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«Signorina Night, che piacere...» Lo zaffiro al dito di Crage doveva pesare almeno due chili. «La signora Drucker mi ha avvisato che sarebbe passata. Posso offrirle qualcosa? Magari un tè freddo?»
«No, grazie.» Sulla strada mi ero fermata da Starbucks: ancora un po’ di zucchero e caffeina – o teina che fosse – e sarei schizzata in orbita, pronta a impallare con il mio bel faccino l’obiettivo dell’Hubble.
«Prego, si accomodi.» Il vistoso zaffiro indicò il divano e le poltrone sistemati intorno a tavolini dall’appoggio in marmo. «Staremo meglio vicino alla finestra.»
Il divano mi avrebbe permesso di tenere le spalle rivolte al muro, quindi scelsi di sedermi lì. Poggiai la borsa accanto a me. Crage si mise seduto di fronte e accavallò le gambe. Era anziano, ma piuttosto in forma e abbronzato; indossava un doppiopetto blu, un papillon fucsia e un paio di pantaloni color crema.
Dalla finestra dietro di lui si vedevano Broad Street e parte di Meeting Street, i marciapiedi affollati di turisti che andavano e venivano in ogni direzione.
«Gradisce un drink?» Crage ammiccò, come se mi avesse fatto una proposta molto audace. «Da qualche parte, nel mondo, il sole starà già tramontando.»
«Perché no...» risposi.
«Cognac?»
«Bien sur.»
Si avvicinò a un mobile bar e prese una bottiglia che assomigliava a un qualunque becher di un laboratorio chimico. Con l’eccezione che questa aveva il tappo dorato.
«Frapin Cuvée 1888.» Mi porse un bicchiere di cristallo. «È francese.»
«Batte il mio americano Copper & Kings.»
Le battute inaspettate non erano il punto forte di Crage. «Preferisce qualcos’altro?»
«Neanche per sogno.»
Sollevai il bicchiere accennando un brindisi e assaggiai il liquore. Un bouquet di fiori e affumicato mi invase la bocca.
«Il suo nome è delizioso, signora Night. Posso chiamarla Sunnie?» Vocali dense come una colata di caramello.
«Signorina Night andrà benone.»
«Come desidera.»
«Sa perché sono qui.»
«La prego» disse, invitandomi a parlare, «mi faccia il suo personale resoconto.»
«Opaline Drucker vuole che rintracci chi ha ucciso sua figlia e suo nipote. E che scopra cosa è successo a Stella. Mi ha detto che di recente è stato registrato un tentativo di accesso a un conto bancario di cui soltanto lei e la madre erano a conoscenza.»
«E io.»
«Be’, la signora Drucker crede sia stata Stella.»
«Oppure potrebbe essere stato un errore. O il tentativo di un hacker, magari seduto davanti a un computer a Pechino.»
Non potevo dargli torto. «Il nostro accordo include il pagamento del lavoro e la copertura delle spese.»
«Andrà a Chicago.»
«Come prima cosa.»
«Quanto le serve?»
Sparai una cifra.
«Preferisce contanti o bonifico?»
«Cinquemila mi servono subito, in contanti. Per il resto andrà bene l’accredito sul conto.» Gli diedi un foglio con le mie coordinate bancarie.
Le sopracciglia e le labbra di Crage dissero qualcosa che non riuscii a interpretare. «Se le servissero altri soldi, deve solo farmelo sapere.»
Sorseggiammo entrambi il nostro cognac. Roba che avrebbe fatto bagnare le mutande a Napoleone. E forse l’aveva fatto.
Poggiai il bicchiere. «Mi parli di Opaline Drucker.»
«Lei è a Charleston da poco?»
«Non esattamente.»
«Per quanto ci ha vissuto?»
«Più o meno tutta la vita.» Non avrei aggiunto altro.
«E non ha mai sentito nominare la famiglia Drucker? Drucker Park, Drucker Boulevard, Drucker Pavillion...?»
«Questo l’ho letto su Google. Voglio sapere della signora.»
«Il patrimonio di Opaline è molto cospicuo. Ereditato, ovvio. Perlopiù grazie a possedimenti terrieri, qualche giacimento di fosfati e altre attività.»
«Allora posso stare tranquilla: non mi fregherà sui pagamenti.»
Crage non colse l’ironia. O scelse d’ignorarla. «Certo che no. Gestisco i beni di Opaline da anni. Rimane una delle donne più ricche del South Carolina. La sua intera fortuna sarebbe andata a Mary Gray e ai ragazzi.» Scosse la testa, addolorato.
Continuava a blaterare della sua ricchezza, mentre io volevo sapere del suo carattere.
«Ma che tipo è?» insistei.
Fece respirare il cognac roteando il bicchiere. Mani curate, unghie e cuticole tagliate con la stessa maniacalità chirurgica riservata ai capelli. Quando rispose, lo fece scegliendo con attenzione ogni parola. Educazione? Etica professionale? O qualcos’altro?
