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Il Magnificent Mile era ancora molto trafficato, ma ora si incontrava gente diversa: in giro c’erano più impiegati dall’aria stanca e meno tate. Mi diressi a sud, svoltai a destra su East Ontario Street e arrivai da Lawry’s.
Il ristorante aveva soffitti alti decorati da quadri in stile classico. C’erano statue di leoni in bronzo e rifiniture in legno lucido ovunque. Parlai con il maître, che mi squadrò con la stessa aria di disapprovazione riservatami da Furr. Mi chiesi se i due facessero pratica insieme.
L’uomo mi affidò alle cure di un cameriere, il quale mi condusse dal mio ospite. Furr si era già seduto a un tavolo d’angolo, su una sedia con lo schienale alto e rivestito in pelle. Insieme a lui, un tizio in giacca e pantaloni; abito che, era evidente, non proveniva dalla stessa sartoria in cui Furr ordinava i suoi.
Furr si alzò. L’altro rimase seduto.
«Ha trovato il posto...» Sembrava sorpreso.
«Ho chiesto indicazioni a un poliziotto.»
«Mi sono preso la libertà d’invitare il detective Capps. Spero non le dispiaccia.»
Capps aveva ispidi capelli color argento. Sotto la giacca dozzinale mi parve d’intuire che fosse abbastanza in forma, forse un po’ magro per la sua statura. Un metro e sessanta, un metro e sessantacinque al massimo.
Il cameriere scostò per me la sedia. Mi accomodai, mi allungai sul tavolo e spensi la fiamma della candela con le dita. Gli uomini si scambiarono uno sguardo. Senza dire una parola, il cameriere la prese e la portò via.
Capps faceva roteare un bicchiere di cristallo con dentro ghiaccio e un liquido color ambra. Non mi porse la mano.
Furr si mise di nuovo a sedere. «Qualcosa da bere?» fece.
E, come per magia, apparve una cameriera.
«Un dirty martini con olive extra» chiesi. «Giganti, se le avete.»
La cameriera sorrise. «Glielo porto subito.» La presi in parola.
Furr ordinò un secondo Macallan. Capps prosciugò il suo bicchiere e lo porse alla ragazza. Regalandoci un altro sorriso, lei si allontanò.
«Potrei divorare un cavallo.» Furr aprì il menu, suggerimento poco velato a procedere oltre.
Quando la cameriera tornò con i drink, Capps e io ordinammo la costata di manzo; Furr chiese una fiorentina e una bottiglia di Chateau Montelena del 2008. La ragazza sembrò entusiasta delle nostre scelte.
Non appena si allontanò, Furr cominciò a parlare. «Ho spiegato al detective Capps il motivo della sua visita in città. Lui e il suo partner hanno indagato sull’attentato che è costato la vita a Mary Gray Bright e suo figlio. Inoltre sono esperti in simili atrocità.»
«Abbiamo seguito molti crimini d’odio.» La voce di Capps era più nasale e acuta di quanto mi aspettassi.
«Crede si sia trattato di questo, quindi?» domandai.
«Ne aveva tutte le caratteristiche.»
«Perché ha preso di mira una scuola femminile ebraica?»
«Già, la Bnos Aliza, sulla Devon Avenue, a West Rogers Park. È un quartiere borghese e multietnico. Ci vivono molti ebrei ortodossi. Ha presente? Donne con le parrucche, uomini col copricapo e i boccoli... C’erano stati alcuni problemi un anno prima della strage.»
«Che tipo di problemi?»
«Un’associazione ebrea di quartiere sostenne di aver ricevuto delle minacce, così assunse dei poliziotti in pensione per pattugliare l’area. Il Dipartimento non ne fu entusiasta.»
«Avete parlato con i vostri ex colleghi incaricati delle ronde? Verificato che le minacce fossero attendibili?»
Mi rispose con uno sguardo infastidito. Capps aveva occhi scuri, poco abituati a illuminarsi in un sorriso, ma di quelli che non si fanno sfuggire nulla.
«Cosa può dirmi sugli insegnanti e lo staff della scuola? Avete controllato i precedenti di tutti gli impiegati? Gli studenti, le loro famiglie?»
«Sì, signorina Night.» Accondiscendente. «Il corpo insegnanti, lo staff, gli studenti, le famiglie, i vicini di casa, i genitori dei datori di lavoro e degli impiegati, i rabbini, gli ortodontisti, gli autisti degli autobus, gli insegnanti di danza, il negoziante che ha venduto l’uniforme a quelle ragazzine...»
«Quel giorno, a scuola, mancavano delle persone?»
Un altro cenno poco conciliante del capo.
«Ho letto il dossier del caso. Grazie» aggiunsi per stemperare la tensione.
Prima che Capps potesse rispondere, arrivò il sommelier. Il vino venne versato nei bicchieri a decantare e, poco dopo, arrivarono anche i nostri piatti.
