SOLVENTE MAGICO DI NONNA ACETONELLA PER OGNI TIPO DI

SPORCIZIA: VIA LA MACCHIA, VIA IL DOLORE!... ABBIGLIAMENTO PER MAGHI STRATCHY & SONS: LONDRA, PARIGI, HOGSMEADE...

Harry si guardò intorno per vedere chi c'era in tribuna. Era ancora vuota, a parte una minuscola creatura seduta al terzultimo posto della fila dietro di loro. La creatura, dalle gambe cosi corte che stavano dritte davanti a lei sulla poltrona, indossava uno strofinaccio drappeggiato come una toga, e teneva la faccia tra le mani. Eppure quelle lunghe orecchie da pipistrello erano stranamente familiari...

« Dobby? » esclamò Harry incredulo.

La creaturina guardò in su e allargò le dita, mostrando gli enormi occhi marroni e un naso dell'esatta forma e dimensione di un grosso pomodoro. Non era Dobby... era comunque senz'ombra di dubbio un elfo domestico, come Dobby, che Harry aveva liberato dai suoi vecchi padroni, la famiglia Malfoy.

«Il signore mi ha appena chiamato Dobby?» squitti tra le dita l'elfo incuriosito. La sua voce era più acuta di quella di Dobby, una vocetta tremolante e stridula, e Harry sospettò - anche se era molto difficile a dirsi, con un elfo domestico - che quella potesse essere una femmina. Ron e Hermione si voltarono a guardare: avevano sentito molto parlare di Dobby da Harry, ma non l'avevano mai incontrato. Anche il signor Weasley osservò

la creatura con interesse.

«Scusa» disse Harry. «Credevo che fossi uno che conosco».

«Ma anch'io conosce Dobby, signore!» squitti l'elfa. Si riparava il viso come se la luce l'accecasse, anche se la Tribuna d'onore non era molto illuminata. «Mi chiamo Winky, signore... e il signore...» i suoi occhi marrone scuro diventarono grandi come piattini mentre si posavano sulla cicatrice di Harry, «il signore è certo Harry Potter!»

«Sì» rispose Harry.

«Ma Dobby parla sempre di Harry Potter, signore!» disse l'elfa, abbassando un po' le mani con aria esterrefatta.

«Come sta?» chiese Harry. «Gli piace la libertà?»

«Ah, signore» disse Winky scuotendo la testa, «ah, signore, non voglio mancare di rispetto, signore, ma io non è sicura che Harry Potter ha fatto un favore a Dobby, signore, quando l'ha liberato».

«Perché?» chiese Harry, preso alla sprovvista. «Che cosa c'è che non va?»

«La libertà gli sta dando alla testa, signore» disse Winky malinconica.

«Gli fa venire idee strane sulla sua posizione, signore. Non riesce a trovare un altro lavoro».

«Perché no?» chiese Harry.

Winky abbassò la voce di una mezza ottava e sussurrò: « Vuole farsi pa- gare per il suo lavoro, signore» .

«Farsi pagare?» chiese Harry ingenuamente. «Be'... perché non dovrebbe farsi pagare?»

Winky parve inorridire all'idea, e riparò di nuovo la faccia dietro le mani.

«Gli elfi domestici non si paga, signore!» disse con un pigolio soffocato.

«No, no, no, io dice a Dobby, io dice trovati una bella famiglia e sistemati, Dobby. Lui sta facendo su un gran baccano, signore, e non è una cosa adatta a un elfo domestico. Vai avanti a far fracasso così, Dobby, io gli dice, e la prossima che sento è che sei finito davanti all'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, come un goblin qualunque».

«Be', era ora che si divertisse un po'» disse Harry.

«Gli elfi domestici non dovrebbe divertirsi, Harry Potter» disse Winky in tono deciso da dietro le mani. «Gli elfi domestici fa quello che gli dici. A me non piace affatto le altezze, Harry Potter...» lanciò un'occhiata oltre il bordo della tribuna e deglutì, «... ma il padrone mi manda alla Tribuna d'onore e io viene, signore».

«Perché ti ha mandato quassù, se sa che non ti piacciono le altezze?»

chiese Harry accigliato.

«Padrone... padrone vuole che gli tengo il posto, Harry Potter, ha tanto da fare» disse Winky, piegando la testa verso il posto vuoto al suo fianco.

«Winky vorrebbe essere di ritorno nella tenda del padrone, Harry Potter, ma Winky fa quello che le dici, Winky è una brava elfa domestica». Scoccò un altro sguardo terrorizzato al bordo della tribuna e affondò di nuovo la faccia nelle mani. Harry si voltò verso gli altri.

«E così quello è un elfo domestico?» borbottò Ron. «Bizzarri, direi».

«E non hai visto Dobby» rispose Harry convinto.

Ron puntò l'Omniocolo e cominciò a provarlo, fissando la folla dall'altra parte dello stadio.

«Forte!» disse, girando la rotellina del replay sul lato. «Posso far rimettere il dito nel naso a quel vecchio laggiù... un'altra volta... ancora...»

Hermione, nel frattempo, consultava avidamente il suo programma rivestito di velluto e infiocchettato.

«'Prima della partita avrà luogo un'esibizione delle mascotte delle squadre'» lesse ad alta voce.

«Oh, vale sempre la pena di vederla» disse il signor Weasley. «Le squadre nazionali portano creature della loro terra d'origine, sapete, per fare un po' di scena».

La tribuna si riempì lentamente nella mezz'ora successiva. Il signor Weasley continuava a stringere la mano a maghi chiaramente molto importanti. Percy scattava in piedi così spesso che sembrava fosse seduto su un porcospino. Quando arrivò Cornelius Caramell, il Ministro della Magia in persona, Percy fece un inchino così profondo che gli occhiali gli caddero e si ruppero. Decisamente imbarazzato, li riparò con un colpo di bacchetta, e da quel momento rimase seduto, lanciando sguardi gelosi a Harry, che Cornelius Caramell aveva salutato come un grande amico: gli strinse la mano con fare paterno, gli chiese come stava e lo presentò ai maghi che sedevano al suo fianco.

«Le presento Harry Potter» disse ad alta voce al Ministro della Magia bulgaro che indossava magnifiche vesti di velluto nero orlate d'oro, e pareva non capire una parola. « Harry Potter... oh, avanti, ne avrà sentito parlare... il ragazzo che è sopravvissuto a Lei-sa-chi... lo sa chi è...»

Il mago bulgaro all'improvviso notò la cicatrice di Harry e cominciò a blaterare ad alta voce, tutto agitato, indicandola.

«Lo sapevo che ce l'avremmo fatta» disse stancamente Caramell a Harry. «Non sono granché nelle lingue, ho bisogno di Barty Crouch per questo genere di cose. Ah, vedo che la sua elfa domestica gli sta tenendo il posto... buona idea, questi Bulgari continuano a infiltrarsi... ah, ecco Lucius!»

Harry, Ron e Hermione si voltarono in fretta. Lungo la seconda fila, diretti verso tre posti ancora vuoti proprio dietro al signor Weasley, si stavano infilando nientemeno che i vecchi proprietari di Dobby l'elfo domestico: Lucius Malfoy, suo figlio Draco e una donna che Harry immaginò essere la madre di Draco. Harry e Draco Malfoy erano nemici fin dal loro primo viaggio verso Hogwarts. Pallido, il viso a punta e i capelli di un biondo quasi bianco, Draco somigliava moltissimo a suo padre. Anche sua madre era bionda, al-ta e sottile, e sarebbe stata carina se non avesse avuto l'aria di chi ha una gran puzza sotto il naso.

«Ah, Caramell» disse Malfoy, tendendo la mano mentre si avvicinava al Ministro della Magia. «Come stai? Ti presento mia moglie Narcissa... e nostro figlio Draco...»

«Piacere, piacere» disse Caramell, sorridendo e facendo l'inchino alla signora Malfoy. «E mi permetta di presentarle il signor Oblansk... Obalonsk... Il signor... be', è il Ministro della Magia bulgaro, e non capisce una parola di quello che dico, comunque, quindi non importa. E poi, vediamo un po'... credo che conosca Arthur Weasley»,

Fu un attimo di tensione. Il signor Weasley e il signor Malfoy si scambiarono un'occhiata e Harry rammentò con chiarezza l'ultima volta che si erano trovati faccia a faccia: era stato al Ghirigoro, e si erano presi a pugni. I freddi occhi grigi del signor Malfoy scivolarono sul signor Weasley, e poi su e giù per la fila.

«Santo cielo, Arthur» disse tranquillamente. «Che cos'hai dovuto vendere per avere i biglietti in Tribuna d'onore? Di sicuro la tua casa non valeva tanto...»

Caramell, che non aveva sentito, disse: «Lucius ha appena fatto un'offerta molto generosa all'Ospedale di San Mungo per Malattie e Ferite Magiche, Arthur. È mio ospite, qui».

«Che... che bel gesto» disse il signor Weasley, con un sorriso molto tirato. Gli occhi del signor Malfoy erano tornati a posarsi su Hermione, che arrossì un po', ma sostenne il suo sguardo con fermezza. Harry sapeva esattamente che cosa faceva arricciare il labbro del signor Malfoy: lui e la sua famiglia si vantavano di essere maghi purosangue, e cioè consideravano di seconda categoria chiunque fosse di origini babbane, come Hermione. Comunque, in presenza del Ministro della Magia il signor Malfoy non si arrischiò a dire nulla: fece solo un cenno beffardo al signor Weasley, e raggiunse i suoi posti nella fila. Draco scoccò a Harry, Ron e Hermione un'occhiata sprezzante, poi sedette tra sua madre e suo padre.

«Viscidi imbecilli» borbottò Ron mentre lui, Harry e Hermione tornavano a guardare verso il campo. Un attimo dopo, Ludo Bagman prese posto in tribuna.

«Tutti pronti?» disse, il volto rotondo radioso come una grande, eccitatissima forma di formaggio. «Ministro... pronto a partire'?»

«Quando vuoi, Ludo» rispose C'aramell tranquillamente.

Ludo estrasse rapido la bacchetta, la puntò alla propria gola e disse:

« Sonorus! » La sua voce sovrastò il ruggito che riempiva lo stadio, echeggiò sul pubblico, rimbombando in tutti gli angoli delle tribune: «Signore e signori... benvenuti! Benvenuti alla finale della quattrocentoventiduesima Coppa del Mondo di Quidditch!»

Gli spettatori urlarono e applaudirono. Migliaia di bandiere sventolarono, aggiungendo al frastuono i loro inni nazionali discordanti. L'enorme tabellone di fronte a loro fu sgombrato dell'ultimo messaggio ('GELATINE TUTTIGUSTI+1: GUSTATE IL RISCHIO!') e vi apparve la scritta

'BULGARIA: ZERO, IRLANDA: ZERO.

«E ora, senza altri indugi, permettetemi di presentarvi... le Mascotte della Nazionale Bulgara!»

Il settore destro, che era una marea compatta di rosso, emise un ruggito d'approvazione.

«Chissà che cos'avranno portato» disse il signor Weasley, curvandosi in avanti. «Aaah!» All'improvviso si tolse gli occhiali e li pulì in fretta nell'abito. « Veela! »

«Che cosa sono i Vee...?»

La risposta venne quando un centinaio di Veela si riversarono su! campo. Le Veela erano donne... le donne più belle che Harry avesse mai visto... solo che non erano - non potevano essere - umane. Harry rimase interdetto per un attimo, mentre cercava di indovinare che cosa potessero essere; che cosa potesse far brillare in quel modo la loro pelle di un candore lunare, o far ondeggiare i loro capelli d'oro pallido senza che ci fosse il vento... ma poi cominciò la musica, e Harry smise di preoccuparsi del fatto che non erano umane: in effetti, smise di preoccuparsi di qualunque cosa. Le Veela avevano cominciato a ballare, e la testa di Harry si era completamente, beatamente svuotata. Tutto ciò che importava al mondo era continuare a guardare le Veela, perché se avessero smesso di ballare, sarebbero successe cose terribili...

E mentre le Veela danzavano sempre più in fretta, brandelli di pensieri selvaggi presero a rincorrersi nella mente confusa di Harry. Voleva compiere qualcosa di molto impressionante, e proprio in quel momento. Buttarsi giù dalla tribuna nello stadio sembrava una buona idea... ma era abbastanza buona?

«Harry, che cosa stai facendo?» disse la voce di Hermione da una gran distanza.

La musica cessò. Harry sbatté le palpebre. Era in piedi, e una delle sue gambe era a cavalcioni del muretto della tribuna. Accanto a lui, Ron era paralizzato in una posa che lo faceva sembrare sul punto di tuffarsi da un trampolino.

Urla adirate riempivano lo stadio. La folla non voleva che le Veela se ne andassero. Harry era d'accordo; avrebbe tifato per la Bulgaria, naturalmente, e si chiese confusamente perché mai aveva un grosso trifoglio verde appuntato sul petto. Ron, nel frattempo, stava facendo distrattamente a pezzi i trifogli sul suo cappello. Il signor Weasley, con un breve sorriso, si chinò verso Ron e gli tolse il cappello dalle mani.

«Lo vorrai ancora» disse, «quando l'Irlanda avrà detto la sua».

«Eh?» disse Ron, fissando a bocca aperta le Veela, che ora si erano allineate lungo un lato del campo. Hermione emise un chiaro sbuffo di disapprovazione. Si alzò e costrinse Harry a rimettersi a sedere. « Insomma! » disse.

«E ora» ruggì la voce di Ludo Bagman, «gentilmente puntate in aria le bacchette... per le Mascotte della Nazionale Irlandese!»

Un attimo dopo, quella che pareva una gran cometa verde e oro entrò saettando nello stadio. Fece un giro completo, poi si divise in due comete più

piccole che si scagliarono verso gli anelli dorati e all'improvviso un arcobaleno s'inarcò sul campo, unendo le due sfere di luce. La folla fece 'oooh'

e 'aaah' come davanti a uno spettacolo di fuochi d'artificio. Poi l'arcobaleno sbiadì e le sfere di luce si riunirono e si fusero; avevano formato un enorme trifoglio splendente, che si alzò in cielo e prese a fluttuare sulle tribune. Qualcosa di simile a una pioggia dorata parve cadere giù...

«Eccellente!» ruggì Ron, mentre dal trifoglio danzante piovevano grosse monete d'oro, rimbalzando sulle teste e sulle poltrone. Strizzando gli occhi per vedere il trifoglio, Harry si accorse che in realtà era formato da migliaia di minuscoli omini con la barba, vestiti di farsetti rossi e muniti ognuno di una piccolissima lampada verde o d'oro.

«Lepricani!» urlò il signor Weasley sull'applauso tumultuoso del pubblico; in molti si stavano ancora azzuffando per raccogliere l'oro.

«Ecco qua» gridò Ron allegramente, ficcando una manciata di monete in mano a Harry. «Per l'Omniocolo! Ora ti toccherà comprarmi il regalo di Natale, ha!»

L'enorme trifoglio si dissolse, i Lepricani planarono sul campo dal lato opposto delle Veela e sedettero a gambe incrociate per vedere la partita.

«E ora, signore e signori, vogliate dare il benvenuto... alla Nazionale Bulgara di Quidditch! Ecco a voi... Dimitrov!»

Una sagoma in vesti scarlatte su un manico di scopa sfrecciò in campo, così rapida da sembrare sfocata, scatenando gli applausi veementi dei tifosi bulgari.

«Ivanova!»

Una seconda giocatrice in rosso filò fuori.

«Zograf! Levski! Vulchanov! Volkov! Eeeeeee... Krum

«È lui! E lui!» urlò Ron, seguendo Krum con l'Omniocolo; Harry mise rapidamente a fuoco il suo.

Viktor Krum era magro, scuro e con la pelle olivastra, un gran naso a becco e folte sopracciglia nere. Assomigliava a un uccello da preda troppo cresciuto. Era difficile credere che avesse solo diciotto anni.

«E ora, vi prego di salutare... la Nazionale Irlandese di Quidditch!» strillò Bagman. «Ecco a voi... Connolly! Ryan! Troy! Mullet! Moran! Quigley! Eeeeeee... Lynch

Sette turbini verdi sfrecciarono in campo; Harry girò una rotellina sul lato dell'Omniocolo e fece rallentare i giocatori quel tanto che bastò a leggere la parola FIREBOLT sul fianco di ciascuna delle loro scope, e a vedere i loro nomi ricamati in argento sulla schiena.

«Ed ecco a voi, in diretta dall'Egitto, il nostro arbitro, l'acclamato Presidente della Federazione Internazionale di Quidditch, Hassan Mustafà!»

Un mago piccolo e magrolino, completamente calvo ma con un paio di baffi da far concorrenza a zio Vernon, vestito d'oro puro per intonarsi allo stadio, entrò in campo. Da sotto i baffi gli spuntava un fischietto d'argento; portava una grossa cassa di legno sotto un braccio e il suo manico di scopa sotto l'altro. Harry riportò l'Omniocolo sulla velocità normale, osservando con attenzione Mustafà che montava sulla sua scopa e apriva la cassa con un calcio. Quattro palline balzarono a mezz'aria: la Pluffa scarlatta, i due Bolidi neri e (Harry lo intuì appena prima che sparisse) il minuscolo Boccino d'Oro alato. Con un soffio acuto di fischietto, Mustafà scattò in aria dietro le palline.

«Paaaartiti!» urlò Bagman.

«È Mullet! Troy! Moran! Dimitrov! Ancora Mullet! Troy! Levski! Moran!»

Era Quidditch come Harry non l'aveva mai visto giocare prima. Teneva l'Omniocolo cosi appiccicato agli occhi che gli occhiali si conficcavano nelle orbite. La velocità dei giocatori era incredibile: i Cacciatori si passavano la Pluffa così in fretta che Bagman aveva appena il tempo di dire i loro nomi. Harry girò una rotellina sulla destra dell'Omniocolo, premette il pulsante 'azione per azione' e seguì la partita al rallentatore, mentre luccicanti lettere viola lampeggiavano sulle lenti, e il fragore della folla gli martellava i timpani.

'FORMAZIONE D'ATTACCO TESTADIFALCO" lesse mentre guardava i tre Cacciatori irlandesi sfrecciare vicinissimi, Troy al centro, appena un po' più avanti di Mullet e Moran. lanciarsi sui Bulgari. 'PASSAGGIO

DI PORSKOFF' lampeggiò subito dopo, mentre Troy finse di scattare in alto con la Pluffa, deviando la Cacciatrice bulgara Ivanova, e passando la Pluffa a Moran. Uno dei Battitori bulgari, Volkov, assestò un gran colpo a un Bolide di passaggio con la sua piccola mazza, scaraventandolo sulla traiettoria di Moran; Moran si abbassò per evitare il Bolide e lasciò cadere la Pluffa: e Levski. che volava lì sotto, la prese...

«TROY SEGNA!» raggi Bagman, e lo stadio tremò all'esplosione di applausi e urla. «Dieci a zero per l'Irlanda!»

«Cosa?» urlò Harry, guardandosi attorno affannosamente attraverso l'Omniocolo. «Ma Levski ha la Pluffa!»

«Harry, se non vuoi guardare a velocità normale, ti perderai un sacco di cose!» gridò Hermione, che ballava su e giù, agitando per aria le braccia mentre Troy faceva un giro d'onore del campo. Harry guardò rapido al di sopra dell'Omniocolo, e vide che i Lepricani che seguivano la partita da bordo campo erano tutti decollati formando in aria l'enorme trifoglio lucente. Dall'altra parte, le Veela li osservavano imbronciate. Furioso con se stesso, Harry girò la rotella della velocità fino a tornare in posizione normale. Il gioco riprese.

Harry se ne intendeva abbastanza di Quidditch da capire che i Cacciatori irlandesi erano straordinari. Lavoravano come una squadra compatta, sembrava che si leggessero nel pensiero gli schemi di gioco, e la coccarda sul petto di Harry continuava a strillare i loro nomi: « Troy-Mullet-Moran! » E

dieci minuti dopo, l'Irlanda aveva segnato altre due volte, conducendo per trenta a zero e suscitando una tonante marea di ululati e di applausi tra i tifosi verdevestiti. La partita si fece più serrata, ma anche più brutale. Volkov e Vulchanov, i Battitori bulgari, colpivano i Bolidi più ferocemente che potevano per disarcionare i Cacciatori irlandesi, e stavano riuscendo a sabotare alcune delle loro mosse migliori; due volte furono costretti a disperdersi, e poi, alla fine, Ivanova riuscì a spezzare i ranghi avversari, a scartare il Portiere, Ryan, e segnare la prima rete della Bulgaria.

«Dita nelle orecchie!» ululò il signor Weasley mentre le Veela comin-ciavano a danzare festanti. Harry strizzò gli occhi, anche; voleva restare concentrato sul gioco. Dopo qualche secondo, azzardò un'occhiata al campo. Le Veela avevano smesso di danzare, e la Bulgaria era di nuovo in possesso di Pluffa.

«Dimitrov! Levski! Dimitrov! Ivanova... oh, cielo!» ruggì Bagman. Centomila maghi e streghe trattennero il respiro mentre i due Cercatori, Krum e Lynch, precipitavano in mezzo ai Cacciatori, così rapidi che parve che si fossero appena lanciati da un aereo senza paracadute. Harry seguì la loro discesa con l'Omniocolo, strizzando gli occhi per vedere dov'era il Boccino...

«Si schianteranno!» urlò Hermione accanto a Harry.

Aveva quasi ragione: all'ultimissimo istante, Viktor Krum interruppe la picchiata e ne uscì volando a spirale. Lynch, invece, colpì il suolo con un tonfo sordo che riecheggiò per tutto lo stadio. Un alto lamento si levò dalle tribune irlandesi.

«Sciocco!» gemette il signor Weasley. «Quella di Krum era una finta!»

«Time out!» urlò Bagman. «Intanto medimaghi professionisti corrono in campo a verificare le condizioni di Aidan Lynch!»

«Andrà tutto bene, è stato solo sbalzato via!» disse Charlie in tono rassicurante a Ginny, che era aggrappata al bordo della tribuna, terrificata. «Ed era proprio quello che voleva Krum, naturalmente...»

Harry premette in fretta i pulsanti 'replay' e 'azione per azione' del suo Omniocolo, ruotò appena la rotella della velocità e se li portò di nuovo agli occhi.

Guardò Krum e Lynch scendere di nuovo in picchiata al rallentatore.

