«Allora... allora Voldemort potrebbe aver scoperto del Torneo?» disse Harry. «È questo che vuoi dire? Credi che Karkaroff potrebbe essere qui per suo ordine?»

«Non lo so» rispose Sirius soppesando le parole, «non lo so proprio... Karkaroff non mi sembra il tipo che tornerebbe da Voldemort a meno di non essere certo che Voldemort sia abbastanza potente da proteggerlo. Ma chiunque ha messo il tuo nome in quel Calice lo ha fatto per una ragione, e non posso fare a meno di pensare che il Torneo sarebbe un gran bel modo di eliminarti, e di farlo sembrare un incidente».

«Mi sembra davvero un ottimo piano» disse Harry sconsolato. «Dovranno solo stare in un angolo e lasciar fare ai draghi».

«Giusto, i draghi» disse Sirius, parlando molto in fretta. «C'è un modo, Harry. Non farti tentare da uno Schiantesimo: i draghi sono forti e hanno una magia troppo potente per essere abbattuti così. Servono una mezza dozzina di maghi insieme per sopraffare un drago...»

«Sì, lo so, ho appena visto» commentò Harry.

«Ma puoi farcela da solo» riprese Sirius. «C'è un modo, e ti serve solo un semplice incantesimo. Basta che...»

Ma a un tratto Harry alzò una mano per zittirlo, con il cuore che batteva all'impazzata, come se stesse per esplodere. Dei passi scendevano la scala a chiocciola alle sue spalle.

«Vai!» sibilò a Sirius. « Vai! Sta arrivando qualcuno!»

Harry si raddrizzò, nascondendo il fuoco. Se qualcuno avesse visto la faccia di Sirius entro le mura di Hogwarts, sarebbe successo un pandemonio: il Ministero sarebbe stato coinvolto; lui, Harry, sarebbe stato interrogato su dove si trovava Sirius... Harry udì un piccolo pop nel fuoco alle sue spalle, e seppe che Sirius se n'era andato. Fissò la parte più bassa della scala a chiocciola: chi aveva deciso di fare una passeggiatina all'una del mattino e aveva impedito a Sirius di dirgli come fare a superare un drago?

Era Ron. Si fermò di botto quando si trovò di fronte Harry dall'altra parte della stanza, e si guardò intorno.

«Con chi stavi parlando?» chiese.

«Che te ne frega?» ringhiò Harry. «Che cosa fai quaggiù a quest'ora del-la notte?»

«Mi stavo chiedendo dov'eri...» Ron s'interruppe e alzò le spalle. «Niente. Torno a dormire».

«Hai pensato che dovevi venire a ficcare il naso, eh?» gridò Harry. Sapeva che Ron non aveva idea di ciò che aveva interrotto, sapeva che non l'aveva fatto apposta, ma non gì'importava: in quel momento odiava tutto di Ron, perfino i parecchi centimetri di caviglie nude che spuntavano dai pantaloni del suo pigiama a disegni marrone.

«Scusa tanto» disse Ron, rosso di rabbia. «Avrei dovuto capirlo che non volevi essere disturbato. Me ne vado subito, così potrai continuare a fare le prove per la prossima intervista in santa pace».

Harry afferrò una delle spille POTTER FA DAVVERO SCHIFO dal tavolo e la scagliò con violenza attraverso la stanza. La spilla colpì Ron sulla fronte e rimbalzò a terra.

«Tieni» sibilò Harry. «Portati questa, martedì. Magari adesso avrai anche tu una cicatrice, se sei fortunato... è questo che vuoi, no?»

Scappò via dalla stanza e si precipitò per le scale; una parte di lui si aspettava che Ron lo fermasse, magari che gli tirasse un pugno, ma Ron restò lì nel suo pigiama troppo piccolo, e Harry giacque a lungo insonne e agitato, e non lo sentì salire a dormire.

CAPITOLO 20

LA PRIMA PROVA

Harry si alzò la domenica mattina, e si vestì così distrattamente che ci mise un po' ad accorgersi che stava cercando di infilarsi il cappello sul piede al posto del calzino. Quando finalmente ebbe sistemato tutti gli abiti sulle parti giuste del corpo, andò a cercare Hermione, e la trovò nella Sala Grande al tavolo di Grifondoro, dove stava facendo colazione con Ginny. Troppo irrequieto per mangiare, Harry attese che Hermione ingollasse la sua ultima cucchiaiata di porridge, poi la trascinò fuori per un'altra passeggiata. Mentre facevano un altro lungo giro attorno al lago, le raccontò

tutto dei draghi, e quasi tutto quello che aveva detto Sirius. Pur allarmata per gli avvertimenti di Sirius a proposito di Karkaroff, Hermione continuava a pensare che i draghi fossero il problema più urgente.

«Troviamo il modo di farti restare vivo fino a martedì sera» disse accoratamente, «e poi potremo preoccuparci di Karkaroff». Fecero tre volte il giro del lago, cercando di pensare a un incantesimo semplice che potesse soggiogare un drago. Ma non gliene venne in mente nessuno, così si rinchiusero in biblioteca. Qui Harry sfilò dagli scaffali tutti i libri sui draghi che riusci a trovare, e tutti e due si misero a consultarli uno dopo l'altro.

« Come tagliare gli artigli d incanto... Come curare la carie delle sca- glie... questa roba non serve, va bene per svitati come Hagrid che vogliono tenerli in forma...»

« I draghi sono estremamente difficili da uccidere, a causa dell'antica magia che intride la loro spessa pelle, che solo gli incantesimi più potenti sono in grado di perforare... ma Sirius ha detto che ne basta uno semplice...»

«Proviamo con dei libri di incantesimi semplici, allora» disse Harry, gettando via Uomini Che Amano Troppo i Draghi. Tornò al tavolo con una pila di libri di formule magiche, li posò e cominciò a scorrerli uno per uno, con Hermione che sussurrava ininterrottamente al suo fianco. «Be', ci sono gli Incantesimi di Scambio... ma a cosa serve Scambiare? A meno che tu non scambi le sue zanne con gomma da masticare o roba del genere, così diventerebbe meno pericoloso... il guaio è

che come dice il libro non c'è molto che possa trapassare la pelle di drago... ti suggerirei di Trasfigurarlo, ma una cosa così grossa, non hai la minima speranza, dubito che anche la professoressa McGranitt... a meno che tu non debba scagliare l'incantesimo su di te... Forse per attribuirti dei poteri in più? Ma quelli non sono incantesimi semplici, voglio dire, non ne abbiamo fatto nemmeno uno in classe, io so solo che esistono perché faccio i test di G.U.F.O. per esercitarmi...»

«Hermione» disse Harry a denti stretti, «vuoi stare un po' zitta, per favore? Sto cercando di concentrarmi». Ma tutto quello che successe quando Hermione tacque fu che il cervello di Harry si riempì di una specie di vuoto ronzio, che non lasciava spazio alla concentrazione. Scorse senza speranza l'indice di Incantesimi-base per chi ha poco tempo: rasatura istantanea... ma i draghi non avevano il pelo... alito pepato... probabilmente avrebbe solo aumentato la gittata del fuoco di un drago... lìngua cornuta... proprio quello di cui aveva bisogno, regalargli un'arma in più...

«Oh, no, è tornato un'altra volta, perché non può leggere sulla sua stupida nave?» sbottò Hermione seccata mentre Viktor Krum entrava ciondolando, scoccava un'occhiata arcigna verso di loro e si sistemava in un an-golo lontano con una pila di libri. «Andiamo, Harry.. torneremo in sala comune... il suo fan club sarà qui a momenti, tutto cinguettante...»

E in effetti, mentre uscivano, una banda di ragazze entrò in punta di piedi. Una di loro portava una sciarpa della Bulgaria legata alla vita.

*

Quella notte Harry dormì appena. Quando si svegliò il lunedì mattina, per la prima volta in assoluto prese seriamente in considerazione l'idea di fuggire da Hogwarts. Ma mentre si guardava intorno nella Sala Grande a colazione, pensò a ciò che avrebbe significato lasciare il castello, e seppe che non poteva. Era l'unico posto in cui fosse stato mai felice... be'. doveva esserlo stato anche con i suoi genitori, ma non se lo ricordava. In qualche modo, gli faceva bene sapere che trovarsi lì e affrontare un drago era meglio che essere ancora a Privet Drive con Dudley; lo faceva sentire un po' più tranquillo. Finì a fatica la pancetta (la gola non gli funzionava molto bene), e mentre lui e Hermione si alzavano vide Cedric Diggory allontanarsi dal tavolo di Tassorosso.

Cedric non sapeva ancora dei draghi... era il solo campione a non sapere, se Harry aveva ragione di pensare che Madame Maxime e Karkaroff lo avrebbero detto a Fleur e Krum...

«Hermione, ci vediamo alle serre» disse Harry, seguendo con gli occhi Cedric che usciva. «Vai avanti, io ti raggiungo».

«Harry, farai tardi, la campana sta per suonare...»

«Ti raggiungo, va bene?»

Quando Harry giunse ai piedi della scalinata di marmo, Cedric era in cima, con un gruppo di amici del sesto anno. Harry non voleva parlargli davanti a loro; erano di quelli che lo bersagliavano di battute sull'articolo di Rita Skeeter tutte le volte che lo incontravano. Seguì Cedric tenendosi a distanza, e vide che puntava verso il corridoio dell'aula di Incantesimi. Ciò

gli diede un'idea. Fermandosi a una certa distanza da loro, estrasse la bacchetta e prese la mira con cura.

« Diffindo! »

La borsa di Cedric si strappò. Pergamene, penne e libri si sparpagliarono sul pavimento. Parecchie boccette d'inchiostro andarono in frantumi.

«Non importa» disse Cedric seccato, mentre i suoi amici si chinavano per aiutarlo, «dite a Vitious che sto arrivando, andate...»

Era esattamente ciò che Harry sperava. Fece sparire la bacchetta, attese che gli amici di Cedric fossero entrati in classe, e corse nel corridoio, ora completamente deserto, a parte loro due.

«Ciao» disse Cedric, raccogliendo la sua Guida alla Trasfigurazione Avanzata che ora era macchiata di inchiostro. «Mi si è appena rotta la borsa... e pensare che era nuova di zecca...»

«Cedric» disse Harry, «la prima prova è con i draghi».

«Cosa?» esclamò Cedric alzando gli occhi.

«Draghi» disse Harry parlando in fretta, nel caso che il professor Vitious uscisse a vedere che cosa stava facendo Cedric. «Ce ne sono quattro, uno per ciascuno, e dobbiamo superarli».

Cedric lo fissò sbalordito. Harry vide un po' del panico che provava da sabato notte balenare negli occhi grigi di Cedric.

«Sei sicuro?» gli chiese, con voce soffocata.

«Sicurissimo» rispose Harry. «Li ho visti».

«Ma come hai fatto a scoprirlo? Non dovremmo sapere...»

«Non è importante» disse Harry in fretta: sapeva che Hagrid sarebbe finito nei guai se avesse detto la verità. «Ma non sono solo io a saperlo. Maxime e Karkaroff hanno visto i draghi, ormai lo sapranno anche Fleur e Krum...».

Cedric si alzò, le braccia cariche di penne, pergamene e libri macchiati d'inchiostro, la borsa strappata che penzolava dalla spalla. Osservò Harry con uno sguardo perplesso, quasi sospettoso.

«Perché sei venuto a dirmelo?»

Harry lo guardò incredulo. Era sicuro che Cedric non glielo avrebbe chiesto se avesse visto i draghi con i suoi occhi. Harry non avrebbe lasciato nemmeno il suo peggior nemico ad affrontare quei mostri impreparato - be', forse Malfoy o Piton...

«È solo che è... corretto, no?» disse a Cedric. «Adesso lo sappiamo tutti... partiamo alla pari, no?»

Cedric lo guardava ancora con vago sospetto quando Harry udì un ticchettio familiare alle sue spalle. Si voltò e vide Malocchio Moody uscire da una delle aule vicine.

«Vieni con me, Potter» ringhiò. «Diggory, vai».

Harry fissò Moody allarmato. Li aveva sentiti? «Ehm... professore, dovrei essere a Erbologia...»

«Dopo, Potter. Nel mio ufficio, prego...»

Harry lo seguì, chiedendosi che cosa gli sarebbe successo. E se Moody voleva sapere come aveva fatto a scoprire i draghi? Sarebbe andato da Si-lente e avrebbe denunciato Hagrid, o si sarebbe limitato a trasformare Harry in un furetto? Be', poteva essere più facile superare un drago sotto le sembianze di un furetto, Harry ridletté depresso, sarebbe stato molto più

piccolo, molto meno visibile da un'altezza di quindici metri... Seguì Moody nel suo ufficio. Moody chiuse la porta e si rivolse a Harry, l'occhio magico puntato su di lui come quello normale.

«Hai fatto una cosa molto onesta, Potter» disse Moody tranquillamente. Harry non sapeva cosa dire; non era questa la reazione che si era aspettato.

«Siediti» disse Moody, e Harry sedette e si guardò intorno. Era entrato in quell'ufficio al tempo di due dei suoi occupanti precedenti. All'epoca del professor Allock, le pareti erano tappezzate di ritratti sorridenti di Allock stesso che facevano l'occhiolino. Quando c'era Lupin, era più probabile imbattersi in un esemplare di qualche nuova, affascinante Creatura Oscura che si era procurato per la lezione. Ora, invece, l'ufficio era pieno di una serie di oggetti straordinariamente stravaganti che Moody doveva aver usato nei giorni in cui era un Auror.

Sulla sua scrivania c'era quella che sembrava una grossa trottola di vetro incrinato: era uno Spioscopio. Harry lo riconobbe subito perché ne aveva uno anche lui, molto più piccolo di quello di Moody. Su un tavolino nell'angolo c'era un oggetto che sembrava un'antenna televisiva dorata decisamente arzigogolata. L'antenna ronzava. Quello che sembrava uno specchio era appeso alla parete di fronte a Harry, ma non rifletteva la stanza. Sagome in ombra si muovevano al suo interno, nessuna completamente a fuoco.

«Ti piacciono i miei Detector Oscuri, eh?» chiese Moody, che studiava attentamente Harry.

«Quello cos'è?» chiese Harry, indicando l'antenna d'oro arzigogolata.

«Un Sensore Segreto. Vibra quando capta dissimulazioni e bugie... qui non serve, naturalmente, ci sono troppe interferenze - studenti da tutte le parti che mentono sul perché non hanno fatto i compiti. Ronza da quando sono arrivato. Ho dovuto disattivare lo Spioscopio perché non smetteva mai di fischiare. È molto sensibile, capta segnali nel raggio di un chilometro. Naturalmente è in grado di captare molto più della solita roba da bambini» aggiunse con un brontolio.

«E lo specchio a cosa serve?»

«Oh, quello è il mio Avversaspecchio. Li vedi quelli là che gironzolano?

Non sono davvero nei guai finché non distinguo il bianco dei loro occhi. Allora apro il baule».

Esplose in una breve risata roca e indicò un grosso baule sotto la finestra. Aveva sette serrature in fila. Harry si chiese che cosa c'era dentro, finché la domanda successiva di Moody non lo riportò bruscamente sulla terra.

«Allora... hai saputo dei draghi, vero?»

Harry esitò. Era quello che aveva temuto: ma non aveva detto a Cedric, e certo non aveva intenzione di dire a Moody, che Hagrid aveva violato le regole.

«Va tutto bene» disse Moody, sedendosi e stendendo la gamba di legno con un lamento. «Imbrogliare è una componente tradizionale del Torneo Tremaghi, lo è sempre stata».

«Non ho imbrogliato» disse Harry seccamente. «L'ho scoperto per caso». Moody sorrise. «Non ti stavo accusando, ragazzo. È dall'inizio che lo ripeto a Silente, può fare il nobile quanto gli pare, ma ci puoi scommettere che il vecchio Karkaroff e la Maxime non lo saranno. Avranno raccontato ai loro campioni tutto quello che potevano. Vogliono vincere. Vogliono battere Silente. Vogliono dimostrare che è un essere umano». Moody scoppiò in una risata rauca, e il suo occhio magico vorticò così

in fretta che nel guardarlo a Harry venne la nausea.

«Allora... hai già idea di come farai a superare il tuo drago?»

«No» rispose Harry.

«Be', non ho intenzione di dirtelo» disse Moody burbero. «Non faccio favoritismi, io. Ti darò solo qualche buon consiglio generale. E il primo è: gioca secondo le tue forze» .

«Non ne ho» disse Harry, prima di riuscire a trattenersi.

«Se permetti» ringhiò Moody, «te lo dico io che le hai. Ora rifletti. Qual è la cosa che sai fare meglio?»

Harry si sforzò di concentrarsi. Qual era la cosa che sapeva fare meglio?

Be', era facile davvero...

«Il Quidditch» rispose depresso, «e mi sarà molto utile...»

«È vero» disse Moody, fissandolo intensamente, l'occhio magico quasi immobile. «Sei maledettamente bravo a volare, da quel che ho sentito».

«Sì, ma...» Harry restituì lo sguardo. «Non mi è concesso portare la scopa, ho solo la bacchetta...»

«Il mio secondo consiglio generale» lo interruppe Moody ad alta voce,

«è usare un bell'incantesimo facile che ti permetta di ottenere ciò di cui hai bisogno».

Harry gli rivolse uno sguardo vacuo. Di che cosa aveva bisogno?

«Andiamo, ragazzo...» borbottò Moody. «Fai due più due... non è così

difficile...»

E poi tutto andò al suo posto. La cosa che faceva meglio era volare. Doveva superare il drago via aria. Per riuscirci, aveva bisogno della sua Firebolt. E per avere la sua Firebolt, aveva bisogno di...

«Hermione» sussurrò Harry dieci minuti dopo, arrivando di corsa nella serra numero tre, biascicando delle scuse affrettate alla professoressa Sprite mentre le passava davanti, «Hermione... devi aiutarmi».

«Che cosa credi che stia cercando di fare, Harry?» ribatté lei, gli occhi sbarrati dall'ansia al di sopra del fremente Cespuglio Farfallino che stava potando.

«Hermione, devo imparare a fare un Incantesimo di Appello come si deve entro domani pomeriggio».

*

E così si allenarono. Non pranzarono, ma cercarono un'aula vuota, e qui Harry tentò con tutte le sue forze di attirare a sé svariati oggetti attraverso la stanza. Aveva ancora qualche difficoltà. I libri e le penne continuavano a perdere potenza a metà strada e a cadere a terra come sassi.

«Concentrati, Harry, concentrati... »

«Cosa credi che stia facendo?» ribatté Harry infuriato. «Continua a venirmi in mente uno schifoso drago enorme, chissà perché... Ok, ci riprovo...»

Voleva saltare Divinazione per continuare ad allenarsi, ma Hermione si rifiutò decisamente di bigiare Aritmanzia, e non aveva senso restare senza di lei. Così dovette sopportare più di un'ora di professoressa Cooman, che passò metà della lezione a dire a tutti che, in base alla posizione di Marte rispetto a Saturno in quel momento, le persone nate in luglio correvano seri pericoli di morte improvvisa e violenta.

«Be', magnifico» disse Harry forte, sentendosi invadere dalla rabbia,

«basta che sia una cosa rapida, non voglio soffrire».

Per un attimo parve che Ron stesse per scoppiare a ridere; di sicuro incrociò lo sguardo di Harry per la prima volta da giorni, ma Harry provava ancora troppo rancore per badargli. Passò il resto della lezione cercando di attirare a sé con la bacchetta piccoli oggetti sotto il tavolo. Riuscì a far vo-lare una mosca dritto nel palmo della mano, anche se non era del tutto certo che fosse dovuto alla sua abilità nell'Incantesimo di Appello: forse la mosca era solo stupida.

Cercò di buttar giù qualcosa per cena dopo Divinazione, poi tornò nell'aula vuota con Hermione, usando il Mantello dell'Invisibilità per evitare gli insegnanti. Continuarono ad allenarsi fino a mezzanotte passata. Sarebbero rimasti anche più a lungo, ma comparve Pix, che fingendo di credere che Harry volesse farsi tirare addosso le cose, cominciò a scaraventare sedie per la stanza. Harry e Hermione se ne andarono di corsa prima che il frastuono attirasse Gazza, e tornarono nella sala comune di Grifondoro, che ora era misericordiosamente vuota.

Alle due di notte, Harry era in piedi vicino al camino, circondato da cataste di oggetti - libri, penne, parecchie sedie rovesciate, un vecchio kit di Gobbiglie e il rospo di Neville, Oscar. Solo nel corso dell'ultima ora era riuscito davvero a padroneggiare l'Incantesimo di Appello.

«Va meglio, Harry, va molto meglio» disse Hermione, sfinita ma molto soddisfatta.

«Be', adesso sappiamo cosa fare la prossima volta che non riesco a imparare un incantesimo» esclamò Harry, lanciando a Hermione il Diziona- rio delle Rune per riprovare, «basta che mi minacci con un drago. Pronti...» Levò ancora una volta la bacchetta. « Accio Dizionario! »

Il librone decollò dalla mano di Hermione, attraversò la stanza volando e Harry lo afferrò.

«Harry, l'hai imparato davvero!» disse Hermione incantata.

«Basta che funzioni domani» disse Harry. «La Firebolt sarà molto più

lontana di questa roba, sarà dentro il castello, e io sarò fuori nel parco...»

«Non ha importanza» disse Hermione decisa. «Basta che tu sia molto, molto concentrato, e verrà. Harry, sarà meglio che dormiamo un po'... ne avrai bisogno».

*

Quella sera Harry si era concentrato così tanto per imparare l'Incantesimo di Appello che un po' della sua paura cieca lo aveva abbandonato. La mattina dopo, comunque, tornò tutta intera. L'atmosfera nella scuola era di grande tensione ed eccitazione. Le lezioni sarebbero terminate a mezzogiorno, dando modo a tutti gli studenti di scendere al recinto dei draghi, anche se naturalmente non sapevano ancora che cosa avrebbero trovato laggiù.

Harry si sentiva stranamente isolato da tutti, sia che gli augurassero buona fortuna sia che sibilassero «Teniamo pronta una scatola di fazzoletti, Potter» al suo passaggio. Era talmente nervoso che si chiese se nel momento di affrontare il drago non avrebbe semplicemente perso la testa, scagliando incantesimi su tutti quanti. Il tempo si comportava in modo più stravagante che mai: filava via a grandi blocchi, così che un momento gli sembrava di essere seduto in classe per la prima lezione, Storia della Magia, e il momento dopo stava andando a pranzo... e poi (dov'era finita la mattinata? Le ultime ore senza draghi?) ecco che la professoressa McGranitt gli correva incontro nella Sala Grande. Un sacco di ragazzi gli puntarono gli occhi addosso.

«Potter, i campioni devono venire giù nel parco adesso... dovete prepararvi per la prima prova».

«Va bene» disse Harry alzandosi, mentre la forchetta cadeva nel piatto con un tintinnio.

«Buona fortuna, Harry» sussurrò Hermione. «Andrà tutto bene!»

«Certo» disse Harry con una voce che non somigliava affatto alla sua. Uscì dalla Sala Grande assieme alla professoressa McGranitt. Quasi non sembrava lei; in effetti, era preoccupata quasi quanto Hermione. Mentre lo scortava giù per i gradini di pietra nel freddo pomeriggio di novembre, gli posò una mano sulla spalla.

«Ora, non farti prendere dal panico» disse, «cerca di restare distaccato... abbiamo maghi a disposizione per controllare la situazione se sfugge di mano... la cosa più importante è che tu faccia meglio che puoi, e nessuno penserà male di te... ti senti bene?»

«Si» Harry si sentì rispondere. «Si, sto bene».

Lo stava guidando verso il luogo in cui si trovavano i draghi, lungo il limitare della Foresta, ma quando si avvicinarono alla macchia di alberi oltre la quale lo steccato sarebbe stato chiaramente visibile, Harry vide che era stata eretta una tenda: l'ingresso era davanti a loro e nascondeva i draghi.

«Devi entrare là con gli altri campioni» disse la professoressa McGranitt con voce piuttosto tremante, «e aspettare il tuo turno, Potter. Il signor Bagman è là dentro... ti spiegherà la... la procedura... buona fortuna».

«Grazie» disse Harry con voce sorda e distante. Lei lo lasciò all'ingresso delia tenda. Harry entrò.

Fleur Delacour era seduta in un angolo su un basso sgabello di legno. Non sembrava affatto calma come al solito, ma era pallida e sudaticcia. Viktor Krum sembrava anche più arcigno del solito, e Harry suppose che fosse il suo modo di manifestare la tensione. Cedric camminava avanti e indietro. All'ingresso di Harry, gli rivolse un sorrisetto, che Harry ricambiò, accorgendosi che i suoi muscoli facciali facevano fatica a lavorare, come se avessero dimenticato come si faceva.

«Harry! Ehilà!» disse Bagman allegro, voltandosi a guardarlo. «Entra, entra, mettiti comodo!»

Bagman sembrava vagamente un personaggio dei cartoni animati un po'

gonfiato, lì in mezzo ai campioni pallidi e tirati. Indossava di nuovo la sua vecchia divisa da Vespa.

«Be', ora che ci siamo tutti è giunto il momento di informarvi!» disse Bagman in tono vivace. «Quando il pubblico avrà preso posto, vi consegnerò questa borsa» - mostrò un sacchetto di seta viola e lo scosse - «da cui estrarrete a turno un modellino della cosa che state per affrontare! Ce ne sono diversi - ehm - tipi, sapete. E devo dirvi anche qualcos'altro... ah, sì... il vostro compito e impadronirvi dell'uovo d'oro

Harry si guardò attorno. Cedric aveva annuito una volta, per mostrare che aveva capito le parole di Bagman, e poi aveva ripreso a percorrere la tenda su e giù; era un po' verdastro. Fleur Delacour e Krum non avevano avuto alcuna reazione. Forse pensavano che ad aprire la bocca avrebbero vomitato; era proprio cosi che si sentiva Harry. Ma loro, almeno, si erano fatti avanti spontaneamente...

E in un attimo, si udirono centinaia e centinaia di paia di piedi al di là

della tenda, mentre i loro proprietari parlavano eccitati, ridevano, scherzavano... Harry si sentiva separato dalla folla come se fosse di un'altra specie. E poi - dopo quello che gli parve un secondo - Bagman aprì il sacchetto di seta viola.

«Prima le signore» disse, porgendolo a Fleur Delacour.

La ragazza infilò una mano tremante nel sacchetto ed estrasse un minuscolo, perfetto modellino di drago: un Gallese Verde. Attorno al collo aveva appeso il numero due. E Harry seppe, dal fatto che Fleur non diede segno di sorpresa, ma piuttosto una determinata rassegnazione, che aveva avuto ragione: Madame Maxime le aveva detto che cosa la aspettava. La stessa cosa valse per Krum. Lui estrasse il Petardo Cinese. Aveva il numero tre attorno al collo. Krum non batté ciglio, si limitò a fissare il terreno. Cednc infilò la mano nel sacchetto e ne uscì il Grugnocorto Svedese blugrigio, col numero uno appeso al collo. Sapendo che cosa era rimasto, Harry mise la mano nel sacchetto di seta ed estrasse l'Ungaro Spinato, il numero quattro. Mentre lo guardava, quello spalancò le ali e scoprì le minuscole zanne.

«Bene, ci siamo!» disse Bagman. «Ciascuno di voi ha estratto il drago che dovrà affrontare, e i numeri si riferiscono all'ordine in cui li sfiderete, capito? Ora, fra un attimo vi devo lasciare, perché farò la telecronaca. Signor Diggory, lei è il primo, non deve far altro che entrare nel recinto quando sente un fischio, d'accordo? Ora... Harry... posso dirti due parole?

Fuori?»

«Ehm... sì» disse Harry confuso, e si alzò e uscì dalla tenda con Bagman, che lo condusse poco distante, tra gli alberi, e poi gli si rivolse con fare paterno.

«Ti senti bene, Harry? C'è qualcosa che posso farti avere?»

«Cosa?» disse Harry. «Io... no, niente».

«Hai un piano?» gli chiese Bagman, abbassando la voce in tono cospiratorio. «Perché non mi dispiace darti qualche consiglio, se ti va, insomma. Voglio dire» continuò Bagman, a voce ancora più bassa, «tu sei quello messo peggio qui, Harry... se posso fare qualcosa per aiutarti...»

«No» rispose Harry, così in fretta che capì di essere stato sgarbato, «no... io... ho già deciso che cosa fare, grazie».

