«Ti nascondi, eh?» disse piano. «Vengo a prenderti, Pìx... hai rubato un enigma del Tremaghi, Pix... Silente ti butterà fuori di qui per questo, sporco ladruncolo di un poltergeist...»

Gazza prese a salire le scale, l'ossuta gatta color polvere alle caviglie. Gli occhi a lampadina di Mrs Purr, così simili a quelli del suo padrone, erano fissi proprio addosso a Harry. Lui s'era già chiesto prima d'allora se il Mantello dell'Invisibilità funzionasse con i gatti... sopraffatto dall'ansia, osservò Gazza avvicinarsi sempre di più avvolto nella vecchia vestaglia di flanella. Cercò disperatamente di liberare la gamba imprigionata, ma riuscì

solo a sprofondare ancora di qualche centimetro. A momenti, Gazza avrebbe visto la mappa o gli sarebbe venuto addosso...

«Gazza? Che cosa succede?»

Gazza si fermò qualche gradino più in basso di Harry e si voltò. Ai piedi delle scale c'era l'unica persona in grado di peggiorare la situazione: Piton. Indossava una lunga camicia da notte grigia e sembrava cadaverico.

«È Pix, professore» sussurrò Gazza, malevolo. «Ha gettato quest'uovo giù dalle scale».

Piton salì in fretta le scale e si fermò accanto a Gazza. Harry strinse i denti, certo che il cuore, che batteva tanto forte, lo avrebbe tradito da un momento all'altro...

«Pix?» disse piano Piton, guardando l'uovo tra le mani di Gazza. «Ma Pix non avrebbe potuto entrare nel mio ufficio...»

«Quest'uovo era nel suo ufficio, professore?»

«Certo che no» sbottò Piton. «Ho sentito dei colpi e degli ululati...»

«Sì, professore, era l'uovo...»

«... Stavo venendo a vedere...»

«... L'ha tirato Pix, professore...»

«... e quando sono passato davanti al mio ufficio, ho visto che le torce erano accese e lo sportello di un armadio era aperto! Qualcuno ci ha frugato dentro!»

«Ma Pix non poteva...»

«Lo so che non poteva, Gazza!» esplose Piton. «Sigillo il mio ufficio con un incantesimo che solo un mago potrebbe spezzare!» Piton guardò su per le scale, diritto attraverso Harry, e poi giù nel corridoio sottostante.

«Voglio che tu venga ad aiutarmi a cercare l'intruso, Gazza».

«Io... sì, professore... ma...»

Gazza guardò con desiderio su per le scale, passando da parte a parte Harry, che capì che esitava a rinunciare all'opportunità di incastrare Pix. Vai, lo supplicò in silenzio, vai con Piton... vai... Mrs Purr spiava da dietro le gambe di Gazza... Harry ebbe la netta impressione che riuscisse a fiutarlo... perché aveva riempito la vasca con tutta quella schiuma profumata?

«Il fatto è, professore» disse Gazza in tono supplichevole, «che il Preside dovrà starmi a sentire questa volta, Pix ha rubato a uno studente, potrebbe essere la mia occasione per farlo espellere dal castello una volta per tutte...»

«Gazza, non m'importa un accidente di quel maledetto poltergeist, è il mio ufficio che è...»

Clunk. Clunk. Clunk.

Piton zittì all'improvviso. Lui e Gazza guardarono giù, verso i piedi della scala. Harry vide Malocchio Moody avanzare zoppicando nello stretto spazio tra le loro teste. Moody indossava il vecchio mantello da viaggio sulla camicia da notte, e si appoggiava al bastone come al solito.

«Cos'è, un pigiama party?» ringhiò su per le scale.

«Io e il professor Piton abbiamo sentito dei rumori, professore» disse subito Gazza. «Pix il poltergeist, che buttava roba in giro come al solito... e poi il professor Piton ha scoperto che qualcuno è penetrato nel suo uff...»

«Zitto!» sibilò Piton a Gazza.

Moody fece un passo verso i piedi delle scale. Harry vide il suo occhio magico soffermarsi su Piton, e poi, senz'ombra di dubbio, su di lui. Il cuore di Harry ebbe un tuffo. Moody riusciva a vedere attraverso i Mantelli dell'Invisibilità... soltanto lui poteva cogliere la bizzarria della situazione... Piton in camicia da notte, Gazza con l'uovo stretto tra le mani, e lui, Harry, imprigionato nella scala sopra di loro. La fessura obliqua che Moody aveva per bocca si spalancò dalla sorpresa. Per qualche secondo, lui e Harry si guardarono negli occhi. Poi Moody chiuse la bocca e rivolse di nuovo l'occhio azzurro su Piton.

«Ho sentito bene, Piton?» chiese lentamente. «Qualcuno è penetrato nel tuo ufficio?»

«Non è importante» disse Piton freddamente.

«Al contrario» ringhiò Moody, «è molto importante. Chi potrebbe voler penetrare nel tuo ufficio?»

«Uno studente, direi» rispose Piton. Harry vide una vena pulsare in modo orribile sulla tempia unticcia di Piton. «È già successo prima. Ingredienti di pozioni sono spariti dalla mia dispensa privata... studenti che cercavano di preparare misture illegali, senza dubbio...»

«Quindi devo dedurre che stavano cercando ingredienti di pozioni, eh?»

disse Moody. «Non è che tu nascondi qualcos'altro nel tuo ufficio?»

Harry vide i contorni del viso giallastro di Piton diventare di un brutto color mattone, mentre la vena nella tempia pulsava più in fretta.

«Lo sai che non nascondo niente, Moody» disse, in tono calmo e minaccioso, «dal momento che tu stesso hai frugato con gran cura nel mio ufficio». Il viso di Moody si contorse in un sorriso. «Privilegi da Auror, Piton. Silente mi ha detto di tenere d'occhio...»

«Si dà il caso che Silente si fidi di me» disse Piton a denti stretti. «Mi rifiuto di credere che ti abbia dato ordine di perquisire il mio ufficio!»

«Ma certo che Silente si fida di te» ringhiò Moody. «E un uomo fiducioso, vero? È convinto che a tutti sia dovuta una seconda possibilità. Ma io... io dico che ci sono macchie che non vengono via, Piton. Macchie che non vengono mai via, capisci quello che voglio dire?»

Piton all'improvviso fece una cosa molto strana. Si afferrò convulsamente il braccio sinistro con la mano destra, come se gli facesse male. Moody scoppiò a ridere. «Torna a dormire, Piton».

«Tu non hai l'autorità di mandarmi da nessuna parte!» sibilò Piton, lasciando andare il braccio di botto, come se fosse arrabbiato con se stesso.

«Ho diritto quanto te di aggirarmi in questa scuola di notte!»

«Allora aggirati lontano da qui» disse Moody, con voce carica di minaccia. «Spero tanto di incontrarti in un corridoio buio una volta o l'altra... a proposito, ti è caduto qualcosa...»

Con una fitta di panico, Harry vide Moody indicare la Mappa del Malandrino, che si trovava ancora sulle scale, sei gradini sotto di lui. Mentre Piton e Gazza si voltavano a guardare, Harry gettò alle ortiche ogni precauzione: alzò le braccia sotto il Mantello e le agitò furiosamente rivolto a Moody per attirare la sua attenzione, e disse, muovendo solo le labbra: «È

mia! Mia

Piton si era proteso per prenderla, con una terribile espressione di improvvisa consapevolezza...

« Accio pergamena

La mappa si alzò da terra, scivolò tra le dita tese di Piton e scese le scale svolazzando a mezz'aria per atterrare in mano a Moody.

«Colpa mia» disse Moody tranquillamente. «È mia... dev'essermi caduta prima...»

Ma gli occhi neri di Piton dardeggiarono dall'uovo tra le braccia di Gazza alla mappa in mano a Moody, e Harry capì che stava facendo due più

due, come solo lui sapeva...

«Potter» disse piano.

«Cosa?» disse Moody quietamente, ripiegando la mappa e intascandola.

«Potter!» ringhiò Piton, poi voltò la testa e fissò esattamente il punto in cui si trovava Harry, come se all'improvviso riuscisse a vederlo. «Quell'uovo è l'uovo di Potter. Quel foglio di pergamena appartiene a Potter. L'ho visto prima, lo riconosco! Potter è qui! Potter, col suo Mantello dell'Invisibilità!»

Piton tese le mani come un cieco, e prese a salire le scale; Harry avrebbe giurato che le sue larghe narici erano dilatate, nel tentativo di fiutarlo... Intrappolato, Harry si tirò indietro, cercando di evitare la punta delle dita di Piton, ma da un momento all'altro...

«Qui non c'è niente, Piton!» abbaiò Moody. «Ma sarò felice di riferire al Preside con quanta prontezza hai pensato a Harry Potter!»

«Cosa vorrebbe dire?» ringhiò Piton, voltandosi di nuovo a guardare Moody, le mani ancora tese, a pochi centimetri dal petto di Harry.

«Vorrebbe dire che Silente è molto interessato a sapere chi ce l'ha con quel ragazzo!» disse Moody, zoppicando più vicino ai piedi delle scale. «E

anch'io, Piton... molto interessato...» La luce della torcia baluginò sul suo viso straziato, così che le cicatrici e il pezzo di naso mancante parvero più

fondi e cupi che mai.

Piton stava guardando Moody, e Harry non riuscì a vederlo in faccia. Per un istante, nessuno si mosse né parlò. Poi Piton abbassò lentamente le mani.

«Pensavo solo» disse, la voce forzatamente calma, «che se Potter fosse di nuovo in giro di notte... è un'abitudine sbagliata... bisognerebbe impedirglielo. Per... per la sua incolumità».

«Ah, capisco» disse Moody dolcemente. «Ti stanno molto a cuore gli interessi di Potter, vero?»

Ci fu una pausa. Piton e Moody continuavano a scrutarsi. Mrs Purr diede in un sonoro miagolio, sempre spiando tra le gambe di Gazza, alla ricerca della fonte del profumo di bagnoschiuma di Harry.

«Credo che tornerò a letto» disse Piton bruscamente.

«È l'idea migliore che ti sia venuta in tutta la notte» ribatté Moody. «Ora, Gazza, se vuole darmi quell'uovo...»

«No!» disse Gazza, stringendo l'uovo come se fosse il suo figlioletto primogenito. «Professor Moody, questa è la prova della slealtà di Pix!»

«È di proprietà del campione a cui l'ha rubato» disse Moody. «Ora me lo consegni».

Piton scese le scale e oltrepassò Moody senza aggiungere una parola. Gazza richiamò Mrs Purr, che fissò Harry con sguardo vacuo per qualche altro istante prima di voltarsi e seguire il suo padrone. Col respiro ancora affannoso, Harry sentì Piton allontanarsi lungo il corridoio; Gazza tese a Moody l'uovo, e sparì a sua volta, borbottando rivolto a Mrs Purr: «Non importa, carina... domattina andremo da Silente... gli diremo che cos'ha combinato Pix...»

Una porta sbatté. Harry rimase a fissare Moody, che posò il bastone sull'ultimo scalino e cominciò a salire a fatica verso di lui, con un sordo clunk un gradino sì e uno no.

«C'è mancato poco, Potter» borbottò.

«Sì... io... ehm... grazie» disse Harry debolmente.

«Che cos'è questa cosa?» chiese Moody, estraendo la Mappa del Malandrino dalla tasca e dispiegandola.

«Una mappa di Hogwarts» disse Harry, sperando che Moody lo tirasse fuori presto dalla scala; la gamba gli faceva proprio male.

«Per la barba di Merlino» sussurrò Moody, fissando la mappa, l'occhio magico che roteava impazzito. «Questa... questa sì che è una mappa, Potter!»

«Sì, è... piuttosto utile» disse Harry. Gli occhi gli cominciavano a lacrimare dal dolore. «Ehm... professor Moody, crede che potrebbe aiutarmi...?»

«Cosa? Oh! Sì... sì, certo...»

Moody afferrò Harry per le braccia e tirò; la gamba di Harry si liberò dal gradino infingardo, e lui si mise diritto su quello di sopra. Moody continuava a osservare la mappa. «Potter...» disse lentamente,

«non è che per caso tu abbia visto chi è entrato nell'ufficio di Piton, vero?

Su questa mappa, voglio dire?»

«Ehm... sì che l'ho visto...» ammise Harry. «Era il signor Crouch». L'occhio magico di Moody scorse roteando l'intera mappa. All'improvviso Moody parve preoccupato.

«Crouch?» disse. «Ne sei... ne sei sicuro, Potter?»

«Sicurissimo» disse Harry.

«Be', non è più qui» disse Moody, l'occhio che continuava a sfrecciare sulla mappa. «Crouch... ciò è molto... molto interessante...»

Non disse nulla per quasi un minuto, continuando a fissare il foglio. Harry capì che la notizia aveva per lui un preciso significato, e desiderava tanto sapere qual era. Chissà se avrebbe osato chiederlo. Moody gli faceva un po' paura... però lo aveva appena aiutato a evitare un bel mucchio di guai...

«Ehm... professor Moody... secondo lei perché il signor Crouch voleva dare un'occhiata all'ufficio di Piton?»

Moody distolse l'occhio magico dalla mappa e lo fissò ancora vibrante su Harry. L'occhio sembrava passare Harry da parte a parte, e lui ebbe l'impressione che Moody stesse valutando se rispondergli o no e quanto rivelargli.

«Mettiamola così, Potter» borbottò Moody alla fine, «dicono che il vecchio Malocchio ha la fissazione di catturare Maghi Oscuri... ma Malocchio è niente - niente -in confronto a Barty Crouch». Continuò a scrutare la pergamena. Harry bruciava dalla voglia di saperne di più.

«Professor Moody» disse di nuovo. «Crede... che questo possa avere qualcosa a che fare con... forse il signor Crouch crede che stia succedendo qualcosa...»

«Che cosa?» chiese Moody con voce secca.

Harry si chiese quanto poteva dire. Non voleva che Moody sospettasse che aveva una fonte d'informazione al di fuori di Hogwarts; ciò avrebbe potuto portare a domande spinose su Sirius.

«Non lo so» borbottò Harry, «ultimamente succedono cose strane, no?

C'era scritto anche sulla Gazzetta del Profeta... il Marchio Nero alla Coppa del Mondo, e i Mangiamorte e il resto...»

Entrambi gli occhi male assortiti di Moody si allargarono.

«Sei un ragazzo sveglio, Potter» disse. L'occhio magico tornò a vagare sulla Mappa del Malandrino. «È possibile che Crouch la pensi così» disse lentamente. «Alquanto possibile... ultimamente sono circolate strane voci... corroborate da Rita Skeeter, naturalmente. Fanno innervosire parecchie persone, credo». Un cupo sorriso gli increspò la bocca storta. «Oh, se c'è

una cosa che odio» sussurrò, più rivolto a se stesso che a Harry, mentre l'occhio magico era immobile sull'angolo in basso a sinistra del foglio, «è

un Mangiamorte rimesso in libertà...»

Harry lo fissò sbigottito. Possibile che Moody volesse dire proprio quello che pensava Harry?

«E ora voglio fare una domanda a te, Potter» disse Moody, in tono più

pratico.

Il cuore di Harry sprofondò; lo sapeva che ci si sarebbe arrivati. Moody stava per chiedergli dove aveva preso quella mappa, che era un oggetto magico alquanto dubbio - e la storia di come era finita nelle sue mani incolpava non solo lui, ma suo padre, Fred e George Weasley, e il professor Lupin, il loro ultimo professore di Difesa contro le Arti Oscure. Moody agitò la mappa davanti a Harry, che si preparò...

«Me la puoi prestare?»

«Oh!» disse Harry. Era molto affezionato alla sua mappa, ma d'altra parte era decisamente sollevato che Moody non gli chiedesse dove l'aveva presa, e senza dubbio gli doveva un favore. «Sì, certo».

«Bravo ragazzo» ringhiò Moody. «Posso farne buon uso... potrebbe essere esattamente ciò di cui avevo bisogno... su, a letto, Potter, andiamo...»

Salirono insieme fino in cima alla rampa di scale, con Moody che esaminava la mappa come se fosse un tesoro di cui non avesse mai visto l'uguale prima d'allora. Avanzarono in silenzio fino alla porta dell'ufficio di Moody, e qui quest'ultimo si fermò e alzò gli occhi verso Harry. «Mai pensato a una carriera come Auror, Potter?»

«No» rispose Harry, preso alla sprovvista.

«È il caso che tu ci pensi su» disse Moody annuendo, e guardando Harry, pensieroso. «Si, davvero... e tra parentesi... suppongo che tu non stessi portando quell'uovo a passeggio stanotte, eh?»

«Ehm... no» disse Harry, sorridendo. «Stavo riflettendo sull'indovinello». Moody gli strizzò l'occhio, mentre quello magico impazziva di nuovo.

«Non c'è niente di meglio di un giretto notturno per farti venir delle idee, Potter... ci vediamo domani...» Entrò nel suo ufficio, gli occhi di nuovo incollati alla Mappa del Malandrino, e chiuse la porta. Harry tornò lentamente alla Torre di Grifondoro, assorto: pensava a Piton, e a Crouch, e a quel che significava tutta la faccenda... perché Crouch fingeva di essere ammalato, se poteva entrare a Hogwarts quando voleva?

Cosa credeva che Piton nascondesse nel suo ufficio?

E Moody pensava che lui, Harry, dovesse diventare un Auror! Idea interessante... ma dieci minuti dopo, mentre s'infilava piano nel letto a baldacchino, l'uovo e il Mantello di nuovo al sicuro nel baule, Harry ridletté che valeva la pena di controllare quante cicatrici avessero tutti gli altri prima di intraprendere quella carriera.

CAPITOLO 26

LA SECONDA PROVA

«Avevi detto che avevi già risolto l'indovinello dell'uovo!» esclamò

Hermione indignata.

«Parla più piano!» sibilò Harry. «Ho solo bisogno di... perfezionarlo, va bene?»

Lui, Ron e Hermione erano seduti in fondo alla classe di Incantesimi con un tavolo tutto per loro. Quel giorno dovevano esercitarsi nell'opposto dell'Incantesimo di Appello: l'Incantesimo di Esilio. A causa del rischio di brutti incidenti quando gli oggetti continuavano a volare per la stanza, il professor Vitious aveva dato a ciascuno una pila di cuscini con cui fare esercizio, perché non facessero del male a nessuno se non arrivavano a destinazione. Era giusto, in teoria, ma in pratica non funzionava granché. La mira di Neville era cosi scarsa che continuava a spedire per sbaglio attraverso la stanza cose molto più pesanti: come il professor Vitious, per esempio.

«Scordati l'uovo per un minuto, d'accordo?» sibilò Harry mentre il professor Vitious sfrecciava sopra di loro con aria rassegnata, atterrando in cima a un grosso stipo. «Sto cercando di raccontarti di Piton e Moody...»

Quella lezione era la copertura ideale per una conversazione riservata, dal momento che tutti quanti si divertivano troppo per prestar loro attenzione. Ormai da una mezz'ora Harry ripercorreva le sue avventure della notte prima sussurrando a spizzichi e bocconi.

«Piton ha detto che Moody ha perquisito anche il suo ufficio?» mormorò

Ron, gli occhi accesi d'interesse mentre Esiliava un cuscino con un colpo di bacchetta (quello si alzò a mezz'aria e portò via il cappello dalla testa di Calì). «Cosa... credi che Moody si trovi qui per tenere d'occhio Piton oltre che Karkaroff?»

«Be', non so se è quello che Silente gli ha chiesto di fare, ma è quello che fa, senza dubbio» disse Harry, agitando la bacchetta senza far molta attenzione, così che il suo cuscino fece una specie di buffa capriola e cadde dal tavolo. «Moody ha detto che Silente permette a Piton di restare qui solo perché gli sta dando una seconda possibilità, o roba del genere...»

«Cosa?» esclamò Ron, gli occhi sgranati, mentre il suo cuscino roteava in alto, rimbalzava contro il candelabro e ricadeva pesantemente sulla scrivania di Vitious. «Harry... forse Moody crede che sia stato Piton a mettere il tuo nome nel Calice di Fuoco!»

«Oh, Ron» disse Hermione, scuotendo il capo scettica, «una volta pensavamo che Piton stesse cercando di uccidere Harry, ed è saltato fuori che gli stava salvando la vita, ti ricordi?»

Esiliò un cuscino che attraversò in volo la stanza e atterrò nello scatolone dove avrebbero dovuto finire tutti quanti. Harry guardò Hermione, ri-flettendo... era vero che Piton gli aveva salvato la vita una volta, ma la cosa strana era che Piton lo detestava a morte, proprio come aveva detestato il padre di Harry quando erano stati compagni di scuola. Piton adorava togliere punti a Harry, e certamente non aveva mai perso l'occasione per punirlo, o per suggerire la sua sospensione dalla scuola.

«Non m'importa che cosa dice Moody» riprese Hermione, «Silente non è

uno stupido. Ha avuto ragione a fidarsi di Hagrid e del professor Lupin, anche se un mucchio di gente non gli avrebbe dato un lavoro, e allora perché non dovrebbe aver ragione a proposito di Piton, anche se Piton è un po'...»

«... malvagio» concluse prontamente Ron. «Andiamo, Hermione, allora perché tutti questi cacciatori di Maghi Oscuri frugano nel suo ufficio?»

«Perché il signor Crouch finge di essere ammalato?» disse Hermione, ignorando Ron. «È un po' strano, no, che non ce la faccia a venire al Ballo del Ceppo ma riesca a venire quassù nel cuore della notte quando gli va?»

«A te non piace Crouch per via di quell'elfa, Winky» disse Ron, e spedì

un cuscino contro la finestra.

«E a te piace pensare che Piton stia tramando qualcosa» disse Hermione, spedendo il suo cuscino dritto nello scatolone.

«A me piacerebbe sapere che cos'ha fatto Piton della sua prima possibilità, se adesso è alla seconda» rispose Harry cupo, e il suo cuscino, con sua gran sorpresa, volò attraverso la stanza e atterrò con precisione su quello di Hermione.

*

Per soddisfare il desiderio di Sirius di sapere tutto ciò che di strano accadeva a Hogwarts, quella sera Harry gli spedì una lettera via gufo bruno, e gli raccontò tutto: che il signor Crouch era penetrato nell'ufficio di Piton, e della conversazione tra Moody e Piton. Poi rivolse tutta la sua attenzione al problema più urgente che gli stava davanti: come sopravvivere sott'acqua per un'ora il 24 febbraio. A Ron piaceva l'idea di usare ancora l'Incantesimo di Appello: Harry aveva parlato di respiratori da sub, e Ron non capiva perché Harry non avrebbe dovuto farne arrivare uno dalla più vicina città babbana. Hermione demolì il piano sottolineando che, nell'improbabile eventualità che Harry riuscisse a imparare come si usa un respiratore entro il tempo massimo di un'ora, sarebbe stato di certo squalificato per infrazione al Codice Interna-zionale di Segretezza Magica: era troppo sperare che nessun Babbano avrebbe visto un respiratore filare per la campagna in direzione di Hogwarts.

«Naturalmente, la soluzione ideale sarebbe che ti Trasfigurassi in un sottomarino» disse. «Se solo avessimo già fatto Trasfigurazione umana! Ma non credo che si faccia prima del sesto anno, e può finire malissimo se non sai quello che fai...»

«Sì, non ho una gran voglia di andarmene in giro con un periscopio che mi spunta dalla testa» disse Harry. «Ma potrei sempre aggredire qualcuno davanti a Moody, così potrebbe trasformarmi lui...»

«Però sceglierebbe lui in cosa trasformarti» disse Hermione serissima.

«No, credo che la cosa migliore sia un incantesimo».

Così Harry, pensando che ben presto ne avrebbe avuto abbastanza della biblioteca per tutta la vita, si seppellì di nuovo tra i volumi polverosi, alla ricerca di un incantesimo che consentisse a un essere umano di sopravvivere senza ossigeno. Comunque, anche se lui, Ron e Hermione fecero ricerche all'ora di pranzo, la sera e per tutti i fine settimana, anche se Harry chiese alla professoressa McGranitt il permesso di usare il Reparto Proibito, e domandò aiuto perfino all'irritabile Madama Pince con quella sua aria da avvoltoio, non trovarono proprio niente che consentisse a Harry di trascorrere un'ora sott'acqua e di riuscire a raccontarlo. Familiari sensazioni di panico presero a tormentare Harry, che una volta ancora trovò difficile concentrarsi sulle lezioni. Il lago, che Harry aveva sempre dato per scontato come una delle tante parti del parco, catturava il suo sguardo tutte le volte che si trovava vicino a una finestra: una vasta massa di acqua gelata color grigio ferro, le cui cupe, ghiacciate profondità

cominciavano a sembrare remote quanto la luna.

Proprio come prima della sfida contro lo Spinato, il tempo scivolava via come se qualcuno avesse stregato gli orologi. Mancava una settimana al 24

febbraio (c'era ancora tempo)... mancavano cinque giorni (presto avrebbe trovato qualcosa)... tre giorni... (per favore, fa' che trovi qualcosa... per fa- vore... )

A meno due giorni, Harry cominciò a digiunare di nuovo. L'unica cosa buona della colazione il lunedì fu il ritorno del gufo bruno che aveva spedito a Sirius. Sfilò la pergamena, la srotolò e vide la lettera più breve che Sirius gli avesse mai scritto.

Mandami la data del prossimo fine settimana a Hogsmeade via stesso gufo.

Harry voltò il foglietto, sperando di trovare qualcos'altro, ma era in bianco.

«Fra due fine settimana» sussurrò Hermione, che aveva letto il messaggio da sopra la spalla di Harry. «Tieni... prendi la mia penna e rimanda subito indietro il gufo». Harry scarabocchiò la data sul retro della lettera di Sirius, legò di nuovo quest'ultima alla zampa del gufo bruno e lo guardò decollare. Che cosa si era aspettato? Un consiglio su come sopravvivere sott'acqua? Aveva pensato solo a raccontare a Sirius tutto di Piton e Moody, e così si era dimenticato di parlare dell'indovinello dell'uovo.

«Perché vuole sapere del prossimo fine settimana a Hogsmeade?» chiese Ron.

«Non so» rispose Harry sordamente. La temporanea felicità che lo aveva pervaso alla vista del gufo era svanita. «Andiamo... Cura delle Creature Magiche».

Harry non sapeva se Hagrid volesse farsi perdonare per gli Schiopodi Sparacoda, o se fosse perché ne erano rimasti solo due, o perché stava cercando di dimostrare di essere all'altezza della professoressa Caporal, ma comunque da quando era tornato al lavoro aveva continuato le lezioni sugli unicorni. Saltò fuori che Hagrid sugli unicorni la sapeva lunga quanto sui mostri, anche se era chiaro che trovava deludente la loro mancanza di zanne velenose. Quel giorno era riuscito a catturare due puledri di unicorno. A differenza degli esemplari adulti, erano d'oro puro. Calì e Lavanda furono rapite alla loro vista, e anche Pansy Parkinson dovette fare uno sforzo per nascondere quanto le piacevano.

«Sono più facili da vedere degli adulti» disse Hagrid alla classe. «Diventano d'argento quando hanno due anni, e a quattro ci cresce il corno. Non diventano bianchi finché non sono cresciuti, più o meno a sette anni. Da cuccioli sono un po' più tranquilli... quasi quasi ci piacciono anche i maschi... dai, venite avanti, potete accarezzarli se vi va... dateci un po' di questi zuccherini...