'FINTA WRONSKY - PERICOLOSA AZIONE DIVERSIVA TRA

CERCATORI' recitavano le lucenti lettere viola oltre le lenti. Vide il viso di Krum deformato nello sforzo di concentrazione mentre scartava dalla picchiata appena in tempo, mentre Lynch si schiantava, e capì: Krum non aveva affatto visto il Boccino, voleva solo che Lynch lo imitasse. Harry non aveva mai visto nessuno volare così; Krum si muoveva nell'aria apparentemente senza peso, con tale naturalezza che non sembrava nemmeno usare un manico di scopa. Harry riportò l'Omniocolo a velocità normale e mise a fuoco Krum. Stava volando in alti cerchi sopra Lynch, che in quel momento veniva rianimato dai medimaghi con calici di pozione. Harry usò

lo zoom per inquadrare il viso di Krum e vide i suoi occhi scuri dardeggiare per tutto il campo trenta metri sotto. Stava usando il tempo in cui Lynch veniva rianimato per individuare il Boccino senza interferenze. Lynch finalmente si rialzò, salutato da alte grida dei tifosi verdi, risalì

sulla Firebolt e si levò di nuovo in aria. Il suo ritorno parve dare nuova forza all'Irlanda. Quando Mustafà fischiò di nuovo, i Cacciatori si misero in moto con un'abilità impareggiabile, che Harry mai aveva visto prima. Dopo altri quindici serrati, furibondi minuti, l'Irlanda era in testa di altre dieci reti. Ora conduceva per centotrenta a dieci, e il gioco cominciava a farsi più sporco.

Mentre Mullet sfrecciava di nuovo tra le porte, tenendo stretta la Pluffa sotto il braccio, il Portiere bulgaro, Zograf, scattò per prenderla. Ciò che accadde si concluse così in fretta che Harry non riuscì a capire, ma un urlo di rabbia dalle folle irlandesi, e il lungo, acutissimo fischio di Mustafà, gli dissero che era stato commesso fallo.

«E Mustafà richiama il Portiere bulgaro per sgomitate... uso eccessivo dei gomiti!» Bagman informò gli spettatori urlanti. «E... sì, punizione per l'Irlanda!»

I Lepricani, che si erano alzati infuriati a mezz'aria come uno sciame di calabroni lucenti quando era stato commesso fallo su Mullet, ora scattarono insieme per formare le parole 'HA HA HA!' Le Veela dall'altra parte del campo balzarono in piedi, scossero le chiome con rabbia e ripresero a danzare. Tutti insieme, i ragazzi Weasley e Harry si tapparono le orecchie, ma Hermione, che non ci aveva badato, cominciò a tirare Harry per il braccio. Lui si voltò a guardarla, e lei gli sfilò impaziente le dita dalle orecchie.

«Guarda l'arbitro!» disse con una risatina.

Harry guardò. Hassan Mustafà era atterrato proprio davanti alle Veela danzanti, e si stava comportando in modo davvero strano. Gonfiava i muscoli e si accarezzava i baffi con aria seducente.

«lnsomma, non possiamo tollerarlo!» disse Ludo Bagman, anche se in tono molto divertito. «Qualcuno schiaffeggi l'arbitro!»

Un medimago attraversò il campo, le dita infilate nelle orecchie, e diede a Mustafà un calcio negli stinchi. Quest'ultimo parve tornare in sé; attraverso l'Omniocolo, Harry vide che sembrava straordinariamente imbarazzato, e gridava contro le Veela, che avevano smesso di danzare e sembravano riottose.

«E a meno che non mi sbagli di grosso, Mustafà sta davvero tentando di espellere le Mascotte della Nazionale Bulgara!» disse Bagman. «Questa sì

che è una cosa a cui non abbiamo mai assistito... oh, le cose potrebbero mettersi al peggio...»

E fu così: i Battitori bulgari, Volkov e Vulchanov, erano atterrati ai lati di Mustafà, e presero a litigare furiosamente con lui, gesticolando verso i Lepricani, che in segno di scherno avevano formato le parole 'HEE HEE

HEE'. Mustafà non si lasciò impressionare dagli argomenti dei Bulgari; agitava il dito in aria, e chiaramente diceva loro di riprendere il volo, e quando si rifiutarono, emise due fischi brevi col suo fischietto.

« Due punizioni per l'Irlanda!» urlò Bagman, e la folla bulgara ululò di rabbia.

«E Volkov e Vulchanov farebbero bene a tornare su quelle scope... sì... ecco che partono... e Troy prende la Pluffa...»

Il gioco raggiunse un livello di ferocia mai visto prima. I Battitori di entrambi i fronti agivano senza pietà: Volkov e Vulchanov roteavano con violenza le loro mazze e non sembravano avere scrupoli su chi o che cosa colpivano. Dimitrov mirò dritto su Moran, che aveva la Pluffa, e quasi la disarcionò dalla scopa.

« Fallo! » ulularono i tifosi irlandesi come un sol uomo, tutti in piedi in un'enorme ondata verde.

«Fallo!» fece loro eco la voce di Ludo Bagman magicamente amplificata.

«Dimitrov colpisce Moran - ha volato allo scopo deliberato di urtarla - e ci dovrebbe essere un'altra penalità - sì, ecco il fischio dell'arbitro!»

I Lepricani si erano rialzati a mezz'aria e questa volta formarono una mano gigante, che faceva un gesto molto maleducato rivolto alle Veela dall'altra parte del campo. Per tutta risposta le Veela persero il controllo. Si slanciarono attraverso il campo scagliando quelle che sembravano manciate di fuoco contro i Lepricani. Harry vide attraverso l'Omniocolo che non erano affatto belle, in quel momento: al contrario, i loro volti si allungavano in affilate teste d'uccello dai becchi feroci, e lunghe ali squamose spuntavano dalle loro spalle...

«E questo, ragazzi» urlò il signor Weasley sul tumulto della folla sottostante, «è il motivo per cui non bisogna mai fermarsi all'apparenza!»

Maghi del Ministero si affrettarono a scendere in campo per separare le Veela dai Lepricani, ma con scarso successo; nel frattempo, la battaglia campale di sotto non era nulla paragonata a quella in alto. Harry guardava da una parte e dall'altra con l'Omniocolo mentre la Pluffa cambiava mani con la velocità di un proiettile...

«Levski - Dimitrov - Moran - Troy - Mullet - Ivanova - ancora Moran - Moran - MORAN SEGNA!»

Ma le urla entusiaste dei tifosi irlandesi si sentivano a stento sopra gli strilli delle Veela, gli scoppi che uscivano dalle bacchette dei membri del Ministero e i ruggiti rabbiosi dei Bulgari. La partita riprese immediatamente; ora Levski aveva la Pluffa, ora Dimitrov... Il Battitore irlandese. Quigley, sferrò un gran colpo a un Bolide di passaggio, e lo spedi più forte che poteva verso Krum, che non si scansò abbastanza in fretta. Il Bolide lo colpì forte in faccia. Dalla folla si alzò un gemito assordante; il naso di Krum sembrava rotto, c'era sangue dappertutto, ma Hassan Mustafà non fischiò. Era come distratto, e Harry non poteva biasimarlo; una delle Veela aveva scagliato una manciata di fuoco e aveva incendiato la sua scopa.

Harry desiderò che qualcuno capisse che Krum era ferito; anche se tifava per l'Irlanda, Krum era il giocatore più emozionante in campo. Ron la pensava chiaramente allo stesso modo.

«Time out! Ah, andiamo, non può giocare così, guardatelo...»

« Guardate Lynch! » urlò Harry.

Perché il Cercatore irlandese si era all'improvviso lanciato in picchiata, e Harry era quasi certo che non si trattasse di una Finta Wronsky; questa volta era per davvero...

«Ha visto il Boccino!» urlò Harry. «L'ha visto! Guardate, ecco che va!»

Metà dello stadio parve aver capito cosa stava accadendo, i tifosi irlandesi si alzarono in un'enorme onda verde, incitando il loro Cercatore... ma Krum gli stava alle calcagna. Harry si domandò come facesse a vedere dove stava andando; c'erano schizzi di sangue nella sua scia, ma ormai era quasi testa a testa con Lynch, mentre entrambi precipitavano di nuovo verso il suolo...

«Si schianteranno!» strillò Hermione.

«No!» ruggì Ron.

«Lynch sì!» gridò Harry.

E aveva ragione: per la seconda volta, Lynch colpì il terreno con forza tremenda, e fu immediatamente circondato da un'orda di Veela infuriate.

«Il Boccino, dov'è il Boccino?» ululò Charlie, nella mischia.

«Ce l'ha... Krum l'ha preso... è finita!» gridò Harry.

Krum, gli abiti rossi luccicanti del sangue che gli colava dal naso, saliva dolcemente per aria, il pugno in alto, un bagliore d'oro racchiuso nella mano. Il tabellone lampeggiava 'BULGARIA: CENTOSESSANTA, IRLANDA: CENTOSETTANTA' oltre la folla, che non poteva aver capito che cos'era successo. Poi, lentamente, come se un enorme jumbo jet stesse andando su di giri, il rombo dei tifosi irlandesi divenne sempre più forte ed esplose in urla di gioia.

«VINCE L'IRLANDA!» gridò Bagman, che, come gli Irlandesi, sembrava essere stato preso alla sprovvista dalla fine improvvisa della partita.

«KRUM PRENDE IL BOCCINO - MA VINCE L'IRLANDA - santo cielo, credo che nessuno di noi se lo aspettasse!»

«Perché ha preso il Boccino?» strillò Ron mentre saltava su e giù, applaudendo con le braccia tese sopra la testa. «Ha finito quando l'Irlanda era in testa di centosessanta punti, quell'idiota!»

«Sapeva che non avrebbero mai potuto rimontare» gli rispose urlando Harry sopra il frastuono, applaudendo forte anche lui. «I Cacciatori irlandesi erano troppo bravi... voleva finire a modo suo, tutto qui...»

«È stato molto coraggioso, vero?» disse Hermione, sporgendosi per guardare Krum che atterrava e lo sciame di medi-maghi che si apriva un varco a bacchettate tra i Lepricani e le Veela in piena rissa per raggiungerlo. «Sembra ridotto male...»

Harry riportò l'Omniocolo agli occhi. Era difficile vedere che cosa succedeva di sotto, perché i Lepricani sfrecciavano esilarati per tutto il campo, ma riuscì a distinguere Krum, circondato da medimaghi. Sembrava più

corrucciato che mai, e non permise che gli tamponassero il sangue. I suoi compagni di squadra lo attorniavano scuotendo la testa con aria sconfitta; poco più in là, i giocatori irlandesi ballavano in una pioggia d'oro che scendeva dalle loro Mascotte. Per tutto lo stadio sventolavano bandiere, l'inno nazionale irlandese risuonava da tutte le parti; le Veela stavano tornando al loro consueto bell'aspetto benché scoraggiate e depresse.

«Be', abiamo giocato bene» disse una voce sconfortata alle spalle di Harry. Lui si voltò: era il Ministro della Magia bulgaro.

«Lei parla inglese!» disse Caramell in tono offeso. «E mi ha fatto parlare a gesti per tutto il giorno!»

«Be', ha stato molto divertente» disse il Ministro bulgaro con un'alzata di spalle.

«E mentre la Nazionale Irlandese fa un giro d'onore, accompagnata dalle sue Mascotte, la Coppa del Mondo di Quidditch viene portata in Tribuna d'onore!» ruggi Bagman.

Gli occhi di Harry furono improvvisamente abbagliati da un'accecante luce bianca, mentre la Tribuna d'onore s'illuminava per magia così che dagli spalti tutti potessero vederne l'interno. Strizzando gli occhi verso l'in-gresso vide due maghi affannati che trasportavano in tribuna un'enorme coppa d'oro; la consegnarono a Cornelius Caramell, ancora molto irritato al pensiero di aver parlato a gesti tutto il giorno per niente.

«E ora un bell'applauso ai prodi sconfitti - la Bulgaria!» urlò Bagman. E dalle scale entrarono in tribuna i sette giocatori bulgari battuti. La folla applaudiva in segno di stima; Harry vide migliaia e migliaia di lenti di Omniocoli che lampeggiavano e ammiccavano nella loro direzione. Uno per uno, i Bulgari sfilarono tra gli ordini di posti della tribuna, e Bagman gridò il nome di ciascuno mentre stringevano la mano al loro Ministro e poi a Caramell. Krum, che era l'ultimo, era davvero in condizioni disastrose. Sul viso insanguinato gli si stavano gonfiando due occhi neri a velocità spettacolare. Teneva ancora il Boccino. Harry notò che a terra sembrava molto meno coordinato: aveva un principio di piedi piatti e le spalle piuttosto cascanti. Ma quando venne pronunciato il suo nome, tutto quanto lo stadio rispose con un boato spaccatimpani.

E poi venne la Nazionale Irlandese. Aidan Lynch era sorretto da Moran e Connolly; il secondo schianto sembrava averlo intontito e aveva uno sguardo decisamente annebbiato. Ma fece un sorriso allegro quando Troy e Quigley sollevarono la Coppa e la folla di sotto tuonò la sua approvazione. Harry non si sentiva più le mani dagli applausi.

Finalmente, quando la Nazionale Irlandese si fu allontanata dalla tribuna per compiere un altro giro d'onore a cavallo delle scope (Aidan Lynch saldamente aggrappato a Connolly, continuando a sorridere vagamente perplesso), Bagman puntò la bacchetta contro la propria gola e mormorò:

« Quietus».

«Se ne parlerà per anni» disse con voce roca, «un colpo di scena davvero inaspettato, quello... peccato che non sia potuta durare di più... ah, sì... sì, vi devo... quanto?»

Perché Fred e George avevano appena scavalcato i loro sedili ed erano in piedi davanti a Ludo Bagman con un gran sorriso stampato in faccia e le mani tese.

CAPITOLO 9

IL MARCHIO NERO

« Non dite a vostra madre che avete scommesso» implorò il signor Weasley rivolto a Fred e George, mentre tutti quanti scendevano lentamente le scale.

«Non preoccuparti, papà» disse Fred allegro, «abbiamo grandi progetti per questo denaro, non vogliamo farcelo requisire».

Per un attimo, il signor Weasley sembrò sul punto di chiedere di quali progetti si trattava, ma poi, dopo una breve riflessione, decise che non voleva saperlo. Ben presto si trovarono imbottigliati nella folla in uscita dallo stadio verso il campeggio. Canti rauchi si levavano nell'aria notturna mentre ripercorrevano il cammino lungo il sentiero illuminato dalle lanterne, e i Lepricani continuavano a sfrecciare sopra le loro teste, ridacchiando e agitando i loro lumini. Quando finalmente raggiunsero le tende, nessuno aveva voglia di dormire, e visto il livello di chiasso attorno a loro, il signor Weasley decise che potevano prendere un'ultima tazza di cioccolata insieme prima di coricarsi. Ben presto si ritrovarono a discutere animatamente sulla partita; il signor Weasley si fece trascinare in una disputa con Charlie sulle sgomitate, e fu solo quando Ginny cadde addormentata sul tavolino e rovesciò cioccolata calda su tutto il pavimento che il signor Weasley dette un taglio ai commenti e li mandò tutti a letto. Hermione e Ginny entrarono nella tenda accanto, e Harry e gli altri Weasley s'infilarono il pigiama e si arrampicarono nei loro letti a castello. Dall'altra parte del campeggio si udivano ancora canti e l'eco di qualche sporadica esplosione.

«Oh, sono felice di non essere in servizio» borbottò il signor Weasley assonnato, «non mi piacerebbe proprio dover andare a dire agli Irlandesi che devono smettere di festeggiare».

Nel letto sopra quello di Ron, Harry rimase sveglio a fissare il soffitto di tela, da cui trapelava ogni tanto il bagliore di un'occasionale lanterna di Lepricani, e rivivendo nel pensiero alcune delle più spettacolari azioni di Krum. Moriva dalla voglia di tornare a cavallo della sua Firebolt e provare la Finta Wronsky... con tutti i suoi schemi contorti Oliver Baston non era mai riuscito a spiegare per bene come fare quell'azione... Harry si vide vestito di abiti con il suo nome ricamato sulla schiena, e immaginò la sensazione che si doveva provare ascoltando il ruggito di una folla di centomila persone, mentre la voce di Ludo Bagman echeggiava per tutto lo stadio:

«Ecco a voi... Potter

Harry non seppe mai se si fosse veramente addormentato o no - le sue fantasticherie sul volare come Krum potevano anche essersi trasformate in sogni veri e propri - seppe solo che, all'improvviso, il signor Weasley stava urlando.

«Alzatevi! Ron... Harry... venite subito, alzatevi, presto!»

Harry balzò a sedere e urtò la tela con la testa.

«Co... cosa succede?» disse.

Intuiva vagamente che qualcosa non andava. I rumori nel campeggio erano cambiati. I canti erano finiti. Udì grida, e il rumore di passi di corsa. Scivolò giù dal letto a castello e cercò i suoi vestiti, ma il signor Weasley, che si era infilato i jeans sul pigiama, disse: «Non c'è tempo, Harry... prendi una giacca ed esci... in fretta!»

Harry esegui e si precipitò fuori dalla tenda, seguito da Ron. Alla luce dei pochi fuochi ancora accesi, vide gente che correva nei boschi, sfuggendo a qualcosa che si muoveva nel campo verso di loro, qualcosa che emetteva strani lampi di luce, e rumori simili a spari. Alti ululati, risate fragorose e urla di ubriachi avanzavano dalla loro parte; poi ci fu un'esplosione di intensa luce verde, che illuminò la scena.

Una folla di maghi avanzava lentamente nel campo a ranghi serrati, le bacchette puntate verso l'alto. Harry strizzò gli occhi per vedere meglio... sembrava che non avessero faccia... poi capì che erano incappucciati. Sopra di loro a mezz'aria, quattro sagome si divincolavano e si contorcevano in forme grottesche. Due di esse erano molto piccole. Era come se i maghi mascherati fossero burattinai, e le sagome sopra di loro burattini azionati da fili invisibili che spuntavano dalle bacchette.

Altri maghi si univano al gruppo, ridendo e additando i corpi galleggianti in alto. Tende si afflosciavano e cadevano mentre la folla in marcia aumentava. Una o due volte Harry vide uno dei maghi far saltar via una tenda dal suo cammino con la bacchetta. Parecchie presero fuoco. Le urla si fecero più alte. Il rogo di una tenda illuminò all'improvviso le persone in aria, e Harry riconobbe una di loro: era il signor Roberts, il direttore del campeggio. Gli altri tre dovevano essere sua moglie e i suoi figli. A un tocco di bacchetta di uno dei maghi in marcia la signora Roberts si ribaltò a testa in giù, e la camicia da notte ricadde rivelando ampi mutandoni; lei cercò di coprirsi mentre la folla al di sotto strillava e fischiava sguaiatamente.

«È orribile» mormorò Ron, guardando il più piccolo dei bambini babbani, che aveva cominciato a girare come una trottola, a venti metri dal suolo, la testa che ciondolava da una parte all'altra. «È davvero orribile...»

Hermione e Ginny li raggiunsero di corsa, infilandosi le giacche sulle camicie da notte, con il signor Weasley alle loro spalle. Nello stesso istante, Bill, Charlie e Percy affiorarono dalla tenda dei ragazzi, completamente vestiti, con le maniche rimboccate e le bacchette in pugno.

«Andiamo a dare una mano al Ministero» gridò il signor Weasley sopra il frastuono, arrotolandosi le maniche a sua volta. «Voialtri... entrate nel bosco, e restate uniti. Verrò a prendervi quando avremo sistemato la faccenda!»

Bill, Charlie e Percy stavano già sfrecciando verso la folla; il signor Weasley si lanciò dietro di loro. Maghi del Ministero accorrevano da ogni parte. La moltitudine sotto i Roberts era sempre più vicina.

«Andiamo» disse Fred, prendendo per mano Ginny e trascinandola verso il bosco. Harry, Ron, Hermione e George li seguirono. Una volta raggiunti gli alberi si voltarono: videro i maghi del Ministero cercare di attraversare la calca per raggiungere i maghi incappucciati al centro, ma era un'impresa difficile. Parevano non voler scagliare incantesimi che rischiassero di far precipitare i Roberts.

Le lanterne colorate lungo il sentiero verso lo stadio erano state spente. Cupe sagome inciampavano tra gli alberi; i bambini piangevano; urla angosciate e voci pervase dal panico rimbombavano attorno a loro nella fredda aria notturna. Harry si sentì spingere di qua e di là da gente di cui non poteva vedere il volto. Poi sentì Ron gridare di dolore.

«Che cosa è successo?» esclamò Hermione agitata, fermandosi così di colpo che Harry le rovinò addosso. «Ron, dove sei? Oh, che stupida... Lu- mos

Illuminò la sua bacchetta e puntò il raggio sottile sul sentiero. Ron era disteso a terra.

«Sono inciampato su una radice» sbottò, rialzandosi.

«Be', con dei piedi di quelle dimensioni è difficile evitarlo» disse una voce melliflua alle loro spalle.

Harry, Ron e Hermione si voltarono di scatto. Draco Malfoy era lì accanto a loro, solo, appoggiato a un albero, decisamente rilassato. Le braccia incrociate, in apparenza aveva seguito la scena del campeggio attraverso gli alberi. Ron disse a Malfoy di fare una cosa che, Harry lo sapeva, non avrebbe mai osato pronunciare davanti al signor Weasley.

«Modera il linguaggio, Weasley» disse Malfoy, i pallidi occhi scintillanti. «Non è meglio che vi muoviate, adesso? Non vorrete che riconoscano anche lei, vero?»

Indicò Hermione con un cenno, e nello stesso istante un'esplosione come di una bomba echeggiò dal campeggio, e un lampo di luce verde illuminò

per un attimo gli alberi attorno a loro.

«Che cosa vorresti dire?» esclamò Hermione in tono di sfida.

«Granger, stanno cercando i Babbani» disse Malfoy. «Vuoi far vedere le mutande a tutti? Perché se è questo che vuoi, aspetta solo un attimo... vengono di qua, e almeno ci faremo una bella risata».

«Hermione è una strega» sibilò Harry.

«Vedila un po' come ti pare, Potter» disse Malfoy con un sorriso perfido.

«Se credi che non possano riconoscere una Mezzosangue, restate pure dove siete».

«Bada a come parli!» gridò Ron. Tutti sapevano che 'Mezzosangue' era un termine molto offensivo che indicava una strega o un mago di origini babbane.

«Lascia stare, Ron» disse in fretta Hermione, trattenendolo per un braccio mentre faceva un passo verso Malfoy. Poi oltre gli alberi risuonò un'esplosione più fragorosa che mai. Parecchie persone vicine urlarono. Malfoy ridacchiò piano.

«Si spaventano per un nonnulla, vero?» disse pigramente. «Immagino che tuo padre abbia detto a tutti quanti di nascondersi... Che cosa sta facendo? Cerca di salvare i Babbani?»

«Dove sono i tuoi genitori?» disse Harry, sempre più arrabbiato. «Là

fuori con il cappuccio in testa, vero?»

Malfoy si rivolse a Harry, senza smettere di sorridere.

«Be'... se lo fossero, non verrei a dirlo a te, vero, Potter?»

«Oh, insomma» intervenne Hermione, scoccando uno sguardo di disgusto a Malfoy, «andiamo a cercare gli altri».

«Tieni giù quel tuo testone, Granger» sogghignò Malfoy.

« Andiamo» ripeté Hermione, trascinando Ron e Harry di nuovo sul sentiero.

«Scommetto quello che vuoi che suo padre è uno di quelli incappucciati!» esclamò Ron veemente.