«Non lo verrebbe a sapere nessuno, Harry» disse Bagman con una strizzatina d'occhio.

«No, sto bene» disse Harry, chiedendosi perché continuava a ripeterlo a tutti, e domandandosi se era mai stato meno bene. «Ho un piano che ho escogitato, io...»

Da qualche parte risuonò un fischio.

«Oh cielo, devo correre!» esclamò Bagman allarmato, e filò via. Harry tornò verso la tenda e vide uscirne Cedric, più verde che mai. Cercò di augurargli buona fortuna mentre passava, ma dalla sua bocca non uscì altro che una specie di rauco grugnito. Harry tornò dentro da Fleur e Krum. Qualche secondo più tardi, udirono il ruggito della folla, a indicare che Cedric era entrato nello steccato e si trovava faccia a faccia con l'equivalente in carne e ossa del suo modellino... Fu peggio di quanto Harry avesse mai potuto immaginare, star lì seduto ad ascoltare. La folla urlò... strillò... trattenne il respiro come una sola entità dotata di molte teste, mentre Cedric s'ingegnava a superare il Grugno-corto Svedese. Krum continuava a fissare a terra. Fleur ripercorreva i passi di Cedric, intorno alla tenda. E la cronaca di Bagman rendeva tutto molto, molto peggiore... immagini terribili si formarono nella mente di Harry mentre sentiva: «Oooh, c'è mancato poco, molto poco»... «Corre dei rischi, questo signore!»... «Bella mossa... peccato che non abbia funzionato!»

E poi, dopo circa quindici minuti, Harry udì il frastuono assordante che poteva significare solo una cosa: Cedric aveva superato il suo drago e afferrato l'uovo d'oro.

«Davvero molto bene!» gridava Bagman, «E ora il punteggio dei giudici!»

Ma non gridò i punti; Harry immaginò che i giudici li tenessero alti e li mostrassero alla folla

«Fuori uno, tre ancora in gara!» strillò Bagman, mentre il fischietto suonava di nuovo. «Signorina Delacour, prego!»

Fleur tremava da capo a piedi; Harry si senti più bendisposto nei suoi confronti di quanto non fosse stato fino ad allora, mentre lei usciva dalla tenda a testa alta, con la mano che stringeva convulsamente la bacchetta. Lui e Krum rimasero soli, ai lati opposti della tenda, evitando di incrociare gli sguardi.

Tutto ricominciò daccapo... «Oh, non sono sicuro che sia stata una mossa saggia!» udirono Bagman gridare gaiamente. «Oh... quasi! Attenta ora... Santo cielo, credevo che ci fosse riuscita!»

Dieci minuti dopo, Harry sentì la folla esplodere di nuovo in un applauso... anche Fleur doveva avercela fatta. Una pausa, mentre venivano mostrati i punti di Fleur... altri battimani... poi, per la terza volta, il fischio.

«Ed ecco il signor Krum!» strillò Bagman, e Krum usci ciondolando, lasciando Harry solo. Si sentiva molto più consapevole del solito di possedere un corpo; molto consapevole del suo cuore che batteva forte e delle sue dita che formicolavano di paura... eppure allo stesso tempo gli pareva di essere fuori da se stesso, di vedere le pareti della tenda e di sentire la folla come da una grande distanza...

«Molto audace!» stava urlando Bagman, e Harry udì il Petardo Cinese dare in un orrendo gemito ruggente, mentre la folla tratteneva il respiro come un sol uomo. «Sta dimostrando un bel coraggio... e... sì, ha preso l'uovo!»

Gli applausi incrinarono l'aria invernale tesa come un vetro; Krum aveva finito; a momenti sarebbe toccato a Harry.

Si alzò, notando vagamente che le sue gambe sembravano fatte di zucchero filato. Attese. E poi sentì il fischietto suonare. Usci dall'ingresso della tenda, il panico crescente dentro di lui. Ed ecco che oltrepassava gli alberi, ecco che entrava nello steccato attraverso un'apertura. Vide ogni cosa davanti a lui come se si trattasse di un sogno a colori vivacissimi. C'erano centinaia e centinaia di facce che lo fissavano da tribune che erano state erette per magia dall'ultima volta che era stato li. E c'era lo Spinato, all'altro capo del recinto, accoccolato sulla sua covata, le ali ripiegate a metà, i malvagi occhi gialli fissi su di lui, un mostruoso lucertolone dalle squame nere che agitava la coda irta di punte, scavando solchi lunghi un metro nel terreno duro. La folla faceva un gran frastuono, ma Harry non sapeva né si curò di scoprire se fosse amichevole o meno. Era ora di fare ciò che doveva fare... di concentrare la mente, totalmente e assolutamente, sulla cosa che era la sua sola possibilità...

Levò la bacchetta.

« Accio Firebolt! » urlò.

Attese, ogni fibra del suo corpo che sperava, pregava... se non avesse funzionato... sembrava che vedesse ogni cosa intorno attraverso una sorta di barriera trasparente e luccicante, come una foschia di calore, che faceva fluttuare in modo strano il recinto e le centinaia di facce attorno a lui... E poi la sentì sfrecciare nell'aria alle sue spalle; si voltò e vide la sua Firebolt che si scagliava verso di lui costeggiando il bosco, galleggiava nel recinto, e s'immobilizzava a mezz'aria accanto a lui, in attesa che la cavalcasse. La folla faceva ancora più rumore... Bagman urlava qualcosa... ma le orecchie di Harry non funzionavano più a dovere... ascoltare non era importante... Gettò la gamba oltre la scopa e decollò. E un istante dopo, accadde qualcosa di miracoloso... Mentre si alzava in volo, mentre il vento gli soffiava nei capelli, mentre là sotto i volti del pubblico diventavano semplici punte di spillo color carne e lo Spinato rimpiccioliva diventando delle dimensioni di un cane, capi che non si era lasciato indietro solo il suolo, ma anche la sua paura... era tornato nel suo elemento...

Quella era solo un'altra partita a Quidditch, ecco tutto... solo un'altra partita a Quidditch, e lo Spinato era solo un'altra brutta squadra avversaria... Guardò giù il mucchio di uova, e riconobbe quello d'oro, che brillava contro i compagni color granito, tutti ammucchiati al sicuro tra le zampe davanti del drago. «Ok» si disse Harry, «tattica diversiva... andiamo...»

Si tuffò. Il muso dello Spinato lo seguì; Harry conosceva le sue intenzioni, e scartò dalla picchiata appena in tempo; un getto di fuoco aveva investito il punto preciso in cui si sarebbe trovato se non avesse deviato... ma Harry non vi fece caso: era esattamente come evitare un Bolide...

«Santo cielo, questo è volare!» strillò Bagman mentre la folla gemeva e tratteneva il respiro. «Visto che roba, signor Krum?»

Harry si levò più su, in cerchio; lo Spinato stava ancora seguendo la sua avanzata, con la testa che dondolava sul lungo collo - se continuava così, l'avrebbe intontito un bel po' - ma meglio non esagerare, o avrebbe sputato fuoco un'altra volta...

Harry scese a picco proprio mentre lo Spinato spalancava la bocca, ma questa volta ebbe meno fortuna: evitò le fiamme, ma la coda si alzò sferzante per intercettarlo, e mentre deviava a sinistra, una delle lunghe punte gli scalfì la spalla, strappandogli l'abito...

Sentì un bruciore, udì strilli e gemiti salire dalla folla, ma la ferita non sembrava profonda... sfrecciò attorno al dorso dello Spinato, e gli balenò

in mente una possibilità...

Lo Spinato non sembrava intenzionato a prendere il volo, era troppo impegnato a proteggere le uova. Anche se si contorceva e si agitava, spalancando e ripiegando le ali e tenendo i temibili occhi gialli fissi su Harry, aveva paura di allontanarsi troppo... lui doveva riuscire a indurlo a spostarsi, o non si sarebbe mai avvicinato alle uova... il trucco era farlo con cautela, un po' alla volta... Prese a volare prima da una parte poi dall'altra, non abbastanza vicino da provocare una fiammata, ma simulando una minaccia sufficiente affinché

gli tenesse gli occhi incollati addosso. Il suo testone dondolava da una parte all'altra, mentre lo guardava con quelle pupille verticali, le zanne scoperte... Volò più su. La testa dello Spinato si levò con lui, il collo ora teso al massimo, ancora oscillante, come un serpente davanti al suo incantatore... Harry si alzò ancora di qualche metro, e il drago emise un ruggito esasperato. Per lui Harry era come una mosca, una mosca che desiderava scacciare; la sua coda si dibatté di nuovo, ma ora era troppo in alto per raggiungerlo... sputò fuoco nell'aria, e lui lo schivò... le sue mascelle si spalancarono...

«Andiamo» sibilò Harry, scartando sopra di lui in modo da tentarlo,

«andiamo, vieni a prendermi... vieni su, ora...»

E poi il drago si levò, spalancando finalmente le grandi ali di cuoio nero, larghe come quelle di un piccolo aeroplano - e Harry si tuffò. Prima che il drago avesse capito ciò che aveva fatto, o dove fosse sparito, Harry sfrecciava verso il suolo a velocità massima, verso le uova ora non più difese dalle zampe anteriori armate di artigli - ecco che levava le mani dalla Firebolt - ecco che afferrava l'uovo d'oro... E con un'enorme accelerata era su, galleggiava sopra le tribune, il pesante uovo al sicuro sotto il braccio ancora sano, e fu come se qualcuno avesse appena rialzato il volume: per la prima volta, si accorse del fragore della folla, che urlava e applaudiva forte come i tifosi irlandesi alla Coppa del Mondo...

«Ma guardate!» strillava Bagman. «Ma guardate un po'! Il nostro campione più giovane è stato il più veloce a prendere l'uovo! Bene, ciò abbasserà le quote sul signor Potter!»

Harry vide i guardiani accorrere per domare lo Spinato, e, all'ingresso del recinto, la professoressa McGranitt, il professor Moody e Hagrid che gli correvano incontro e gli facevano tutti segno di avvicinarsi, i sorrisi ben visibili anche a quella distanza. Tornò a volare sulle tribune, mentre il frastuono della folla gli pulsava nelle orecchie, e atterrò dolcemente, il cuore più leggero di quanto non fosse stato da settimane... aveva superato la prima prova, era sopravvissuto...

«Ottimo, Potter!» urlò la professoressa McGranitt mentre lui scendeva dalla Firebolt: detto da lei era un complimento insolito. Notò che le tremavano le mani mentre indicava la sua spalla. «Devi andare da Madama Chips prima che i giudici ti diano i punti... laggiù, ha già dovuto sistemare Diggory...»

«Ce l'hai fatta, Harry!» esclamò Hagrid con voce roca. «Ce l'hai fatta! E

proprio contro lo Spinato, te lo ricordi che cos'aveva detto, Charlie, che era il peg...»

«Grazie, Hagrid» disse Harry ad alta voce, in modo che Hagrid non continuasse a blaterare rivelando che gli aveva mostrato i draghi in anticipo. Anche il professor Moody sembrava molto soddisfatto; il suo occhio magico ballava tra le palpebre.

«Come bere un bicchier d'acqua, Harry» ringhiò.

«Di là, Potter, nella tenda prontosoccorso, per favore...» insistette la professoressa McGranitt. Harry uscì dal recinto, ancora ansante, e vide Madama Chips in piedi all'ingresso di una seconda tenda. Aveva l'aria agitata.

«Draghi!» esclamò in tono disgustato, trascinando dentro Harry. La ten-da era divisa in cubicoli; Harry distinse l'ombra di Cedric attraverso la tela, ma Cedric non sembrava ferito gravemente; era seduto, almeno. Madama Chips esaminò la spalla di Harry, parlando in tono arrabbiato per tutto il tempo. «L'anno scorso i Dissennatori, quest'anno i draghi, cos'altro faranno entrare a scuola l'anno prossimo? Sei molto fortunato... è piuttosto superficiale... devo ripulirla prima di medicarla, però...»

Pulì il taglio con una spruzzata di un liquido violetto che fumava e bruciava, poi gli sfiorò la spalla con la bacchetta e la sentì guarire all'istante.

«Ora, stai lì seduto tranquillo un minuto... seduto! E poi potrai andare a vedere il punteggio».

Si precipitò fuori dalla tenda e Harry la sentì entrare nel cubicolo accanto e chiedere: «Come va adesso, Diggory?»

Harry non voleva star seduto; era ancora troppo carico di adrenalina. Si alzò per vedere che cosa succedeva fuori, ma prima di aver raggiunto l'ingresso della tenda, Hermione entrò di corsa, seguita da Ron.

«Harry, sei stato eccezionale!» disse Hermione con voce roca. C'erano graffi sul suo viso, nei punti in cui aveva affondato le unghie per la paura.

«Sei stato straordinario! Davvero!»

Ma Harry stava guardando Ron, che era molto pallido, e lo fissava come se fosse un fantasma.

«Harry» disse in tono molto serio, «chiunque abbia messo il tuo nome in quel Calice... io... io credo che stiano cercando di farti fuori!»

Era come se le ultime settimane non fossero mai passate, come se Harry incontrasse Ron per la prima volta appena dopo essere stato designato campione.

«Ci sei arrivato, eh?» disse freddamente. «Ci hai messo un bel po'». Hermione stava in mezzo a loro, tesa, guardando dall'uno all'altro. Ron aprì la bocca, incerto. Harry capì che stava per scusarsi e all'improvviso sentì che non aveva bisogno di ascoltarlo.

«È tutto ok» disse, prima che Ron potesse spiccicar parola. «Lascia perdere».

«No» disse Ron. «Non avrei dovuto...»

« Lascia perdere» ripeté Hany.

Ron gli sorrise, imbarazzato, e Harry ricambiò il sorriso. Hermione scoppiò in lacrime.

«Non c'è niente da piangere!» le disse Harry, sbalordito.

«Voi due siete così stupidi!» gridò lei tra le lacrime, pestando il piede a terra. Poi, prima che uno di loro potesse fermarla, abbracciò tutti e due e sfrecciò via. singhiozzando con tutte le sue forze.

«Quante storie» commentò Ron, scuotendo la testa. «Harry, andiamo, staranno dando il punteggio...»

Prendendo l'uovo d'oro e la Firebolt. più sollevato di quanto non avesse creduto possibile solo un'ora prima, Harry si chinò per uscire dalla tenda, con Ron al fianco, che parlava in fretta.

«Sei stato il migliore, davvero, non c'è paragone. Cedric ha fatto una cosa strana, ha Trasfigurato una pietra per terra... l'ha trasformata in un cane... voleva che il drago lo inseguisse. Be', è stata una gran bella Trasfigurazione, e ha funzionato, in un certo senso, perché ha preso l'uovo, ma si è

anche bruciato: il drago ha cambiato idea a metà strada e ha deciso che preferiva acchiappare lui, se l'è cavata per un pelo. E quella Fleur ha tentato una specie di incantesimo, credo che volesse ipnotizzarlo o roba del genere; be', ha funzionato, un po', almeno, il drago era tutto insonnolito, ma poi ha sbuffato, ed è venuto fuori un gran getto di fuoco, e la sua gonna ha preso fuoco: l'ha spenta facendo uscire dalla bacchetta un po' d'acqua. E

Krum - non ci crederai, ma non gli è nemmeno venuto in mente di volare!

Probabilmente è stato il migliore dopo di te, comunque. L'ha beccato nell'occhio con un incantesimo. Solo che quello si è messo a calpestare tutto dal dolore e ha schiacciato metà delle uova vere; gli hanno tolto dei punti, non doveva danneggiarle».

Ron riprese fiato mentre lui e Harry raggiungevano lo steccato. Ora che lo Spinato era stato portato via, Harry vide dov'erano seduti i cinque giudici: all'altro capo, in postazioni elevate rivestite d'oro.

«Ciascuno può dare al massimo dieci» disse Ron, e Harry, strizzando gli occhi per vedere dall'altra parte del campo, vide il primo giudice - Madame Maxime - levare per aria la bacchetta. Ne sfuggì quello che parve un lungo nastro d'argento, che si curvò in un grande otto.

«Non male!» esclamò Ron tra gli applausi della folla. «Credo che ti abbia tolto dei punti per via della spalla...»

Poi toccò al signor Crouch, che sparò in aria un nove.

«Sta andando bene!» strillò Ron, dando dei gran colpi nella schiena a Harry.

Poi Silente. Anche lui disegnò un nove. La folla applaudiva più forte che mai.

Ludo Bagman: dieci.

«Dieci?» disse Harry incredulo. «Ma... mi sono fatto male... a che gioco sta giocando?»

«Harry, non lamentarti!» gridò Ron eccitato.

E poi Karkaroff levò la bacchetta. Si fermò un attimo, e poi anche dalla sua bacchetta filò fuori un numero: quattro.

« Cosa? » tuonò Ron infuriato. « Quattro? Tu, sporca canaglia parziale, a Krum hai dato dieci!»

Ma a Harry non importava, non gli sarebbe importato nemmeno se Karkaroff gli avesse dato zero; l'indignazione di Ron valeva almeno cento punti per lui. Non lo disse a Ron, naturalmente, ma il suo cuore era più

leggero dell'aria quando si voltò per uscire dallo steccato. E non era solo Ron... non erano solo i Grifondoro quelli che applaudivano nella folla. Quando si era arrivati al dunque, quando avevano visto che cosa doveva affrontare, gran parte dei ragazzi della scuola si erano schierati dalla sua parte, come da quella di Cedric... non gli importava dei Serpeverde, ora poteva sopportare qualunque insulto da parte loro.

«Sei al primo posto alla pari, Harry! Tu e Krum!» disse Charlie Weasley, affrettandosi a raggiungerli mentre tornavano a scuola. «Senti, devo correre, devo mandare un gufo a mamma, le ho giurato di dirle che cosa succedeva - ma è stato incredibile! Oh, si - e devi restare qui ancora qualche minuto... Bagman vuole parlarti nella tenda dei campioni». Ron disse che lo avrebbe aspettato, così Harry tornò nella tenda, che ora sembrava diversa: amichevole e accogliente. Ripensò a quello che aveva provato mentre schivava lo Spinato, e lo paragonò alla lunga attesa prima di uscire ad affrontarlo... non c'era confronto, l'attesa era stata incommensurabilmente peggiore. Fleur, Cedric e Krum entrarono insieme.

Un lato del viso di Cedric era coperto da una densa pasta arancione, che presumibilmente stava curando la sua scottatura. Sorrise a Harry quando lo vide. «Bel colpo, Harry».

«Anche il tuo» disse Harry, e gli restituì il sorriso.

«Ben fatto, tutti quanti!» esclamò Ludo Bagman, entrando saltellando nella tenda, soddisfatto come se fosse stato lui a superare un drago. «Ora, solo due parole veloci. Avete una bella pausa lunga prima della seconda prova, che avrà luogo la mattina del 24 febbraio alle nove e mezza - ma nel frattempo vi diamo qualcosa a cui pensare! Se guardate le uova d'oro che tenete in mano, vedrete che si aprono... vedete il segno? Dovete risolvere l'indovinello che c'è nel vostro uovo, perché vi dirà qual è la seconda prova, e vi permetterà di prepararvi! È tutto chiaro? Sicuri? Bene, allora potete andare!»

Harry uscì dalla tenda, raggiunse Ron e insieme camminarono lungo il limitare della Foresta, parlando fitto; Harry voleva sapere nel dettaglio che cos'avevano fatto gli altri campioni. Poi, mentre aggiravano il ciuffo di alberi dietro il quale Harry aveva visto i draghi ruggire per la prima volta, una strega gli si parò davanti all'improvviso.

Era Rita Skeeter. Quel giorno era vestita di verde acido, che s'intonava perfettamente con la Penna Prendiappunti, pronta all'azione.

«Congratulazioni, Harry!» disse con un gran sorriso. «Chissà se hai voglia di dirmi una parolina... Cos'hai provato affrontando il drago? Che cosa ne pensi dei punteggi, secondo te sono giusti?»

«Sì, ho proprio voglia di dirle una parolina» disse Harry con ferocia.

« Addio» .

E ripartì con Ron alla volta del castello.

CAPITOLO 21

IL FRONTE DI LIBERAZIONE DEGLI ELFI DOMESTICI

Quella sera Harry, Ron e Hermione salirono alla Guferia a cercare Leo: Harry voleva scrivere a Sirius per dirgli che era riuscito a superare incolume la prova del drago. Lungo le scale, Harry aggiornò Ron su tutto quello che Sirius gli aveva detto di Karkaroff. Sulle prime Ron fu sconvolto dalla notizia che Karkaroff era stato un Mangiamorte, ma quando entrarono nella Guferia decretò che avrebbero dovuto sospettarlo fin dall'inizio.

«Tutto torna, no?» disse. «Ti ricordi quello che aveva detto Malfoy sul treno, che suo padre e Karkaroff erano amici? Ora sappiamo dove si sono conosciuti. Probabilmente giravano insieme incappucciati alla Coppa del Mondo. Però, Harry, se è stato davvero Karkaroff a mettere il tuo nome nel Calice, adesso si sentirà un idiota, no? Non ha funzionato, eh? Ti sei fatto appena un graffio! Vieni qui: faccio io...»

Leo era cosi sovreccitato all'idea di una consegna che continuava a svolazzare attorno alla testa di Harry, ululando ininterrottamente. Ron afferrò

il piccolo gufo e lo tenne ben stretto mentre Harry gli fissava la lettera alla zampa.

«Non è assolutamente possibile che le altre prove siano cosi pericolose: come potrebbero?» riprese Ron portando Leo verso la finestra. «La sai una cosa? Scommetto che potresti vincere il Torneo, Harry, dico sul serio». Harry sapeva che Ron voleva solo farsi perdonare il comportamento delle ultime settimane, ma gli fece piacere lo stesso. Hermione, invece, si ap-poggiò alla parete della Guferia, incrociò le braccia e guardò torva Ron.

«Harry ha ancora un bel po' di strada da fare prima della fine del Torneo» disse seria. «Se quella era la prima prova, non oso pensare a quello che si prepara».

«Sempre ottimista, eh?» ribatté Ron beffardo. «Tu e la professoressa Cooman dovreste uscire insieme qualche volta».

Lanciò Leo fuori dalla finestra. Il gufetto precipitò per quattro metri prima di riuscire a rimettersi diritto; la lettera fissata alla sua zampa era molto più lunga e pesante del solito, perché Harry non aveva potuto fare a meno di scrivere la cronaca dettagliata di come aveva schivato, accerchiato e infine giocato l'Ungaro Spinato.

Guardarono Leo sparire nell'oscurità, e poi Ron disse: «Be', sarà meglio scendere per la tua festa a sorpresa, Harry. Fred e George ormai dovrebbero aver rubato abbastanza cibo dalle cucine». E quando fecero il loro ingresso nella sala comune di Grifondoro questa esplose di nuovo di urla e applausi. C'erano montagne di torte e brocche di succo di zucca e di Burrobirra dappertutto; Lee Jordan aveva sparato alcuni Favolosi Fuochi d'Artificio Freddi del dottor Filibuster con Innesco ad Acqua, e l'aria era pervasa di stelline e scintille; e Dean Thomas, che disegnava benissimo, aveva appeso alcuni stendardi nuovi davvero notevoli, con Harry che sfrecciava attorno alla testa dello Spinato sulla sua Firebolt, anche se, a dir la verità, un paio mostravano Cedric con la testa in fiamme. Harry aveva quasi dimenticato cht cosa si provava ad aver davvero fame, e si sedette con Ron e Hermione. Non riusciva a credere alla sua felicità: aveva di nuovo Ron al suo fianco, aveva superato la prima prova, e non avrebbe dovuto affrontare la seconda prima di tre mesi.

«Accidenti, quanto pesa» disse Lee Jordan, soppesando l'uovo d'oro che Harry aveva posato su un tavolo. «Aprilo, Harry, dai! Vediamo un po' che cosa c'è dentro!»

«Dovrebbe cercare di risolvere l'indovinello da solo» intervenne prontamente Hermione. «Sono le regole del Torneo...»

«Avrei dovuto arrangiarmi da solo anche per superare il drago» sussurrò

Harry, in modo che solo Hermione lo sentisse, e lei gli sorrise con aria colpevole.

«Sì, dai, Harry, aprilo!» ripeterono in parecchi.

Lee passò l'uovo a Harry, che infilò le dita nel solco che correva tutto intorno, e lo divise in due. Era cavo e completamente vuoto: ma nell'istante in cui Harry lo aprì, un fragore tremendo, un gemito alto e stridulo invase la stanza. La cosa più

simile che Harry avesse mai sentito era stato alla Festa di Complemorte di Nick-Quasi-Senza-Testa, dove tutti i componenti dell'Orchestra Fantasma suonavano la Sega Musicale.

«Fallo star zitto!» ululò Fred, le mani premute sulle orecchie. Harry lo richiuse di scatto.

«Che cos'era?» chiese Seamus Finnigan, fissando l'uovo. «Sembrava una Banshee... forse la prossima volta dovrai affrontarne una, Harry!»

«Era qualcuno che stavano torturando!» esclamò Neville, che era impallidito bruscamente rovesciando panini alla salsiccia su tutto il pavimento.

«Dovrai vedertela con la Maledizione Cruciatus!»

«Non dire sciocchezze, Neville, è illegale» disse George. «Non userebbero la Maledizione Cruciatus sui campioni. Secondo me assomigliava un po' a Percy quando canta... forse la tua prova è attaccarlo mentre fa la doccia, Harry».

«Vuoi una crostatina alla marmellata, Hermione?» disse Fred. Hermione guardò perplessa il vassoio che le porgeva. Fred fece un gran sorriso.

«È tutto a posto» disse. «Non gli ho fatto niente. Ma stai attenta a quelle con la crema...»

Neville, che ne aveva appena addentata una, tossicchiò e la sputò. Fred scoppiò a ridere. «Era solo uno scherzetto, Neville...»

Hermione prese una crostatina alla marmellata. Poi chiese: «Tutta questa roba l'hai presa nelle cucine, Fred?»

«Sicuro» rispose Fred con un sorriso. Fece uno squittio acuto e imitò un elfo domestico. «'Le daremo tutto quello che vuole, signore, tutto tutto!'

Sono spaventosamente utili... mi cucinerebbero un bue arrosto se dicessi che ho un certo languorino».

«Com'è che fate a entrare laggiù?» chiese Hermione in tono innocente e casuale.

«Facile» rispose Fred, «c'è una porta nascosta dietro un quadro di una ciotola di frutta. Basta fare il solletico alla pera, e si mette a ridere e...»

S'interruppe e la guardò con sospetto. «Perché?»

«Oh, niente» rispose lei in fretta.

«Vuoi provare a organizzare uno sciopero degli elfi domestici, vero?»

disse George. «Hai deciso di lasciar perdere i volantini e sobillarli direttamente fino all'insurrezione?»

Parecchi ragazzi ridacchiarono. Hermione non rispose.

«Guai a te se vai giù a spaventarli con la faccenda della libertà e dello stipendio!» l'ammonì Fred. «Li distrai dai fornelli!»

In quel momento tutti si voltarono a guardare Neville che si stava trasformando in un grosso canarino.

«Oh... mi dispiace, Neville!» gridò Fred al di sopra delle risate. «Mi ero dimenticato... erano proprio le crostatine alla crema che abbiamo stregato...»

Un minuto dopo, comunque, Neville fu in piena muta, e appena gli furono cadute le piume, riprese il suo aspetto di sempre. Si unì addirittura alle risate.

«Crostatine Canarine!» gridò Fred alla folla agitata. «Le abbiamo inventate io e George... sette zellini l'una, è un affare!»

Era quasi l'una del mattino quando finalmente Harry salì in dormitorio con Ron, Neville. Seamus e Dean. Prima di chiudere le tende del suo letto a baldacchino. Harry sistemò il modellino dell'Ungaro Spinato sul tavolo accanto al letto, e quello sbadigliò, si acciambellò e chiuse gli occhi. Davvero, pensò Harry tirando le tende, Hagrid aveva ragione, dopotutto... erano a posto, i draghi... L'inizio di dicembre portò a Hogwarts vento e nevischio. Per quanto d'inverno il castello fosse sempre pieno di spifferi, Harry si rallegrava dei suoi fuochi e dei muri spessi tutte le volte che passava davanti alla nave di Durmstrang. che beccheggiava sul lago al vento forte, le vele nere gonfie contro il cielo oscuro. Probabilmente, rifletteva, anche la carrozza di Beauxbatons era piuttosto gelida. Hagrid si assicurava che i cavalli di Madame Maxime fossero sempre ben riforniti della loro bevanda preferita, whisky di malto; i vapori che si levavano dall'abbeveratoio nell'angolo del loro recinto bastavano a far girare la testa a tutta quanta la classe di Cura delle Creature Magiche. Cosa inutile se non dannosa, dal momento che si stavano ancora occupando degli orrendi Schiopodi e avevano bisogno di essere del tutto lucidi.