«Stai bene, Harry?» borbottò Hagrid avvicinandosi a lui mentre tutti gli altri si assiepavano attorno ai piccoli unicorni.

«Sì» rispose Harry.

«Sei solo nervoso, eh?» disse Hagrid.

«Un po'» rispose Harry.

«Harry» disse Hagrid, battendogli una manona sulla spalla, così che Harry piegò le ginocchia sotto il peso, «mi preoccupavo prima di vederti alle prese con quello Spinato, ma adesso lo so che puoi fare tutto quello che ti metti in testa. Non ho proprio nessun pensiero. Sarai bravissimo. Hai già risolto l'indovinello, vero?»

Harry annuì, ma nel farlo fu sopraffatto dal folle desiderio di confessare che non aveva idea di come sopravvivere in fondo al lago. Alzò gli occhi verso Hagrid: forse qualche volta doveva immergersi nel lago, per trattare con le creature che lo popolavano? Dopotutto si occupava di tutto il resto del parco...

«Vincerai» ringhiò Hagrid, battendo di nuovo sulla spalla di Harry, che si sentì sprofondare un altro po' nel terreno fangoso. «Lo so. Me lo sento. Vincerai, Harry» .

Harry non ebbe cuore di cancellare il sorriso lieto e fiducioso dalla faccia di Hagrid. Fingendo di essere interessato ai cuccioli di unicorni, si sforzò a sua volta di sorridere e andò con gli altri ad accarezzarli.

*

La sera prima della seconda prova, Harry si sentiva prigioniero di un incubo. Era pienamente consapevole che se anche per miracolo fosse riuscito a scoprire un incantesimo adatto, imparare a padroneggiarlo nel giro di una notte era un'impresa disperata.

Come aveva fatto a ridursi così? Perché non si era messo a lavorare prima sull'indovinello? Perché si era distratto in classe? E se un insegnante una volta avesse accennato a come respirare sott'acqua?

Lui, Ron e Hermione erano seduti in biblioteca mentre fuori il sole tramontava, sfogliando febbrilmente pagine e pagine di incantesimi, nascosti l'uno all'altro da enormi pile di libri. Harry aveva un gran tuffo al cuore tutte le volte che su una pagina vedeva la parola «acqua», ma quasi sempre era roba del tipo «Prendete due pinte d'acqua, mezza libbra di foglie di mandragola a pezzetti e un tritone...»

«Non credo che ci riusciremo» disse Ron con voce inespressiva dall'altro capo del tavolo. «Non c'è niente. Niente. Quello che ci va più vicino è

quella roba per prosciugare pozzanghere e stagni, quell'Incantesimo Essiccante, ma non è nemmeno vagamente così potente da svuotare il lago».

«Eppure dev'esserci qualcosa» borbottò Hermione, avvicinandosi una candela. Aveva gli occhi così stanchi che stava china sui minuscoli caratteri di Antichi Stregamenti e Incanti Obliati col naso a due centimetri dalla pagina. «Non possono aver preparato una prova infattibile».

«E invece sì» disse Ron. «Harry, domani vai giù al lago, va bene, ci ficchi dentro la testa, urli a quelle sirene di restituirti quello che ti hanno rubato e sta' un po' a vedere se lo ributtano fuori. È il meglio che tu possa fare, amico».

«Un modo c'è!» disse Hermione contrariata. «Ci deve essere!»

Aveva l'aria di prendere la mancanza di informazioni utili in biblioteca come un affronto personale; la biblioteca non l'aveva mai tradita prima.

«Lo so che cosa dovevo fare» disse Harry, giacendo a faccia in giù su Trucchi Sfiziosi per Tipi Scherzosi. «Avrei dovuto imparare a diventare un Animagus come Sirius».

«Sì, così potevi trasformarti in un pesce rosso quando ti andava!» disse Ron.

«O in una rana» disse Harry sbadigliando. Era sfinito.

«Ci vogliono anni per diventare Animagus, e poi devi iscriverti al registro» disse Hermione in tono vago, strizzando gli occhi per scrutare l'indice di Curiosi Dilemmi Magici e Loro Soluzioni. «Ce l'ha detto la professoressa McGranitt, vi ricordate... bisogna iscriversi all'Ufficio per l'Uso Improprio della Magia... dichiarare in che tipo di animale sei in grado di trasformarti, e le tue caratteristiche, perché non puoi farlo quando ne hai voglia...»

«Hermione, stavo scherzando» disse stancamente Harry. «Lo so che non ho uno straccio di possibilità di trasformarmi in una rana di qui a domani mattina...»

«Oh, questo non serve» disse Hermione, chiudendo con un colpo secco Curiosi Dilemmi Magici e Loro Soluzioni. «Chi mai vorrebbe farsi crescere il naso a riccioli?»

«A me non dispiacerebbe» disse la voce di Fred Weasley. «Sarebbe un bell'argomento di conversazione, no?»

Harry, Ron e Hermione alzarono lo sguardo. Fred e George erano appena spuntati da dietro una scaffalatura.

«Che cosa ci fate voi due qui?» chiese Ron.

«Vi stavamo cercando» spiegò George. «La McGranitt vuole vederti, Ron. E anche te, Hermione».

«Perché?» domandò Hermione, sorpresa.

«Non so... era un po' triste, però» disse Fred.

«Dobbiamo accompagnarvi giù nel suo ufficio» disse George. Ron e Hermione fissarono Harry, che si sentì sprofondare lo stomaco. La professoressa McGranitt avrebbe dato una strigliata a Ron e Hermione per quanto lo stavano aiutando, quando avrebbe dovuto scoprire come affrontare la prova da solo?

«Ci rivediamo in sala comune» disse Hermione a Harry alzandosi per andare via con Ron: erano tutti e due parecchio preoccupati. «Porta tutti i libri che riesci, ok?»

«Va bene» disse Harry inquieto.

Alle otto, Madama Pince aveva spento tutte le lampade e venne a cacciar via Harry dalla biblioteca. Barcollando sotto il peso di tutti i libri che riusciva a trasportare, Harry tornò nella sala comune di Grifondoro, trascinò

un tavolo in un angolo e riprese a cercare. Non c'era nulla in Mitiche Ma- gie per Stregoni Stravaganti... nulla in Guida alla Stregoneria Medievale... nemmeno un accenno a gesta subacquee in Antologia degli Incantesimi del Diciottesimo Secolo, né in Allucinanti Abitatori degli Abissi, né in Poteri che Non Sapevate di Avere: Cosa Farvene ora che Avete Aperto gli Occhi. Grattastinchi si arrampicò in grembo a Harry e si acciambellò, facendo le fusa. La sala comune si svuotò lentamente attorno a Harry. Tutti continuavano a fargli gli auguri per la mattina dopo con voci allegre e fiduciose come quella di Hagrid, tutti evidentemente convinti che stesse per mettere a segno un'altra stupefacente esibizione come quella che era riuscito a compiere nella prima prova. Harry non riusciva a rispondere, si limitava ad annuire, con la sensazione che gli si fosse incastrata in gola una pallina da golf. Dalle dieci a mezzanotte rimase solo nella stanza con Grattastinchi. Aveva sfogliato tutti i libri che restavano, e Ron e Hermione non erano tornati.

È finita, si disse. Non puoi farcela. Domattina ti toccherà andare giù al lago e dire ai giudici...

Si vide mentre spiegava che non poteva affrontare la prova. Immaginò

gli occhi di Bagman sgranati dallo stupore, il sorriso giallastro e compiaciuto di Karkaroff. Riusciva quasi a sentire la voce di Fleur Delacour: «Lo sapevo... è troppo piccolo, è solamonte un ragazzino». Vide Malfoy far lampeggiare la spilla POTTER FA SCHIFO davanti alla folla, vide il volto mortificato e incredulo di Hagrid...

Dimenticando di avere in grembo Grattastinchi, Harry si alzò di botto; Grattastinchi soffiò irato mentre piombava a terra, rivolse a Harry uno sguardo di disgusto e se ne andò con la coda a scovolo per aria, ma Harry stava già correndo su per la scala a chiocciola che portava al dormitorio... voleva prendere il Mantello dell'Invisibilità e tornare in biblioteca, sarebbe rimasto là tutta la notte, se ce n'era bisogno...

« Lumos» sussurrò quindici minuti più tardi, mentre apriva la porta della biblioteca.

Con la punta della bacchetta accesa, sgattaiolò lungo gli scaffali, sfilando altri libri: libri di stregonerie e di incantesimi, libri sulle sirene e sui mostri marini, libri su maghi e streghe celebri, su invenzioni magiche, su qualunque cosa potesse comprendere una citazione di passaggio su come sopravvivere sott'acqua. Li portò tutti a un tavolo, poi si mise al lavoro, consultandoli alla debole luce della bacchetta, controllando l'orologio di quando in quando...

L'una del mattino... le due... il solo modo di andare avanti era continuare a ripetersi: 'Nel prossimo libro... nel prossimo... nel prossimo...'

*

La sirena del quadro nel bagno dei Prefetti rideva. Harry galleggiava come un tappo nell'acqua spumeggiante vicino alla sua roccia, mentre lei teneva la Firebolt in alto, fuori dalla sua portata.

«Vieni a prenderla!» ridacchiava maliziosamente. «Vai, salta!»

«Non posso» disse Harry affannato, allungandosi verso la Firebolt, e cercando di non finire sott'acqua. «Dammela!»

Ma lei lo colpi al fianco con il manico della scopa, sghignazzando.

«Fa male... vattene... ahia...»

«Harry Potter si deve svegliare, signore!»

«Smettila di picchiarmi...»

«Dobby deve picchiare Harry Potter, signore, deve svegliarsi!»

Harry aprì gli occhi. Si trovava ancora in biblioteca; il Mantello dell'Invisibilità gli era scivolato via nel sonno, e la guancia era appiccicata alle pagine di Dove c'è una Bacchetta, c'è un Modo. Si alzò a sedere, raddrizzandosi gli occhiali, strizzando gli occhi alla chiara luce del giorno.

«Harry Potter deve sbrigarsi!» strillò Dobby. «La seconda prova comincia fra dieci minuti, e Harry Potter...»

«Dieci minuti?» gracchiò Harry. «Dieci... dieci minuti

Guardò l'orologio. Dobby aveva ragione. Erano le nove e venti. Un grosso peso morto parve sfondare il petto di Harry e invadergli lo stomaco.

«Presto, Harry Potter!» squittì Dobby, tirando Harry per la manica. «Tu dovrebbe essere giù al lago con gli altri campioni, signore!»

«È troppo tardi, Dobby» disse Harry disperato. «Non affronterò la seconda prova, non so come...»

«Harry Potter farà la seconda prova!» squittì l'elfo. «Dobby lo sapeva che Harry non aveva trovato il libro giusto, così Dobby l'ha fatto al posto suo!»

«Cosa?» esclamò Harry. «Ma tu non sai qual è la seconda prova...»

«Dobby lo sa, signore! Harry Potter deve andare dentro il lago e trovare quello rosso...»

«Trovare che cosa?»

«... e portar via quello rosso alle sirene!»

«Che cos'è quello rosso?»

«Il suo amico rosso, signore, quello rosso... quello rosso che ha regalato a Dobby il golfino!»

Dobby si tirò il golfino marrone ristretto che portava sopra i pantaloncini.

« Cosa? » esclamò Harry senza fiato. «Hanno preso... hanno preso Ron

«Ciò che mancherà a Harry Potter, signore!» squittì Dobby. «E tempo un'ora...»

«... 'mala sorte avrà' » recitò Harry, fissando l'elfo, paralizzato dal terrore, « 'ciò che fu preso mai ritornerà...' Dobby... che cosa devo fare?»

«Harry Potter deve mangiare questo, signore!» strillò l'elfo, e s'infilò una mano nella tasca dei pantaloncini per estrarne una pallottola di quelle che sembravano viscide code di ratto di un verde grigiastro. «Appena prima di entrare nel lago, signore... è Algabranchia!»

«A cosa serve?» disse Harry, fissando l'Algabranchia.

«Farà respirare Harry Potter sott'acqua, signore!»

«Dobby» disse Harry agitatissimo, «ascoltami... ne sei sicuro?»

Non poteva fare a meno di ricordare che l'ultima volta che Dobby aveva cercato di 'aiutarlo', si era ritrovato senz'ossa nel braccio destro.

«Dobby è molto sicuro, signore!» disse l'elfo convinto. «Dobby ascolta, signore, è un elfo domestico, va su e giù per il castello ad accendere le luci e pulire i pavimenti, Dobby ha sentito la professoressa McGranitt e il professor Moody in sala professori che parlavano della prossima prova... Dobby non può permettere che Harry Potter si perde il suo rosso!»

I dubbi di Harry svanirono. Balzando in piedi, si tolse il Mantello dell'Invisibilità, lo ficcò nella borsa, prese l'Algabranchia e se la mise in tasca, poi si precipitò fuori dalla biblioteca con Dobby alle calcagna.

«Dobby dovrebbe essere in cucina, signore!» strillò Dobby mentre irrompevano in corridoio. «Si accorgeranno che Dobby non c'è... buona fortuna, Harry Potter, signore, buona fortuna!»

«A più tardi, Dobby!» gridò Harry, e sfrecciò lungo il corridoio e giù per le scale, facendo i gradini tre alla volta.

Nella Sala d'Ingresso c'erano pochi ritardatari, che avevano lasciato la Sala Grande dopo colazione e ora uscivano dal portone di quercia per andare ad assistere alla seconda prova. Rimasero sbigottiti alla vista di Harry che sfrecciava via, travolgendo Colin e Dennis Canon mentre balzava giù

dai gradini di pietra e si precipitava nel parco luminoso e gelato. Correndo giù per il prato vide che i sedili che a novembre avevano circondato la staccionata dei draghi ora erano disposti sulla riva opposta, schierati in tribune colme fino a scoppiare che si riflettevano nel lago di sotto; il chiacchiericcio eccitato della folla echeggiava stranamente sull'acqua mentre Harry correva a gambe levate dall'altra parte del lago, verso i giudici, che erano seduti a un altro tavolo ricoperto d'oro, sulla riva. Cedric, Fleur e Krum erano accanto al tavolo dei giudici, e guardavano Harry sfrecciare verso di loro.

«Sono... qui...» disse Harry ansimando, fermandosi di colpo nel fango e schizzando senza volerlo l'abito di Fleur.

«Dove sei stato?» disse una voce autoritaria in tono di disapprovazione.

«La prova sta per cominciare!»

Harry si voltò. Percy Weasley sedeva al tavolo dei giudici: il signor Crouch era di nuovo assente.

«Insomma, insomma, Percy!» disse Ludo Bagman, che sembrava decisamente sollevato di vedere Harry. «Lasciagli riprendere fiato!»

Silente sorrise a Harry, ma Karkaroff e Madame Maxime non sembravano affatto contenti di vederlo... era ovvio dai loro sguardi che erano convinti che non si sarebbe presentato. Harry si chinò, le mani sulle ginocchia, cercando di prendere fiato; aveva una fitta al fianco, come un coltello piantato tra le costole, ma non c'era tempo per liberarsene; Ludo Bagman si muoveva tra i campioni, disponendoli lungo la riva a tre metri di distanza l'uno dall'altro. Harry era l'ultimo della fila, vicino a Krum, che indossava i calzoncini da bagno e aveva la bacchetta pronta.

«Tutto a posto, Harry?» sussurrò Ludo Bagman, mentre lo allontanava ancora un po' da Krum. «Sai quello che devi fare?»

«Sì» sbuffò Harry, massaggiandosi le costole.

Bagman gli diede una strizzatina alla spalla, e tornò al tavolo dei giudici; puntò la bacchetta verso la propria gola come aveva fatto alla Coppa del Mondo, disse « Sonorus! » e la sua voce si levò fragorosa verso le tribune, al di là dell'acqua scura.

«Bene, tutti i nostri campioni sono pronti per la seconda prova, che comincerà al mio fischio. Hanno un'ora esatta per recuperare ciò che è stato sottratto loro. Uno... due... tre

Il fischio echeggiò acuto nell'acqua fredda e immobile; le tribune risuonarono di urla e applausi; senza voltarsi a guardare che cosa facevano gli altri campioni, Harry si tolse le scarpe e le calze, estrasse dalla tasca la manciata di Algabranchia, se la ficcò in bocca ed entrò nel lago. Era così freddo che sentì la pelle delle gambe bruciare come se fosse fuoco e non acqua ghiacciata. La veste inzuppata lo appesantiva mentre avanzava sprofondando; ora l'acqua gli arrivava oltre le ginocchia, e i piedi, che diventavano rapidamente insensibili, slittavano sul limo e sulle piatte pietre scivolose. Masticava l'Algabranchia più in fretta e con più vigore che poteva; era sgradevolmente viscida e gommosa, come tentacoli di polpo. Quando l'acqua gli arrivava ormai alla vita si fermò, deglutì e aspettò che succedesse qualcosa. Sentiva le risate della folla, e sapeva di avere un'aria stupida, lì a camminare nel lago senza mostrare alcuna traccia di poteri magici. Ciò che di lui era ancora asciutto era coperto di pelle d'oca; semisommerso dall'acqua gelata, mentre un venticello crudele lo spettinava, Harry prese a tremare violentemente. Evitò di guardare le tribune; le risate si facevano più alte, e si udivano fischi e grida di scherno dei Serpeverde...

Poi, all'improvviso, Harry si sentì come se qualcuno gli stesse premendo un cuscino invisibile sul naso e sulla bocca. Cercò di inspirare, ma gli girava la testa; aveva i polmoni vuoti, e d'un tratto provò un dolore acuto da entrambi i lati del collo...

Harry si strinse le mani attorno alla gola, e avvertì due grossi tagli proprio sotto le orecchie, che sbatacchiavano nell'aria fredda... aveva le bran- chie. Senza riflettere, fece l'unica cosa sensata: si tuffò in acqua. La prima sorsata di gelido lago fu come un soffio vitale. La testa non gli girava più; inghiottì altra acqua e la sentì scorrere attraverso le branchie, inviando ossigeno al cervello. Tese le mani davanti a sé e le guardò. Erano verdi e spettrali sott'acqua, ed erano diventate palmate. Si contorse per guardarsi i piedi nudi: si erano allungati ed erano anch'essi palmati; era come se gli fossero cresciute delle pinne.

E nemmeno l'acqua sembrava più gelata... al contrario, si sentiva piacevolmente rinfrescato, e leggerissimo... Harry si slanciò in avanti, stupito dalla rapidità con cui avanzava, grazie ai piedi pinnati, e si accorse che ci vedeva chiaramente, senza aver più bisogno di sbattere le palpebre. Ben presto non riuscì più a scorgere il fondo del lago: allora si rigirò e si tuffò

dritto verso l'abisso.

Il silenzio premeva contro le orecchie mentre sprofondava in uno strano, tetro, nebuloso paesaggio. Vedeva solo nel raggio di tre metri, e mentre filava nell'acqua nuove immagini affioravano all'improvviso dall'oscurità

sempre più fitta; foreste di alghe nere aggrovigliate che oscillavano, vaste piane di fango coperto di scure pietre luccicanti. Nuotò sempre più giù, verso il centro del lago, gli occhi bene aperti, fissando l'acqua pervasa di un misterioso lucore grigiastro attorno a lui fino alle ombre più giù, dove diventava opaca.

Piccoli pesci saettavano oltrepassandolo come frecce d'argento. Una o due volte gli parve di vedere qualcosa di più grosso muoversi davanti a lui, ma quando si avvicinò, scoprì che non era altro che un grosso tronco annerito, o un fitto cespo di alghe. Non c'era traccia degli altri campioni, di sirene, di Ron - né, per fortuna, della piovra gigante. Alghe di un verde brillante si allungavano davanti a lui a vista d'occhio, alte più di mezzo metro, come un prato di erba molto cresciuta. Harry fissava davanti a sé senza strizzare gli occhi, cercando di distinguere le forme nell'oscurità... e poi, senza preavviso, qualcosa gli afferrò una caviglia. Harry si voltò indietro e vide un Avvincino, un piccolo demone acquatico cornuto, spuntare dalle alghe, le lunghe dita strette attorno alla sua gamba, le zanne puntute scoperte. Harry infilò in fretta la mano palmata nella veste e frugò in cerca della bacchetta: il tempo di afferrarla, e altri due Avvincini erano affiorati dal tappeto di alghe, si erano aggrappati alla veste di Harry e tentavano di trascinarlo giù.

« Relascio! » urlò Harry, ma non uscì alcun suono... una grossa bolla gli scivolò fuori dalla bocca, e la bacchetta, invece di spedire scintille all'indirizzo degli Avvincini, scagliò loro quello che pareva un getto di acqua bollente, perché sulla loro pelle verde, nei punti colpiti, comparvero macchie di un vivido rosso. Harry sfilò la caviglia dalla presa dell'Avvincino e nuotò più veloce che poteva, sparando di quando in quando altri getti di acqua bollente oltre la spalla, dietro di sé, a caso; ogni tanto un Avvincino tentava di nuovo di afferrargli il piede, e scalciava forte; alla fine, sentì il piede cozzare contro un cranio cornuto e guardando indietro vide l'Avvincino stordito allontanarsi nell'acqua, arrabbiato, mentre i suoi compagni alzavano i pugni contro Harry e ripiombavano tra le alghe. Harry rallentò un po', nascose la bacchetta sotto la veste e si guardò intorno, tendendo di nuovo l'orecchio. Si voltò del tutto, il silenzio che premeva più forte che mai contro i timpani. Sapeva di trovarsi ancora più in basso, ora, ma nulla si muoveva, a parte le alghe oscillanti.

«Come va?»

A Harry venne quasi un infarto. Si voltò di scatto e vide Mirtilla Malcontenta che fluttuava confusamente davanti a lui, guardandolo attraverso le spesse lenti perlacee.

«Mirtilla!» Harry cercò di gridare: ma ancora una volta dalla sua bocca non uscì altro che una grossa bolla. Mirtilla Malcontenta invece fece una risatina.

«Devi provare laggiù!» disse, indicando col dito. «Io non verrò con te... non mi piacciono granché, mi inseguono sempre quando mi avvicino troppo...»

Harry alzò i pollici per ringraziarla e ripartì, facendo attenzione a nuotare un po' più su rispetto alle alghe, per evitare altri Avvincini in agguato lì

sotto.

Continuò a nuotare per almeno una ventina di minuti. Stava passando sopra vaste distese di fango nero, che vorticavano oscure mentre spostava l'acqua. Poi, finalmente, sentì un frammento del canto ammaliante delle sirene.

«Hai tempo un'ora per poter cercare

quel che rubammo. Non esitare...»

Harry nuotò più in fretta, e presto vide una grossa roccia spuntare nell'acqua fangosa davanti a sé. Sopra c'erano disegni che raffiguravano il popolo sirenesco; i personaggi brandivano lance e inseguivano quello che sembrava la piovra gigante. Harry superò la roccia, seguendo la canzone delle sirene.

«...metà del tempo hai speso, or non ti attardare

se ciò a cui tieni vuoi recuperare...»

Un mucchio di edifici di pietra viva macchiati di alghe apparvero all'improvviso dall'oscurità, da tutti i lati. Qua e là alle scure finestre Harry vide dei volti... volti che non avevano alcuna somiglianza con il dipinto della sirena nel bagno dei Prefetti... Il popolo delle sirene aveva la pelle grigiastra e lunghe, arruffate chiome verde scuro. Gli occhi erano gialli, come i denti spezzati, e portavano spesse collane di ciottoli attorno al collo. Sguardi maligni seguirono Harry al suo passaggio; un paio di tritoni affiorarono dalle caverne per osservarlo meglio, le potenti code pinnate d'argento che battevano l'acqua, le lance strette in mano.

Harry accelerò, guardandosi attorno, e ben presto le caverne diventarono più numerose; c'erano giardini di alghe attorno ad alcune, e vide perfino un Avvincino domestico legato a un palo fuori da una porta. Il popolo delle sirene spuntava da tutte le parti, osservandolo con curiosità, indicando le sue mani palmate e le branchie, parlottando e nascondendosi dietro le mani. Harry svoltò un angolo in fretta, e davanti ai suoi occhi comparve uno spettacolo molto strano.

Una folla di sirene e tritoni nuotava davanti alle case che fiancheggiavano quella che sembrava la versione sirenesca della piazza di un villaggio. Al centro cantava un coro di sirene, per attirare i campioni, e dietro si ergeva una statua molto rozza: un tritone gigantesco sbozzato in una roccia. Quattro persone erano legate strette alla sua coda di pietra. Ron stava tra Hermione e Cho Chang. C'era anche una ragazzina che non dimostrava più di otto anni, e la sua nube di capelli di un biondo argenteo convinse Harry che dovesse trattarsi della sorella di Fleur Delacour. Tutti e quattro sembravano immersi in un sonno profondo. Le loro teste ciondolavano sulle spalle, e fili sottili di bollicine salivano dalle loro bocche. Harry si affrettò ad avvicinarsi ai prigionieri, aspettandosi quasi che i tritoni abbassassero le lance e lo attaccassero, ma quelli non fecero nulla. Le corde d'alga che tenevano avvinti gli ostaggi alla statua erano spesse, viscide e molto robuste. Per un furtivo istante Harry pensò al coltellino che Sirius gli aveva regalato a Natale: chiuso nel suo baule al castello a un quarto di miglia di distanza, non gli era di alcun aiuto. Si guardò intorno. Molti dei tritoni che li circondavano erano armati di lance. Nuotò rapido verso uno alto più di due metri con una lunga barba verde e una collanina di denti di squalo, e cercò di chiedergli a gesti la lancia. Il tritone scoppiò a ridere e scosse il capo.

«Noi non aiutiamo» disse con voce aspra e roca.

«ANDIAMO!» esclamò Harry furioso (ma dalla sua bocca non uscirono altro che bolle), e cercò di sfilare la lancia dalla mano del tritone, ma que-st'ultimo la allontanò, scuotendo la testa e ridendo. Harry si voltò in fretta, guardando nell'acqua. Qualcosa di affilato... qualunque cosa... Sul fondo del lago c'erano un sacco di pietre. Si tuffò e ne afferrò una particolarmente tagliente, e tornò verso la statua. Cominciò a segare le funi che legavano Ron, e dopo parecchi minuti di duro lavoro finalmente si spezzarono. Ron, svenuto, si sollevò fluttuando dal fondo del lago, sospinto dalla corrente. Harry si guardò intorno. Non c'era traccia degli altri campioni. A che gioco stavano giocando? Perché non si sbrigavano? Si voltò verso Hermione, brandì la pietra tagliente e cominciò a segare anche le sue funi... All'improvviso, parecchie robuste mani grigie lo afferrarono. Una mezza dozzina di tritoni lo stavano allontanando da Hermione: agitavano le teste verdecrinite e ridevano.

«Tu prendi il tuo prigioniero» gli disse uno di loro. «Lascia gli altri...»

«Non se ne parla!» disse Harry arrabbiato: ma dalla sua bocca uscirono solo due grosse bolle.

«Il tuo compito è salvare il tuo amico... lascia gli altri...»

«Anche lei è mia amica!» strillò Harry, indicando Hermione, e un'enorme bolla argentata scivolò senza alcun rumore tra le sue labbra. «E non voglio che nemmeno loro muoiano!»