«Be', con un po' di fortuna quelli del Ministero lo prenderanno!» disse Hermione con fervore. «Oh, non ci posso credere, dove sono finiti gli altri?»

Fred, George e Ginny non si vedevano da nessuna parte, anche se il sentiero era pieno di gente che guardava nervosamente verso il fragore che proveniva dal campeggio.

Un gruppo di ragazzini in pigiama stava litigando ad alta voce un po' più

avanti. Quando videro Harry, Ron e Hermione, una ragazza con fitti capel-li ricci si voltò e chiese in fretta: « Où est Madame Maxime? Nous l'avons perdue... »

«Ehm, cosa?» disse Harry.

«Oh...» La ragazza che aveva parlato gli voltò le spalle, e mentre continuavano la marcia la sentirono dire chiaramente: « Hogvàrts» .

«Beauxbatons» borbottò Hermione.

«Come hai detto?» disse Harry.

«Devono essere di Beauxbatons» disse Hermione. «Sai... l'Accademia della Magia di Beauxbatons... Ho letto delle cose su Compendio sull'Istru- zione Magica in Europa».

«Oh... sì... certo» disse Harry.

«Fred e George non possono essere andati così lontani» disse Ron estraendo la bacchetta e accendendola per illuminare il sentiero. Harry frugò

nelle tasche della giacca in cerca della sua bacchetta - ma lì non c'era. L'unica cosa che vi trovò fu l'Omniocolo.

«Ah, no, non è possibile... Ho perso la bacchetta!»

«Stai scherzando?»

Ron e Hermione alzarono le loro quel tanto che bastava per aumentare l'ampiezza dello stretto cono di luce sul terreno; Harry guardò dappertutto nei dintorni, ma la sua bacchetta non si vedeva.

«Forse è rimasta nella tenda» disse Ron.

«Forse ti è caduta dalla tasca mentre correvi» suggerì Hermione ansiosa.

«Sì» disse Harry, «forse...»

Di solito portava sempre con sé la bacchetta nel mondo magico, e ritrovarsi senza nel bel mezzo di una situazione come quella lo fece sentire molto vulnerabile.

Un fruscio li fece sobbalzare tutti e tre. Winky l'elfa domestica si stava aprendo la strada in un mucchio di cespugli lì vicino. Si muoveva in modo singolare, apparentemente con grande difficoltà; era come se una mano invisibile cercasse di trattenerla.

«C'è cattivi maghi in giro!» squittì follemente, mentre si chinava in avanti e si sforzava di continuare a correre. «Gente in alto, in alto per aria!

Winky si toglie di torno!»

E scomparve tra gli alberi dall'altra parte del sentiero, ansando e squittendo mentre lottava contro la forza che la contrastava.

«Che cos'ha?» disse Ron, guardando incuriosito nella direzione in cui era sparita. «Perché non riesce a correre?»

«Scommetto che non ha chiesto il permesso di nascondersi» disse Harry. Stava pensando a Dobby: tutte le volte che aveva cercato di fare qualcosa che non sarebbe piaciuto ai Malfoy, era stato costretto a punirsi.

«Ma insomma, gli elfi domestici sono trattati in maniera brutale!» esclamò Hermione indignata. «È schiavitù, ecco cos'è! Quel signor Crouch l'ha costretta a salire fino in cima allo stadio, ed era terrorizzata, e l'ha stregata, così lei non può nemmeno correre quando cominciano a calpestare le tende! Perché qualcuno non fa qualcosa?»

«Be', gli elfi sono contenti cosi, vero?» disse Ron. «Hai sentito la vecchia Winky alla partita... 'Gli elfi di casa non devono divertirsi'... E questo che le piace, farsi comandare a bacchetta...»

«È la gente come te, Ron» cominciò Hermione infervorata, «che appoggia sistemi marci e ingiusti solo perché è troppo pigra per...»

Un'altra forte esplosione echeggiò dal limitare del bosco.

«Muoviamoci di qui, va bene?» disse Ron, e Harry lo vide guardare Hermione nervosamente. Forse c'era del vero in quello che aveva detto Malfoy; forse Hermione era più in pericolo di loro. Ripartirono. Harry si frugò ancora le tasche, pur sapendo che la sua bacchetta non era lì. Seguirono il sentiero oscuro nel profondo del bosco, continuando a guardarsi intorno alla ricerca di Fred, George e Ginny. Superarono un gruppo di goblin, che ridacchiavano su un sacco d'oro che evidentemente avevano vinto scommettendo sul risultato della partita, e che sembravano piuttosto indifferenti ai tafferugli del campeggio. Più avanti entrarono in una macchia di luce argentea, e tra gli alberi videro tre Veela, alte e bellissime, in una radura, circondate da un gruppo di giovani maghi che parlavano tutti a voce molto alta.

«Io guadagno cento sacchi di galeoni l'anno» gridò uno di loro. «Faccio il killer di draghi per il Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose!»

«No, non è vero» strillò il suo amico, «tu fai il lavapiatti al Paiolo Magi- co... ma io sono un Cacciatore di Vampiri, ne ho uccisi novanta finora...»

Un terzo giovane mago, con brufoli ben visibili anche alla tenue luce argentea delle Veela, s'intromise: «Io sto per diventare il Ministro della Magia più giovane che ci sia mai stato, io». Harry soffocò le risate. Aveva riconosciuto il mago brufoloso: si chiamava Stan Picchetto e in verità era il bigliettaio della corriera magica a tre piani Nottetempo.

Si voltò per dirlo a Ron, ma la faccia del ragazzo era diventata stranamente molle, e un attimo dopo Ron urlò: «Ve l'ho detto che ho inventato un manico di scopa che viaggerà fino a Giove?»

« Ma insomma! » disse di nuovo Hermione, e lei e Harry afferrarono saldamente Ron per le braccia, lo costrinsero a voltarsi e lo trascinarono via. Erano ormai nel cuore della foresta quando le voci delle Veela e dei loro ammiratori svanirono del rutto. Non c'era nessuno; tutto era molto più tranquillo. Harry si guardò intorno. «Direi che possiamo aspettare qui, sentiremo chiunque si avvicini a un chilometro di distanza».

Aveva appena finito di parlare che Ludo Bagman spuntò da dietro un albero proprio davanti a loro. Anche alla flebile luce delle due bacchette, Harry si accorse che Bagman era cambiato parecchio. Non era più ilare e roseo; non saltellava più. Era molto pallido e teso.

«Chi siete?» disse, sbattendo le palpebre verso di loro, cercando di distinguere i loro volti. «Che cosa ci fate qui tutti soli?»

I ragazzi si guardarono sorpresi.

«Be'... c'è una specie di rivolta» disse Ron.

Bagman lo fissò. «Cosa?»

«Al campeggio... della gente ha preso in ostaggio una famiglia di Babbani...»

Bagman imprecò ad alta voce. «Dannazione!» esclamò sconvolto, e senza aggiungere altro si Smaterializzò con un piccolo pop.

«Non è proprio sveglissimo, il signor Bagman, vero?» disse Hermione aggrottando le sopracciglia.

«È stato un grande Battitore, comunque» disse Ron, guidandoli dal sentiero in una piccola radura e sedendosi su una zolla di erba secca ai piedi di un albero. «Le Vespe di Winbourne hanno vinto il campionato tre volte di fila quando c'era lui in squadra».

Estrasse dalla tasca il modellino di Krum, lo posò a terra e lo guardò

camminare per un po'. Come il vero Krum, il pupazzo aveva i piedi un po'

piatti e le spalle spioventi, e faceva molta meno impressione con quei piedi in fuori che a cavallo del suo manico di scopa. Harry tese l'orecchio per cogliere i rumori provenienti dal campeggio. Tutto sembrava ancora tranquillo; forse la rivolta era finita.

«Spero che gli altri stiano bene» disse Hermione dopo un po'.

«Staranno benissimo» disse Ron.

«Pensa se tuo padre mette le mani su Lucius Malfoy» disse Harry, sedendosi vicino a Ron e osservando il Krum in miniatura trascinarsi sulle foglie cadute. «Ha sempre detto che gli piacerebbe incastrarlo».

«Almeno questo cancellerebbe quella smorfia dalla faccia del vecchio Draco, certo» disse Ron.

«Quei poveri Babbani, però» disse Hermione tesa. «E se non riescono a farli scendere?»

«Li tireranno giù» disse Ron con fare rassicurante, «troveranno il modo».

«E una follia, comunque, fare una cosa del genere proprio stasera che c'è

il Ministero della Magia al completo!» aggiunse Hermione. «Voglio dire, come pensano di cavarsela? Credete che abbiano bevuto, o sono solo...»

Ma si interruppe di colpo e si guardò alle spalle. Anche Harry e Ron si guardarono rapidamente attorno. Era come se qualcuno avanzasse barcollando verso la radura. Attesero, ascoltando i suoni dei passi irregolari dietro gli alberi scuri. Ma i passi si fermarono all'improvviso.

«C'è nessuno?» gridò Harry.

Silenzio. Harry si alzò e guardò dietro l'albero. Era troppo buio per vedere molto oltre, ma avvertì qualcuno appena al di là del suo campo visivo.

«Chi c'è?» disse.

E poi. di colpo, una voce ruppe il silenzio. Una voce diversa da tutte quelle che avevano udito nel bosco, che non gridò di terrore, ma pronunciò

una specie di incantesimo...

« MORSMORDRE

E qualcosa di enorme, verde e lucente sbucò dalla pozza di oscurità che gli occhi di Harry avevano tentato di penetrare: volò oltre le cime degli alberi, su in cielo.

«Cosa dia...» sussultò Ron balzando di nuovo in piedi e fissando la cosa. Per un attimo, Harry pensò che fosse un'altra formazione di Lepricani. Poi vide: era un teschio colossale, fatto come di stelle di smeraldo, e con un serpente che gli usciva dalla bocca come una lingua. Si levò sempre più

in alto, sotto i loro occhi, stagliandosi vivido in una cortina di fumo verdastro, stampato contro il cielo nero come una nuova costellazione. All'improvviso, nel bosco tutto attorno a loro esplosero le grida. Harry non capiva perché, ma l'unica causa possibile era l'improvvisa comparsa del teschio, ora abbastanza alto da illuminare il bosco intero, come un sinistro cartellone al neon. Scrutò l'oscurità in cerca della persona che aveva evocato il teschio, ma non vide nessuno.

«Chi è là?» gridò di nuovo. Hermione afferrò il dorso della sua giacca e lo tirò indietro.

«Harry, andiamo, muoviti

«Che cosa succede?» chiese Harry, scosso nel vederla tanto pallida e terrorizzata.

«È il Marchio Nero, Harry!» gemette Hermione, tirandolo più forte che poteva. «Il segno di Tu-Sai-Chi!»

«Di Voldemort. ..?»

«Harry, andiamo

Harry si voltò - Ron stava raccogliendo in fretta il suo miniKrum - e tutti e tre sfrecciarono attraverso la radura; ma prima che potessero fare più di qualche passo affrettato, una serie di scoppiettii annunciò l'arrivo di una ventina di maghi, che apparvero dal nulla e li circondarono. Harry si voltò di scatto e realizzò all'istante: ogni mago aveva la bacchetta in mano e ogni bacchetta puntava dritto su lui, Ron e Hermione. Senza riflettere, urlò: «Giù!» Afferrò gli altri due e li tirò a forza per terra.

« STUPEFICIUM!» ruggirono venti voci. Ci fu una serie di lampi accecanti e Harry sentì i capelli rizzarsi sulla nuca come se un vento potente avesse spazzato la radura. Alzando appena la testa vide lampi di luce di un rosso vivo scaturire dalle bacchette dei maghi e volare sopra di loro, incrociandosi, rimbalzando sui tronchi, sfrecciando indietro nel buio...

«Basta!» urlò una voce che riconobbe. «BASTA! Quello è mio figlio! »

I capelli di Harry cessarono di svolazzare. Alzò la testa un po' di più. Il mago davanti a lui aveva abbassato la bacchetta. Rotolò sulla schiena e vide il signor Weasley che avanzava verso di loro con aria terrorizzata.

«Ron... Harry...» disse con voce tremante, «... Hermione... state tutti bene?»

«Togliti di mezzo, Arthur» disse una fredda voce asciutta. Era il signor Crouch. Lui e gli altri maghi del Ministero li stavano accerchiando. Harry si alzò per affrontarli. Il viso di Crouch era teso di rabbia.

«Chi di voi è stato?» esplose, gli occhi acuti che scattavano da uno all'altro. «Chi di voi ha evocato il Marchio Nero?»

«Non siamo stati noi!» disse Harry, indicando il teschio in alto.

«Non abbiamo fatto niente!» disse Ron, che si stava sfregando il gomito e guardava indignato suo padre. «Perché volevate attaccarci?»

«Non mentite, signori!» urlò Crouch. La sua bacchetta era ancora puntata dritta su Ron, e aveva gli occhi fuori dalle orbite: sembrava un pazzo.

«Siete stati sorpresi sul luogo del delitto!»

«Barty» sussurrò una strega avvolta in una lunga vestaglia di lana, «sono ragazzi, Barty, non sarebbero mai stati in grado di...»

«Da dov'è venuto il Marchio, voi tre?» disse in fretta il signor Weasley.

«Da là» rispose Hermione con voce tremante, indicando il luogo dove avevano sentito la voce, «c'era qualcuno dietro gli alberi... hanno urlato delle parole... un incantesimo...»

«Oh, erano là, eh?» disse il signor Crouch, gli occhi sporgenti piantati su Hermione, l'incredulità stampata in faccia. «Hanno scagliato un incantesimo, vero? Sembra molto ben informata su come si evoca il Marchio, signorina...»

Ma nessuno dei maghi del Ministero eccetto Crouch pareva credere anche solo vagamente che Harry, Ron o Hermione avessero evocato il teschio; al contrario, alle parole di Hermione avevano di nuovo alzato le bacchette, e le avevano puntate nella direzione indicata, scrutando tra gli alberi oscuri.

«Siamo arrivati troppo tardi» disse la strega in vestaglia, scuotendo il capo. «Si saranno Smaterializzati».

«Non credo» disse un mago con un'ispida barba bruna. Era Amos Diggory, il padre di Cedric. «I nostri Schiantesimi sono andati dritti tra quegli alberi... ci sono buone probabilità che li prendiamo...»

«Amos, fai attenzione!» dissero alcuni maghi allarmati, mentre Diggory raddrizzava le spalle, alzava la bacchetta, attraversava la radura e spariva nell'oscurità. Hermione lo guardò scomparire con le mani sulla bocca. Qualche istante dopo, sentirono Diggory urlare.

«Sì! Li abbiamo presi! C'è qualcuno qui! È svenuto! È... ma... santi numi...»

«Hai preso qualcuno?» gridò Crouch, decisamente incredulo. «Chi? Chi è?»

Sentirono dei rametti spezzarsi, il fruscio delle foglie, e poi passi scricchiolanti mentre il signor Diggory ricompariva da dietro gli alberi. Tra le braccia reggeva una figuretta abbandonata. Harry riconobbe subito lo strofinaccio. Era Winky. Crouch non si mosse né parlò mentre Diggory deponeva l'elfa a terra, ai suoi piedi. Tutti i maghi del Ministero lo fissavano: per qualche istante Crouch rimase esterrefatto, gli occhi lampeggianti nel viso pallido puntati su Winky. Poi parve rianimarsi.

«Non... può... essere» disse a scatti. «Non...»

Oltrepassò in fretta Diggory e si avviò nel punto in cui quest'ultimo aveva trovato Winky.

«È inutile, Crouch» gli gridò dietro Diggory. «Non c'è nessun altro lag-giù». Ma Crouch non sembrava disposto a crederci. Lo sentirono muoversi, udirono il fruscio delle foglie mentre spostava i cespugli cercando qualcosa, o qualcuno.

«Imbarazzante» disse Diggory cupo, guardando il corpo privo di sensi di Winky. «L'elfa domestica di Barty Crouch... voglio dire...»

«Andiamo, Amos» disse piano Weasley, «non crederai che sia stata davvero lei? Il Marchio Nero è un segno da maghi. Occorre una bacchetta magica».

«Si» disse Diggory, «e lei ce l' aveva, una bacchetta».

« Cosa? » esclamò Weasley.

«Guarda qui». Diggory mostrò una bacchetta al signor Weasley. «Ce l'aveva in mano. Quindi è infrazione dell'articolo tre del Codice dell'Uso delle Bacchette, tanto per cominciare. A nessuna creatura non umana è per- messo di portare o usare una bacchetta magica» . In quel momento si udì un altro pop, e Ludo Bagman si Materializzò accanto al signor Weasley. Confuso e senza fiato, vorticò sul posto, fissando con gli occhi sgranati il teschio verde smeraldo.

«Il Marchio Nero!» disse ansante, quasi inciampando in Winky mentre si voltava verso i colleghi con aria interrogativa. «Chi è stato? Li avete presi? Barty! Che cosa sta succedendo?»

Crouch era tornato a mani vuote. Il suo viso era ancora di un pallore spettrale, e le sue mani e i baffi a spazzolino si torcevano.

«Dove sei stato, Barty?» disse Bagman. «Perché non eri alla partita? La tua elfa ti aveva anche tenuto il posto... Per tutti i gargoyle!» Bagman aveva appena notato Winky distesa ai suoi piedi. «Che cosa è successo a lei

«Ho avuto da fare, Ludo» disse Crouch, a scatti, muovendo appena le labbra. «E la mia elfa è stata Schiantata».

«Schiantata? Da voi? Ma perché...?»

All'improvviso un barlume di comprensione balenò sul faccione tondo e lucente di Bagman; guardò in su il teschio, giù verso Winky e poi Crouch.

« No! » disse. «Winky? Evocare il Marchio Nero? Non saprebbe come fare! Tanto per cominciare le servirebbe una bacchetta!»

«E ce l'aveva» disse Diggory. «Ne stringeva una in mano quando l'ho trovata, Ludo. Se per lei va bene, Crouch, credo che dovremmo sentire che cos'ha da dire a sua discolpa».

Crouch non diede segno di aver sentito Diggory, ma Diggory parve prendere il suo silenzio per assenso. Levò la bacchetta, la puntò su Winky e disse « Innerva

Winky si mosse debolmente. I suoi occhioni marroni si aprirono e sbatté

più volte le palpebre, perplessa. Sotto gli occhi dei maghi silenziosi, si levò a sedere tremando. Vide i piedi del signor Diggory e lentamente, esitante, alzò gli occhi per guardarlo; poi, ancor più lentamente, guardò su in cielo. Harry vide il teschio galleggiante riflesso due volte nei suoi enormi occhi vitrei. L'elfa trattenne il respiro, lanciò uno sguardo terrorizzato alla radura affollata e scoppiò in singhiozzi disperati.

«Elfa!» esclamò severo il signor Diggory. «Sai chi sono? Sono un membro dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche!»

Winky cominciò a oscillare avanti e indietro, il respiro rotto e affannoso. A Harry ricordò Dobby nei suoi momenti di terrorizzata disobbedienza.

«Come vedi, elfa, il Marchio Nero è stato evocato qui» disse il signor Diggory. «E poco dopo tu sei stata scoperta sotto di esso! Vogliamo una spiegazione, se non ti dispiace!»

«I-i-io non l'ha fatto, signore!» esalò Winky. «Io non sa come si fa, signore!»

«Sei stata trovata con una bacchetta in mano!» abbaiò Diggory, impugnandola davanti a lei. E mentre la bacchetta rifletteva la luce verde che emanava dal teschio in alto riempiendo la radura, Harry la riconobbe.

«Ehi... è la mia!» disse.

L'intera radura si voltò a guardarlo.

«Prego?» chiese Diggory, sbalordito.

«È la mia bacchetta!» disse Harry. «Mi era caduta!»

«Ti era caduta?» ripeté Diggory incredulo. «È una confessione, la tua?

L'hai gettata via dopo aver evocato il Marchio?»

«Amos, ma guarda con chi stai parlando!» disse il signor Weasley con ira. «Ti pare possibile che Harry Potter evochi il Marchio Nero?»

«Ehm... certo che no» borbottò Diggory. «Mi dispiace... mi sono lasciato trascinare...»

«Non mi è caduta lì, comunque» disse Harry, indicando col pollice gli alberi sotto il teschio. «L'ho persa appena dopo che siamo entrati nel bosco».

«Insomma» disse Diggory, lo sguardo più duro mentre tornava a fissare Winky che cercava di rannicchiarsi ai suoi piedi. «Hai trovato questa bacchetta, eh, elfa? E l'hai raccolta e hai pensato di divertirti un po', eh?»

«Io non fa magie con quella, signore!» squittì Winky mentre le lacrime le scorrevano ai lati del naso bitorzoluto e schiacciato. «Io l'ha... io l'ha... io l'ha solo raccolta, signore! Io non fa il Marchio Nero, signore, io non sa come si fa!»

«Non è stata lei!» intervenne Hermione. Parlare davanti a tutti quei maghi del Ministero la rendeva nervosa, ma proseguì con decisione. «Winky ha una vocetta stridula e la voce che abbiamo sentito scagliare l'incantesimo era molto più profonda!» Si rivolse a Harry e Ron, cercando il loro sostegno. «Non sembrava affatto Winky, vero?»

«No» disse Harry scuotendo la testa. «Decisamente non suonava come un elfo».

«Sì, era una voce umana» disse Ron.

«Be', lo vedremo presto» ringhiò Diggory, per niente colpito. «C'è un modo semplice per scoprire l'ultimo incantesimo lanciato da una bacchetta, elfa, lo sapevi?»

Winky tremò e scosse la testa affannosamente, le orecchie svolazzanti, mentre Diggory alzava di nuovo la sua bacchetta e ne puntava l'estremità

contro quella di Harry.

« Prior Incantatio! » gridò.

Harry udì Hermione trattenere il respiro, terrificata, mentre un enorme teschio con la lingua di serpente sbucava dal punto in cui le due bacchette si toccavano, ma era solo una pallida ombra del teschio verde alto sopra di loro, sembrava che fosse fatto di denso fumo grigio: il fantasma di un incantesimo.

« Deletrius! » gridò Diggory, e il teschio nebuloso svanì in un fil di fumo.

«Allora» disse con una sorta di selvaggio trionfo, guardando giù verso Winky che era ancora scossa da tremiti convulsi.

«Io non l'ha fatto!» squittì l'elfa, gli occhi che roteavano per il terrore.

«Io non sa, io non sa, io non sa come si fa! Io è un buon elfo, io non usa bacchette, io non sa come si fa!»

« Sei stata colta sul fatto, elfa!» ruggì Diggory. « Colta con la bacchetta colpevole in mano

«Amos» intervenne il signor Weasley ad alta voce, «pensaci... pochissimi maghi sanno come fare quell'incantesimo... dove l'avrebbe imparato?»

«Forse Amos sta insinuando» disse Crouch, ogni sillaba pervasa di gelida furia, «che io ho l'abitudine di insegnare ai miei servi come si evoca il Marchio Nero?»

