Capitolo 5

Una settimana dopo, Dante era inquieto e irascibile. Fedele alla parola data, Jared (con Grady che di tanto in tanto gli dava il cambio nelle vesti di secondino) gli aveva impedito di uscire di casa. Aveva visto Sarah solo in occasione di qualche breve visita e ne aveva percepito l’imbarazzo. Ciò che lo faceva andare fuori di testa era che fosse sempre molto professionale e oggettiva, mentre lui, invece, moriva dal desiderio di assaporare di nuovo la donna calda e appassionata che aveva scoperto appena qualche giorno prima.

La chimica fra i due sessi non esiste? Col cavolo! Bruciavamo entrambi come un incendio e non la stavo nemmeno scopando.

Serrò la mascella con impazienza. Era più che pronto a dare all’adorabile genio un paio di lezioncine sull’argomento “piacere carnale”. Il ricovero in ospedale era già stato abbastanza penoso, ma adesso che non poteva uscire di casa gli sembrava di impazzire. L’unico vantaggio era che stava recuperando un po’ del tempo perduto con i fratelli che non vedeva spesso, ciascuno impegnato con la propria vita. Il solo fatto, però, di non poter mettere il naso fuori lo mandava in bestia.

Avere così tanto tempo libero non era nelle sue abitudini. Il suo era un lavoro dall’impegno costante che non gli lasciava un secondo per pensare a nient’altro.

Il mio unico pensiero è far venire Sarah. Era ossessionato da quel desiderio che ogni stramaledetto giorno diventava sempre più intenso.

Le ferite stavano guarendo e aveva smesso di prendere gli antidolorifici, ormai inutili. Soffriva ancora se tossiva forte, ma stava recuperando le energie e voleva trascorrere del tempo fuori da quelle quattro mura.

Chi sto prendendo in giro? Desidero solo infilare l’uccello dentro la mia bellissima dottoressa e darle un assaggio di cosa significhi fare qualcosa soltanto per il puro piacere.

«La settimana si è conclusa. Non ho più bisogno che tu e Grady mi facciate da baby-sitter. Ormai sono capace di andare da solo in ambulatorio per un eventuale controllo.» Dante guardò Jared seduto su una sedia davanti alla scrivania, preso dal lavoro al computer. «Che stai facendo?»

«Esamino un possibile progetto» fu la replica distratta del fratello.

Jared, un architetto, si occupava anche di edilizia residenziale. Era stato lui a pianificare le dimore di famiglia sulla penisola, tranne quella di Grady, aiutando persino a costruirle. Di rado però si faceva coinvolgere tanto, a meno che non si trattasse di qualcosa di personale. Acquistava, costruiva e vendeva case per fare soldi… anche se non ne aveva bisogno.

«Vado in paese» lo informò Dante. Si alzò dalla poltrona che lo vedeva a riposo da troppo tempo. «Puoi tornartene a casa. O restare e finire il tuo lavoro. Di’ a Grady di non venire più.»

Jared assunse un’espressione leggermente offesa. «Lo so che ti sei rotto le scatole, ma se siamo stati qui è solo perché eravamo preoccupati per te.»

Dante ne era consapevole. «Non pensare che non lo abbia apprezzato.» Infilò le mani nelle tasche dei jeans, in imbarazzo per ciò che avrebbe voluto dire davvero. Talvolta i suoi fratelli erano peggio di una spina nel fianco, ma c’erano sempre nel momento del bisogno. «Il fatto è che tutta questa immobilità m’innervosisce. Devo assolutamente uscire. Sto molto meglio, adesso.»

E ho bisogno di una scopata! Sfortunatamente, solo una donna farebbe al caso mio.

Jared l’osservò in silenzio per qualche istante prima di emettere un sospiro. «Vado a casa. Mi chiami se hai bisogno di qualcosa?»