«Non so bene se vanno in letargo o no» disse Hagrid alla classe che rabbrividiva nell'orto delle zucche spazzato dal vento la lezione dopo. «Magari possiamo provare a vedere se ci va una dormitina... Mettiamoli in queste casse...»

Erano rimasti solo dieci Schiopodi: a quanto pareva, tra quelli non si era manifestata la tendenza ad ammazzarsi a vicenda. Al momento raggiungevano una lunghezza di due metri: la spessa corazza grigia, le potenti zampe brulicanti, i pungiglioni e i succhiatoi contribuivano a rendere gli Schiopo-di le creature più repellenti che Harry avesse mai visto. La classe guardò

scoraggiata le enonni casse che Hagrid aveva portato fuori, tutte foderate di cuscini e soffici coperte.

«Poi li portiamo dentro» disse Hagrid, «e ci mettiamo sopra il coperchio, e stiamo a vedere cos'è che succede».

Ma gli Schiopodi, si dedusse, non andavano in letargo, e non apprezzarono il fatto di venire costretti prima a entrare, poi a essere rinchiusi in casse imbottite di cuscini. Ben presto Hagrid si trovò a strillare: «Niente paura, insomma, niente paura!» mentre gli Schiopodi zampettavano furiosi nell'orto delle zucche, costellato dai resti bruciacchiati delle casse. Gran parte dei ragazzi - Malfoy, Tiger e Goyle per primi - si erano rifugiati nella capanna di Hagrid passando per la porta sul retro e vi si erano barricati; Harry, Ron e Hermione, invece, furono tra quelli che rimasero all'aperto a cercare di aiutare Hagrid. Insieme riuscirono a bloccare e legare nove Schiopodi, anche se a costo di numerosi tagli e scottature; alla fine ne rimase solo uno.

«Adesso non spaventatelo!» gridò Hagrid, mentre Ron e Harry usavano le bacchette per sparare getti di scintille ardenti contro lo Schiopodo, che avanzava minaccioso verso di loro, il pungiglione inarcato, vibrante, sopra la schiena. «Provate un po' a farci scivolare la corda attorno al pungiglione, così non fa del male agli altri!»

«Sicuro, non sia mai!» urlò Ron arrabbiato mentre lui e Harry arretravano contro il muro della capanna di Hagrid, continuando a tenere a distanza lo Schiopodo con le scintille.

«Bene, bene, bene... questo si chiama divertirsi». Rita Skeeter era appoggiata allo steccato che circondava il giardino di Hagrid, e guardava il caos lì dentro. Portava un pesante mantello rosso vivo con il collo di pelliccia viola, e la borsetta di coccodrillo a tracolla. Hagrid si tuffò sullo Schiopodo che minacciava Harry e Ron e lo schiacciò a terra; dalla coda partì un getto di fuoco, che carbonizzò le piante di zucca lì intorno.

«Lei chi è?» chiese Hagrid a Rita Skeeter, stringendo in un cappio il pungiglione dello Schiopodo.

«Rita Skeeter, inviato della Gazzetta del Profeta» rispose Rita con un gran sorriso. I suoi denti d'oro luccicarono.

«Silente non aveva detto che lei non aveva più il permesso di girare dentro la scuola?» disse Hagrid, e si oscurò in viso mentre scendeva dalla groppa dello Schiopodo ora leggermente ammaccata e cominciava a spin-gerlo verso i suoi compagni. Rita fece finta di niente.

«Come si chiamano queste affascinanti creature?» chiese con un sorriso ancor più ampio.

«Schiopodi Sparacoda» brontolò Hagrid.

«Davvero'?» esclamò Rita, che sembrava interessatissima. «Non ne ho mai sentito parlare... da dove vengono?»

Harry osservò un rossore preoccupante salire di sotto la barba incolta di Hagrid, e il suo cuore ebbe un tuffo. Dove li aveva presi, Hagrid, gli Schiopodi?

Hermione, che stava pensando la stessa cosa, disse in fretta: «Sono molto interessanti, vero? Vero, Harry?»

«Cosa? Oh, sì... ahia... interessanti» rispose Harry mentre lei gli pestava un piede.

«Ah, sei qui, Harry!» esclamò Rita Skeeter voltandosi. «Allora Cura delle Creature Magiche ti piace, eh? È una delle tue materie preferite?»

«Sì» rispose Harry risoluto. Hagrid gli rivolse un sorriso enorme.

«Splendido» commentò Rita. «Davvero splendido. Insegna da molto?»

aggiunse, rivolta a Hagrid.

Harry notò che i suoi occhi passavano in rassegna Dean (che aveva un brutto taglio sulla guancia), Lavanda (che aveva i vestiti bruciacchiati), Seamus (che aveva parecchie dita scottate) e poi si posarono sulle finestre della capanna, dietro le quali si trovava gran parte della classe, i nasi schiacciati contro il vetro, aspettando il via libera.

«Questo è solo il secondo anno» rispose Hagrid.

«Splendido... Non le andrebbe di rilasciare un'intervista? Rendere note alcune delle sue esperienze con le Creature Magiche? Il Profeta ha una rubrica dedicata agli animali tutti i mercoledì, sono certa che lo sa. Potremmo parlare di questi - ehm - Schifoidi Spegnicoda».

«Schiopodi Sparacoda» la corresse Hagrid, entusiasta. «Ehm... sì, perché

no?»

Harry aveva un brutto presentimento, ma non ci fu modo di comunicarlo a Hagrid senza che Rita Skeeter se ne accorgesse, così dovette rimanere lì

impalato in silenzio mentre Hagrid e Rita si accordavano per incontrarsi ai Tre Manici di Scopa per una lunga intervista. Poi su al castello suonò la campana, il segnale della fine delle lezioni.

«Be', arrivederci, Harry!» esclamò allegramente Rita Skeeter. «A venerdì sera, allora, Hagrid!»

«Non farà che distorcere tutto quello che le dirà» mormorò Harry sottovoce.

«Purché non li abbia importati illegalmente, quegli Schiopodi» disse Hermione sconfortata. Si scambiarono uno sguardo: era esattamente il genere di cosa che Hagrid avrebbe potuto fare.

«Hagrid si è ficcato in un mucchio di guai prima d'ora, e Silente non lo ha mai licenziato» rispose Ron in tono consolatorio. «Il peggio che può

capitare è che Hagrid si debba liberare degli Schiopodi. Ooops... ho detto il peggio? Volevo dire il meglio».

Harry e Hermione risero, e andarono a pranzo un po' più tranquilli. Harry si godette appieno le due ore di Divinazione quel pomeriggio; erano ancora alle prese con mappe stellari e predizioni, ma ora che lui e Ron erano tornati amici, la cosa era di nuovo molto divertente. La professoressa Cooman, che era stata così soddisfatta di tutti e due quando avevano predetto la propria orrenda morte, ben presto reagì bruscamente alle loro risatine, che facevano da sottofondo alla sua spiegazione dei vari modi in cui Plutone poteva sconvolgere la vita quotidiana.

«Sarei indotta a credere» disse, in un sussurro mistico che non nascondeva la sua evidente irritazione, «che alcuni di noi» - e scoccò uno sguardo molto eloquente a Harry - «sarebbero un po' meno frivoli se avessero visto ciò che ho visto io durante il mio esame della sfera la scorsa notte. Mentre ero là seduta, assorta nel mio ricamo, la necessità di consultare l'Occhio mi ha sopraffatta. Mi sono alzata, ho preso posto davanti a esso e ho scrutato nelle sue profondità cristalline... e cosa credete che abbia visto là dentro?»

«Un brutto vecchio pipistrello con gli occhiali enormi?» bisbigliò Ron a mezza voce.

Harry si sforzò intensamente di restare serio.

« La Morte, miei cari».

Sia Calì che Lavanda si portarono le mani alla bocca, terrificate.

«Sì» riprese la professoressa Cooman, e annuì con decisione, «viene, è

sempre più vicina, volteggia sopra di noi come un avvoltoio, sempre più

bassa... sempre più bassa sui castello...»

Fissò con insistenza Harry, che sbadigliò vistosamente.

«Metterebbe un po' più paura se non l'avesse già fatto un'ottantina di volte» disse Harry, quando finalmente tornarono all'aria fresca delle scale fuori dall'aula della professoressa Cooman. «Ma se fossi caduto stecchito tutte le volte che me l'ha predetto, sarei un miracolo della scienza medica».

«Saresti una specie di fantasma superconcentrato» sghignazzò Ron, mentre incrociavano il Barone Sanguinario che avanzava nella direzione opposta, i grandi occhi sinistramente fissi. «Almeno non ci ha dato compiti. Spero che Hermione se ne becchi un bel po' dal professor Vector, adoro non avere da studiare quando lei sgobba...»

Ma Hermione non venne a cena, e non era nemmeno in biblioteca più

tardi, quando andarono a cercarla. La sola persona là dentro era Victor Krum. Ron gironzolò dietro gli scaffali per un po', osservò Krum, discusse bisbigliando con Harry se era il caso di chiedergli l'autografo: ma poi si rese conto che sei o sette ragazze erano appostate nel corridoio lì dietro, intente a discutere la stessa identica cosa, e il suo entusiasmo svanì.

«Chissà dov'è andata» disse Ron, mentre lui e Harry tornavano alla Torre di Grifondoro.

«Non so... Guazzabuglio».

Ma la Signora Grassa aveva appena cominciato a scattare in avanti quando un rumore di passi affrettati alle loro spalle annunciò l'arrivo di Hermione.

«Harry!» esclamò ansante, fermandosi di colpo dietro di lui (la Signora Grassa la guardò dall'alto inarcando le sopracciglia). «Harry, devi venire - devi venire, è successa una cosa incredibile... per favore...»

Afferrò Harry per un braccio e cercò di trascinarlo indietro nel corridoio.

«Che cosa succede?» le chiese Harry.

«Te lo farò vedere quando saremo là... oh, andiamo, presto...»

Harry cercò con gli occhi Ron, che rispose al suo sguardo, incuriosito.

«Ok» disse Harry, seguendo Hermione lungo il corridoio, mentre Ron gli teneva dietro.

«Oh, non fate caso a me!» gridò loro la Signora Grassa, seccata. «Non scusatevi per avermi disturbato! Devo restare qui appesa a occhi aperti finché non tornate, vero?»

«Sì, grazie» gridò Ron al di sopra della propria spalla.

«Hermione, dove stiamo andando?» chiese Harry dopo che lei li ebbe trascinati giù per sei piani ed ebbe imboccato la scalinata di marmo che portava alla Sala d'Ingresso.

«Vedrete, vedrete fra un minuto!» disse Hermione eccitata. Ai piedi delle scale voltò a sinistra e corse verso la porta che Cedric Diggory aveva varcato la notte dopo che il Calice di Fuoco aveva sputato il suo nome e quello di Harry. Harry non l'aveva mai oltrepassata prima. Lui e Ron seguirono Hermione giù per una rampa di scalini di pietra, ma invece di finire in un cupo passaggio sotterraneo come quello che portava alla cantina di Piton, si ritrovarono in un ampio corridoio di pietra, ben illuminato da torce, e decorato da allegri quadri che raffiguravano soprattutto cibo.

«Oh, aspetta un po'...» disse Harry lentamente a metà del corridoio. «Aspetta un attimo, Hermione...»

«Cosa?» Lei si voltò a guardarlo.

«So di che cosa si tratta» disse Harry.

Diede una gomitata a Ron e indicò il quadro alle spalle di Hermione. Ritraeva una gigantesca ciotola d'argento piena di frutta.

«Hermione!» esclamò Ron, cominciando a capire. «Stai cercando di incastrarci in quella faccenda di CREPA!»

«No, no, non è così!» disse lei in fretta. «Non è CREPA, Ron...»

«Hai cambiato il nome?» disse Ron guardandola torvo. «Adesso che cosa siamo, il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici? Non ho intenzione di piombare in quella cucina per cercare di farli smettere di lavorare, non lo farò...»

«Non ti sto chiedendo questo!» ribatté Hermione con impazienza. «Sono appena scesa a parlare con loro, e ho scoperto... oh, andiamo, Harry, voglio che tu veda!»

Lo afferrò di nuovo per il braccio, lo trascinò davanti al quadro della ciotola gigante, tese l'indice e fece il solletico alla grossa pera verde, che prese a contorcersi, ridacchiando, e all'improvviso si trasformò in una grossa maniglia verde. Hermione la afferrò, spalancò la porta e spinse con decisione Harry all'interno.

Harry ebbe appena il tempo di scorgere un'enorme stanza dal soffitto alto, con cumuli di pentole e padelle di rame lucente accatastate lungo le pareti di pietra, e un enorme focolare di mattoni all'altro capo, quando qualcosa di piccolo sfrecciò verso di lui dal centro della stanza, squittendo:

«Harry Potter, signore! Harry Potter! »

Un istante dopo l'elfo urlatore gli piombò dritto contro lo stomaco, abbracciandolo così forte che credette che gli si spezzassero le costole.

«D-Dobby?» disse, boccheggiando.

«Sì, è proprio Dobby, signore, sì!» disse la vocina acuta da un punto imprecisato nei dintorni del suo ombelico. «Dobby sperava tanto di vedere Harry Potter, signore, e Harry Potter è venuto a trovarlo, signore!»

Dobby lo lasciò andare e fece qualche passo indietro, sorridendogli da sotto in su, gli enormi occhi verdi a forma di palline da tennis traboccanti di lacrime di felicità. Aveva quasi lo stesso aspetto che ricordava Harry: naso a matita, orecchie da pipistrello, mani e piedi lunghi - tutto tranne gli abiti, che erano molto diversi. Quando Dobby lavorava per i Malfoy, indossava sempre la stessa vecchia federa sudicia. Ora, invece, portava il più

stravagante assortimento di vestiti che Harry avesse mai visto; era ancora peggio dei maghi camuffati da Babbani alla Coppa del Mondo. In testa aveva un copriteiera con attaccato un bel numero di spille vistose; una cravatta a disegni di ferri di cavallo sul petto nudo, un paio di quelli che sembravano pantaloncini da calcio taglia bambino, e calzini spaiati. Uno era quello che Harry aveva usato per far sì che Lucius Malfoy liberasse Dobby; l'altro era a strisce rosa e arancioni.

«Dobby, che cosa ci fai qui?» disse Harry stupefatto.

«Dobby è venuto a lavorare a Hogwarts, signore!» strillò Dobby eccitato. «Il professor Silente ha trovato un lavoro a Dobby e a Winky, signore!»

«Winky?» disse Harry. «Anche lei è qui?»

«Si, signore, sì!» esclamò Dobby. Afferrò la mano di Harry e lo trascinò

dentro le cucine, passando tra quattro lunghi tavoli di legno disposti esattamente sotto ognuno dei quattro tavoli delle Case che si trovavano di sopra, nella Sala Grande. Al momento erano sgombri, visto che la cena era terminata, ma immaginò che un'ora prima fossero stati coperti di piatti che venivano spediti su, attraverso il soffitto, ai loro corrispondenti. Almeno un centinaio di piccoli elfi gremivano la cucina: sorridevano, si inchinavano e facevano riverenze mentre Dobby guidava Harry. Portavano tutti la stessa uniforme: uno strofinaccio con ricamato il blasone di Hogwarts, drappeggiato a mo' di toga. Dobby si fermò davanti al focolare di mattoni.

«Winky, signore!» disse. Winky era seduta su uno sgabello vicino al fuoco. A differenza di Dobby, evidentemente non era andata in cerca di vestiti particolari. Indossava un grazioso completino e un cappellino blu coordinato, con dei buchi per far posto alle sue grandi orecchie. Comunque, mentre ciascun pezzo della stravagante collezione di abiti di Dobby era così pulito e ben tenuto che sembrava nuovo di zecca, era chiaro che Winky non si prendeva affatto cura dei suoi vestiti. C'erano macchie di minestra sulla camicetta e una bruciatura sulla gonna.

«Ciao, Winky» la salutò Harry.

Le labbra di Winky tremarono. Poi l'elfa scoppiò in lacrime, che zampillarono dai suoi grandi occhi marroni e le bagnarono gli abiti, proprio come alla Coppa del Mondo di Quidditch.

«Oh, santo cielo» disse Hermione. Lei e Ron avevano seguito Harry e Dobby all'altro capo della cucina. «Winky, non piangere, ti prego, non...»

Ma Winky gemette più forte che mai. Dobby sorrise a Harry.

«Harry Potter gradisce una tazza di tè?» squittì ad alta voce, sovrastando i singhiozzi di Winky.

«Ehm... si, va bene» disse Harry.

In un attimo, sei elfi domestici gli si avvicinarono trotterellando con un grosso vassoio d'argento carico di teiere, tazze per Harry, Ron e Hermione, un bricco del latte e un bel piattone di biscotti.

«Il servizio è ottimo!» commentò Harry impressionato. Hermione lo guardò cupa, ma tutti gli elfi sembravano felicissimi; fecero un profondo inchino e arretrarono.

«Da quanto tempo sei qui, Dobby?» gli chiese Harry, mentre Dobby serviva il tè.

«Solo da una settimana, Harry Potter, signore!» disse Dobby allegramente. «Dobby è venuto a trovare il professor Silente, signore. Signore, è

molto difficile per un elfo domestico che è stato licenziato trovare un nuovo lavoro, signore, davvero molto difficile...»

A queste parole, Winky gemette ancora più forte, mentre il naso a pomodoro schiacciato le colava abbondantemente, ma lei non faceva niente per arginare il flusso.

«Dobby ha girato il paese per due anni interi, signore, cercando di trovare lavoro» strillò Dobby. «Ma Dobby non ha trovato lavoro, signore, perché Dobby vuole essere pagato, adesso!»

A queste parole gli elfi domestici sparsi per la cucina, che avevano guardato e ascoltato con interesse, distolsero tutti lo sguardo, come se Dobby avesse detto qualcosa di volgare e imbarazzante.

Hermione invece disse: «Meglio per te, Dobby!»

«Grazie, signorina!» disse Dobby rivolgendole un sorriso a trentadue denti. «Ma gran parte dei maghi non vogliono un elfo domestico che vuole la paga, signorina. 'Gli elfi domestici non fanno così' dicono, e hanno chiuso la porta in faccia a Dobby! A Dobby piace lavorare, ma vuole mettersi dei vestiti e vuole essere pagato, Harry Potter... a Dobby piace essere libero!»

Gli elfi domestici di Hogwarts avevano cominciato a tenersi a distanza da Dobby, come se avesse una malattia contagiosa. Winky rimase dov'era, anche se il volume del suo pianto si alzò decisamente.

«E poi, Harry Potter, Dobby va a trovare Winky, e scopre che anche Winky è stata liberata, signore!» disse Dobby incantato. A questo punto, Winky si gettò dallo sgabello su cui era seduta e piombò

lunga distesa a faccia in giù sui lastroni di pietra, picchiando i piccoli pugni per terra e ululando di dolore. Hermione si chinò accanto a lei e cercò

di consolarla, ma niente di ciò che disse riuscì a fare la minima differenza. Dobby riprese il suo racconto, urlando per sovrastare gli strilli di Winky.

«E poi a Dobby è venuta l'idea, Harry Potter, signore! 'Perché Dobby e Winky non trovano lavoro insieme?' dice Dobby. 'Dove c'è abbastanza lavoro per due elfi domestici?' dice Winky. E Dobby pensa, e poi gli viene in mente, signore! A Hogwarts! Così Dobby e Winky sono venuti a trovare il professor Silente, signore, e il professor Silente ci ha presi!»

Dobby fece un gran sorriso, e lacrime di felicità gli inumidirono di nuovo gli occhi.

«E il professor Silente dice che pagherà Dobby, signore, se Dobby vuole essere pagato! E così Dobby è un elfo libero, signore, e Dobby guadagna un galeone alla settimana e ha un giorno libero al mese!»

«Non è molto!» gridò Hermione indignata dal pavimento, sovrastando gli urli e il picchiar di pugni di Winky.

«Il professor Silente ha offerto a Dobby dieci galeoni la settimana, e i finesettimana di riposo» disse Dobby, con un improvviso piccolo brivido, come se la prospettiva di tanti agi e ricchezze fosse spaventosa, «ma Dobby gli ha fatto abbassare il prezzo, signorina... A Dobby piace la libertà, signorina, ma lui non pretende troppo, signorina, preferisce il lavoro».

«E tu, Winky? Quanto ti paga il professor Silente?» chiese Hermione gentilmente.

Se aveva pensato che questo avrebbe rincuorato Winky, si sbagliava di grosso. Winky in effetti smise di piangere, ma quando si alzò a sedere guardò torva Hermione con gli enormi occhi marroni, il viso completamente bagnato e d'un tratto furibondo.

«Winky è un'elfa caduta in disgrazia, ma Winky non si fa ancora pagare!» strillò. «Winky non è caduta così in basso! Winky si vergogna di essere stata liberata, come è giusto che sia!»

«Si vergogna?» ripeté Hermione senza capire. «Ma... Winky, andiamo!

È il signor Crouch che dovrebbe vergognarsi, non tu! Tu non hai fatto niente di sbagliato, lui è stato davvero orribile con te...»

Ma a queste parole, Winky si picchiò le mani sui buchi nel cappello, schiacciandosi le orecchie in modo da non riuscire a sentire una parola, e strillò: «Tu non deve insultare il mio padrone, signorina! Tu non insulta signor Crouch! Signor Crouch è un bravo mago, signorina! Signor Crouch fa bene a licenziare cattiva Winky!»

«Winky ha qualche difficoltà ad adattarsi, Harry Potter» squittì Dobby in tono confidenziale. «Winky dimentica che non è più legata al signor Crouch; adesso può dire quello che pensa, ma non vuole farlo».

«Gli elfi domestici non possono dire quello che pensano dei loro padroni, allora?» chiese Harry.

«Oh no, signore, no» disse Dobby, improvvisamente serio. «Fa parte della schiavitù dell'elfo domestico, signore. Noi tiene i loro segreti e sta zitti, signore, noi tiene alto l'onore della famiglia, e non parla mai male di loro... anche se il professor Silente ha detto a Dobby che non è severo su questa cosa. Il professor Silente ha detto che noi è liberi di... di...» parve improvvisamente nervoso, e fece cenno a Harry di avvicinarsi. Harry si curvò in avanti e Dobby sussurrò: «Ha detto che noi è liberi di chiamarlo... vecchio rimbambito se ci va, signore!»

Scoppiò in una risatina spaventata. «Ma Dobby non vuole, Harry Potter»

continuò, tornando a parlare normalmente, e scuotendo la testa tanto che le orecchie sbatacchiarono di qua e di là. «A Dobby piace tanto il professor Silente, signore, ed è fiero di tenere i suoi segreti per sé».

«Ma adesso puoi dire quello che vuoi dei Malfoy?» gli chiese Harry sorridendo. Uno sguardo vagamente terrorizzato invase gli occhi enormi di Dobby.

«Dobby... Dobby potrebbe» disse in tono dubbioso. Raddrizzò le piccole spalle. «Dobby potrebbe dire a Harry Potter che i suoi vecchi padroni erano... cattivi Maghi Oscuri

Dobby per un istante fu scosso da un tremito, sconvolto dalla sua stessa audacia: poi corse al tavolo più vicino e cominciò a picchiarci la testa contro, molto forte, e a squittire « Dobby cattivo! Dobby cattivo! »

Harry afferrò Dobby per il nodo della cravatta e lo allontanò dal tavolo.

«Grazie, Harry Potter, grazie» disse Dobby senza fiato, massaggiandosi la testa.

«Hai solo bisogno di un po' di allenamento» disse Harry.

«Allenamento!» squittì Winky furiosa. «Tu dovrebbe vergognarti, Dobby, di parlare così dei tuoi padroni!»

«Loro non è più i miei padroni, Winky!» esclamò Dobby in tono di sfida. «A Dobby non importa più di quello che loro pensa!»

«Oh, tu è un elfo cattivo, Dobby!» gemette Winky mentre le lacrime riprendevano a scorrerle sul viso. «Il mio povero signor Crouch, che cosa farà senza Winky? Ha bisogno di me, ha bisogno del mio aiuto! Io ha curato i Crouch per tutta la vita, e mia madre l'ha fatto prima di me, e la mia nonna prima di lei... oh, che cosa direbbe loro due se sapesse che Winky è stata liberata? Oh, che vergogna, che vergogna!» Seppellì di nuovo il viso nella gonna e ululò.

«Winky» intervenne Hermione con fermezza, «sono sicura che il signor Crouch se la cava benissimo senza di te. L'abbiamo incontrato, sai...»

«I signori ha visto il mio padrone?» esclamò Winky senza fiato, alzando la faccia striata di lacrime dalla gonna e fissando Hermione. «I signori l'ha visto a Hogwarts?»

«Sì» rispose Hermione. «Lui e il signor Bagman sono giudici al Torneo Tremaghi».

«Viene anche il signor Bagman?» squittì Winky, e con gran sorpresa di Harry (e anche di Ron e di Hermione, a giudicare dalle loro espressioni), parve di nuovo arrabbiata. «Il signor Bagman è un mago cattivo! Un mago tanto cattivo! Al mio padrone non piace, oh no, neanche un po'!»

«Bagman... cattivo?» chiese Harry.

«Oh sì» rispose Winky, e annuì furiosamente. «Il mio padrone dice delle cose a Winky! Ma Winky non le ripete... Winky... Winky custodisce i segreti del suo padrone...»

Si sciolse di nuovo in lacrime; la sentirono singhiozzare nella gonna:

«Povero padrone, povero padrone, niente più Winky che lo aiuta!»

Non riuscirono a cavarle un'altra parola sensata. La lasciarono al suo pianto, e finirono di bere il tè mentre Dobby chiacchierava allegramente della sua vita di elfo liberato e dei progetti che aveva per i risparmi.

«Dobby si compra presto un golfino, Harry Potter!» disse tutto felice, indicando il petto nudo.

«Sai che cosa ti dico, Dobby?» disse Ron, che sembrava aver preso in gran simpatia l'elfo. «Ti regalerò quello che la mia mamma mi farà per Natale. Me ne regala sempre uno. Ti piace il marrone, vero?»

Dobby ne fu felicissimo.

«Forse dovremo rimpicciolirlo un po' per fartelo andar bene» gli disse Ron, «ma starà a meraviglia con il tuo copriteiera».

Mentre lasciavano la cucina, molti degli elfi tutti intorno li assediarono, offrendo spuntini da portare di sopra. Hermione rifiutò, osservando con sguardo addolorato gli elfi che continuavano a fare inchini e riverenze, ma Harry e Ron si riempirono le tasche di tortine e pasticcini.

«Grazie mille!» disse Harry agli elfi, tutti radunati attorno alla porta per dar loro la buonanotte. «Ci vediamo, Dobby!»

«Harry Potter... Dobby può venire a trovarti qualche volta, signore?»

chiese Dobby esitante.

«Ma certo che puoi» gli rispose Harry, e Dobby sorrise radioso.

«La sapete una cosa?» disse Ron quando lui, Hermione e Harry si furono lasciati alle spalle le cucine e presero a salire i gradini che portavano all'Ingresso. «Per tutti questi anni ho sempre ammirato tanto Fred e George che rubavano cibo dalle cucine... be', non si può dire che sia difficile, vero?

Non vedono l'ora di dartelo!»

«È la cosa migliore che sia potuta capitare a quegli elfi» disse Hermione, precedendo gli altri su per la scalinata di marmo. «Il fatto che Dobby sia venuto a lavorare qui, intendo. Gli altri elfi vedranno com'è felice, ora che è libero, e piano piano capiranno che è proprio quello che desiderano anche loro!»

«Speriamo che non facciano troppo caso a Winky» disse Harry.

«Oh, si riprenderà» disse Hermione, anche se sembrava un po' perplessa.

«Quando lo shock sarà passato, e lei si sarà abituata a Hogwarts, capirà

quanto sta meglio senza quel Crouch».

«Pare che lo adori» disse Ron masticando una crostatina alla crema.