Calò un silenzio molto spiacevole.

Amos Diggory sembrava inorridito. «Signor Crouch... no... nient'affatto...»

«È andato molto vicino ad accusare le due persone in questa radura che meno di tutte possono aver richiamato quel Marchio!» abbaiò Crouch.

«Harry Potter... e me! Immagino che lei conosca la storia del ragazzo, Amos».

«Ma certo... la sanno tutti...» borbottò Diggory, decisamente scornato.

«E confido che ricordi le molte prove che ho dato, nel corso di una lunga carriera, del mio odio e disprezzo per le Arti Oscure e coloro che le praticano!» gridò Crouch, gli occhi di nuovo sporgenti.

«Signor Crouch, io... io non ho mai insinuato che lei abbia qualcosa a che fare con questa faccenda!» mormorò Amos Diggory, che stava arrossendo dietro l'ispida barba bruna.

«Se accusa la mia elfa, accusa me, Diggory!» gridò Crouch. «Altrimenti dove avrebbe imparato a evocarlo?»

«Lei... lei potrebbe averlo imparato ovunque...»

«Precisamente, Amos» disse il signor Weasley. « Potrebbe averlo impa- rato ovunque... Winky?» disse all'elfa in tono gentile, ma lei si ritrasse come se anche lui le stesse urlando contro. «Dove hai trovato esattamente la bacchetta di Harry?»

Winky torceva con tanta veemenza l'orlo del suo strofinaccio che questo le si stava sfilacciando tra le dita.

«Io... io l'ha trovata... l'ha trovata là, signore...» sussurrò, «là... tra gli alberi, signore...»

«Visto, Amos?» disse il signor Weasley. «Chiunque abbia richiamato il Marchio avrebbe potuto Smaterializzarsi appena commesso il fatto, lasciando la bacchetta di Harry. Mossa astuta, non usare la propria, cosa che avrebbe potuto tradirlo. E la nostra Winky ha avuto la sfortuna di trovare la bacchetta qualche attimo dopo e di raccoglierla».

«Ma allora vuol dire che si è trovata vicinissima al colpevole!» disse Diggory con impazienza. «Elfa? Hai visto qualcuno?»

Winky prese a tremare più forte che mai. I suoi occhioni scattarono da Diggory a Ludo Bagman e tornarono da Crouch.

Poi deglutì e disse: «Io non ha visto nessuno, signore... nessuno...»

«Amos» disse il signor Crouch seccamente, «sono pienamente consapevole che nell'ordinario corso degli eventi lei dovrebbe portare Winky al suo Ufficio per interrogarla. Ma le chiedo di lasciarla a me». Sembrò che a Diggory quell'idea non andasse affatto a genio, ma dato che il signor Crouch era chiaramente un membro molto importante del Ministero, non osò controbattere.

«Può stare certo che verrà punita» aggiunse Crouch gelido.

«P-p-padrone...» Winky balbettò guardandolo, gli occhi traboccanti di lacrime. «P-p-padrone, t-t-ti prego...»

Crouch la fissò di rimando, il volto indurito, ogni ruga incisa più profondamente. Non c'era pietà nel suo sguardo. «Questa sera Winky si è

comportata in un modo che non avrei mai creduto possibile» disse lentamente. «Le avevo detto di restare nella tenda. Le avevo detto di restarci mentre uscivo a sistemare la faccenda. E ora scopro che mi ha disubbidito. Questo vuol dire vestiti».

«No!» gemette Winky, prostrandosi ai piedi del signor Crouch. «No, padrone! Vestiti no, vestiti no!»

Harry sapeva che l'unico modo per liberare un elfo domestico era donargli capi d'abbigliamento. Era penoso vedere Winky tormentare il suo strofinaccio mentre singhiozzava ai piedi di Crouch.

«Ma era spaventata!» esplose rabbiosamente Hermione, fissando torva il signor Crouch. «La sua elfa ha paura dell'altezza, e quei maghi incappucciati stavano facendo levitare la gente! Non può biasimarla perché ha voluto togliersi di torno!»

Crouch fece un passo indietro, evitando il contatto con l'elfa, che ora osservava come se fosse qualcosa di sporco e marcio che stava contaminando le sue lucidissime scarpe.

«Non mi serve un elfo domestico che mi disubbidisce» disse gelido, guardando Hermione. «Non mi serve un domestico che dimentica i suoi doveri verso il padrone, e verso la reputazione del padrone». Winky piangeva così forte che i suoi singhiozzi echeggiavano per tutta la radura.

Calò un silenzio molto teso, interrotto dal signor Weasley che disse piano: «Be', credo che riporterò i miei ragazzi alla tenda, se nessuno ha niente da obiettare. Amos, quella bacchetta ci ha detto tutto quello che poteva... Puoi ridarla a Harry, per favore?»

Diggory consegnò la bacchetta a Harry, che se la mise in tasca.

«Andiamo, voi tre» disse piano il signor Weasley. Ma Hermione non aveva l'aria di volersi muovere; non riusciva a staccare gli occhi dall'elfa in singhiozzi. «Hermione!» disse il signor Weasley con più insistenza. Lei si voltò e seguì Harry e Ron fuori dalla radura e tra gli alberi.

«Che cosa accadrà a Winky?» chiese, non appena furono usciti dalla radura.

«Non lo so» disse il signor Weasley.

«Come l'hanno trattata!» disse Hermione infuriata. «Diggory che continuava a chiamarla 'elfa'... e Crouch! Sa che non è stata lei e ha lo stesso intenzione di licenziarla! Non gli importava di quanto era spaventata o sconvolta... era come se non fosse nemmeno umana!»

«Be', non lo è» disse Ron.

Hermione si voltò a guardarlo. «Questo non significa che non abbia dei sentimenti, Ron, è disgustoso il modo in cui...»

«Hermione, sono d'accordo con te» disse in fretta il signor Weasley, esortandola ad andare avanti, «ma questo non è il momento di discutere i diritti degli elfi. Voglio tornare alla tenda il più in fretta possibile. Che cos'è

successo agli altri?»

«Era troppo buio, ci siamo persi» disse Ron. «Papà, perché erano tutti così nervosi per la faccenda del teschio?»

«Spiegherò tutto quando saremo di ritorno alla tenda» disse il signor Weasley, teso.

Ma al limitare del bosco, furono costretti a fermarsi.

Una gran folla di maghi e streghe dall'aria spaventata si era riunita li, e quando videro il signor Weasley venire verso di loro, molti gli si affrettarono incontro. «Che cosa sta succedendo laggiù?» «Chi l'ha evocato?»

«Arthur... non sarà... lui

«Certo che non è lui» disse il signor Weasley con impazienza. «Non so chi sia stato, sembra che si siano Smaterializzati. Ora scusatemi, vi prego, voglio andare a dormire».

Guidò Harry, Ron e Hermione attraverso la folla e poi di nuovo nel campeggio. Ora era tutto tranquillo; non c'era traccia dei maghi mascherati, anche se alcune tende distrutte fumavano ancora. Dalla tenda dei ragazzi spuntò la testa di Charlie.

«Papà, che cosa sta succedendo?» gridò nell'oscurità. «Fred, George e Ginny sono tornati sani e salvi, ma gli altri...»

«Sono qui con me» disse il signor Weasley, chinandosi ed entrando nella tenda. Harry, Ron e Hermione lo seguirono.

Bill era seduto al tavolino della cucina e teneva un lenzuolo contro il braccio, che sanguinava abbondantemente. Charlie aveva un largo strappo nella camicia, e Percy esibiva il naso insanguinato. Fred, George e Ginny sembravano illesi, anche se scossi.

«Li hai presi, papà?» chiese Bill secco. «Quelli che hanno evocato il Marchio?»

«No» rispose il signor Weasley. «Abbiamo trovato l'elfa di Barty Crouch con la bacchetta di Harry, ma non ne sappiamo di più su chi sia il responsabile».

« Cosa? » esclamarono Bill, Charlie e Percy in coro.

«La bacchetta di Harry?» disse Fred.

« L'elfa del signor Crouch? » disse Percy, come folgorato. Con l'aiuto di Harry, Ron e Hermione, il signor Weasley spiegò cos'era successo nel bosco. Alla fine del racconto, Percy traboccava d'indignazione.

«Be', il signor Crouch ha ragione a liberarsi di un'elfa del genere!» disse.

«Fuggire quando le aveva detto espressamente di non farlo... metterlo in imbarazzo davanti a tutto il Ministero... che figura avrebbe fatto, se lei fosse dovuta comparire davanti all'Ufficio Regolazione e Controllo...»

«Non ha fatto niente... era solo nel posto sbagliato al momento sbagliato!» sbottò Hermione a Percy, che parve molto sorpreso. Hermione era sempre andata molto d'accordo con Percy - molto più degli altri, a dire il vero.

«Hermione, un mago nella posizione del signor Crouch non può permettersi un elfo domestico che corre in giro come un pazzo armato di bacchetta magica!» disse Percy con sussiego, riprendendosi.

«Non è corsa in giro come una pazza!» gridò Hermione. «L'ha solo raccolta da terra!»

«Sentite, qualcuno potrebbe spiegarci almeno che cos'era quel teschio?»

intervenne Ron impaziente. «Non ha fatto male a nessuno... perché tutta quell'agitazione?»

«Te l'ho detto, è il simbolo di Tu-Sai-Chi, Ron» disse Hermione prima che qualcun altro potesse rispondere. «L'ho letto su Ascesa e Declino delle Arti Oscure» .

«E non lo si vedeva da tredici anni» aggiunse piano il signor Weasley.

«È naturale che tutti si siano spaventati... è stato quasi come rivedere VoiSapete-Chi».

«Non capisco» disse Ron accigliato. «Voglio dire... è pur sempre solo una sagoma in cielo...»

«Ron, Tu-Sai-Chi e i suoi seguaci mostravano il Marchio Nero tutte le volte che uccidevano» spiegò il signor Weasley. «Il terrore che ha provocato... non ne hai idea, sei troppo giovane. Ma immagina di tornare a casa e ritrovarti il Marchio Nero che incombe sul tuo tetto, sapendo quello che stai per trovare dentro...» il signor Weasley rabbrividì. «Il terrore più grande per chiunque... il più grande in assoluto...»

Per un attimo calò il silenzio.

Poi Bill, togliendo il lenzuolo dal braccio per controllare il suo taglio, disse: «Be', non ci ha aiutato questa notte, chiunque l'abbia evocato. Ha messo in fuga i Mangiamorte nell'istante in cui l'hanno visto. Si sono Smaterializzati tutti prima che riuscissimo ad avvicinarci tanto da smascherarne uno. Siamo riusciti ad afferrare i Roberts prima che toccassero terra, però. Gli stanno modificando la memoria proprio adesso».

«Mangiamorte?» chiese Harry. «Che cosa sono i Mangiamorte?»

«È così che si fanno chiamare i sostenitori di Tu-Sai-Chi» disse Bill.

«Credo che stanotte abbiamo visto quel che ne è rimasto: quelli che sono riusciti a tenersi fuori da Azkaban, almeno».

«Non possiamo dimostrare che erano loro, Bill» disse il signor Weasley.

«Anche se probabilmente lo erano» aggiunse sfiduciato.

«Sì, ci scommetto che erano loro!» disse Ron all'improvviso. «Papà, c'era Draco Malfoy nel bosco, e praticamente ci ha detto che suo padre era uno di quei pazzi mascherati! E sappiamo tutti che i Malfoy erano in combutta con Tu-Sai-Chi!»

«Ma i sostenitori di Voldemort...» esordì Harry. Tutti sussultarono: come quasi tutti nel mondo dei maghi, i Weasley evitavano sempre di pronunciare il nome di Voldemort. «Scusate» disse in fretta Harry. «Che cosa avevano in mente i sostenitori di Voi-Sapete-Chi, sollevando Babbani in aria? Voglio dire, a che scopo?»

«A che scopo?» disse il signor Weasley con una risata cupa. «Harry, è

così che si divertono quelli. Metà degli omicidi di Babbani al tempo in cui Tu-Sai-Chi era al potere furono commessi per divertimento. Suppongo che questa sera abbiano bevuto un po' e non siano riusciti a resistere alla tentazione di ricordare a tutti noi che molti di loro sono ancora in circolazione. Per loro è stata una simpatica rimpatriata» concluse disgustato.

«Ma se erano i Mangiamorte, perché si sono Smaterializzati quando hanno visto il Marchio Nero?» chiese Ron. «Vederlo avrebbe dovuto fargli piacere, no?»

«Usa il cervello, Ron» disse Bill. «Se erano davvero Mangiamorte, hanno fatto davvero una gran fatica per riuscire a restar fuori da Azkaban quando Tu-Sai-Chi cadde, e hanno detto un sacco di balle sul fatto che lui li aveva obbligati a uccidere e torturare. Scommetto che avrebbero ancora più paura di tutti noi messi insieme se tornasse. Hanno negato di aver mai avuto niente a che fare con lui quando ha perso i suoi poteri, e sono tornati alla vita di tutti i giorni... Non credo che sarebbe molto soddisfatto di loro, no?»

«Allora... chiunque abbia evocato il Marchio Nero...» disse Hermione lentamente, «l'ha fatto per dimostrare il suo sostegno ai Mangiamorte, o per spaventarli?»

«La tua supposizione vale quanto la nostra, Hermione» disse il signor Weasley. «Ma ti dirò una cosa... solo i Mangiamorte potevano sapere come evocarlo. Sarei molto sorpreso se la persona che l'ha fatto non fosse stata un tempo un Mangiamorte, anche se ora non lo è... Sentite, è molto tardi, e se vostra madre viene a sapere cos'è successo si spaventerà da morire. Dormiremo qualche ora e poi cercheremo di prendere una Passaporta domattina presto per andarcene di qui».

Harry tornò nel suo lettino con la testa che gli ronzava. Sapeva che avrebbe dovuto sentirsi sfinito; erano quasi le tre del mattino, ma era sveglissimo: sveglissimo, e preoccupato. Tre giorni prima - sembrava che fosse passato molto più tempo, ma erano solo tre giorni - si era svegliato con la cicatrice che gli bruciava. E quella notte, per la prima volta dopo tredici anni, il Marchio di Voldemort era comparso nel cielo. Cosa significava tutto questo?

Pensò alla lettera che aveva scritto a Sirius prima di lasciare Privet Drive. Chissà se Sirius l'aveva già ricevuta? Quando avrebbe risposto?

Harry rimase disteso a guardare la tela, ma non sopraggiunsero fantasticherie di volo a conciliargli il sonno, e fu molto dopo che il russare di Charlie ebbe riempito la tenda che Harry alla fine si assopì.

CAPITOLO 10

CAOS AL MINISTERO

Il signor Weasley li svegliò dopo poche ore di sonno. Usò la magia per ripiegare le tende, e lasciarono il campeggio più in fretta che poterono, passando davanti al signor Roberts che era sulla soglia della sua casetta. Roberts aveva una strana aria inebetita, e li salutò con la mano e con un vago «Buon Natale».

«Si riprenderà benissimo» disse sottovoce il signor Weasley mentre s'incamminavano nella brughiera. «A volte, quando la memoria di una persona viene modificata, questo lo disorienta leggermente per un po'... e quella che gli hanno fatto scordare era una cosa grossa».

Udirono voci concitate mentre si avvicinavano al punto in cui si trovavano le Passaporte, e quando lo raggiunsero trovarono un gran numero di maghi e streghe attorno al custode Basil, tutti che insistevano per andarsene dal campeggio il più presto possibile. Il signor Weasley ebbe una frettolosa discussione con Basil; si misero in coda, e riuscirono a prendere un vecchio pneumatico per tornare al Col dell'Ermellino prima ancora che il sole sorgesse. Tornarono indietro attraverso Ottery St Catchpole diretti alla Tana nella luce dell'alba, parlando molto poco, tanto erano esausti, e pensando con desiderio alla colazione. Alla curva del sentiero, La Tana apparve ai loro occhi, e un grido echeggiò nell'aria.

«Oh, grazie al cielo, grazie al cielo!»

La signora Weasley, che evidentemente li stava aspettando in giardino, corse loro incontro, con indosso ancora le pantofole, il viso pallido e teso, una copia stropicciata della Gazzetta del Profeta stretta in mano. «Arthur... ero così preoccupata... così preoccupata... »

Gettò le braccia al collo del marito, e la Gazzetta del Profeta cadde a terra. Harry guardò in giù e lesse il titolo: SCENE DI TERRORE ALLA COPPA DEL MONDO DI QUIDDITCH, completo di una foto balenante in bianco e nero del Marchio Nero sopra le cime degli alberi.

«State tutti bene» mormorò la signora Weasley agitatissima, liberando il signor Weasley dalla stretta e fissando tutti gli altri con gli occhi arrossati,

«siete vivi... oh, ragazzi... »

E con gran sorpresa di tutti, afferrò Fred e George e li strinse in un abbraccio così serrato che le loro teste cozzarono.

« Ahia! Mamma... ci stai strangolando...»

«Vi ho sgridati prima che partiste!» esclamò la signora Weasley, e cominciò a singhiozzare. «Non ho pensato ad altro! E se Voi-Sapete-Chi vi avesse preso, e l'ultima cosa che vi avessi detto fosse stata che non avevate preso il G.U.F.O. che volevo? Oh, Fred... George...»

«Su, Molly, stiamo tutti benissimo» disse il signor Weasley in tono rassicurante, sciogliendola dai gemelli e guidandola verso casa. «Bill» aggiunse a mezza voce, «raccogli quel giornale, voglio vedere che cosa dice...»

Quando furono tutti stipati nella piccola cucina, e Hermione ebbe preparato alla signora Weasley una tazza di tè molto forte, nella quale il signor Weasley insistette per versare un goccio di Whisky Incendiario Ogden Stravecchio, Bill tese il giornale al padre. Il signor Weasley scorse la prima pagina mentre Percy guardava da sopra la sua spalla.

«Lo sapevo» disse il signor Weasley gravemente. « Il Ministero brancola nel buio... i colpevoli non sono stati catturati... servizio di sicurezza ineffi- ciente... Maghi Oscuri in libertà... sventura nazionale... Di chi è? Ah... ma certo... Rita Skeeter».

«Quella donna ce l'ha con il Ministero della Magia!» esclamò Percy infuriato. «La settimana scorsa ha scritto che stiamo perdendo tempo a cavillare sullo spessore dei calderoni, quando dovremmo occuparci di marchiare i vampiri! Come se non fosse espressamente stabilito nel paragrafo dodici delle Indicazioni per il Trattamento dei Non Maghi Semiumani... »

«Facci il favore, Perce» disse Bill sbadigliando, «chiudi il becco».

«Sono citato» disse il signor Weasley, spalancando gli occhi dietro le lenti mentre arrivava alla fine dell'articolo della Gazzetta del Profeta.

«Dove?» sputacchiò la signora Weasley, semisoffocata dal tè corretto al whisky. «Se l'avessi letto, avrei saputo che eri vivo!»

«Non con nome e cognome» disse il signor Weasley. «Sentite qui: Se i maghi e le streghe terrorizzati che attendevano col fiato sospeso qualche notizia ai margini del bosco si aspettavano di ricevere rassicurazioni dal Ministero della Magia, sono rimasti amaramente delusi. Un rappresentan- te del Ministero si è presentato parecchio tempo dopo l'apparizione del Marchio Nero, sostenendo che nessuno era rimasto ferito, ma rifiutandosi di fornire ulteriori informazioni. Resta da vedere se questa dichiarazione sarà sufficiente a smentire le voci secondo cui parecchi corpi sono stati portati via dal bosco un'ora dopo. Figuriamoci» disse il signor Weasley esasperato, passando il giornale a Percy. «Nessuno è rimasto ferito, che cosa avrei dovuto dire? Voci secondo cui parecchi corpi sono stati portati via dal bosco ... be', certo che gireranno delle voci, adesso che ha scritto questa roba».

Trasse un profondo sospiro. «Molly, dovrò andare in ufficio, ci sarà bisogno di calmare le acque».

«Vengo con te, papà» disse Percy in tono pomposo. «Il signor Crouch avrà bisogno di tutti in prima linea. E così gli potrò consegnare di persona la relazione sui calderoni».

E sfrecciò fuori dalla cucina.

La signora Weasley parve molto turbata. «Arthur, dovresti essere in vacanza! Questa faccenda non ha niente a che vedere col tuo ufficio. Possono occuparsene senza di te, no?»

«Devo andare, Molly» disse il signor Weasley. «Ho peggiorato le cose. Il tempo di cambiarmi e partirò...»

«Signora Weasley» disse Harry all'improvviso, incapace di trattenersi,

«non è che per caso è arrivata Edvige con una lettera per me?»

«Edvige, caro?» disse la signora Weasley distrattamente. «No... no, non è arrivata posta per nessuno».

Ron e Hermione scoccarono uno sguardo incuriosito a Harry, che rispose guardandoli con aria eloquente: «Va bene se vado a sistemare la mia roba in camera tua, Ron?»

«Sì... credo che verrò anch'io» disse subito Ron. «Hermione?»

«Sì» disse lei rapida, e tutti e tre uscirono dalla cucina e salirono le scale.

«Che cosa succede, Harry?» chiese Ron non appena si furono chiusi alle spalle la porta della soffitta.

«C'è una cosa che non vi ho detto» disse Harry. «Sabato mattina mi sono svegliato con la cicatrice che mi faceva male di nuovo». Le reazioni di Ron e Hermione furono quasi esattamente quelle che Harry aveva immaginato nella sua stanza a Privet Drive. A Hermione si mozzò il fiato, poi prese a snocciolare consigli uno dopo l'altro, citando un gran numero di enciclopedie, e tutti quanti da Albus Silente a Madama Chips, l'infermiera di Hogwarts.

Ron era semplicemente ammutolito. «Ma... non era là, vero? Tu-SaiChi? Cioè... l'ultima volta che la cicatrice ti faceva male, lui era a Hogwarts, vero?»

«Sono sicuro che non era a Privet Drive» disse Harry. «Ma l'ho sognato... lui e Peter - sapete, Codaliscia. Adesso non ricordo tutto, ma progettavano di uccidere... qualcuno». Aveva esitato per un istante, sul punto di dire 'me', ma non se la sentì di spaventare Hermione più di quanto non lo fosse già.

«Era solo un sogno» disse Ron in tono rassicurante. «Solo un incubo».

«Sì, ma lo era davvero?» disse Harry, voltandosi per guardare dalla finestra il cielo sempre più chiaro. «È strano, no...? Mi fa male la cicatrice, e tre giorni dopo i Mangiamorte sono in marcia, e il marchio di Voldemort è

di nuovo su in cielo».

«Non - pronunciare - il - suo - nome!» sibilò Ron a denti stretti.

«E vi ricordate che cosa ha detto la professoressa Cooman?» riprese Harry, ignorando Ron. «Alla fine dell'anno scorso?»

La professoressa Cooman era la loro insegnante di Divinazione a Hogwarts. Lo sguardo terrorizzato di Hermione scomparve e lei emise uno sbuffo sprezzante. «Oh, Harry, non vorrai mica dare retta a quella vecchia impostora?»

