Sarah non aveva mai visto niente di più eccitante. Dante, con espressione selvaggia e indomita, torreggiava su di lei che, impotente, era schiacciata dal suo peso. Tutto il suo corpo era in fiamme e nel vedere l’espressione di desiderio e di possesso di lui, si sentiva sciogliere tutta.
Dio mio! Lo voglio così tanto che riesco a malapena a respirare.
Si aprì per accoglierlo, lasciò che la bocca di Dante s’impossessasse della sua come più gli piaceva; la sensazione delle membra solide e definite dell’uomo che la tenevano prigioniera le diede alla testa come un veleno intossicante. La baciò con una disperazione che Sarah non aveva mai sperimentato prima e che scatenò in lei uguale bramosia. In quella lotta per il dominio, scaturì un duello di lingue che la rese ancora più vogliosa.
Aveva detto la verità quando gli aveva confessato che tra le lenzuola le piaceva la sua figura di poliziotto prepotente. Lasciarsi dominare aveva… i suoi meriti.
Sarah si era sentita stravolta quando lui le aveva ordinato di rimettersi la T-shirt; era convinta che la trovasse ripugnante per via delle cicatrici riportate nel brutale attacco di Chicago. La verità era che Dante stava cercando di proteggerla da se stesso. Grazie al cielo, a quell’uomo lei piaceva così com’era, mille volte grazie al cielo! Era una femmina intelligente, ma era, appunto, una femmina, e lui la trattava come una donna desiderabile. Al cervello di Sarah piaceva pensare in maniera indipendente, ma a letto il suo corpo desiderava essere dominato. La parte carnale di quella mente sveglia adorava il modo osceno in cui lui le parlava, le sue tendenze al dominio. Era chiaro che avesse un debole per i poliziotti, o almeno per questo poliziotto in particolare. Più lui spadroneggiava, più lei s’infiammava. Di sicuro fuori dalla stanza da letto gli avrebbe rinfacciato questi suoi modi da dittatore, ma tra le lenzuola vi si piegava con piacere.
Dante staccò per un istante la bocca da quella di lei. «Sta’ attento a non farti male» lo supplicò, ansimante. «Non sei ancora pronto per questo.» Il corpo quasi si ribellò a quel commento, ma il cervello di Sarah sapeva che lui non era ancora guarito.
«Sono pronto ad assaggiare ogni centimetro di te, a tuffare la mia bocca tra le tue cosce, tesoro.» Iniziò a leccare le vecchie cicatrici cominciando da quella sulla spalla, poi, pian piano, scese verso il basso.
I segni erano ovunque, la maggior parte sul petto e sul ventre. Sarah sussultò al contatto della bocca di Dante sulla pancia, al tocco di quella lingua che lasciava una scia di fuoco dietro di sé. Gemette quando le prese i seni a coppa nelle mani e le accarezzò i capezzoli appuntiti tracciando con i pollici cerchi sulla pelle. Il suo corpo s’inarcò sotto quello di lui. Sollevò i fianchi contro il suo petto muscoloso in cerca di… di qualcosa di più.
Voleva toccarlo, sentiva l’urgenza del desiderio dilagarle dentro quando la bocca di Dante iniziò a titillare l’altro seno, scatenando una sensazione di piacere misto a dolore insopportabile. Sarah strinse forte i pugni sulle sbarre di ferro della testiera del letto e annaspò in cerca d’aria mentre le labbra di lui scendevano lungo il ventre e la sua lingua guizzava su ogni singola cicatrice.
«Ti prego» gemette in preda alla quasi totale incoerenza. Ormai l’unica cosa che percepiva era la sensazione del tocco di Dante.
«Ti farò venire con la lingua, Sarah. È questo che vuoi?» Le aveva parlato in tono di comando, spronandola a una risposta.
Era questo che voleva? Voleva… in realtà ne aveva un bisogno disperato… qualcosa. «Non ho mai…» La voce si trasformò in un mugolio gutturale quando lui aprì le cosce e lei sentì il primo tocco di quella bocca virile sul suo sesso. «Oh, mio Dio!» La percezione della lingua di Dante che scivolava tra le sue pieghe umide era deliziosa. «Sì, sì.» Era proprio questo che voleva.
Inarcò i fianchi e lo supplicò di darle di più, bisognosa di perdersi nell’orgasmo. La sensazione di quelle labbra sul suo clitoride si diramò per tutto il corpo come una scossa elettrica, il minuscolo grumo di nervi reagiva a ogni carezza di quella lingua.