«Non ha molta stima per Bagman, però, vero?» disse Harry. «Chissà

come ne parla Crouch a casa».

«Probabilmente dice che non è un granché come Capufficio» disse Hermione, «e diciamocelo... ha le sue ragioni, non è così?»

«Comunque preferirei lavorare per lui che per il vecchio Crouch» disse Ron. «Almeno Bagman ha il senso dell'umorismo».

«Se ti sentisse Percy» disse Hermione con un sorrisetto.

«Sì, be', Percy non vorrebbe lavorare con nessuno che abbia senso dell'umorismo, no?» esclamò Ron, addentando un cremino al cioccolato.

«Percy non riconoscerebbe una battuta di spirito nemmeno se ballasse nuda davanti a lui con il copriteiera di Dobby in testa».

CAPITOLO 22

LA PROVA INASPETTATA

«Potter! Weasley! Volete stare attenti! » La voce irritata della professoressa McGranitt sibilò come una frusta attraverso l'aula di Trasfigurazione il giovedì, e Harry e Ron sobbalzarono e la guardarono. Era la fine della lezione; avevano concluso il loro lavoro; i merli indiani che avevano trasformato in porcellini d'India erano stati rinchiusi in una grossa gabbia sulla scrivania della professoressa McGranitt (il porcellino di Neville aveva ancora le piume); avevano ricopiato i compiti dalla lavagna ( 'Descrivete con degli esempi i modi in cui gli Incantesimi Trasfor- manti devono essere adattati quando si formulano Scambi Intraspecie' ) . La campana sarebbe suonata a momenti, e Harry e Ron, che stavano tirando di scherma in fondo alla classe con due delle bacchette finte di George e Fred, alzarono lo sguardo: Ron brandiva un pappagallo di latta, e Harry un merluzzo di gomma.

«Ora che Potter e Weasley sono così gentili da comportarsi come si conviene alla loro età» disse la professoressa McGranitt scoccando ai due uno sguardo furente mentre la testa del merluzzo di Harry si afflosciava e cadeva silenziosa a terra - il becco del pappagallo di Ron si era staccato qualche istante prima - «devo dire qualcosa a tutti quanti.

«Si avvicina il Ballo del Ceppo: un evento tradizionale nell'ambito del Torneo Tremaghi e un'opportunità per noi di socializzare con i nostri ospiti stranieri. Ora, il ballo sarà aperto solo a quelli dal quarto anno in su - anche se potete invitare una studentessa più giovane, se volete...»

Lavanda Brown fece una risatina acuta. Calì Patil le diede una gomitata forte nelle costole, il viso contratto mentre cercava di non scoppiare a ridere a sua volta. Entrambe si voltarono verso Harry. La professoressa McGranitt le ignorò, cosa che Harry giudicò profondamente ingiusta, dal momento che aveva appena rimproverato lui e Ron.

«È di rigore l'abito da cerimonia» riprese la professoressa McGranitt. «Il ballo comincerà alle otto della sera di Natale, e finirà a mezzanotte, nella Sala Grande. Ora...»

La professoressa McGranitt scrutò la classe con aria eloquente.

«Naturalmente in occasione del Ballo del Ceppo tutte noi possiamo - ehm - sciogliere i capelli» disse in tono di disapprovazione. Lavanda rise più forte, la mano premuta sulla bocca per soffocare il rumore. Harry questa volta capì che cosa c'era da ridere: la professoressa McGranitt, che portava i capelli in una stretta crocchia, aveva l'aria di non averli mai lasciati giù.

«Ma questo NON significa» continuò la professoressa McGranitt «che saranno ammesse eccezioni alle regole di comportamento richieste agli studenti di Hogwarts. Sarò profondamente rammaricata se uno studente di Grifondoro metterà in imbarazzo la scuola in qualunque maniera». Suonò la campana, e ci fu la solita confusione di sedie smosse e preparativi vari. La professoressa McGranitt disse, sovrastando il rumore: «Potter... devo parlarti, se non ti dispiace».

Temendo che ciò avesse qualcosa a che fare con il merluzzo di gomma senza testa, Harry si avviò depresso verso la cattedra. La professoressa McGranitt attese che il resto della classe se ne fosse andato e poi disse: «Potter, i campioni e i loro partner...»

«Quali partner?» esclamò Harry.

La professoressa McGranitt lo guardò sospettosa, come se lui avesse cercato di fare lo spiritoso.

«I partner per il Ballo del Ceppo, Potter» disse gelida. « I vostri partner per le danze» .

Le viscere di Harry si contorsero. «Partner per le danze?» Si sentì arrossire. «Io non ballo» aggiunse in fretta.

«Oh sì, che balli» disse la professoressa McGranitt irritata. «E quello che ti sto dicendo. Per tradizione, i campioni e i loro partner aprono le danze».

Harry ebbe un'improvvisa visione di se stesso in frac e tuba, accompagnato da una ragazza addobbata di pizzi e volant come zia Petunia quando andava alle feste di lavoro di zio Vernon.

«Io non ballo» ripeté.

«Fa parte della tradizione» disse la professoressa McGranitt con fermezza. «Tu sei un campione di Hogwarts, e farai quello che ci si aspetta da te come rappresentante della scuola. Quindi fai in modo di procurarti una dama, Potter».

«Ma... io non...»

«Mi hai sentito, Potter» disse la professoressa McGranitt in tono definitivo.

*

Una settimana prima, Harry avrebbe dichiarato che trovare una dama per il ballo era una bazzecola rispetto all'idea di sfidare un Ungaro Spinato. Ma ora che aveva compiuto quest'ultima impresa, e doveva affrontare la prospettiva di invitare una ragazza al ballo, sentì che avrebbe preferito fare un altro giro con lo Spinato.

Harry non aveva mai visto tanta gente decidere di rimanere a Hogwarts per Natale; lui lo faceva sempre, naturalmente, perché l'alternativa era tornare a Privet Drive, e fino ad allora aveva sempre fatto parte della mino-ranza che restava. Quell'anno, invece, sembrava che tutti i ragazzi dal quarto anno in su avessero deciso di rimanere, e a Harry pareva che fossero tutti ossessionati dal ballo imminente - almeno le ragazze lo erano, ed era straordinario quante ragazze all'improvviso c'erano a Hogwarts; non l'aveva quasi notato prima. Ragazze che bisbigliavano nei corridoi, ragazze che scoppiavano a ridere al passaggio dei maschi, ragazze eccitate che si scambiavano mucchi di bigliettini su quello che avrebbero indossato la notte di Natale...

«Perché devono muoversi in branco?» chiese Harry a Ron, mentre una dozzina di ragazze passavano loro davanti ridendo sotto i baffi e fissando Harry. «Come si fa a beccarne una da sola per invitarla?»

«L'acchiappi al lazo?» suggerì Ron. «Tu sai già con chi vuoi provarci?»

Harry non rispose. Sapeva perfettamente chi gli sarebbe piaciuto invitare, ma trovare il coraggio era un'altra cosa... Cho era un anno più grande di lui; era molto carina, era un'ottima giocatrice di Quidditch, ed era anche molto popolare. Ron parve capire che cosa stava succedendo nella testa di Harry.

«Senti, andrà tutto liscio. Sei uno dei campioni. Hai appena sconfitto un Ungaro Spinato. Scommetto che faranno la fila per venire con te». In nome della loro amicizia recentemente ricucita, Ron aveva parlato con appena un velo di amarezza nella voce. E in più, con gran meraviglia di Harry, si scoprì che aveva ragione.

Una ragazza ricciuta del terzo anno di Tassorosso con cui Harry non aveva mai parlato gli chiese di andare al ballo con lei proprio il giorno dopo. Harry fu colto così alla sprovvista che disse «no» prima ancora di aver preso in considerazione la possibilità. La ragazza si allontanò con aria ferita, e Harry dovette sopportare le battute di Dean, Seamus e Ron per tutta l'ora di Storia della Magia. Il giorno dopo, altre due ragazze gli chiesero la stessa cosa, una del secondo anno e (con suo profondo terrore) una del quinto che aveva l'aria di poterlo mandare ko se avesse rifiutato.

«Era piuttosto carina» disse Ron sincero, quando ebbe smesso di ridere.

«Era trenta centimetri più alta di me» ribatté Harry, ancora sgomento.

«Pensa che figura avrei fatto a cercare di ballare con lei». Le parole di Hermione a proposito di Krum continuavano a tornargli in mente: «Lo adorano solo perché è famoso!» E infatti Harry dubitava che le ragazze che gli avevano chiesto di accompagnarle avrebbero voluto andare al ballo con lui se non fosse stato un campione della scuola. Però, se fosse stata Cho a invitarlo, non gliene sarebbe importato niente del perché lo fa-ceva, purché lo facesse... Nel complesso, Harry dovette ammettere che anche con l'imbarazzante prospettiva di dover aprire il ballo, la vita era decisamente migliorata dopo la prima prova. Nei corridoi non era più il bersaglio di tante battute sarcastiche, e sospettava che la cosa avesse parecchio a che fare con Cedric: doveva aver detto ai Tassorosso di lasciare in pace Harry, in cambio della soffiata sui draghi. Circolavano anche meno spille TIFA PER CEDRIC

DIGGORY. Draco Malfoy, naturalmente, citava ancora l'articolo di Rita Skeeter tutte le volte che se ne presentava l'occasione, ma suscitava sempre meno risate. E ad aumentare il senso di benessere di Harry, sulla Gazzetta del Profeta non erano apparse pagine su Hagrid.

«Non sembrava che ci interessassero tanto le Creature Magiche, a dirti la verità» disse Hagrid, quando Harry, Ron e Hermione gli chiesero com'era andata l'intervista con Rita Skeeter durante l'ultima lezione di Cura delle Creature Magiche del trimestre. Con loro gran sollievo, Hagrid aveva rinunciato a ogni contatto diretto con gli Schiopodi, e quel giorno erano al riparo dietro la sua capanna, seduti a un tavolo a cavalietti a preparare una nuova selezione di cibi coi quali tentare gli Schiopodi.

«Voleva solo che ci parlavo di te, Harry» continuò Hagrid a voce più

bassa. «Be', io ci dico che siamo amici da quando ti ero venuto a prendere dai Dursley. 'Non ha mai dovuto rimproverarlo in quattro anni?' mi fa.

'Non le ha mai dato fastidio a lezione?' Io ci dico di no, e lei non sembra per niente contenta. Mi sa che preferiva se ci dicevo che eri terribile, Harry».

«Ma certo» disse Harry, gettando brani di fegato di drago in una grossa ciotola di metallo e impugnando il coltello per tagliarne degli altri. «Non può continuare con la storia del piccolo eroe tragico, alla lunga è noioso».

«Vuole una nuova prospettiva, Hagrid» disse Ron saggiamente, sgusciando uova di salamandra. «Dovevi dire che Harry è un delinquente pazzo!»

«Ma non è vero!» esclamò Hagrid, sinceramente colpito.

«Doveva intervistare Piton» disse Harry con una smorfia. «Lui mi cuocerebbe a puntino. Potter passa il limite da quando ha messo piede in que- sta scuola... »

«Ha detto così, eh?» disse Hagrid, mentre Ron e Hermione ridevano.

«Be', magari hai mandato al diavolo qualche regoletta, Harry, ma sei un tipo a posto».

«Grazie, Hagrid» disse Harry, con un gran sorriso.

«Ci sarai anche tu a quella storia del ballo di Natale, Hagrid?» gli chiese Ron.

«Pensavo di venire a darci un'occhiata, sì» rispose Hagrid burbero. «Dev'essere bello, mi sa. Apri le danze, vero, Harry? Chi è che hai invitato?»

«Ancora nessuno» rispose Harry, e si accorse di arrossire. Hagrid non insistette.

L'ultima settimana del trimestre divenne sempre più turbolenta. Dappertutto correvano voci sul Ballo del Ceppo, anche se Harry non credeva alla metà di esse: per esempio, si diceva che Silente avesse acquistato ottocento barili di idromele aromatico da Madama Rosmerta. Pareva certo, invece, che avesse ingaggiato le Sorelle Stravagarie. Harry non sapeva esattamente chi o che cosa fossero le Sorelle Stravagarie, non avendo mai avuto la possibilità di ascoltare una radio da maghi, ma dalla folle eccitazione di quelli che erano cresciuti con le frequenze di RSN (Radio Strega Network) ne dedusse che si trattava di un gruppo musicale molto famoso. Alcuni dei professori rinunciarono a insegnar loro granché quando le loro menti erano cosi evidentemente altrove; il minuscolo professor Vitious li lasciò giocare durante la sua lezione del mercoledì, e lui stesso rimase a lungo a parlare con Harry del perfetto Incantesimo di Appello che aveva usato nella prima prova del Torneo Tremaghi. Altri insegnanti non furono così generosi. Nulla avrebbe mai distolto il professor Rüf, per esempio, dall'arrancare tra i suoi appunti sulle rivolte dei goblin: visto che Rüf non aveva permesso nemmeno alla propria morte di impedirgli di continuare a insegnare, sospettavano che una cosetta come il Natale non lo avrebbe dissuaso. Era incredibile come riuscisse a far sembrare le più turpi e sanguinarie rivolte dei goblin noiose come la relazione di Percy sui fondi di calderone. Anche i professori McGranitt e Moody li fecero lavorare fino all'ultimo, e Piton, naturalmente, li avrebbe lasciati giocare in classe tanto quanto avrebbe nominato Harry suo erede universale. Fissandoli con aria cattiva, li informò che li avrebbe messi alla prova sugli antidoti ai veleni nel corso dell'ultima lezione del trimestre.

«È proprio perfido» disse Ron amaramente quella sera nella sala comune di Grifondoro. «Assegnarci un test l'ultimo giorno. Rovinare l'ultimo pezzetto di trimestre con un bel mucchio di ripasso».

«Mmm... non è che proprio tu ti stia ammazzando di lavoro, vero?» osservò Hermione, guardandolo da sopra gli appunti di Pozioni. Ron era indaffarato a costruire un castello di carte prese dal suo MazzoBum, molto più interessanti delle carte Babbane, perché c'era la possibilità che tutto quanto saltasse in aria da un momento all'altro.

«È Natale, Hermione» disse Harry pigramente: stava rileggendo per la decima volta I Magnifici Sette sprofondato in una poltrona vicino al fuoco. Hermione guardò severa anche lui. «Credevo che facessi qualcosa di costruttivo, Harry, anche se non vuoi imparare gli antidoti!»

«Tipo?» disse Harry, mentre osservava Joey Jenkins dei Cannoni sparare un Bolide verso un Cacciatore dei Pipistrelli di Ballycastle.

«Quell'uovo!» sibilò Hermione.

«Dai, Hermione, ho tempo fino al 24 febbraio» disse Harry. Aveva rinchiuso l'uovo d'oro nel suo baule, di sopra, e non l'aveva aperto dai festeggiamenti dopo la prima prova. Mancavano ancora due mesi e mezzo prima di dover sapere che cosa significava quell'ululato stridente, dopotutto.

«Ma potresti metterci settimane per capirlo!» esclamò Hermione. «Passerai per un vero idiota se tutti gli altri sapranno che cos'è la seconda prova e tu no!»

«Lascialo in pace, Hermione, se l'è meritato un po' di riposo» disse Ron, e depose le ultime due carte in cima al castello, che esplose in grande stile, bruciacchiandogli le sopracciglia.

«Sei carino, Ron... s'intonerà con il tuo abito da sera». Erano Fred e George. Sedettero al tavolo con Hermione e Ron mentre quest'ultimo si tastava la faccia per valutare i danni.

«Ron, ci presti Leo?» chiese George.

«No, è fuori a consegnare una lettera» rispose Ron. «Perché?»

«Perché George vuole invitarlo al ballo» disse Fred sarcastico.

«Perché vogliamo spedire una lettera, razza di scemo» disse George.

«Si può sapere a chi è che continuate a scrivere, voi due, eh?» disse Ron.

«Smettila di ficcare il naso nelle cose che non ti riguardano, Ron, o ti brucerò anche quello» disse Fred, agitando la mano con fare minaccioso.

«Allora... avete già tutti una dama o un cavaliere per il ballo?»

«No» rispose Ron.

«Be', sarà meglio che ti sbrighi, ragazzo, o quelle carine saranno tutte occupate» disse Fred.

«E tu con chi ci vai?» chiese Ron.

«Con Angelina» rispose Fred immediatamente, senza alcuna traccia di imbarazzo.

«Cosa?» disse Ron, sorpreso. «L'hai già invitata?»

«Giusto» disse Fred. Si voltò e gridò attraverso la sala comune: «Ehi!

Angelina!»

Angelina, che stava chiacchierando con Alicia Spinnet vicino al fuoco, si voltò a guardarlo.

«Cosa c'è?» gridò in risposta.

«Vuoi venire al ballo con me?»

Angelina scoccò a Fred uno sguardo di apprezzamento.

«Sì, ok» rispose, poi tornò a rivolgersi ad Alicia e riprese a chiacchierare con un mezzo sorriso stampato in faccia.

«Ecco fatto» disse Fred a Harry e Ron. «Semplicissimo». Si alzò sbadigliando: «Allora sarà meglio che usiamo un gufo della scuola, George, andiamo...»

Uscirono. Ron smise di tastarsi le sopracciglia e guardò Harry attraverso le rovine fumanti del suo castello di carte.

«In effetti dovremmo darci da fare, sai... invitare qualcuno. Ha ragione. Non vogliamo certo finire con un paio di troll».

Hermione farfugliò indignata. «Un paio di... come hai detto?»

«Be'... hai capito» disse Ron alzando le spalle. «Preferirei andarci da solo che con... con Eloise Midgen, diciamo».

«La sua acne è migliorata moltissimo ultimamente... ed è molto simpatica!»

«Ha il naso storto» osservò Ron.

«Oh, capisco» disse Hermione incollerita. «Quindi in pratica inviterai la ragazza più carina che sia disposta ad accettarti, anche se è un tipo spaventoso?»

«Ehm... sì, è più o meno così» rispose Ron.

«Vado a dormire» scattò Hermione, e filò verso la scala delle ragazze senza aggiungere un'altra parola.

*

Il corpo insegnante di Hogwarts, nello sforzo continuo di impressionare i visitatori di Beauxbatons e Durmstrang, sembrava deciso a mostrare il castello al suo meglio per Natale. Quando le decorazioni furono tutte al loro posto, Harry notò che erano le più straordinarie che avesse mai visto a scuola. Ghiaccioli Sempiterni erano stati appesi ai corrimani della scalinata di marmo; i soliti dodici alberi di Natale della Sala Grande erano coperti di qualunque cosa, dalle bacche luminose di agrifoglio ad autentici gufi d'oro ululanti, e le armature erano state tutte stregate in modo da intonare canti di Natale quando qualcuno gli passava davanti. Era davvero una cosa straordinaria sentire Venite, fedeli cantato da un elmo vuoto che sapeva solo metà delle parole. Gazza il custode dovette estrarre parecchie volte Pix dalle armature, dove aveva preso l'abitudine di nascondersi, colmando le lacune nelle canzoni con rime di sua invenzione, tutte decisamente maleducate. E Harry non aveva ancora invitato Cho al ballo. Lui e Ron cominciavano a innervosirsi, anche se, come osservò Harry, Ron senza una compagna avrebbe fatto la figura dello stupido molto meno di lui: Harry doveva aprire le danze con gli altri campioni.

«C'è sempre Mirtilla Malcontenta» disse tetro, alludendo al fantasma che infestava il bagno delle ragazze al secondo piano.

«Harry... dobbiamo solo stringere i denti e farlo» disse Ron il venerdì

mattina, nel tono di chi medita di prendere d'assalto una fortezza inespugnabile. «Questa sera, quando torneremo in sala comune, avremo tutti e due una dama... d'accordo?»

«Ehm... ok» rispose Harry.

Ma tutte le volte che sbirciò Cho quel giorno - all'intervallo, e poi a pranzo, e una volta mentre andava a Storia della Magia - lei era circondata da amiche. Non andava mai da nessuna parte da sola? Forse poteva tenderle un agguato mentre andava in bagno? Ma no: pareva che anche là ci andasse con una scorta di quattro o cinque ragazze. Ma se non agiva in fretta, sarebbe stata di sicuro invitata da qualcun altro.

Trovò difficile concentrarsi per il test di antidoti di Piton, e di conseguenza si scordò di aggiungere l'ingrediente-chiave - un bezoar - cosi prese un voto bassissimo. Ma non gli importava; era troppo occupato a mettere insieme tutto il suo coraggio per ciò che stava per fare. Quando suonò la campana, afferrò la borsa e corse verso la porta della cantina.

«Ci vediamo a cena» disse a Ron e Hermione, e sfrecciò su per le scale. Doveva solo dire a Cho che voleva parlarle a quattr'occhi, tutto qui... corse attraverso i corridoi affollati, cercandola, e (più in fretta del previsto) la trovò che usciva da una lezione di Difesa contro le Arti Oscure.

«Ehm... Cho, posso parlarti un momento?»

Le risatine dovrebbero essere messe fuori legge, pensò Harry infuriato mentre tutte le ragazze attorno a Cho si sbellicavano. Lei però no. Disse

«Ok» e lo seguì lontano dalle orecchie delle sue compagne. Harry si voltò a guardarla e il suo stomaco fece un balzo, come se scendendo le scale avesse saltato un gradino.

«Ehm» disse.

Non poteva invitarla. Non poteva. Ma doveva. Cho rimase lì a guardarlo, perplessa. Le parole gli uscirono di bocca prima che Harry le avesse pronunciate.

«Vunralbllocommè?»

«Cosa?» disse Cho.

«Vuoi... vuoi venire al ballo con me?» disse Harry. Perché doveva arrossire proprio ora? Perché?

«Oh!» disse Cho, e arrossì anche lei. «Oh, Harry, mi dispiace tanto» e sembrava davvero sincera. «Ma... ho già promesso di andare con qualcun altro».

«Oh» disse Harry.

Che strano: un attimo prima le sue viscere si contorcevano come serpi, ma ora gli sembrava di non avere affatto delle viscere.

«Oh. Ok» disse, «non c'è problema».

«Mi dispiace davvero» ripeté lei.

«Non c'è problema» ripeté Harry.

Rimasero lì a guardarsi, e poi Cho disse: «Be'...»

«Sì» disse Harry.

«Be', ciao» disse Cho, sempre molto rossa. Si allontanò. Harry le gridò dietro, prima di riuscire a trattenersi:

«Con chi ci vai?»

«Oh... con Cedric» rispose lei. «Con Cedric Diggory».

«Oh, certo» disse Harry.

Gli erano tornate le viscere. Era come se durante la loro assenza qualcuno le avesse imbottite di piombo. Del tutto dimentico della cena, risalì lentamente fino alla Torre di Grifondoro, con la voce di Cho che gli risuonava nelle orecchie a ogni gradino. 'Cedric... Cedric Diggory'. Cedric aveva cominciato quasi a piacergli: era disposto a sorvolare sul fatto che una volta lo aveva battuto a Quidditch, e che era bello, e famoso, e che era il campione preferito praticamente da tutti. Ora all'improvviso realizzò che Cedric in effetti era un inutile bamboccio che non aveva abbastanza cervello da riempirci un portauovo.

« Luci Fatate» disse in tono piatto alla Signora Grassa: la parola d'ordine era stata cambiata il giorno prima.

«Sì, certo, caro!» trillò lei, raddrizzandosi il nuovo cerchietto fermacapelli di latta mentre scattava in avanti per lasciarlo passare. Harry entrò nella sala comune, si guardò attorno, e con sua sorpresa vide Ron seduto in un angolo lontano, pallidissimo. Ginny era seduta vicino a lui e gli parlava a bassa voce, in tono consolatorio.

«Che cosa è successo, Ron?» chiese Harry unendosi a loro. Ron alzò gli occhi verso Harry, una sorta di cieco terrore stampato in volto.

«Perché l'ho fatto?» esclamò, fuori di sé. «Non so che cosa mi è preso!»

«Cosa?» chiese Harry.

«Lui... ehm... ha appena invitato al ballo Fleur Delacour» spiegò Ginny. Sembrava trattenere a stento un sorrisetto, ma continuò a dare pacche comprensive sul braccio di Ron.

«Tu che cosa?» esclamò Harry.

«Non so che cosa mi è preso!» ripeté Ron senza fiato. «Che cosa avevo in testa? C'era un sacco di gente... tutto intorno... sono impazzito... tutti lì a guardare! Le stavo passando davanti nell'Ingresso... era lì che parlava con Diggory... ed è stato più forte di me... e gliel'ho chiesto!»

Ron gemette e si nascose il viso tra le mani. Continuò a parlare, meglio, a farfugliare. «Mi ha guardato come se fossi una lumaca marina o roba del genere. Non mi ha nemmeno risposto. E poi... non so... è come se fossi tornato in me, e sono scappato via».

«È in parte Veela» disse Harry. «Avevi ragione... sua nonna era una Veela. Non è stata colpa tua, scommetto che sei passato di lì proprio mentre faceva un incantesimo da Veela per Diggory e ci sei rimasto in mezzo... ma comunque perdeva il suo tempo. Lui va al ballo con Cho Chang». Ron lo fissò di sotto in su.

«L'ho appena invitata» disse Harry in tono inespressivo, «e me l'ha detto». Ginny all'improvviso aveva smesso di sorridere.

«Ma è pazzesco» disse Ron, «siamo i soli rimasti a non avere nessuno... be', a parte Neville. Ehi, indovina chi ha invitato? Hermione! »

« Cosa? » esclamò Harry, preso in contropiede dalla straordinaria notizia.

«Sì, è vero!» disse Ron, e un po' di colore gli tornò in viso mentre cominciava a ridere. «Me l'ha detto dopo Pozioni! Ha detto che lei è sempre così gentile, che lo aiuta con i compiti eccetera... ma lei gli ha detto che ci va già con un altro. Ah! Figuriamoci! È solo che non voleva andarci con Neville... voglio dire, chi la inviterebbe?»

«Sta' zitto!» intervenne Ginny seccata. «Non ridere...»

In quel momento Hermione entrò dal buco del ritratto.

«Perché voi due non siete venuti a cena?» disse, e si unì a loro.

«Perché... oh, smettetela di ridere, voi due... perché tutti e due sono appena stati bidonati dalle ragazze che avevano invitato al ballo!» disse Ginny.

Questo chiuse la bocca a Harry e Ron.

«Grazie mille, Ginny» disse Ron in tono aspro.

«Tutte quelle carine erano già occupate, Ron?» disse Hermione altezzosa. «Eloise Midgen comincia a sembrarti niente male adesso, eh? Be', sono sicura che da qualche parte troverai qualcuna che ti dirà di sì». Ma Ron stava fissando Hermione come se all'improvviso la vedesse in una nuova luce. «Hermione, Neville ha ragione... tu sei una ragazza...»

«Però, sei un fulmine» ribatté lei, acida.

«Be'... puoi venire con uno di noi due!»

«No, non posso» replicò Hermione.

«Oh, andiamo» disse lui impaziente, «abbiamo bisogno di una compagna, faremo la figura degli stupidi se non troviamo nessuno, tutti gli altri hanno...»

«Non posso venirci con te» disse Hermione, e arrossì, «perché ci vado già con un altro».

«No, non è vero!» disse Ron. «L'hai detto solo per liberarti di Neville!»

«Oh, davvero?» disse Hermione, gli occhi che lampeggiavano pericolosamente. «Solo perché tu ci hai messo tre anni per accorgertene, Ron, non vuol dire che nessun altro ha capito che sono una ragazza!»

Ron la fissò stupefatto. Poi sorrise di nuovo.

«Ok, ok, lo sappiamo che sei una ragazza» disse. «Va bene? Adesso ci vieni?»

«Te l'ho già detto» ripeté Hermione, molto arrabbiata. «Ci vado con un altro!»

E uscì precipitosamente, diretta al dormitorio femminile.

«Sta mentendo» disse Ron tranquillamente, guardandola allontanarsi.

«Non è vero» disse Ginny piano.

«E allora chi è?» chiese Ron in tono brusco.

«Non sarò io a dirtelo, sono affari suoi» disse Ginny.

«Giusto» disse Ron, decisamente sconcertato, «questa faccenda sta diventando assurda. Ginny, tu puoi andare con Harry, e io...»