«Voi non c'eravate» disse Harry. «Voi non l'avete sentita. Quella volta è

stato diverso. Ve l'ho detto, è andata in trance - per davvero. E ha detto che il Signore Oscuro sarebbe risorto... più grande e terribile che mai... e ci sarebbe riuscito perché il suo servo stava per tornare da lui... e quella notte Codaliscia è fuggito».

Calò il silenzio. Ron giocherellava con aria assente con un buco nel copriletto dei Magnifici Sette.

«Perché hai chiesto se era arrivata Edvige, Harry?» gli domandò Hermione. «Stai aspettando una lettera?»

«Ho scritto a Sirius della cicatrice» disse Harry stringendosi nelle spalle.

«Sto aspettando la sua risposta».

«Bella pensata!» disse Ron, mentre la sua espressione si rischiarava.

«Scommetto che Sirius saprà cosa fare!»

«Speravo che mi avrebbe risposto subito» aggiunse Harry.

«Ma non sappiamo dove si trova... potrebbe essere in Africa, o qualcosa del genere, no?» disse Hermione con molto buonsenso. «Edvige non riuscirà a coprire una distanza del genere in pochi giorni».

«Sì, lo so» disse Harry, ma una morsa gli serrava lo stomaco mentre scrutava fuori dalla finestra il cielo del tutto privo di Edvige.

«Vieni a fare una partita a Quidditch nell'orto, Harry» disse Ron. «Andiamo... tre contro tre, giocano anche Bill, Charlie, Fred e George... puoi provare la Finta Wronsky...»

«Ron» disse Hermione con un tono di voce del tipo non-credo-che-tusia-molto-sensibile, «Harry non ha voglia di giocare a Quidditch adesso... è preoccupato, e stanco... abbiamo tutti bisogno di andare a dormire...»

«Sì, mi va di giocare a Quidditch» disse Harry all'improvviso. «Aspetta, vado a prendere la Firebolt».

Hermione uscì dalla stanza, borbottando qualcosa che suonava molto come «Maschi».

*

Né il signor Weasley né Percy furono molto a casa la settimana seguente. Entrambi uscivano ogni mattina prima che il resto della famiglia si alzasse, e tornavano ogni sera parecchio dopo l'ora di cena.

«È un gran trambusto» disse loro Percy con solennità la domenica sera prima del previsto ritorno a Hogwarts. «Non ho fatto altro che spegnere incendi tutta la settimana. La gente continua a mandare Strillettere e natu-ralmente se non apri immediatamente una Strillettera quella esplode. Bruciature su tutta la mia scrivania e la mia penna d'aquila più bella ridotta in cenere».

«Perché tutti spediscono Strillettere?» chiese Ginny, che stava aggiustando la sua copia di Mille Erbe e Funghi Magici con il Magiscotch sul tappeto davanti al camino in salotto.

«Protestano per il servizio di sicurezza alla Coppa del Mondo» disse Percy. «Vogliono il risarcimento dei danni per i loro averi che sono stati distrutti. Mundungus Fletcher ha inoltrato un reclamo per una tenda di dodici stanze e idromassaggio, ma io ce l'ho in pugno. So per certo che ha dormito sotto un mantello tenuto su con dei rami».

La signora Weasley gettò un'occhiata alla pendola del nonno nell'angolo. A Harry piaceva quell'orologio. Era del tutto inutile se uno voleva sapere che ora era, ma per altri versi forniva molte informazioni. Aveva nove lancette d'oro, e ognuna portava scritto il nome di un Weasley. Non c'erano cifre sul quadrante, ma i posti dove poteva trovarsi ciascun membro della famiglia. C'erano 'casa', 'scuola' e 'lavoro', ma anche 'perduto', 'ospedale',

'prigione' e, al posto del dodici, 'pericolo mortale'.

Otto delle lancette al momento indicavano la posizione 'casa', ma quella del signor Weasley, che era la più lunga, era ancora puntata su 'lavoro'. La signora Weasley sospirò.

«È dai giorni di Voi-Sapete-Chi che vostro padre non andava più in ufficio nei fine settimana» disse. «Lo stanno facendo lavorare troppo. Gli si rovina la cena se non torna a casa presto».

«Be', papà sente di dover rimediare al suo errore alla partita, vero?» disse Percy. «A dire il vero, è stato un po' avventato fare una dichiarazione ufficiale senza prima intendersi con il suo Capodipartimento...»

«Non osare dar la colpa a tuo padre per ciò che ha scritto quella disgraziata di una Skeeter!» esclamò la signora Weasley, infiammandosi all'istante.

«Se papà non avesse detto niente, la vecchia Rita avrebbe scritto che era scandaloso che nessuno del Ministero avesse commentato l'accaduto» disse Bill, che stava giocando a scacchi con Ron. «Rita Skeeter non mette mai nessuno in buona luce. Vi ricordate? Una volta ha intervistato tutti gli Spezzaincantesimi della Gringott, e mi ha chiamato 'un fricchettone coi capelli lunghi'».

«Be', un po' lunghi sono, caro» disse la signora Weasley dolcemente.

«Se solo me li lasciassi...»

« No, mamma».

La pioggia frustava la finestra del salotto. Hermione era immersa nella lettura del Manuale di Incantesimi, volume quarto: la signora Weasley ne aveva comprata una copia per lei, una per Ron e una per Harry a Diagon Alley. Charlie stava rammendando un passamontagna ignifugo. Harry lustrava la sua Firebolt, con il Kit di Manutenzione per Manici di Scopa che Hermione gli aveva regalato per il suo tredicesimo compleanno aperto ai suoi piedi. Fred e George sedevano in un angolo lontano, la penna in mano, e si scambiavano sussurri, le teste chine su un rotolo di pergamena.

«Che cosa state facendo voi due?» disse la signora Weasley in tono severo, lo sguardo sui gemelli.

«I compiti» rispose Fred vagamente.

«Non essere ridicolo, siete ancora in vacanza» disse la signora Weasley.

«Sì, siamo rimasti un po' indietro» disse George.

«Non starete per caso preparando un nuovo modulo di ordinazione, vero?» chiese la signora Weasley, in tono scaltro. «Non starete pensando di ricominciare con i Tiri Vispi, per caso?»

«Dai, mamma» disse Fred guardandola con aria addolorata. «Se l'Espresso di Hogwarts deragliasse domani, e io e George morissimo, come ti sentiresti sapendo che l'ultima cosa che ti abbiamo sentito dire era un'accusa infondata?»

Tutti risero, perfino la signora Weasley.

«Oh, sta arrivando papà!» disse lei all'improvviso, guardando di nuovo l'orologio.

La lancetta del signor Weasley era di colpo scattata da 'lavoro' a 'viaggio'; un secondo dopo si fermò vibrando su 'casa' con le altre, e tutti sentirono la sua voce dalla cucina.

«Vengo, Arthur!» gridò la signora Weasley uscendo in fretta dalla stanza. Dopo pochi istanti, il signor Weasley entrò nel salotto caldo, con la cena su un vassoio. Sembrava completamente sfinito.

«Be', adesso sì che siamo nei guai» disse alla signora Weasley sedendosi in una poltrona vicino al fuoco e giocherellando con scarso entusiasmo con il suo cavolfiore un po' rattrappito. «È tutta la settimana che Rita Skeeter va in giro a ficcare il naso in cerca di altri pasticci del Ministero di cui scrivere. E ora ha scoperto che la povera Bertha è sparita, così questa storia sarà in prima pagina domani sul Profeta. Io l'avevo detto a Bagman che doveva mandare qualcuno a cercarla un secolo fa».

«Il signor Crouch lo dice da settimane e settimane» disse Percy prontamente.

«Crouch è molto fortunato che Rita non abbia scoperto la faccenda di Winky» disse il signor Weasley irritato. «La sua elfa domestica sorpresa con la bacchetta con cui è stato evocato il Marchio Nero sarebbe roba da prima pagina per una settimana».

«Credevo che fossimo tutti d'accordo che quell'elfa, per quanto irresponsabile, non ha evocato il Marchio, o no?» si scaldò Percy.

«Se vuoi saperlo, il signor Crouch è molto fortunato che nessuno alla Gazzetta del Profeta sappia com'è cattivo con gli elfi!» disse Hermione arrabbiata.

«Ma insomma, Hermione!» ribatté Percy. «Un funzionario d'alto rango del Ministero come il signor Crouch merita un'obbedienza cieca da parte dei suoi servitori...»

«Della sua schiava, vorrai dire!» esclamò Hermione mentre la sua voce saliva di tono. «Perché non l'ha pagata, Winky, vero?»

«Credo che sia meglio se andate tutti di sopra a controllare di aver fatto i bagagli come si deve!» intervenne la signora Weasley ponendo fine alla lite. «Avanti, su, tutti quanti...»

Harry richiuse il suo Kit di Manutenzione per Manici di Scopa, si mise la Firebolt in spalla e tornò di sopra con Ron. Lassù la pioggia rimbombava ancora più fragorosamente, ed era accompagnata da forti sibili e gemiti del vento, per non parlare degli sporadici ululati del fantasma che viveva in soffitta. Leo prese di nuovo a cantare e a sfrecciare nella sua gabbia quando entrarono nella stanza di Ron. La vista dei bauli quasi pronti sembrava averlo precipitato in un delirio d'eccitazione.

«Dagli dei Biscottini Gufici» disse Ron, lanciando un pacchetto a Harry,

«così magari sta zitto».

Harry infilò alcuni Biscottini Gufici tra le sbarre della gabbia di Leo, poi si voltò verso il suo baule. La gabbia di Edvige era li accanto, ancora vuota.

«È passata più di una settimana» disse Harry, guardando il posatoio vuoto di Edvige. «Ron, non pensi che Sirius sia stato catturato, vero?»

«No, ci sarebbe scritto sulla Gazzetta del Profeta» disse Ron. «Il Ministero vorrebbe far sapere a tutti di aver preso qualcuno, no?»

«Sì, almeno credo...»

«Guarda, qui c'è la roba che mamma ti ha comprato a Diagon Alley. E

ha prelevato dell'oro dalla tua camera blindata per te... e ti ha lavato tutte le calze».

Depose una pila di pacchi sulla brandina di Harry e vi lasciò cadere accanto il sacchetto col denaro e un mucchio di calze. Harry prese ad aprire i pacchi: a parte il Manuale di Incantesimi, volume quarto, di Miranda Gadula, aveva un mazzetto di penne nuove, una dozzina di rotoli di pergamena e ricambi per il suo kit di pozioni - era a corto di leonella ed essenza di belladonna. Stava ammucchiando la biancheria nel calderone quando alle sue spalle Ron fece un versaccio di disgusto.

«E quello che cosa dovrebbe essere?»

Tra le mani reggeva una cosa che a Harry parve un lungo abito di velluto marrone. Aveva un orlo di pizzo dall'aria muffita attorno al collo e polsini di pizzo identici.

Si sentì bussare alla porta e la signora Weasley entrò con una bracciata di divise di Hogwarts lavate e stirate di fresco.

«Ecco qui» disse, dividendo la pila in due. «Ora state attenti a metterle via bene in modo che non si stropiccino».

«Mamma, mi hai portato per sbaglio il vestito nuovo di Ginny» disse Ron, tendendole la cosa marrone.

«Ma certo che no» disse la signora Weasley. «È per te. Un abito da cerimonia».

« Cosa? » esclamò Ron terrificato.

«Un abito da cerimonia!» ripeté la signora Weasley. «Sulla lista della scuola c'è scritto che dovete avere un abito da cerimonia quest'anno... un abito per le grandi occasioni».

«Vorrai scherzare» disse Ron incredulo. «Non metterò mai quella cosa, non se ne parla proprio».

«Li portano tutti, Ron!» disse la signora Weasley contrariata. «Sono tutti così! Anche tuo padre ne ha alcuni per le feste importanti!»

«Piuttosto che mettermi quella roba vado in giro nudo come un verme»

disse Ron ostinato.

«Non fare lo sciocco» ribatté la signora Weasley, «devi avere un abito da cerimonia, è sulla lista! Ne ho preso uno anche per Harry... faglielo vedere, Harry...»

Con trepidazione, Harry aprì l'ultimo pacchetto sulla brandina. Non era cosi tremendo: niente pizzo, e in effetti era più o meno uguale alla divisa scolastica, solo che era verde bottiglia invece che nero.

«Ho pensato che s'intonava al colore dei tuoi occhi, caro» disse la signora Weasley con affetto.

«Be', va benissimo!» disse Ron arrabbiato, guardando l'abito di Harry.

«Perché non posso averne anch'io uno così?»

«Perché... be', il tuo l'ho dovuto comprare di seconda mano, e non c'era molta scelta» spiegò la signora Weasley arrossendo.

Harry guardò da un'altra parte. Avrebbe volentieri diviso tutto il denaro rinchiuso nella sua camera blindata della Gringott con i Weasley, ma sapeva che non l'avrebbero mai accettato.

«Non me lo metterò mai» ripeteva Ron testardo. «Mai».

«Bene» scattò la signora Weasley. «Allora vai in giro nudo. E tu, Harry, per favore fagli una foto. Avrei proprio bisogno di farmi quattro risate». E uscì sbattendo la porta. Alle loro spalle si udì un buffo rumore sputacchiante. Leo stava soffocando dopo aver inghiottito un Biscottino Gufico troppo grosso.

«Perché tutte le cose che ho sono schifezze?» esclamò Ron furibondo, attraversando la stanza per disimpastare il becco di Leo.

CAPITOLO 11

SULL'ESPRESSO DI HOGWARTS

C'era decisamente una tetraggine da fine-delle-vacanze nell'aria quando Harry si svegliò la mattina dopo. Una pioggia pesante picchiettava ancora contro la finestra mentre s'infilava i jeans e una felpa; la divisa della scuola l'avrebbe indossata sull'Espresso di Hogwarts.

Lui, Ron, Fred e George erano appena arrivati sul pianerottolo del primo piano diretti verso la colazione quando la signora Weasley comparve ai piedi delle scale con aria seccata.

«Arthur!» gridò verso i piani superiori. «Arthur! Messaggio urgente dal Ministero!»

Harry si appiattì contro il muro mentre il signor Weasley scendeva ciabattando freneticamente, col vestito alla rovescia. Quando Harry e gli altri entrarono in cucina, videro la signora Weasley che frugava preoccupata nei cassetti della credenza -«C'era una penna qui da qualche parte!» - e il signor Weasley chino sul fuoco, intento a parlare con... Harry chiuse gli occhi e li riaprì per assicurarsi che funzionassero a dovere. La testa di Amos Diggory era lì in mezzo alle fiamme come un grosso uovo barbuto. Parlava molto in fretta, del tutto indifferente alle scintille che le volavano attorno e alle fiamme che le lambivano le orecchie.

«... dei vicini Babbani hanno sentito dei colpi e delle urla, così sono andati a chiamare quei, come-si-chiamano... puliziotti. Arthur, devi andarci subito...»

«Ecco qui!» disse la signora Weasley senza fiato, infilando in mano al marito un foglio di pergamena, una boccetta d'inchiostro e una penna arruffata.

«... un vero colpo di fortuna averlo sentito» disse la testa di Diggory.

«Dovevo andare in ufficio presto per spedire un paio di gufi, e ho trovato tutti quelli dell'Uso Improprio della Magia che uscivano... se Rita Skeeter viene a sapere di questa cosa, Arthur...»

«E secondo Malocchio che cos'è successo?» chiese il signor Weasley stappando la boccetta d'inchiostro, intingendo la penna e preparandosi a prendere appunti.

La testa di Diggory alzò gli occhi al cielo. «Dice che ha sentito un intruso in giardino. Dice che qualcuno strisciava verso casa sua, ma è stato sorpreso dai suoi bidoni».

«Che cos'hanno fatto i bidoni?» chiese il signor Weasley, scrivendo freneticamente.

«Un chiasso maledetto e hanno sparato immondizia dappertutto, per quel che ne so» rispose Diggory. «Apparentemente uno era ancora in volo quando sono arrivati i pulizìotti... »

Il signor Weasley gemette. «E l'intruso?»

«Arthur, lo sai com'è fatto Malocchio» disse la testa di Diggory alzando di nuovo gli occhi al cielo. «Qualcuno che striscia nel suo giardino nel cuore della notte? È più probabile che da qualche parte ci sia un gatto molto traumatizzato coperto di bucce di patata. Ma se quelli dell'Uso Improprio della Magia mettono le mani su Malocchio, è finito: pensa ai suoi precedenti. Dobbiamo farlo uscire con un'accusa minore, qualcosa del tuo Ufficio... quanto valgono i Bidoni Esplosivi?»

«Forse potrebbe uscire su cauzione» disse il signor Weasley continuando a scrivere in fretta, le sopracciglia aggrottate. «Malocchio non ha usato la bacchetta? Non ha aggredito nessuno?»

«Scommetto che è schizzato giù dal letto e ha cominciato a buttare dalla finestra tutto quello che gli capitava» disse il signor Diggory, «ma faranno fatica a dimostrarlo, non ci sono vittime».

«Va bene, arrivo» disse il signor Weasley, poi s'infilò in tasca la pergamena con gli appunti e sfrecciò fuori dalla cucina. La testa di Diggory fissò la signora Weasley.

«Mi dispiace, Molly» disse più lentamente, «disturbarvi cosi presto... ma Arthur è il solo che possa tirar fuori Malocchio, e Malocchio dovrebbe cominciare il nuovo lavoro oggi. Perché doveva scegliere proprio ieri notte...»

«Non importa, Amos» disse la signora Weasley. «Sei sicuro che non vuoi un po' di pane tostato o qualcos'altro prima di andare?»

«Oh, perché no?» disse il signor Diggory.

La signora Weasley prese una fetta di pane imburrato da una pila sul tavolo della cucina, la mise tra le molle del camino e la infilò in bocca a Diggory.

«Grazie» disse lui con voce soffocata, e poi sparì con un piccolo pop.

«Meglio che mi muova... in bocca al lupo, ragazzi» disse il signor Weasley a Harry, Ron e ai gemelli, gettandosi sulle spalle un mantello e preparandosi a Smaterializzarsi. «Molly, ce la farai ad accompagnare i ragazzi a King's Cross?»

«Ma certo» rispose lei. «Tu pensa a Malocchio, noi ce la caveremo». Mentre il signor Weasley spariva, Bill e Charlie entrarono in cucina.

«Qualcuno ha detto Malocchio?» chiese Bill. «Che cos'ha combinato, stavolta?»

«Dice che stanotte qualcuno ha cercato di entrare in casa sua» rispose la signora Weasley.

«Malocchio Moody?» disse George pensieroso, spalmando marmellata di arance sul pane tostato. «Non è quello svitato...»

«Tuo padre ha un'altissima opinione di Malocchio Moody» disse la signora Weasley con fermezza.

«Sì, certo. Papà colleziona spine, vero?» disse Fred a bassa voce, mentre la signora Weasley usciva dalla stanza. «Chi si somiglia...»

«Moody era un grande mago ai suoi tempi» disse Bill.

«E un vecchio amico di Silente, vero?» disse Charlie.

«Silente non si può certo definire normale, però, vero?» disse Fred.

«Voglio dire, lo so che è un genio...»

«Chi è Malocchio?» chiese Harry.

«È in pensione, prima lavorava al Ministero» disse Charlie. «L'ho conosciuto una volta che papà mi ha portato in ufficio. Era un Auror, uno dei migliori... un cacciatore di Maghi Oscuri» aggiunse in risposta allo sguardo vacuo di Harry. «Metà delle celle di Azkaban sono piene grazie a lui. Si è fatto un sacco di nemici, però... soprattutto le famiglie di quelli che ha catturato... e ho sentito che da vecchio è diventato davvero paranoico. Non si fida più di nessuno. Vede Maghi Oscuri dappertutto». Bill e Charlie decisero di accompagnare gli altri alla stazione di King's Cross, ma Percy, profondendosi in scuse, disse che doveva proprio andare al lavoro.

«Non posso proprio prendermi un altro permesso in questo momento»

disse loro. «Il signor Crouch sta veramente cominciando a contare su di me».

«Sì, e la sai una cosa, Percy?» disse George serio. «Scommetto che presto imparerà il tuo nome». La signora Weasley aveva affrontato il telefono all'Ufficio Postale del villaggio per prenotare tre normali taxi babbani che li portassero a Londra.

«Arthur ha cercato di farsi prestare delle auto del Ministero per noi» sussurrò a Harry mentre si trovavano nel giardino lavato dalla pioggia a guardare i tassisti che caricavano sei pesanti bauli di Hogwarts nei portabagagli. «Ma non ce n'erano libere... oh cielo, non sembrano felici, vero?»

Harry preferì non dire alla signora Weasley che i tassisti babbani trasportano di rado gufi sovreccitati, e Leo stava facendo un fracasso spaccatimpani. Certo non contribuì il fatto che un certo numero di Favolosi Fuochi d'Artificio Freddi del dottor Filibuster con Innesco ad Acqua partirono a sorpresa quando il baule di Fred si aprì di scatto, strappando al tassista ululati di paura e dolore mentre Grattastinchi si arrampicava ad artigli sguainati su per la gamba del poveretto.

Il viaggio fu scomodo, poiché vennero tutti stipati nel retro dei taxi coi loro bauli. Grattastinchi ci mise un po' a riprendersi dai fuochi d'artificio, e Harry, Ron e Hermione arrivarono a Londra seriamente graffiati. Furono molto sollevati di scendere a King's Cross, anche se la pioggia cadeva più

fitta che mai, e per trasportare i bauli attraverso la strada affollata e dentro la stazione si inzupparono fino all'osso.

Harry era ormai abituato a raggiungere il binario nove e tre quarti. Si trattava semplicemente di camminare dritti attraverso l'apparentemente solida barriera che separava i binari nove e dieci. L'unica parte complicata era farlo così da non dare nell'occhio, in modo da evitare di attirare l'attenzione dei Babbani. Quel giorno lo fecero a gruppi; Harry, Ron e Hermione (i più vistosi, dal momento che avevano Leo e Grattastinchi) andarono per primi; si appoggiarono alla barriera con aria noncurante, chiacchierando tranquillamente, e scivolarono di lato attraverso di essa... e il binario nove e tre quarti si materializzò davanti a loro.

L'Espresso di Hogwarts, un treno a vapore di un rosso lucente, era già là

sputando nuvole di fumo, da cui i molti studenti di Hogwarts e i loro genitori sulla banchina emergevano come cupi fantasmi. Leo si fece più rumoroso che mai in risposta ai versi di molti gufi nella nebbia. Harry, Ron e Hermione andarono a prendere i posti, e ben presto sistemarono i bagagli in uno scompartimento a metà del treno. Poi saltarono giù di nuovo sulla banchina, per salutare la signora Weasley, Bill e Charlie.

«Può darsi che ci vedremo più presto di quel che pensate» disse Charlie con un gran sorriso mentre abbracciava Ginny.