Cho aveva il capo posato sulla spalla di Hermione; la bambina coi capelli d'argento era pallidissima, di un verde spettrale. Harry lottò per respingere i tritoni, ma quelli risero più forte, trattenendolo. Harry si guardò intorno, disperato. Dov'erano gli altri campioni? Ce la faceva a portare su Ron e a tornare giù a recuperare Hermione e le altre? Sarebbe riuscito a ritrovarle? Guardò l'orologio per vedere quanto tempo gli restava: si era fermato. Ma in quel momento i tritoni attorno a lui cominciarono a indicare eccitati qualcosa sopra di lui. Harry guardò in su e vide Cedric nuotare verso di loro. Attorno alla testa aveva una bolla enorme, che faceva sembrare i suoi lineamenti stranamente larghi e deformati.

«Mi sono perso!» disse, muovendo solo le labbra, terrorizzato. «Fleur e Krum stanno arrivando!»

Infinitamente sollevato, Harry guardò Cedric estrarre un coltello dalla tasca e liberare Cho. La portò verso l'alto, finché sparirono. Harry si guardò intorno, in attesa. Dov'erano Fleur e Krum? Il tempo stringeva e, secondo la canzone, gli ostaggi sarebbero stati perduti dopo un'ora...

I tritoni presero a strillare agitati. Quelli che immobilizzavano Harry allentarono la presa e si volsero indietro. Harry si voltò e vide qualcosa di mostruoso che fendeva l'acqua sopra di loro: un corpo umano in calzoncini da bagno, con la testa di squalo... era Krum. Evidentemente si era Trasfigurato: però male. L'uomo-squalo nuotò diritto verso Hermione e prese ad addentare e a mordere le funi: il guaio era che i nuovi denti di Krum si trovavano in una posizione difficile per mordere qualunque cosa più piccola di un delfino, e Harry era sicuro che se Krum non fosse stato attento, avrebbe tagliato in due Hermione. Sfrecciando in avanti, diede una gran botta sulla spalla di Krum, e gli tese la pietra tagliente. Krum la afferrò e cominciò a liberare Hermione. Entro pochi secondi ce l'aveva fatta; prese Hermione per la vita e, senza guardarsi indietro, cominciò a risalire rapidamente con lei verso la superficie.

E adesso? Harry pensò disperato. Se fosse stato sicuro che Fleur era in arrivo... Ma non c'era ancora traccia di lei. Non c'era nulla... Raccolse la pietra che Krum aveva lasciato cadere, ma i tritoni si chiusero attorno a Ron e alla ragazzina, scuotendo di nuovo la testa. Harry estrasse la bacchetta. «Toglietevi di mezzo!»

Dalla sua bocca uscirono solo bolle, ma ebbe la chiara impressione che i tritoni lo avessero capito, perché all'improvviso cessarono di ridere. I loro occhi giallastri erano puntati sulla bacchetta di Harry, e sembravano spaventati. Potevano anche essere in netta maggioranza, ma Harry capì dalle loro espressioni che di magia ne sapevano quanto la piovra gigante.

«Vi do tempo fino al tre!» urlò Harry; emise un fiotto di bolle, ma levò

tre dita tese per assicurarsi che avessero capito il messaggio. «Uno...» (abbassò un dito) «due...» (abbassò il secondo)... Si dispersero. Harry scattò in avanti e prese a colpire le funi che legavano la bambina alla statua; e finalmente fu libera. La prese per la vita, afferrò il colletto dell'abito di Ron e si allontanò scalciando dal fondo. La salita fu lentissima. Non poteva più usare le mani palmate per spingersi in avanti; agitava furiosamente le pinne, ma Ron e la sorellina di Fleur erano come sacchi pieni di patate che lo trascinavano in giù... puntò

gli occhi verso il cielo, anche se sapeva di essere ancora molto in profondità, l'acqua sopra di lui era così scura... I tritoni salivano con lui. Li vedeva guizzare disinvoltamente attorno a lui e osservarlo nella sua lotta dentro l'acqua... lo avrebbero tirato di nuovo giù in fondo, a tempo scaduto? Forse mangiavano gli umani? Le gambe gli si stavano bloccando per lo sforzo di continuare a nuotare; le spalle gli facevano un male terribile per la fatica di trascinare Ron e la bambina... Respirava con estrema difficoltà. Sentì di nuovo male ai lati del collo... avvertì la sensazione dell'acqua che gli riempiva la bocca... eppure l'oscurità scemava a vista d'occhio... vide la luce del giorno sopra di lui... Scalciò forte con le pinne e scoprì che non erano altro che piedi... l'acqua gli scorreva in bocca e gli invadeva i polmoni... cominciava a sentirsi stordito, ma sapeva che la luce e l'aria erano a soli tre metri di distanza... doveva arrivarci... doveva... Harry agitò le gambe così forte e così veloce che fu come se i suoi muscoli urlassero per protestare; era come se il cervello gli si fosse impregnato d'acqua, non riusciva a respirare, aveva bisogno di ossigeno, doveva continuare a muoversi, non poteva fermarsi...

E poi sentì la testa infrangere la superficie del lago; l'aria pura, fredda e meravigliosa, gli punse la faccia bagnata; la inghiottì, con la sensazione di non aver mai davvero respirato prima, e ansimando tirò su anche Ron e la bambina. Tutto intorno, teste arruffate di capelli verdi affioravano dall'acqua con lui, ma ora gli sorridevano. La folla sulle tribune faceva un gran baccano; pareva che tutti fossero in piedi a urlare e sgolarsi; forse credevano che Ron e la bambina fossero morti, ma si sbagliavano; avevano entrambi aperto gli occhi; la bambina sembrava spaventata e confusa, ma Ron si limitò a sputare un gran getto d'acqua, strizzò gli occhi alla luce forte, si voltò verso Harry e disse: «È

bagnata, eh?» Poi vide la sorellina di Fleur. «Perché l'hai portata su?»

«Fleur non si è vista. Non potevo lasciarla là» disse Harry ansante.

«Harry, scemo» disse Ron, «non avrai preso sul serio quella canzone, eh? Silente non avrebbe permesso che nessuno di noi annegasse!»

«Ma la canzone diceva...»

«Solo per far sì che tu tornassi entro il tempo limite!» disse Ron. «Spero che tu non abbia perso tempo là sotto a fare l'eroe!»

Harry si sentì stupido e arrabbiato insieme. Per Ron andava tutto bene; lui dormiva, lui non si era accorto di come tutto era inquietante laggiù in fondo al lago, attorniati da tritoni armati di lance che sembravano più che disposti a uccidere.

«Andiamo» disse Harry in tono asciutto, «dammi una mano, non credo che sappia nuotare bene».

Trascinarono la sorellina di Fleur nell'acqua, verso la riva dove i giudici erano schierati a guardare, con venti tritoni che li scortavano come una guardia d'onore, cantando le loro terrificanti canzoni stridule. Harry vide Madama Chips affannarsi attorno a Hermione, Krum, Cedric e Cho, tutti avvolti in pesanti coperte. Silente e Ludo Bagman rivolsero a Harry e Ron un gran sorriso dalla riva mentre questi si avvicinavano a nuoto, ma Percy, che era molto pallido e sembrava in qualche modo molto più giovane del solito, venne loro incontro schizzando acqua. Nel frattempo Madame Maxime cercava di trattenere Fleur Delacour, che era pressoché isterica e lottava con le unghie e con i denti per tornare in acqua.

«Gabrielle! Gabrielle! È viva? È ferita? »

«Sta bene!» cercò di dirle Harry, ma era così sfinito che riusciva a stento a parlare - figuriamoci a gridare.

Percy afferrò Ron e lo trascinò a riva («Mollami, Percy, sto benissimo!»); Silente e Bagman rimisero in piedi Harry; Fleur si liberò dalla presa di Madame Maxime e abbracciò la sorella.

«Sono stati gli Avvinscini... mi agredivano... oh, Gabrielle, credevo... credevo...»

«Venite qui, voi» disse Madama Chips; afferrò Harry e lo spinse verso Hermione e gli altri, lo avvolse così stretto in una coperta che gli parve di trovarsi dentro una camicia di forza, e lo costrinse a trangugiare una dose di pozione bollente. Un fiotto di vapore gli uscì dalle orecchie.

«Harry, sei stato grande!» gridò Hermione. «Ce l'hai fatta, hai trovato il modo, da solo!»

«Be'...» cominciò Harry. Le avrebbe voluto dire di Dobby, ma aveva appena notato che Karkaroff lo stava osservando. Era il solo giudice a non essersi alzato dal tavolo; il solo giudice a non dar segno di soddisfazione e sollievo per il fatto che Harry, Ron e la sorellina di Fleur erano tornati sani e salvi. «Sì, proprio cosi» concluse Harry, alzando appena la voce in modo da farsi sentire da Karkaroff.

«Tu ha scarabeo per la testa, Herr-Mioni» disse Krum.

Pareva che Krum cercasse di attirare l'attenzione di Hermione, forse per ricordarle che l'aveva appena salvata dal lago, ma lei scacciò bruscamente lo scarabeo e disse: «Però hai superato il tempo massimo, Harry... Ci hai messo un secolo a trovarci?»

«No... vi ho trovati facilmente...»

Harry si sentiva sempre più stupido. Ora che era fuori dall'acqua, gli pareva perfettamente chiaro che le misure di sicurezza di Silente non avrebbero consentito la morte di un ostaggio solo perché il suo campione non si era fatto vedere. Perché non aveva preso Ron, e via? Sarebbe stato il primo a tornare su... Cedric e Krum non avevano perso tempo a preoccuparsi degli altri; non avevano preso sul serio la canzone delle sirene... Silente era accovacciato accanto all'acqua, immerso in una fitta conversazione con quella che sembrava la leader del popolo delle sirene, una femmina dall'aria particolarmente selvaggia e feroce. Stava facendo lo stesso tipo di rumori stridenti che emettevano i tritoni sott'acqua; era chiaro che Silente sapeva parlare sirenesco. Alla fine si rialzò, si rivolse ai colleghi giudici e disse: «Credo che sia necessario un consulto prima di assegnare i punteggi». I giudici presero a confabulare. Madama Chips era andata a salvare Ron dagli abbracci convulsi di Percy; lo condusse da Harry e dagli altri, gli diede una coperta e un po' di Pozione Pepata, poi andò a recuperare Fleur e la sorellina. Fleur aveva parecchi tagli sul viso e sulle braccia, e la veste strappata, ma non gliene importava, e non voleva che Madama Chips glieli disinfettasse.

«Pensi a Gabrielle» le disse, e poi si rivolse a Harry. «Tu hai salvata»

disse, senza fiato. «Anche se non era il tuo ostagio».

«Sì» disse Harry, che al momento desiderava con tutto il cuore di aver lasciato tutte e tre le ragazze legate alla statua.

Fleur si chinò, baciò Harry due volte su ciascuna guancia (lui si sentì

bruciare la faccia, e non si sarebbe stupito se gli fosse uscito di nuovo il fumo dalle orecchie), poi disse a Ron: «E anche tu... tu hai aiutato lui...»

«Sì» disse Ron, molto speranzoso, «sì, un pochino...»

Fleur piombò anche su di lui e lo baciò. Hermione era semplicemente furiosa, ma proprio in quel momento la voce prodigiosamente amplificata di Ludo Bagman risuonò altissima, facendoli sobbalzare tutti e riducendo al silenzio la folla nelle tribune.

«Signore e signori, abbiamo preso una decisione. La Capitansirena Murcus ci ha raccontato che cosa è successo in fondo al lago, e di conseguenza abbiamo deciso di assegnare un punteggio su base cinquanta a ciascuno dei campioni, come segue...

«La signorina Fleur Delacour, anche se ha dimostrato una padronanza eccellente dell'Incantesimo Testabolla, è stata aggredita dagli Avvincini mentre si avvicinava all'obiettivo, e non è riuscita a recuperare il suo ostaggio. Le assegniamo venticinque punti». Applausi dalle tribune.

«Mi meritavo zero» disse Fleur con voce roca, scuotendo la splendida chioma.

«Il signor Cedric Diggory, che a sua volta ha fatto uso dell'Incantesimo Testabolla, è stato il primo a fare ritorno col suo ostaggio, anche se è riemerso un minuto oltre il tempo massimo di un'ora». Fragorosi evviva dai Tassorosso in platea; Harry vide Cho scoccare a Cedric uno sguardo raggiante. «Quindi conquista quarantasette punti». Il cuore di Harry sprofondò. Se Cedric era tornato fuori tempo massimo, figuriamoci lui.

«Il signor Viktor Krum ha usato una forma incompleta di Trasfigurazione, che nondimeno si è rivelata efficace, ed è stato il secondo a tornare col suo ostaggio. Gli attribuiamo quaranta punti».

Karkaroff applaudì molto forte, con aria decisamente altezzosa.

«Il signor Harry Potter ha usato l'Algabranchia con grande efficacia»

continuò Bagman. «È tornato per ultimo, e ben oltre il tempo massimo di un'ora. Tuttavia, la Capitansirena ci informa che il signor Potter è stato il primo a raggiungere gli ostaggi, e che il ritardo nel suo ritorno è stato causato dalla sua decisione di riportare indietro tutti gli ostaggi, e non solo il suo».

Sia Ron che Hermione rivolsero a Harry uno sguardo un po' esasperato, un po' compassionevole.

«Quasi tutti i giudici» - e qui Bagman scoccò a Karkaroff un'occhiata molto torva - «ritengono che ciò sia prova di tempra morale e meriti il punteggio pieno. Tuttavia... il punteggio del signor Potter è di quarantacinque punti».

Lo stomaco di Harry sussultò: ora era primo alla pari con Cedric. Ron e Hermione, colti di sorpresa, lo fissarono sbigottiti, poi scoppiarono a ridere e presero ad applaudire forte con il resto della folla.

«E vai, Harry!» urlò Ron sopra il frastuono. «Allora non stavi facendo lo scemo: stavi dimostrando tempra morale!»

Anche Fleur batteva le mani con grande vigore, ma Krum non sembrava affatto contento. Cercò di nuovo di parlare con Hermione, ma lei era troppo occupata a festeggiare Harry per ascoltarlo.

«La terza e ultima prova avrà luogo il ventiquattro giugno al tramonto»

riprese Bagman. «I campioni verranno informati su ciò che li attende con un mese esatto di anticipo. Grazie a tutti voi per il sostegno che avete dato loro».

Era finita, pensò Harry inebetito, mentre Madama Chips spingeva i campioni e gli ostaggi verso il castello per procurare loro degli abiti asciutti... era finita, ce l'aveva fatta... non doveva pensare a nulla, ora, fino al ventiquattro giugno...

La prossima volta che fosse andato a Hogsmeade, decise mentre risaliva la scalinata di pietra, avrebbe comperato a Dobby un paio di calzini per ogni giorno dell'anno.

CAPITOLO 27

IL RITORNO DI FELPATO

Una delle cose più belle dei giorni successivi fu che tutti facevano a gara per sapere nel dettaglio ciò che era accaduto in fondo al lago, e per una volta Ron condivise con Harry le luci della ribalta. C'è da dire che la versione dei fatti data da Ron cambiava leggermente ogni volta che la ripeteva. All'inizio, raccontò quella che pareva la verità, o almeno collimava con il racconto di Hermione: nell'ufficio della professoressa McGranitt, Silente aveva fatto cadere tutti gli ostaggi in un sonno incantato, dopo aver assicurato loro che non avrebbero corso rischi e si sarebbero svegliati una volta fuori dall'acqua. Una settimana dopo, però, Ron narrava di un rapimento sensazionale in cui aveva lottato da solo contro cinquanta tritoni armati fino ai denti che dovettero dargli un sacco di botte per riuscire a legarlo.

«Ma io avevo la bacchetta nascosta nella manica» assicurò a Padma Patil: Ron le piaceva molto di più ora che era sotto i riflettori, e gli rivolgeva la parola tutte le volte che si incrociavano nei corridoi. «Potevo uccidere tutti quegli stupidi tritoni quando volevo».

«E come, russandogli addosso?» disse Hermione pungente. Tutti la prendevano in giro perché era risultata la cosa più cara a Viktor Krum, e quindi era piuttosto irritabile.

A quella battuta le orecchie di Ron diventarono rosse, e da quel momento si attenne alla versione del sonno incantato. All'inizio di marzo il tempo divenne più asciutto, ma venti crudeli mordevano le mani e il viso degli studenti tutte le volte che uscivano nel parco. Ci furono ritardi nella consegna della posta perché i gufi continuavano a essere dirottati. Il gufo bruno che Harry aveva spedito a Sirius con la data del finesettimana di Hogsmeade ricomparve il venerdì mattina a colazione con tutte le penne arruffate contropiuma; Harry non fece in tempo ad aprire la lettera che quello prese il volo, chiaramente terrorizzato all'idea di essere rispedito là fuori. La lettera di Sirius era breve quasi quanto la precedente.

Trovati allo steccato alla fine della strada che esce da Hogsmeade ( do- po Mondomago) sabato pomeriggio alle due. Porta tutto il cibo che puoi.

«Non sarà mica tornato a Hogsmeade» disse Ron incredulo.

«Parrebbe di si, invece» disse Hermione.

«Non ci posso credere» commentò Harry, nervoso. «Se lo prendono...»

«Ma finora se l'è cavata, no?» disse Ron. «E la zona non pullula più di Dissennatori».

Harry ripiegò la lettera e ridletté. A essere sincero, aveva una gran voglia di rivedere Sirius. Quindi si accinse a seguire l'ultima lezione del pomeriggio - doppie Pozioni - molto più disteso del solito. Malfoy, Tiger e Goyle erano davanti alla classe insieme a Pansy Parkinson e alla sua banda di ragazze di Serpeverde. Guardavano qualcosa che Harry non riuscì a vedere e sghignazzavano con tutta l'anima. Il muso da carlino di Pansy spuntò eccitato da dietro la vasta schiena di Goyle mentre Harry, Ron e Hermione si avvicinavano.

«Eccoli, eccoli!» disse con una risatina, e il manipolo di Serpeverde si disperse. Harry vide che Pansy aveva in mano una rivista: Il Settimanale delle Streghe. La foto animata sulla copertina mostrava una strega ricciuta che esibiva un sorriso tutto denti e puntava la bacchetta contro una grossa torta di pan di Spagna.

«Guarda un po' qui dentro, magari ci trovi qualcosa di interessante, Granger!» disse Pansy ad alta voce, e lanciò la rivista a Hermione, che la prese al volo, perplessa. In quel momento, la porta della cantina si aprì, e Piton fece loro cenno di entrare.

Hermione, Harry e Ron si diressero a un tavolo in fondo, come al solito. Quando Piton ebbe voltato loro le spalle per trascrivere alla lavagna gli ingredienti della pozione del giorno, Hermione sfogliò rapida la rivista sotto il banco. Finalmente, nella sezione centrale, Hermione trovò ciò che stavano cercando. Harry e Ron si fecero più vicini. Una foto a colori di Harry apriva un breve servizio intitolato LE PENE D 'AMORE DI HARRY POT- TER e firmato Rita Skeeter.

È un ragazzo fuori dal comune, forse, eppure è un ragazzo che vive tutti i consueti tormenti dell'adolescenza. Privato degli affetti fin dalla tragica fine dei suoi genitori, Harry Potter, quattordici anni, credeva di aver tro- vato conforto nella sua fidanzata ufficiale a Hogwarts, Hermione Gran- ger, Babbana di nascita. Certo non poteva immaginare che ben presto a- vrebbe dovuto subire un altro grande dolore in una vita già costellata di gravi perdite personali.

Hermione Granger, una ragazza bruttina ma ambiziosa, sembra aver sviluppato un'inclinazione per i maghi celebri che Harry da solo non rie- sce a soddisfare. Fin dall'arrivo a Hogwarts di Viktor Krum, Cercatore della Nazionale Bulgara ed eroe della scorsa Coppa del Mondo di Quid- ditch, Hermione Granger gioca con i sentimenti di entrambi. Krum, pale- semente innamorato cotto dell'ambigua ragazza, l'ha già invitata a fargli visita in Bulgaria durante le vacanze estive, e ripete: «Non ho mai provato niente di simile per nessun'altra».

Comunque, potrebbero non essere state le dubbie attrattive naturali di Hermione Granger a catturare l'interesse di questi sventurati ragazzi.

«È proprio brutta» dichiara Pansy Parkinson, una graziosa, vivace ra- gazza del quarto anno, «ma è probabile che abbia preparato un Filtro d'Amore, è piuttosto sveglia. Credo proprio che ci sia riuscita così». I Filtri d'Amore naturalmente sono proibiti a Hogwarts, e senz'alcun dubbio Albus Silente vorrà indagare su queste accuse. Nel frattempo, i so- stenitori di Harry Potter devono augurarsi che la prossima volta egli affidi il suo cuore a una candidata più meritevole.

«Te l'avevo detto!» sibilò Ron a Hermione che fissava l'articolo sbalordita. «Te l'avevo detto di non dar fastidio a Rita Skeeter! Ti ha fatto diventare una specie di... di donna scarlatta!»

Hermione abbandonò l'aria stupefatta e scoppiò a ridere.

« Donna scarlatta? » ripeté, voltandosi a guardare Ron, sbellicandosi dalle risate.

«È così che le chiama mia madre» borbottò Ron, le orecchie paonazze.

«Se questo è il meglio che Rita sa fare, sta perdendo la mano» disse Hermione, sempre ridacchiando, e gettò Il Settimanale delle Streghe sulla sedia vuota accanto a lei. «Che bel mucchio di porcherie». Guardò verso i Serpeverde, che fissavano lei e Harry dall'altra parte della stanza per vedere se l'articolo li aveva turbati. Hermione rivolse loro un sorriso sarcastico e un saluto con la mano, e lei, Harry e Ron tirarono fuori gli ingredienti necessari per preparare la Pozione Aguzzaingegno.

«È curioso, però» disse Hermione dieci minuti dopo, il pestello sospeso a mezz'aria sopra una ciotola di scarabei. «Come faceva Rita Skeeter a sapere...?»

«A sapere che cosa?» disse Ron in fretta. «Non hai preparato dei Filtri d'Amore, vero?»

«Non dire sciocchezze» sbottò Hermione, e riprese a pestare gli scarabei. «No, è solo... come faceva a sapere che Viktor mi ha chiesto di andarlo a trovare quest'estate?»

Nel dire ciò Hermione divenne effettivamente scarlatta, ed evitò di incrociare lo sguardo di Ron.

«Cosa?» fece Ron, lasciando cadere il pestello con un tonfo sordo.

«Me l'ha chiesto appena mi ha tirato fuori dal lago» mormorò Hermione.

«Dopo che si era liberato della testa di squalo. Madama Chips ha dato a tutti e due una coperta e poi lui mi ha allontanato dai giudici perché non sentissero, e ha detto che se quest'estate non facevo niente di speciale, magari mi andava di...»

«E tu che cosa gli hai risposto?» chiese Ron, che aveva ripreso il pestello e ora lo batteva sul tavolo, a una ventina di centimetri dalla ciotola, perché aveva gli occhi fissi su Hermione.

«E lui in effetti ha detto che non aveva mai provato niente di simile per nessun'altra» riprese Hermione, e arrossì così intensamente che Harry riuscì quasi a sentire il calore, «ma come ha fatto Rita Skeeter a sentire? Non c'era... o invece c'era? Forse è vero che ha un Mantello dell'Invisibilità, forse è sgattaiolata nel parco per assistere alla seconda prova...»

«E tu che cosa gli hai risposto?» ripeté Ron, picchiando il pestello così

forte che lasciò il segno sul tavolo.

«Be', ero troppo occupata a vedere se tu e Harry stavate bene per...»

«Per quanto affascinante possa essere la tua vita sociale, e certo lo è, signorina Granger» disse una voce gelida alle loro spalle, «devo chiederti di non discuterne durante le mie lezioni. Dieci punti in meno per Grifondoro». Piton si era avvicinato di soppiatto al loro tavolo mentre stavano parlando. Ora tutta la classe li fissava; Malfoy colse l'occasione per accendere la spilla POTTER FA SCHIFO e farla lampeggiare in direzione di Harry.

«Ah, in più leggete sotto il banco?» aggiunse Piton, afferrando la copia del Settimanale delle Streghe. «Altri dieci punti in meno per Grifondoro... oh, ma naturalmente...» Gli occhietti neri di Piton scintillarono indugiando sull'articolo di Rita Skeeter. «Potter deve tenersi aggiornato con la rassegna stampa...»

Nella cantina echeggiarono le risate dei Serpeverde, e un sorriso sgradevole increspò la bocca sottile di Piton. Con gran rabbia di Harry, l'insegnante cominciò a leggere l'articolo ad alta voce.

« Le pene d'amore di Harry Potter... caro, caro il nostro Potter, ora che cosa ti affligge? Un ragazzo fuori dal comune, forse... »

Harry sentì la faccia ardere. Piton faceva una pausa alla fine di ogni frase per consentire ai Serpeverde di farsi una bella risata. Letto da Piton, l'articolo suonava dieci volte più disgustoso.

«... i sostenitori di Harry Potter devono sperare che la prossima volta e- gli affidi il suo cuore a una candidata più meritevole. Davvero commovente» concluse Piton con un sorrisetto beffardo, arrotolando la rivista mentre i Serpeverde continuavano a sghignazzare. «Be', credo che sia meglio separarvi, voi tre, cosi potrete concentrarvi sulle vostre pozioni invece che sulla vostra complicata vita sentimentale. Weasley, tu resti qui. Signorina Granger, laggiù, vicino alla signorina Parkinson. Potter... quel tavolo davanti alla mia cattedra. Muovetevi. Ora». Furibondo, Harry gettò i suoi ingredienti e la borsa nel calderone e lo trascinò davanti, verso il tavolo vuoto. Piton lo seguì, prese posto alla cattedra e osservò Harry svuotare il calderone. Deciso a non guardarlo, Harry riprese a pestare i suoi scarabei, immaginando che ciascuno avesse la faccia di Piton.

«Tutta questa attenzione da parte della stampa sembra averti montato quella testa che peraltro avevi già piena di arie, Potter» disse Piton piano, quando il resto della classe si fu rimesso al lavoro.

Harry non ribatté. Sapeva che Piton stava cercando di provocarlo; l'aveva già fatto in passato. Senza dubbio sperava di trovare un'altra scusa per togliere una bella cinquantina di punti a Grifondoro prima della fine della lezione.

«Può anche darsi che tu continui a coltivare l'illusione di aver catturato l'interesse di tutto quanto il mondo della magia» continuò Piton, così piano che nessun altro poteva sentirlo (Harry continuò a pestare i suoi scarabei, anche se li aveva già ridotti a una polverina finissima), «ma a me non importa quante volte la tua foto compare sui giornali. Per me, Potter, non sei altro che un ragazzino odioso che si considera al di sopra delle regole». Harry versò gli scarabei polverizzati nel calderone e prese a tagliuzzare le radici di zenzero. Gli tremavano le mani per la rabbia, ma tenne gli occhi bassi, fingendo di non sentire.

«Quindi ti avverto, Potter» riprese Piton, con voce più suadente e minacciosa, «fama e gloria o no... se ti sorprendo un'altra volta a entrare nel mio ufficio...»

«Non mi sono nemmeno avvicinato al suo ufficio!» disse Harry rabbio-so, dimenticando la pretesa sordità.