«Non posso» disse Ginny, e diventò anche lei scarlatta. «Ci vado con... con Neville. Mi ha invitata quando Hermione gli ha detto di no, e ho pensato... be'... che altrimenti non potevo andarci, io non sono del quarto an-no». Sembrava molto avvilita. «Credo che andrò a cena» disse, e si alzò e uscì a testa china dal buco del ritratto.

Ron guardò Harry con gli occhi sbarrati.

«Che cosa gli è preso, a tutti quanti?»

Ma Harry aveva appena visto Calì e Lavanda entrare dal buco del ritratto. Era giunto il momento di un'azione decisa.

«Aspettami qui» disse a Ron, poi si alzò, andò risoluto verso Calì e disse: «Calì, vuoi venire al ballo con me?»

Calì fu scossa dalle risate. Harry attese che si spegnessero, le dita incrociate nelle tasche.

«Sì, allora va bene» disse infine, e arrossì furiosamente.

«Grazie» disse Harry, sollevato. «Lavanda... tu ci vieni con Ron?»

«Ci va con Seamus» disse Calì, e tutte e due ridacchiarono più forte che mai.

Harry sospirò.

«Non vi viene in mente nessuna che possa andare con Ron?» disse, abbassando la voce in modo che Ron non sentisse.

«Hermione Granger?» propose Calì.

«Ci va con un altro».

Calì rimase esterrefatta.

«Ooooh... con chi?» chiese con avidità. Harry alzò le spalle. «Non ne ho idea» rispose. «Allora, per Ron?»

«Be'...» disse Calì lentamente, «credo che mia sorella potrebbe... Padma, sai... di Corvonero. Se vuoi glielo chiedo».

«Sì, sarebbe splendido» disse Harry. «Fammi sapere, d'accordo?»

E tornò da Ron, convinto che questo ballo fosse un guaio ben peggiore di quello che valeva, e sperando intensamente che il naso di Padma Patil fosse ben diritto.

CAPITOLO 23

IL BALLO DEL CEPPO

Nonostante l'enorme mole di compiti per le vacanze, Harry non era dell'umore giusto per stare chino sui libri alfa fine del trimestre, e trascorse la settimana che precedeva il Natale divertendosi più che poteva insieme a tutti gli altri. La Torre di Grifondoro era di poco meno affollata che durante l'anno scolastico; sembrava anche che si fosse rimpicciolita, dal momento che i suoi occupanti erano molto più scalmanati del solito. Fred e Geor-ge avevano avuto un gran successo con le loro Crostatine Canarine, e nei primi due giorni delle vacanze c'era dappertutto gente che si riempiva di piume all'improvviso. In breve, tutti i Grifondoro impararono a trattare con estrema cautela il cibo che veniva loro offerto, nel caso che avesse una Crostatina Canarina nascosta al centro, e George rivelò a Harry che lui e Fred al momento stavano lavorando alla creazione di qualcosa di nuovo. Harry prese mentalmente nota di non accettare nemmeno una patatina da Fred e George in futuro: non aveva ancora dimenticato Dudley e la Mou Mollelingua.

La neve cadeva fitta sul castello e sul parco. La carrozza azzurro chiaro di Beauxbatons sembrava una grossa, fredda zucca glassata dal gelo vicino alla casetta di zenzero ghiacciata che era la capanna di Hagrid, mentre i boccaporti della nave di Durmstrang erano ricoperti di ghiaccio e il sartiame candido di neve. Gli elfi domestici giù nelle cucine stavano superando se stessi con una serie di ricchi stufati speciali e ottimi pasticci, e solo Fleur Delacour riusciva a trovare qualcosa di cui lamentarsi.

«È troppo pesonte, questo mongiare di Hogvàrts» la sentirono brontolare una sera, mentre uscivano alle sue spalle dalla Sala Grande (Ron seminascosto dietro Harry, ben deciso a non farsi riconoscere da Fleur). «Non riuscirò a ontrare nel mio vestito da sera!»

«Ooooh, che tragedia» sbottò Hermione, mentre Fleur entrava nell'Ingresso. «Si crede davvero chissà che cosa, quella là, vero?»

«Hermione... con chi vai al ballo?» disse Ron.

Continuava a rivolgerle questa domanda a tradimento, nella speranza di coglierla di sorpresa e farla rispondere, ma Hermione si limitava a metter su il broncio e ripetere: «Non te lo dico, mi prenderesti in giro e basta».

«Stai scherzando, Weasley?» disse Malfoy alle loro spalle. «Vorresti dire che qualcuno ha invitato quella roba al ballo? Non la Mezzababbana zannuta?»

Harry e Ron si voltarono insieme di scatto, ma Hermione salutò qualcuno alle spalle di Malfoy e disse ad alta voce: «Buonasera, professor Moody!»

Malfoy impallidì e fece un balzo all'indietro, guardandosi intorno terrorizzato, ma Moody era ancora al tavolo degli insegnanti a finire lo stufato.

«Sei un furetto nervosetto, eh, Malfoy?» disse Hermione sprezzante, e lei, Harry e Ron salirono la scalinata di marmo ridendo di cuore.

«Hermione» disse Ron guardandola di sottecchi, improvvisamente accigliato, «i tuoi denti...»

«Cos'hanno?» disse lei.

«Be', sono diversi... L'ho appena notato...»

«Ma certo... credevi che mi sarei tenuta le zanne che mi aveva fatto crescere Malfoy?»

«No, voglio dire, sono diversi da com'erano prima che ti scagliasse l'incantesimo... sono tutti... diritti e... e grandi giusti». All'improvviso Hermione fece un sorriso molto malizioso e allora se ne accorse anche Harry: era un sorriso molto diverso da quello che ricordava.

«Be'... quando sono andata da Madama Chips a farmeli rimpicciolire, lei ha preso uno specchio e mi ha detto di fermarla quando fossero tornati alla loro misura» disse. «E io l'ho solo... lasciata andare avanti un po'». Il sorriso divenne ancora più largo. «Mamma e papà non saranno tanto contenti. Sono secoli che cerco di convincerli a farmeli rimpicciolire, ma loro volevano che continuassi con l'apparecchio. Sapete, sono dentisti, pensano che denti e magia non dovrebbero... guardate! È tornato Leo!»

Il gufetto di Ron ululava all'impazzata in cima al corrimano coperto di ghiaccioli, un rotolo di pergamena legato alla zampa. I ragazzi che gli passavano davanti lo additavano e ridevano, e un gruppo di ragazzine del terzo anno si fermò e disse: «Oh, guardate quel gufetto! Non è carino

«Stupido piccolo idiota piumato!» sibilò Ron, correndo su per le scale e afferrando Leo. «Le lettere le devi portare dritto al destinatario! Non devi perdere tempo a metterti in mostra!»

Leo cantò allegramente, la testina che spuntava dal pugno di Ron. Le ragazzine del terzo anno sembravano scioccate.

«Sparite!» sbottò Ron, agitando il pugno che strizzava Leo, il quale cantò più allegramente che mai. «Ecco... prendila, Harry» aggiunse sottovoce, mentre le ragazzine del terzo anno filavano via con aria scandalizzata. Sfilò la risposta di Sirius dalla zampa di Leo, Harry se la cacciò in tasca e corsero su alla Torre di Grifondoro per leggerla.

Tutti quanti in sala comune erano troppo impegnati a sfogare le loro energie vacanziere per notare che cosa facevano gli altri. Harry, Ron e Hermione presero posto lontano dagli altri vicino a un'oscura finestra che si stava lentamente coprendo di neve, e Harry lesse:

Caro Harry,

Congratulazioni per essere riuscito a superare lo Spinato, chiunque ab- bia messo il tuo nome in quel Calice non deve essere troppo felice adesso!

Volevo suggerirti un Incantesimo Conjunctivitus, visto che gli occhi sono il punto debole dei draghi...

«È quello che ha usato Krum!» sussurrò Hermione.

... ma la tua idea si è rivelata migliore, sono davvero ammirato. Però non credere che sia finita, Harry. Hai superato solo una prova: chiunque ti abbia buttato nella mischia ha molte altre opportunità di farti del male. Tieni gli occhi aperti - in particolare quando la persona di cui abbiamo parlato è nei dintorni - e concentrati su una cosa: tenerti fuori dai guai.

Rimani in contatto, voglio sempre essere informato su qualunque fatto insolito.

Sirius

«Tale e quale a Moody» disse Harry piano, infilando di nuovo la lettera nella tasca dell'abito. « Vigilanza costante! Come se io andassi in giro a occhi chiusi, sbattendo contro i muri...»

«Ma ha ragione, Harry» disse Hermione, «tu hai ancora due prove da superare. Dovresti proprio dare un'occhiata a quell'uovo, sai, e cominciare a capire che cosa vuol dire...»

«Hermione, ha ancora un sacco di tempo!» sbottò Ron. «Ti va di fare una partita a scacchi, Harry?»

«Sì, ok» disse Harry. Poi, notando l'espressione di Hermione, disse:

«Dai, come faccio a concentrarmi con tutto questo baccano? Non riuscirei nemmeno a sentire l'uovo».

«Oh, immagino di no» disse lei con un sospiro, e si sedette a guardare la loro partita a scacchi, che culminò in un eccitante scaccomatto di Ron, che coinvolse un paio di coraggiosissimi pedoni e un alfiere molto violento.

*

Harry si svegliò di soprassalto la mattina di Natale. Chiedendosi il perché, aprì gli occhi, e vide una creatura dai grandissimi, tondi occhi verdi fissarlo di rimando nell'oscurità, cosi vicino che i loro nasi quasi si sfioravano.

« Dobby! » strillò Harry, ritraendosi così in fretta dall'elfo che quasi cadde dal letto. «Non farlo mai più!»

«Dobby è spiacente, signore!» squittì Dobby ansioso, balzando indietro, le lunghe dita premute sulla bocca. «Dobby vuole solo augurare a Harry Potter Buon Natale e dargli un regalo, signore! Harry Potter ha detto che Dobby poteva venire a trovarlo una volta o l'altra, signore!»

«Ok» disse Harry, il respiro ancora affannato, mentre il battito del cuore tornava normale. «Solo... solo la prossima volta dammi una spintarella, non so, non piombarmi addosso così...»

Harry tirò indietro le tende che circondavano il letto, prese gli occhiali dal comodino e li inforcò. Il suo strillo aveva svegliato Ron, Seamus, Dean e Neville. Tutti e quattro spiavano dalle fessure tra le loro tende, gli occhi gonfi e i capelli arruffati.

«Qualcuno ha cercato di aggredirti, Harry?» chiese Seamus assonnato.

«No, è solo Dobby» borbottò Harry. «Tornate a dormire».

«Nooo... i regali!» esclamò Seamus, notando il grosso mucchio ai piedi del suo letto. Ron, Dean e Neville decisero che ormai che erano svegli potevano anche loro dedicarsi all'apertura dei pacchi. Harry si voltò di nuovo verso Dobby, in piedi accanto al suo letto, ancora nervoso per aver spaventato Harry. C'era un ciondolo natalizio legato all'occhiello in cima al copriteiera.

«Dobby può dare a Harry Potter il suo regalo?» squitti esitante.

«Ma certo che puoi» disse Harry. «Ehm... anch'io ho qualcosa per te». Era una bugia; non aveva comprato proprio niente per Dobby, ma aprì in fretta il baule ed estrasse un paio di calzini appallottolati particolarmente sformati. Erano i più vecchi e i più orrendi che avesse, giallo senape, ed erano appartenuti a zio Vernon. Erano superbitorzoluti perché Harry da un anno li usava per avvolgerci il suo Spioscopio. Estrasse lo Spioscopio e diede i calzini a Dobby, dicendo: «Scusa, mi sono dimenticato di impacchettarli...»

Ma Dobby ne fu davvero deliziato.

«I calzini sono i vestiti preferitissimi di Dobby, signore!» disse, sfilandosi quelli vecchi e mettendosi quelli di zio Vernon. «Io ne ha sette adesso, signore... ma, signore...» disse, gli occhi sgranati, dopo aver tirato su al massimo i calzini che ora sfioravano l'orlo dei pantaloncini, «loro ha fatto uno sbaglio al negozio, Harry Potter, loro ti ha dato due calzini uguali!»

«Ah no, Harry, come hai fatto a non accorgertene!» disse Ron, ghignando dal suo letto coperto di carta da regalo. «Sai che cosa ti dico, Dobby?

Ecco... prendi questi due, così puoi mescolarli come si deve. E qui c'è il tuo golfino».

Gettò a Dobby un paio di calzini violetti che aveva appena scartato, e il golf lavorato ai ferri mandato dalla signora Weasley.

Dobby fu sopraffatto dall'emozione. «Signore è molto gentile!» squittì, gli occhi di nuovo colmi di lacrime, facendo un profondo inchino a Ron.

«Dobby lo sapeva che il signore deve essere un grande mago, perché è il più grande amico di Harry Potter, ma Dobby non sapeva che era anche generoso di spirito, nobile, altruista...»

«Sono solo calzini» disse Ron, che era arrossito in zona orecchie, però

sembrava piuttosto compiaciuto. «Wow, Harry...» Aveva appena aperto il regalo di Harry: un berretto dei Cannoni di Chudley. «Forte!» Se lo ficcò

in testa: faceva a pugni con il colore dei suoi capelli. Dobby tese a Harry un pacchetto, che si rivelò contenere... calzini.

«Dobby li fa lui con le sue mani, signore!» disse l'elfo allegramente.

«Compra la lana con i soldi del suo stipendio, signore!»

Il calzino sinistro era rosso vivo, con un motivo di manici di scopa; quello destro era verde, con un disegno di Boccini.

«Sono... sono davvero... be', grazie, Dobby» disse Harry, e se li infilò, scatenando nell'elfo un nuovo pianto di gioia.

«Dobby adesso deve andare, signore, noi sta già preparando la cena di Natale nelle cucine!» disse Dobby, e usci di corsa dal dormitorio, salutando Ron e gli altri con la mano. Gli altri regali di Harry furono molto più soddisfacenti dei calzini spaiati di Dobby: con l'ovvia eccezione di quello dei Dursley, che consisteva in un unico fazzoletto di carta - un minimo storico. Harry pensò che si ricordassero bene la Mou Mollelingua. Hermione gli aveva regalato un libro intitolato Squadre di Quidditch della Gran Bretagna e dell'Irlanda; Ron, un sacchetto pieno di Caccabombe; Sirius, un utile coltellino munito di accessori per aprire ogni serratura e disfare ogni nodo; e Hagrid, una gran scatola di dolci che comprendeva tutti i suoi preferiti: Gelatine Tuttigusti+1, Cioccorane, SuperPallaGomme di Drooble e Api Frizzole. C'era anche, naturalmente, il solito pacco della signora Weasley, con un nuovo golf (verde, con un drago ricamato: Harry immaginava che Charlie le avesse raccontato tutto dello Spinato) e una gran quantità di tortini fatti in casa. Harry e Ron s'incontrarono con Hermione in sala comune, e scesero insieme a colazione. Passarono gran parte della mattinata nella Torre di Grifondoro, dove tutti si stavano godendo i loro regali, poi tornarono nella Sala Grande per un pranzo sontuoso, che comprendeva almeno cento tacchini e pudding di Natale, e montagne di Cracker Magici.

Nel pomeriggio uscirono nel parco; la neve era intatta, eccetto per i pro-fondi solchi tracciati dagli studenti di Durmstrang e Beauxbatons per salire al castello. Hermione decise di assistere alla battaglia a palle di neve di Harry e dei Weasley invece di prendervi parte, e alle cinque annunciò che tornava su alla Torre a prepararsi per il ballo.

«Cosa, ti ci vogliono tre ore?» disse Ron, fissandola incredulo, e pagando la momentanea distrazione quando George lo centrò in pieno con una grossa palla di neve. «Con chi ci vai?» urlò dietro a Hermione, ma lei si limitò a sventolare la mano, risalì i gradini di pietra e sparì nel castello. Non ci fu il tè di Natale quel giorno, dal momento che il ballo comprendeva un banchetto, cosi alle sette, quando ormai era difficile prendere bene la mira, tutti abbandonarono la battaglia a palle di neve e tornarono insieme in sala comune. La Signora Grassa era seduta nella cornice con la sua amica Violet del piano di sotto: entrambe erano decisamente brille, e scatole vuote di cioccolatini al liquore ingombravano la parte inferiore del quadro.

« Fuci Latate, è questa la parola giusta!» ridacchiò quando le dissero la parola d'ordine, e scattò in avanti per lasciarli passare. Harry, Ron, Seamus, Dean e Neville indossarono gli abiti da cerimonia su nel dormitorio, tutti molto impacciati anche se mai quanto Ron, che si guardava atterrito nel lungo specchio nell'angolo. Non c'era niente da fare: quel coso assomigliava tremendamente a un vestito da donna. In un disperato tentativo di farlo sembrare più maschile, scagliò un Incantesimo Tagliuzzante sui pizzi al collo e ai polsi. Funzionò a meraviglia: i pizzi erano spariti, anche se non aveva fatto un lavoro molto preciso, e gli orli erano ancora spaventosamente sfilacciati mentre si apprestavano a scendere.

«Non riesco ancora a capire come avete fatto voi due a beccarvi le ragazze più carine del nostro anno» mugugnò Dean.

«Magnetismo animale» disse Ron cupamente, tirando i fili che penzolavano dai polsini dell'abito. La sala comune aveva un'aria strana, così piena di ragazzi dai vestiti colorati invece della solita massa nera. Calì aspettava Harry ai piedi delle scale. In effetti era molto carina, con un abito rosa shocking, un nastro d'oro nella lunga treccia scura, e braccialetti d'oro che scintillavano ai polsi. Harry fu sollevato vedendo che non ridacchiava.

«Stai... ehm... bene» le disse esitante.

«Grazie» ribatté lei. «Padma ti aspetta nella Sala d'Ingresso» aggiunse, rivolta a Ron.

«Va bene» disse Ron, guardandosi intorno. «Dov'è Hermione?»

Calì alzò le spalle. «Allora, scendiamo, Harry?»

«Ok» disse Harry, che avrebbe tanto voluto poter rimanere in sala comune. Fred gli fece l'occhiolino quando gli passò davanti uscendo dal buco del ritratto.

Anche la Sala d'Ingresso era stipata di studenti che ciondolavano in attesa delle otto, quando le porte della Sala Grande si sarebbero aperte. I ragazzi che dovevano incontrarsi con i partner di case diverse si facevano largo tra la folla, cercandosi. Calì scorse sua sorella Padma e la guidò da Harry e Ron.

«Ciao» disse Padma, che era carina quanto Calì nel suo vestito di un turchese vivo. Non parve però troppo entusiasta di avere Ron come partner; i suoi occhi scuri indugiarono sul colletto e sui polsi sfilacciati dell'abito mentre lo squadrava da capo a piedi.

«Ciao» disse Ron senza guardarla, scrutando la folla. «Oh, no...»

Piegò appena le ginocchia per nascondersi dietro Harry, perché stava passando Fleur Delacour, favolosa nel suo abito di satin grigio argento, accompagnata dal capitano della squadra di Quidditch di Corvonero, Roger Davies. Quando furono scomparsi, Ron si raddrizzò di nuovo e guardò oltre le teste della folla.

«Ma dov'è Hermione?» esclamò ancora una volta.

Un gruppo di Serpeverde sali dai gradini della loro sala comune sotterranea. Davanti c'era Malfoy; indossava un abito di velluto nero con il colletto alto, che secondo Harry lo faceva assomigliare a un vicario. Pansy Parkinson stringeva il braccio di Malfoy, avvolta in un abito rosa pallido molto sontuoso. Tiger e Goyle erano vestiti di verde tutti e due; sembravano sassi color muschio, e nessuno dei due, Harry fu lieto di notare, era riuscito a trovare un'accompagnatrice. Il portone di quercia si aprì, e tutti si voltarono a guardare l'ingresso degli studenti di Durmstrang con il professor Karkaroff. Krum era in testa al gruppo, accompagnato da una ragazza carina vestita di azzurro che Harry non conosceva. Oltre le loro teste vide che una parte del prato davanti al castello era stata trasformata in una sorta di grotta piena di luci fatate: centinaia di fatine in carne e ossa erano sedute nei cespugli di rose fatti apparire sul posto, e svolazzavano sulla statua di Babbo Natale e le sue renne. Poi la voce della professoressa McGranitt gridò: «I campioni qui, per favore!»

Calì si risistemò i braccialetti, radiosa; lei e Harry dissero «Ci vediamo fra un attimo» a Ron e Padma, e avanzarono, mentre la folla chiacchierina si apriva per lasciarli passare. La professoressa McGranitt, che indossava un abito da sera scozzese rosso, e si era sistemata una ghirlanda di cardi piuttosto bruttina attorno alla tesa del cappello, disse loro di aspettare su un lato della porta mentre entravano tutti gli altri; dovevano fare il loro ingresso nella Sala Grande in corteo una volta che il resto degli studenti avesse preso posto ai tavoli. Fleur Delacour e Roger Davies si disposero vicino alla porta; Davies sembrava così esterrefatto per la fortuna di avere Fleur come partner che riusciva a stento a toglierle gli occhi di dosso. Anche Cedric e Cho erano vicini a Harry, che guardò altrove in modo da non dover fare conversazione. Il suo sguardo invece cadde sulla ragazza al braccio di Krum... e rimase a bocca aperta.

Era Hermione.

Ma non somigliava affatto a Hermione. Si era fatta qualcosa ai capelli; non erano più cespugliosi, ma lisci e lucenti, e legati in un nodo elegante dietro la testa. Indossava un abito di un morbido tessuto blu pervinca, e aveva un portamento in qualche modo diverso - o forse era solo l'assenza della solita ventina di libri che di solito portava appesi alla schiena. Sorrideva, anche - piuttosto nervosamente, a dire il vero - e si notava moltissimo che i denti davanti erano rimpiccioliti. Harry non riusciva a capire come aveva fatto a non accorgersene prima.

«Ciao, Harry!» esclamò. «Ciao, Calì!»

Calì fissava Hermione con uno sguardo incredulo assai poco lusinghiero. Non era la sola, comunque: quando si aprirono le porte della Sala Grande, il fan club di Krum in biblioteca entrò tutto impettito, scoccando a Hermione occhiate di profondo disgusto. Pansy Parkinson la guardò a occhi sbarrati entrando con Malfoy, e anche lui parve non riuscire a trovare un insulto da rivolgerle. Ron le passò davanti senza guardarla. Una volta che tutti si furono sistemati nella Sala Grande, la professoressa McGranitt disse ai campioni e ai loro accompagnatori di mettersi in fila a coppie e di seguirla. Obbedirono, e la Sala Grande applaudì mentre facevano il loro ingresso e avanzavano verso un grande tavolo rotondo all'altra estremità della Sala, dove avevano preso posto i giudici. Le pareti della Sala erano tutte coperte di brina d'argento scintillante, con centinaia di ghirlande di edera e vischio che s'incrociavano attraverso il nero soffitto stellato. I tavoli delle Case erano spariti; al loro posto ce n'erano un centinaio più piccoli, illuminati da lanterne, e ciascuno ospitava una dozzina di persone.

Harry si sforzò di non inciampare nei propri piedi. Calì aveva l'aria di divertirsi; rivolgeva gran sorrisi a tutti, portando Harry con tanta energia da farlo sentire un cane da esibizione guidato a bacchetta. Scorse Ron e Padma mentre si avvicinava al tavolo dei giudici. Ron scrutava Hermione con gli occhi ridotti a fessure. Padma era imbronciata. Silente sorrise allegramente mentre i campioni si avvicinavano al suo tavolo, ma Karkaroff ostentava un'espressione molto simile a quella di Ron mentre guardava Krum e Hermione avvicinarsi. Ludo Bagman, che per l'occasione indossava una veste di un viola acceso a grandi stelle gialle, batteva le mani con l'entusiasmo degli studenti; e Madame Maxime, che aveva sostituito la sua solita uniforme di satin nero con un abito dall'ampia gonna di seta color lavanda, applaudiva educatamente. Ma il signor Crouch, Harry notò all'improvviso, non c'era. Il quinto posto del tavolo era occupato da Percy Weasley.

Quando i campioni e i loro accompagnatori ebbero raggiunto il tavolo, Percy scostò la sedia vuota al suo fianco e fissò Harry con uno sguardo eloquente; Harry capì al volo e si sedette accanto a lui, che indossava un abito da sera nuovissimo, blu marino, e un'espressione di assoluto compiacimento.

«Sono stato promosso» disse, prima ancora che Harry potesse chiederglielo, e dal tono parve annunciare la sua elezione a Supremo Reggente dell'Universo. «Ora sono l'assistente personale del signor Crouch, e sono qui in sua vece».

«Perché non è venuto?» chiese Harry. Non aveva una gran voglia di sorbirsi una conferenza sui fondi di calderone per tutta la cena.

«Mi dispiace dire che il signor Crouch non sta bene, non sta affatto bene. È così dalla Coppa del Mondo. Non c'è da stupirsi: troppo lavoro. Non è più quello di una volta, anche se è ancora piuttosto notevole, naturalmente, la testa è rimasta eccezionale. Ma la Coppa del Mondo è stata un disastro per tutto il Ministero e il signor Crouch ha subito un grave colpo a causa del comportamento scorretto di quella sua elfa domestica, Blinky o come accidenti si chiamava. Naturalmente l'ha allontanata subito dopo, ma

- be', come ho già detto, tira avanti, ha bisogno che qualcuno si prenda cura di lui, e credo che da quando lei se n'è andata il suo ménage familiare sia decisamente peggiorato. E poi abbiamo dovuto organizzare il Torneo, e ci sono stati gli strascichi della Coppa - con quella rivoltante Skeeter che ci ronza intorno continuamente - no, pover'uomo, si sta godendo un meritato, tranquillo Natale. Sono solo felice che sapesse di avere come sostituto qualcuno su cui contare».

Harry aveva un gran desiderio di chiedergli se il signor Crouch aveva smesso di chiamarlo 'Weatherby', ma resistette alla tentazione. I lucenti piatti d'oro erano ancora vuoti, ma c'erano piccoli menu disposti di fronte a ciascuno dei commensali. Harry prese il suo, esitante, e si guardò attorno: non c'erano camerieri. Silente, però, passò attentamente in rassegna il proprio menu e poi disse con voce chiara, rivolto al suo piatto:

«Costolette di maiale!»

E le costolette di maiale apparvero. Colto il meccanismo, anche il resto della tavolata fece le sue ordinazioni ai piatti. Harry guardò Hermione per vedere come reagiva a quel nuovo, più complicato modo di cenare - che doveva significare un sacco di lavoro in più per gli elfi domestici - ma per una volta Hermione non sembrava concentrata suo CREPA: era immersa in una fitta conversazione con Viktor Krum, e pareva accorgersi a malapena di quello che mangiava. In quel momento Harry si sorprese a pensare che non aveva mai veramente sentito parlare Krum prima, però al momento parlava eccome, e con molto entusiasmo.

«Be', noi anche abiamo un castello, anche se non grosso come qvesto, e non così comodo, io crede» stava spiegando a Hermione. «Noi abiamo solo qvatro piani, e i fuochi viene acesi solo per scopi di magia. Ma noi abiamo un parco più grosso di qvesto... anche se d'inverno noi ha molto poco luce, e così noi usiamo esso non molto. Ma d'estate noi foliamo tutti i giorni, su lago, su montagna...»

«Insomma, insomma, Viktor!» disse Karkaroff, con una risata che non si estese agli occhi gelidi. «Non raccontare anche il resto, altrimenti la tua affascinante amica saprà dove trovarci!»

Silente sorrise, un brillio negli occhi. «Igor, quanti misteri... si potrebbe pensare che non volete visitatori».

«Be', Silente» disse Karkaroff, scoprendo i denti ingialliti in tutto il loro splendore, «cerchiamo tutti di proteggere i nostri domini privati, no? Non vegliamo tutti gelosamente sulle case della conoscenza che ci sono state affidate? Non siamo giustamente fieri di essere i soli a conoscere i segreti della nostra scuola, non abbiamo ragione di proteggerli?»

«Oh, non mi sognerei mai di pretendere di conoscere tutti i segreti di Hogwarts, Igor» disse Silente in tono amabile. «Solo stamattina, per esempio, ho preso la direzione sbagliata mentre andavo in bagno e mi sono ritrovato in una stanza di magnifiche proporzioni che non avevo mai visto prima, che ospitava una collezione di vasi da notte davvero notevole. Quando sono tornato indietro per guardare meglio, ho scoperto che la stanza era sparita. Ma devo tenerla d'occhio. È probabile che sia accessibile solo alle cinque e mezza del mattino. O che compaia solo quando la luna è a un quarto... o quando colui che la cerca ha la vescica straordinariamente gonfia».