«Certo.» Solo se sto per morire. Dante aveva bisogno dei suoi spazi, di un po’ di tempo per riflettere. Aveva trascorso l’intera settimana in compagnia dei fratelli senza un attimo di solitudine. Gli piaceva stare con loro, ma non gli piaceva averli intorno nelle vesti di infermieri… o di carcerieri. Aveva capito che Jared intendeva restare nei paraggi probabilmente fino a quando lui non fosse stato pronto per tornare a Los Angeles.

Jared si alzò e spense il computer. «Questa sera al centro giovanile si terrà il bingo per gli anziani. Stavo pensando di farci una capatina.»

Dante si lasciò andare a una risata stupita. «Tu? E da quando giochi a bingo?»

«Infatti non gioco. Lo fanno le persone anziane. Ho sentito però che questa sera Sarah suonerà il pianoforte, prima dell’inizio del gioco. Grady dice che è più brava di molti concertisti. Ho pensato di fermarmi per sentirla con le mie orecchie.»

Dante tirò fuori le mani dalle tasche e fissò il fratello con aria sospettosa. «Sei interessato a lei?» Jared era ricchissimo, molto conosciuto e di grande successo. Era famoso per non essere mai stato visto più di una volta in compagnia della stessa donna. Non gli importava nulla se cambiava le compagne come le camicie, ma Sarah non avrebbe fatto parte di quella serie.

«Sono interessato solo a sentirla suonare. È il medico condotto, un’amica di Emily ed è off limits per me… dovrebbe esserlo anche per te. Non è il genere di persona con cui giocare per passare il tempo. Senza contare che presto tornerai a Los Angeles. Non iniziare qualcosa che potrebbe ferirla. È una brava ragazza.»

«Non è mia intenzione prenderla in giro» rispose Dante, sollevato dal disinteresse del fratello nei confronti di Sarah. «A dire il vero mi piace. Non riesco a smettere di pensare a lei.» Evitò di parlare delle fantasie sessuali che lo tormentavano e di quanto disperatamente volesse portarsela a letto.

«Se combinerai un casino con quella donna, Grady ti ucciderà per aver reso Emily infelice. Sai cosa prova per Em» lo mise in guardia Jared. «Basta che lei si procuri un taglietto al dito che subito lui perde la testa.»

Sì. Dante sapeva quanto protettivo fosse Grady nei confronti della moglie, ma sapeva anche che questo non sarebbe bastato a fermarlo dal tentare di avvicinare Sarah. Era come se qualcosa di più profondo della semplice bramosia lo attirasse verso di lei. Voleva farsela, certo, ma c’era qualcosa… di più. «Magari potremmo soltanto essere amici. Mi aspetta una convalescenza di parecchie settimane. Potremmo uscire insieme.» La sua era una bugia grande quanto una casa, che non stava in piedi, un tentativo di apparire indifferente di fronte al fratello.

Jared scoppiò in una rumorosa risata. «Mi prendi per il culo? Ho visto come la guardi. Ogni occhiata che le lanci urla che vorresti averla nuda davanti a te. E mi sono accorto che anche lei risponde alla stessa maniera.»

«Davvero?» Dante fissò Jared con occhi speranzosi. In verità non se n’era reso conto, nell’ultima settimana non aveva sentito o visto nulla in lei, se non i suoi modi professionali e la sua natura logica sempre in funzione, un atteggiamento che lo faceva impazzire dopo aver assaggiato la passione di cui era capace. Avrebbe voluto uccidere quello che l’aveva iniziata al sesso. D’altro canto, però, una parte di lui gongolava all’idea che Sarah fosse stata con un uomo soltanto e senza trarne alcuna soddisfazione. Voleva essere quello che l’avrebbe fatta gridare di piacere, l’unico a farla venire, a farla esplodere per l’estasi gemendo il suo nome, come se lui fosse l’unica persona alla quale riusciva a pensare.

La ferita sul volto si stava rimarginando, ma non sarebbe mai scomparsa del tutto e, al momento, nulla di lui sembrava particolarmente attraente. Pur consapevole di non essere l’unico a sentirsi divorato dall’incendio scoppiato tra lui e Sarah, desiderò ricevere una conferma da Jared. «Credi che sia attratta da me?»

