vendere la casa e la tenuta, sempre per finanziare l’istituto tecnico, e di quanto fossero arrabbiati gli abitanti.
Wilkes poi le chiese che cosa avessero mangiato. “Ci hanno servito l’insalata in ciotoline singole,” disse Agatha. “Magari qualcuno ha preparato una ciotola speciale destinata alla signora Tamworthy. Quando si è alzata da tavola pareva ubriaca. Non riusciva nemmeno a camminare. Quel veleno provoca forme di paralisi?”
“Ho appreso dal medico legale,” disse Wilkes, “che una dose alta di cicuta paralizzerebbe a poco a poco l’intero corpo. La mente resta lucida fino all’ultimo. Accanto al letto non c’era un campanello, e non sarebbe stato possibile chiedere aiuto.”
“Non poteva gridare?”
“No, le corde vocali dovevano essere paralizzate. Se la dose fosse stata inferiore magari avrebbe avuto la febbre e il vomito, e qualcuno avrebbe potuto accorgersene.”
“Era un’insalata grattugiata,” disse Agatha.
“La radice della cicuta assomiglia parecchio alla pastinaca,” disse Wilkes. “Ha idea, signora Raisin, chi di loro potrebbe essere l’autore di questo delitto?”
“Al momento per me potrebbe essere stato chiunque di loro. Charles e io siamo andati a cena in un pub ma prima di uscire abbiamo visto Fran sbucare dalla camera da letto della signora Tamworthy. Ci ha detto che la madre stava bene. Oh, Fran era furente per essere stata diseredata –insomma, non esattamente diseredata, però Phyllis aveva in mente di costruire un istituto tecnico usando i soldi ricavati dalla vendita della tenuta e di donare la scuola allo stato – e poi ha scaraventato nel camino la sua ciotola d’insalata. Poi ci sono le due donne del villaggio che hanno servito il pranzo. A metà giornata. Badi, credo che se ne siano andate dopo aver sparecchiato. La signora Tamworthy sembrava orgogliosa di quell’insalata di propria invenzione. E dove l’avrà presa la radice della pianta? Non aveva niente in mano quando è uscita dalla sala da pranzo, sarei pronta a giurarlo.”
“E la famiglia della figlia di Sadie è andata via dopo pranzo?”
“Sì, e anche Annabelle.” Agatha esitò. Era indecisa se dire o no a Wilkes di aver origliato attraverso la finestra ma poi optò per il no. Si rendeva conto che l’amico Bill Wong la stava osservando impassibile.
“Questo è tutto, per ora,” disse Wilkes, “però forse avrò bisogno di parlare di nuovo con lei, in un secondo momento.” Si rivolse a uno degli agenti in attesa. “Mi mandi qui sir Charles Fraith.”
Agatha si alzò in fretta e furia. Doveva avvisare Charles di tacere la faccenda della finestra.
Però Wilkes disse: “Un attimo solo. Ho notato che nessuno di loro pareva particolarmente addolorato. Non è possibile che fossero tutti d’accordo?”.
“Non lo so,” disse Agatha.
“Si ricordi che è tenuta a comunicarci qualunque elemento di cui dovesse venire a conoscenza.”
“Sì, sì.” Agatha uscì alla svelta solo per vedere Charles scortato dall’agente.
“Ti devo dire una cosa, Charles,” disse.
“Dopo,” rispose Charles, entrando nell’unità mobile.
Quando Agatha rientrò in salotto, notò che la famiglia aveva cambiato atteggiamento. Sadie, sir Henry, Fran, Bert, Alison e Jimmy si stavano mostrando per la prima volta addolorati.
“Povera mamma!” piagnucolò Fran non appena vide Agatha, e si asciugò con un fazzoletto occhi già stranamente asciutti. Sadie stava piangendo per davvero, e anche Jimmy. Bert era pallido e turbato, al pari della moglie. Sir Henry stava camminando su e giù, e borbottava: “Terribile, terribile”.
“Deve essere stato qualcuno del villaggio,” disse Alison. “È da un sacco che fanno riunioni e complottano. Chiunque potrebbe entrare in cucina dalla porta laterale, senza difficoltà.”
“Ma la mamma le insalate le ha preparate appena prima del tè,” disse Fran.
“Come fa a saperlo?” chiese Agatha.
“Sono andata in cucina per cercare di farla ragionare,” disse Fran. “È inutile che mi guardiate in quel modo. L’insalata non l’ho toccata.”
Il vento si stava facendo sempre più forte e adesso ululava attorno all’edificio.
All’improvviso si spensero le luci.
“In cucina ci sono delle candele,” disse Fran, “ma non siamo autorizzati a lasciare la stanza.”
“Laggiù c’è una lampada a olio,” fece Jimmy. “Adesso l’accendo.”
Si udì lo sfregamento di un fiammifero e poi la lampada tornò in vita, con un bagliore dorato.
“Il furgone della polizia è ancora illuminato,” osservò sir Henry.
“Hanno un generatore,” disse Alison.
La porta si aprì ed entrò Charles, seguito dall’agente.
“Lady Field,” disse l’agente, “lei è la prossima.”
“Vengo con lei,” disse sir Henry.
“Ho avuto ordine di portare solo lady Field,” ribatté con fermezza l’agente.
“Forza, Aggie.” Charles le diede un colpetto sulla testa. “Ce ne possiamo andare.”
“Vuoi andartene così!”
“Sì, così. Forza. Saliamo a fare i bagagli. Una poliziotta ci sta aspettando, e ci scorterà per essere certa che non avveleniamo nessuno strada facendo.”
Non appena furono in macchina, Agatha disse: “A loro non ho detto che abbiamo origliato attraverso la finestra”.
“Io sì,” disse Charles.
Agatha piagnucolò: “E adesso mi beccherò un cazziatone!”.
“Perché non glielo hai detto?”
“Suonava come una cosa così subdola.”
“Sei un’investigatrice. Da te ci si aspettano cose subdole. In ogni caso Bill passerà da noi domattina per raccogliere una deposizione completa.”