«Dante, ti prego» lo scongiurò. Non le importava di implorare pietà. Dante aveva il pieno controllo del suo corpo ed era evidente che sapesse con esattezza ciò che stava facendo. Stava tentando di condurla alla follia… con successo.
Sarah si dimenò, cercò di fargli aumentare il ritmo, la pressione, ma lui continuò a prendere tempo, a esplorare ogni centimetro di quel sesso esposto, a ruggire in quella carne mentre ne assaporava l’eccitazione. Mosse la lingua ancora più in profondità, la ritrasse, la spinse di nuovo dentro inducendo Sarah a strattonare le manette che le tenevano le braccia sopra la testa, desiderosa solo di agguantarlo per i capelli e spingergli il volto arrossato contro di sé, di costringere la sua bocca a darle l’oblio.
«Non resisto più. Ti prego.» Gemette quando sentì un dito invaderla e la sua lingua muoversi reclamando disperatamente la sua attenzione. Un secondo dito la aprì del tutto, la colmò nell’istante in cui le premette con gentilezza i denti sul clitoride.
Il corpo di Sarah sussultò sul letto quando le dita di lui iniziarono a muoversi come avrebbe fatto il suo pene, sprofondando in lei, accarezzandole un punto preciso che la indusse a mugolare a ogni affondo.
«Sei così stretta» commentò Dante, roco, la bocca contro la sua carne rovente.
Con la lingua esercitò finalmente la pressione che tanto Sarah desiderava e, muovendo al contempo le dita a un ritmo frenetico, la portò al culmine del piacere.
Sarah sentì il corpo esplodere in una miriade di frammenti, percepì spirali di godimento vorticare dal bassoventre e sempre più giù; s’inarcò e venne con una tale potenza da tremare come scossa da un terremoto. Il suo sesso si strinse intorno alle dita di lui, prima di lasciarsi andare a un grido d’estasi.
L’orgasmo la lasciò esausta, ansimante, affannata mentre Dante continuava a leccare i suoi umori come se fosse nettare.
Lo sentì scivolarle sul corpo, muoversi verso l’alto fino a quando fu abbastanza vicino da baciarla e assaporò la sua stessa essenza mista a quella di lui in un bacio tanto ardito quanto intossicante.
Aprì gli occhi, non si era neanche accorta di averli chiusi, osservò l’espressione sul viso di lui e capì che stava soffrendo. Aveva la fronte imperlata di sudore e respirava a fatica.
«Toglimi le manette» gli ordinò con fermezza.
«Ho un disperato bisogno di scoparti, ma non ho nemmeno un fottutissimo preservativo» bofonchiò lui, frustrato.
Lottando ancora per riprendere fiato, Sarah non pensò di dirgli che prendeva la pillola per regolarizzare il ciclo e che avendo visto la sua cartella clinica sapeva che era in ottima salute come lei. Desiderava ardentemente sentirlo dentro di sé, ma Dante non era ancora pronto per quel genere di attività fisica.
«Liberami» ripeté. «Ho le braccia intorpidite.» Mentiva, ma era certa che se Dante avesse soltanto pensato che non fosse a suo agio, l’avrebbe lasciata andare immediatamente.
Infatti… lui rotolò su un fianco, prese la chiave dal comodino e la liberò con una rapidità tale che le braccia ricaddero sul letto prima che potesse irrigidirle per sostenerle.
«Scusa.» Le strofinò le membra come a volerne riattivare la circolazione.
«Va tutto bene» rispose Sarah, sentendosi leggermente in colpa per avergli mentito. Era però necessario che lui smettesse di spingersi fino al limite. Se l’era gettata su una spalla come se pesasse meno di una piuma, cosa che non era. Tutto quello che aveva fatto fino a quel momento era troppo. E lei si era persa nel piacere mentre lui soffriva.
Lo osservò riporre le manette nel cassetto insieme alla chiave, girarsi verso di lei e stringerla tra le braccia. Pian piano il respiro stava tornando alla normalità. Sarah gli accarezzò il petto, tracciò con un dito i segni ancora visibili delle ferite sul costato e sulla parte superiore del ventre. «Provi dolore, vero?»
Dante girò la testa e le sorrise con malizia. Le schegge dorate delle sue iridi quasi scintillarono. «Ne è valsa la pena, ogni secondo. Non fa più tanto male.»
Sarah alzò gli occhi al cielo. «Perché adesso non ti stai sforzando.» Appuntò lo sguardo sulla sua incredibile erezione. «Be’, quasi» si corresse. Affascinata dalla stazza e dalla circonferenza del membro, lo strinse in una mano accarezzandone la punta vellutata con il pollice. Era macchiettata di umori, e Sarah li raccolse con un dito che avvicinò alle labbra, poi iniziò a saggiarli con piccoli colpi della lingua.