Il fratello scosse la testa. «Sei davvero patetico, lo sai? Sì, è attratta da te. Resta però il fatto che è una donna che non va presa in giro.»

È attratta. Dante ignorò il resto della predica. «Esco. Ci vediamo più tardi.» Voleva andare al centro giovanile prima che Sarah iniziasse a suonare.

«Dante!» lo chiamò Jared.

«Sì?» Si voltò a guardarlo, impaziente.

«Le chiavi del pick-up.»

Dante le afferrò al volo, poco sopra la testa. Bofonchiò un grazie con sincera gratitudine, felice di ritornare in possesso dell’auto. I fratelli gliene avevano sequestrato le chiavi non appena la vettura era arrivata ad Amesport, uno dei tanti modi con cui lo avevano costretto in casa.

Una volta fuori si fermò un breve istante, concedendosi il tempo di assorbire l’odore e il rumore dell’oceano. Possedeva una piccola spiaggia privata dietro la residenza e adorava il frangersi delle onde sulla battigia. Ogni sera, come una routine ben consolidata, apriva la finestra della camera e si lasciava cullare dai rumori dell’oceano fino ad addormentarsi. Stranamente, dal suo appassionato tête-à-tête con Sarah non aveva più avuto un solo incubo su Patrick.

Saltò al volante del pick-up e provò un senso di pace nel riuscire a fare una cosa così normale. Evan si era assicurato che la vettura fosse portata ad Amesport, un gesto non ritenuto necessario da Dante quando era stata presa la decisione di spostarlo lì per la convalescenza. Prima o poi sarebbe tornato a Los Angeles e durante il suo soggiorno in loco avrebbe potuto noleggiare un’auto. In cuor suo si sorprese a ringraziare il fratello maggiore per quel gesto. La familiarità che sentiva di avere con il pick-up e l’odore del cuoio degli interni furono un toccasana per il suo equilibrio interiore. «Ti sono debitore, fratellone» sussurrò. E sorrise nel sentire il potente motore ritornare alla vita.

Evan, trentatré anni, era quello che si occupava sempre dei dettagli, come appunto far trasportare il pick-up di Dante ad Amesport. Sapeva sempre di cosa avevano bisogno i fratelli minori. Grady di anni ne aveva appena compiuti trentadue. Dante ne aveva trentuno e Jared, il maschio più piccolo, quasi trenta. La sorella minore (che tanto minore ormai non era più) ne aveva appena compiuti ventisette e da poco si era sposata con Jason Sutherland, un amico d’infanzia di Grady. In verità, Jason era uno di famiglia, era cresciuto insieme a tutti loro a Boston, ma aveva rischiato grosso con i fratelli Sinclair quando aveva chiesto la mano di Hope. Fortunatamente, tutto era finito bene, anche perché quello che adesso era diventato il cognato gestiva il patrimonio di Dante e di Grady, assicurandosi che entrambi continuassero ad arricchirsi ogni giorno di più.

Dante non nutriva alcun interesse per i soldi. Viveva principalmente del suo stipendio d’investigatore e solo di rado metteva mano al denaro ereditato dal padre. Ricordava fin troppo bene lo stupore provato quando, nel disporre il lascito per Ben e Karen, aveva visto, per la prima volta, a quanto ammontava la sua liquidità. Già incredibilmente facoltoso quando aveva affidato la gestione del patrimonio a Jason, anni prima, adesso era ricco da fare schifo!

I soldi destinati alla famiglia di Patrick non avevano intaccato per nulla il patrimonio e avrebbero garantito un futuro alla moglie e al figlio del partner deceduto. Era tuttavia consapevole che le sue telefonate quotidiane erano per loro ancora più importanti, telefonate che erano utili anche a lui. Parlare di Patrick, ricordare tutte le cose positive del suo migliore amico, lo aiutava a elaborare il lutto. Forse nessuno di loro era arrivato ancora alla fase di accettazione, ma ogni giorno il dolore si affievoliva un pizzico di più.

