Capitolo decimo
Max, Mix e Mex vissero vari anni in quell’appartamento di Monaco. Di quando in quando un postino guardava verso l’alto, mentre parcheggiava la sua bicicletta gialla, e gli sembrava di vedere un gatto dal profilo greco seduto sul bordo del tetto accanto a una specie di animaletto di peluche. Qualche volta la venditrice di tulipani del mercatino del sabato, che sospirava sempre alzando gli occhi al cielo, trasaliva per il balzo di un gatto dal petto bianco e dal dorso nero che saltava da un tetto all’altro con uno strano fronzolo marroncino sul collo. E un giorno, al bar della piazza, uno spazzacamino tutto vestito di nero appese all’attaccapanni il cappello a cilindro, ordinò una pinta di birra e dichiarò: «Amici, forse ho le traveggole, ma sul tetto di una casa mi è sembrato di vedere un gatto dal profilo greco e un topo che guardavano il tramonto, e la cosa più curiosa è che il gatto sembrava ascoltare attentamente il topo. Forza con questa birra, che me la sono guadagnata».
Per tutto il tempo – lungo o breve, non importa, perché la vita si misura dall’intensità con cui si vive – che il gatto e il topo trascorsero assieme, Mix vide con gli occhi del suo piccolo amico e Mex fu forte grazie al vigore del suo amico grande.
E i due furono felici, perché sapevano che i veri amici condividono il meglio che hanno.