Dante la fissava intensamente, gli occhi simili a fiamme liquide.
«Voglio sentire il tuo sapore. Desidero provare a farti venire con la bocca. Vuoi?» Non aveva mai fatto niente di simile, ma improvvisamente sentiva di avere la vorace necessità di assaggiarlo.
«Giuro che nell’istante in cui avvolgerai il mio uccello con quelle labbra deliziose, verrò» ruggì lui. «Probabilmente a tempo di record.»
Non vi era nulla che Sarah desiderasse di più che dargli lo stesso piacere provato appena qualche istante prima. Le aveva dato così tanto e chiedeva così poco. Niente l’avrebbe fatta più felice che dargli qualcosa di sé. Si girò verso di lui e gli afferrò di nuovo il pene. «Aiutami a fare le cose giuste» disse, esitante, prima di leccargli la punta.
Iniziò a muovere lentamente la mano per poi avvolgere le labbra intorno al membro, prendendone in bocca il più possibile e succhiandolo quando spingeva la testa indietro.
«Tesoro, non credo di doverti insegnare molto» mugolò Dante. Le affondò una mano tra i capelli per guidare il movimento della testa.
Sarah si perse nel sapore e nell’odore di lui, lo respirò mentre lo succhiava con sempre più voracità. Ogni gemito roco di piacere sembrava riverberarsi nelle sue stesse viscere.
«Così, Sarah. È meraviglioso» gorgogliò Dante. «Vederti muovere su e giù su di me è uno degli spettacoli più eccitanti a cui abbia mai assistito.»
Sarah alzò lo sguardo. Dante aveva appoggiato la testa sui cuscini e la osservava dargli piacere. I loro occhi s’incatenarono senza che però lei si fermasse. Lo sguardo intenso di lui perso nella pura estasi le infiammò il ventre. Iniziò a muoversi con più velocità, lo prese sempre più a fondo, succhiò con maggiore determinazione tra le labbra sempre più strette.
Dante moltiplicò la pressione delle dita tra i capelli di lei e rovesciò la testa all’indietro, contro il cuscino, rompendo il contatto visivo. Sarah gli strinse con delicatezza i testicoli e iniziò a muovere la lingua in piccoli cerchi sulla punta ogni volta che arretrava, strappandogli gemiti rochi dalla gola. A quel punto lui prese il controllo del ritmo e spinse la testa di lei affinché si muovesse con più rapidità.
Sarah ne percepiva il piacere come se fosse il proprio, comprendeva perché prima lui avesse provato una simile soddisfazione nel condurla all’orgasmo. Un primordiale istinto di possesso le dilagò nel ventre, la indusse a tenere in bocca quell’uccello come se le appartenesse, come se lo reclamasse, come se fosse suo di diritto.
«Sarah! Sto per esplodere!»
Vieni per me, Dante.
Doveva essere lei la donna che gli avrebbe dato piacere. Dopo tutto quello che aveva fatto per risvegliare il suo corpo, moriva dal desiderio di fare lo stesso per lui, di assaporare il succo di quella conclusione.
Vieni per me.
Dante si lasciò andare con un mugolio e strinse il pugno fra i capelli di Sarah tentando di allontanare la bocca del suo membro. Lei però ignorò quel muto avvertimento, voleva sentire il suo piacere… In quel momento un fiotto caldo le scivolò sulla lingua, nella gola. Sarah lo inghiottì con un gemito mentre il sesso di lui le pulsava in bocca.
Dopo l’orgasmo, non si allontanò, continuò a muovere la lingua sulla sua erezione, vogliosa di ogni più piccola goccia di quel dono. Dante aveva un sapore maschio, vagamente decadente, e il suo profumo era un incantesimo erotico.
Si sporse in avanti, la sollevò e, dopo averla deposta accanto a sé, la baciò.
«Adesso abbiamo in bocca l’uno il sapore dell’altra» disse lei, divertita, dopo essersi staccata dalle sue labbra. Gli appoggiò la testa sulla spalla per evitare qualunque pressione sul petto ferito e si abbandonò a un lungo sospiro di soddisfazione.
«Sì, e io sono già drogato del tuo» replicò Dante, roco. «L’unica cosa alla quale penserò ogni volta che sentirò la tua voce o vedrò il tuo viso sarà di scoparti. Merda, ci penserò anche quando non sarò nella stessa stanza con te.»
