Capitolo settimo
Max tornò poco dopo mezzogiorno. Mix sentì i suoi passi nel corridoio, la porta che si apriva e il tintinnio delle chiavi posate nello svuotatasche che c’era sul tavolinetto dell’ingresso. Poi sentì il respiro di Max che si toglieva gli stivali umidi di neve.
«Ho una fame, Mix!» disse Max andando in cucina e quando vide la scatola di cereali per terra aggiunse: «Accidenti, a quanto pare qualcuno ha combinato un pasticcio. Mi chiedo chi sarà stato, ma sospetto si tratti di un certo amico peloso dal profilo greco».
Come sempre, Mix si avvicinò facendo le fusa e si sdraiò a pancia in su ai piedi del suo amico.
«È pericoloso quello che hai fatto, Mix» disse Max accarezzando la pancia al gatto.
«Ma se ti piacciono i cereali te ne darò una porzione ogni giorno come dessert» aggiunse.
Mix pensò che a modo suo, senza parole, aveva detto la verità, poi però si sentì triste perché quella verità nascondeva un inganno e gli amici non si ingannano mai e poi mai.
Max vide il suo gatto cieco avvicinarsi alla libreria. Là si sedette e cominciò a miagolare con gli occhi bui puntati sullo scaffale più alto.
«Un libro? Perché vuoi un libro, Mix? Tu non sai leggere e poi...»
Per tutta risposta il gatto cieco si alzò sulle zampe posteriori, appoggiando quelle anteriori sui libri in basso, e miagolò ancora senza smettere di indicare con la testa verso l’alto.
«Fenimore Cooper, L’ultimo dei Mohicani» lesse Max, e Mix continuò a miagolare.
Max lesse a uno a uno i titoli in fila sullo scaffale più alto della libreria: Jack London, Zanna Bianca; Mark Twain, Le avventure di Huckleberry Finn; Selma Lagerlöf, Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson; Michael Ende, La storia infinita... e man mano che si avvicinava all’angolo sinistro i miagolii di Mix si facevano più dolci, più allegri.
Arrivò così al dorso di un grosso libro con la copertina azzurra – Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari – e allora Mix si sdraiò a pancia in su, facendo le fusa ai piedi dell’amico. Quando Max tolse il libro dallo scaffale, sbatté ripetutamente le palpebre stupefatto. In un nido fabbricato con pezzettini di carta, un minuscolo topo marrone chiaro si copriva gli occhi con le zampine anteriori.
Mix faceva le fusa sfregandosi contro le gambe del suo amico.
«Accidenti, abbiamo un ospite. Anch’io da bambino mi tappavo gli occhi per essere invisibile.
Non avrai intenzione di mangiarti questo povero topo?» disse Max, ma poi ricordò la scatola di cereali sul pavimento della cucina.
«Mix, i cereali erano per il topo?»
Max prese con cura il minuscolo topo tremante, lo posò per terra e vide che correva a rifugiarsi sotto il gatto.
«Mi fa piacere che tu abbia un nuovo amico, Mix. Così non ti sentirai solo, perché nei prossimi giorni io dovrò fare altri viaggi. D’ora in poi siamo in tre in questa casa» disse Max e mise subito una scodellina accanto a quella di Mix. In una versò una generosa porzione di croccantini al gusto di pesce e nell’altra una non meno generosa porzione di cereali.