Harry sbuffò nel suo piatto di goulash. Percy si accigliò, ma Harry avrebbe giurato che Silente gli avesse fatto l'occhiolino. Nel frattempo Fleur Delacour criticava le decorazioni di Hogwarts parlando con Roger Davies.

«Cosine da nionte» disse in tono sbrigativo, guardando le pareti scintillanti della Sala Grande. «Al palazzo di Beauxbatons abiamo sculture di ghiascio tutto intorno la Sala da Pranzo a Natale. Non si sciolgono, naturalmonte... sono grondi statue di diamonte che brillano. E il mongiare è

sempliscemonte superbe. E abiamo cori di ninfe dei boschi, mentre mongiamo. Non abiamo quelle brutte armature nei corridoi, e se un poltergeist mai ontra a Beauxbatons, viene espulso comme ça» . E colpi sonoramente il tavolo con la mano.

Roger Davies la guardava parlare ipnotizzato, e non riusciva a centrare la bocca con la forchetta. Harry aveva l'impressione che Davies fosse troppo occupato a contemplare Fleur per capire anche solo una parola di quello che stava dicendo.

«Verissimo» disse in fretta, picchiando la mano sul tavolo come aveva fatto Fleur. « Commsà. Sì».

Harry si guardò intorno. Hagrid era seduto a un altro dei tavoli degli insegnanti; indossava di nuovo il suo orrendo vestito marrone peloso, e scrutava il tavolo dei giudici. Harry lo vide agitare timidamente la mano e seguendo il suo sguardo vide Madame Maxime rispondergli, gli opali che scintillavano alla luce delle candele.

Hermione stava insegnando a Krum a pronunciare il suo nome per bene; lui continuava a chiamarla 'Hermi-un'.

«Her-mai-o-ni» disse scandendo le sillabe.

«Herr-Mioni».

«Quasi» disse lei, intercettando lo sguardo di Harry con un sorriso. Quando tutto il cibo fu consumato, Silente si alzò e chiese agli studenti di imitarlo. Poi, a un colpo di bacchetta, i tavoli schizzarono via e si disposero lungo i muri, lasciando il pavimento sgombro. Silente fece apparire una piattaforma sopraelevata lungo la parete di destra. Sopra c'erano una batteria completa, parecchie chitarre, un liuto, un violoncello e alcune cor-namuse. Le Sorelle Stravagarie salirono sul palcoscenico salutate da applausi entusiasti; erano tutte eccezionalmente irsute e vestite in lunghi abiti neri che erano stati accuratamente strappati e lacerati. Presero gli strumenti, e Harry, che era così impegnato a guardarle da aver quasi dimenticato che cosa stava per succedere, all'improvviso si accorse che le lanterne su tutti gli altri tavoli si erano spente, e che gli altri campioni e i loro accompagnatori erano in piedi.

«Dai!» sibilò Cali. «Dobbiamo ballare!»

Alzandosi, Harry inciampò nel vestito. Le Sorelle Stravagarie attaccarono una melodia lenta e lugubre; Harry avanzò sulla pista da ballo bene illuminata, badando bene a non incrociare lo sguardo di nessuno (vide Seamus e Dean che lo salutavano con la mano e ridacchiavano), e un attimo dopo, Calì lo aveva afferrato per le mani, gliene aveva sistemata una attorno alla propria vita e teneva ben stretta l'altra nella sua. Non era poi così male, pensò Harry, girando lentamente sul posto (era Calì a portare). Tenne gli occhi fissi sulle teste degli spettatori, e ben presto anche molti di loro li raggiunsero sulla pista da ballo, così che i campioni non furono più al centro dell'attenzione. Neville e Ginny ballavano lì

vicino - vide Ginny strizzare gli occhi mentre Neville le pestava i piedi - e Silente volteggiava con Madame Maxime. La sproporzione tra i due era tale che la punta del cappello di Silente solleticava appena il mento di lei; comunque, Madame Maxime si muoveva con molta grazia per essere così

robusta. Malocchio Moody era impegnato in un goffo two-step con la professoressa Sinistra, che evitava nervosamente la sua gamba di legno.

«Bei calzini, Potter» ringhiò Moody passandogli accanto, l'occhio magico che scrutava attraverso l'abito di Harry.

«Oh... sì, me li ha fatti Dobby l'elfo domestico» disse Harry con un gran sorriso.

«È così pauroso!» sussurrò Calì mentre Moody si allontanava un tonfo dopo l'altro. «Non credo che quell'occhio dovrebbe essere permesso

Harry accolse con sollievo la tremolante nota finale della cornamusa. Le Sorelle Stravagarie smisero di suonare, gli applausi riempirono di nuovo la Sala, e Harry mollò immediatamente Calì. «Sediamoci, eh?»

«Oh... ma... questa è proprio bella!» esclamò Calì mentre le Sorelle Stravagarie attaccavano un'altra canzone, molto più veloce.

«No, non mi piace» mentì Harry, e la condusse via dalla pista, oltre Fred e Angelina, che ballavano con tanto entusiasmo che i ragazzi attorno a loro si scostavano per paura di essere travolti, verso il tavolo dove erano seduti Ron e Padma.

«Come va?» chiese Harry a Ron, prendendo posto e aprendo una bottiglia di Burrobirra. Ron non rispose. Stava fissando cupo Hermione e Krum che ballavano lì

vicino. Padma era seduta con braccia e gambe incrociate, un piede che dondolava a tempo con la musica. Ogni tanto scoccava uno sguardo scontento a Ron, che la ignorava completamente. Calì si sedette di fronte a Harry, incrociò a sua volta gambe e braccia, e dopo pochi minuti fu invitata a ballare da un ragazzo di Beauxbatons.

«Non ti dispiace, vero, Harry?» disse Calì.

«Cosa?» disse Harry, che stava guardando Cho e Cedric.

«Oh, non importa» sbottò Calì, e se ne andò con il ragazzo di Beauxbatons. Alla fine della canzone, non fece ritorno. Hermione si avvicinò e si sedette sulla sedia lasciata vuota da Calì. Era un po' rossa in faccia.

«Ciao» disse Harry. Ron rimase zitto.

«Fa caldo, vero?» disse Hermione, sventolandosi con la mano. «Viktor è

andato a prendere da bere».

Ron le scoccò un'occhiata fulminante.

« Viktor? » esclamò. «Non ti ha ancora chiesto di chiamarlo Vicky

Hermione lo guardò sorpresa.

«Che cos'hai?» chiese.

«Se non lo sai tu» rispose Ron sprezzante, «non ho intenzione di spiegartelo». Hermione lo fissò, poi guardò Harry, che si strinse nelle spalle. «Ron, che cosa...?»

«È di Durmstrang!» esplose Ron. «Gareggia contro Harry! Contro Hogwarts! Tu... tu stai...» Ron evidentemente stava cercando parole abbastanza forti per definire il crimine di Hermione, « fraternizzando con il nemico, ecco che cosa stai facendo!»

Hermione rimase a bocca aperta.

«Non fare lo stupido!» disse dopo un attimo. «Il nemico! Ma insomma... chi era quello scalmanato quando li ha visti arrivare? Chi era quello che voleva il suo autografo? Chi tiene un suo modellino su nel dormitorio?»

Ron fece finta di non sentire. «Immagino che ti abbia chiesto di accompagnarlo quando eravate tutti e due in biblioteca».

«Proprio così» disse Hermione, con le guance sempre più rosse. «E allo-ra?»

«Che cosa è successo... hai cercato di convincerlo a unirsi a CREPA, vero?»

«No, non è vero! Se proprio lo vuoi sapere, lui... lui ha detto che veniva in biblioteca tutti i giorni per cercare di parlare con me, ma non trovava il coraggio!» disse precipitosamente Hermione, e arrossì tanto da diventare dello stesso colore del vestito di Calì.

«Si, certo... questo è quello che dice lui» disse Ron maligno.

«E con ciò che cosa vorresti dire?»

«È ovvio, no? Lui è uno studente di Karkaroff, no? Lui sa chi frequenti... sta solo cercando di avvicinarsi a Harry... di ottenere informazioni riservate su di lui... o di avvicinarsi quel tanto che basta per stregarlo...»

Sembrava che Ron l'avesse schiaffeggiata. Quando parlò, la voce di Hermione tremava di rabbia. «Per tua informazione, non mi ha chiesto una singola cosa a proposito di Harry, non una...»

Ron cambiò strategia alla velocità della luce. «Allora spera che tu lo aiuti a scoprire che cosa vuol dire il suo uovo! Immagino che vi siate ben consultati in quei vostri incontri ravvicinati in biblioteca...»

«Non lo aiuterei mai a scoprire che cosa dice l'uovo!» esclamò Hermione, fuori di sé. « Mai! Come hai potuto dire una cosa del genere... io voglio che Harry vinca il Torneo! Harry lo sa, vero, Harry?»

«Hai uno strano modo di dimostrarlo» disse Ron sarcastico.

«Il Torneo ha lo scopo di mettere in contatto maghi stranieri e fare amicizia con loro!» disse Hermione con voce acuta.

«No, non è vero!» urlò Ron. «Lo scopo è vincere!»

Gli altri ragazzi cominciavano a guardarli.

«Ron» disse Harry piano, «non mi dà nessun fastidio che Hermione sia venuta al ballo con Krum...»

Ma Ron ignorò anche Harry.

«Perché non vai a cercare Vicky? Si starà chiedendo dove sei finita» disse.

« Non chiamarlo Vicky! » Hermione balzò in piedi e corse via sulla pista da ballo. Ben presto scomparve tra la folla.

Ron la guardò allontanarsi con un misto di rabbia e soddisfazione.

«Hai intenzione di invitarmi a ballare?» gli chiese Padma.

«No» rispose Ron, continuando a guardare torvo nella direzione di Hermione.

«Bene» sbottò Padma, e si alzò per andare a raggiungere Calì e il ragaz-zo di Beauxbatons, che riuscì a recuperare un amico tanto in fretta che Harry pensò che avesse usato un Incantesimo di Appello.

«Dov'è Herr-Mioni?» disse una voce.

Krum era appena arrivato al loro tavolo con due Burrobirre.

«Non ne ho idea» rispose Ron ostinato, guardandolo di sottecchi. «L'hai persa, eh?»

Krum era di nuovo arcigno.

«Be', se fedete lei, dite che ho da bere» disse, e andò via dondolando.

«Hai fatto amicizia con Viktor Krum, eh, Ron?»

Percy si avvicinò scattante, sfregandosi le mani con aria molto pomposa.

«Ottimo! È questo lo scopo, sai... Cooperazione Magica Internazionale!»

Con gran fastidio di Harry, prese immediatamente il posto lasciato libero da Padma. Il tavolo dei giudici era vuoto; il professor Silente ballava con la professoressa Sprite; Ludo Bagman con la professoressa McGranitt; Madame Maxime e Hagrid aprivano un ampio varco sulla pista mentre volteggiavano tra gli studenti e Karkaroff era sparito. Quando la canzone successiva fu finita, tutti applaudirono di nuovo, e Harry vide Ludo Bagman fare il baciamano alla professoressa McGranitt e tornare tra la folla: in quel momento gli si avvicinarono Fred e George.

«Che cosa credono di fare, infastidire un membro anziano del Ministero?» sibilò Percy, osservando con sospetto Fred e George. «Non hanno nessun rispetto...»

Ma Ludo Bagman si liberò in fretta di Fred e George; poi vide Harry, agitò la mano e si avvicinò al loro tavolo.

«Spero che i miei fratelli non la stessero disturbando, signor Bagman»

disse subito Percy.

«Cosa? Oh, niente affatto, niente affatto!» disse Bagman. «No, mi stavano solo dicendo qualcosa di più di quelle loro bacchette finte. Forse posso dar loro una mano per metterle in commercio. Ho promesso di metterli in contatto con un paio di conoscenze che ho all' Emporio degli Scherzi di Zonko...»

Percy non parve affatto felice, e Harry era pronto a scommettere che si sarebbe precipitato a raccontare tutto alla signora Weasley non appena tornato a casa. A quanto pareva i progetti di Fred e George erano diventati ancora più ambiziosi ultimamente, se speravano di vendere al pubblico. Bagman aprì la bocca per chiedere qualcosa a Harry, ma Percy lo interruppe. «Come le sembra che stia andando il Torneo, signor Bagman? Il nostro Ufficio è piuttosto soddisfatto... quell'intoppo con il Calice di Fuo-co...» - scoccò un'occhiata a Harry - «è stato leggermente spiacevole, certo, ma da allora pare che le cose siano filate lisce, non crede?»

«Oh, sì» disse Bagman allegramente, «ci si diverte un sacco. Come sta il vecchio Barty? Peccato che non sia potuto venire».

«Oh, sono certo che il signor Crouch si rimetterà molto in fretta» disse Percy solennemente, «ma nel frattempo sono più che disposto a dargli una mano. Naturalmente non si tratta solo di venire ai balli» - rise con leggerezza - «oh no, ho avuto a che fare con ogni genere di cose saltate fuori durante la sua assenza: avete sentito che Alì Bashir è stato sorpreso a contrabbandare un carico di tappeti volanti nel paese? E stiamo cercando di convincere i Transilvani a firmare il Bando Internazionale dei Duelli. Ho un incontro con il loro Capo della Cooperazione Magica all'inizio dell'anno nuovo...»

«Andiamo a fare due passi» borbottò Ron a Harry, «andiamo via da Percy...»

Fingendo di avere sete, Harry e Ron si allontanarono dal tavolo, costeggiarono la pista da ballo e uscirono nella Sala d'Ingresso. Il portone era ancora aperto, e le luci danzanti delle fatine nel giardino delle rose baluginavano e scintillavano mentre loro due scendevano i gradini. Poi si trovarono circondati da cespugli, tortuosi sentieri ornamentali e grandi statue di pietra. Harry sentì un gocciolio: sembrava proprio una fontana. Qua e là, panchine intagliate ospitavano ragazzi e ragazze. Harry e Ron s'incamminarono lungo uno dei viottoli tortuosi attraverso i cespugli di rose, ma avevano fatto pochi passi quando udirono una voce sgradevolmente familiare.

«... non vedo che cosa c'è da agitarsi tanto, Igor».

«Severus, non puoi fingere che non stia succedendo niente!» La voce di Karkaroff era bassa e ansiosa, come se si sforzasse di non farsi sentire da altri. «È diventato sempre più evidente negli ultimi mesi, sono davvero preoccupato, non posso negarlo...»

«Allora scappa» disse bruscamente la voce di Piton. «Vattene, farò io le tue scuse. Io, comunque, rimango a Hogwarts».

Piton e Karkaroff svoltarono l'angolo. Piton aveva la bacchetta in mano, e faceva saltar via i cespugli di rose, con un cipiglio decisamente ostile. Da molti dei cespugli si levarono strilli e spuntarono sagome scure.

«Dieci punti in meno per Tassorosso, Fawcett!» sibilò Piton a una ragazza in fuga. «E dieci punti in meno anche per Corvonero, Stebbins!» a un ragazzo che la segui di corsa. «E voi due che cosa state facendo?» aggiunse, notando Harry e Ron sul sentiero davanti a sé. Karkaroff, osservò

Harry, parve piuttosto preoccupato di vederli lì. La mano gli corse nervosamente al pizzetto, e cominciò a riarrotolarselo sul dito.

«Stiamo camminando» rispose Ron asciutto. «Non è contro la legge, vero?»

«Continuate a camminare, allora!» sibilò Piton, e li oltrepassò velocemente, il lungo mantello nero che ondeggiava alle sue spalle. Karkaroff lo seguì di corsa. Harry e Ron ripresero a scendere il sentiero.

«Che cos'è che preoccupa tanto Karkaroff?» borbottò Ron.

«E da quando lui e Piton si danno del tu?» aggiunse Harry piano. Avevano raggiunto una grossa renna di pietra, su cui zampillava l'acqua scintillante di un'alta fontana. Su una panchina accanto spiccavano le nere sagome di due esseri enormi, intenti a guardare l'acqua alla luce della luna. E poi Harry udì la voce di Hagrid.

«L'ho capito dal primo momento che ti ho vista» stava dicendo, con voce curiosamente roca. Harry e Ron rimasero paralizzati. Non era proprio il genere di situazione da interrompere bruscamente... Harry si guardò intorno, su per il sentiero, e vide Fleur Delacour e Roger Davies seminascosti dietro un cespuglio di rose lì vicino. Diede un colpetto a Ron sulla spalla e fece cenno con la testa verso di loro, per dire che potevano sgattaiolare via da quella parte senza farsi notare (Fleur e Davies gli parvero parecchio indaffarati), ma Ron, gli occhi sgranati dall'orrore alla vista di Fleur, scosse vigorosamente la testa e trascinò Harry nell'ombra fitta dietro la renna.

«Che cosa hai capito, Agrìd?» disse Madame Maxime, con voce talmente bassa che sembrava stesse facendo le fusa. Harry non aveva nessuna intenzione di stare a sentire; Hagrid avrebbe detestato essere spiato in una situazione del genere (Harry personalmente non l'avrebbe sopportato): potendo, si sarebbe infilato le dita nelle orecchie e avrebbe cominciato a canticchiare ad alta voce, ma non era certo una soluzione praticabile. Invece cercò di concentrarsi su uno scarabeo che zampettava lungo la schiena della renna di pietra, ma lo scarabeo non era abbastanza interessante da fargli ignorare le parole che seguirono.

«Lo sapevo e basta... sapevo che tu eri come me... era tua mamma o tuo papà?»

«Io... io non so tu che vuole dire, Agrìd...»

«Per me era mia mamma» disse Hagrid piano. «Era una delle ultime della Gran Bretagna. Certo che non me la ricordo tanto bene... è andata via, sai. Quando avevo tre anni. Non era il tipo materno, proprio no. Be'... non fa parte della loro natura, vero? Non so cosa ci è successo... potrebbe anche essere morta per quello che ne so...»

Madame Maxime non disse niente. E Harry, suo malgrado, distolse gli occhi dallo scarabeo e guardò oltre la renna, ascoltando... non aveva mai sentito Hagrid parlare della sua infanzia prima d'allora.

«Al mio papà ci si è spezzato il cuore quando è andata via. Un piccoletto, era mio papà. A sei anni riuscivo a tirarlo su e metterlo in cima alla credenza se mi sgridava. Lo facevo ridere tanto...» La voce profonda di Hagrid si spezzò. Madame Maxime lo ascoltava immobile, fissando, almeno in apparenza, la fontana argentata. «È stato lui a tirarmi su... ma è morto subito dopo che ho cominciato la scuola. Da allora ho dovuto arrangiarmi. Silente è stato un grande aiuto, sai. Tanto gentile con me, è stato...»

Hagrid tirò fuori un fazzolettone di seta tutto macchiato e si soffiò il naso con una gran pernacchia. «Così... comunque... su di me ho già detto abbastanza. E tu? Di che origini sei?»

Ma Madame Maxime si era improvvisamente alzata in piedi.

«Fa freddo» disse, ma quale che fosse il tempo, non era nemmeno remotamente freddo come la sua voce. «Io torna dentro».

«Eh?» esclamò Hagrid smarrito. «No, non andare! Io... io non ne ho mai incontrato un altro prima d'ora!»

«Un altro che cosa, esattamonte?» chiese Madame Maxime, in tono gelido. Se avesse potuto, Harry avrebbe detto a Hagrid che era meglio non rispondere; invece rimase lì nell'ombra, stringendo i denti, sperando con tutto se stesso che non succedesse... ma fu inutile.

«Un altro Mezzogigante, naturalmente!» disse Hagrid.

«Come osi!» strillò Madame Maxime. La sua voce rimbombò come una sirena nella quieta aria notturna; alle spalle di Harry, Fleur e Roger furono sbalzati via dal loro cespuglio di rose. «Nessuno mai ha insultato me in tutta la vita! Mezzagigonte? Moi? Ho solo le ossa grondi

E scappò; ampi sciami multicolori di fatine si levarono nell'aria mentre passava spazzando via i cespugli. Hagrid rimase seduto sulla panchina a guardarla. Era troppo buio per vedere la sua faccia. Poi, dopo un minuto, si alzò e si allontanò, non in direzione del castello, ma dall'altra parte, nel parco oscuro, verso la sua capanna.

«Dai» disse Harry a Ron, molto piano. «Andiamo...»

Ma Ron non si mosse.

«Che cosa c'è?» chiese Harry.

Ron si voltò verso Harry, con espressione davvero molto seria.

«Lo sapevi?» sussurrò. «Che Hagrid era Mezzogigante'?»

«No» rispose Harry con un'alzata di spalle. «E allora?»

Dall'occhiata di Ron capì all'istante che stava rivelando una volta ancora la sua scarsa conoscenza del mondo magico. Era stato cresciuto dai Dursley, e quindi c'erano molte cose che i maghi davano per scontate e che per lui erano rivelazioni: ma queste sorprese erano diminuite da quando era entrato a scuola. In quel momento, però, si rese conto che la maggior parte dei maghi non avrebbe detto «E allora?» scoprendo che uno dei loro amici aveva per madre una gigantessa.

«Ti spiego quando siamo dentro» disse Ron piano. «Dai...»

Fleur e Roger Davies erano spariti, probabilmente in un cespuglio più

intimo. Harry e Ron fecero ritorno nella Sala Grande. Calì e Padma sedevano a un tavolo lontano con una folla intera di ragazzi di Beauxbatons, e Hermione stava ballando ancora con Krum. Harry e Ron presero posto a un tavolo piuttosto lontano dalla pista da ballo.

«Allora?» Harry incalzò Ron. «Che cos'hanno i giganti?»

«Be', sono... sono...» Ron si sforzò di trovare le parole. «Ehm... poco simpatici» concluse debolmente.

«E allora?» disse Harry. «Hagrid è a posto!»

«Lo so, ma... accidenti, non mi meraviglio che non ci tenga a farlo sapere» rispose Ron, scuotendo la testa. «Ho sempre creduto che fosse incappato in un brutto Incantesimo di Ingozzamento da piccolo, o roba del genere. Non voleva parlarne...»

«Ma chi se ne importa se sua madre era una gigantessa?»

«Be'... a nessuno di quelli che lo conoscono importerà niente, perché

sanno che non è pericoloso» disse Ron lentamente. «Ma... Harry, sono malvagi, i giganti. È come ha detto Hagrid, è nella loro natura, sono come i troll... gli piace uccidere, lo sanno tutti. Comunque in Gran Bretagna non ce ne sono più».

«Che cosa gli è successo?»

«Be', si stavano estinguendo comunque, e un sacco sono stati uccisi dagli Auror. Dovrebbero esserci dei giganti all'estero, però... si nascondono soprattutto sulle montagne...»

«Ma chi vuole prendere in giro, quella Maxime?» disse Harry, osservando Madame Maxime seduta da sola al tavolo dei giudici, con aria molto cupa. «Se Hagrid è un Mezzogigante, allora lo è anche lei. Ossa grandi... la sola cosa con ossa più grandi delle sue è un dinosauro». Harry e Ron passarono il resto della festa a discutere di giganti nel loro angolino, visto che nessuno dei due aveva alcuna voglia di ballare. Harry cercò di ignorare Cho e Cedric; quei due gli mettevano addosso una gran voglia di prendere a calci qualcosa.

Quando a mezzanotte le Sorelle Stravagarie smisero di suonare, tutti rivolsero loro un ultimo, sonoro scroscio di applausi, e cominciarono ad avviarsi verso la Sala d'Ingresso. Molti ragazzi dicevano che avrebbero voluto che il ballo durasse di più, ma Harry fu assolutamente felice di andare a dormire; per quello che lo riguardava, la serata non era stata granché divertente. Fuori nella Sala d'Ingresso, Harry e Ron videro Hermione augurare la buonanotte a Krum prima che lui facesse ritorno alla nave di Durmstrang. Lei rivolse a Ron un'occhiata gelida, e lo superò di corsa su per la scalinata di marmo, senza dire una parola. Harry e Ron la seguirono, ma a metà della scalinata Harry si sentì chiamare.

«Ehi... Harry!»

Era Cedric Diggory. Saliva di corsa le scale per raggiungerlo, mentre Cho aspettava di sotto nell'Ingresso.

«Sì?» disse Harry freddamente.

Cedric esitò, lasciando capire di voler parlare a quattr'occhi con Harry. Ron scrollò le spalle stizzito e continuò a salire da solo.

«Senti...» Cedric abbassò la voce mentre Ron spariva. «Mi hai detto dei draghi, quindi ti devo un favore. Sai l'uovo d'oro? Il tuo ulula quando lo apri?»

«Sì» rispose Harry.

«Be'... fatti un bagno, ok?»

«Cosa?»

«Fatti un bagno, e... ehm... porta con te l'uovo, e... ehm... pensaci su nell'acqua calda. Ti aiuterà a riflettere... fidati». Harry lo guardò sbalordito.

«E te ne dico un'altra» aggiunse Cedric. «Usa il bagno dei Prefetti. Quarta porta a sinistra della statua di Boris il Basito al quinto piano. La parola d'ordine è Frescopino. Devo andare... volevo dare la buonanotte...»

Fece un altro gran sorriso a Harry e corse giù per le scale da Cho. Harry tornò alla Torre di Grifondoro da solo. Era un consiglio estremamente bizzarro. Perché mai un bagno avrebbe dovuto aiutarlo a capire che cosa voleva dire l'uovo ululante? Cedric lo stava prendendo in giro? Stava cercando di fargli fare la figura dell'idiota, cosi Cho per contro lo avrebbe ammirato ancora di più?

La Signora Grassa e la sua amica Vi russavano nel ritratto sopra il buco. Harry dovette strillare « Luci fatate!» per svegliarle, cosa che le irritò parecchio. Salì nella sala comune, e là trovò che Ron e Hermione stavano litigando furiosamente: a tre metri di distanza l'uno dall'altra, si urlavano addosso, rossi in faccia.

«Be', se non ti va, lo sai qual è la soluzione, eh?» gridò Hermione; i capelli le stavano crollando dalla crocchia elegante, e il suo volto era contratto dalla rabbia.

«Ah sì?» urlò Ron di rimando. «E qual è?»

«La prossima volta che c'è un ballo, invitami prima che lo faccia qualcun altro, e non come ultima spiaggia!»

Ron aprì e chiuse la bocca senza parlare come un pesce rosso fuori dall'acqua, mentre Hermione girava sui tacchi e correva su per la scala delle ragazze. Ron si voltò a guardare Harry.

«Be'» farfugliò, folgorato, «be'... questo dimostra solo... non ha proprio capito...»

Harry non disse nulla. Era troppo contento di essere di nuovo amico di Ron per dire la sua in quel momento: ma dentro di sé pensava che Hermione avesse capito molto più di Ron.

CAPITOLO 24

LO SCOOP DI RITA SKEETER

Il 26 dicembre tutti si svegliarono tardi. La sala comune di Grifondoro era molto più tranquilla di quanto non fosse stata ultimamente, e frequenti sbadigli punteggiavano le pigre conversazioni. I capelli di Hermione erano di nuovo crespi; confessò a Harry di aver usato una gran quantità della Tricopozione Lisciariccio per il ballo, «ma è troppo complicato farlo tutti i giorni» concluse in tono pratico, grattando dietro le orecchie un Grattastinchi impegnato a fare le fusa. Ron e Hermione parevano aver raggiunto un tacito accordo: non parlare della loro lite. Erano piuttosto amichevoli l'uno verso l'altra, anche se stranamente formali. Ron e Harry comunque le raccontarono subito della conversazione tra Madame Maxime e Hagrid, ma Hermione, a differenza di Ron, non trovò affatto spaventosa la notizia che Hagrid fosse un Mezzogigante.

«Be', me lo immaginavo» disse, alzando le spalle. «Sapevo che non po-teva essere un gigante puro, perché sono alti sei metri. Ma sinceramente, tutta questa agitazione per i giganti... Non possono essere tutti terribili... è

lo stesso tipo di pregiudizio che la gente nutre nei confronti dei Lupi Mannari... è solo fanatismo, no?»