Percorse a velocità sostenuta il vialetto e girò a sinistra, verso il cancello che delimitava l’accesso alla penisola. Dante era già stato al centro giovanile in occasione delle visite precedenti. Sapere che Sarah sarebbe stata lì, quella sera, lo colmava di un inconsueto senso di attesa. Premette un po’ di più il piede sull’acceleratore.

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«Come vanno le lezioni?» le chiese Emily Sinclair mentre si sedeva sullo sgabello del pianoforte accanto a lei.

«Bene, credo.» Sarah era sempre felice di vederla. Aveva appena terminato di insegnare le nozioni base a dei bambini di terza elementare e sebbene farlo le piacesse molto, dopo gradiva sempre un po’ di conversazione tra adulti. «Avevamo cominciato in dieci e adesso ne sono rimasti soltanto tre, ma molto appassionati. Sono convinta che questi continueranno anche in futuro. È già qualcosa, non trovi?»

«È fantastico» fu la replica entusiasta dell’amica. «Ed è straordinario che tu ti sia offerta come insegnante volontaria.»

«Cerco solo di ripagare in qualche modo la possibilità che ho di usare questo incredibile strumento.» Sarah fece scorrere amorevolmente le dita sui tasti del pianoforte a mezza coda.

«È qui per essere usato da tutti» rimarcò Emily. «Quando Grady l’ha comprato, non vedevo l’ora che qualcuno lo suonasse.»

Sarah scoppiò a ridere e pensò a quanto illogico fosse stato Grady con quel gesto. Qualcuno ad Amesport sarebbe stato in grado di suonarlo? In paese erano pochi i pianisti adulti, e la maggior parte di loro possedeva già il proprio piano.

«Jared ha riferito a Grady di aver visto te e Dante baciarvi. State insieme?» chiese Emily sottovoce.

Accidenti! L’unica cosa che volevo non si sapesse sta già diventando di dominio pubblico.

«Non dire niente, per favore.» Sarah guardò la vivace biondina accanto a lei e sperò che il fatto di essersi presa qualche libertà con un paziente ferito e sotto antidolorifici non fosse uscito dalla cerchia della famiglia Sinclair. Non riusciva a capire come avesse potuto perdere la capacità di pensare con chiarezza, quella sera, e provava ancora un gran rimorso per l’accaduto.

«Non lo sa nessuno» bisbigliò Emily con voce appena percettibile. «Jared e Grady lo direbbero soltanto ai fratelli… Anche se devo ammettere che Grady non ha apprezzato il comportamento di Dante nei tuoi confronti. Teme che possa approfittarsi di te. Che è successo? Ho sentito che ti sei ferita, a casa sua. Grady vorrebbe sapere come scusarsi. Sono giorni che aspetto di parlarti, ma abbiamo entrambe avuto molto da fare, questa settimana.»

Sarah sospirò. Doveva dirle che era stata lei a sedurre il cognato stordito dagli antidolorifici? «Il nostro primo incontro non è andato benissimo. Per tutto il tempo ha tenuto un comportamento da idiota autodistruttivo e ha rotto un bicchiere per sbaglio. È stato un incidente, niente di serio, ma gliele ho cantate! Quella stessa sera, un po’ più tardi, si è presentato alla porta di casa mia con dei panini all’astice per chiedermi scusa. Era un po’ stordito dagli antidolorifici. Mi ha baciato. Niente di che, Emily. Era intontito da oppiacei del tutto legali. Sono certa che, in condizioni normali, non lo farebbe mai. Dopo quell’episodio abbiamo avuto solo rapporti professionali. Va tutto bene.» Anche se ogni volta che lo vedo faccio pensieri sconci su di lui. Sarah sembrava essere incapace di spegnere l’incendio fatto divampare da Dante.