«Mi parli dell’ordigno» lo invitai, mentre ci concentravamo sulle pietanze.
«Comuni tubi bomba» rispose Capps. «Una mezza dozzina. Lo stesso tipo di ordigno piazzato da Eric Rudolph al Centennial Park durante le Olimpiadi di Atlanta. Harris e Klebold ne avevano dietro alcuni, alla Columbine.»
Riflettei per qualche secondo. «Perché non un esplosivo più potente, così da aggravare il danno?»
Capps scrollò le spalle in un gesto rapido e secco. Non ne aveva idea. Nonostante lo scotch e il vino, quell’uomo sembrava sempre teso, come un serpente pronto a scattare. In allerta.
«Siete riusciti a scoprire qualcosa dai componenti delle bombe?»
Capps scosse la testa. «La solita robaccia che si può comprare ovunque. Le istruzioni per costruire quei dannati aggeggi si trovano su Internet, cazzo. Ci sono persino i video, su YouTube.»
«Avete trovato impronte sui frammenti?»
«No.»
«Opaline Drucker mi ha dato delle immagini prese da un video di sorveglianza. Tre uomini e una donna. Siete riusciti a identificare qualcuno?»
«La qualità di quel filmato era una merda. Non ci è servito a niente.»
«Vorrei visionarlo.»
Nessuna risposta.
«E del SUV sapete qualcosa, invece?»
«Rubato fuori dal centro commerciale Oakbrook, abbandonato davanti a un campus a DeKalb. La targa era stata sostituita con quella di un veicolo parcheggiato nei pressi dell’aeroporto di O’Hare.»
«DeKalb. C’è un ateneo?»
«Northern Illinois University. E sì, abbiamo indagato su possibili collegamenti con qualche studente, o con il campus in generale.»
«Telepass, pedaggi stradali o cose di questo genere?»
«Niente.»
«E l’unico indizio fisico trovato sul furgone è stato del sangue, che ha mostrato una corrispondenza con il DNA di Stella.»
«Già, oltre a qualche pelo di cane.» La voce di Capps era priva di qualsiasi intonazione. «Un’altra macchia di sangue non era compatibile con il DNA della ragazza, ma la sequenza genetica ci ha portati a credere che fosse di un suo parente stretto.»
«Secondo lei cosa stava a indicare?»
«Che la ragazza era insieme alla famiglia e s’è ritrovata in un bagno di sangue.»
«Non le è sembrato strano che non ci fosse nient’altro dentro il veicolo?»
«I responsabili avevano chiaramente ripulito tutto per bene: abbiamo trovato quei reperti sotto i sedili, molto in profondità.»
Immaginai Stella, sanguinante e distesa sul fondo di un furgone guidato da sconosciuti, terrorizzata o priva di sensi. Mi si prosciugò la bocca.
L’appetito svanì.
«Quant’è grande questo gruppo?» chiesi.
«Non siamo sicuri che sia un vero e proprio gruppo.»
«Che significa?»
«Abbiamo confrontato il modus operandi con tutti quelli presenti sul VICAP.» Capps si riferiva all’apposito database dell’FBI, il Violent criminal apprehension program. «Non è saltato fuori nessun caso simile, o almeno collegato da elementi peculiari. Nessun gruppo conosciuto agisce così, nemmeno all’estero.»
«E nessuno ha rivendicato la strage.»
«No. Niente manifesti rabbiosi mandati alla stampa o carcerati che si siano vantati dell’impresa. Nemmeno un ubriaco che si sia fatto saltare la testa in un bar. Niente di niente. E nessuna replica. Quei figli di puttana hanno colpito e sono svaniti nel nulla.»
«Qual è la sua ipotesi?»
Capps sollevò un angolo della bocca e scosse la testa. «Quale delle tante?»
Gli feci segno di spiegarsi meglio.
«L’intera faccenda sembra una roba da dilettanti.»
«Eppure questi dilettanti sono riusciti a farla franca.»
«Sa qual è una cosa che adoro, signorina Night? Che dei civili vengano nella mia città a dirmi che non so fare il mio lavoro.» Capps sorseggiò del vino e poggiò con studiata lentezza il bicchiere sul tavolo. «L’attacco è stato organizzato in maniera approssimativa. Perché non mettere fuori uso le videocamere di sorveglianza? Perché non coprire il volto? Perché attardarsi sulla strada?» continuò.
«Forse hanno ritenuto che camuffarsi o rendersi protagonisti di un atto così cruento avrebbe potuto richiamare l’attenzione.»
«E perché nessuna richiesta? Soldi, rivendicazioni territoriali, il licenziamento del direttore scolastico! Se non c’era niente per cui chiedere vendetta o da cui trarre profitto, perché fare saltare in aria della gente?»
«È possibile che ci siano collegamenti con una banda criminale o con la mafia?» chiesi.
«No.»