Sarah arrossì di piacere. «Mi fai sentire una donna.» In verità, la faceva sentire una dea del sesso. Una strana sensazione per una che non aveva mai provato… be’… nulla.
Dante le sorrise sornione. «L’ultima volta che ho controllato, eri una donna. E posso dire di averti esaminato con molta cura.»
Sarah gli diede un pugno scherzoso sul braccio gonfio di muscoli. «Non intendevo quello!»
«Cosa, allora?»
«Mi sono sempre sentita una disadattata, quasi asessuata.» L’unico uomo ad aver risvegliato in lei un’attrazione così potente era stato quello che ora la stringeva, e questo la sconcertava.
Dante le rotolò addosso con l’espressione preoccupata. «Ti garantisco che non sei asessuata, bensì bella e reattiva. Sei la donna più incantevole che io abbia mai visto. Non ho idea del perché tu non abbia mai voluto esplorare prima la tua sessualità, ma sono avido ed egoista e ti voglio tutta per me. Solo per me.»
Non ho mai voluto farlo con nessun altro.
Dopo la sua prima esperienza, Sarah non aveva incontrato un compagno che l’avesse invogliata a esplorare la parte sensuale di sé. L’incidente e le conseguenti cicatrici, poi, avevano cancellato in maniera definitiva quel pensiero dalla mente.
Dante era stato come un’ispirazione per lei, anche se nelle sue condizioni non avrebbe dovuto fare ciò che aveva fatto. «Niente più stupidaggini fino a quando non sarai guarito. Ho aspettato fino a ora e potrò aspettare ancora un po’. Devi rimetterti del tutto» lo rimproverò, consapevole che se l’avesse toccato di nuovo avrebbe ceduto. Quell’uomo era come una droga ad alto tasso di assuefazione.
«Ti ripeto che non sei più il mio dottore» le ricordò lui in tono quasi feroce.
«Ma sono sempre un medico e so che quello che hai fatto stanotte avrebbe potuto compromettere la tua guarigione» replicò Sarah, severa.
«Ti garantisco, baby, che non mi ha fatto per niente male.» Un sorriso malandrino gli tagliò il volto da un orecchio all’altro, e Sarah si sentì quasi sciogliere.
Resisti. Hai visto come soffriva poco fa. Lo hai visto con i tuoi stessi occhi. Sta solo cercando di incantarti per farti dimenticare l’evidenza del suo dolore.
«No» gli rispose decisa.
Dante lasciò cadere la testa all’indietro con un ruggito. «Questa cosa mi ucciderà.»
Sarah trattenne un sorriso. Quel feroce appetito per lei la lusingava e la preoccupava al tempo stesso. «Hai vissuto per trentun anni senza il mio corpo» gli ricordò.
«Sì, e non è stato bello» bofonchiò lui.
Di nuovo Sarah dovette mordersi il labbro inferiore per non sorridere. A guardarlo in quel momento, assomigliava a un bambino imbronciato. «Io voglio stare con te, ma non chiedendomi a ogni istante se stai soffrendo, se ti stai facendo male.» Era l’uomo più caparbio su questa terra. Sarebbe dovuto rimanere a letto, a riposo, e invece si ostinava a fingere che le ferite non esistessero più. «Questa faccenda deve finire.» Già le bastava il timore che nel proteggerla potesse subire qualche danno. Cambiò argomento. «Pensi che potrò entrare a casa mia per prendere qualche effetto personale? Abiti e cose del genere?»
«No.» Dante parlò in tono riluttante, incerto. «Sarah, non c’è più niente in casa. Ha distrutto tutto, persino i vestiti. Mi dispiace.»
Fu scossa da un tremito. «Quell’uomo mi vuole davvero morta.»
«Lo prenderemo, tesoro. Te lo giuro.»
Ne era convinta. Aveva fiducia in lui. Non aveva mai visto una persona più decisa a piegare il male, una qualità che ne faceva un investigatore eccellente. Caparbio com’era, avrebbe fatto di tutto per incastrare John Thompson.
«Assistere alla morte di Trey mi ha provata. Ero ancora agli inizi della carriera e mi sono lasciata coinvolgere troppo. All’università non insegnano a comprendere cosa significhi davvero perdere un paziente. È stato come rimetterci un amico. Suppongo che John non si sia mai rassegnato alla morte della moglie e del suo unico figlio e che per questo abbia superato il limite. Non so se fosse uno psicopatico già prima dell’incidente o se sia stato proprio quello a scatenare un comportamento così estremo.»
Dante la cinse con un braccio e l’avvicinò a sé. «Se un uomo o una donna sono capaci di uccidere, hanno già qualcosa che non va. Ciò che è accaduto gli ha fornito solo una scusa per sfogare la rabbia. Non è colpa tua, Sarah.»