«Non mentire» sibilò Piton, gli impenetrabili occhi neri che perforavano quelli di Harry. «La pelle di Girilacco. L'Algabranchia. Vengono tutte e due dalle mie scorte personali, e io so chi le ha rubate». Harry fissò Piton di rimando, deciso a non batter ciglio né ad assumere un'aria colpevole. In verità non aveva rubato nessuna di quelle due cose. Hermione aveva preso la pelle di Girilacco quando facevano il secondo anno - serviva loro per preparare la Pozione Polisucco - e mentre all'epoca Piton aveva sospettato di Harry, non era mai stato in grado di dimostrarlo. E l'Algabranchia naturalmente l'aveva rubata Dobby.

«Non so di cosa sta parlando» mentì freddamente.

«Non eri nel tuo letto la notte che il mio ufficio è stato violato!» sibilò

Piton. «Lo so, Potter! Ora, Malocchio Moody può anche essersi unito al tuo fan club, ma io non ho intenzione di tollerare il tuo comportamento!

Un'altra passeggiatina notturna nel mio ufficio, Potter, e la pagherai!»

«Va bene» disse Harry in tono sostenuto, tornando a occuparsi delle sue radici di zenzero, «me lo ricorderò se mai mi verrà voglia di entrarci». Gli occhi di Piton lampeggiarono. Infilò una mano nella veste nera. Per un folle istante, Harry credette che Piton stesse per estrarre la bacchetta e scagliargli contro una maledizione: poi si accorse che aveva preso una bottiglietta di cristallo piena di un liquido completamente trasparente. Harry la guardò incuriosito.

«Lo sai che cos'è questa, Potter?» disse Piton, gli occhi accesi di nuovo da un luccichio pericoloso.

«No» rispose Harry, questa volta con assoluta sincerità.

«È Veritaserum: una Pozione della Verità così potente che solo tre gocce ti costringerebbero a rivelare i tuoi più intimi segreti davanti a tutta la classe» disse Piton in tono maligno. «Ora, l'uso di questa pozione è regolato da severissime disposizioni del Ministero. Ma se non stai attento a quello che fai, può anche darsi che la mia mano scivoli» e scosse leggermente la bottiglietta di cristallo «proprio sopra il tuo succo di zucca serale. E allora, Potter... allora scopriremo se sei stato nel mio ufficio o no». Harry non disse nulla. Tornò a guardare le sue radici di zenzero, brandì

il coltello e cominciò ad affettarle di nuovo. Non gli piaceva affatto quella storia della Pozione della Verità, e non escludeva che Piton potesse propinargliene un po'. Represse un brivido al pensiero di ciò che sarebbe potuto uscire dalla sua bocca in quel caso... a parte il fatto che avrebbe messo nei guai un sacco di persone - Hermione e Dobby, tanto per cominciare - c'e-rano tutte le altre cose che teneva segrete... come il fatto che era in contatto con Sirius... e - lo stomaco gli si contorse al pensiero - i sentimenti che provava per Cho... Gettò anche le radici di zenzero nel calderone e si chiese se non fosse il caso di prendere esempio da Moody e cominciare a bere solo da una fiaschetta personale.

Qualcuno bussò alla porta della cantina.

«Avanti» disse Piton con la voce di sempre.

La classe si voltò a guardare mentre la porta si apriva. Entrò il professor Karkaroff. Tutti lo osservarono mentre si avvicinava alla cattedra di Piton. Si attorcigliava di nuovo il dito attorno al pizzetto, e sembrava agitato.

«Dobbiamo parlare» disse Karkaroff all'improvviso, raggiunto Piton. Pareva così deciso a non far sentire a nessuno quello che diceva che aprì a stento le labbra; era come un ventriloquo piuttosto scadente. Harry tenne gli occhi sulle radici di zenzero e tese le orecchie.

«Parlerò con te alla fine della lezione, Karkaroff...» borbottò Piton, ma Karkaroff lo interruppe.

«Voglio parlarti ora che non puoi sfuggirmi, Severus. Tu mi eviti».

«Dopo la lezione» sbottò Piton.

Con la scusa di alzare per aria un bicchiere dosatore per vedere se aveva versato abbastanza bile di armadillo, Harry scoccò ai due uno sguardo di sottecchi. Karkaroff era decisamente preoccupato, e Piton era furioso. Karkaroff rimase a incombere dietro la cattedra di Piton per quel che restava delle due ore. Sembrava intenzionato a impedire a Piton di sgattaiolare via alla fine della lezione. Deciso a sentire quello che Karkaroff aveva da dire, Harry rovesciò di proposito la bottiglia di bile di armadillo due minuti prima della campana, cosa che gli diede il pretesto di chinarsi dietro il proprio calderone ad asciugare il danno mentre gli altri si accalcavano rumorosamente verso la porta.

«Che cosa c'è di tanto urgente?» sentì Piton sibilare rivolto a Karkaroff.

« Questo» rispose Karkaroff, e Harry, spiando da dietro il calderone, vide Karkaroff tirar su la manica sinistra dell'abito e mostrare a Piton qualcosa all'interno dell'avambraccio.

«E allora?» disse Karkaroff, sempre sforzandosi di non muovere le labbra. «Visto? Non è mai stato così nitido, nemmeno quando...»

«Fallo sparire!» ringhiò Piton, gli occhi neri che scorrevano attorno all'aula.

«Ma tu devi essertene accorto...» cominciò Karkaroff con voce agitata.

«Possiamo parlare più tardi, Karkaroff!» esplose Piton. «Potter! Che co-sa fai?»

«Asciugo la bile di armadillo, professore» rispose Harry in tono innocente, rialzandosi e mostrando a Piton lo straccio zuppo che aveva in mano. Karkaroff girò sui tacchi ed uscì a grandi passi dalla cantina. Sembrava preoccupato e furioso insieme. Per nulla desideroso di restare da solo con un Piton straordinariamente arrabbiato, Harry gettò i libri e gli ingredienti nella borsa, e uscì con la massima rapidità per andare a raccontare a Ron e Hermione la scena a cui aveva appena assistito.

*

La mattina dopo i tre amici uscirono dal castello a mezzogiorno. Un debole sole argenteo brillava sul parco. Il clima non era mai stato così mite dall'inizio dell'anno: il tempo di arrivare a Hogsmeade, e tutti e tre avevano dovuto togliersi i mantelli. Il cibo che Sirius aveva chiesto loro di portare era nella borsa di Harry; avevano rubato una dozzina di cosce di pollo, una pagnotta grande e un fiasco di succo di zucca dalla tavola del pranzo. Entrarono da Stratchy & Sons, Abbigliamento per Maghi per comprare un regalo a Dobby, e si divertirono a scegliere i calzini più orrendi, compreso un paio con stelle d'oro e d'argento lampeggianti, e un altro che strillava forte quando diventava troppo puzzolente. Poi, all'una e mezza, risalirono la High Street, oltrepassarono Mondomago e si diressero verso il limitare del villaggio. Harry non era mai stato da quella parte prima. Il viottolo tortuoso li portava verso l'aperta campagna attorno a Hogsmeade. Qui le case erano più

rare, e avevano giardini più grandi; i tre avanzavano verso le pendici della montagna nella cui ombra si stendeva Hogsmeade. Poi svoltarono un angolo, e videro una staccionata alla fine del viottolo. In attesa, le zampe davanti posate sul palo più alto, c'era un cane nero molto grosso dal pelo ispido, con alcuni giornali in bocca e l'aria molto familiare...

«Ciao, Sirius» disse Harry, quando si furono avvicinati. Il cane nero annusò avidamente la borsa di Harry, scodinzolò una volta, poi si voltò e prese a trotterellare per il terreno coperto di cespugli che s'inerpicava lungo le pendici rocciose. Harry, Ron e Hermione scavalcarono la staccionata e lo seguirono.

Sirius li guidò in alto, dove il suolo era coperto di rocce e massi. Era facile per lui, a quattro zampe, ma Harry, Ron e Hermione ben presto furono senza fiato. Seguirono Sirius più in alto, sulla montagna vera e propria. Per quasi mezz'ora salirono lungo un sentiero ripido, tortuoso e sassoso, seguendo la coda sventolante di Sirius, sudando al sole, mentre le cinghie della borsa di Harry gli segavano la spalla.

Poi, alla fine, Sirius sparì dalla loro vista, e quando raggiunsero il luogo in cui era scomparso, videro una piccola apertura nella roccia. Vi s'insinuarono e si trovarono in una fresca caverna quasi completamente buia. Legato sul fondo, un capo della corda fissato attorno a una grossa roccia, c'era Fierobccco l'Ippogrifo. Metà cavallo grigio, metà aquila gigante, Fierobecco fece lampeggiare i fieri occhi arancioni alla loro vista. Tutti e tre gli fecero un profondo inchino, e dopo averli scrutati con aria arrogante per un attimo, l'animale piegò le ginocchia squamate, e permise a Hermione di avvicinarsi e di accarezzargli il collo piumato. Harry, invece, guardava il cane nero, che si era appena trasformato nel suo padrino. Sirius indossava una veste grigia strappata: la stessa di quando era fuggito da Azkaban. I suoi capelli neri erano più lunghi di quando era apparso nel fuoco, ed erano di nuovo arruffati e in disordine. Era molto magro.

«Pollo!» esclamò con voce roca dopo essersi sfilato di bocca i vecchi numeri della Gazzetta del Profeta e averli gettati a terra. Harry aprì la borsa e gli tese il fagotto con il pollo e il pane.

«Grazie» disse Sirius. Afferrò una coscia, si sedette sul pavimento della grotta e addentò un grosso pezzo di carne. «Finora ho mangiato soprattutto topi. Non posso rubare troppo cibo a Hogsmeade; attirerei l'attenzione». Fece un gran sorriso a Harry, che lo ricambiò riluttante.

«Che cosa ci fai qui, Sirius?» domandò.

«Compio il mio dovere di padrino» rispose Sirius, rosicchiando l'osso di pollo con piglio molto cantino. «Non preoccuparti per me, fingo di essere un adorabile randagio».

Rise ancora, ma vedendo il volto preoccupato di Harry, disse, più serio:

«Voglio essere sul posto. La tua ultima lettera... be', diciamo che le cose si fanno più sospette. Rubo il giornale tutte le volte che qualcuno lo butta via, e a quanto pare non sono il solo a essere in pensiero». Accennò alle copie ingiallite della Gazzetta del Profeta sparse per terra. Ron le prese e le aprì.

Harry, invece, continuò a fissare Sirius. «E se ti prendono? E se ti vedono?»

«Voi tre e Silente siete gli unici qui attorno a sapere che sono un Animagus» rispose Sirius, alzando le spalle, senza smettere di divorare la co-scia di pollo. Ron fece un cenno a Harry e gli passò i giornali. Erano due numeri; il primo titolava MISTERIOSA MALATTIA DI BARTEMIUS CROUCH, il secondo STREGA DEL MINISTERO ANCORA DISPERSA - Il MINISTERO DELLA MAGIA INDAGA. Harry scorse l'articolo su Crouch. Gli balzarono all'occhio alcune frasi: non compare in pubblico da novembre... la sua casa sembra deserta... no comment dall'Ospedale di San Mungo per Malattie Magiche... Il Ministero si rifiuta di confermare le voci di una grave malattia...

«A sentir loro è come se fosse moribondo» disse Harry lentamente. «Ma non può essere tanto malato se è riuscito a venire fin quassù...»

«Mio fratello è l'assistente personale del signor Crouch» disse Ron a Sirius. «Dice che Crouch soffre di stress da superlavoro».

«Però sembrava davvero malato l'ultima volta che l'ho visto da vicino»

ribatté Harry, continuando a leggere l'articolo. «La sera che dal Calice è

venuto fuori il mio nome...»

«Ha quel che si meritava per aver licenziato Winky, no?» disse Hermione freddamente. Accarezzava Fierobecco, impegnato a sgranocchiare le ossa di pollo avanzate da Sirius. «Scommetto che adesso gli dispiace... scommetto che sente la differenza adesso che lei non è là a prendersi cura di lui». Ron le scoccò un'occhiata cupa.

«Hermione ha la fissa degli elfi domestici» borbottò a Sirius. Sirius, però, parve interessato. «Crouch ha licenziato il suo elfo domestico?»

«Sì, alla Coppa del Mondo di Quidditch» disse Harry, e si lanciò nel resoconto della comparsa del Marchio Nero, e del ritrovamento di Winky con la sua bacchetta stretta in mano, e dell'ira di Crouch. Quando Harry ebbe finito, Sirius era di nuovo in piedi e aveva cominciato a misurare la caverna a grandi passi. «Fammi capire bene» disse dopo un po', brandendo un'altra coscia di pollo. «Avete visto l'elfa per la prima volta in Tribuna d'Onore. Stava tenendo il posto per Crouch, giusto?»

«Giusto» risposero in coro Harry, Ron e Hermione.

«Ma Crouch non si è fatto vedere alla partita?»

«No» rispose Harry. «Ha detto che aveva da fare, credo». Sirius misurò la caverna passo dopo passo, in silenzio. Poi disse: «Harry, hai controllato se avevi la bacchetta in tasca dopo essere sceso dalla Tribuna d'Onore?»

«Ehm...» Harry si sforzò di riflettere. «No» disse alla fine. «Non ne ho avuto bisogno finché non siamo stati nella foresta. E allora ho messo la mano in tasca, e c'era solo l'Omniocolo». Fissò Sirius, in attesa. «Vuoi dire che chi ha evocato il Marchio mi ha rubato la bacchetta in Tribuna d'Onore?»

«È probabile» rispose Sirius.

«Winky non ha rubato la bacchetta!» disse Hermione con voce acuta.

«L'elfa non era la sola in Tribuna» disse Sirius, la fronte aggrottata, mentre continuava a camminare avanti e indietro. «Chi c'era seduto dietro di voi?»

«Un sacco di gente» rispose Harry. «Dei ministri bulgari... Cornelius Caramell... i Malfoy...»

«I Malfoy!» esclamò Ron all'improvviso, cosi forte che la sua voce rimbombò nella caverna, e Fierobecco scrollò la testa, innervosito. «Ci scommetto che è stato Lucius Malfoy!»

«Qualcun altro?» disse Sirius.

«Nessuno» rispose Harry.

«Sì, qualcuno c'era, Ludo Bagman» gli ricordò Hermione.

«Oh, sì...»

«Non so nulla di Bagman, a parte che è stato Battitore delle Vespe di Wimbourne» disse Sirius senza fermarsi. «Che tipo è?»

«È a posto» rispose Harry. «Continua a offrirmi il suo aiuto per il Torneo Tremaghi».

«Davvero?» fece Sirius, ancor più accigliato. «E come mai?»

«Dice che mi si è affezionato» disse Harry.

«Hmmm» fece Sirius, pensieroso.

«L'abbiamo visto nella foresta appena prima della comparsa del Marchio Nero» disse Hermione. «Vi ricordate?» aggiunse, rivolta a Harry e Ron.

«Sì, ma non è rimasto nella foresta, no?» rispose Ron. «Quando gli abbiamo detto degli scontri, è andato al campeggio».

«Come fai a dirlo?» ribatté Hermione. «Come fai a sapere dove andava quando si è Smaterializzato?»

«Andiamo» disse Ron incredulo, «vorresti dire che sospetti che sia stato Ludo Bagman a evocare il Marchio Nero?»

«È più facile che sia stato lui che non Winky» replicò Hermione ostinata.

«Te l'avevo detto» disse Ron, scoccando a Sirius un'occhiata eloquente,

«te l'avevo detto che ha la fissa degli el...»

Ma Sirius alzò una mano per zittirlo. «Quando è apparso il Marchio Ne-ro e l'elfa è strata trovata con la bacchetta di Harry, che cosa ha fatto Crouch?»

«È andato a guardare tra i cespugli» disse Harry, «ma non c'era nessuno».

«Ma certo» borbottò Sirius andando avanti e indietro, «ma certo, avrebbe accusato chiunque tranne la sua elfa... e poi l'ha licenziata?»

«Sì» si accalorò Hermione, «l'ha licenziata, solo perché non era rimasta nella sua tenda a farsi calpestare...»

«Hermione, vuoi darci un taglio con quell'elfa?» disse Ron. Ma Sirius scosse la testa e disse: «Ha capito Crouch meglio di te, Ron. Se vuoi sapere com'è un uomo, guarda bene come tratta i suoi inferiori, non i suoi pari».

Si passò una mano sul viso ispido per la barba non fatta, riflettendo.

«Tutte queste assenze di Barty Crouch... si preoccupa che la sua elfa domestica gli tenga un posto alla Coppa del Mondo di Quidditch ma non si cura di andarci. Lavora sodo per ripristinare il Torneo Tremaghi, e poi smette di venire anche qui... non è da Crouch. Se è mai rimasto assente dal lavoro per malattia prima d'ora, mi mangio Fierobecco».

«Allora lo conosci?» chiese Harry.

Sirius si rabbuiò. All'improvviso apparve pericoloso come la notte del suo primo incontro con Harry, la notte in cui Harry era ancora convinto che fosse un assassino.

«Oh, conosco benissimo Crouch» disse piano. «È stato lui a dare l'ordine che mi spedissero ad Azkaban... senza processo».

« Cosa? » esclamarono insieme Ron e Hermione.

«Stai scherzando!» aggiunse Harry.

«No» disse Sirius, staccando un altro grosso morso dal pollo. «Crouch era il Capo delle Forze dell'Ordine Magiche, non lo sapevate?»

Harry, Ron e Hermione scossero la testa.

«Lo davano come prossimo Ministro della Magia» spiegò Sirius. «È un gran mago, Barty Crouch, un mago molto potente... e assetato di potere. Oh, non un sostenitore di Voldemort, questo mai» proseguì, cogliendo lo sguardo di Harry. «No, Barty Crouch è sempre stato esplicitamente contro il Lato Oscuro. Ma allora tante persone che erano contro il Lato Oscuro... be', non potete capire... siete troppo giovani...»

«È quello che ha detto mio padre alla Coppa del Mondo» disse Ron, con una traccia d'irritazione nella voce. «Mettici alla prova, no?»

Un sorriso illuminò il viso magro di Sirius. «Va bene, vi metterò alla prova...»

Ripercorse la caverna avanti e indietro, e poi cominciò: «Immaginate che ora Voldemort sia potente. Voi non sapete chi sono i suoi sostenitori, non sapete chi lavora per lui e chi no; sapete che è in grado di controllare le persone in modo da costringerle a fare cose orribili senza riuscire a fermarsi. Avete paura per voi, la vostra famiglia, e i vostri amici. Ogni settimana, nuove notizie di altre morti, altre sparizioni, altre torture... il Ministero della Magia nel caos, non sanno cosa fare, cercano di tenere tutto nascosto ai Babbani, ma nel frattempo muoiono anche dei Babbani. Terrore ovunque... panico... confusione... era così allora.

«Be', tempi come quelli fanno tirar fuori il meglio a certe persone, e il peggio ad altre. I principi di Crouch potevano anche essere sani all'inizio; non saprei. Fece una rapida carriera al Ministero, e prese a impartire misure molto severe contro i sostenitori di Voldemort. Gli Auror furono investiti di nuovi poteri: il potere di uccidere invece di catturare, per esempio. E

io non fui l'unico a essere consegnato ai Dissennatori senza processo. Crouch combatteva la violenza con la violenza, e autorizzava l'uso delle Maledizioni Senza Perdono contro i sospetti. Oserei dire che divenne spietato e crudele quanto molti del Lato Oscuro. Aveva i suoi sostenitori, badate: moltissima gente era convinta che stesse affrontando le cose nella maniera giusta, e c'erano un sacco di maghi e streghe che premevano perché

diventasse Ministro della Magia. Quando Voldemort scomparve, parve che fosse solo questione di tempo prima che Crouch ottenesse la massima carica. Ma poi accadde una vera disgrazia...» Sirius fece un sorriso cupo. «Il figlio di Crouch fu sorpreso con un gruppo di Mangiamorte che erano riusciti a farsi rilasciare da Azkaban. A quanto pareva volevano trovare Voldemort e innalzarlo di nuovo al potere».

«Hanno preso il figlio di Crouch?» disse Hermione senza fiato.

«Già» fece Sirius. Poi lanciò l'osso di pollo a Fierobecco, si chinò a prendere la pagnotta e la spezzò in due. «Un bel colpo per il vecchio Barty, direi. Avrebbe dovuto passare un po' più di tempo a casa con la sua famiglia, no? Doveva uscire presto dall'ufficio una volta ogni tanto... imparare a conoscere suo figlio».

Prese a divorare grossi pezzi di pane.

«Suo figlio era davvero un Mangiamorte?» chiese Harry.

«Non ne ho idea» rispose Sirius, ingollando altro pane. «Ero anch'io ad Azkaban quando lo portarono. Queste sono quasi tutte cose che ho scoperto dopo essere uscito. Quando fu arrestato, il ragazzo era senza dubbio in un gruppo di Mangiamorte: ma può darsi che si fosse trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, come quell'elfa domestica».

«Crouch ha cercato di tirar fuori suo figlio?» sussurrò Hermione. Sirius sbottò in una risata molto simile a un latrato. «Crouch tirar fuori suo figlio? Pansavo che l'avessi capito, Hermione. Qualunque cosa minacciasse di macchiare la sua reputazione doveva sparire, aveva consacrato tutta la vita a un solo progetto, diventare Ministro della Magia. L'hai visto licenziare una devota elfa domestica perché lo legava ancora una volta al Marchio Nero... non ti basta per capire che tipo è? L'affetto paterno di Crouch è arrivato solo al punto di concedere al figlio un processo, e comunque, per lui non è stato altro che un pretesto per dimostrare quanto detestava il ragazzo... poi l'ha spedito dritto ad Azkaban».

«Ha consegnato suo figlio ai Dissennatori?» chiese Harry piano.

«Proprio così» rispose Sirius, e non era nient'affatto divertito, ora. «Ho visto i Dissennatori portarlo dentro, li ho guardati da dietro le sbarre. Non poteva avere più di diciannove anni. L'hanno rinchiuso in una cella vicina alla mia. Già la sera invocava sua madre. Dopo qualche giorno si è calmato, però... si calmavano tutti, alla fine... tranne quando urlavano nel sonno...»

Per un attimo, lo sguardo di Sirius si fece più spento che mai, come se dietro le sue pupille si fossero chiuse delle persiane.

«Quindi è ancora ad Azkaban?» chiese Harry.

«No» rispose Sirius in tono tetro. «No, non è più là. È morto un anno dopo esserci entrato».

«E morto

«Non è stato l'unico» disse Sirius con amarezza. «Là dentro impazziscono quasi tutti, e molti alla fine smettono di mangiare. Perdono la voglia di vivere. Si capiva sempre quando qualcuno stava per morire, perché i Dissennatori lo sentivano, diventavano eccitati. Quel ragazzo aveva già un'aria malata quando è arrivato. Visto che Crouch era un membro importante del Ministero, a lui e sua moglie fu concessa una visita in punto di morte. È

stata l'ultima volta che ho visto Barty Crouch: è passato davanti alla mia cella sorreggendo sua moglie. È morta anche lei, a quanto pare, poco dopo. Di dolore. Si è consumata come il ragazzo. Crouch non è mai venuto a prendere il corpo di suo figlio. I Dissennatori l'hanno seppellito fuori dalla fortezza, li ho visti io».

Sirius mise da parte il pane che aveva appena portato alla bocca, prese il fiasco di succo di zucca e lo svuotò.

«Così il vecchio Crouch ha perso tutto, proprio quando credeva di avercela fatta» riprese, asciugandosi col dorso della mano. «Un attimo prima era un eroe, pronto a diventare Ministro della Magia... e un attimo dopo suo figlio è morto, sua moglie è morta, il buon nome della famiglia è disonorato e, così almeno ho sentito dire da quando sono fuggito, la sua popolarità è calata bruscamente. Morto il ragazzo, tutti hanno cominciato a sentirsi più comprensivi verso di lui e a chiedersi com'era possibile che un ragazzo simpatico di buona famiglia si fosse rovinato così. Hanno concluso che suo padre non gli aveva mai voluto veramente bene. Così Cornelius Caramell si è preso il posto migliore, Crouch è stato messo da parte ed è

finito all'Ufficio della Cooperazione Magica Internazionale». Cadde un lungo silenzio. Harry stava pensando agli occhi sporgenti di Crouch che fissava la sua elfa domestica disobbediente nel bosco alla Coppa del Mondo di Quidditch. Forse per quello Crouch aveva reagito in modo tanto spropositato al ritrovamento di Winky sotto il Marchio Nero: aveva fatto riaffiorare in lui ricordi del figlio, e del vecchio scandalo, e della sua caduta in disgrazia al Ministero.

«Moody sostiene che Crouch è ossessionato dall'idea di catturare Maghi Oscuri» disse Harry a Sirius.

«Sì, ho sentito dire che è diventata un po' una mania» annuì Sirius. «Secondo me crede ancora che se riesce a catturare un altro Mangiamorte tornerà popolare come una volta».

«Ed è venuto quassù di nascosto per frugare nell'ufficio di Piton!» disse Ron trionfante, guardando Hermione.

«Sì, ed è una cosa che non ha senso» disse Sirius.

«Sì, invece!» esclamò Ron vivacemente.

Ma Sirius scosse la testa. «Senti, se Crouch vuole indagare su Piton, perché non è venuto a fare il giudice al Torneo? Sarebbe stata la scusa ideale per far visita regolarmente a Hogwarts e tenerlo d'occhio».

«Quindi sei convinto che Piton potrebbe avere in mente qualcosa?» gli chiese Harry, ma Hermione s'intromise.

«Sentite, non m'importa di quello che dite, Silente si fida di Piton...»

«Oh, andiamo, Hermione» la interruppe Ron impaziente, «lo so che Silente è fantastico e tutto, ma questo non vuol dire che un Mago Oscuro davvero abile non riuscirebbe a ingannarlo...»

«E allora perché Piton ha salvato la vita a Harry il primo anno, eh? Perché non l'ha lasciato morire?»

«Tu che cosa ne dici, Sirius?» disse forte Harry, e Ron e Hermione smi-sero di rimbeccarsi per stare a sentire.

«lo credo che abbiano ragione tutti e due» rispose Sirius, guardandoli pensieroso. «Da quando ho scoperto che Piton insegnava qui, mi sono chiesto come mai Silente gli ha offerto un lavoro. Piton è sempre stato attratto dalle Arti Oscure, a scuola era celebre per questo. Era un tipo viscido, untuoso, coi capelli appiccicaticci» aggiunse Sirius, e Harry e Ron si scambiarono un sorrisetto. «Quando è arrivato a scuola, conosceva più incantesimi di metà degli allievi del settimo anno e faceva parte di una banda di Serpeverde che sono diventati quasi tutti Mangiamorte». Sirius alzò le mani e prese a elencare i nomi. «Rosier e Wilkes: furono entrambi uccisi dagli Auror l'anno prima della caduta di Voldemort. I Lestrange, marito e moglie: si trovano ad Azkaban. Avery: ho sentito dire che è riuscito a togliersi dai guai sostenendo che aveva agito sotto la Maledizione Imperius, è ancora in libertà. Ma per quel che ne so, Piton non è mai nemmeno stato accusato di essere un Mangiamorte. Non che questo conti molto. Molti di loro non furono mai catturati. E Piton è certo abbastanza abile e astuto da tenersi fuori dai guai».