Ron aveva l'aria di voler ribattere qualcosa di tagliente, ma forse non voleva scatenare un'altra lite, perché si accontentò di scuotere la testa incredulo mentre Hermione non lo guardava. Era giunto il momento di pensare ai compiti che avevano trascurato durante la prima settimana di vacanza. Tutti sembravano piuttosto giù di tono, ora che il Natale era passato: o meglio, tutti tranne Harry che cominciava (di nuovo) a sentirsi un po' nervoso. Il guaio era che il 24 febbraio sembrava molto più vicino visto da questo versante del Natale, e lui non aveva ancora fatto niente per decifrare l'indovinello dentro l'uovo d'oro. Quindi cominciò a tirar fuori l'uovo dal baule tutte le volte che saliva al dormitorio, ad aprirlo e ad ascoltare attentamente, nella speranza che questa volta l'ululato avrebbe avuto un senso. Si sforzò di pensare che cosa gli ricordava quel suono, a parte trenta Seghe Musicali, ma non aveva mai sentito niente del genere. Chiuse l'uovo, lo scosse vigorosamente e lo riaprì per vedere se i rumori erano cambiati, ma niente da fare. Cercò di interrogare l'uovo, strillando più forte dei suoi gemiti, ma non successe nulla. Arrivò a scagliare l'uovo attraverso la stanza, anche se non si aspettava davvero che servisse.

Harry non aveva dimenticato il suggerimento di Cedric, ma i sentimenti men che amichevoli che nutriva nei suoi confronti al momento comportavano che preferiva non accettare il suo aiuto se poteva farne a meno. E

comunque, se Cedric voleva davvero dargli una mano, avrebbe dovuto essere molto più esplicito. Lui, Harry, gli aveva detto esattamente che cosa sarebbe successo nella prima prova: e Cedric lo ricambiava dicendogli di farsi un bagno. Be', non aveva bisogno di quella schifezza di suggerimento: e soprattutto non da parte di uno che continuava a camminare per i corridoi mano nella mano con Cho. E così giunse il primo giorno del nuovo trimestre, e Harry scese per andare a lezione, carico di libri, pergamene e penne come al solito, ma anche con il pensiero fisso dell'uovo che gli pesava sullo stomaco, come se lo avesse mangiato. La neve era ancora alta nel parco, e nella classe di Erbologia le finestre della serra erano coperte di una condensa così fitta che non si riusciva a vedere fuori. Nessuno aveva una gran voglia di andare a Cura delle Creature Magiche visto il tempo, anche se, come osservò Ron, gli Schiopodi pro-babilmente li avrebbero aiutati a scaldarsi, o rincorrendoli o sparando scintille con tanta forza da appiccare il fuoco alla capanna di Hagrid. Ma quando arrivarono, trovarono davanti alla porta una vecchia strega coi capelli grigi tagliati cortissimi e il mento molto pronunciato.

«Muovetevi, allora, la campana è suonata cinque minuti fa» abbaiò contro di loro, mentre avanzavano a fatica nella neve.

«Chi è lei?» disse Ron, fissandola. «Dov'è Hagrid?»

«Mi chiamo professoressa Caporal» disse lei in tono brusco, «e sono la vostra supplente di Cura delle Creature Magiche».

«Dov'è Hagrid?» ripeté Harry a voce alta.

«È indisposto» rispose seccamente la professoressa Caporal. Harry udì alle sue spalle un suono di risate basse e sgradevoli. Si voltò: Draco Malfoy e il resto dei Serpeverde erano in arrivo. Erano tutti giulivi, e nessuno parve sorpreso di vedere la professoressa Caporal.

«Da questa parte, prego» disse quest'ultima, avanzando lungo il recinto degli enormi cavalli di Beauxbatons, che tremavano di freddo. Harry, Ron e Hermione la seguirono, guardando verso la capanna di Hagrid. Tutte le tende erano tirate. Hagrid era là dentro, solo e malato?

«Che cos'ha Hagrid?» disse Harry, affrettandosi a raggiungere l'insegnante.

«Non è affar tuo» rispose lei.

«Invece si» ribatté Harry infervorato. «Che cosa gli è successo?»

La professoressa Caporal finse di non sentirlo. Li guidò oltre il recinto che ospitava i cavalli di Beauxbatons, rannicchiati l'uno contro l'altro per difendersi dal freddo, verso un albero al limitare della Foresta, dov'era legato un grosso, bell'esemplare di unicorno. Un coro di «Oooooh!» si levò dalle ragazze.

«Oh, è così bello!» sussurrò Lavanda Brown. «Come ha fatto? Devono essere difficilissimi da catturare!»

L'unicorno era di un bianco cosi splendente che a confronto la neve sembrava grigia. Grattava il suolo nervosamente con gli zoccoli d'oro, gettando indietro la testa cornuta.

«I ragazzi stiano indietro!» abbaiò la professoressa Caporal, tendendo un braccio e urtando forte Harry in pieno petto. «Preferiscono il tocco femminile, gli unicorni. Le ragazze davanti, e avvicinatevi con cautela. Avanti, adagio!»

Lei e le ragazze avanzarono lentamente verso l'unicorno, lasciando i ragazzi indietro, vicino alla staccionata, a guardare. Nell'istante in cui la professoressa Caporal fu fuori tiro, Harry si rivolse a Ron. «Che cosa credi che abbia? Non pensi che uno Schiopodo...?»

«Oh, non è stato aggredito, Potter, se è questo che temi» disse Malfoy piano. «No, è solo che si vergogna troppo a far vedere quel suo brutto faccione».

«Che stai dicendo?» esclamò Harry brusco.

Malfoy infilò la mano nella tasca dell'abito e ne estrasse un foglio di giornale piegato.

«Ecco qui» disse. «Mi dispiace così tanto di essere io il latore, Potter...»

Sogghignò mentre Harry afferrava il foglio, lo spiegava e leggeva, con Ron, Seamus, Dean e Neville sopra la sua spalla. Era un articolo corredato di una foto di Hagrid con l'aria decisamente imbarazzata.

L'ERRORE GIGANTESCO DI SILENTE

Albus Silente, eccentrico Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, non ha mai avuto paura di fare scelte discutibili in fatto di per- sonale docente, scrive Rita Skeeter, inviato speciale. A settembre di que- st'anno ha assunto Alastor «Malocchio» Moody, il noto ex Auror iettatore, per insegnare Difesa contro le Arti Oscure, una decisione che ha fatto ag- grottare molte fronti al Ministero della Magia, data la ben nota abitudine di Moody di aggredire chiunque faccia un movimento brusco in sua pre- senza. Malocchio Moody, comunque, sembra gentile e responsabile, se confrontato con il semiumano che Silente ha assunto per insegnare Cura delle Creature Magiche.

Rubeus Hagrid, che ammette di essere stato espulso da Hogwarts al ter- zo anno, da allora si gode il posto di guardiacaccia, lavoro garantitogli da Silente. Lo scorso anno, però, Hagrid ha fatto uso della sua misteriosa in- fluenza sul Preside per assicurarsi anche il posto di insegnante di Cura delle Creature Magiche, davanti a parecchi candidati con migliori creden- ziali.

Hagrid, decisamente enorme e feroce di aspetto, ha usato l'autorità da poco acquisita per terrorizzare gli studenti a lui affidati con una succes- sione di orrende creature. Mentre Silente finge di non vedere, Hagrid ha causato menomazioni a parecchi allievi durante una serie di lezioni che molti ammettono essere state «decisamente spaventose». «Io sono stato aggredito da un Ippogrifo, e il mio amico Vìncent Tiger si è preso un brut- to morso da un Vermicolo» dichiara Draco Malfoy, uno studente del quar- to anno. «Tutti quanti detestiamo Hagrid, ma abbiamo troppa paura per parlare».

Hagrid non intende comunque porre fine alla sua campagna intimidato- ria. Nel corso della sua conversazione con un inviato della Gazzetta del Profeta il mese scorso, ha ammesso di allevare creature che ha battezzato

«Schiopodi Sparacoda»: si tratta di un incrocio altamente pericoloso tra una Manticora e un Fiammagranchio. La creazione di nuove razze di cre- ature magiche è, come tutti sanno, un'attività generalmente tenuta sotto stretto controllo dall'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Ma- giche. Hagrid, a quanto pare, si considera al di sopra di queste futili re- strizioni.

«Mi stavo solo divertendo un po'» ha dichiarato prima di cambiare ar- gomento in fretta e furia.

Come se non bastasse, la Gazzetta del Profeta ha ora scoperto le prove del fatto che Hagrid non è - come ha sempre finto di essere - un mago pu- rosangue. In effetti non è nemmeno un umano purosangue. Siamo in grado di rivelare in esclusiva che sua madre è nientemeno che la gigantessa Fri- dwulfa, il cui domicilio è attualmente sconosciuto. Sanguinari e violenti, i giganti sono arrivati alla soglia dell'estinzione combattendo gli uni contro gli altri nel corso dell'ultimo secolo. I pochi superstiti si sono uniti a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, e si sono macchiati di alcune delle più terribili stragi di Babbani del suo regno di terrore.

Mentre molti dei giganti che hanno servito Colui-Che-Non-Deve- Essere-Nominato sono stati uccisi dagli Auror in lotta contro il Lato O- scuro, Fridwulfa non era tra di loro. È possibile che sia fuggita in una del- le comunità di giganti ancora esistenti tra monti stranieri. Se le sue biz- zarrie nel corso delle lezioni di Cura delle Creature Magiche significano qualcosa, comunque, il figlio di Fridwulfa sembra aver ereditato la sua natura violenta.

Per un bizzarro scherzo del fato, Hagrid pare aver stretto una salda a- micizia con il ragazzo che ha provocato la caduta di Voi-Sapete-Chi, co- stringendo di conseguenza la propria stessa madre, come il resto dei so- stenitori di Voi-Sapete-Chi, a nascondersi. Forse Harry Potter non cono- sce la sgradevole verità sul suo grosso amico: ma Albus Silente certo ha il dovere di garantire che Harry Potter, con i suoi compagni, sia messo in guardia contro i pericoli che corre chi frequenta Mezzigiganti.

Harry finì di leggere e guardò Ron, che era rimasto a bocca aperta.

«Come ha fatto a scoprirlo?» sussurrò.

Ma non era questo a infastidire Harry.

«Cosa vorrebbe dire, 'Tutti quanti detestiamo Hagrid'?» esplose rivolto a Malfoy. «Che cosa sono quelle sciocchezze sul fatto che lui» e indicò Tiger, «sarebbe stato morso da un Vermicolo? Non hanno nemmeno i denti!»

Tiger ridacchiava, decisamente compiaciuto.

«Be', credo che con questo la carriera di insegnante di quel deficiente dovrebbe essere finita» disse Malfoy, con gli occhi che brillavano. «Mezzogigante... e io che pensavo che si fosse trangugiato una bottiglia di Crescicresci da piccolo... ai nostri genitori questa faccenda non andrà proprio giù... avranno paura che si mangi i loro figli, ah, ah...»

«Tu...»

«Ehi, laggiù, state guardando?»

La voce della professoressa Caporal raggiunse i ragazzi; le ragazze erano tutte attorno all'unicorno, e lo accarezzavano. Harry era così arrabbiato che l'articolo della Gazzetta del Profeta gli tremò fra le mani mentre si voltò a guardare (senza vederlo) l'unicorno, di cui la professoressa Caporal stava elencando le molte proprietà magiche a voce alta, in modo che sentissero anche i ragazzi.

«Spero tanto che resti, quella donna!» disse Calì Patil a lezione finita, mentre stavano tornando al castello per pranzo. «È così che mi sono sempre immaginata Cura delle Creature Magiche... creature come si deve come gli unicorni, non dei mostri...»

«E a Hagrid non pensi?» esclamò Harry arrabbiato mentre salivano la scala.

«Hagrid?» rispose Calì con voce dura. «Può sempre fare il guardiacaccia, no?»

Da dopo il ballo Calì era molto fredda con Harry. Lui sospettava che avrebbe dovuto dedicarle più attenzioni, ma lei pareva comunque essersi divertita un mondo. Di certo raccontava a tutti che si sarebbe incontrata con il ragazzo di Beauxbatons il prossimo fine settimana a Hogsmeade.

«È stata una gran bella lezione» commentò Hermione mentre entravano nella Sala Grande. «Non sapevo la metà delle cose che la professoressa Caporal ci ha detto sugli uni...»

«Guarda qua!» ringhiò Harry, ficcandole sotto il naso l'articolo della Gazzetta del Profeta.

Hermione rimase a bocca aperta mentre leggeva. La sua reazione fu esattamente la stessa di Ron. «Come ha fatto quell'orrida Skeeter a scoprir-lo? Non è possibile che gliel'abbia detto Hagrid!»

«No» rispose Harry, avanzando verso il tavolo di Grifondoro e lasciandosi cadere su una sedia, furioso. «Non l'ha mai detto nemmeno a noi, no?

Suppongo che fosse così arrabbiata perché lui non gli ha detto un sacco di roba schifosa su di me che è andata in giro a ficcare il naso per vendicarsi».

«Forse ha sentito quando lui l'ha detto a Madame Maxime al ballo» disse Hermione piano.

«L'avremmo vista in giardino!» esclamò Ron. «E poi non ha più il permesso di girare a scuola, Hagrid ha detto che Silente l'ha buttata fuori...»

«Forse ha un Mantello dell'Invisibilità» disse Harry, servendosi di pollo in umido con tanta veemenza che schizzò sugo dappertutto. «È proprio il genere di cosa che farebbe, nascondersi nei cespugli a spiare la gente».

«Come avete fatto tu e Ron, vuoi dire» disse Hermione.

«Noi non l'abbiamo fatto apposta!» disse Ron indignato. «Non avevamo scelta! Quell'idiota, parlare della sua mamma gigantessa dove chiunque poteva sentirlo!»

«Dobbiamo andare a trovarlo» disse Harry. «Questa sera, dopo Divinazione. Dobbiamo dirgli che lo rivogliamo... Tu lo rivuoi?» scattò, rivolto a Hermione.

«Io... be', non voglio far finta che non sia stata una piacevole novità, seguire per una volta una vera lezione di Cura delle Creature Magiche... ma certo che voglio indietro Hagrid, è ovvio!» aggiunse in fretta Hermione, intimidita dallo sguardo furibondo di Harry.

Così quella sera dopo cena il terzetto uscì di nuovo dal castello e discese i prati ghiacciati verso la capanna di Hagrid. Bussarono. A rispondere furono i latrati cavernosi di Thor.

«Hagrid, siamo noi!» gridò Harry, picchiando sulla porta. «Apri!»

Non rispose. Sentirono Thor grattare alla porta, mugolando, ma quella non si aprì. La tempestarono per altri dieci minuti; Ron andò anche a bussare forte a una finestra, ma non ci fu risposta.

«Perché ci evita?» disse Hermione, quando finalmente si furono arresi e s'incamminarono di nuovo verso la scuola. «Non crederà che c'importi che è un Mezzogigante?»

Ma evidentemente a Hagrid importava. Per tutta la settimana non si fece vivo. Non comparve al tavolo degli insegnanti alle ore dei pasti, non lo videro svolgere i suoi compiti di guardiacaccia nel parco, e la professoressa Caporal continuò a insegnare Cura delle Creature Magiche. Malfoy gongo-lava a più non posso.

«Ti manca il tuo amichetto?» continuava a sussurrare a Harry tutte le volte che c'era un insegnante nei paraggi, in modo da sfuggire alla vendetta. «Ti manca l'Uomo-Elefante?»

A metà di gennaio era prevista una gita a Hogsmeade. Hermione fu molto sorpresa che Harry contasse di andarci.

«Credevo che avresti approfittato del fatto che la sala comune sarà tranquilla» disse. «Che ti saresti messo a lavorare sul serio su quell'uovo».

«Oh, io... io credo di sapere di che cosa si tratta» mentì Harry.

«Davvero?» disse Hermione, colpita. «Bravo!»

Lo stomaco di Harry si contorse per i sensi di colpa, ma lui decise di ignorarlo. Aveva ancora cinque settimane per risolvere l'indovinello dell'uovo, dopotutto, e praticamente erano secoli... e se andava a Hogsmeade, magari avrebbe incontrato Hagrid, e avrebbe potuto convincerlo a tornare. Il sabato, lui, Ron e Hermione uscirono insieme dal castello, e si diressero al cancello attraverso il parco freddo e bagnato. Mentre passavano davanti alla nave di Durmstrang ancorata nel lago, videro Viktor Krum salire in coperta, con addosso solo un costume da bagno. Era davvero magro, ma evidentemente molto più forte di quel che sembrava, perché si arrampicò

sul fianco della nave, tese le braccia e si tuffò dritto nel lago.

«È pazzo!» disse Harry, fissando la testa scura di Krum che rispuntava in mezzo allo specchio d'acqua. «Dev'essere gelato, siamo in gennaio!»

«Dalle sue parti fa molto più freddo» disse Hermione. «Magari qui per lui è abbastanza caldino».

«Sì, ma c'è sempre la piovra gigante» disse Ron. Non sembrava preoccupato: speranzoso, semmai. Hermione notò il suo tono di voce e si accigliò.

«È davvero simpatico, sai» disse. «Non è affatto come uno potrebbe immaginare, visto che è di Durmstrang. Mi ha detto che gli piace molto di più qui da noi».

Ron tacque. Non aveva nominato Krum dal ballo, ma il 26 dicembre Harry aveva trovato sotto il suo letto un braccino in miniatura che sembrava strappato via da una bambolina vestita con i colori della squadra di Quidditch della Bulgaria.

Harry tenne gli occhi bene aperti in cerca di Hagrid per tutta la High Street invasa dal fango, e una volta scoperto che Hagrid non si trovava in nessuno dei negozi suggerì una visita ai Tre Manici di Scopa. Il pub era affollato come al solito, ma una rapida occhiata a tutti i tavoli disse a Harry che Hagrid non c'era. Col cuore pesante, si avvicinò al bancone con Ron e Hermione, ordinò tre Burrobirre a Madama Rosmerta e si disse cupamente che dopotutto avrebbe fatto meglio a restare a casa ad ascoltare l'uovo ululante.

«Ma non ci va mai in ufficio?» sussurrò Hermione all'improvviso.

«Guardate!»

Indicò lo specchio dietro il bancone, e Harry vi vide riflesso Ludo Bagman, seduto in un angolo nella penombra con un gruppo di goblin. Bagman parlava molto in fretta a voce bassa con i goblin, che tenevano tutti le braccia incrociate e avevano l'aria piuttosto minacciosa. Era davvero strano, pensò Harry, che Bagman si trovasse lì ai Tre Mani- ci di Scopa in un fine settimana privo di eventi legati al Torneo Tremaghi, e quindi senza obblighi di giurato. Osservò Bagman nello specchio. Sembrava di nuovo teso, quasi come la notte nella foresta prima della comparsa del Marchio Oscuro. Ma proprio in quell'istante Bagman guardò verso il bancone, vide Harry e si alzò.

«Un attimo, un attimo!» Harry lo udì dire bruscamente ai goblin, e Bagman gli si avvicinò di fretta, il ghigno fanciullesco di nuovo al suo posto.

«Harry!» esclamò. «Come stai? Speravo proprio di incontrarti! Va tutto bene?»

«Bene, grazie» rispose Harry.

«Posso parlarti a quattr'occhi, Harry? È una cosa veloce» disse Bagman con insistenza. «Non potreste lasciarci soli un attimo, voi due?»

«Ehm... ok» disse Ron, e lui e Hermione andarono a cercarsi un tavolo. Bagman guidò Harry lungo il bancone, il più lontano possibile da Madama Rosmerta.

«Be', è solo che volevo complimentarmi di nuovo con te per la tua splendida esibizione contro quello Spinato, Harry» disse Bagman. «Davvero superbo».

«Grazie» disse Harry, ben sapendo che non poteva essere tutto lì, perché

Bagman avrebbe potuto congratularsi con lui anche davanti a Ron e Hermione. Ma Bagman non pareva avere una gran fretta di vuotare il sacco. Harry lo guardò gettare un'occhiata nello specchio ai goblin, che stavano studiando lui e Harry in silenzio attraverso gli scuri occhi a fessura.

«Un incubo assoluto» disse Bagman a Harry sottovoce, notando che anche Harry osservava i goblin. «Il loro inglese non è granché... è come essere di nuovo con tutti quei Bulgari alla Coppa del Mondo di Quidditch... ma almeno loro usavano un linguaggio dei segni che un altro essere umano poteva capire. Questi qua continuano a blaterare in Goblinese... e io so solo una parola di Goblinese. Bladvak. Vuol dire 'piccone'. Non mi va di usarla perché non vorrei che pensassero che li sto minacciando». Esplose in una breve risata cavernosa.

«Che cosa vogliono?» chiese Harry, notando che i goblin stavano ancora osservando Bagman con molta attenzione.

«Ehm... be'...» disse Bagman, improvvisamente molto nervoso. «Loro... ehm... stanno cercando Barty Crouch».

«Perché lo cercano qui?» disse Harry. «È al Ministero a Londra, no?»

«Ehm... in effetti, non ho idea di dove sia» disse Bagman. «È che ha... smesso di venire a lavorare. Ormai manca da un paio di settimane. Il giovane Percy, il suo assistente, dice che è ammalato. A quanto pare manda istruzioni via gufo. Ma ti dispiace non farne parola con nessuno, Harry?

Perché Rita Skeeter è ancora lì che s'impiccia dove può, e io ci scommetto che trasformerebbe la malattia di Barty in qualcosa di sinistro. Probabilmente scriverebbe che è scomparso come Bertha Jorkins».

«Si sa niente di lei?» chiese Harry.

«No» rispose Bagman, di nuovo teso. «Ho delle persone che la stanno cercando, naturalmente...» (Era ora, pensò Harry), «ed è tutto molto strano. È sicuro che c'è arrivata, in Albania, perché là ha incontrato la sua seconda cugina. E poi è partita per andare a sud a trovare una zia... e sembra che sia sparita senza lasciare alcuna traccia, per strada. Che mi prenda un colpo se capisco che cos'ha in testa... non è proprio il tipo che fugge, comunque... però... ma che cosa facciamo, stiamo qui a parlare di goblin e di Bertha Jorkins? Veramente volevo chiederti» e abbassò la voce, «come va con l'uovo d'oro?»

«Ehm... non male» mentì Harry.

Bagman parve capire che non era sincero.

«Senti, Harry» disse (sempre a voce bassissima), «questa cosa mi fa star male... tu ci sei finito dentro, nel Torneo, non ti sei fatto avanti da solo... e se» (la sua voce era così bassa che Harry dovette avvicinarsi per sentire),

«... se posso darti una mano... una spintarella nella direzione giusta... tu mi piaci proprio... come hai superato quel drago!... Be', basta che tu lo dica». Harry guardò il tondo, roseo faccione di Bagman e i suoi grandi occhi azzurro bebè.

«Dobbiamo risolvere gli indovinelli da soli, no?» disse, ben attento a mantenere un tono di voce leggero, per non dare l'impressione di star accu-sando il Capo dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici di violare le regole.

«Be'... be', sì» disse Bagman impaziente, «ma... andiamo, Harry... vogliamo tutti che vinca Hogwarts, no?»

«Ha offerto una mano anche a Cedric?» chiese Harry.

Un'impercettibile ruga solcò il volto liscio di Bagman.

«No» rispose, «lo... be', come ho detto, ti ho preso in simpatia. Ho pensato che potevo offrirti...»

«Be', grazie» disse Harry, «ma credo di esserci quasi, con l'uovo... dovrebbero bastare un paio di giorni». Non era del tutto certo del motivo per cui stava rifiutando l'offerta di Bagman, a parte il fatto che Bagman era quasi un estraneo, e che accettare il suo aiuto gli sembrava molto più un imbroglio che non chiedere consiglio a Ron, Hermione o Sirius. Bagman parve quasi offeso, ma non riuscì ad aggiungere altro, perché a quel punto comparvero Fred e George.

«Salve, signor Bagman» disse Fred allegramente. «Possiamo offrirle da bere?»

«Ehm... no» rispose Bagman, con un ultimo sguardo deluso a Harry,

«no, grazie, ragazzi...»

Fred e George parvero delusi quasi quanto Bagman, che guardava Harry come se lo avesse crudelmente tradito.

«Be', devo scappare» disse. «È stato un piacere vedervi. Buona fortuna, Harry».

E corse fuori dal pub. I goblin scivolarono tutti giù dalle sedie e uscirono dopo di lui. Harry andò a raggiungere Ron e Hermione.

«Che cosa voleva?» chiese Ron.

«Si è offerto di aiutarmi con l'uovo d'oro» disse Harry.

«Ma non dovrebbe!» esclamò Hermione, molto turbata. «È uno dei giudici! E comunque, tu l'hai già scoperto... vero?»

«Ehm... quasi» disse Harry.

«Be', non credo che a Silente piacerebbe sapere che Bagman ha cercato di convincerti a barare!» disse Hermione, con uno sguardo di profonda disapprovazione. «Spero che stia cercando di aiutare anche Cedric!»

«No, gliel'ho chiesto» disse Harry.

«E chi se ne importa se qualcuno aiuta Diggory?» ribatté Ron. Dentro di sé Harry si disse perfettamente d'accordo.

«Quei goblin non sembravano molto bendisposti» disse Hermione sor-seggiando la sua Burrobirra. «Che cosa ci facevano qui?»

«Cercavano Crouch, secondo Bagman» disse Harry. «È ancora ammalato. Non va a lavorare».

«Forse Percy lo sta avvelenando» disse Ron. «Probabilmente crede che se Crouch tira le cuoia diventerà lui il Capo dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale». Hermione scoccò a Ron uno sguardo del tipo non-si-scherza-su-queste- cose e disse: «Buffo, dei goblin che cercano il signor Crouch... dovrebbero trattare con l'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche».

«Crouch però sa un sacco di lingue» osservò Harry. «Forse hanno bisogno di un interprete».

«Ti dai pena per quei poveri piccoli goblin, adesso, eh?» chiese Ron a Hermione. «Stai pensando a fondare lo S.P.U.R.G.A. o qualcosa del genere? Società per la Protezione e l'Utilizzo Ragionevole dei Goblin Abietti?»

«Ah, ah, ah» disse Hermione sarcastica. «I goblin non hanno bisogno di protezione. Non avete sentito quello che ci ha spiegato il professor Rüf sulle rivolte dei goblin?»

«No» risposero Harry e Ron in coro.

«Be', sono piuttosto bravi a trattare con i maghi» disse Hermione, sorseggiando un altro po' di Burrobirra. «Sono molto abili. Non sono come gli elfi domestici, che non si difendono mai».

«Oh oh» disse Ron, fissando la porta.

Rita Skeeter era appena entrata. Quel giorno era vestita di giallo banana; le lunghe unghie erano dipinte di rosa shocking, ed era accompagnata dal solito fotografo panciuto. Prese da bere per entrambi, e i due si fecero strada tra la folla fino a un tavolo vicino. Harry, Ron e Hermione la guardarono torvi mentre si avvicinava. Parlava in fretta e sembrava molto soddisfatta di qualcosa.

«... non sembrava che avesse molta voglia di parlare con noi, eh, Bozo?

Ora, perché, secondo te? E che cosa ci fa con un branco di goblin al seguito, comunque? Gli fa visitare la zona... che sciocchezza... è sempre stato un pessimo bugiardo. Forse sta succedendo qualcosa? Credi che dovremmo indagare un po'? L'ex Capo degli Sport Magici caduto in disgrazia, Ludo Bagman... bell'attacco, Bozo... dobbiamo solo trovare una storia che gli si adatti...»

«Sta cercando di rovinare la vita a qualcun altro?» disse Harry ad alta voce.

Alcune persone si voltarono. Gli occhi di Rita Skeeter si dilatarono die-tro gli occhiali tempestati di pietre quando vide chi aveva parlato.

«Harry!» esclamò con un gran sorriso. «Ma è splendido! Perché non ti unisci a...?»

«Non le verrei vicino con un manico di scopa lungo tre metri» disse Harry infuriato. «Perché ha fatto quella cosa a Hagrid, eh?»

Rita Skeeter inarcò le sopracciglia pesantemente ritoccate.

«I nostri lettori hanno il diritto di sapere la verità, Harry, sto solo facendo il mio...»

«Chi se ne importa se è un Mezzogigante?» urlò Harry. «Lui è a posto!»

Nel pub era calato il silenzio. Madama Rosmerta guardava da dietro il bancone, senza accorgersi che il boccale che stava riempiendo di idromele già traboccava.

