Capitolo 20

Iowa, Muscatine 1884

Jem Baillie guardava le donne di colore che riempivano un barile di ostriche fluviali. Si avvicinò per osservare come raccoglievano il mollusco, lo aprivano per toglierne la carne e rivelare così uno strato variopinto di preziosa madreperla, per poi rovistare nella carne stessa in cerca di eventuali perle nascoste.

«Eccone una, signore», urlò una donna con un gran sorriso mentre da un guscio un po’ deforme tirava fuori una perla di buone dimensioni. «Quelle a orecchio d’elefante ci stai sicuro che ti portano fortuna». Si portò prontamente la perla alla bocca, per testarla con i denti. «Da queste parti, signore, non c’è da fidarsi di nessuno».

«Ne apra qualcuna pure lei», gli propose la bella giovane dagli occhi vivaci, guardandolo con interesse, ma Jem si stava già allontanando dal puzzo del pesce che marciva sotto il sole e sarebbe poi finito in pasto ai maiali. Non era lì per pescare ostriche, cosa non poco strana, in effetti. Ma il suo compito era tener d’occhio il fiume e stabilire quando avesse raggiunto il livello giusto per far viaggiare i tronchi fino alla segheria vicina alla città di Muscatine.

Allungò le braccia sopra la testa per distendere i muscoli, e si girò indietro ad ammirare la foresta di abeti respirando l’aria fumosa, sentendo il caldo sulla pelle, sorridendo tra sé mentre guardava le pescatrici di ostriche accendere i fuochi per preparare la cena nella loro baraccopoli di tende. Proprio come in Scozia, quegli accampamenti lungo il fiume erano pieni di dilettanti impegnati nei loro vecchi trucchi per poter scovare quante più perle possibile nei numerosi molluschi raccolti dal letto del fiume. Era proprio questo inatteso spettacolo a farlo sentire di nuovo a casa, a fargli ricordare le uscite insieme al padre, tanti anni fa. Sono solo passato da un bosco a un altro? Neanche per sogno, si disse.

Quello non era affatto il tipico campo di boscaioli scozzesi, con le loro meschine mentalità che avevano reso un inferno la sua infanzia; c’erano invece immigrati come lui, provenienti da tutta l’Europa e da altri posti ancora, lavoratori d’ogni stirpe ed estrazione, dai neri agli ex soldati, dai coriacei taglialegna tedeschi agli energumeni scandinavi. E ciascuno di loro era lì a giocarsi il tutto per tutto, con lo scopo di cominciare una nuova vita nel cuore dell’Iowa. Lui non era più soltanto un guardaboschi, ma il responsabile e sorvegliante di un’intera squadra di taglialegna.

Sebbene fosse lì da un anno, ancora non si era abituato alle dimensioni di quegli alberi, alla varietà degli uccelli e delle creature del bosco delle quali non conosceva neanche il nome. Il fiume era una vasta giungla di vegetazione, con spianate rocciose, piccole isole e scogliere, una grande via d’acqua solcata da piroscafi a ruota, barche da pesca e chiatte che portavano i tronchi giù al sud. Aveva scoperto un grande cameratismo tra i boscaioli che lavoravano fianco a fianco, abbattendo gli alberi della foresta vergine per impilarli e poi farli viaggiare lungo il fiume fino alle segherie in primavera. Tutti quegli uomini erano pronti ad aiutarsi a vicenda quando si trattava di costruire capanni o piccole case, di spianare una radura o condividere un pasto, e c’era sempre qualcosa da celebrare, un matrimonio o una veglia funebre, con alcol e balli.

Per la prima volta in vita sua Jem non si sentiva più solo o emarginato, perché lì erano tutti estranei al mondo, diversi per lingua, colore della pelle o provenienza. Era un crogiolo di fedi e di nazioni, tenuto insieme dal desiderio di disboscare nuovi terreni e reclamarne il diritto. La buona sorte gli aveva concesso di partire col piede giusto. Non sarò sempre solo un caposquadra, si disse. Concedimi il tempo e mostrami la strada, pregò poi. Vista la fortuna avuta finora, sentiva che in quello strano, nuovo mondo c’erano per lui delle opportunità che neanche avrebbe mai sognato. Forse un po’ di pesca alla perla avrebbe accelerato ancor più i nuovi sviluppi.