«Piton conosce molto bene Karkaroff, ma vuole che non si sappia» disse Ron.

«Si, dovevi vedere la faccia che ha fatto quando Karkaroff è venuto a Pozioni ieri!» aggiunse Harry in fretta. «Karkaroff voleva parlare con lui, sostiene che Piton lo sta evitando. Sembrava proprio preoccupato. Ha fatto vedere a Piton qualcosa che aveva sul braccio, ma non sono riuscito a vedere cos'era».

«Ha fatto vedere a Piton qualcosa che aveva sul braccio?» chiese Sirius. decisamente perplesso. Si passò distrattamente le dita tra i capelli sporchi, poi alzò di nuovo le spalle. «Be', non ho idea di che cosa sia... ma se Karkaroff è davvero preoccupato, e vuole sapere qualcosa da Piton...»

Sirius fissò la parete della caverna, poi fece un sorriso amaro. «C'è ancora il fatto che Silente si fida di Piton, e io so che Silente si fida là dove molte altre persone non io farebbero, ma non ce lo vedo a permettere che Piton faccia l'insegnante a Hogwarts se avesse mai lavorato per Voldemort».

«Perché Moody e Crouch sono cosi decisi a entrare nell'ufficio di Piton, allora?» chiese Ron ostinato.

«Be'» rispose Sirius lentamente, «non escludo che Malocchio abbia perquisito gli uffici di ogni singolo insegnante quando è arrivato a Hogwarts. Prende sul serio la sua Difesa contro le Arti Oscure, Moody. Non so se esi-ste qualcuno di cui si fida, e con le cose che ha visto non mi sorprende. Ma c'è da dire una cosa a favore di Moody, che non ha mai ucciso se poteva evitarlo. Ha sempre consegnato prigionieri vivi, per quanto era possibile. Era duro, ma non è mai sceso al livello dei Mangiamorte. Crouch, però... è

di un'altra pasta... sarà davvero malato? E se sì, perché ha fatto la fatica di trascinarsi fino all'ufficio di Piton? E se no... che cos'ha in mente? Che cosa doveva fare di tanto importante alla Coppa del Mondo da non mettere piede in Tribuna d'Onore? Che cosa faceva mentre avrebbe dovuto prendere parte al Torneo come giudice?»

Sirius tacque, senza smettere di fissare la parete della caverna. Fierobecco frugava nel terreno roccioso, in cerca di ossa che gli fossero sfuggite. Alla fine Sirius alzò gli occhi verso Ron. «Hai detto che tuo fratello è

l'assistente personale di Crouch? Non potresti chiedergli se ha visto Crouch di recente?»

«Posso provarci» rispose Ron dubbioso. «Meglio non fargli capire che sospetto che Crouch stia combinando qualcosa di losco, però. Percy adora Crouch».

«E già che ci sei potresti cercare di scoprire se hanno qualche indizio su Bertha Jorkins» aggiunse Sirius, indicando un'altra copia della Gazzetta del Profeta.

«Bagman mi ha detto che non ne hanno» rispose Harry.

«Sì, è citato nell'articolo» disse Sirius. «La fa tanto lunga sulla pessima memoria di Bertha. Be', può essere cambiata da quando la conoscevo io, ma quella Bertha non era affatto smemorata, semmai il contrario. Era un po' ottusa, ma aveva un'ottima memoria per i pettegolezzi. Cosa che la metteva spesso nei guai, non sapeva mai quando tenere la bocca chiusa. Un bel peso per il Ministero della Magia... forse è per questo che Bagman ha aspettato così tanto a cercarla...»

Sirius emise un gran sospiro e si strofinò gli occhi pesti. «Che ore sono?»

Harry guardò l'orologio, poi gli venne in mente che non funzionava da quando aveva trascorso un'ora nel lago.

«Sono le tre e mezzo» disse Hermione.

«È meglio che torniate a scuola» disse Sirius, alzandosi. «Ora, sentite...»

Lanciò un'occhiata particolarmente intensa a Harry. «Non voglio che voi tre scappiate via da scuola per venire a trovarmi, capito? Mandatemi dei messaggi e basta. Voglio ancora sapere se succede qualcosa di strano. Ma non dovete uscire da Hogwarts senza permesso, sarebbe l'occasione ideale se qualcuno vi volesse aggredire».

«Finora nessuno ha cercato di aggredirmi, a parte un drago e un paio di Avvincini» disse Harry.

Ma Sirius lo guardò severamente. «Non m'importa... Tirerò un sospiro di sollievo quando questo Torneo sarà finito, e cioè non prima di giugno. E

non dimenticate: se parlate di me tra di voi, chiamatemi Tartufo, d'accordo?»

Tese a Harry il tovagliolo e il fiasco vuoto, e andò ad accarezzare Fierobecco per salutarlo. «Verrò con voi fino all'inizio del villaggio» disse, «così vedo se riesco a scroccare un altro giornale». Si trasformò di nuovo nell'enorme cane nero prima che uscissero dalla caverna, e i tre amici ridiscesero lungo il fianco della montagna con lui, attraversarono la landa cosparsa di massi e raggiunsero lo steccato. Qui Sirius permise loro di accarezzargli la testa a turno, prima di voltarsi e dirigersi di corsa verso il limitare del villaggio. Harry, Ron e Hermione riattraversarono Hogsmeade e puntarono verso Hogwarts.

«Chissà se Percy sa tutte queste cose di Crouch» disse Ron mentre risalivano il viale che conduceva al castello. «Ma forse non gl'importa... probabilmente non farebbe che aumentare la sua ammirazione per Crouch. Percy adora le regole. Direbbe solo che Crouch si è rifiutato di violarle per suo figlio».

«Percy non darebbe mai nessuno della sua famiglia in pasto ai Dissennatori» disse Hermione in tono serio.

«Non lo so» rispose Ron. «Se si convincesse che siamo d'intralcio alla sua carriera... Percy è proprio ambizioso, sai...»

Risalirono i gradini di pietra ed entrarono nell'Ingresso, dove gli aromi squisiti della cena aleggiarono verso di loro dalla Sala Grande.

«Povero vecchio Tartufo» disse Ron, ansante. «Deve proprio volerti bene, Harry... pensa un po', dover vivere di topi».

CAPITOLO 28

LA FOLLIA DEL SIGNOR CROUCH

Domenica dopo colazione Harry, Ron e Hermione salirono alla Guferia per spedire una lettera a Percy e chiedergli, come aveva suggerito Sirius, se avesse visto il signor Crouch ultimamente. Usarono Edvige, perché era tantissimo tempo che non le affidavano un incarico. Quando l'ebbero vista sparire dalla finestra della Guferia, scesero nelle cucine per portare a Dobby i suoi calzini nuovi.

Gli elfi domestici diedero loro un caloroso benvenuto, facendo inchini e riverenze e affannandosi a preparare di nuovo il tè. Dobby fu estasiato da!

regalo.

«Harry Potter è troppo buono con Dobby!» squittì, asciugandosi i lacrimoni dagli occhi enormi.

«Mi hai salvato la vita con l'Algabranchia, Dobby, veramente» disse Harry.

«Non è che ci sono ancora quei bigné, eh'?» disse Ron, guardando gli elfi domestici impegnati a sorridere radiosi e inchinarsi.

«Hai appena fatto colazione!» esclamò Hermione irritata, ma un gran vassoio d'argento carico di bigné stava già sfrecciando verso di loro, portato da quattro elfi.

«Dovremmo prendere qualcosa da mandare a Tartufo» sussurrò Harry.

«Buona idea» disse Ron. «Diamo qualcosa da fare a Leo. Non potreste darci un po' di cibo in più, eh?» disse agli elfi che lo circondavano. Quelli s'inchinarono rapiti e corsero a prendere altra roba.

«Dobby, dov'è Winky?» chiese Hermione, guardandosi attorno.

«Winky è laggiù vicino al fuoco, signorina» disse Dobby piano, le orecchie un po' afflosciate.

«Oh poverina» disse Hermione quando la vide.

Anche Harry guardò verso il focolare. Winky era seduta sullo stesso sgabello dell'ultima volta, ma si era tanto trascurata che sulle prime non si riusciva a distinguerla dai mattoni anneriti dal fumo che le facevano da sfondo. I suoi abiti erano strappati e sudici. Brandiva una bottiglia di Burrobirra e oscillava sullo sgabello, fissando il fuoco. Mentre la guardavano, singhiozzò sonoramente.

«Adesso Winky ne butta giù sei bottiglie al giorno» sussurrò Dobby a Harry.

«Be', non è forte, quella roba» disse Harry.

Ma Dobby scosse la testa. «Per un elfo domestico è forte, signore» disse. Winky singhiozzò di nuovo. Gli elfi che avevano portato i bignè le scoccarono sguardi di disapprovazione mentre tornavano al lavoro.

«Winky si strugge, Harry Potter» mormorò Dobby in tono triste.

«Winky vuole andare a casa. Winky crede ancora che il signor Crouch è il suo padrone, signore, e niente di quello che dice Dobby la convincerà che il professor Silente è il suo padrone adesso».

«Ehi, Winky» disse Harry, colto da un'improvvisa ispirazione, avvicinandosi e chinandosi per parlarle, «non sai che cos'ha in mente il signor Crouch, per caso? Perché ha smesso di venire a fare il giudice al Torneo Tremaghi».

Gli occhi di Winky s'illuminarono. Le sue enormi pupille si fermarono su Harry. Si dondolò ancora un pochino e poi disse: «P-padrone ha smesso

- hic -di venire?»

«Sì» disse Harry, «non lo vediamo dalla prima prova. La Gazzetta del Profeta dice che è malato».

Winky si dondolò ancora un po', fissando confusamente Harry. «Padrone - hic - malato?»

Il labbro inferiore prese a tremare.

«Ma non siamo certi che sia vero» intervenne rapida Hermione.

«Padrone ha bisogno della sua - hic -Winky!» piagnucolò l'elfa. «Padrone non può - hic - farcela - hic - tutto solo...»

«Altre persone riescono a fare i lavori di casa da soli, sai, Winky» disse severamente Hermione.

«Winky - hic -non fa solo - hic - i lavori di casa per il signor Crouch!»

strillò l'elfa indignata, dondolandosi più forte che mai e versando la Burrobirra sulla camicia già coperta di macchie. «Padrone affida - hic - a Winky

- hic - il più importante - hic -il più segreto...»

«Cosa?» chiese Harry.

Ma Winky scosse violentemente la testa, rovesciandosi addosso dell'altra Burrobirra.

«Winky tiene - hic -i segreti del suo padrone» disse in tono riottoso, oscillando forte e guardando Harry in cagnesco con gli occhi strabici. «Tu sta - hic -ficcando il naso, tu sta».

«Winky non deve parlare così a Harry Potter!» disse Dobby adirato.

«Harry Potter è coraggioso e nobile e Harry Potter non è un impiccione!»

«Lui ficca il naso - hic - nelle cose segrete e private - hic - del mio padrone - hic -Winky è una brava elfa domestica - Winky tiene la bocca chiusa - hic -la gente cerca di - hic - impicciarsi - hic... » Le palpebre di Winky si abbassarono e all'improvviso, senza preavviso, l'elfa scivolò giù

dallo sgabello nel focolare, russando forte. La bottiglia vuota di Burrobirra rotolò via sul pavimento di pietra.

Una mezza dozzina di elfi si avvicinarono di corsa, disgustati. Uno di loro raccolse la bottiglia, gli altri coprirono Winky con un'ampia tovaglia a quadretti e ne rimboccarono bene i capi, nascondendola alla vista.

«Noi è costernati che voi ha dovuto vedere questo, signori e signorina!»

squitti un elfo lì accanto, scuotendo la testa vergognoso. «Noi spera che voi non ci giudica tutti da come si comporta Winky, signori e signorina!»

«È infelice!» esclamò Hermione, esasperata. «Perché non cercate di tirarla un po' su invece di coprirla?»

«Lei ci scusa tanto, signorina» disse l'elfo domestico con un altro profondo inchino, «ma gli elfi domestici non ha il diritto di essere infelici quando c'è del lavoro da fare e dei padroni da servire».

«Oh, per l'amor del cielo!» abbaiò Hermione. «Statemi bene a sentire, tutti quanti! Avete diritto quanto i maghi di essere infelici! Avete il diritto di ottenere salari e vacanze e abiti come si deve, non dovete fare tutto quello che vi si ordina: guardate Dobby!»

«Signorina, per favore, tiene Dobby fuori da questa faccenda» borbottò

Dobby, con aria spaventata. I sorrisi allegri erano scomparsi dai volti degli elfi domestici. All'improvviso occhieggiarono Hermione come se fosse una pazza pericolosa.

«Noi ha il cibo in più per voi!» squittì un elfo al gomito di Harry, e gli ficcò tra le braccia un grosso prosciutto, una dozzina di torte e della frutta.

«Arrivederci!»

Gli elfi si affollarono attorno a Harry, Ron e Hermione e cominciarono a spingerli fuori dalla cucina, premendo con tante manine sui loro sederi.

«Grazie per i calzini, Harry Potter!» gridò Dobby depresso. Stava in piedi presso il fuoco, vicino alla tovaglia bitorzoluta che era Winky.

«Non potevi tenere la bocca chiusa, eh, Hermione?» disse Ron arrabbiato mentre la porta della cucina sbatteva alle loro spalle. «Ora non vorranno più che andiamo a trovarli! Potevamo cercare di scoprire da Winky qualcosa di più sul signor Crouch!»

«Oh, come se te ne importasse!» sbottò Hermione sprezzante. «A te piace venire quaggiù solo per il cibo!»

Dopodiché la giornata fu piuttosto tesa. Harry era così stanco di vedere Ron e Hermione battibeccare al di sopra dei compiti in sala comune che quella sera portò da solo il cibo per Sirius su alla Guferia. Leo era troppo piccolo per trasportare un prosciutto intero su per la montagna da solo, così Harry chiese anche l'aiuto di due allocchi di palude della scuola. Quando furono decollati nella luce del tramonto, tre bizzarre sagome che trasportavano insieme il grosso pacco, Harry si appoggiò al davanzale, guardando il parco, le cupe cime fruscianti degli alberi della Foresta Proibita, e le vele agitate della nave di Durmstrang. Un gufo reale at-traversò in volo il filo di fumo che saliva dal camino di Hagrid; planò verso il castello, circumnavigò la Guferia e sparì. Guardando in giù, Harry vide Hagrid scavare con foga davanti alla capanna. Si chiese che cosa stesse facendo; era come se stesse preparando un nuovo orticello. In quel momento Madame Maxime sbucò dal carro di Beauxbatons e raggiunse Hagrid. Cercò di coinvolgerlo in una conversazione. Hagrid si appoggiò alla pala, ma non sembrava desideroso di prolungare la chiacchierata, perché

Madame Maxime poco dopo tornò alla sua carrozza.

Harry non aveva voglia di tornare nella Torre di Grifondoro ad ascoltare Ron e Hermione che si insultavano. Così guardò Hagrid scavare finché l'oscurità non lo inghiottì, e i gufi attorno a lui presero a risvegliarsi e si tuffarono nella notte a gran colpi d'ala.

*

Il giorno dopo a colazione il malumore di Ron e di Hermione si era dissipato, e con gran sollievo di Harry, le cupe profezie di Ron sul fatto che a causa degli insulti di Hermione gli elfi domestici avrebbero mandato cibo più scadente al tavolo di Grifondoro si rivelarono false; il bacon, le uova e le aringhe affumicate erano buoni come sempre.

Quando arrivarono i gufi postini, Hermione guardò in su, con l'aria di aspettare qualcosa.

«Percy non avrà avuto ancora tempo di rispondere» disse Ron. «Abbiamo spedito Edvige solo ieri».

«No, non è quello» disse Hermione. «Mi sono appena abbonata alla Gazzetta del Profeta. Sono stufa di venire a sapere tutto dai Serpeverde».

«Buona idea!» esclamo Harry, alzando a sua volta gli occhi verso i gufi.

«Ehi, Hermione. credo che tu sia fortunata...»

Un gufo grigio planava verso di lei.

«Ma non ha un giornale» disse, delusa. «È...»

Con sua sorpresa, il gufo grigio atterrò davanti al suo piatto, seguito da vicino da quattro barbagianni, un gufo bruno e un allocco.

«Quanti abbonamenti hai fatto?» chiese Harry, afferrando il calice di Hermione prima che venisse rovesciato dal grappolo di gufi, che si urtavano tutti cercando di recapitare per primi la loro lettera.

«Cosa accidenti...» cominciò Hermione. Sfilò la lettera dal gufo grigio, la aprì e cominciò a leggerla «Oh, roba da matti!» balbettò, arrossendo.

«Cosa c'è?» disse Ron.

«È... oh, che cosa ridicola...» Gettò la lettera a Harry, che vide che non era scritta a mano ma composta con lettere incollate che sembravano ritagliate dalla Gazzetta del Profeta.

SEI UNA RAGAZZA CATTIVA, HARRY POTTER SI MERITA-

VA

DI MEGLIO. TORNA DAI BABBANI DA DOVE SEI VENUTA.

«Sono tutte così!» disse Hermione sconvolta, aprendo una lettera dopo l'altra. «'Harry Potter può fare molto meglio dei tuoi pari...' 'Meriti di finire bollita in gelatina di rana...' Ahia! »

Aveva aperto l'ultima busta, e un liquido di un verde giallastro con un intenso odore di benzina le schizzò sulle mani, che cominciarono a coprirsi di grosse bolle gialle.

«Pus di Bubotubero puro!» gridò Ron, raccogliendo con circospezione la busta per annusarla.

«Ahi!» gridò Hermione, e gli occhi le si riempirono di lacrime mentre cercava di pulirsi le mani con un tovagliolo, ma ormai le sue dita erano talmente coperte di piaghe doloranti che sembrava avesse indosso un paio di guanti bitorzoluti.

«Vai in infermeria, presto» disse Harry, mentre i gufi attorno a Hermione spiccavano il volo, «lo diremo noi alla professoressa Sprite...»

«L'avevo avvertita!» disse Ron mentre Hermione correva fuori dalla Sala Grande reggendosi le mani. «L'avevo avvertita di non dare fastidio a Rita Skeeter! Guarda questa...» Lesse ad alta voce una delle lettere che Hermione non aveva ancora visto. « 'Ho letto sul Settimanale delle Streghe che stai prendendo in giro Harry Potter e quel ragazzo ne ha già passate tante e ti spedirò una maledizione con la prossima posta non appena riesco a trovare una busta abbastanza grande'. Accidenti, è meglio che si guardi le spalle».

Hermione non si fece vedere a Erbologia. Mentre Harry e Ron uscivano dalla serra per andare a lezione di Cura delle Creature Magiche, videro Malfoy, Tiger e Goyle scendere i gradini di pietra davanti al castello. Dietro di loro, Pansy Parkinson e il suo gruppetto parlavano a bassa voce ridacchiando. Come vide Harry, Pansy gridò: «Potter, ti sei mollato con la tua ragazza? Come mai a colazione era così sconvolta?»

Harry la ignorò; non voleva darle la soddisfazione di scoprire quanti guai aveva provocato l'articolo del Settimanale delle Streghe. Hagrid, che nella lezione precedente aveva annunciato di aver finito con gli unicorni, li aspettava davanti alla sua capanna con una nuova dotazione di casse aperte ai suoi piedi. Il cuore di Harry ebbe un tuffo - e se era un'altra covata di Schiopodi? - ma quando fu abbastanza vicino da guardarci dentro, si trovò davanti a tante soffici creature nere dai lunghi musi. Le zampe davanti erano curiosamente piatte, come badili, e gli esserini sbattevano le palpebre davanti alla classe, rispondendo con educata perplessità

a tutta quell'attenzione.

«Questi sono Snasi» spiegò Hagrid quando la classe lo ebbe attorniato.

«Li si trova soprattutto giù nelle miniere. Gli piacciono le cose che brillano... ecco, guardate». Uno degli Snasi all'improvviso balzò in alto nel tentativo di strappare con un morso l'orologio da polso di Pansy Parkinson, che strillò e fece un salto indietro.

«Sono dei piccoli, utili trovatesori» disse Hagrid allegramente. «Ho pensato che oggi ci potevamo divertire un po' con loro. Vedete laggiù?» E indicò il bel pezzo di terra appena vangata che Harry lo aveva visto lavorare dalla finestra della Guferia. «Ho sepolto delle monete d'oro. Ho un premio per chi sceglie lo Snaso che ne trova di più. Toglietevi gli oggetti preziosi, scegliete uno Snaso e preparatevi a liberarli».

Harry si tolse l'orologio (lo portava solo per abitudine, dal momento che non funzionava più), e se lo infilò in tasca. Poi scelse uno Snaso, che gli ficcò nell'orecchio il lungo muso e annusò entusiasta. Era decisamente una bestiola coccolosa.

«Un momento» disse Hagrid, guardando nella cassa, «qui avanza uno Snaso... chi è che manca? Dov'è Hermione?»

«È dovuta andare in infermeria» disse Ron.

«Ti spieghiamo dopo» borbottò Harry; Pansy Parkinson era in ascolto. Cura delle Creature Magiche non era mai stata così divertente. Gli Snasi si tuffavano dentro e fuori dal pezzetto di terra come se fosse stata acqua, e ciascuno tornava zampettando dallo studente che l'aveva liberato e gli sputava in mano una moneta. Quello di Ron era particolarmente svelto; ben presto gli riempì le mani.

«Si possono comprare per tenerli in casa, Hagrid?» chiese eccitato mentre il suo Snaso si rituffava nella terra, schizzandogli i vestiti.

«Tua mamma non sarebbe contenta, Ron» spiegò Hagrid con un gran sorriso. «Devastano le case, gli Snasi. Mi sa che hanno quasi finito adesso» aggiunse, camminando su e giù attorno al fazzoletto di terra smossa, mentre gli Snasi continuavano a immergersi. «Ho sepolto solo un centinaio di monete. Oh, eccoti qui, Hermione!»

Hermione veniva verso di loro attraverso il prato. Aveva le mani coperte di bende e l'aria tristissima. Pansy Parkinson la osservava con occhi attenti.

«Bene, vediamo come siete andati!» disse Hagrid. «Contate le monete!

E non è il caso di rubarle, Goyle» aggiunse, stringendo gli occhi nerissimi.

«È oro dei Lepricani. Sparisce dopo qualche ora».

Goyle si svuotò le tasche, decisamente imbronciato. Si scoprì che lo Snaso di Ron era stato il più bravo di tutti, e Hagrid lo premiò con un blocco enorme di cioccolato di Mielandia. La campana del pranzo echeggiò nel parco; il resto della classe s'incamminò verso il castello, ma Harry, Ron e Hermione rimasero indietro per aiutare Hagrid a rimettere gli Snasi nelle loro cassette. Harry notò Madame Maxime che li guardava dalla finestra della carrozza.

«Che cosa ti sei fatta alle mani, Hermione?» chiese Hagrid preoccupato. Hermione gli raccontò dei messaggi anonimi che aveva ricevuto la mattina, e della busta piena di pus di Bubotubero.

«Aaah, non pensarci» disse Hagrid gentilmente, guardandola. «Anch'io ne ho ricevute un po' dopo che Rita Skeeter aveva scritto della mia mamma. 'Sei un mostro e dovresti essere eliminato'. 'Tua madre ha ucciso tante persone innocenti e se avessi un po' di dignità ti butteresti nel lago'».

«No!» esclamò Hermione, colpita.

«Sì» disse Hagrid, impilando le casse degli Snasi accanto alla parete della capanna. «Sono solo matti, Hermione. Se te ne arrivano delle altre non aprirle. Buttale dritte nel fuoco».

«Ti sei persa proprio una bella lezione» disse Harry a Hermione mentre tornavano al castello. «Sono forti, gli Snasi, vero, Ron?»

Ron però scrutava il cioccolato da sotto le sopracciglia aggrottate. Sembrava arrabbiato per qualcosa.

«Che cosa c'è?» gli chiese Harry. «Questo gusto non ti va?»

«No» rispose brusco Ron. «Perché non mi avevi detto dell'oro?»

«Quale oro?» disse Harry.

«L'oro che ti avevo dato alla Coppa del Mondo di Quidditch» rispose Ron. «L'oro dei Lepricani che ti avevo dato per pagarmi l'Omniocolo. In Tribuna d'Onore. Perché non mi hai detto che era sparito?»

Harry ci mise un po' a capire di che cosa stava parlando Ron.

«Oh...» disse, quando finalmente si ricordò. «Io non... non mi sono mai accorto che era sparito. Ero più preoccupato per la mia bacchetta, no?»

Risalirono i gradini fino alla Sala d'Ingresso ed entrarono in Sala Grande per pranzare.

«Dev'essere bello» disse Ron all'improvviso, mentre si servivano di roast-beef e contorni vari. «Avere così tanti soldi da non accorgerti se ti sparisce una manciata di galeoni».

«Senti, avevo altre cose per la testa quella sera!» esclamò Harry spazientito. «E non solo io, ti ricordi?»

«Non lo sapevo che l'oro dei Lepricani scompare» borbottò Ron. «Ero convinto di averti restituito i tuoi soldi. Non avresti dovuto regalarmi il berretto dei Cannoni di Chudley per Natale».

«Lascia perdere, va bene?» disse Harry.

Ron infilzò sulla forchetta una patata arrosto, scrutandola con rabbia. Poi disse: «Odio essere povero».

Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo. Nessuno dei due sapeva cosa dire.

«È uno schifo» proseguì Ron, senza smettere di fissare la sua patata.

«Non biasimo Fred e George perché cercano di far soldi. Vorrei poterlo fare anch'io. Vorrei avere uno Snaso».

«Be', adesso sappiamo cosa regalarti il prossimo Natale» disse Hermione allegramente. Poi, visto che Ron continuava a restare imbronciato, aggiunse: «Andiamo, Ron, potrebbe andar peggio. Almeno tu non hai le dita piene di pus». Hermione faceva una gran fatica a maneggiare forchetta e coltello, con le dita così gonfie e rigide. « Odio quella Skeeter!» esplose furibonda. «Gliela farò pagare, fosse l'ultima cosa che faccio!»

*

La settimana dopo Hermione continuò a ricevere lettere anonime, e anche se lei seguì il consiglio di Hagrid e smise di aprirle, parecchi dei suoi nemici spedirono Strillettere, che esplosero al tavolo di Grifondoro coprendola di insulti davanti a tutta la Sala Grande. Anche quelli che non leggevano il Settimanale delle Streghe ormai sapevano tutto del presunto triangolo Harry-Krum-Hermione. Harry cominciava a essere stanco di ripetere a tutti che Hermione non era la sua fidanzata.

«Si calmerà tutto, comunque» disse a Hermione, «se facciamo finta di niente... la gente si è stufata della roba che aveva scritto su di me l'ultima volta...»

«Voglio capire come fa Rita Skeeter ad ascoltare le nostre conversazioni private quando le era stato vietato di avvicinarsi al parco!» esclamò Hermione furibonda. Alla fine della lezione seguente di Difesa contro le Arti Oscure, si fermò

a chiedere qualcosa al professor Moody. Il resto della classe aveva una gran fretta di andarsene; Moody aveva dato loro un compito in classe così

difficile di deviazione di malefici che molti di loro accusavano piccole ferite. Harry aveva una forma così ostinata di Orecchie Agitate che dovette tenerle ferme con le mani mentre si allontanava dalla classe.