«Speravo che riuscisse a rifarsi una vita altrove, a superare il suo dolore, visto che non era stato preso. Forse, però, in un cantuccio della mia mente, sapevo che alla fine sarebbe venuto a cercarmi, anche se non ho mai considerato davvero questa possibilità come reale. Credevo che fosse tutto finito.» Aveva desiderato ricominciare daccapo, dimenticare il passato, ma il passato l’aveva raggiunta e aveva portato con sé la vendetta.
«Quando lo troveremo potrai davvero iniziare una nuova vita. Non dovrai più tormentarti nel dubbio, temere che possa trovarti. A giudicare dalla brutalità con la quale ha distrutto tutte le tue cose, nell’ultimo anno la sua rabbia non ha fatto che aumentare» fu il commento scarno di Dante.
«Sembra proprio così.» Sarah si accoccolò contro il corpo caldo di lui.
«È ancora qui, da qualche parte. Joe, però, mi sembra un poliziotto competente e sono sicuro che farà di questo caso una priorità.»
«È una brava persona, sì. Molto devoto alla famiglia e al lavoro.»
«Soffri ancora di attacchi di panico?» Dante intrecciò le dita di una mano a quelle di lei, che si poggiò su un fianco.
«No. A meno che non mi avvicini a un ospedale. Ho cercato di vincere questa mia paura, ma basta solo che mi accosti all’ingresso di una struttura sanitaria che vengo assalita da palpitazioni e giramenti di testa.» Sarah detestava quella sua condizione, quella debolezza che non poteva contrastare.
«Sei comunque riuscita a esercitare.» Dante serrò le sue dita ancora più forte. «Sei una donna coraggiosa, tesoro.»
Non sempre Sarah si sentiva così. Era solo una sopravvissuta. «Sono una specialista di medicina interna. Il fatto di non riuscire a occuparmi del ricovero di un paziente e delle sue cure mi fa sentire in colpa.»
«Capisco. Sarebbe un po’ come se io mi facessi bloccare dalla paura delle armi o cose del genere. Una follia» rispose lui, roco. «Tu però sei riuscita a trarre il meglio dalla situazione.» Tacque un breve istante prima di aggiungere: «Parli spesso con tua madre? Si è presa buona cura di te quando eri ferita?».
Sembrava importante per lui sapere che qualcuno le era stato accanto comprendendo il suo stato d’animo e confortandola.
Sarah sospirò. «Ha tentato. Per capirla devi sapere che tutto il suo mondo gira intorno all’istruzione. Quando ero ferita e in preda alle crisi d’ansia, non è stata in grado di comprendermi fino in fondo. Credo che da me si aspettasse che ritornassi la stessa figlia di prima. Io però non ero più in grado di accontentarla. Voleva che trovassi l’uomo perfetto, desiderava che mi sposassi con un accademico e che avessi dei figli altrettanto brillanti. Ci prova ancora. No, lei e io non parliamo spesso. Di solito è troppo impegnata, e quando chiama è solo per comunicarmi di aver trovato un uomo con caratteristiche genetiche simili alle mie.»
Dante allungò un braccio e spense la lampada sul comodino. La stanza piombò nel buio rischiarato soltanto dalla flebile luce della luna che filtrava attraverso la finestra. «Ti rendi conto, vero, che il modo in cui sei cresciuta non è normale?»
«Lo capisco adesso. Da bambina non credo di aver mai avuto realmente idea di che cosa fosse normale e cosa no. Mia madre era tutto quello che avevo e io non ero una ragazzina nella norma.» Sarah sbadigliò, si sentiva rilassata.
«Devi dormire» disse lui.
«Vuoi che torni in camera mia?» Forse di notte Dante amava avere i suoi spazi, anche se in cuor suo sperava che le dicesse di no. Desiderava restare al suo fianco.
«Assolutamente no. Non chiuderei occhio anche solo sapendoti dietro la porta accanto. Voglio che resti qui, con me.»
Le serrò un’ultima volta la mano prima di lasciarla, girarsi su un fianco e cingerle la vita con le braccia. Sarah si sistemò meglio contro di lui, schiena contro ventre. «Anch’io sto meglio qui. Sono un po’ spaventata dopo tutto quello che è successo.»
«E a ragione, direi. Ti voglio qui, nel mio letto.»
Il suo letto… Esattamente il posto in cui anche lei desiderava stare. Lì si sentiva al sicuro. Stretta tra le braccia protettive di Dante, si addormentò.