«Opaline è l’ultima erede di una storica famiglia di Charleston. Ha ottantadue anni ed è cresciuta in altri tempi.»
«Cosa vuol dire?»
«È una donna determinata. E astuta come una volpe. Al tempo, le signore della sua levatura non venivano educate come le ragazze di oggi. Ha finito gli studi in Europa. Ha imparato a ricamare e suonare il pianoforte. Parla italiano e francese...»
Fuori dalla finestra, che incorniciava il profilo di Crage, un piccione stava esaminando con impegno il davanzale. In strada, una carrozza intralciava le consegne di un furgone della Budweiser. Dietro di loro il traffico iniziava a farsi intenso. Il rumore dei clacson, pur attutito dai vetri, arrivava fin nella stanza.
«Detto questo» proseguì, «Opaline è sopravvissuta a due mariti. E alla terribile tragedia che ci ha riuniti qui.»
Crage prese un respiro profondo, come per ricominciare a parlare, ma buttò fuori l’aria senza dire una parola.
«C’è qualcosa che non mi sta dicendo?»
«Non si lasci ingannare dalle apparenze, signorina Night. Opaline Drucker è abile, intraprendente e dura come la pietra. Quando vuole qualcosa, niente può fermarla.»
«E lei crede che quel “qualcosa” sia la vendetta?»
«Non sono uno psicologo. Non posso analizzare le motivazioni di Opaline.»
«Mettiamo che io riesca a trovare chi ha ucciso la sua famiglia. Mettiamo che non ci sia modo di incriminare quei tizi. Cosa farebbe Opaline?»
«Non posso rispondere.»
«E cosa può fare, oltre a trasferire i soldi sul mio conto?»
«Posso metterla in contatto con il referente di Opaline a Chicago.»
«Ha un referente a Chicago?»
«I suoi interessi finanziari sono complessi.»
«Pensavo che lei gestisse tutti i suoi affari.»
«Diciamo che Opaline non è esattamente uno di quei clienti che non vuole interferire.»
«Mi sembrava di aver capito che non avesse studiato economia.» La sua frase, invece, suggeriva tutt’altro.
«Be’, non ha una formazione tradizionale in settori come la legge o la finanza. È, tuttavia, un’autodidatta. In molte materie.»
«Anche nell’arte dell’omicidio?»
«Come, scusi?» Un moto d’offesa.
«Il contatto con il suo collega di Chicago potrà essermi utile.»
Crage tirò fuori l’iPhone dalla tasca e cominciò a scorrere la rubrica. «Layton Furr.» Mi dettò un numero di telefono e un indirizzo. Annotai tutto sul mio taccuino.
«Già che ci siamo, posso avere i suoi contatti?» Sollevò i pollici dallo schermo, pronto a inserire le informazioni.
«No.»
Sorpreso, e anche abbastanza contrariato, Crage ripose il telefono.
«Mi faccia prenotare un albergo da Furr» continuai. «Andrò domani, in mattinata.»
«Noi di solito scegliamo il Ritz.»
«Può andare.» Noi?
«Sarebbe disposta a prendere un volo di linea?»
«Le difficoltà della vita forgiano il carattere...»
«Posso dire alla mia segretaria di occuparsi del biglietto?»
«Sì, grazie.»
«Ha preferenze sul tipo di posto a sedere?»
«Dentro l’aereo.»
Crage sollevò per un istante un sopracciglio, poi si avviò verso la scrivania, compose un numero e inoltrò le informazioni. «Il signor Furr la incontrerà all’O’Hare.» Tornando alla poltrona posò il cordless sul tavolino, poi accavallò di nuovo le gambe e proseguì: «Lui potrà darle tutte le informazioni sull’orribile tragedia».
«Avrò bisogno di parlare con i poliziotti che hanno seguito il caso.»
«Il signor Furr organizzerà un incontro.»
«E vorrei visitare la scuola in cui è avvenuto l’attentato.»
«Naturale. Sarà sua premura occuparsi di tutto ciò di cui avrà bisogno durante il suo soggiorno.»
«Magari della pizza.»
«Pardon?»
«Quella di Chicago è famosa: è menzionata in tutte le riviste di viaggio.»
Squillò il telefono. Crage rispose, ascoltò, poggiò il ricevitore al petto e mi riferì: «La United ha un volo a metà mattina. Purtroppo, però, temo non ci sia la prima classe». Sembrava davvero turbato dall’imprevisto.
«Sopravvivrò» dissi.
«Va bene, Mary.» Riagganciò.
«Mi dica quello che sa riguardo a Stella» chiesi.
Crage mi fissò per tanto di quel tempo che pensai non avesse sentito. Stavo per ripetere la richiesta, quando finalmente parlò.