«Be', è chiaro che Rita non usa un Mantello dell'Invisibilità» sbuffò

Hermione cinque minuti dopo, raggiungendo di corsa Harry e Ron in Sala d'Ingresso e togliendo la mano da una delle Orecchie Agitate di Harry perché la sentisse. «Moody dice che non l'ha vista attorno al tavolo dei giudici alla seconda prova, e nemmeno vicino al lago!»

«Hermione, serve a qualcosa dirti di lasciar perdere?» disse Ron.

«No!» esclamò Hermione ostinata. «Voglio sapere come ha fatto a sentirmi parlare con Viktor! E anche come ha fatto a scoprire della madre di Hagrid!»

«Forse ti ha messo una cimice» azzardò Harry.

«Una cimice?» chiese Ron con sguardo vacuo. «Cosa... le avrebbe buttato addosso un insetto?»

Harry spiegò che si trattava di microfoni nascosti, microspie e attrezzature di registrazione. Ron ne fu affascinato, ma Hermione li interruppe.

«Voi due non leggerete mai Storia di Hogwarts

«A che cosa serve?» disse Ron. «Tu la sai a memoria, basta che chiediamo a te».

«Tutti i surrogati della magia che usano i Babbani - l'elettricità, e i computer e i radar e quelle cose là - impazziscono attorno a Hogwarts, c'è

troppa magia nell'aria. No, Rita usa la magia per origliare, dev'essere così... se solo riuscissi a scoprire che cos'è... ooh, se è illegale, l'avrò in pugno...»

«Non abbiamo abbastanza cose di cui preoccuparci?» le chiese Ron.

«Dobbiamo anche imbastire una vendetta contro Rita Skeeter?»

«Non ti sto chiedendo di aiutarmi!» sbottò Hermione. «Farò tutto da sola!»

E risalì la scalinata di marmo senza guardarsi indietro. Harry era certo che fosse diretta in biblioteca.

«Quanto scommetti che torna con una scatola di spille ODIO RITA SKEETER?» disse Ron.

Hermione, comunque, non chiese a Harry e Ron di aiutarla a vendicarsi di Rita Skeeter, cosa per la quale entrambi le furono grati, perché il loro carico di compiti diventava sempre più pesante man mano che si avvicinavano le vacanze di Pasqua. Harry era francamente stupito che Hermione riuscisse a fare ricerche sui metodi magici per ascoltare le conversazioni altrui con tutto quello che avevano da fare. Lui lavorava come un pazzo solo per riuscire a star dietro a tutti i compiti e le lezioni, anche se ci teneva a spedire regolarmente pacchi di viveri alla caverna sulla montagna per Sirius; dopo la scorsa estate, non aveva dimenticato cosa si provava ad avere continuamente fame. Allegava biglietti per Sirius, in cui scriveva che non era successo niente di straordinario, e che erano ancora in attesa di una risposta da Percy.

Edvige non fece ritorno fino alla fine delle vacanze di Pasqua. La lettera di Percy era infilata in un pacco di uova di Pasqua spedite dalla signora Weasley. Quella di Harry e quella di Ron erano grandi come uova di drago, e ripiene di mou fatto in casa. Invece quello di Hermione era più piccolo di un uovo di gallina. Quando lo vide, rimase a bocca aperta.

«Non è che per caso la tua mamma legge il Settimanale delle Streghe, eh, Ron?» chiese sottovoce.

«Sì» rispose Ron, con la bocca piena di mou. «Lo compra sempre per le ricette».

Hermione guardò malinconica l'ovetto striminzito.

«Non vuoi vedere la lettera di Percy?» si affrettò a chiederle Harry. La lettera di Percy era breve e irritata.

Come continuo a ripetere alla Gazzetta del Profeta, il signor Crouch si è

preso una meritata vacanza. Spedisce gufi regolari con le istruzioni. No, non l'ho visto di persona, ma credo di poter dire con tutta sicurezza di co- noscere la scrittura del mio superiore. Ho già parecchio da fare al mo- mento senza dover mettere a lacere queste ridicole voci. Per favore non seccarmi più a meno che non si tratti di una cosa importante. Buona Pa- squa.

*

Di solito l'inizio del trimestre estivo significava per Harry allenamenti serrati in vista della partita finale di Quidditch della stagione. Quest'anno, invece, doveva prepararsi alla terza e ultima prova del Torneo Tremaghi, ma non sapeva ancora che cosa avrebbe dovuto fare. Finalmente, l'ultima settimana di maggio, dopo Trasfigurazione la professoressa McGranitt lo trattenne.

«Dobbiamo scendere al campo di Quidditch stasera alle nove, Potter» gli disse. «Ci sarà il signor Bagman, e spiegherà la terza prova ai campioni». Così quella sera alle otto e mezzo Harry lasciò Ron e Hermione nella Torre di Grifondoro e scese le scale. Mentre attraversava la Sala d'Ingresso, Cedric sali dalla sala comune di Tassorosso.

«Di che cosa credi che si tratterà?» chiese a Harry mentre scendevano insieme la scala di pietra e si addentravano nella notte nuvolosa. «Fleur continua a parlare di tunnel sotterranei, pensa che dobbiamo trovare dei tesori».

«Non sarebbe male» disse Harry, pensando che in tal caso avrebbe potuto chiedere a Hagrid uno dei suoi Snasi e quello avrebbe fatto tutto da solo. Discesero il prato buio fino allo stadio di Quidditch, passarono attraverso una fessura tra le tribune ed entrarono in campo.

«Che cosa gli hanno fatto?» esclamò Cedric indignato, fermandosi di colpo.

Il campo di Quidditch non era più liscio e piatto. Sembrava che qualcuno gli avesse costruito sopra un intrico di lunghe mura basse, che piegavano e s'incrociavano in tutte le direzioni.

«Sono siepi!» disse Harry, curvandosi per osservare la più vicina.

«Salute, laggiù!» gridò una voce allegra.

Ludo Bagman era in piedi al centro del campo con Krum e Fleur. Harry e Cedric li raggiunsero, scavalcando le siepi. Fleur fece un gran sorriso a Harry: aveva cambiato completamente atteggiamento nei suoi confronti, da quando Harry aveva tirato fuori la sua sorellina dal lago.

«Be', cosa ne dite?» disse Bagman tutto felice, mentre Harry e Cedric superavano l'ultima siepe. «Crescono bene, vero? Date loro un mese e Hagrid riuscirà a farle diventare alte sei metri. Non preoccupatevi» aggiunse gioviale, notando l'espressione men che lieta dipinta sulla faccia di Harry e Cedric, «riavrete il vostro campo di Quidditch una volta finita la prova!

Ora, suppongo che siale riusciti a immaginare che cosa abbiamo in mente...»

Per un attimo nessuno parlò. Poi...

«Labirinto» grugnì Krum.

«Esatto!» esclamò Bagman. «Un labirinto. La terza prova è veramente chiara. La Coppa Tremaghi verrà messa al centro del labirinto. Il primo campione che la tocca otterrà punteggio pieno».

«Dobbiamo solo attraversare il labirinto?» chiese Fleur.

«Ci saranno degli ostacoli» spiegò Bagman allegramente, saltellando in punta di piedi. «Hagrid sta preparando una serie di creature... poi ci saranno incantesimi da spezzare... tutta roba del genere, insomma. Ora, i campioni che conducono la classifica partiranno in vantaggio». Bagman sorrise a Harry e Cedric. «Poi entrerà il signor Krum... poi la signorina Delacour. Ma avrete tutti la possibilità di battervi, tutto dipenderà da come supererete gli ostacoli. Dovrebbe essere divertente, eh?»

Harry, che conosceva fin troppo bene il genere di creature che Hagrid avrebbe sfoderato per un'occasione del genere, pensò che era alquanto improbabile che la cosa si rivelasse divertente. Comunque, annuì educatamente come gli altri campioni.

«Molto bene... se non avete domande, torneremo al castello, vero, fa un po' freddino...»

Bagman si affrettò a raggiungere Harry mentre si facevano strada tra le siepi per uscire dal labirinto in crescita. Harry aveva la sensazione che Bagman stesse per offrirgli di nuovo il suo aiuto, ma in quel momento Krum gli batté sulla spalla.

«Posso con te parlare?»

«Sì, certo» disse Harry, sorpreso.

«Fiene tu con me?»

«Ok» rispose Harry incuriosito.

Bagman parve vagamente turbato. «Ti aspetto, Harry, va bene?»

«No, è tutto a posto, signor Bagman» disse Harry, reprimendo un sorrisetto, «credo che riuscirò a ritrovare il castello da solo, grazie». Harry e Krum uscirono insieme dallo stadio, ma Krum non prese la strada che portava alla nave di Durmstrang. S'incamminò invece verso la Foresta.

«Perché andiamo da questa parte?» chiese Harry mentre superavano la capanna di Hagrid e la carrozza illuminata di Beauxbatons.

«Io non vuole che qvalcuno ci sente» rispose secco Krum. Quando finalmente ebbero raggiunto un prato tranquillo, non lontano dal recinto dei cavalli di Beauxbatons, Krum si fermò all'ombra degli alberi e si voltò ad affrontare Harry.

«Io vuole sapere» profferì, guardandolo in cagnesco, «cosa esserci fra te e Herr-Mioni».

Harry, che dal fare reticente di Krum si era aspettato qualcosa di molto più serio, fissò Krum di sotto in su, sbalordito.

«Niente» rispose. Ma Krum lo guardò torvo, e Harry, colpito di nuovo dall'altezza di Krum, si spiegò meglio. «Siamo amici. Non è la mia fidanzata e non lo è mai stata. È solo quella Skeeter che s'inventa le cose».

«Herr-Mioni dice sempre su te» rispose Krum, sospettoso.

«Sì» disse Harry, «perché siamo amici».

Non riusciva a credere di trovarsi nel bel mezzo di una conversazione del genere con Viktor Krum, il famoso giocatore internazionale di Quidditch. Era come se il diciottenne Krum fosse convinto che lui, Harry, era un suo pari - un autentico rivale...

«Foi non afete mai... foi non afete...»

«No» rispose Harry con decisione.

Krum parve un po' più allegro. Fissò Harry per qualche istante, poi disse: «Tu molto bravo a folare. Io te guardato alla prima profa».

«Grazie» disse Harry con un gran sorriso, e all'improvviso si sentì anche lui molto più alto. «Ti ho visto alla Coppa del Mondo di Quidditch. Quella Finta Wronsky, sei stato davvero...»

Ma qualcosa si mosse tra gli alberi dietro Krum, e Harry, che aveva una certa esperienza del genere di cose che si acquattavano nella Foresta, afferrò d'istinto Krum per il braccio e lo trasse a sé.

«Cosa era qvesto?»

Harry scosse la testa, guardando il punto in cui aveva visto un movimento. Fece scivolare la mano nella veste, in cerca della bacchetta. Un attimo dopo un uomo uscì barcollando da dietro un'alta quercia. Per un istante, Harry non lo riconobbe... poi vide che era il signor Crouch. Sembrava che fosse in viaggio da giorni. Aveva la veste strappata e insanguinata all'altezza delle ginocchia, il volto coperto di graffi, la barba lunga e il viso grigio di stanchezza. I capelli e i baffi di solito così in ordine avevano bisogno di una lavata e una regolata. Il suo strano aspetto, comunque, era nulla in confronto al suo comportamento. Il signor Crouch borbottava e gesticolava come se stesse parlando con qualcuno che vedeva solo lui. A Harry fece venire in mente con chiarezza un vecchio barbone che aveva visto una volta quando era a fare compere con i Dursley. Anche quell'uomo discuteva animatamente con il vuoto: zia Petunia aveva afferrato la mano di Dudley e l'aveva trascinato dall'altra parte della strada per evitarlo; zio Vernon poi aveva inflitto alla famiglia una lunga tirata su quello che avrebbe voluto fare di mendicanti e vagabondi.

«Non è giudice?» chiese Krum, fissando il signor Crouch. «Non è del fostro Ministero?»

Harry annuì, esitò per un attimo, poi si avvicinò lentamente al signor Crouch, che non lo guardò ma continuò a parlare con un albero li vicino:

«...e quando hai finito, Weatherby, manda un gufo a Silente per confermare il numero di studenti di Durmstrang che prenderanno parte al Torneo, Karkaroff ha appena fatto sapere che saranno in dodici...»

«Signor Crouch» disse Harry con delicatezza.

«...e poi manda un altro gufo a Madame Maxime, perché può darsi che voglia aumentare il numero di studenti della sua delegazione, ora che Karkaroff è arrivato a una dozzina tonda... lo farai, Weatherby, vero? Vero?

Ve...» Il signor Crouch aveva gli occhi fuori dalle orbite. Rimase lì a fissare l'albero, mormorando in silenzio. Poi barcollò da un lato e cadde in ginocchio.

«Signor Crouch?» chiese Harry a voce alta. «Si sente bene?»

Crouch roteò gli occhi. Harry cercò lo sguardo di Krum, che lo aveva seguito tra gli alberi e guardava Crouch allarmato.

«Cosa succede lui?»

«Non ne ho idea» sussurrò Harry. «Senti, è meglio che tu vada a chiamare qualcuno...»

«Silente!» esclamò il signor Crouch senza fiato. Tese una mano e afferrò

il vestito di Harry, trascinandolo più vicino, anche se i suoi occhi guardavano oltre la testa di Harry. «Devo... vedere... Silente...»

«Ok» disse Harry, «se si alza, signor Crouch, possiamo andare al...»

«Ho fatto... una cosa... stupida...» esalò il signor Crouch. Sembrava decisamente impazzito. I suoi occhi roteavano sporgenti, e un rivolo di saliva gli scivolava giù per il mento. Ogni parola che pronunciava pareva costargli un sforzo tremendo. «Devo... dire... a Silente...»

«Si alzi, signor Crouch» disse Harry con voce forte e chiara. «Si alzi. La porterò da Silente!»

Gli occhi di Crouch si fissarono in quelli di Harry, roteando.

«Chi... sei?» mormorò.

«Sono un allievo della scuola» rispose Harry, cercando con gli occhi l'aiuto di Krum, che si teneva a distanza e sembrava decisamente teso.

«Non sei... suo?» borbottò Crouch, con la bocca che tremava.

«No» rispose Harry, senza avere la benché minima idea di cosa intendesse dire.

«Di Silente?»

«Proprio così» disse Harry.

Crouch lo tirava a sé; Harry cercò di allentare la stretta sulla veste, ma era troppo forte.

«Avverti... Silente...»

«Andrò a chiamare Silente se lei mi lascia andare» disse Harry. «Mi lasci, signor Crouch, e andrò a chiamarlo...»

«Grazie, Weatherby, e quando hai finito, vorrei una tazza di tè. Mia moglie e mio figlio arriveranno tra poco, stasera andiamo a un concerto con il signore e la signora Caramell». Ora Crouch aveva ripreso a parlare tranquillamente con un albero, e sembrava del tutto ignaro della presenza di Harry; quest'ultimo ne fu così sorpreso che non si accorse nemmeno che Crouch lo aveva lasciato andare. «Sì, mio figlio ha appena preso dodici G.U.F.O., una bella soddisfazione, sì, grazie, sì, sono davvero molto fiero di lui. Ora, se puoi portarmi quel promemoria del Ministero della Magia di Andorra, credo che avrò tempo di buttar giù una risposta...»

«Tu resta qui con lui!» disse Harry a Krum. «lo vado a chiamare Silente, farò in fretta, so dov'è il suo ufficio...»

«È pazzo» disse Krum dubbioso, fissando Crouch, che continuava a blaterare rivolto all'albero, convinto che si trattasse di Percy.

«Rimani con lui» disse Harry, e fece per alzarsi, ma il suo gesto parve innescare un altro brusco mutamento nel signor Crouch, che lo afferò alle ginocchia e lo trascinò di nuovo a terra.

«Non... abbandonarmi!» sussurrò, gli occhi di nuovo sporgenti. «Io... sono... fuggito... devo avvertire... devo dire... vedere Silente... colpa mia... tutta colpa mia... Bertha... morta.... tutta colpa mia... mio figlio... colpa mia... dire a Silente... Harry Potter... Il Signore Oscuro... più forte... Harry Potter...»

«Andrò a chiamare Silente se mi lascia andare, signor Crouch!» esclamò

Harry. Poi si rivolse a Krum, infuriato. «Vuoi aiutarmi?»

Krum, decisamente preoccupato, si fece avanti e si accoccolò vicino al signor Crouch.

«Trattienilo qui» disse Harry, liberandosi dalla presa di Crouch. «Tornerò con Silente».

«Fai in fretta, sì?» gli gridò dietro Krum mentre Harry filava via dalla Foresta e correva su per il parco immerso nell'oscurità. Erano completamente soli; Bagman, Cedric e Fleur erano scomparsi. Harry corse all'impazzata su per i gradini di pietra, varcò il portone di quercia e schizzò su per la scalinata di marmo, diretto al secondo piano. Cinque minuti dopo correva verso un gargoyle di pietra eretto a metà di un corridoio vuoto.

«Sor... sorbetto al limone!» esclamò ansante.

Era la parola d'ordine per la scala nascosta che portava all'ufficio di Silente: o almeno lo era due anni prima. Nel frattempo evidentemente era cambiata, perché il gargoyle di pietra non prese vita e non balzò di lato, ma rimase lì immobile, scrutando Harry con sguardo malvagio.

«Muoviti!» lo investì Harry. «Andiamo!»

Ma nulla a Hogwarts si era mai mosso solo perché gli strillavi contro. Harry guardò su e giù per il corridoio buio. Forse Silente era in sala professori? Prese a correre più veloce che poteva verso la scala...

«POTTER!»

Harry si fermò di colpo e si voltò.

Piton era appena spuntato dalla scala nascosta dietro il gargoyle di pietra. Il muro si stava ancora chiudendo alle sue spalle mentre faceva segno a Harry di tornare indietro. «Che cosa ci fai qui, Potter?»

«Devo vedere il professor Silente!» disse Harry, ripercorrendo di corsa il corridoio e fermandosi davantri a Piton. «Il signor Crouch... è appena tornato... è nella Foresta... chiede...»

«Che sciocchezze vai dicendo?» disse Piton, gli occhi neri scintillanti.

«Di che cosa stai parlando?»

«Il signor Crouch!» urlò Harry. «Del Ministero! Sta male, non so... È

nella Foresta, vuole vedere Silente! Mi dia solo la parola d'ordine...

«Il Preside è occupato, Potter» rispose Piton, le labbra incurvate in un sorriso sgradevole.

«Devo parlare con Silente!» gridò Harry.

«Non hai sentito, Potter?»

Harry avrebbe giurato che Piton si stava divertendo, negandogli quello che chiedeva e lasciandolo nel panico.

«Senta» sbottò, infuriato, «Crouch sta male... è... è fuori di sé... dice che vuole avvertire...»

Il muro di pietra alle spalle di Piton si aprì. Silente era lì, vestito di un lungo abito verde, con un'espressione di vaga curiosità.

«C'è qualche problema?» disse, guardando tra Harry e Piton.

«Professore!» esclamò Harry, prima che Piton potesse aprir bocca. «Il signor Crouch è qui... è giù nella Foresta, vuole parlarle!»

Harry si aspettava che Silente facesse qualche domanda, ma, con suo gran sollievo, non lece nulla del genere. «Guidami» disse immediatamente, e s'incamminò dietro a Harry lungo il corridoio, lasciando Pìton in piedi accanto al gargoyle: era brutto il doppio.

«Che cos'ha detto il signor Crouch, Harry?» chiese Silente mentre scendevano in fretta la scalinata di marmo.

«Ha detto che vuole avvertirla... dice che ha fatto qualcosa di orribile... ha parlato di suo figlio... e di Bertha Jorkins... e... e di Voldemort... ha detto che Voldemort è diventato più forte...»

«Ma senti» disse Silente, e affrettò il passo mentre uscivano nella notte nera come la pece.

«Non si comporta in modo normale» continuò Harry, camminando più

in fretta al fianco di Silente. «Sembra che non sappia dove si trova. Continua a parlare come se credesse di trovarsi davanti a Percy Weasley, e poi cambia, e dice che deve vedere lei... l'ho lasciato con Viktor Krum».

«Cosa?» sbottò brusco Silente, e prese a camminare ancora più in fretta, così che Harry dovette correre per stargli dietro. «Sai se qualcun altro ha visto il signor Crouch?»

«No» rispose Harry. «Io e Krum stavamo parlando, il signor Bagman aveva appena finito di spiegarci la terza prova, siamo rimasti indietro, e poi abbiamo visto il signor Crouch uscire dalla Foresta...»

«Dove sono?» chiese Silente mentre la carrozza di Beauxbatons affiorava dall'oscurità.

«Laggiù» disse Harry, superando Silente e facendogli strada attraverso gli alberi. Non sentiva più la voce di Crouch, ma sapeva dove era diretto; non era molto più in là della carrozza di Beauxbatons... da qualche parte lì

intorno...

«Viktor!» urlò Harry.

Nessuno rispose.

«Erano qui» disse Harry a Silente. «Erano di sicuro qui da qualche parte...»

« Lumos» disse Silente, accendendo la bacchetta e tenendola alta. Il suo raggio sottile rimbalzò da un tronco scuro all'altro, illuminando il terreno. E poi cadde su un paio di piedi.

Harry e Silente corsero avanti. Krum era steso a terra. Sembrava privo di sensi. Di Crouch nessuna traccia. Silente si chinò su Krum e gli sollevò delicatamente una palpebra.

«Schiantato» disse piano. Gli occhiali a mezzaluna brillarono alla luce della bacchetta mentre scrutava gli alberi tutto attorno.

«Devo andare a chiamare qualcuno?» disse Harry. «Madama Chips?»

«No» rispose in fretta Silente. «Stai qui».

Levò la bacchetta e la puntò verso la capanna di Hagrid. Harry vide qualcosa di argenteo sfrecciare fuori dalla punta e dirigersi attraverso gli alberi come un uccello spettrale. Poi Silente si curvò di nuovo su Krum, gli puntò contro la bacchetta e sussurrò: « Innerva». Krum apri gli occhi. Sembrava intontito. Quando vide Silente, cercò di alzarsi a sedere, ma il Preside gli mise una mano sulla spalla e lo costrinse a rimanere disteso.

«Lui ha me aggredito!» borbottò Krum, portando una mano alla testa.

«Quel vecchio folle ha me aggredito! Mentre io guardava dove andato Potter, lui attaccava mie spalle!»

«Resta giù ancora un po'» disse Silente.

Li raggiunse un rumore di passi tonanti, e Hagrid spuntò ansante con Thor alle calcagna. Era armato di balestra.

«Professor Silente!» disse, gli occhi sgranati. «Harry... che cosa...»

«Hagrid, devi andare a chiamare il professor Karkaroff» disse Silente.

«Il suo allievo è stato aggredito. Quando hai fatto, ti prego di avvertire il professor Moody...»

«Non serve, Silente, sono qui». Moody avanzò zoppicando, appoggiandosi al bastone, la bacchetta accesa. «Dannata gamba» ringhiò. «Sarei arrivato prima... che cosa è successo? Piton ha detto qualcosa a proposito di Crouch...»

«Crouch?» esclamò Hagrid, ignaro.

«Karkaroff, per favore. Hagrid!» disse Silente in tono brusco.

«Oh, si... Ha ragione, professore...» disse Hagrid; poi si voltò e sparì tra gli alberi oscuri, seguito da Thor.

«Non so dove sia Barty Crouch» disse Silente a Moody, «ma è fondamentale che riusciamo a trovarlo».

«Ci penso io» ringhiò Moody, e alzata la bacchetta si allontanò zoppicando nella Foresta. Né Silente né Harry aprirono bocca finché non udirono il rumore inconfondibile di Hagrid e Thor che tornavano. Karkaroff li seguiva di corsa. Indossava la sua liscia pelliccia argentea e sembrava pallido e agitato.

«Che cosa succede?» gridò, quando vide Krum a terra, e Silente e Harry accanto a lui. «Cos'è successo?»

«Io è stato aggredito!» disse Krum, levandosi a sedere e massaggiandosi la testa. «Qvel Krautsch, o come lui chiama...»

«Crouch ti ha aggredito? Crouch ti ha aggredito? Il giudice del Tremaghi?»

«Igor» esordì Silente, ma Karkaroff si erse in tutta la sua altezza, strin-gendosi addosso la pelliccia, furente.

«Tradimento!» ululò, puntando il dito contro Silente. «È una congiura!

Tu e il Ministero della Magia mi avete attirato qui con l'inganno, Silente!

Questa non è una gara corretta! Prima tramate per ammettere Potter al Torneo, anche se è troppo giovane! Ora uno dei tuoi amici del Ministero cerca di mettere fuori gioco il mio campione! Io subodoro doppiezza e corruzione in tutta quanta la faccenda, e tu, Silente, tu, con tutti i tuoi discorsi sui rapporti magici internazionali più stretti, sull'importanza di ricreare vecchi legami, di dimenticare vecchie divergenze... ecco che cosa penso di te

Karkaroff sputò ai piedi di Silente. Con un rapido gesto, Hagrid afferrò

Karkaroff per la pelliccia, lo sollevò e lo sbatté contro un albero vicino.

«Chiedi scusa!» ringhiò Hagrid, mentre Karkaroff annaspava, col grosso pugno del guardiacaccia alla gola, i piedi penzoloni a mezz'aria.

«Hagrid, no!» gridò Silente, gli occhi lampeggianti. Hagrid ritirò la mano che inchiodava Karkaroff all'albero, e quest'ultimo scivolò lungo il tronco e si afflosciò a terra; una piccola pioggia di rametti e foglie lo colpì sulla testa.

«Ti prego di scortare Harry fino al castello, Hagrid» disse Silente in tono asciutto.

Respirando affannosamente, Hagrid scoccò a Karkaroff uno sguardo minaccioso. «Forse è meglio che sto qui, Preside...»

«Tu riporti Harry a scuola, Hagrid» ripeté Silente con decisione. «Portalo difilato su alla Torre di Grifondoro. E Harry, voglio che tu vi rimanga. Qualunque cosa ti venga in mente di fare - qualunque gufo tu voglia spedire - possono aspettare fino a domattina, mi hai capito?»

«Ehm... si» rispose Harry, guardandolo negli occhi. Come faceva Silente a sapere che proprio in quell'istante aveva pensato di spedire Leo difilato da Sirius, per fargli sapere cosa era successo?

«Lascio Thor qui con te, Preside» disse Hagrid, senza smettere di fissare torvo Karkaroff, che era ancora ai piedi dell'albero, in un groviglio di pellicce e radici. «Rimani qui, Thor. Andiamo, Harry». Insieme oltrepassarono la carrozza di Beauxbatons e ripresero la salita verso il castello.

«Come osa» ringhiò Hagrid mentre passavano accanto al lago. «Come osa accusare Silente. Silente non fa 'ste cose. Silente non ti voleva al Torneo. Preoccupato! Non so quando ho mai visto Silente più preoccupato di adesso. E tu!» esclamò Hagrid all'improvviso rivolto a Harry, che guardò

in su, sorpreso. «Che cos'è che facevi, cosa andavi in giro a fare con quel tipaccio di Krum? È di Durmstrang, Harry! Poteva farti il malocchio! Moody non ti ha insegnato niente? Ma pensa a te, lui che ti attira là fuori da solo...»