«Perché?» chiese Fred molto incuriosito.

«Lo vedrete» disse Charlie. «Ma non dite a Percy che ve ne ho parlato... sono 'informazioni riservate, almeno fino al momento in cui il Ministero non riterrà opportuno renderle note, dopotutto'» disse nel tono pomposo di Percy.

«Sì, vorrei tanto tornare a Hogwarts quest'anno» disse Bill, le mani in tasca, guardando il treno con aria quasi malinconica.

« Perché? » chiese George impaziente.

«Sarà un anno interessante per voi» disse Bill, con gli occhi che brillavano. «Potrei perfino prendermi una vacanza per venire a dare un'occhiata...»

«Un'occhiata a cosa?» chiese Ron.

Ma in quel momento il treno fischiò, e la signora Weasley li sospinse verso le porte.

«Grazie per averci ospitati, signora Weasley» disse Hermione, mentre salivano a bordo, chiudevano la porta e si sporgevano dal finestrino per gli ultimi saluti.

«Sì, grazie di tutto, signora Weasley» aggiunse Harry.

«Oh, è stato un piacere, cari» disse la signora Weasley. «Vi inviterei per Natale, ma... be', suppongo che vorrete tutti restare a Hogwarts, visto che... insomma, fra una cosa e l'altra».

«Mamma!» disse Ron seccato. «Che cosa sapete voi tre che noi non sappiamo?»

«Lo scoprirete questa sera, immagino» disse la signora Weasley con un sorriso. «Sarà molto eccitante - badate, sono molto felice che le regole siano cambiate...»

«Quali regole?» chiesero Harry, Ron, Fred e George in coro.

«Sono sicura che il professor Silente ve lo dirà... ora, fate i bravi, d'accordo? D'accordo, Fred? E George?»

I pistoni sibilarono forte, e il treno prese a muoversi.

«Dicci che cosa succederà a Hogwarts!» urlò Fred spenzolandosi dal finestrino mentre la signora Weasley, Bill e Charlie si allontanavano a gran velocità. «Che regole sono cambiate?»

Ma la signora Weasley si limitò a sorridere e ad agitare la mano. Prima che il treno avesse voltato l'angolo, lei, Bill e Charlie si erano Smaterializzati. Harry, Ron e Hermione tornarono nel loro scompartimento. La pioggia fitta che spruzzava i finestrini rendeva molto difficile guardare fuori. Ron aprì il suo baule, estrasse l'abito da cerimonia marrone e lo gettò sulla gabbia di Leo per farlo star zitto.

«Bagman voleva dirci che cosa succederà a Hogwarts» disse imbronciato, sedendo vicino a Harry. «Alla Coppa del Mondo, vi ricordate? E mia madre non vuole dirmelo. Chissà cosa...»

«Ssst!» Hermione sussurrò all'improvviso, premendosi un dito sulle labbra e indicando lo scompartimento accanto. Harry e Ron tesero le orecchie, e dalla porta aperta udirono una familiare voce melliflua.

«... Mio padre ha seriamente preso in considerazione l'idea di mandarmi a Durmstrang invece che a Hogwarts, sapete. Conosce il Preside, vedete. Be', lo sapete che cosa pensa di Silente - quello ama i Mezzosangue - e Durmstrang non ammette quel genere di plebaglia. Ma a mia madre non piaceva l'idea che andassi a scuola così lontano. Mio padre dice che Durmstrang ha una posizione molto più ragionevole di Hogwarts sulle Arti Oscure. Gli studenti di Durmstrang le imparano, non fanno solo quelle sciocchezze di difesa come noi...»

Hermione si alzò, raggiunse in punta di piedi la porta dello scompartimento e la fece scorrere, chiudendo fuori la voce di Malfoy.

«Quindi è convinto che Durmstrang sarebbe andata meglio per lui, vero?» disse con rabbia. «Vorrei tanto che ci fosse andato, così non dovremmo sopportarlo noi».

«Durmstrang è un'altra scuola di magia?» chiese Harry.

«Sì» rispose Hermione sprezzante, «e ha una pessima fama. Secondo Compendio sull'Istruzione Magica in Europa, dà una grande importanza alle Arti Oscure».

«Credo di averne sentito parlare» disse Ron vagamente. «Dov'è? In che paese?»

«Be', nessuno lo sa, no?» disse Hermione alzando le sopracciglia.

«Ehm... perché no?» chiese Harry.

«Per tradizione c'è da sempre una grande rivalità tra tutte le scuole di magia. Durmstrang e Beauxbatons preferiscono tenere nascosta la loro posizione, così nessuno può rubare i loro segreti» spiegò Hermione con tono pratico.

«Andiamo» disse Ron cominciando a ridere. «Durmstrang dev'essere grande come Hogwarts, come si fa a nascondere un castello enorme?»

«Ma Hogwarts è nascosto» disse Hermione sorpresa, «lo sanno tutti... be', tutti quelli che hanno letto Storia di Hogwarts, comunque».

«Solo tu, allora» disse Ron. «Vai avanti: come si fa a nascondere un posto come Hogwarts?»

«È stregato» disse Hermione. «Se un Babbano lo guarda, non vede altro che un ammasso di rovine con un cartello all'ingresso che dice 'ATTENZIONE, NON ENTRARE, PERICOLO'».

«Quindi anche Durmstrang appare in rovina visto da fuori?»

«Forse» rispose Hermione, scrollando le spalle, «o potrebbe essere pieno di Incantesimi Respingi-Babbani, come lo Stadio della Coppa del Mondo. E per evitare che maghi stranieri lo scoprano, l'avranno reso Indisegnabile...»

«Come hai detto?»

«Be', si può stregare un edificio in modo che sia impossibile riprodurlo su una cartina, no?»

«Ehm... se lo dici tu» disse Harry.

«Ma io sono convinta che Durmstrang si trovi da qualche parte nell'estremo Nord, su su» disse Hermione pensierosa. «In un posto molto freddo, perché hanno anche mantelli di pelliccia come parte della divisa».

«Ah, pensate un po'» disse Ron sognante. «Sarebbe stato così facile buttare Malfoy giù da un ghiacciaio e farlo sembrare un incidente... peccato che sua madre abbia voluto tenerselo vicino...»

La pioggia divenne sempre più fitta mentre il treno avanzava verso nord. Il cielo era così cupo e i finestrini così appannati che le lanterne vennero accese già a mezzogiorno. Il carrello del pranzo arrivò sferragliando lungo il corridoio, e Harry comprò un bel mucchio di dolci da dividere con gli altri. Parecchi dei loro amici vennero a salutarli mentre il pomeriggio avanzava, compresi Seamus Finnigan, Dean Thomas e Neville Paciock, un ragazzo molto distratto dalla faccia tonda che era stato cresciuto da una formidabile nonna strega. Seamus portava ancora la coccarda dell'lrlanda. Un po' della magia sembrava essersi consumata; strillava ancora « Troy! Mul- let! Moran! » ma in tono molto debole e sfinito. Dopo una mezz'oretta, Hermione, stanca delle interminabili chiacchiere sul Quidditch, si seppellì

di nuovo nel Manuale di Incantesimi, volume quarto, e cominciò a cercare di imparare un Incantesimo di Appello.

Neville ascoltò geloso gli altri mentre raccontavano i momenti più magici della finale.

«La nonna non ha voluto venire» disse depresso. «Non ha voluto comprare i biglietti. Però dev'essere stato straordinario».

«Proprio così» disse Ron. «Guarda qua, Neville...»

Frugò nel baule issato sul portabagagli ed estrasse il Viktor Krum in miniatura.

«Oh, wow» esclamò Neville sempre più invidioso, mentre Ron gli metteva Krum nella mano grassoccia.

«L'abbiamo visto anche da vicino» disse Ron. «Eravamo in Tribuna d'onore...»

«Per la prima e ultima volta nella tua vita, Weasley».

Draco Malfoy era comparso sulla porta. Dietro di lui c'erano Tiger e Goyle, i suoi enormi scagnozzi, entrambi cresciuti, a quanto pareva, di almeno una trentina di centimetri durante l'estate. Evidentemente avevano origliato la conversazione dalla porta, che Dean e Seamus avevano lasciato socchiusa.

«Non mi pare di averti invitato qui, Malfoy» disse Harry freddamente.

«Weasley... che cos'è quella?» disse Malfoy, indicando la gabbia di Leo. Una manica dell'abito da cerimonia di Ron penzolava, oscillando al movimento del treno, mettendo chiaramente in mostra il polsino di pizzo tarlato. Ron fece per nascondere il tutto, ma Malfoy fu più veloce; afferrò la manica e tirò.

«Guardate qui!» esclamò estatico, esibendo il vestito. «Weasley, non pensavi di metterti questa roba, vero? Voglio dire: era molto di moda nel 1890 o giù di li...»

«Vai a mangiare cacca, Malfoy!» disse Ron, dello stesso colore del vestito mentre lo strappava dalle mani dell'altro. Malfoy scoppiò in una risata di scherno; Tiger e Goyle ridacchiarono stupidamente.

«Allora... hai intenzione di partecipare, Weasley? Vuoi provare a portare un po' di gloria al nome di famiglia? C'è anche del denaro, sai... potresti permetterti dei vestiti decenti se vincessi...»

«Di cosa stai parlando?» sbottò Ron.

« Hai intenzione di partecipare? » ripeté Malfoy. «Immagino che tu ci sa-rai, Potter. Non perdi mai l'occasione di metterti in mostra, vero?»

«Dicci cosa vuoi o sparisci, Malfoy» disse Hermione seccamente, da sopra il Manuale di Incantesimi. Un sorriso gioioso si aprì sul volto pallido di Malfoy.

«Non dirmi che non lo sai» disse, deliziato. «Hai il padre e un fratello al Ministero e non lo sai nemmeno? Santo cielo, mio padre me l'ha detto secoli fa... l'ha sentito dire da Cornelius Caramell. Ma certo, mio padre ha sempre contatti di alto livello al Ministero... forse tuo padre è troppo in basso per saperlo. Weasley... sì... probabilmente non parlano di cose importanti in sua presenza...»

Con un'ultima risata, Malfoy fece un cenno a Tiger e Goyle e scomparvero tutti e tre. Ron scattò in piedi e chiuse la porta scorrevole con tanta forza da mandare in frantumi il vetro.

« Ron! » esclamò Hermione. Poi estrasse la bacchetta, bisbigliò « Repa- ro! » e i frammenti di vetro volarono indietro a formare una sola lastra che tornò sulla porta.

«Be'... sembra sempre che lui sa tutto e noi no...» ringhiò Ron. « Ma cer- to, mio padre ha sempre contatti di alto livello al Ministero... papà avrebbe potuto avere la promozione quando voleva... è solo che gli piace stare dove sta...»

«Ma certo» disse Hermione piano. «Non lasciare che ti provochi, Ron...»

«Lui! Provocarmi! Figuriamoci!» disse Ron, afferrando uno dei dolci rimasti e riducendolo in poltiglia.

Il cattivo umore di Ron durò per tutto il viaggio. Non parlò molto mentre indossavano la divisa della scuola, ed era ancora incupito quando l'Espresso di Hogwarts finalmente rallentò e si fermò nel buio impenetrabile della stazione di Hogsmeade.

Mentre le portiere si aprivano, in alto echeggiò un rombo di tuono. Hermione avvolse Grattastinchi nel suo mantello e Ron lasciò l'abito da cerimonia sopra Leo mentre scendevano dal treno, le teste chine e gli occhi ridotti a fessure per il diluvio. La pioggia ora scendeva così fitta e rapida che era come se sulle loro teste venissero continuamente rovesciati secchi d'acqua ghiacciata.

«Ciao, Hagrid!» gridò Harry individuando una sagoma gigantesca all'estremità della banchina.

«Tutto bene, Harry?» urlò di rimando Hagrid, agitando il braccio. «Ci si vede alla festa se non si affoga prima!»

Quelli del primo anno per tradizione approdavano al castello di Hogwarts attraversando il lago in barca con Hagrid.

«Oooh, non mi piacerebbe affatto attraversare il lago con questo tempo»

disse Hermione convinta, tremando mentre avanzavano lentamente lungo la banchina buia col resto della folla. Un centinaio di carrozze senza cavallo erano schierate in attesa fuori dalla stazione. Harry, Ron, Hermione e Neville si arrampicarono con sollievo in una di esse, la porta si chiuse con un colpo secco e, qualche momento dopo, la lunga processione di carrozze si fece strada rombando e schizzando acqua su per il sentiero che conduceva al castello di Hogwarts.

CAPITOLO 12

IL TORNEO TREMAGHI

Le carrozze avanzarono pesantemente attraverso i cancelli, fiancheggiati da statue di cinghiali alati, e su per il ripido viale, oscillando pericolosamente in quella che stava diventando in fretta una tempesta. La fronte contro il finestrino, Harry vide Hogwarts avvicinarsi, le molte finestre illuminate confuse e tremolanti al di là della fitta cortina di pioggia. Un fulmine dardeggiò nel cielo mentre la loro carrozza si fermava davanti ai grandi portoni di quercia in cima alla rampa di gradini di pietra. Chi era a bordo delle carrozze davanti a loro già si affrettava a salire e a entrare nel castello; anche Harry, Ron, Hermione e Neville balzarono giù e sfrecciarono per gli scalini, alzando lo sguardo solo quando si trovarono al riparo nell'imponente Sala d'Ingresso illuminata dalle torce con la sua grandiosa scalinata di marmo.

«Accidenti» disse Ron, scuotendo la testa e schizzando acqua dappertutto, «se continua cosi, il lago strariperà. Sono anneg... ARGH!»

Un grosso palloncino rosso pieno d'acqua era caduto giù dal soffitto sulla testa di Ron ed era esploso. Inzuppato e sputacchiante, Ron barcollò e urtò Harry; un secondo palloncino mancò per un soffio Hermione ed esplose ai piedi di Harry, sollevando un'ondata di acqua fredda sulle sue scarpe da tennis e fin dentro i calzini. I ragazzi intorno strillarono e presero a spintonarsi nel tentativo di uscire dalla linea di tiro. Harry alzò la testa: sei metri più su, a mezz'aria, Pix il Poltergeist, un omino con il berretto coperto di campanelle e il papillon arancione, prendeva la mira con la faccia maligna deformata dalla concentrazione.

«Pix!» urlò una voce adirata. «Pix, vieni giù IMMEDIATAMENTE!»

La professoressa McGranitt, vicepreside della scuola e direttrice della Casa di Grifondoro, era arrivata di fretta dalla Sala Grande; scivolò sul pavimento bagnato e si aggrappò al collo di Hermione per non cadere. «Oops... Chiedo scusa, signorina Granger...»

«Non è niente, professoressa!» esclamò Hermione col fiato mozzo, massaggiandosi la gola.

«Pix, scendi SUBITO!» abbaiò la professoressa McGranitt, raddrizzandosi il cappello a punta e gettando un'occhiataccia in su attraverso gli occhiali con la montatura squadrata.

«Non faccio niente!» ridacchiò Pix, scagliando una bomba d'acqua contro alcune ragazze del quinto anno, che urlarono e si precipitarono in Sala Grande. «Sono già bagnati, no? Piccoli presuntuosi! Vaaaaaaai!» E colpi un gruppo di ragazzi del secondo anno che erano appena arrivati.

«Chiamerò il Preside!» gridò la professoressa McGranitt. «Ti avverto, Pix...»

Pix tirò fuori la lingua, scagliò gli ultimi gavettoni e sfrecciò via su per la scalinata di marmo, ridendo come un pazzo.

«Be', avanti, adesso!» disse severa la professoressa McGranitt alla folla in subbuglio, «in Sala Grande, andiamo!»

Harry, Ron e Hermione attraversarono sdrucciolando la Sala d'Ingresso e attraversarono la doppia porta sulla destra, con Ron che borbottava inviperito a mezza voce mentre si spingeva via dalla faccia i capelli inzuppati. La Sala Grande era magnifica come sempre, decorata per il banchetto d'inizio anno. Piatti e calici d'oro scintillavano alla luce di centinaia e centinaia di candele che galleggiavano a mezz'aria sopra i tavoli. Le quattro lunghe tavolate delle case erano affollate di studenti vocianti; in fondo alla Sala, gli insegnanti sedevano lungo un solo lato di un quinto tavolo, di fronte ai loro allievi. Lì dentro faceva molto più caldo. Harry, Ron e Hermione passarono oltre i Serpeverde, i Corvonero e i Tassorosso e si sedettero con gli altri di Grifondoro all'estremità della Sala, vicino a NickQuasi-Senza-Testa, il fantasma di Grifondoro. Nick quella sera portava il suo solito farsetto, con una gorgiera particolarmente ampia, che serviva al doppio scopo di avere un'aria festaiola e di assicurare che la testa non ciondolasse troppo sul collo in parte tagliato.

«Buonasera» disse sorridendo.

«La sapete una cosa?» disse Harry sfilandosi le scarpe e svuotandole dell'acqua. «Spero che si sbrighino con lo Smistamento, sto morendo di fame».

La Cerimonia dello Smistamento degli studenti alle Case si svolgeva all'inizio di ogni anno scolastico, ma per una sfortunata serie di circostanze Harry non aveva assistito a nessuna, dopo la sua. Aveva una certa voglia di vederla.

In quell'istante, una voce affannata e molto su di giri gridò dall'altra parte del tavolo: «Ehilà, Harry!»

Era Colin Canon, uno del terzo anno per il quale Harry era una specie di eroe.

«Ciao, Colin» rispose Harry cauto.

«Harry, indovina un po'? Quest'anno c'è anche mio fratello! Mio fratello Dennis!»

«Ehm... bene!» disse Harry.

«È davvero emozionato!» esclamò Colin, praticamente saltellando.

«Spero solo che finisca a Grifondoro! Incrocia le dita, eh, Harry?»

«Ehm... si, certo» disse Harry. Poi si rivolse di nuovo a Ron, Hermione e Nick-Quasi-Senza-Testa. «I fratelli e le sorelle di solito vanno nelle stesse Case, vero?» disse. Lo deduceva dai Weasley, che erano stati assegnati tutti e sette a Grifondoro.

«Oh, no, non necessariamente» disse Hermione. «La gemella di Calì Patil è a Corvonero, e sono identiche, ci si aspetterebbe che stessero insieme, no?»

Harry guardò il tavolo degli insegnanti. Sembrava che ci fossero più posti vuoti del solito. Hagrid, naturalmente, stava ancora tentando di attraversare il lago con quelli del primo anno; la professoressa McGranitt probabilmente stava sovrintendendo all'asciugatura del pavimento dell'ingresso, ma c'era anche un altro posto vuoto, e Harry non riuscì a capire chi altri mancasse.

«Dov'è il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure?» chiese Hermione, guardando dalla stessa parte.

Non avevano ancora avuto un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure che fosse durato più di tre trimestri. Il preferito di Harry, di gran lunga, era stato il professor Lupin, che aveva dato le dimissioni l'anno prima. Guardò

il tavolo dei professori in lungo e in largo. Decisamente non c'erano facce nuove laggiù.

«Forse non sono riusciti a trovare nessuno!» disse Hermione preoccupata. Harry scrutò il tavolo con maggiore attenzione. Il minuscolo professor Vitious, l'insegnante di Incantesimi, era seduto su una grossa pila di cuscini accanto alla professoressa Sprite, l'insegnante di Erbologia, che aveva il cappello di traverso sui capelli neri svolazzanti; stava parlando con la professoressa Sinistra di Astronomia. Accanto sedeva il giallastro, aquilino, untuoso insegnante di Pozioni, Piton - la persona meno gradita a Harry di tutta Hogwarts. Il disgusto di Harry per Piton era pari solo all'odio di Piton per lui, un odio che, se possibile, era aumentato l'anno prima, quando Harry aveva aiutato Sirius a fuggire sotto il lungo naso di Piton... Piton e Sirius erano nemici fin dai tempi della scuola.

Vicino a Piton c'era un posto vuoto, che Harry immaginò fosse quello della professoressa McGranitt. Oltre, esattamente al centro del tavolo, sedeva il professor Silente, il Preside, i capelli argentei e la barba fluente che brillavano alla fiamma delle candele, gli splendidi abiti verde cupo ricamati di numerose stelle e lune. Silente posava il mento sulle lunghe dita sottili, fissando il soffitto attraverso gli occhiali a mezzaluna come se fosse perso nei suoi pensieri. Anche Harry guardò il soffitto che rifletteva per magia il cielo fuori, e non l'aveva mai visto così tempestoso. Nuvole nere e viola lo attraversavano vorticando, e mentre rimbombava un altro tuono, saettò un fulmine.

«Oh, muovetevi» si lagnò Ron accanto a Harry. «Potrei mangiarmi un Ippogrifo».

Non fece in tempo a finire la frase che le porte della Sala Grande si aprirono, e cadde il silenzio. La professoressa McGranitt guidò una lunga fila di ragazzini del primo anno fino all'altro capo del salone. Se Harry, Ron e Hennione erano bagnati, non era niente a confronto dei nuovi arrivati: sembrava che invece di arrivare in barca avessero attraversato il lago a nuoto. Tutti tremavano di freddo e nervosismo mentre sfilavano lungo il tavolo degli insegnanti e si fermavano davanti al resto della scuola - tutti tranne il più piccolo, un ragazzino coi capelli color topo, avvolto in quello che Harry riconobbe come il cappotto di pelliccia di talpa di Hagrid. Il cappotto era così grande per lui che sembrava avviluppato in un tendone nero e peloso: il suo faccino spuntava da sopra il collo, quasi dolorosamente eccitato. Quando ebbe preso posto accanto ai suoi terrorizzati coetanei, incrociò lo sguardo di Colin Canon, alzò entrambi i pollici e articolò: «Sono caduto nel lago!» Sembrava decisamente divertito per l'accaduto. La professoressa McGranitt posò uno sgabello a quattro gambe davanti alla fila e vi sistemò sopra un cappello da mago estremamente vecchio, sporco e rattoppato. I ragazzini lo fissarono. Così tutti gli altri. Per un atti-mo calò il silenzio. Poi uno strappo vicino all'orlo si spalancò come una bocca e il cappello prese a cantare:

Or son mille anni, o forse anche più,

che l'ultimo punto cucito mi fu:

vivevano allor quattro maghi di fama,

che ancora oggi celebri ognuno qui chiama.

Il fier Grifondoro, di cupa brughiera,

e Corvonero, beltà di scogliera,

e poi Tassorosso, signor di vallata,

e ancor Serpeverde, di tana infossata.

Un solo gran sogno li accomunava,

un solo progetto quei quattro animava:

creare una scuola, stregoni educare.

E Hogwarts insieme poteron fondare.

Ciascuno dei quattro una casa guidava,

ciascuno valori diversi insegnava:

ognuno stimava diverse virtù

e quelle cercava di accrescer vieppiù.

E se Grifondoro il coraggio cercava

e il giovane mago più audace premiava,

per Corvonero una mente brillante

fu tosto la cosa davvero importante.