Emily la guardò, dubbiosa. «Non credo che sia dipeso dagli antidolorifici. Dev’essersi trattato di chimica sessuale.»

Oddio! Di nuovo? Desiderio? Attrazione sessuale? Chimica sessuale? Davvero ha importanza? Il fatto è che… io sento qualcosa.

Inutile negarlo. «Per me è stato così» ammise Sarah con una certa riluttanza. «Tuttavia non può accadere di nuovo. È un mio paziente. Non mi sono comportata in maniera professionale.»

La risata divertita di Emily riecheggiò per la sala da musica del centro giovanile. «Ho conosciuto Grady per lavoro. Volevo convincerlo a fare una donazione. Mi sono ritrovata a baciarlo anch’io, anche se ero lì solo per una transazione d’affari. Esistono attrazioni impossibili da negare. Ti conosco. Se lo hai baciato, è perché lo trovi incredibilmente attraente.»

Più che attraente. Dante è una fiamma, una fiamma incandescente come nessun’altra.

«Mi sono lasciata trasportare, ma non c’è stato un seguito» rispose Sarah, nervosa. Non voleva ammettere di trovare Dante Sinclair molto più che semplicemente attraente. Si era sentita attratta da lui, lo aveva desiderato con tutta se stessa al punto da perdere la lucidità e da riuscire a concentrarsi solo sulle sensazioni che suscitava in lei il suo tocco. Per qualche istante si era sentita parte di lui, non più prigioniera della solitudine. E quell’esperienza era stata un potente afrodisiaco.

«Stanno arrivando quelli del bingo. Questa settimana ci vediamo per un caffè?» Emily si alzò e fissò l’amica con occhi interrogativi.

Pian piano Sarah osservò il pubblico occupare le numerose sedie della sala. Era ormai diventata un’abitudine per lei suonare ogni settimana prima della partita di bingo, spinta dal piacere con cui gli abitanti di Amesport ascoltavano i suoi piccoli concerti. Aveva iniziato a studiare musica quando era ancora una bambina e si era esibita molte volte. Il rituale era cominciato alcuni mesi prima, per caso, quando si era messa a suonare per diletto dopo la lezione ai bimbi. Gli anziani giocatori di bingo arrivati in anticipo avevano iniziato a occupare la sala. Dopo, la consuetudine si era consolidata. I vecchietti arrivavano mezz’ora prima della partita per ascoltarla suonare, prima di trasferirsi nella palestra dove giocavano per buona parte del pomeriggio.

«Venerdì al Brew Magic?» suggerì Sarah. «Dopo il lavoro?» Amava le chiacchiere spensierate con Emily, ma aveva come l’impressione che quella settimana sarebbe stata agitata. Emily sapeva essere insistente come Elsie quando voleva un’informazione.

«Ci sarò. Voglio sentire tutta la storia.» L’amica la salutò con una strizzatina d’occhio prima di andarsene per occuparsi dei suoi doveri di direttrice del centro giovanile.

«Non c’è nessuna storia da raccontare» sussurrò Sarah tra sé e sé. Si era trattato di un terribile errore, un incidente che non avrebbe mai dovuto verificarsi. Provava rimorso e sapeva che avrebbe dovuto spedire Dante a casa nell’istante in cui si era presentato alla sua porta. Invece no, non lo aveva fatto. E non soltanto per i panini all’astice o per il suo tentativo di scusarsi. Era lui la causa. In Dante Sinclair c’era qualcosa che la affascinava; Sarah provava l’irresistibile desiderio di scoprirlo un pezzo dopo l’altro per comprendere con esattezza il modo in cui lavorava la sua testa. Se ci fosse riuscita, forse avrebbe capito perché si sentiva così stranamente attratta da lui.

Bisognosa di distrarsi, iniziò a suonare senza neanche guardare lo spartito di fronte a sé. Ricordava quasi tutto a memoria per aver suonato centinaia di volte quei classici per pianoforte.