«Krum è a posto!» disse Harry mentre risalivano i gradini verso la Sala d'Ingresso. «Non stava cercando di farmi il malocchio, voleva solo parlare di Hermione...»

«Ci dirò due paroline anche a lei» disse Hagrid cupo, salendo pesantemente i gradini. «Meno tutti quanti voi avete a che fare con quegli stranieri, meglio sarà. Non potete fidarvi di nessuno di quelli là».

«Tu però andavi d'accordo con Madame Maxime» disse Harry, irritato.

«Non parlarmi di lei!» disse Hagrid, e per un attimo parve davvero spaventoso. «Adesso sì che l'ho capita! Sta cercando di fare la pace solo perché vuole che le dico che cosa succede nella terza prova. Ha! Non ci si può

fidare di nessuno di quelli là!»

Hagrid era così di malumore che Harry fu contento di separarsi da lui davanti alla Signora Grassa. Attraversò il buco de! ritratto, si arrampicò su nella sala comune e raggiunse in fretta l'angolo in cui sedevano Ron e Hermione per raccontare loro l'accaduto.

CAPITOLO 29

IL SOGNO

«Il punto è questo» disse Hermione, massaggiandosi la fronte. «O il signor Crouch ha aggredito Viktor, o qualcun altro ha aggredito tutti e due mentre Viktor non guardava».

«Dev'essere stato Crouch» disse subito Ron. «Ecco perché era sparito quando Harry e Silente sono arrivati laggiù. Era scappato via».

«Non credo» rispose Harry, scuotendo la testa. «Sembrava proprio debole... Non credo che volesse Smaterializzarsi o altro».

«Non ci si può Smaterializzare entro i confini di Hogwarts, ve l'ho detto mille volte!» esclamò Hermione.

«Ok, sentite un po' questa» disse Ron eccitato. «Krum aggredisce Crouch - no, aspettate un attimo - e poi si Schianta!»

«E il signor Crouch è evaporato, vero?» fece Hermione freddamente.

«Oh, va be'...»

Era l'alba. Harry, Ron e Hermione erano sgattaiolati fuori dai loro letti molto presto, ed erano corsi insieme su alla Guferia per spedire un bigliet-to a Sirius. Ora erano in piedi e guardavano il parco immerso in una nebbiolina. Tutti e tre avevano gli occhi gonfi ed erano pallidi, perché avevano parlato di Crouch fino a tardi.

«Ricomincia daccapo, Harry» disse Hermione. «Allora, che cos'ha detto il signor Crouch?»

«Te l'ho detto, non aveva molto senso» disse Harry. «Ha detto che voleva mettere in guardia Silente da qualcosa. Ha nominato Bertha Jorkins, questo è certo, e sembrava convinto che fosse morta. Continuava a dire che era colpa sua... ha parlato di suo figlio».

«Be', quella è stata sì colpa sua» disse Hermione stizzita.

«Era fuori di testa» disse Harry. «Metà del tempo sembrava convinto che sua moglie e suo figlio fossero ancora vivi, e continuava a parlare di lavoro con Percy e a dargli istruzioni».

«E... ripeti un po' cos'ha detto di Tu-Sai-Chi» disse Ron esitante.

«Te l'ho detto» ripeté Harry ostinato. «Diceva che sta diventando più

forte».

Ci fu una pausa.

Poi Ron cominciò, in tono falsamente fiducioso: «Ma era fuori di testa, come dicevi tu, quindi probabilmente metà delle cose che ha detto erano puro delirio...»

«Era in sé quando cercava di parlare di Voldemort» rispose Harry. Ron sussultò. «Faceva una gran fatica a mettere insieme due parole, ma solo quando sembrava che sapesse dov'era e cosa voleva fare. Continuava a ripetere che doveva vedere Silente». Harry si allontanò dalla finestra e prese a scrutare le travi. Metà dei molti trespoli erano vuoti; ogni tanto, un altro gufo piombava giù da una delle finestre, di ritorno dalla caccia notturna con un topo nel becco.

«Se Piton non mi avesse trattenuto» disse Harry con amarezza, «forse saremmo arrivati in tempo. 'Il Preside è occupato, Potter... che cosa sono queste sciocchezze, Potter?' Perché non si è tolto di torno e basta?»

«Forse non voleva che tu arrivassi in tempo!» incalzò Ron. «Forse - aspetta un po' - quanto ci poteva mettere ad arrivare giù alla Foresta? Credi che possa essere arrivato prima di te e Silente?»

«No, a meno che non sappia trasformarsi in pipistrello» rispose Harry.

«Non lo escluderei» borbottò Ron.

«Dobbiamo vedere il professor Moody» disse Hermione. «Dobbiamo scoprire se ha trovato il signor Crouch».

«Facile, se aveva con sé la Mappa del Malandrino» disse Harry.

«A meno che Crouch non fosse già fuori dal parco» aggiunse Ron, «perché la Mappa arriva solo fino ai confini, non...»

«Ssst!» fece Hermione all'improvviso.

Qualcuno stava salendo alla Guferia. Harry udì due voci battibeccare, sempre più vicine.

«... è ricatto, ecco cos'è, potremmo finire nei guai, guai seri...»

«... abbiamo cercato di essere corretti, adesso è il momento di giocare sporco, come lui. Non vorrebbe certo che il Ministero della Magia sapesse che cos'ha fatto...»

«Ti dico che se lo metti per iscritto è un ricatto!»

«Sì, ma poi mica ti lamenti se otteniamo una bella ricompensa, vero?»

La porta della Guferia si spalancò. Fred e George attraversarono la soglia, poi si fermarono di botto alla vista di Harry, Ron e Hermione.

«Che cosa fate qui?» dissero Ron e Fred contemporaneamente.

«Spediamo una lettera» risposero Harry e George all'unisono.

«Come, a quest'ora?» dissero Hermione e Fred.

Fred sorrise. «Bene... noi non vi chiederemo che cosa state facendo se voi non lo chiedete a noi» disse.

Aveva in mano una busta sigillata. Harry le diede un'occhiata, ma Fred, per caso o di proposito, spostò la mano così da coprire il nome del destinatario.

«Be', non vogliamo trattenervi» disse, facendo un buffo inchino e indicando la porta. Ron non si mosse. «Chi state ricattando?» chiese.

Il sorriso scomparve dalle labbra di Fred. George gli lanciò un'occhiata prima di rivolgersi a Ron.

«Non fare lo stupido, stavo solo scherzando» rispose con disinvoltura.

«Non sembrava proprio» osservò Ron.

Fred e George si scambiarono un'altra occhiata. Poi Fred disse bruscamente: «Te l'ho già detto, Ron, tieni il naso fuori da questa faccenda, se ti piace così com'è. Non capisco come mai, ma...»

«Sono fatti miei se state ricattando qualcuno» incalzò Ron. «George ha ragione, potreste cacciarvi in un grosso guaio».

«Te l'ho detto. Stavo scherzando» insisté George. Si avvicinò a Fred, gli sfilò la lettera di mano e la legò alla zampa del barbagianni più vicino.

«Cominci ad assomigliare al nostro caro fratello maggiore, sai, Ron. Continua così e ti faranno Prefetto».

«No!» disse Ron veemente.

George portò il barbagianni alla finestra e quello spiccò il volo. Poi si voltò con un gran sorriso.

«Be', allora smettila di dire alla gente cosa deve fare. A più tardi». Lui e Fred se ne andarono. Harry, Ron e Hermione si guardarono perplessi.

«Non credete che sappiano qualcosa di questa faccenda, eh?» sussurrò

Hermione. «Di Crouch e del resto?»

«No» rispose Harry. «Se fosse una cosa così seria, lo direbbero a qualcuno. Lo direbbero a Silente». Ron, comunque, sembrava a disagio.

«Cosa c'è?» gli chiese Hermione.

«Be'...» disse Ron lentamente, «non so se lo farebbero. Sono... sono ossessionati dall'idea di far soldi ultimamente, me ne sono accorto stando con loro... quando... sapete...»

«Noi non ci parlavamo» concluse Harry per lui. «Sì, ma un ricatto...»

«È quella loro idea del negozio di scherzi» disse Ron. «Credevo che ne parlassero solo per irritare la mamma, ma fanno sul serio, vogliono aprirne uno. Gli manca solo un anno per finire Hogwarts, continuano a ripetersi che è ora di pensare al futuro, e papà non li può aiutare, e hanno bisogno di soldi per cominciare».

Fu la volta di Hermione di essere a disagio. «Si, ma... non farebbero nulla di illegale per ottenere del denaro...»

«Tu dici?» le fece eco Ron con aria scettica. «Non so... non è che gli importi granché di infrangere le regole, no?»

«Sì, ma questa è la legge» disse Hermione spaventata. «Questa non è

una stupida regola della scuola... prenderanno ben più di una punizione se ricattano qualcuno! Ron... forse sarebbe meglio se lo dicessi a Percy...»

«Sei pazza?» disse Ron. «Dirlo a Percy? Probabilmente farebbe come Crouch e li denuncerebbe». Fissò la finestra dalla quale era partito il barbagianni di Fred e George, poi si riscosse: «Dai, andiamo a fare colazione».

«Credete che sia troppo presto per andare dal professor Moody?» domandò Hermione mentre scendevano la scala a chiocciola.

«Sì» rispose Harry. «Probabilmente ci fulminerebbe da dietro la porta se lo svegliassimo all'alba. Crederebbe che stiamo cercando di assalirlo nel sonno. Aspettiamo l'intervallo».

Di rado una lezione di Storia della Magia era stata così lunga. Harry continuava a guardare l'orologio di Ron. visto che finalmente aveva rinun-ciato al suo, ma quello di Ron si muoveva così piano che sembrava essersi rotto anche quello. Erano tutti e tre così stanchi che avrebbero posato volentieri la testa sul banco per dormire; perfino Hermione non prendeva appunti come al solito, ma era seduta con la testa appoggiata alla mano e fissava il professor Rüf con occhi vuoti. Quando finalmente suonò la campana, corsero lungo ì corridoi fino alla classe di Difesa contro le Arti Oscure, e incontrarono il professor Moody che ne usciva. Sembrava stanco quanto loro. La palpebra dell'occhio normale era afflosciata, e dava al suo viso un aspetto ancora più deforme del solito.

«Professor Moody!» gridò Harry mentre gli si avvicinavano facendosi largo tra la folla.

«Salute, Potter» ringhiò Moody. L'occhio magico seguì un paio di ragazzini del primo anno che filarono via con aria nervosa; roteò girandosi verso l'interno della testa di Moody e li guardò girare l'angolo. Poi Moody parlò di nuovo. «Entrate».

Si ritrasse per lasciarli entrare nell'aula vuota, zoppicò dietro di loro e chiuse la porta.

«L'ha trovato?» chiese Harry senza preamboli. «Il signor Crouch?»

«No» rispose Moody. Si avvicinò alla scrivania, sedette, allungò la gamba di legno con un lieve gemito ed estrasse la fiaschetta.

«Ha usato la mappa?» chiese Harry.

«Certo» disse Moody, e bevve. «Ho preso esempio da te, Potter. L'ho consultata dal mio ufficio fino nella Foresta. Non era da nessuna parte».

«Allora si è Smaterializzato?» disse Ron.

« Non ci si può Smaterializzare nella cerchia del castello, Ron! » esclamò

Hermione. «Può aver usato altri modi per sparire, vero, professore?»

L'occhio magico di Moody vibrò indugiando su Hermione.

«Tu sei un'altra che dovrebbe pensare alla carriera di Auror» le disse.

«La tua testa lavora nel modo giusto, Granger».

Hermione arrossì compiaciuta.

«Be', non era invisibile» disse Harry, «la mappa mostra anche le persone invisibili. Allora dev'essersene andato».

«Ma di sua volontà?» disse Hermione impaziente. «O perché qualcuno lo ha costretto?»

«Sì, è possibile che qualcuno... che qualcuno lo abbia messo su un manico di scopa e sia volato via con lui, no?» aggiunse Ron rapido, guardando speranzoso Moody, come se volesse sentirsi dire che anche lui aveva l'i-stinto di un Auror.

«Non possiamo escludere un rapimento» ringhiò Moody.

«Allora» disse Ron «pensa che possa essere da qualche parte a Hogsmeade?»

«Potrebbe essere ovunque» disse Moody scuotendo la testa. «La sola cosa che sappiamo per certo è che non è qui». Fece un gran sbadiglio, e le cicatrici si distesero, e la bocca storta rivelò

una serie di denti mancanti.

Poi disse: «Ora, Silente mi ha detto che voi tre vi credete investigatori, ma non potete far nulla per Crouch. Adesso lo cercherà il Ministero, Silente li ha informati. Potter, concentrati sulla terza prova».

«Come?» disse Harry. «Oh, certo...»

Non aveva pensato una volta al labirinto da quando lo aveva lasciato assieme a Krum la sera prima.

«Dovrebbe essere la cosa giusta per te, questa» disse Moody, guardando Harry e grattandosi il mento segnato dalle cicatrici e coperto di peli ispidi.

«Da quello che ha detto Silente, sei riuscito a superare cose del genere un sacco di volte. Ti sei fatto strada oltrepassando un bel po' di ostacoli che custodivano la Pietra Filosofale al primo anno, vero?»

«Gli abbiamo dato una mano» intervenne rapido Ron. «Io e Hermione gli abbiamo dato una mano».

Moody fece un gran sorriso. «Be', dategli una mano a esercitarsi per questa cosa, e sarò molto sorpreso se non vince» disse. «Nel frattempo... vigilanza costante, Potter. Vigilanza costante». Trasse un'altra gran sorsata dalla fiaschetta, e l'occhio magico roteò verso la finestra, da cui si scorgeva la vela più alta della nave di Durmstrang.

«Voi due» - l'occhio normale era puntato su Ron e Hermione - «state vicini a Potter, d'accordo? Io tengo d'occhio tutto, ma comunque... gli occhi aperti non bastano mai».

*

Sirius rispedì indietro il loro gufo la mattina dopo. Planò davanti a Harry mentre un allocco atterrava di fronte a Hermione, con una copia della Gaz- zetta del Profeta stretta nel becco. Lei prese il giornale, scorse le prime pagine, disse «Ha! Non ha saputo di Crouch!», poi si unì a Ron e Harry nella lettura dei commenti di Sirius sui fatti misteriosi di due notti prima.

Hany, che cosa ti viene in mente di andare nella Foresta con Viktor Krum? Voglio che tu mi giuri a stretto giro di gufo che non uscirai di notte con nessuno. C'è qualcuno estremamente pericoloso a Hogwarts. E evi- dente che questo qualcuno voleva impedire a Crouch di incontrare Silente ed è probabile che tu ti sia trovato nell'oscurità a pochi metri da costui. Potevi rimanere ucciso.

Il tuo nome non è finito per caso nel Calice di Fuoco. Se qualcuno sta cercando di farti del male, ha la sua ultima possibilità. Non allontanarti da Ron e Hermione, non uscire dalla Torre di Grifondoro la sera, e prepa- rati alla terza prova. Esercitati a Schiantare e Disarmare. Non sarebbe male che provassi anche qualche stregoneria. Non puoi fare niente per Crouch. Giù la testa e bada a te stesso. Aspetto una tua lettera in cui mi dai la tua parola che non uscirai più dal castello. Sirius

«Chi si crede di essere, a farmi la predica perché sono uscito dal castello?» esclamò Harry indignato mentre ripiegava la lettera di Sirius e se la infilava in tasca. «Con tutte le cose che ha combinato lui a scuola!»

«È in pensiero per te!» disse Hermione bruscamente. «Come Moody e Hagrid! Quindi dai loro retta!»

«Nessuno cerca di aggredirmi» ribatté Harry. «Nessuno mi ha fatto niente...»

«Tranne mettere il tuo nome nel Calice di Fuoco» lo interruppe Hermione. «E deve averlo fatto per un buon motivo, Harry. Tartufo ha ragione. Forse questo qualcuno sta solo prendendo tempo. Forse è questa la prova che ha scelto per prenderti».

«Senti» disse Harry, impaziente, «diciamo che Tartufo ha ragione, e che qualcuno ha Schiantato Krum per rapire Crouch. Be', doveva essere li tra gli alberi vicino a noi, no? Ma ha aspettato che io fossi lontano prima di agire, no? Quindi non pare proprio che sia io il suo obiettivo, no?»

«Non poteva farlo passare per un incidente, se ti assassinava nella Foresta!» esclamò Hermione. «Ma se muori durante una prova...»

«Però non ha avuto problemi ad aggredire Krum, vero?» disse Harry.

«Perché non mi ha fatto fuori nella stessa occasione? Poteva far finta che io e Krum ci fossimo sfidati a duello, o qualcosa del genere».

«Harry, non capisco neanch'io» sospirò Hermione sconfortata. «So solo che stanno succedendo un sacco di cose strane, e non mi piacciono... Moody ha ragione, Tartufo ha ragione, devi cominciare ad allenarti per la ter-za prova, e subito. E rispondi subito a Tartufo e promettigli che non scapperai via da solo un'altra volta».

*

Il parco di Hogwarts non era mai apparso cosi invitante, da quando Harry doveva restare chiuso dentro il castello. Nei giorni che seguirono trascorse tutto il suo tempo libero in biblioteca con Hermione e Ron, a studiare stregonerie, o in qualche classe vuota dove sgattaiolavano per esercitarsi. Harry si era concentrato sullo Schiantesimo, che non aveva mai usato prima. Il guaio era che fare pratica comportava parecchi sacrifici da parte di Ron e Hermione.

«Non possiamo rapire Mrs Purr?» propose Ron lunedì all'ora di pranzo, mentre giaceva lungo disteso nel bel mezzo della classe di Incantesimi: era appena stato Schiantato e risvegliato da Harry per la quinta volta di seguito. «Possiamo Schiantare lei qualche volta. Oppure puoi usare Dobby, Harry. Scommetto che farebbe qualunque cosa per aiutarti. Non è che mi lamenti» si alzò in piedi cautamente, massaggiandosi la schiena «ma mi fa male dappertutto...»

«Be', certo, se continui a mancare i cuscini!» esclamò Hermione impaziente, risistemando la pila di cuscini che avevano usato per l'Incantesimo di Esilio e che Vitious aveva lasciato in un armadio.

«Quando sei Schiantato non riesci a prendere la mira molto bene, Hermione!» ribatté rabbiosamente Ron. «Perché non vieni tu al mio posto?»

«Be', credo che Harry l'abbia imparato, ormai» disse Hermione in fretta.

«E non dobbiamo darci pensiero per l'Incantesimo di Disarmo, perché sono secoli che lo sa fare... Credo che stasera dovremmo cominciare con qualche stregoneria».

Scorse la lista che avevano fatto in biblioteca.

«Mi piace questo qui» disse, «questo Incantesimo di Ostacolo. Dovrebbe rallentare qualunque cosa cerchi di aggredirti, Harry. Cominceremo con questo».

Suonò la campana. Rimisero in fretta i cuscini nell'armadio di Vitious, e sgattaiolarono fuori dalla classe.

«Ci vediamo a cena!» disse Hermione, diretta ad Aritmanzia, mentre Harry e Ron andavano verso la Torre Nord, a Divinazione. Ampie strisce di abbagliante luce solare attraversavano il corridoio entrando a fiotti dalle alte finestre. Il cielo era di un azzurro così luminoso che sembrava smalta-to.

«Ci sarà da cuocere nell'aula della Cooman, quella non spegne mai il fuoco» disse Ron, mentre salivano la scala che portava alla scaletta argentata e alla botola. Aveva ragione. Nella stanza pervasa da una luce fioca c'era un caldo soffocante. Gli effluvi del fuoco profumato erano più grevi che mai. Harry si sentì stordito mentre si avvicinava a una delle finestre schermate da tende. Mentre la professoressa Cooman guardava dall'altra parte, intenta a sbrogliare lo scialle da una lampada, l'aprì di qualche centimetro e si risistemò

nella poltrona foderata di chintz, in modo che un venticello leggero gli accarezzasse il viso. Era decisamente piacevole.

«Miei cari» esordì la professoressa Cooman, seduta in una profonda poltrona di fronte alla classe, scrutando i ragazzi uno per uno con gli occhi stranamente ingranditi dalle lenti, «abbiamo quasi finito il nostro lavoro sulla divinazione planetaria. Oggi, comunque, ci si presenta un'ottima occasione per osservare gli effetti di Marte, perché in questo momento si trova in una posizione assolutamente interessante. Se volete guardare da questa parte, spegnerò le luci...»

Agitò la bacchetta e le lampade si spensero. Il fuoco rimase l'unica fonte di luce. La professoressa Cooman si chinò e prese da sotto la sedia un modellino in miniatura del sistema solare rinchiuso sotto una cupola di vetro. Era un oggetto molto bello; ciascuna delle lune scintillava dolcemente al suo posto attorno ai nove pianeti e al sole che brillava forte, e ciascun globo galleggiava a mezz'aria sotto il vetro. Harry guardò pigramente mentre la professoressa Cooman cominciava a indicare l'angolo affascinante che Marte formava con Nettuno. Vapori dal greve profumo gli aleggiavano addosso, e l'arietta che entrava dalla finestra gli giocherellava sul viso. Udì

il morbido ronzio di un insetto da qualche parte dietro la finestra. Le palpebre gli si fecero pesanti... Cavalcava un gufo reale, e insieme planavano nel cielo azzurro chiaro verso una vecchia casa ricoperta d'edera aggrappata sul fianco di una collina. Volavano sempre più in basso, e il vento soffiava piacevole sul viso di Harry, finché non raggiunsero un'oscura finestra rotta al piano di sopra della casa, ed entrarono. Ora sfrecciavano lungo un corridoio buio, verso una porta alla fine... la varcarono ed entrarono in una stanza dalle finestre chiuse con tavole di legno... Harry scese dal dorso del gufo... lo guardò svolazzare attraverso la stanza e posarsi su una poltrona voltata verso il fuoco... c'erano due forme scu-re sul pavimento davanti alla poltrona... entrambe si agitavano... Uno era un serpente enorme... l'altro era un uomo... un uomo basso, quasi calvo, un uomo con gli occhi acquosi e il naso appuntito... ansimava e singhiozzava sul tappetino davanti al camino...

«Sei fortunato, Codaliscia» una voce fredda e acuta si levò dalla poltrona su cui era atterrato il gufo. «Hai davvero molta fortuna. Il pasticcio che hai combinato non ha rovinato tutto. È morto».

«Mio signore!» esclamò l'uomo sul pavimento, senza fiato. «Mio signore, sono... sono così contento... e mi dispiace tanto...»

«Nagini» disse la voce fredda, «tu sei sfortunata. Non ti darò in pasto Codaliscia, dopotutto... ma non preoccuparti, non preoccuparti... c'è sempre Harry Potter...»

Il serpente sibilò. Harry vide la sua lingua saettare.

«Ora, Codaliscia» disse la voce fredda, «forse è il caso di ricordarti perché non ho intenzione di tollerare che tu combini un altro guaio...»

«Mio Signore... no... vi supplico...»

Dalla poltrona emerse la punta di una bacchetta. Era puntata contro Codaliscia. « Crucio» disse la voce gelida. Codaliscia urlò, urlò come se ogni nervo che aveva in corpo fosse in preda alle fiamme, e le urla riempirono le orecchie di Harry mentre la cicatrice che aveva sulla fronte gli bruciava insopportabilmente; anche lui si ritrovò a urlare... Voldemort l'avrebbe sentito, avrebbe scoperto che era lì...

«Harry! Harry! »

Harry aprì gli occhi. Era disteso sul pavimento della stanza della professoressa Cooman, con le mani sulla faccia. La cicatrice gli bruciava ancora così forte che gli lacrimavano gli occhi. Il dolore era vero. Tutta la classe era in piedi attorno a lui, e Ron era inginocchiato al suo fianco, terrorizzato.

«Ti senti bene?» disse.

«Certo che no!» esclamò la professoressa Cooman, profondamente agitata. I suoi enormi occhi indugiarono su Harry, scrutandolo. «Che cos'è

stato, Potter? Una premonizione? Un'apparizione? Che cos'hai visto?»

«Nulla» mentì Harry. Si alzò a sedere. Si accorse di tremare violentemente. Non riuscì a impedirsi di guardare attorno, nel fitto delle ombre alle sue spalle; la voce di Voldemort era sembrata così vicina...

«Ti stavi toccando la cicatrice!» esclamò la professoressa Cooman. «Ti sei rotolato per terra, toccandoti la cicatrice! Andiamo, Potter, ho una certa esperienza in materia!»

Harry alzò gli occhi verso di lei.

«Devo andare in infermeria, credo» disse. «Ho un brutto mal di testa».

«Mio caro, senz'alcun dubbio sei stato sollecitato dalle eccezionali vibrazioni chiaroveggenti della mia aula!» disse la professoressa Cooman.

«Se adesso te ne vai, potresti perdere l'occasione di vedere più lontano di quanto tu non abbia mai...»

«Non voglio vedere altro che una medicina per il mal di testa» disse Harry.

Si alzò. I compagni indietreggiarono. Sembravano tutti nervosi.

«A dopo» sussurrò Harry a Ron, poi prese la borsa e si diresse alla botola, ignorando la professoressa Cooman che ostentava un'aria profondamente delusa, come se le fosse appena stato negato un grosso regalo. Quando Harry fu ai piedi della scala a pioli, comunque, non si diresse verso l'infermeria. Non aveva alcuna intenzione di andarci. Sirius gli aveva detto che fare se la cicatrice gli avesse fatto di nuovo male, e Harry avrebbe seguito il suo consiglio: stava andando difilato nell'ufficio del Preside. Percorse i corridoi pensando a ciò che aveva visto nel sogno... era reale quanto quello che lo aveva svegliato di soprassalto a Privet Drive... ripassò

i particolari nella mente, cercando di ricordarli... aveva sentito Voldemort accusare Codaliscia di aver combinato un pasticcio... ma il gufo aveva portato buone notizie, il guaio era stato rimediato, qualcuno era morto... quindi Codaliscia non sarebbe stato dato in pasto al serpente... questa sorte sarebbe toccata a lui, Harry... Harry aveva oltrepassato senza accorgersene il gargoyle di pietra che sorvegliava l'ingresso dell'ufficio di Silente. Sbatté le palpebre, si guardò

attorno, capì che cos'aveva fatto e tornò sui suoi passi per fermarsi davanti alla statua. Poi gli venne in mente che non sapeva la parola d'ordine.

«Sorbetto al limone?» disse esitante.

Il gargoyle non si mosse.

«OK» disse Harry, squadrandolo. «Goccia di pera. Ehm... Bacchetta di liquirizia. Ape Frizzola. SuperPallaGomma di Drooble. Gelatine Tuttigusti+1... oh no, non gli piacciono, vero? Oh insomma, apriti, no?» sbottò.

«Devo assolutamente vederlo, è urgente!»

Il gargoyle rimase immobile.

Harry gli sferrò un calcio, con l'unico risultato di farsi un male tremendo all'alluce.

«Cioccorana!» urlò furioso, saltellando su un piede solo. «Piuma di zucchero! Scarafaggi a Grappolo!»

Il gargoyle prese vita e balzò da un lato. Harry strizzò gli occhi.

«Scarafaggi a Grappolo?» disse, stupefatto. «Stavo solo scherzando...»

Si affrettò a varcare l'apertura e salì il primo gradino di una scala a chiocciola di pietra, che si avvolse lentamente verso l'alto mentre le porte si chiudevano alle sue spalle e lo portò fino a una porta di quercia lucida con un battente di ottone.