Chi poi nell'impegno trovava diletto

del buon Tassorosso vinceva il rispetto,

e per Serpeverde la pura ambizione

contava assai più di ogni nobile azione.

I quattro, concordi, gli allievi diletti

sceglievan secondo criteri corretti.

Ma un giorno si dissero: chi li spartirà

quando ognuno di noi defunto sarà?

Così Grifondoro un modo trovava

e me dal suo capo veloce sfilava:

poi con i tre maghi una mente mi fece

capace di scegliere in loro vece.

E se sulle orecchie mi avrete calato,

voi state pur certi, non ho mai sbagliato:

nelle vostre teste un occhiata darò

e alla Casa giusta vi assegnerò!

Il Cappello Parlante finì e la Sala Grande risuonò d'applausi.

«Non è la stessa canzone che ha cantato quando ha diviso noi» disse Harry, applaudendo assieme a tutti gli altri.

«Ne canta una diversa ogni anno» disse Ron. «Dev'essere una vera pizza, essere un cappello, no? Immagino che passi tutto l'anno a preparare la prossima».

La professoressa McGranitt stava srotolando un gran rotolo di pergamena.

«Quando vi chiamo, dovete mettervi il Cappello e sedervi sullo sgabello» disse ai ragazzi in fila. «Quando il Cappello proclama la vostra Casa, andrete a sedervi al tavolo giusto.

«Ackerley, Stewart!»

Un ragazzo fece un passo avanti tremando visibilmente da capo a piedi, prese il Cappello Parlante, se lo mise e si sedette sullo sgabello.

« Corvonero! » strillò il Cappello.

Stewart Ackerley se lo tolse e corse al tavolo di Corvonero, dove tutti lo applaudirono. Harry colse di sfuggita Cho, la Cercatrice di Corvonero, che festeggiava il nuovo arrivato. Per un attimo fuggente, Harry provò lo strano impulso di unirsi al tavolo di Corvonero.

«Baddock, Malcolm!»

« Serpeverde! »

Il tavolo all'altro capo della Sala esplose in applausi; Harry vide Malfoy battere le mani mentre Baddock si univa ai Serpeverde. Harry si chiese se Baddock sapeva che la casa di Serpeverde aveva prodotto più Maghi e Streghe Oscuri di qualunque altra. Fred e George fischiarono mentre Malcolm Baddock si sedeva.

«Branstone, Eleanor!»

« Tassorosso! »

«Caldwell, Owen!»

« Tassorosso! »

«Canon, Dennis!»

Il piccolo Dennis Canon barcollò in avanti, inciampando nella pelliccia di talpa di Hagrid, proprio mentre quest'ultimo scivolava nella Sala attraverso una porta dietro il tavolo degli insegnanti. Alto due volte un uomo normale, e largo almeno tre, Hagrid, con la sua lunga barba nera aggrovigliata e incolta, aveva un aspetto vagamente inquietante - una falsa impres-sione, perché Harry, Ron e Hermione sapevano che Hagrid era di natura assai gentile. Il gigante fece loro l'occhiolino mentre sedeva all'estremità

del tavolo degli insegnanti e guardava Dennis Canon infilarsi il Cappello Parlante. Lo squarcio vicino all'orlo si spalancò...

« Grifondoro! » gridò il Cappello.

Hagrid batté le mani con quelli di Grifondoro, mentre Dennis Canon, con un sorriso smisurato, si sfilava il Cappello e correva a raggiungere Colin.

«Colin, ce l'ho fatta!» disse con voce acuta, lasciandosi cadere su una sedia vuota. «È stato bellissimo! E qualcosa nell'acqua mi ha afferrato e mi ha spinto di nuovo sulla barca!»

«Forte!» disse Colin con lo stesso tono eccitato. «Probabile che fosse la piovra gigante, Dennis!»

« Wow! » disse Dennis, come se nessuno, nemmeno nel sogno più selvaggio, potesse sperare di meglio che finire dentro un lago profondissimo agitato dalla tempesta ed esserne ributtato fuori da un mostro marino gigante.

«Dennis! Dennis! Lo vedi quel ragazzo laggiù? Quello con i capelli neri e gli occhiali? L'hai visto? Lo sai chi è, Dennis? »

Harry distolse lo sguardo e lo fissò con insistenza sul Cappello Parlante che ora chiamava Emma Dobbs.

Lo Smistamento continuò; ragazzi e ragazze con vari gradi di paura stampati in faccia avanzavano uno dopo l'altro verso lo sgabello a tre gambe, e la fila diminuì lentamente mentre la professoressa McGranitt finiva la lettera L.

«Oh, muovetevi» gemette Ron massaggiandosi lo stomaco.

«Insomma, Ron, lo Smistamento è più importante del cibo» disse NickQuasi-Senza-Testa, mentre 'Madley, Laura!' entrava a far parte di Tassorosso.

«Certo, se sei morto» ribatté Ron.

«Spero che quelli di Grifondoro di quest'anno siano all'altezza della situazione» disse Nick-Quasi-Senza-Testa, applaudendo mentre 'McDonald, Natalie!' si univa al tavolo di Grifondoro. «Non vorremo perdere la nostra serie di vittorie, vero?»

Grifondoro aveva vinto la Coppa delle Case tre anni di fila.

«Pritchard, Graham!»

« Serpeverde! »

«Quirke, Orla!»

« Corvonero! »

E finalmente, con 'Witby, Kevin!' ( 'Tassorosso!' ) lo Smistamento si concluse. La professoressa McGranitt prese il Cappello e lo sgabello, e li portò

via.

«Era ora» disse Ron, brandendo coltello e forchetta e guardando con aria d'attesa il suo piatto d'oro.

Il professor Silente si era alzato in piedi. Sorrise agli studenti, le braccia allargate in segno di benvenuto.

«Ho solo una parola da dirvi» esordì, la voce profonda che echeggiava nella Sala. « Abbuffatevi» .

«Ma sicuro!» dissero Harry e Ron ad alta voce, mentre i piatti vuoti si riempivano per magia davanti ai loro occhi.

Nick-Quasi-Senza-Testa rimase a guardare con aria tetra mentre Harry, Ron e Hermione si riempivano i piatti.

«Aaah, 'sì va 'eglio!» disse Ron con la bocca piena di patate schiacciate.

«Siete fortunati che stasera ci sia il banchetto, sapete» disse Nick-QuasiSenza-Testa. «Sono successi dei guai in cucina prima».

«Perché? Che 'osa è 'uccesso?» disse Harry masticando un enorme pezzo di bistecca.

«Pix, naturalmente» disse Nick-Quasi-Senza-Testa scuotendo la testa, che oscillò pericolosamente. Sì sistemò la gorgiera un po' più su e riprese:

«La solita questione, sapete. Voleva partecipare al banchetto: be', non se ne parla proprio, sapete com'è fatto, così tremendamente incivile, appena vede un piatto di cibo lo lancia. Abbiamo tenuto un consiglio di spettri - il Frate Grasso voleva che gli dessimo una possibilità - ma assai saggiamente, secondo me, il Barone Sanguinario è stato fermissimo». Il Barone Sanguinario era lo spettro di Serpeverde, un fantasma magro e silenzioso coperto di macchie di sangue argentato. Era l'unico a Hogwarts in grado di controllare Pix.

«Sì, l'avevamo capito che Pix sembrava eccitato per qualcosa» disse Ron cupo. «E allora che cos'ha combinato nelle cucine?»

«Oh, il solito» rispose Nick-Quasi-Senza-Testa alzando le spalle.

«Caos, turbamento e tafferuglio. Pentole dappertutto. Tutto allagato di minestra. Ha terrorizzato gli elfi domestici...»

Clang. Hermione aveva rovesciato la sua coppa d'oro. Il succo di zucca dilagò sulla tovaglia, lasciando una considerevole macchia arancione sul lino candido, ma Hermione non ci fece caso.

«Ci sono elfi domestici qui?» esclamò, guardando con orrore Nick-Quasi-Senza-Testa. «Qui a Hogwarts

«Certamente» rispose Nick-Quasi-Senza-Testa, sorpreso alla sua reazione. «Il più alto numero che in qualunque altro luogo della Gran Bretagna, credo. Sono più di cento».

«Non ne ho mai visto uno!» disse Hermione.

«Be', non escono quasi mai dalla cucina di giorno, no?» disse NickQuasi-Senza-Testa. «Vengono fuori di notte per fare le pulizie... controllare i camini e così via... voglio dire, non dovresti vederli, no? È questa la caratteristica di un buon elfo domestico, no? Che non sai che c'è». Hermione lo fissò.

«Ma vengono pagati?» chiese. «Hanno le vacanze, vero? E... i permessi per malattia, la pensione e il resto?»

Nick-Quasi-Senza-Testa ridacchiò così forte che la gorgiera scivolò via e la testa ricadde, penzolando dai tre centimetri scarsi di pelle e muscolo spettrale che la tenevano unita al collo.

«Permessi per malattia e pensione?» disse, risistemandosi la testa fra le spalle e bloccandola di nuovo con la gorgiera. «Gli elfi domestici non vogliono permessi per malattia e pensione!»

Hermione abbassò gli occhi sul piatto quasi intatto, vi posò forchetta e coltello e lo spinse via.

«Oh, andiamo, 'Er-mio-ne» disse Ron, spruzzando pezzetti di pasticcio di Yorkshire addosso a Harry. «Oops... scusa, 'arry». Deglutì. «Non sarà

digiunando che gli farai dare i permessi per malattia!»

«Lavoro da schiavi» disse Hermione respirando affannosamente. «Ecco che cosa ha prodotto questa cena. Lavoro da schiavi». E si rifiutò di inghiottire un altro boccone.

La pioggia tamburellava ancora pesantemente contro le alte, scure finestre. Un altro tuono scosse i vetri, e il soffitto tempestoso fu attraversato da un bagliore che illuminò i piatti d'oro mentre gli avanzi della prima portata sparivano e venivano sostituiti all'istante da altre pietanze.

«Torta di melassa, Hermione!» disse Ron, spingendola apposta sotto il suo naso. «Guarda, torta marmorina! Dolce al cioccolato!»

Ma Hermione gli scoccò un'occhiata così simile a quelle della professoressa McGranitt che lasciò subito perdere. Quando anche i dolci furono demoliti, e le ultime briciole furono svanite dai piatti, lasciandoli lustri e puliti, Albus Silente si alzò di nuovo. Il chiacchiericcio che riempiva la Sala s'interruppe quasi all'istante, tanto da lasciar udire solo l'ululato del vento e il picchiettio della pioggia.

«Dunque!» esordì Silente, sorridendo a tutti quanti. «Ora che siamo tutti sazi e dissetati» («Hmph!» borbottò Hermione), «devo richiamare ancora una volta la vostra attenzione su alcuni avvisi.

«Mastro Gazza, il custode, mi ha chiesto di dirvi che la lista di oggetti proibiti dentro le mura del castello quest'anno è stata estesa agli Yo-yo Ululanti, ai Frisbee Zannuti e ai Boomerang Rimbalzatutto. La lista completa comprende qualcosa come quattrocentotrentasette oggetti, credo, e può

essere consultata nell'ufficio di Mastro Gazza, se qualcuno volesse controllare». Gli angoli della bocca di Silente si arricciarono.

«Come sempre, vorrei ricordare a tutti voi che la Foresta compresa entro i confini del parco della scuola è proibita agli studenti, come lo è il villaggio di Hogsmeade a tutti coloro che non sono ancora al terzo anno.

«È altresì mio doloroso dovere informarvi che la Coppa del Quidditch quest'anno non avrà luogo».

« Che cosa? » esclamò Harry senza fiato. Cercò con lo sguardo Fred e George, suoi compagni di squadra. Aprivano e chiudevano la bocca senza emettere alcun suono, in apparenza troppo sconvolti per parlare. Silente riprese: «Ciò è dovuto a un evento che prenderà il via in ottobre e continuerà per tutto l'anno scolastico, impegnando molto del tempo e delle energie degli insegnanti: ma sono certo che vi divertirete tutti enormemente. Ho l'immenso piacere di annunciare che quest'anno a Hogwarts...»

Ma in quel momento risuonò un tuono assordante e le porte della Sala Grande si spalancarono.

Sulla soglia c'era un uomo appoggiato a un lungo bastone, avvolto in un mantello nero da viaggio. Un lampo improvviso lo illuminò: tutte le teste dei ragazzi si volsero di scatto a guardarlo. L'uomo abbassò il cappuccio, scosse una folta chioma di lunghi capelli brizzolati, poi prese ad avanzare verso il tavolo degli insegnanti.

Un sordo clunk echeggiò nella Sala un passo sì e uno no. Lo sconosciuto raggiunse l'estremità del tavolo, voltò a destra e zoppicò vistosamente verso Silente. Un altro lampo attraversò il soffitto. Hermione trattenne il respiro. Una luce cruda aveva illuminato il volto dell'uomo, un volto diverso da tutti quelli che Harry avesse mai visto. Era come se fosse stato scolpito nel legno stagionato da qualcuno che avesse solo una vaga idea di come dovevano essere le facce umane, e non fosse molto abile con lo scalpello. Ogni centimetro di pelle sembrava coperto di cicatrici. La bocca pareva un ta-glio diagonale, e mancava un grosso pezzo di naso. Ma furono gli occhi dell'uomo a spaventarlo.

Uno era piccolo, scuro e lucente. L'altro era grande, tondo come una moneta e di un vivace blu elettrico. L'occhio blu si muoveva incessantemente, senza che mai calasse la palpebra, e roteava in su, in giù e da una parte all'altra, in totale autonomia rispetto all'occhio normale - e poi roteò

indietro, verso l'interno della testa, così che ne rimase visibile solo il bianco. Lo straniero raggiunse Silente. Tese una mano coperta di cicatrici quanto il volto, e Silente la strinse, mormorando parole che Harry non riuscì a cogliere. Parve rivolgere qualche domanda allo straniero, che scosse la testa senza sorridere e rispose sottovoce. Silente annuì e fece segno all'uomo di sedere nel posto vuoto alla sua destra.

Lo straniero sedette, scosse via la chioma grigio scuro, trasse a sé un piatto di salsicce, lo portò a ciò che restava del naso e lo annusò. Poi estrasse dalla tasca un coltellino, vi infilzò l'estremità della salsiccia e cominciò a mangiare. L'occhio normale era fisso sulle salsicce, ma quello blu sfrecciava ancora irrequieto tra le palpebre, abbracciando la Sala e gli studenti.

«Vorrei presentarvi il nostro nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure» disse allegro Silente, rompendo il silenzio. «Il professor Moody». Era consuetudine che i nuovi componenti del corpo insegnante venissero accolti con un applauso, ma nessuno, né fra i docenti né fra i ragazzi, batté

le mani a parte Silente e Hagrid: il suono echeggiò lugubre nel silenzio, e ben presto smisero. Tutti gli altri sembravano troppo esterrefatti dalla bizzarra apparizione di Moody per riuscire a far altro che fissarlo.

«Moody?» mormorò Harry rivolto a Ron. « Malocchio Moody? Quello che tuo padre è corso ad aiutare stamattina?»

«Dev'essere lui» disse Ron con voce bassa e timorosa.

«Che cosa gli è successo?» sussurrò Hermione. «Che cosa è successo alla sua faccia

«Non lo so» mormorò Ron, osservando Moody affascinato.

Moody parve del tutto indifferente all'accoglienza men che tiepida. Ignorando la caraffa di succo di zucca davanti a sé, infilò di nuovo la mano nel mantello da viaggio, estrasse una fiaschetta e bevve una lunga sorsata. Mentre alzava il braccio, il mantello si sollevò leggermente da terra, e Harry vide sotto il tavolo parecchi centimetri di una gamba di legno intagliato che terminava in un piede a zampa di leone. Silente si schiarì di nuovo la voce.

«Come stavo dicendo» disse, sorridendo alla marea di studenti davanti a lui, tutti con gli occhi ancora puntati su Malocchio Moody, «nei prossimi mesi avremo l'onore di ospitare un evento assai emozionante, un evento che non ha luogo da più di un secolo. È con grandissimo piacere che vi informo che il Torneo Tremaghi quest'anno si terrà a Hogwarts».

«Sta SCHERZANDO!» disse Fred Weasley ad alta voce.

La tensione che aveva riempito la Sala dall'arrivo di Moody si ruppe all'improvviso. Quasi tutti scoppiarono a ridere, e Silente ridacchiò in tono soddisfatto.

«Non sto scherzando, signor Weasley» disse, «anche se, ora che me l'ha ricordato, quest'estate me ne hanno raccontata una niente male su un troll, una megera e un Lepricano che vanno insieme al bar...»

La professoressa McGranitt tossicchiò sonoramente.

«Ehm... ma forse non è questo il momento... no...» disse Silente. «Dov'ero rimasto? Ah, sì, il Torneo Tremaghi... be', alcuni di voi forse non sanno di che si tratta, quindi spero che quelli di voi che lo sanno mi perdoneranno questa breve spiegazione, e sono liberi di pensare a quello che vogliono.

«Il Torneo Tremaghi fu indetto per la prima volta settecento anni fa, come competizione amichevole tra le tre maggiori scuole europee di magia: Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang. Venne scelto un campione per rappresentare ciascuna scuola, e i tre campioni gareggiarono in tre imprese magiche. Le scuole si alternavano nell'ospitare il Torneo ogni cinque anni, e tutti convennero che fosse un modo eccellente per stabilire legami tra giovani streghe e maghi di diverse nazionalità... almeno fino a quando il tributo di morti non divenne così elevato che fu deciso di sospendere il Torneo».

« Il tributo di morti? » sussurrò Hermione, preoccupata. Ma la sua agitazione non pareva condivisa dalla maggior parte degli studenti in sala; molti di loro parlottavano eccitati, e Harry stesso era molto più interessato ad avere altre notizie sul Torneo che a preoccuparsi per decessi avvenuti centinaia di anni prima.

«Ci furono parecchi tentativi nel corso dei secoli di riportare in auge il Torneo» continuò Silente, «nessuno dei quali ebbe molto successo. Comunque, i nostri Uffici per la Cooperazione Internazionale Magica e per i Giochi e gli Sport Magici hanno deciso che i tempi sono maturi per un nuovo tentativo. Abbiamo lavorato molto nel corso dell'estate per far sì che questa volta nessun campione o nessuna campionessa si trovi in pericolo mortale.

«I Presidi di Beauxbatons e di Durmstrang arriveranno in ottobre con la loro squadra scelta di campioni, e la selezione dei tre sfidanti avverrà a Halloween. Un giudice imparziale deciderà quali studenti saranno più degni di gareggiare per la Coppa Tremaghi, la gloria della loro scuola e un premio personale in denaro pari a mille galeoni».

«Io ci sto!» sibilò Fred Weasley lungo il tavolo, il viso acceso d'entusiasmo alla prospettiva di tanta gloria e ricchezza. Non era il solo a immaginarsi campione di Hogwarts: ai tavoli di ciascuna Casa, Harry vide ragazzi e ragazze che guardavano rapiti verso Silente o confabulavano con i vicini. Ma in quel momento Silente parlò di nuovo, e la Sala si zittì un'altra volta.

«Pur sapendo quanto ciascuno di voi sia desideroso di portare a Hogwarts la Coppa Tremaghi» disse, «i Presidi delle scuole partecipanti, assieme al Ministero della Magia, hanno convenuto di imporre un limite d'età per gli sfidanti di quest'anno. Solo gli studenti dell'età giusta - cioè da diciassette anni in su - potranno proporsi per la selezione. Questa» - Silente alzò un po' la voce, perché una rumorosa protesta si scatenò a quelle parole, e i gemelli Weasley all'improvviso divennero furibondi - «è una misura che riteniamo necessaria, dal momento che le prove del Torneo saranno pur sempre difficili e pericolose, quali che siano le precauzioni che prenderemo, ed è altamente improbabile che gli studenti al di sotto del sesto e del settimo anno siano in grado di affrontarle. Mi assicurerò personalmente che nessuno studente di età inferiore inganni il nostro giudice imparziale e lo induca a nominarlo campione di Hogwarts». I suoi occhi azzurro chiaro scintillarono indugiando sulle facce ribelli di Fred e George.

«Pertanto vi prego di non perdere tempo a iscrivervi se avete meno di diciassette anni.

«Le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang arriveranno in ottobre e resteranno con noi per la maggior parte dell'anno. So che tutti voi tratterete con la massima gentilezza i nostri ospiti stranieri durante il loro soggiorno, e darete il vostro sincero sostegno al campione di Hogwarts quando verrà

designato o designata. E ora è tardi e so quanto è importante che ciascuno di voi sia ben sveglio e riposato quando comincerete le lezioni domani mattina. Ora di andare a letto! Forza, veloci!»

Silente si risedette e si voltò a parlare con Malocchio Moody. Ci fu un gran fracasso di sedie spostate e colpi secchi mentre tutti gli studenti si alzavano e sciamavano nella Sala d'Ingresso attraverso le doppie porte.

«Non possono farlo!» esclamò George Weasley, che non si era unito alla folla che avanzava verso la porta, ma era lì in piedi a guardare torvo verso Silente. «Compiamo diciassette anni in aprile, perché non possiamo provarci?»

«Non riusciranno a impedirmi di partecipare» disse Fred cocciuto, scrutando accigliato il tavolo degli insegnanti. «I campioni faranno un sacco di cose che normalmente uno non ha il permesso di fare. E il premio di mille galeoni!»

«Si» disse Ron, lo sguardo remoto. «Sì, mille galeoni...»

«Andiamo» disse Hermione, «saremo gli ultimi se non vi muovete». Harry, Ron, Hermione, Fred e George si avviarono verso l'Ingresso, gli ultimi due impegnati a discutere come Silente avrebbe potuto impedire ai minori di diciassette anni di prendere parte alle selezioni del Torneo.

«Chi è il giudice imparziale che deciderà i campioni?» chiese Harry.

«Non lo so» disse Fred, «ma è lui che dovremo ingannare. Scommetto che un paio di gocce di Pozione Invecchiante potrebbero servire, George...»

«Ma Silente lo sa che non avete l'età richiesta» disse Ron.

«Sì, ma non è lui a scegliere il campione, no?» disse Fred astuto. «Mi pare che una volta che questo giudice saprà chi vuole partecipare, sceglierà

il migliore di ogni scuola senza badare affatto all'età. Silente sta cercando di impedirci di partecipare».

«Ma ci sono stati dei morti!» disse Hermione in tono petulante, mentre attraversavano una porta nascosta da un arazzo e imboccavano un'altra scalinata più stretta.

«Sì» disse Fred con leggerezza, «ma è successo tanti anni fa, no? E poi, che gusto c'è senza un po' di rischio? Ehi, Ron, e se scopriamo come aggirare Silente? Ti va di partecipare?»

«Che cosa ne dici?» Ron chiese a Harry. «Sarebbe forte esserci, no? Ma temo che vorrebbero qualcuno più grande... non so se abbiamo imparato abbastanza...»