Attaccò con il Preludio in sol minore di Rachmaninoff, uno dei suoi brani preferiti perché l’arrangiamento lasciava aperta l’interpretazione del musicista. Persa nella melodia, lasciò che la sua passione si riversasse nella musica; le dita volarono sulla tastiera mentre le emozioni vissute durante la settimana fluivano tra le note. Era quella la maniera in cui scaricava le sue emozioni, l’unica attività durante la quale metteva da parte l’intelletto e la ragione e si abbandonava ai sentimenti. Ogni emozione si intrecciò strettamente alle note musicali: preoccupazioni, gioie, confusione, disappunto, colpa e dolore.

La musica si spense e il pubblico applaudì prima che Sarah si dedicasse a un brano di Franz Liszt, La campanella, una composizione più vivace che aveva il potere di farle sentire il cuore leggero. La terminò con soddisfazione, ansimante per lo sforzo. Quando si alzò per salutare l’attempato pubblico trasalì nel vedere Dante e Jared Sinclair seduti tra la folla.

Impossibile non accorgersi della presenza dei due fratelli. Erano i più giovani e i loro capelli scuri spiccavano in quel mare di chiome perlopiù femminili e argentate. Lo sguardo di Sarah incontrò quello di Dante e ne notò l’espressione fiera, gli occhi famelici che la fissavano come un predatore, soddisfatto per aver trovato una preda degna di essere cacciata. L’intensità con la quale lui la fissava le impedì di distogliere il proprio sguardo.

Rimase immobile a lungo, non avrebbe saputo dire quanto, gli occhi in quelli di lui, fino a quando dalla sala incominciarono a levarsi alcune richieste musicali. Si riscosse e annuì, esitante, quando qualcuno le domandò un brano particolare. Sedette di nuovo al pianoforte e si esibì per un altro quarto d’ora, in attesa della richiesta successiva, gli occhi fissi sul legno lucido dello strumento.

Riesco a percepire il suo sguardo su di me, la tensione che aleggia tra noi.

Le mani le tremavano quando, terminata l’ultima richiesta, i partecipanti al bingo iniziarono a sciamare dalla sala, tutti sorridenti e soddisfatti dell’esecuzione.

«È incredibile. Non ho mai sentito Rachmaninoff interpretato come ha fatto lei. Ha suonato in maniera fantastica ed eloquente» si complimentò Jared andandole incontro. «Non so da quanto non trascorrevo una mezz’ora così piacevole.»

Sarah gli sorrise nonostante avesse divulgato il suo segreto. Jared le parlava e la lodava con palese sincerità. Nulla era più piacevole del sapere di avere rallegrato un po’ la giornata di qualcuno con la musica. «La ringrazio. Le piacciono i brani classici?»

«Sì» ammise Jared. «Ho assistito ai concerti di alcuni dei migliori pianisti del mondo, ma lei mi ha davvero incantato. Mi sorprende che non abbia intrapreso la carriera musicale.»

Sarah si alzò e, con delicatezza, avvicinò lo sgabello al pianoforte. «Non credo che ne trarrei lo stesso piacere se ne avessi fatto il mio lavoro.» Non s’immaginava a vivere d’arte, a fare della musica un dovere scandito da impegni rigidamente programmati. Non sarebbe stato lo stesso.

«Grazie per aver condiviso il suo talento» rispose Jared con sincerità. Si congedò con un sorriso e, lentamente, uscì dalla sala.

«Di nulla.» Sarah scese dalla pedana sulla quale era sistemato il pianoforte, prese la borsa da terra e si avviò.

Con la coda dell’occhio si accorse che la sala non era deserta. Girò la testa a destra e vide Dante sempre seduto sulla sedia, l’espressione assorta come durante il concerto.

«Devo chiudere» gli disse nel tono più pacato possibile. Il cuore iniziò a batterle forte quando lui si alzò.

«Dobbiamo parlare» le disse con voce al tempo stesso imbarazzata e imperativa.

Non avrebbe accettato un no come risposta.