«Ciò che sto per raccontarle non deve uscire da queste mura.»
«Signor Crage, io...»
«Non la metterò a conoscenza di fatti illegali.»
Tacqui.
«Sulla scena dell’attentato sono stati ritrovati quattro cadaveri. Per fortuna la giornata scolastica era finita, e la maggior parte degli studenti era andata via. Tutte le vittime erano...» esitò per un istante «... sfigurate.» Crage fece un’altra pausa, valutando se aggiungere o meno ulteriori dettagli. Decise di no. «I corpi sono stati identificati dal medico legale. Mary Gray, Bowen e due membri del gruppo con cui erano andati a visitare la struttura. Stella non era tra i deceduti.»
«La signora Drucker mi ha raccontato tutto. La polizia avrà indagato. E così l’FBI.»
«A fondo. E, ritengo, in maniera molto competente. Il problema è che non avevano nulla su cui lavorare. Fatta eccezione per una donna, che pensa di aver visto un furgone sospetto, non ci sono testimoni oculari. Nessun veicolo. Nessuna rivendicazione inviata ai media. Un modus operandi senza riscontri altrove. Nessun indizio, se non il video in bassa qualità di una videocamera di sorveglianza, posta dall’altra parte della strada. Il gruppo ha colpito ed è scomparso. E nel caos è svanita anche Stella.»
Rimasi in attesa, mentre si concedeva un’altra pausa.
«Quello che Opaline non le ha detto è che tre settimane dopo l’incidente ricevette una telefonata. Un uomo sosteneva di tenere in ostaggio sua nipote, e le chiese cinquantamila dollari per il riscatto. Minacciò di uccidere la giovane su due piedi, e tra atroci sofferenze, se avesse contattato le forze dell’ordine.»
«Opaline chiese delle prove?»
«L’uomo lesse una citazione, sostenendo che era stata la ragazza a indicargliela. La conoscenza arriva, ma la saggezza si attarda.»
«Lord Alfred Tennyson.» Come diavolo facevo a saperlo?
«Complimenti, signorina Night. Era uno degli aforismi preferiti di Stella.»
«Opaline pagò» tirai a indovinare.
«Le avevo detto di non farlo.»
«Ma non rivide la nipote.»
«No.»
«E la polizia non è mai stata messa a conoscenza della cosa.»
«Opaline è una donna molto orgogliosa. Orgogliosa e testarda.»
Anche ricca e credulona. Questo, però, lo tenni per me.
Crage lanciò un’occhiata all’orologio, che probabilmente riportava la condizione di venti e maree sull’intero globo terracqueo.
«Perbacco: come siamo riusciti a fare tanto tardi? Avrà mille faccende da sbrigare, prima della partenza.»
Con grande rammarico, bevvi le ultime gocce del mio cognac.
Crage si alzò in piedi, e io feci altrettanto.
«Signorina Night, mi consente un’osservazione personale?»
Sollevai un sopracciglio.
«Ho notato che porta con sé un’arma da fuoco.»
«Non sto andando a Chicago solo per la pizza.»
«Capisco. E non la giudico. Anzi, trovo che la pistola sia... rassicurante. Se glielo faccio notare, è perché sono sicuro che gli aerei di linea seguano un regolamento piuttosto rigido su certe cose. E con tutta probabilità anche a Chicago ci sono leggi al riguardo. Ha bisogno di aiuto, in questo campo?»
«No, grazie.»
«Suppongo che lei abbia un regolare porto d’armi, giusto?»
«Sono a posto.»
«Me lo auguro.» Un breve sorriso. «E se per caso dovesse verificarsi un qualche spiacevole inconveniente, suppongo che non verrà mai associato al nome dei Drucker.»
«Io e Opaline abbiamo fatto due chiacchiere sulla discrezione.»
«È fondamentale.»
«Non le ho mai chiesto il nome del suo cane, per esempio.»
«Capisco.»
Crage attraversò la stanza e si avvicinò a un quadro appeso a destra della porta. Tanti alberi, uno stagno, una coppia di cigni. Spostò il dipinto, ruotò una manopola e si chinò a esaminare qualcosa. Pochi secondi dopo chiuse di nuovo la cassaforte e rimise la tela al suo posto. Tornò da me tenendo in mano una mazzetta di dollari. Molto spessa.
Presi il denaro e lo misi in borsa.
«Non la preoccupa portarsi dietro così tanti soldi?»
«Trovo che anche in questo caso la pistola sia... rassicurante.»
«Un altro suggerimento. Opaline sa essere...» esitò di nuovo. «Come faccio a spiegare? Imprevedibile.»
«Che cosa vuol dire?»
«Faccia attenzione.» Poi indicò la porta. «Andiamo?»
«Andiamo.»
In strada riuscii a mantenere un atteggiamento spavaldo. Che svanì appena m’infilai nel parcheggio.