«Prima l’ha definito un crimine d’odio.»
«Ma, anche in questo caso, perché non hanno usato i media per dare risonanza al gesto? Non ci sono state invettive contro Israele, né condanne per la situazione dei palestinesi. E nemmeno qualche stronzata sul genere “Le ragazze non dovrebbero imparare a leggere!”.»
Ci pensai un attimo. «Forse la scelta della scuola è stata casuale.»
Mi fissarono entrambi.
«Può darsi che il loro obiettivo fosse meno preciso.» L’idea andava formandosi mentre parlavo. «La città. Le autorità. Le minoranze in generale.»
«Intende dire che ci troviamo di fronte a un gruppo di svitati, tutto qui?» Capps non sembrava persuaso.
«Intendo dire che magari volevano soltanto diffondere la paura. Destabilizzare le istituzioni, il governo, la polizia. Forse il loro attacco è stato il primo passo di una guerra molto più ampia. Un fattore scatenante. Come Helter Skelter per Charles Manson.»
«E perché non proseguire la guerra?»
«Chi dice che non lo stiano facendo?»
«Cosa intende?»
«Che il loro modus operandi potrebbe consistere nel non ripetere il proprio modus operandi.»
«Lei sta dicendo che non sarebbero loro a essere disorganizzati, quanto noi a essere stupidi?» La voce di Capps si fece stizzita.
«Che cosa ha ottenuto finora, detective?»
«Ho lavorato con quello che avevo. E avevo solo un mucchio di stronzate.»
«Aveva una videoregistrazione, delle bombe fatte in casa, una ragazzina scomparsa. Sa che Opaline Drucker pagò un riscatto per Stella?»
Capps lanciò un’occhiata a Furr. No, non lo sapeva.
«Quanto è andato a fondo?» incalzai.
«Molto.» Alzò la voce.
Furr intervenne, cercando di allentare la tensione. «La polizia ha lavorato con grande diligenza, come avrebbe fatto il dipartimento di qualunque città a cui fosse toccato un caso tanto orribile da assumere rilevanza nazionale. Hanno analizzato tutte le fonti possibili. Non c’erano informatori né testimoni, quasi nessun reperto da esaminare... Cos’altro avrebbero potuto fare?»
«State ancora indagando?» La mia domanda era per Capps.
«Stiamo lavorando su diverse teorie.» Gelido.
«Senta, lo capisco» dissi. «Tutte le forze dell’ordine di questo Paese sono al limite. Avete fatto quello che potevate. Richiesto favori, controllato i file dei terroristi, condotto analisi forensi... Ma, morale della favola? Un anno dopo una ragazzina è ancora scomparsa e il caso non è stato risolto.»
Capps mi fissò con sguardo truce per un lunghissimo, glaciale istante. Capivo il suo risentimento: anche io mi ero trovata nella sua situazione, una volta.
«Stella potrebbe essere morta.» Lui cercò d’interrompermi, ma io non glielo permisi. «Oppure potrebbe essere là fuori, da qualche parte. Tenuta prigioniera, molestata. Il caso è ancora ufficialmente aperto ma... lo ammetta, nessuno si sta facendo il culo cercando nuove piste da seguire.»
La cameriera si avvicinò, chiedendo se la cena era stata di nostro gradimento. Solo Furr ricambiò il suo sorriso. La ragazza raccolse comunque i nostri piatti.
Nessuno ordinò il dessert.
Quando uscii dal ristorante erano le nove passate. L’aria era umida, e dal mio arrivo s’era fatta molto più fredda.
Tornai al Ritz, salii in camera e accesi la TV. Trovai una partita di baseball. Al Wrigley Field di Chicago, la squadra di casa – i Cubs – pareggiava con i Cardinals sin dal quarto inning. Ora stavano giocando il decimo. Non ero molto interessata, ma dovevo far passare un po’ di tempo prima di andare via.
Con la telecronaca in sottofondo, mi misi a guardare fuori dalla finestra. Ero agitata, non riuscivo a concentrarmi. Continuavo a vedere il corpo della ragazzina ricoperto di sangue, dentro un furgone.
Ventiquattro piani più in basso, la città scintillava e pulsava d’energia. Non certo come Charleston, che a quell’ora doveva già essersi infilata sotto un morbido piumone. Chicago, invece, non dorme mai.
Finalmente, al quattordicesimo inning e con già due battitori fuori, la folla allo stadio trattenne il fiato, poi esplose. I telecronisti esultarono. Vittoria per i Cubs.
Spensi il televisore. Dopo aver controllato il rivelatore di movimento chiusi la stanza, scesi in strada e camminai fino al mio albergo a tre stelle.
Una volta lì entrai in ascensore e diedi un’occhiata all’orologio. Portai avanti le lancette di un’ora, per impostarle sul fuso di Charleston. Undici e quaranta. Chissà se Beau era passato da casa per riempire la ciotola a Bob.