Udì delle voci all'interno dell'ufficio. Scese dalla scala mobile ed esitò, tendendo le orecchie.

«Silente, mi spiace ma non vedo il nesso, non lo vedo proprio!» Era la voce del Ministro della Magia, Cornelius Caramell. «Ludo sostiene che Bertha è perfettamente in grado di perdersi. Sono d'accordo, ormai avremmo dovuto trovarla, ma comunque non abbiamo alcuna prova che sia stato commesso un delitto, Silente, assolutamente no. E nemmeno che la sua scomparsa sia legata a quella di Barty Crouch!»

«E cosa crede che sia successo a Barty Crouch, Ministro?» disse la voce ringhiosa di Moody.

«Vedo due possibilità, Alastor» rispose Caramell. «O Crouch alla fine è

crollato - è più che probabile, sono sicuro che lei la pensa come me, vista la sua storia personale - ha perso la testa e ora sta vagando chissà dove...»

«Vaga con estrema rapidità, se è questo che è successo, Cornelius»

commentò Silente con tranquillità.

«Oppure... be'...» Caramell sembrava imbarazzato. «Be', mi astengo dal giudizio finché non avrò visto il luogo in cui l'hanno incontrato, ma... lei dice che era subito dopo la carrozza di Beauxbatons? Silente, lo sa che cos'è quella donna?»

«Io la ritengo una Preside molto capace... e un'ottima ballerina» disse Silente piano.

«Silente, andiamo!» esclamò Caramell infuriato. «Non crede di essere parziale nei suoi confronti a causa di Hagrid? Non si rivelano tutti innocui

- sempre che Hagrid si possa definire innocuo, con quella sua mania per i mostri...»

«Non sospetto di Madame Maxime più che di Hagrid» disse Silente, con la medesima calma. «Ritengo possibile che sia lei ad essere prevenuto, Cornelius».

«Possiamo chiudere questa discussione?» ringhiò Moody.

«Sì, sì, andiamo giù nel parco, allora» disse Caramell impaziente.

«No, non è per questo» disse Moody, «è solo che Potter vuole parlarle, Silente. È fuori dalla porta».

CAPITOLO 30

IL PENSATOIO

La porta dell'ufficio si aprì.

«Salute, Potter» disse Moody. «Entra, allora».

Harry entrò. Era già stato una volta nell'ufficio di Silente; era una camera circolare, molto bella, tappezzata di ritratti di Presidi di Hogwarts del passato, tutti immersi in un sonno profondo, il petto che si alzava e si abbassava dolcemente. Cornelius Caramell era in piedi accanto alla scrivania di Silente, col suo solito mantello gessato e la bombetta verde acido in mano.

«Harry!» esclamò cordiale, facendo un passo avanti. «Come stai?»

«Bene» mentì Harry.

«Stavamo parlando della notte in cui il signor Crouch è apparso nel parco» disse Caramell. «Sei stato tu a trovarlo, vero'?»

«Sì» rispose Harry. Poi, visto che era inutile fingere di non aver origliato la loro conversazione, aggiunse: «Però non ho visto Madame Maxime da nessuna parte, e farebbe fatica a nascondersi, no?»

Alle spalle di Caramell, Silente sorrise a Harry, gli occhi scintillanti.

«Sì, be'» rispose Caramell, imbarazzato, «stiamo per andare a fare una passeggiata nel parco, Harry, se non ti dispiace... forse se torni in classe...»

«Volevo parlare con lei, professore» disse Harry rapido a Silente, che gli scoccò uno sguardo indagatore.

«Aspettami, Harry» disse. «Il nostro sopralluogo nel parco non durerà a lungo».

Uscirono in drappello, silenziosi, e chiusero la porta. Dopo un minuto circa, Harry udì i tonfi della gamba di legno di Moody diventare più deboli nel corridoio di sotto. Si guardò intorno.

«Ciao, Fanny» disse.

Fanny, la fenice del professor Silente, era appollaiata sul trespolo d'oro accanto alla porta. Grande come un cigno, coperta di splendide piume scarlatte e dorate, agitò la lunga coda e strizzò gli occhi in uno sguardo benevolo. Harry si sedette davanti alla scrivania di Silente. Per parecchi minuti rimase a guardare i vecchi Presidi russare nelle cornici, riflettendo su quanto aveva appena udito, e strofinandosi la cicatrice. Aveva smesso di fargli male.

Si sentiva molto più tranquillo ora che si trovava nell'ufficio di Silente, sapendo che di lì a poco gli avrebbe raccontato il suo sogno. Guardò la parete dietro la scrivania. Il Cappello Parlante, rattoppato e strappato, si trovava su una mensola. Una bacheca di vetro lì accanto racchiudeva una splendida spada d'argento, con grossi rubini incastonati nell'elsa, e Harry la riconobbe: era quella che aveva estratto dal Cappello Parlante al secondo anno. La spada era appartenuta a Godric Grifondoro, fondatore della Casa di Harry. La fissò, ricordando come era venuta in suo aiuto quando ormai credeva che ogni speranza fosse perduta, e fu allora che notò una macchia di luce argentata danzare e vibrare sulla teca di vetro. Si volse a cercarne la fonte, e vide una lama di luce di un biancore argenteo scintillare da un armadio nero alle sue spalle: lo sportello non era stato chiuso bene. Harry esitò, lanciò un'occhiata a Fanny, poi si alzò, attraversò l'ufficio e aprì lo sportello dell'armadio.

Dentro c'era un basso bacile di pietra, con strane figure incise sul bordo; rune e simboli che Harry non riconobbe. La luce d'argento emanava dal contenuto del bacile, che non somigliava a nulla che Harry avesse mai visto prima. Non riuscì a capire se la sostanza fosse liquida o gassosa. Era di un colore argento luminoso e biancastro, e si muoveva incessantemente; la superficie s'increspò come acqua accarezzata dal vento, e poi, simile alle nuvole in cielo, si separò e vorticò dolcemente. Sembrava luce liquida - o vento solido; Harry non riuscì a capirlo.

Voleva toccarla, scoprire com'era al tatto, ma quasi quattro anni di esperienza del mondo magico gli suggerivano che infilare la mano in una ciotola piena di una sostanza sconosciuta era una cosa molto stupida da fare. Quindi estrasse la bacchetta, gettò un'occhiata nervosa intorno, guardò di nuovo il contenuto del bacile e lo tentò con la punta. La superficie della cosa argentea prese a vorticare molto in fretta.

Harry si avvicinò; ormai aveva la testa dentro l'armadio. La sostanza argentea era diventata trasparente; sembrava vetro. Vi guardò dentro, aspettandosi di vedere il fondo di pietra del bacile, e invece vide un'enorme sala, una sala che gli parve di guardare da una finestra rotonda nel soffitto. Una luce fioca illuminava l'ambiente; poteva trovarsi sottoterra, perché

non c'erano finestre, solo torce sorrette da bracci come quelle che illuminavano le sale di Hogwarts. Abbassando il viso fin quasi a sfiorare col naso la sostanza vetrosa, Harry vide file e file di maghi e streghe seduti lungo tutte le pareti, sopra quelle che sembravano panche disposte a diverse altezze. Nel centro della stanza troneggiava una sedia vuota. Aveva un aspet-to vagamente sinistro. Dai braccioli pendevano delle catene. Dov'era quel luogo? Certo non a Hogwarts; non aveva mai visto una sala del genere nel castello. Per di più, la folla nella sala misteriosa in fondo al bacile era formata da adulti, e Harry sapeva che non ce n'erano così tanti a Hogwarts. Pareva che stessero aspettando qualcosa; anche se vedeva solo le punte dei loro cappelli, sembrava che fossero tutti rivolti nella stessa direzione, e non parlavano tra loro. Dal momento che il bacile era circolare e la sala che stava osservando quadrata, Harry non riusci a vedere che cosa succedeva negli angoli. Si chinò ancora di più, cercando di vedere...

Poi la punta del suo naso toccò la superficie vetrosa.

L'ufficio di Silente sussultò con violenza: Harry fu scagliato in avanti e precipitò a testa in giù dentro il bacile...

Ma non urtò contro il fondo di pietra. Stava cadendo dentro qualcosa di gelido e nero; era come essere risucchiati in un gorgo oscuro... E all'improvviso si ritrovò seduto su una panca in fondo alla sala dentro il bacile, una panca più in alto delle altre. Guardò verso l'alto soffitto di pietra, aspettandosi di vedere la finestra circolare dalla quale aveva appena osservato la scena, ma lassù non c'era altro che scura, solida pietra. Respirando affannosamente, Harry si guardò attorno. Non uno dei maghi, non una delle streghe presenti (e ce n'erano almeno duecento) lo stava guardando. Nessuno pareva essersi accorto che un ragazzo di quattordici anni era appena piovuto tra loro dal soffitto. Harry si voltò verso il mago che sedeva accanto a lui e gettò un alto grido di sorpresa che echeggiò nella sala silenziosa. Era seduto al fianco di Albus Silente.

«Professore!» sussurrò affannosamente. «Mi dispiace... non volevo... stavo solo guardando il bacile nell'armadio... io... dove siamo?»

Ma Silente non si mosse né parlò. Ignorò del tutto Harry. Come ogni altro mago sulle panche, fissava l'angolo più remoto della sala, dove si apriva una porta. Interdetto, Harry guardò Silente, poi la folla in silenziosa attesa, poi di nuovo Silente. E poi cominciò a capire...

Gli era già successo di trovarsi in un posto dove nessuno poteva vederlo o sentirlo. Quella volta era caduto dentro una pagina di un diario stregato, diritto nella memoria di un altro... e a meno che non si sbagliasse di grosso, era successa di nuovo una cosa del genere... Harry alzò la mano destra, esitò, poi la sventolò con foga davanti al vol-to di Silente. Quest'ultimo non batté ciglio, non si volse verso Harry, non si mosse affatto. E ciò, per Harry, sistemava la faccenda: Silente non lo avrebbe ignorato così. Si trovava dentro un ricordo, e quello non era il Silente di oggi. Eppure non poteva essere passato molto tempo... il Silente seduto accanto a lui in quel momento aveva i capelli d'argento, proprio come il Silente di oggi. Ma che cos'era quel posto? Che cosa aspettavano tutti quei maghi?

Harry si guardò attorno più attentamente. La sala, come aveva sospettato osservandola dall'alto, era quasi certamente sottoterra: una segreta, pensò. Vi aleggiava un'atmosfera cupa e inquietante: non c'erano quadri alle pareti, solo quelle file serrate di panche che si alzavano in ranghi, tutte disposte in modo da godere di una vista indisturbata su quella sedia con le catene sui braccioli.

Prima che Harry potesse giungere a qualche conclusione, udì dei passi. La porta nell'angolo della segreta si aprì, ed entrarono tre persone: o meglio, un uomo, scortato da due Dissennatori. Harry si sentì gelare. I Dissennatori, alte creature incappucciate dai volti nascosti, scivolarono lentamente verso la sedia al centro della sala, le mani putrefatte attorno alle braccia del prigioniero, che sembrava sul punto di svenire. Harry lo capiva: ricordava perfettamente il potere dei Dissennatori, benché ora non potessero toccarlo, dentro la memoria di un altro. La folla in attesa si ritrasse mentre i Dissennatori spingevano l'uomo sulla sedia e uscivano silenziosamente dalla sala. La porta si chiuse alle loro spalle. Harry guardò l'uomo seduto: era Karkaroff.

A differenza di Silente, sembrava molto più giovane; i capelli e il pizzetto erano neri. Non indossava soffici pellicce, ma un abito leggero e strappato. Era scosso dai brividi. Sotto gli occhi di Harry, le catene sui braccioli della sedia scintillarono d'oro all'improvviso e strisciarono lungo le sue braccia, avviluppandolo.

«Igor Karkaroff» disse una voce asciutta alla sinistra di Harry. Lui si voltò, e vide il signor Crouch in piedi al centro della panca al suo fianco. Aveva i capelli scuri, il volto molto meno segnato e sembrava sano e vigile. «Sei stato portato da Azkaban per deporre davanti al Ministero della Magia. Ci hai lasciato capire di avere delle informazioni importanti per noi».

Karkaroff si raddrizzò meglio che poteva, legato com'era.

«È così, signore» disse, e anche se il suo tono di voce era molto spaven-tato, Harry vi riconobbe la familiare nota melliflua. «Desidero rendermi utile al Ministero. Desidero collaborare. Io... io so che il Ministero sta cercando di... di isolare gli ultimi sostenitori del Signore Oscuro. Sono disposto a collaborare come posso...»

Tra le panche si diffuse un mormorio. Alcuni maghi e streghe osservavano Karkaroff con interesse, altri con esplicita diffidenza. Poi Harry udì

distintamente una voce ben nota ringhiare una parola dall'altro lato di Silente: «Feccia». Harry si protese in avanti. Accanto a Silente c'era Malocchio Moody - un Malocchio molto diverso dal solito. Non aveva l'occhio magico, ma due occhi normali. Entrambi scrutavano Karkaroff, ed entrambi erano stretti in un'espressione di profondo disgusto.

«Crouch lo lascerà andare» sussurrò piano a Silente. «Ha fatto un patto con lui. Ci ho messo sei mesi a scovarlo, e Crouch lo lascerà andare se otterrà nuovi nomi a sufficienza. Sentiamo quello che ha da dire, dico io, e poi ributtiamolo subito in pasto ai Dissennatori».

Silente emise un piccolo sbuffo di dissenso dal lungo naso adunco.

«Ah, dimenticavo... a te non piacciono i Dissennatori, vero, Albus?» disse Moody con un sorriso sardonico.

«No» rispose tranquillamente Silente. «Temo di no. Da tempo ritengo che il Ministero sbagli ad allearsi con creature del genere».

«Ma per feccia come questa...» disse piano Moody.

«Sostieni di essere in grado di fare dei nomi, Karkaroff» riprese Crouch.

«Sentiamoli, allora».

«Dovete capire» disse in fretta Karkaroff «che Colui-Che-Non-DeveEssere-Nominato ha sempre agito con la massima segretezza... preferiva che noi - voglio dire, i suoi sostenitori - e io ora mi rammarico profondamente di essere stato uno di loro...»

«Vai avanti» sogghignò Moody.

«... che non conoscessimo mai i nomi di tutti i nostri compagni... solo lui sapeva esattamente chi eravamo...»

«Saggia mossa davvero, visto che ha impedito a uno come te, Karkaroff, di denunciarli tutti» borbottò Moody.

«Eppure tu dici di conoscerli?» disse il signor Crouch.

«Io... io sì» disse Karkaroff senza fiato. «Ed erano sostenitori importanti, badate. Li ho visti eseguire i suoi ordini con i miei occhi. Vi fornisco queste informazioni come prova della mia totale e piena rinuncia a lui, e sono pervaso da un rimorso così profondo che riesco a stento...»

«Allora, questi nomi?» esclamò secco il signor Crouch.

Karkaroff trasse un profondo respiro.

«C'era Antonin Dolohov» disse. «Io... io l'ho visto torturare innumerevoli Babbani e... e non-sostenitori del Signore Oscuro».

«E gli hai dato man forte» mormorò Moody.

«Abbiamo già arrestato Dolohov» disse Crouch. «È stato catturato poco dopo di te».

«Davvero?» disse Karkaroff, con gli occhi che gli si dilatavano. «Io... io sono lieto di saperlo!»

Ma non lo sembrava affatto. Harry capì che la notizia era stata un grave colpo per lui. Uno dei suoi nomi non valeva nulla.

«Altri nomi?» chiese Crouch con freddezza.

«Be', sì... c'era Rosier» disse Karkaroff in fretta. «Evan Rosier».

«Rosier è morto» rispose Crouch. «Anche lui è stato acciuffato poco dopo di te. Ha preferito combattere invece di seguirci, ed è stato ucciso durante lo scontro».

«Ma si è portato via un mio pezzo» sussurrò Moody. Harry si voltò di nuovo verso di lui e lo vide indicare a Silente il grosso pezzo mancante di naso.

«Nessuno... nessuno se l'è meritato più di Rosier!» esclamò Karkaroff, una nota di autentico panico nella voce: cominciava a temere che nessuna delle sue informazioni sarebbe stata di alcuna utilità al Ministero. Gli occhi di Karkaroff saettarono verso la porta nell'angolo, dietro la quale certo incombevano ancora i Dissennatori, in attesa.

«Altro?» disse Crouch.

«Si!» esclamò Karkaroff. «C'era Travers... è stato complice dell'assassinio dei McKinnon! Mulciber... si era specializzato nella Maledizione Imperius, ha costretto tantissime persone a fare cose orribili! Rookwood, che era una spia, e passava a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato informazioni utili dall'interno del Ministero!»

Stavolta Karkaroff aveva fatto centro. Un mormorio corse tra la folla.

«Rookwood?» chiese Crouch, facendo un cenno a una strega seduta davanti a lui che prese a scrivere in fretta su un rotolo di pergamena. «Augustus Rookwood del Dipartimento dei Misteri?»

«Proprio lui» disse Karkaroff con impazienza. «Credo che usasse una rete di maghi in posizioni strategiche, sia dentro il Ministero che fuori, per raccogliere informazioni...»

«Ma Travers e Mulciber li abbiamo già presi» disse Crouch. «Molto be-ne, Karkaroff, se questo è tutto, verrai ricondotto ad Azkaban mentre decidiamo...»

«Non ancora!» urlò Karkaroff, disperato. «Aspettate, ne ho altri!»

Harry lo vide sudare alla luce delle torce, la pelle candida che faceva un netto contrasto con la barba e i capelli neri.

«Piton!» gridò. «Severus Piton!»

«Piton è stato assolto da questo tribunale» disse Crouch in tono gelido.

«Albus Silente si è fatto garante per lui».

«No!» urlò Karkaroff, tendendo le catene che lo legavano alla sedia. «Ve lo assicuro! Severus Piton è un Mangiamorte!»

Silente si alzò. «Ho già deposto a questo proposito» disse chiaramente.

«Severus Piton è stato un Mangiamorte, è vero. Però è tornato dalla nostra parte prima della caduta di Voldemort e ha fatto la spia per noi, a suo rischio e pericolo. Ora non è un Mangiamorte più di quanto lo sia io». Harry guardò Malocchio Moody. La sua espressione alle spalle di Silente era di profondo scetticismo.

«Molto bene. Karkaroff» concluse Crouch freddamente, «sei stato d'aiuto. Riesaminerò il tuo caso. Nel frattempo farai ritorno ad Azkaban...»

La voce di Crouch si fece remota. Harry si guardò intorno; la segreta si stava dissolvendo come se fosse fatta di fumo; tutto sbiadiva, riusciva a distinguere solo il proprio corpo, tutto il resto era oscurità vorticante... E poi la segreta riapparve. Harry era seduto in un altro posto; sempre sulla panca più in alto, ma questa volta alla sinistra di Crouch. L'atmosfera sembrava diversa; rilassata, perfino allegra. I maghi e le streghe tutto attorno parlavano tra loro, quasi fossero a un incontro sportivo. Una strega a metà della fila di panche di fronte attrasse l'attenzione di Harry. Aveva corti capelli biondi, era vestita di cremisi e succhiava la punta di una penna verde acido. Era un'inconfondibile Rita Skeeter più giovane. Harry si guardò intorno; Silente era seduto di nuovo accanto a lui. con una veste diversa. Il signor Crouch sembrava più stanco e in certo modo più feroce, più emaciato... Harry capì. Era un altro ricordo, un altro giorno... un altro processo.

La porta nell'angolo si aprì, ed entrò Ludo Bagman.

Non era un Ludo Bagman sciupato, ma un Ludo Bagman giocatore di Quidditch, chiaramente al massimo della forma. Non aveva il naso rotto; era alto, atletico e muscoloso. Sembrava nervoso quando prese posto nella sedia incatenata, ma questa non lo legò come aveva legato Karkaroff, e Bagman, forse rincuorato, volse lo sguardo sulla folla che lo osservava, sa-lutò con la mano un paio di conoscenti e tentò un sorrisetto.

«Ludovic Bagman, sei stato condotto qui al cospetto del Tribunale della Legge Magica per rispondere di accuse connesse alle attività dei Mangiamorte» disse Crouch. «Abbiamo ascoltato le testimonianze contro di te, e stiamo per raggiungere un verdetto. Hai qualcosa da aggiungere alla tua deposizione prima che la sentenza venga emessa?»

Harry non credeva alle sue orecchie. Ludo Bagman un Mangiamorte?

«Solo...» disse Bagman con un sorriso imbarazzato, «be'... lo so che sono stato un bell'idiota...»

Alcuni maghi e streghe nei posti circostanti sorrisero con indulgenza. Crouch non parve condividere i loro sentimenti. Fissava Ludo Bagman con un'espressione di massima severità e profondo disgusto.

«Non hai mai detto niente di più vero, ragazzo» borbottò seccamente qualcuno a Silente dietro le spalle di Harry. Lui si voltò e vide di nuovo Moody. «Se non sapessi che è sempre stato un po' tardo, avrei detto che quei Bolidi gli hanno provocato danni permanenti al cervello...»

«Ludovic Bagman, sei stato sorpreso a trasmettere informazioni ai sostenitori di Voldemort» disse Crouch. «Per questo io chiedo la condanna ad Azkaban per un periodo non inferiore a...»

Ma dalle panche circostanti si levò un clamore rabbioso. Parecchi maghi e streghe si alzarono scuotendo la testa e levando i pugni contro Crouch.

«Ma ve l'ho detto, non ne sapevo nulla!» gridò Bagman in tono convinto sovrastando il brusio della folla, gli occhi azzurri sgranati. «Nulla di nulla!

Il vecchio Rookwood era un amico di mio padre... non mi è mai passato per la mente che fosse un alleato di Voi-Sapete-Chi! Credevo di raccogliere informazioni per il nostro partito! E Rookwood continuava a ripetere che più in là mi avrebbe procurato un incarico al Ministero... quando la mia stagione del Quidditch sarà finita, sapete... voglio dire, non posso continuare a farmi bersagliare da Bolidi per il resto dei miei giorni, no?»

Risatine dalla folla.

«Verrà messo ai voti» disse gelido Crouch. Si voltò verso i ranghi sulla destra. «La giuria è pregata di alzare la mano... chi è a favore della detenzione...»

Nessuno alzò la mano. Molti maghi e streghe cominciarono ad applaudire. Una delle streghe della giuria si alzò.

«Sì?» abbaiò Crouch.

«Vogliamo solo complimentarci con il signor Bagman per la sua magnifica prova a favore dell'Inghilterra nell'incontro di Quidditch contro la Tur-chia di sabato scorso» disse la strega, tutto d'un fiato. Crouch era furente. La segreta ora risuonava di applausi. Bagman si alzò

e s'inchinò, con un gran sorriso.

«Ignominioso» sbottò Crouch a Silente, e si mise a sedere mentre Bagman usciva dalla segreta. «Rookwood trovargli un lavoro, figuriamoci... il giorno in cui Ludo Bagman si unirà a noi sarà un giorno molto triste per il Ministero...»

E la segreta scomparve di nuovo. Quando riapparve, Harry si guardò intorno. Lui e Silente erano ancora seduti accanto a Crouch, ma l'atmosfera non avrebbe potuto essere più diversa. C'era un silenzio assoluto, rotto solo dai singhiozzi senza lacrime di una fragile strega mingherlina al fianco di Crouch. Stringeva con mani tremanti un fazzoletto vicino alla bocca. Harry guardò Crouch e vide che era più magro e grigio che mai. Sulla tempia gli si contraeva un nervo.

«Fateli entrare» disse, e la sua voce echeggiò nella segreta silenziosa. La porta nell'angolo si aprì ancora una volta. Questa volta entrarono sei Dissennatori, scortando un gruppo di quattro persone. Harry vide che molti tra il pubblico si voltavano a guardare Crouch. Alcuni si scambiarono sussurri. Le sedie incatenanti stavolta erano quattro. I Dissennatori vi spinsero i prigionieri: c'era un uomo grosso che fissò Crouch con occhi vacui, un uomo più magro e nervoso i cui occhi si spostavano rapidi tra il pubblico, una donna con una folta, scura chioma lucente e le palpebre semichiuse, seduta sulla sedia con le catene come una regina su un trono, e un ragazzo sui vent'anni, che sembrava nientemeno che pietrificato. Tremava, i capelli color paglia gli ricadevano sul viso, la pelle lentigginosa era di un bianco latteo. La piccola strega accanto a Crouch cominciò a dondolarsi avanti e indietro, singhiozzando dentro il fazzoletto.

Crouch si alzò e guardò i quattro con un'espressione di odio allo stato puro.

«Siete stati condotti di fronte al Tribunale della Legge Magica» disse con voce chiara, «perché siate giudicati per un crimine atroce...»

«Padre» disse il ragazzo dai capelli color paglia. «Padre... ti prego...»

«... del quale raramente abbiamo udito il pari in questa corte» Crouch alzò la voce, sovrastando quella del figlio. «Abbiamo ascoltato le testimonianze contro di voi. Siete accusati di aver catturato un Auror - Frank Paciock - e di averlo sottoposto a Maledizione Cruciatus, convinti che conoscesse l'attuale dimora del vostro signore in esilio, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato...»

«Padre, non è vero!» strillò il ragazzo in catene. «Non è vero, lo giuro, padre, non rimandarmi dai Dissennatori...»

«Siete inoltre accusati» tuonò Crouch, «di aver usato la Maledizione Cruciatus contro la moglie di Frank Paciock, quando egli non vi ha dato le informazioni richieste. Avete progettato di restaurare il dominio di ColuiChe-Non-Deve-Essere-Nominato, e di tornare alla vita di violenza che probabilmente avete condotto quando era potente. Io ora chiedo alla giuria...»

«Madre!» urlò il ragazzo, e la piccola strega accanto a Crouch singhiozzò più forte, dondolandosi avanti e indietro. «Madre, fermalo, madre, non ho fatto niente, non sono stato io!»

«Io ora chiedo alla giuria» gridò Crouch, «di alzare la mano se è convinta, come me, che questi crimini meritino una condanna a vita ad Azkaban!»

Tutti insieme, maghi e streghe dell'ala destra della segreta alzarono la mano. La folla disposta lungo le pareti scoppiò in un applauso come aveva fatto per Bagman, i volti pervasi di selvaggio trionfo. Il ragazzo prese a urlare.

«No! Madre, no! Non ho fatto niente, non ho fatto niente, non sapevo!

Non lasciare che mi mandi laggiù, non lasciarglielo fare!»

I Dissennatori rientrarono scivolando. I tre compagni del ragazzo si alzarono in silenzio; la donna dalle palpebre pesanti guardò Crouch e gridò: «Il Signore Oscuro risorgerà, Crouch! Gettaci pure ad Azkaban, noi aspetteremo! Risorgerà e verrà a cercarci, e ricompenserà noi più di ogni altro suo seguace! Solo noi siamo fedeli! Solo noi abbiamo cercato di trovarlo!»

Ma il ragazzo cercò di respingere i Dissennatori, anche se Harry vide che già cedeva al loro freddo potere divorante. La folla lanciava grida di scherno, alcuni in piedi, mentre la donna veniva portata fuori dalla sala, e il ragazzo continuava a divincolarsi.

«Sono tuo figlio!» urlò a Crouch. «Sono tuo figlio!»