«Io no di sicuro» esclamò la voce cupa di Neville da dietro Fred e George. «Però credo che la nonna vorrebbe che provassi, dice sempre che dovrei tener alto l'onore della famiglia. Quindi dovrò - ooops...»

Il piede di Neville era sprofondato in un gradino a metà della rampa. C'erano molte scale truccate a Hogwarts; a gran parte degli studenti più

anziani veniva ormai istintivo saltare quel gradino in particolare, ma la memoria di Neville era notoriamente scarsa. Harry e Ron lo afferrarono sotto le ascelle e lo tirarono fuori, mentre un'armatura in cima alle scale scricchiolava e sbatacchiava, scossa da una risata asmatica.

«Zitto, tu» disse Ron, chiudendole la celata mentre passavano. Salirono fino all'ingresso della Torre di Grifondoro, che era nascosta dietro un grande ritratto di una signora grassa vestita di seta rosa.

«Parola d'ordine?» disse lei al loro arrivo.

« Guazzabuglio» disse George, «me l'ha detta un Prefetto giù di sotto». Il ritratto si apri come una porta rivelando un'apertura nel muro, che tutti attraversarono. Un fuoco scoppiettante riscaldava la sala comune circolare, piena di tavoli e poltrone soffici. Hermione scoccò uno sguardo cupo alle fiamme che danzavano allegramente, e Harry la sentì distintamente mormorare 'lavoro da schiavi', prima di dar loro la buonanotte e di sparire al di là della porta che conduceva al dormitorio femminile.

Harry, Ron e Neville salirono l'ultima rampa di scale a spirale e raggiunsero il loro dormitorio, che si trovava in cima alla Torre. Cinque letti a baldacchino con tende di un intenso rosso cremisi erano disposti lungo le pareti, ciascuno con il baule del proprietario ai piedi. Dean e Seamus erano già pronti per dormire; Seamus aveva fissato la coccarda dell'Irlanda alla testata del letto, e Dean aveva appeso un poster di Viktor Krum sopra il comodino. Il suo vecchio manifesto della squadra di calcio dei West Ham era affisso lì accanto.

«Mentecatto» sospirò Ron, scuotendo la testa verso i giocatori perfettamente immobili. Harry, Ron e Neville s'infilarono il pigiama e si ficcarono a letto. Qualcuno - un elfo domestico, senza dubbio - aveva sistemato degli scaldini tra le lenzuola. Era molto piacevole, star li distesi sotto le coperte ad ascoltare la tempesta che infuriava di fuori.

«Potrei provarci, sai» disse Ron assonnato nell'oscurità, «se Fred e George trovano il modo... il Torneo, non si sa mai, no?»

«Penso di sì...» Harry si rigirò, mentre una serie di nuove immagini sfolgoranti si formava nella sua testa... eccolo indurre il giudice imparziale a credere che aveva diciassette anni... eccolo diventare il campione di Hogwarts... eccolo in campo, le braccia alzate in segno di trionfo davanti a tutta la scuola impegnata ad applaudire e a urlare... aveva appena vinto il Torneo Tremaghi... il viso di Cho spiccava nitido nella folla confusa, raggiante di ammirazione... Harry sorrise nel cuscino, straordinariamente felice che Ron non potesse vedere quello che vedeva lui.

CAPITOLO 15

MALOCCHIO MOODY

La mattina dopo la tempesta si era esaurita, anche se il soffitto della Sala Grande era ancora coperto; pesanti nuvole grigio peltro vorticavano in alto mentre Harry, Ron e Hermione studiavano i nuovi orari scolastici a colazione. Qualche sedia più in là, Fred, George e Lee Jordan discutevano i metodi magici per invecchiarsi e riuscire a essere ammessi di straforo al Torneo Tremaghi.

«Oggi non è male... siamo fuori tutta la mattina» disse Ron, che scorreva col dito la colonna dell'orario dedicata al lunedì. «Erbologia con quelli di Tassorosso e Cura delle Creature Magiche... accidenti, siamo ancora con i Serpeverde».

«Due ore di Divinazione oggi pomeriggio» gemette Harry leggendo più

avanti. Divinazione era la materia che amava di meno, dopo Pozioni. La professoressa Cooman non faceva che predire la morte di Harry, cosa che lui trovava estremamente seccante.

«Avreste dovuto mollarla come ho fatto io» disse Hermione impaziente, imburrandosi una fetta di pane tostato. «Così fareste qualcosa di sensato come Aritmanzia».

«Vedo che hai ripreso a mangiare» disse Ron, osservando Hermione stendere una dose generosa di marmellata sul pane imburrato.

«Ho deciso che ci sono modi migliori per prendere posizione sui diritti degli elfi» disse Hermione altezzosa.

«Sì... e poi avevi fame» disse Ron con un ghigno.

Sopra di loro si udì un improvviso fruscio, e un centinaio di gufi planarono dalle finestre aperte, carichi della posta del mattino. D'istinto Harry guardò in su, ma non c'era traccia di qualcosa di bianco nella massa di bruno e grigio. I gufi volteggiarono sui tavoli, cercando i destinatari delle lettere e dei pacchi. Un grosso allocco calò su Neville Paciock e gli depositò in grembo un pacchetto: Neville si dimenticava quasi sempre di mettere in valigia qualcosa. All'altro capo della Sala, il barbagianni di Draco Malfoy era atterrato sulla sua spalla, portando da casa quella che sembrava la consueta scorta di caramelle e dolci. Cercando di nascondere la delusione che gli attanagliava lo stomaco, Harry tornò al suo porridge. Possibile che fosse successo qualcosa a Edvige, e che Sirius non avesse nemmeno ricevuto la sua lettera?

Questo cupo pensiero lo accompagnò per tutto il sentiero inzuppato dell'orto finché non raggiunsero la serra numero tre, e lì venne distratto dalla professoressa Sprite che mostrò alla classe le piante più brutte che Harry avesse mai visto. Più che piante sembravano lumache nere giganti, e spuntavano in verticale dal terriccio. Ciascuna si contorceva ed era ricoperta di bozzi grossi e lucenti che sembravano pieni di liquido.

«Bubotuberi» disse loro in tono sbrigativo la professoressa Sprite. «Devono essere strizzati. Dovete raccogliere il pus...»

« Che cosa? » esclamò Seamus Finnigan, disgustato.

«Pus, Finnigan, pus» ripeté la professoressa Sprite, «ed è estremamente prezioso, quindi non sprecatelo. Dovete raccogliere il pus, dicevo, in queste bottiglie. Mettetevi i guanti di pelle di drago, può fare strane cose alla pelle se non è diluito, il pus di Bubotubero».

Strizzare i Bubotuberi era rivoltante, ma dava anche una strana soddisfazione. Quando le bolle esplodevano, ne schizzava una grossa quantità di un liquido denso gialloverde, che aveva un forte odore di benzina. Lo misero nelle bottiglie come aveva detto la professoressa Sprite, e per la fine della lezione ne avevano raccolti parecchi litri.

«Questo farà felice Madama Chips» disse la professoressa Sprite, chiudendo l'ultima bottiglia con un tappo. «È un ottimo rimedio per le forme più ostinate di acne, il pus di Bubotubero. Dovrebbe impedire agli studenti di ricorrere a misure disperate per liberarsi dei foruncoli».

«Come la povera Eloise Midgen» disse Hannah Abbott, una di Tassorosso, in un sussurro. «Ha cercato di far sparire via i suoi con una maledizione».

«Che sciocca ragazza» commentò la professoressa Sprite scuotendo la testa. «Ma Madama Chips alla fine le ha riattaccato il naso». Il rimbombo di una campana echeggiò dal castello attraverso i prati umidi, segnalando la fine della lezione, e la classe si divise; i Tassorosso rientrarono per andare a Trasfigurazione, e i Grifondoro presero la direzione opposta e percorsero il prato in discesa verso la piccola capanna di legno di Hagrid, che si trovava al limitare della Foresta Proibita. Hagrid li aspettava fuori, la mano sul collare del suo enorme cane nero, Thor. Per terra ai suoi piedi c'erano parecchie casse di legno, e Thor uggiolava e tirava il collare, chiaramente impaziente di indagare più da vicino sul contenuto. Mentre si avvicinavano, udirono uno strano rumore di sonagli, punteggiato da quelle che sembravano piccole esplosioni.

«'giorno!» disse Hagrid, con un gran sorriso rivolto a Harry, Ron e Her-mione. «Aspetto i Serpeverde, non vorranno perdersi questa roba: Schiopodi Sparacoda!»

«Puoi ripetere?» disse Ron.

Hagrid indicò il contenuto delle casse.

«Bleah!» strillò Lavanda Brown, facendo un balzo indietro.

'Bleah' era una descrizione perfetta per gli Schiopodi, secondo Harry. Avevano l'aspetto di aragoste deformi senza corazza, orrendamente pallide e viscide, con le zampe che sbucavano da punti molto strani, e senza testa, almeno non visibile. In ogni cassa ce n'erano un centinaio, ciascuno lungo una ventina di centimetri, e brulicavano l'uno addosso all'altro, urtando ciechi contro i lati dei contenitori. Emanavano un foltissimo odore di pesce marcio. Ogni tanto dalla coda di uno Schiopodo volavano via delle scintille, e con un piccolo fuut questo schizzava in avanti di parecchi centimetri.

«Sono appena usciti dall'uovo» disse Hagrid fiero, «così potete tirarli su voi! Ho pensato che poteva essere una bella ricerca!»

«E perché dovremmo desiderare di allevarli?» disse una voce fredda. Era Draco Malfoy. I Serpeverde erano arrivati: Tiger e Goyle sghignazzarono in segno di approvazione. Hagrid parve in difficoltà.

«Voglio dire, che cosa fanno?» chiese Malfoy. «A che cosa servono

Hagrid aprì la bocca, e parve riflettere intensamente; ci fu una pausa di qualche secondo, poi rispose in tono rude: «Quella sarà la prossima lezione, Malfoy. Oggi dovete solo darci da mangiare. Dovrete provare a darci delle cose diverse - io non ne ho mai tenuti prima, non so che cosa ci piace. Io ho qua uova di formica e fegato di rana e un po' di bisce: provate un po' di tutto».

«Prima il pus, adesso questo» borbottò Seamus.

Solo il profondo affetto che provavano per Hagrid poté indurre Harry, Ron e Hermione ad afferrare viscide manciate di fegato di rana e calarle nelle casse per tentare gli Schiopodi. Harry non riuscì a reprimere il sospetto che tutta la faccenda fosse completamente inutile, perché pareva proprio che gli Schiopodi non fossero provvisti di bocca.

«Ahia!» strillò Dean Thomas dopo una decina di minuti. «Mi ha preso!»

Hagrid gli corse vicino, preoccupato.

«Gli è esplosa la coda!» disse Dean arrabbiato, mostrando a Hagrid una scottatura sulla mano.

«Ah, sì, può succedere quando scoppiano» annuì Hagrid.

«Bleah!» disse di nuovo Lavanda. «Hagrid, che cos'è quella cosa a pun-ta?»

«Ah, certi hanno il pungiglione» disse Hagrid entusiasta (Lavanda ritrasse in fretta la mano dal contenitore). «Mi sa che sono i maschi... le femmine hanno delle cosette per succhiare sulla pancia... per succhiare il sangue, credo».

«Be', adesso capisco perché stiamo cercando di tenerli in vita» disse Malfoy sarcastico. «Chi non vorrebbe un animaletto che brucia, punge e morde contemporaneamente?»

«Solo perché non sono proprio carini non vuol dire che non servono a niente» ribatté Hermione. «Il sangue di drago è straordinariamente magico, ma non per questo vorresti avere un drago come animale di compagnia, no?»

Harry e Ron fecero un gran sorriso a Hagrid, che scoccò loro un sorriso furtivo da sotto la barba cespugliosa. Hagrid sarebbe andato matto per un drago di compagnia, come Harry, Ron e Hermione sapevano fin troppo bene. Ne aveva avuto uno per un breve periodo durante il loro primo anno, un malvagio Dorsorugoso di Norvegia che rispondeva al nome di Norberto. Hagrid semplicemente adorava le creature mostruose: più letali erano, meglio era.

«Be', almeno gli Schiopodi sono piccoli» disse Ron mentre tornavano al castello per il pranzo un'ora più tardi.

« Adesso lo sono» disse Hermione con tono esasperato, «ma una volta che Hagrid avrà scoperto cosa mangiano, ci scommetto che diventeranno lunghi due metri».

«Be', non importa, se vien fuori che servono a curare il mal di mare, no?» disse Ron, con un sorriso malizioso.

«L'ho detto solo per zittire Malfoy» rispose Hermione. «Che, tra parentesi, secondo me ha ragione. La cosa migliore da fare sarebbe schiacciarli tutti prima che comincino ad attaccarci».

Sedettero al tavolo di Grifondoro e si servirono di costolette d'agnello e patate. Hermione cominciò a mangiare così in fretta che Harry e Ron la fissarono esterrefatti.

«Ehm... è questa la nuova presa di posizione a favore dei diritti degli elfi?» disse Ron. «Cercare di procurarti il vomito?»

«No» rispose Hermione con tutta la dignità che si può avere con la bocca piena di cavolini di Bruxelles. «Voglio solo andare in biblioteca».

« Cosa? » disse Ron incredulo. «Hermione, è il primo giorno! Non abbiamo ancora nemmeno i compiti da fare!»

Hermione alzò le spalle e continuò a ingurgitare cibo come se non mangiasse da giorni. Poi balzò in piedi, disse «Ci vediamo a cena!» e si allontanò a gran velocità. Quando suonò la campana che segnalava l'inizio delle lezioni del pomeriggio, Harry e Ron si diressero alla Torre Nord: in cima a una stretta scala a chiocciola, una scaletta a pioli d'argento portava fino a una botola rotonda nel soffitto e alla stanza in cui viveva la professoressa Cooman. Il familiare profumo dolciastro che si sprigionava dal fuoco colpì le loro narici quando sbucarono in cima alla scala. Come al solito, le tende erano tutte tirate; la stanza circolare era immersa nella fioca luce rossastra delle molte lampade drappeggiate con sciarpe e scialli. Harry e Ron superarono la folla di poltrone e pouf di chintz già occupati che riempivano la stanza e sedettero insieme a un tavolino rotondo.

«Buondì» disse la voce velata della professoressa Cooman proprio alle spalle di Harry, facendolo sobbalzare.

Molto esile, con enormi occhiali che rendevano i suoi occhi smisurati nel viso affilato, la professoressa Cooman sbirciava Harry con l'espressione tragica che riservava solo a lui. Il consueto notevole quantitativo di perline, catenelle e braccialetti che portava addosso scintillava alla luce del fuoco.

«Tu sei preoccupato, mio caro» disse a Harry in tono lugubre. «Il mio Occhio Interiore vede oltre il tuo viso spavaldo, vede l'anima inquieta che c'è dentro di te. E sono spiacente di dover dire che le tue preoccupazioni non sono infondate. Vedo che ti aspettano tempi difficili, ahimè... molto difficili... temo che la cosa di cui hai paura invero accadrà... e forse più

presto di quel che credi...»

La sua voce si fece quasi un sussurro. Ron si voltò verso Harry con gli occhi al cielo, e Harry gli rispose con uno sguardo impassibile. La professoressa Cooman li oltrepassò e sedette in una gran poltrona coi braccioli davanti al camino, di fronte alla classe. Lavanda Brown e Calì Patil, che nutrivano una profonda ammirazione per la professoressa Cooman, sedevano su pouf, molto vicino a lei.

«Miei cari, è giunto il momento di prendere in esame le stelle» annunciò

l'insegnante. «Il movimento dei pianeti e gli eventi misteriosi che rivelano solo a coloro che comprendono i passi della danza celestiale. Il destino umano può essere decifrato attraverso i raggi planetari, che si mescolano...»

Ma la mente di Harry era alla deriva. Il fuoco aromatico lo faceva sem-pre sentire sonnolento e ottuso, e i vaneggiamenti della professoressa Cooman non avevano propriamente effetti incantatori su Harry - anche se non poté fare a meno di pensare a quello che gli aveva appena detto. 'Temo che la cosa di cui hai paura invero accadrà...'

Ma Hermione aveva ragione, si disse Harry irritato. La professoressa Cooman era davvero una vecchia impostora. Al momento non aveva paura proprio di niente... be', a parte i suoi timori che Sirius fosse stato catturato... ma cosa ne sapeva la professoressa Cooman? Da molto tempo era giunto alla conclusione che le sue predizioni in realtà non fossero altro che risposte casualmente azzeccate e modi spettrali.

A parte, naturalmente, quella volta alla fine dell'ultimo trimestre, quando aveva predetto il ritorno di Voldemort... e Silente stesso si era detto convinto che quella trance fosse autentica, quando Harry gliel'aveva descritta...

« Harry! » sussurrò Ron.

«Cosa?»

Harry si guardò intorno; tutta la classe lo stava fissando. Si raddrizzò; si era quasi assopito, perso nel calore e nei suoi pensieri.

«Stavo dicendo, mio caro, che è evidente che sei nato sotto l'influenza funesta di Saturno» disse la professoressa Cooman, una debole nota di risentimento nella voce per il fatto che chiaramente Harry non pendeva dalle sue labbra.

«Nato sotto... cosa, mi scusi?» disse Harry.

«Saturno, il pianeta Saturno!» disse la professoressa Cooman, questa volta decisamente seccata che non fosse costernato dalla notizia. «Stavo dicendo che Saturno era di sicuro in una posizione di potere nei cieli al momento della tua nascita... i tuoi capelli scuri... la tua piccola statura... due tragiche perdite così presto... Credo di poter affermare a ragione, mio caro, che sei nato a metà inverno...»

«No» disse Harry. «Sono nato a luglio».

Ron trasformò rapidamente la risata in un accesso di tosse. Mezz'ora dopo, a tutti era stata distribuita una complicata mappa circolare, e ciascuno tentava di definire la posizione dei pianeti al momento della sua nascita. Era un lavoro noioso, che richiedeva ripetute consultazioni di schemi e calcoli di angoli.

«Ho due Nettuni qui» disse Harry dopo un po', guardando torvo la sua pergamena, «non può essere giusto, vero?»

«Aaaaah» disse Ron, imitando il sussurro mistico della professoressa Cooman, «quando due Nettuni appaiono nel cielo, è un segno sicuro che sta nascendo un piccoletto con gli occhiali, Harry...»

Seamus e Dean, che lavoravano lì accanto, ridacchiarono forte, anche se non abbastanza da coprire gli squittii eccitati di Lavanda Brown. «Oh, professoressa, guardi qui! Credo di avere un pianeta inaspettato! Oooh, che pianeta è, professoressa?»

«È Urano, mia cara» rispose la professoressa Cooman, scrutando la mappa.

«Posso dare anch'io un'occhiata a Urano, Lavanda?» disse Ron. Per sua gran sfortuna, la professoressa Cooman lo sentì, e fu questo, forse, che la indusse a dare così tanti compiti alla fine della lezione.

«Un'analisi dettagliata del modo in cui vi influenzeranno i movimenti planetari del prossimo mese, con riferimento alla vostra mappa personale»

sbottò seccamente in un tono molto poco mistico e molto più simile a quello della professoressa McGranitt. «La voglio pronta per lunedì, e niente scuse!»

«Maledetta vecchia pipistrella» disse Ron amaramente, mentre si univano alla folla che scendeva le scale diretta alla Sala Grande. «Ci vorrà tutto il fine settimana, ci vorrà...»

«Tanti compiti?» disse Hermione in tono vivace, raggiungendoli. «Il professor Vector a noi non ne ha dato nemmeno uno!»

«Be', urrà per il professor Vector» disse Ron imbronciato. Raggiunsero l'Ingresso, che era affollato di ragazzi in coda per la cena. Si erano appena messi in fila quando alle loro spalle risuonò una voce forte.

«Weasley! Ehi, Weasley!»

Harry, Ron e Hermione si voltarono. Malfoy, Tiger e Goyle erano lì, e tutti e tre parevano gongolare per qualcosa.

«Cosa c'è?» disse Ron asciutto.

«Tuo padre è sul giornale, Weasley!» disse Malfoy, brandendo una copia della Gazzetta del Profeta e parlando a voce molto alta, così che lo sentissero tutti nell'Ingresso gremito. «Ascolta un po'!»

ALTRI ERRORI AL MINISTERO DELLA MAGIA

Pare che i guai del Ministero della Magia non siano ancora finiti, scrive Rita Skeeter, inviato speciale. Recentemente sotto accusa per lo scarso controllo alla Coppa del Mondo di Quidditch, e ancora incapace di giusti- ficare la sparizione di una delle sue streghe, il Ministero è sprofondato di nuovo nell'imbarazzo ieri a opera di Arnold Weasley, dell'Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani.

Malfoy alzò gli occhi dalla pagina.

«Figuriamoci, non sono nemmeno riusciti a dare il nome giusto, Weasley: è come se fosse una completa nullità, vero?» gracchiò. Ora nell'Ingresso lo ascoltavano tutti. Malfoy raddrizzò la pagina con un gesto pomposo e lesse:

Arnold Weasley, che due anni fa fu accusato di possesso di un'auto vo- lante, ieri è stato coinvolto in una zuffa con parecchi protettori della legge babbani ( 'poliziotti' ) a causa di alcuni bidoni della spazzatura altamente aggressivi. Pare che il signor Weasley sia intervenuto in aiuto di Maloc- chio Moody, l'anziano ex Auror che è andato in pensione dal Ministero quando non è stato più in grado di distinguere fra una stretta di mano e un tentato omicidio. Com'era prevedibile, il signor Weasley, all'arrivo presso la casa strettamente sorvegliata del signor Moody, ha scoperto che que- st'ultimo aveva ancora una volta dato un falso allarme. Il signor Weasley è

stato costretto a modificare parecchie memorie prima di riuscire a sfuggi- re ai poliziotti, ma si è rifiutato di rispondere alle domande della Gazzetta del Profeta sul perché abbia coinvolto il Ministero in una scena tanto in- degna e potenzialmente imbarazzante.

«E c'è anche la foto, Weasley!» disse Malfoy, raddrizzando il giornale e reggendolo in alto. «Una foto dei tuoi genitori a casa loro, sempre che si possa chiamarla casa! Tua madre potrebbe anche perdere qualche chilo, no?»

Ron tremava di rabbia. Gli occhi di tutti erano puntati su di lui.

«Vai al diavolo, Malfoy» disse Harry. «Andiamo, Ron...»

«Oh, certo, sei stato da loro quest'estate, vero, Potter?» sogghignò Malfoy. «Allora dimmi, sua madre è davvero così cicciona, o è solo la foto?»

«Hai presente tua madre, Malfoy?» disse Harry che con Hermione tratteneva Ron per i vestiti, per impedirgli di scagliarsi su Malfoy. «Quella faccia che fa, come se avesse la cacca sotto il naso? Ce l'ha sempre avuta o è solo perché era con te?»

Il volto pallido di Malfoy arrossì appena. «Non osare insultare mia madre, Potter».

«Tieni la tua boccaccia chiusa, allora» disse Harry, voltandosi.