Il sorriso di Rita Skeeter s'incrinò appena, ma un attimo dopo tornò

smagliante; aprì con uno scatto la borsa di coccodrillo, estrasse la Penna Prendiappunti e disse: «Cosa ne dici di un'intervista sull'Hagrid che conosci tu, Harry? L'uomo dietro i muscoli? La tua improbabile amicizia e le ragioni che la sostengono? Lo definiresti un surrogato della figura paterna?»

Hermione scattò in piedi di colpo, il bicchiere di Burrobirra stretto in mano come una granata.

«Lei è disgustosa» disse a denti stretti, «passerebbe sopra a tutto, pur di mettere insieme una storia, e va bene chiunque, vero? Anche Ludo Bagman...»

«Siediti, stupida ragazzina, e non parlare di cose che non capisci» disse freddamente Rita Skeeter, guardando Hermione con occhi improvvisamente duri. «So delle cose di Ludo Bagman che ti farebbero arricciare i capelli... non che ne abbiano bisogno...» aggiunse, con un'occhiata alla chioma crespa di Hermione.

«Andiamo» disse Hermione. «Dai, Harry... Ron...»

Uscirono, seguiti da parecchi sguardi. Quando furono sulla soglia, Harry si voltò. La Penna Prendiappunti di Rita Skeeter era in azione; sfrecciava avanti e indietro su un rotolo di pergamena posato sul tavolo.

«Sarai tu la prossima vittima, Hermione» disse Ron a voce bassa e preoccupata mentre risalivano la strada in fretta.

«Deve solo provarci!» strillò Hermione; tremava di rabbia. «Le farò vedere! Una stupida ragazzina, questo sarei? Oh, la pagherà, prima Harry, poi Hagrid...»

«Non vorrai fare una scenata a Rita Skeeter» disse Ron nervoso. «Dico sul serio, Hermione, troverà qualcosa su di te...»

«I miei genitori non leggono La Gazzetta del Profeta, non può costringere me a nascondermi!» esclamò Hermione, camminando così in fretta che Harry e Ron le stavano dietro a fatica. L'ultima volta che l'avevano vista così arrabbiata, Hermione aveva dato un ceffone a Draco Malfoy. «E

nemmeno Hagrid! Non avrebbe mai dovuto farsi sconvolgere da quella sottospecie di essere umano! Andiamo!»

Cominciò a correre e li precedette su per la strada, attraverso i cancelli fiancheggiati da cinghiali alati, e poi su per i prati fino alla capanna di Hagrid. Le tende erano ancora tirate, e avvicinandosi sentirono Thor abbaiare.

«Hagrid!» urlò Hermione, picchiando sulla porta. «Hagrid, adesso basta!

Lo sappiamo che sei lì dentro! Non importa a nessuno se tua madre era una gigantessa, Hagrid! Non puoi permettere a quella viscida Skeeter di farti questo! Hagrid, vieni fuori, ti stai comportando...»

La porta si aprì. Hermione sbottò: «Era o...!» e poi si interruppe bruscamente, perché si trovò faccia a faccia non con Hagrid, ma con Albus Silente.

«Buon pomeriggio» disse il Preside in tono amabile, sorridendo.

«Noi... ehm... volevamo vedere Hagrid» disse Hermione con una vocina sottile sottile.

«Sì, l'avevo sospettato» disse Silente, gli occhi che brillavano. «Perché

non entrate?»

«Oh... ehm... ok» disse Hermione.

I tre amici entrarono nella capanna; Thor si slanciò addosso a Harry, abbaiando come un pazzo e cercando di leccargli le orecchie. Harry parò l'assalto e si guardò intorno. Hagrid era seduto al tavolo, sul quale erano posati due grossi boccali di tè. Era in uno stato pietoso. Aveva la faccia tutta a macchie, gli occhi gonfi, e quanto ai capelli era andato da un estremo all'altro: aveva rinunciato a tentare di domarli e cosi ora sembravano una parrucca di fil di ferro aggrovigliato.

«Ciao, Hagrid» disse Harry.

Hagrid alzò gli occhi.

«Cia'» disse con voce molto roca.

«Ci vuole dell'altro tè, credo» disse Silente, chiudendo la porta alle spalle del terzetto, estraendo la bacchetta e facendola roteare un po'; un vassoio da tè apparve ruotando a mezz'aria, assieme a un piatto di dolcetti. Silente fece planare il vassoio sul tavolo, e tutti si sedettero. Ci fu una breve pausa, e poi Silente disse: «Per caso hai sentito quello che stava gridando la signorina Granger, Hagrid?»

Hermione arrossì, ma Silente le sorrise e riprese: «Hermione, Harry e Ron sembrano ancora intenzionati a esserti amici, a giudicare dal modo in cui hanno cercato di sfondare la porta».

«Ma certo che vogliamo ancora essere tuoi amici!» disse Harry, guardando Hagrid. «Non crederai che le cose che dice quella schifosa di una Skeeter... scusi, professore» aggiunse in fretta, rivolto a Silente.

«Sono diventato momentaneamente sordo e non ho idea di quello che hai detto, Harry» disse Silente, girandosi i pollici, gli occhi al soffitto.

«Ehm... d'accordo» disse Harry imbarazzato. «Volevo solo dire... Hagrid, come hai potuto credere che dessimo peso alle cose che quella... donna... ha scritto su di te?»

Due grosse lacrime colarono dagli occhi nero pece di Hagrid e caddero lentamente nella sua barba aggrovigliata.

«Questi tre amici sono la prova vivente di quello che ti stavo dicendo, Hagrid» disse Silente, sempre osservando il soffitto con grande attenzione.

«Ti ho mostrato le lettere di innumerevoli genitori che ti ricordano da quando erano studenti qui, e che mi dicono in termini inequivocabili che se ti licenziassi avrebbero qualcosa da ridire...»

«Non tutti» disse Hagrid con voce rauca. «Non tutti vogliono che resto».

«Insomma, Hagrid, se stai cercando di ottenere il consenso universale, temo che resterai chiuso in questa capanna per un sacco di tempo» disse Silente, che ora lo scrutava con sguardo deciso attraverso gli occhialetti a mezzaluna. «Da quando sono diventato Preside di questa scuola, non ho passato una settimana senza ricevere almeno un gufo di protesta per il modo in cui la dirigo. Ma che cosa dovrei fare? Barricarmi nel mio studio e rifiutarmi di parlare con chicchessia?»

«Lei... lei non è un Mezzogigante!» gracchiò Hagrid.

«Hagrid, ma guarda che parenti ho io!» esclamò Harry con veemenza.

«Pensa ai Dursley!»

«Ottimo argomento» disse il professor Silente. «Mio fratello Aberforth è

stato processato per aver praticato incantesimi inopportuni su una capra. Era su tutti i giornali, ma Aberforth si è nascosto? Certo che no! Ha tenuto la testa alta ed è andato avanti a fare le sue cose come al solito! Certo, non sono proprio sicuro che sappia leggere, quindi potrebbe non essere stato coraggio, il suo...»

«Torna a insegnare, Hagrid» disse Hermione piano, «ti prego, ritorna, ci manchi davvero».

Hagrid deglutì. Altre lacrime gli caddero sulle guance e nella barba arruffata. Silente si alzò.

«Mi rifiuto di accettare le tue dimissioni, Hagrid, e mi aspetto che tu torni a lavorare lunedì» disse. «Ci vediamo a colazione alle otto e mezzo nella Sala Grande. Niente scuse. Buon pomeriggio a tutti». Silente uscì dalla capanna, fermandosi solo per grattare Thor dietro le orecchie. Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle, Hagrid prese a singhiozzare con la faccia affondata nelle mani. Hermione continuò a dargli dei colpetti sul braccio, e alla fine Hagrid alzò gli occhi, davvero molto rossi, e disse: «Grand'uomo, Silente... grand'uomo...»

«Sì, è vero» disse Ron. «Posso prendere uno di quei dolcetti, Hagrid?»

«Serviti pure» disse Hagrid, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. «Oh, ha ragione, certo... avete ragione tutti... sono stato uno stupido... il mio papà si sarebbe vergognato di come mi sono comportato...»

Sgorgarono altre lacrime, ma le asciugò con più decisione e disse: «Non vi ho mai fatto vedere una foto del mio vecchio, vero? Ecco qua...»

Hagrid si alzò, aprì un cassetto del comò e ne estrasse la foto di un mago basso con i suoi stessi occhi neri infossati, che sorrideva seduto sulla spalla di Hagrid. Quest'ultimo era alto più di due metri, a giudicare dal melo alle sue spalle, ma il suo viso era senza barba, giovane, rotondo e liscio: non dimostrava più di undici anni.

«Questa è stata fatta subito dopo che ero entrato a Hogwarts» disse Hagrid con voce gracchiante. «Papà era arcicontento... certo che potevo anche non essere mica un mago, sapete, per via che la mia mamma... be', insomma. Certo che non sono mai stato granché in magia, davvero... ma almeno non ha saputo che mi avevano buttato fuori. Sapete, è morto che facevo il secondo anno...

«Silente è quello che è stato dalla mia parte dopo che papà se n'è andato. Mi ha trovato il lavoro di guardiacaccia... si fida della gente, lui. Ci dà a tutti un'altra possibilità... è per questo che è diverso dagli altri Presidi, ecco. Piglierebbe chiunque a Hogwarts, basta che ci hanno talento. Lo sa che la gente può venir fuori ok anche se le loro famiglie non erano... be'... proprio rispettabili. Ma alcuni non lo capiscono. Ce ne sono certi che te lo rinfacciano sempre... ci sono certi che farebbero finta di essere solo un po'

grossi invece di alzarsi e dire: sono quello che sono e non mi vergogno.

'Non vergognarti mai' mi diceva il mio vecchio, 'e se qualcuno te lo rinfac-cia, è gente che non vale una cicca'. E ci aveva ragione. Io con lei non ci perdo più tempo, ve lo prometto. Ossa grandi... gliele do io, le ossa grandi». Harry, Ron e Hermione si guardarono nervosamente; Harry avrebbe preferito portare a passeggio cinquanta Schiopodi Sparacoda piuttosto che ammettere davanti a Hagrid di averlo sentito parlare con Madame Maxime, ma Hagrid continuò a parlare, senza accorgersi dell'effetto delle sue parole.

«La sai una cosa, Harry?» disse, alzando lo sguardo dalla foto del padre, gli occhi molto luminosi. «La prima volta che ti ho visto mi ricordavi un po' me. Niente mamma e papà, e credevi che a Hogwarts non ti ci saresti mica ritrovato, ti ricordi? Non eri sicuro di essere all'altezza... e adesso guardati, Harry! Campione della scuola!»

Fissò un attimo Harry e poi disse, in tono molto serio: «Lo sai cosa mi piacerebbe, Harry? Mi piacerebbe se vinci, davvero. Fagli vedere, a quelli, che uno non deve essere purosangue per farcela. Non devi vergognarti di quello che sei. Fagli vedere che è Silente che ha ragione, a prendere tutti, basta che sanno fare le magie. Come va con quell'uovo, Harry?»

«Benissimo» rispose Harry. «Davvero benissimo».

La faccia triste di Hagrid s'illuminò di un sorriso umido. «Così si fa... Fagliela vedere a tutti, Harry. Stendili».

Mentire a Hagrid non era esattamente come mentire a chiunque altro. Quel pomeriggio, più tardi, Harry tornò al castello con Ron e Hermione senza riuscire a cancellare dalla mente la faccia felice di Hagrid al pensiero che lui vincesse il Torneo. Quella sera l'incomprensibile uovo pesò più che mai sulla coscienza di Harry, e al momento di andare a dormire aveva deciso: era giunto il momento di mettere da parte l'orgoglio, e vedere se il suggerimento di Cedric valeva qualcosa.

CAPITOLO 25

L'UOVO E L'OCCHIO

Visto che Harry non aveva idea di quanto dovesse durare il bagno per scoprire il segreto dell'uovo d'oro, decise di farlo di notte, quando avrebbe potuto prendersi tutto il tempo che voleva. Pur riluttante all'idea di accettare altri favori da Cedric, decise anche di usare il bagno dei Prefetti; erano pochissime le persone ammesse là dentro, quindi era molto meno probabile che qualcuno lo disturbasse. Harry preparò accuratamente il suo piano, perché era già stato sorpreso una volta da Gazza il custode fuori dal letto e nel posto sbagliato nel cuore della notte, e non desiderava ripetere l'esperienza. Il Mantello dell'Invisibilità, naturalmente, sarebbe stato fondamentale, e come ulteriore precauzione Harry pensò di portare con sé la Mappa del Malandrino, che, insieme al Mantello, era il mezzo più efficace che possedesse per infrangere le regole. Sulla mappa era riportata l'intera Hogwarts, comprese le sue molte scorciatoie e i passaggi segreti, e, cosa più importante di tutte, mostrava le persone all'interno del castello, ferme o in movimento, come minuscoli puntini con tanto di nome, così che Harry avrebbe potuto individuare in tempo chiunque si fosse avvicinato al bagno.

Il giovedì sera Harry scivolò fuori dal letto, indossò il Mantello, sgattaiolò di sotto e, proprio come aveva fatto la sera che Hagrid lo aveva portato dai draghi, attese che il buco del ritratto si aprisse. Stavolta era Ron ad aspettare fuori per dire la parola d'ordine alla Signora Grassa ( 'Frittelle di banana' ) . «Buona fortuna» mormorò entrando nella sala comune mentre Harry usciva di soppiatto.

Quella notte era strano muoversi sotto il Mantello, perché Harry teneva il pesante uovo sotto un braccio, e reggeva la mappa davanti al naso con l'altro. Comunque, i corridoi illuminati dalla luna erano deserti e silenziosi, e controllando la mappa a intervalli strategici, Harry si assicurò di non incontrare nessuno che voleva evitare. Quando raggiunse la statua di Boris il Basito, un mago dall'aria smarrita con i guanti infilati sulle mani sbagliate, individuò la porta giusta, le si avvicinò e borbottò la parola d'ordine, Fre- scopino, proprio come gli aveva detto Cedric.

La porta si aprì cigolando. Harry la oltrepassò, la chiuse a chiave e si sfilò il Mantello dell'Invisibilità, guardandosi attorno. Il suo primo pensiero fu che valeva la pena di diventare Prefetto solo per poter usare quel bagno. Era illuminato dolcemente da un magnifico candeliere acceso, ed era tutto di marmo bianco, compresa quella che sembrava una piscina vuota rettangolare incassata al centro del pavimento. Almeno un centinaio di rubinetti d'oro si trovavano ai bordi della piscina, ciascuno con una pietra di colore diverso incastonata nel pomolo. C'era anche un trampolino. Lunghe tende di lino bianco pendevano alle finestre; una grossa pila di soffici asciugamani candidi si ergeva in un angolo, e sulla parete c'era un solo dipinto con la cornice dorata. Ritraeva una sirena bionda profondamente addormentata su una roccia, i lunghi capelli che le fluttuavano davanti al viso tutte le volte che russava.

Harry avanzò, guardandosi attorno, mentre i suoi passi rimbombavano. Per quanto splendido fosse il bagno - e benché avesse un gran desiderio di provare un po' di quei rubinetti - ora che si trovava lì non riusciva a scacciare l'idea che Cedric l'avesse preso in giro. Come diavolo era possibile che tutto questo lo aiutasse a risolvere il mistero dell'uovo? Alla fine depose uno dei soffici asciugamani, il Mantello, la mappa e l'uovo accanto alla vasca grande come una piscina, poi si inginocchiò e aprì alcuni rubinetti. Ne scorse acqua mischiata a vari tipi di bagnoschiuma, anche se era un genere di bagnoschiuma che Harry non aveva mai provato prima. Da un rubinetto schizzavano bolle rosa e azzurre grandi come palloni da calcio, un altro versava una schiuma candida così densa all'aspetto che pareva ci si potesse camminare sopra; un terzo spruzzava nubi violette dall'aroma intenso che galleggiavano appena sopra l'acqua. Harry si divertì per un po'

ad aprire e chiudere i rubinetti, apprezzandone soprattutto uno, dal getto che rimbalzava in ampi archi sulla superficie dell'acqua. Poi, quando la piscina fu piena di acqua calda, schiuma e bolle (e ci mise pochissimo tempo, considerate le dimensioni), Harry chiuse tutti i rubinetti, si sfilò la vestaglia, il pigiama e le pantofole, e scivolò dentro. Era così profonda che toccava appena, e fece un paio di vasche prima di tornare accanto al bordo e tenersi a galla fissando l'uovo. Per quanto piacevole fosse nuotare nell'acqua calda e schiumosa con nuvole di vapore colorato che gli danzavano intorno, non gli venne alcun lampo di genio né

ebbe un'improvvisa rivelazione.

Harry allungò le braccia, prese l'uovo tra le mani bagnate e lo aprì. L'alto, stridulo gemito riempì il bagno, echeggiando contro le pareti di marmo, ma era incomprensibile come al solito, se non di più, a causa dell'eco. Lo richiuse di scatto, temendo che il rumore potesse attrarre Gazza e chiedendosi se non fosse proprio quello il piano di Cedric; e poi qualcuno parlò, facendolo sobbalzare tanto che l'uovo gli cadde e rotolò con un gran fracasso sul pavimento del bagno.

«Io proverei a metterlo dentro l'acqua, se fossi in te». Harry aveva inghiottito un bel po' di bolle per lo spavento. Si rimise diritto, sputacchiando, e vide il fantasma di una ragazza dall'aria molto depressa seduto a gambe incrociate sopra un rubinetto. Era Mirtilla Malcontenta, che di solito singhiozzava nel tubo di scarico di un bagno tre piani più giù.

«Mirtilla!» esclamò Harry indignato. «Io... non ho niente addosso!»

La schiuma era così densa che non si vedeva nulla, ma Harry aveva la sgradevole sensazione che Mirtilla lo avesse spiato da uno dei rubinetti fin dal suo arrivo.

«Ho chiuso gli occhi quando sei entrato» disse lei, strizzando gli occhi attraverso gli occhiali spessi. «Sono secoli che non vieni a trovarmi».

«Sì... be'...» disse Harry, piegando appena le ginocchia, giusto per essere sicuro che Mirtilla non vedesse altro che la sua testa. «Non dovrei venire nel tuo bagno, no? È uno di quelli delle femmine».

«Una volta non ci badavi» disse Mirtilla malinconica. «Ci venivi sempre». Era vero, anche se era solo perché Harry, Ron e Hermione avevano scoperto nel bagno guasto di Mirtilla il luogo adatto per preparare in segreto la Pozione Polisucco, una miscela proibita che aveva trasformato Harry e Ron in copie viventi di Tiger e Goyle per un'ora, in modo da permettere loro di intrufolarsi nella sala comune di Serpeverde.

«E infatti mi sono beccato una punizione» disse Harry, cosa vera solo a metà: una volta Percy l'aveva sorpreso mentre usciva dal bagno di Mirtilla.

«Ho pensato che era meglio non tornarci, dopo».

«Oh... capisco...» disse Mirtilla, tormentandosi un brufolo sul mento con aria bellicosa. «Be'... comunque... io proverei l'uovo nell'acqua. Cedric Diggory ha fatto così».

«Hai spiato anche lui?» disse Harry indignato. «Che cosa fai, t'intrufoli qui dentro la sera per vedere i Prefetti che fanno il bagno?»

«A volte» rispose Mirtilla in tono malizioso, «ma non sono mai venuta fuori a parlare con qualcuno prima d'ora».

«Sono commosso» ribatté Harry, cupo. «Tieni gli occhi chiusi!»

Controllò che Mirtilla avesse coperto bene gli occhiali con le mani prima di issarsi su dalla vasca, avvolgersi l'asciugamano ben stretto e andare a prendere l'uovo.

Una volta che fu tornato nell'acqua, Mirtilla spiò tra le dita e disse: «Avanti, dai... aprilo sott'acqua!»

Harry mise l'uovo sotto la superficie schiumosa e lo aprì... e questa volta non si lamentò. Ne usci invece un suono gorgogliante, una canzone le cui parole non si riuscivano a distinguere attraverso l'acqua.

«Devi mettere sotto anche la testa» disse Mirtilla, che sembrava divertirsi moltissimo a dargli ordini. «Avanti!»

Harry trasse un bel respiro e scivolò sott'acqua. E poi, seduto sul fondo di marmo della vasca piena di bolle, udì un coro di voci misteriose che cantava dentro l'uovo aperto tra le sue mani:

«Vieni a cercarci dove noi cantiamo,

che sulla terra cantar non possiamo,

e mentre cerchi, sappi di già:

abbiam preso ciò che ti mancherà,

hai tempo un'ora per poter cercare

quel che rubammo. Non esitare,

che tempo un'ora mala sorte avrà:

ciò che fu preso mai ritornerà».

Harry ritornò a galla e infranse la superficie coperta di bolle, scuotendosi via i capelli dagli occhi.

«Sentito?» disse Mirtilla.

«Sì... 'Vieni a cercarci dove noi cantiamo...' e poi una specie di minaccia... aspetta, devo ascoltarlo un'altra volta...» E si rituffò sott'acqua. Ci vollero altri tre ascolti subacquei prima che Harry imparasse la canzone a memoria; poi rimase a galla per un po', lambiccandosi il cervello, mentre Mirtilla stava lì seduta a guardarlo.

«Devo andare a cercare delle persone che non possono usare la loro voce sulla terraferma...» disse lentamente. «Ehm... chi potrebbero essere?»

«Sei un po' tardo, eh?»

Non aveva mai visto Mirtilla Malcontenta così allegra, a parte il giorno in cui la dose di Pozione Polisucco aveva appioppato a Hermione un muso peloso e la coda di un gatto.

Harry si guardò intorno, pensando... se le voci si potevano sentire solo sott'acqua, allora potevano verosimilmente appartenere a creature subacquee. Espose la teoria a Mirtilla, che gli rivolse un sorrisetto di superiorità.

«Be', è quello che pensava Diggory» disse. «È rimasto li a parlare da solo per un secolo. Un secolo... erano sparite quasi tutte le bolle...»

«Sott'acqua...» disse Harry lentamente. «Mirtilla... che cosa vive nel lago, a parte la piovra gigante?»

«Oh, un sacco di creature» rispose lei. «A volte ci vado, laggiù... a volte non ho scelta, se qualcuno tira l'acqua quando non me lo aspetto...»

Cercando di non pensare a Mirtilla Malcontenta che finiva nel lago risucchiata da un tubo assieme al contenuto di un water, Harry chiese: «Be', là sotto c'è qualcosa che ha voci umane? Aspetta...»

Lo sguardo di Harry era caduto sulla sirena che russava appesa al muro.

«Mirtilla, ci sono sirene là sotto, vero?»

«Oooh, molto bene» replicò lei, gli spessi occhiali che brillavano. «Diggory ci ha messo molto di più! Eppure lei era sveglia...» - Mirtilla fece un cenno verso la sirena con una smorfia di disgusto sulla faccia triste - «che ridacchiava e si metteva in mostra e agitava la coda...»

«È così, vero?» disse Harry eccitato. «La seconda prova è andare a cercare le sirene nel lago e... e...»

Ma all'improvviso capì quello che stava dicendo, e sentì l'entusiasmo svanire come se qualcuno avesse appena tirato via un tappo dal suo stomaco. Non nuotava molto bene; non aveva mai avuto occasioni per farlo. Dudley aveva preso lezioni quando era piccolo, ma zia Petunia e zio Vernon, senza dubbio nella speranza che prima o poi annegasse, non si erano preoccupati che Harry imparasse a sua volta. Un paio di vasche di quella piscina andavano benissimo, ma il lago era molto grande, e molto profondo... e le sirene di sicuro non vivevano in superficie...

«Mirtilla» disse Harry lentamente, «come faccio a respirare

A quelle parole, gli occhi di Mirtilla si riempirono di nuovo di lacrime.

«Insensibile!» mormorò, frugandosi in tasca alla ricerca di un fazzoletto.

«Perché insensibile?» disse Harry, esterrefatto.

«Parlare di respirare davanti a me!» disse lei con voce acuta, e la sua voce rimbombò contro le pareti del bagno. «Quando non posso... quando non... da secoli...» Seppellì il viso nel fazzoletto e tirò su forte col naso. Harry si ricordò che Mirtilla era sempre stata permalosa sul fatto di essere morta, mentre nessun altro fantasma a lui noto faceva tante storie. «Scusa» disse, impaziente. «Non volevo... È solo che mi sono dimenticato...»

«Oh, certo, è facile dimenticarsi che Mirtilla è morta» ribatté Mirtilla singhiozzando e guardandolo con gli occhi gonfi. «Nessuno ha sentito la mia mancanza, anche quando ero viva. Gli ci sono volute ore e ore per scoprire il mio corpo - lo so, ero là seduta ad aspettarli. Olive Hornby è

venuta in bagno - 'Sei ancora li a fare il muso, Mirtilla?' ha detto. 'Perché il professor Dippet mi ha detto di venire a cercarti...' E poi ha visto il mio cadavere... ooooh, non se l'è dimenticato finché è vissuta, ho fatto le cose per bene... l'ho seguita dappertutto e gliel'ho ricordato, sissì, e una volta, al matrimonio di suo fratello...»

Ma Harry non la ascoltava; stava pensando di nuovo alla canzone delle sirene. 'Abbiamo preso ciò che ti mancherà'. Suonava come se volessero rubare qualcosa di suo, qualcosa che doveva riprendersi. Che cosa avrebbero portato via?

«... e poi, naturalmente, è andata al Ministero della Magia perché smet-tessi di perseguitarla, così sono dovuta tornare qui a vivere nel mio bagno».

«Bene» disse Harry in tono distratto. «Be', ne so molto più di prima... chiudi ancora gli occhi, per favore, devo uscire».

Recuperò l'uovo dal fondo della vasca, si arrampicò fuori, si asciugò e si rimise il pigiama e la vestaglia.

«Verrai a trovarmi ancora nel mio bagno qualche volta?» chiese Mirtilla Malcontenta in tono lugubre, mentre Harry raccoglieva il Mantello dell'Invisibilità.

«Ehm... ci proverò» disse Harry, anche se dentro di sé pensava che sarebbe andato al bagno di Mirtilla solo se ogni altro bagno del castello fosse stato intasato. «Ci vediamo, Mirtilla... grazie per il tuo aiuto».

«Ciao ciao» disse lei cupa, e mentre si infilava il Mantello dell'Invisibilità, Harry la vide sparire di nuovo su per il rubinetto. Fuori, nel buio corridoio, Harry studiò la Mappa del Malandrino per controllare che la strada fosse ancora libera. Sì, i puntini con i nomi di Gazza e Mrs Purr erano ancora al sicuro nei loro uffici... tutto sembrava immobile tranne Pix, che saltellava nella sala dei trofei al piano di sopra... Harry aveva fatto il primo passo verso la Torre di Grifondoro, quando qualcos'altro sulla mappa attrasse la sua attenzione... qualcosa di decisamente strano. Pix non era la sola cosa in movimento. Un singolo puntino volteggiava in una stanza nell'angolo in basso a sinistra: l'ufficio di Piton. Ma il puntino non era marchiato 'Severus Piton'... era Bartemius Crouch. Harry fissò la macchiolina. Il signor Crouch stava troppo male per andare a lavorare o per partecipare al Ballo del Ceppo: e allora che cosa stava facendo di nascosto a Hogwarts all'una del mattino? Harry guardò attentamente mentre il puntino girava per la stanza, fermandosi qua e là... Harry esitò, riflettendo... e poi la curiosità prevalse. Si voltò e s'incamminò dalla parte opposta, verso la scala più vicina. Voleva vedere che cosa stava combinando Crouch.

Scese le scale più piano che poteva, anche se i volti in alcuni ritratti si girarono incuriositi allo scricchiolio di un'asse, al fruscio del suo pigiama. Sgattaiolò lungo il corridoio, spinse di lato un arazzo a metà strada e imboccò una scala più stretta, una scorciatoia che lo avrebbe portato due piani più in basso. Continuava a scrutare la mappa, perplesso... non era in carattere con il corretto, rigoroso signor Crouch intrufolarsi nell'ufficio di un'altra persona a quell'ora della notte... E poi, a metà della scala, senza pensare ad altro che al bizzarro comportamento del signor Crouch, Harry sprofondò dritto nello scalino infido che Neville dimenticava sempre di saltare. Annaspò e l'uovo d'oro, ancora umido per il bagno, gli scivolò da sotto il braccio. Si lanciò in avanti per cercare di prenderlo al volo, ma era troppo tardi; l'uovo cadde giù per la lunga scala con un boato di grancassa a ogni gradino... il Mantello dell'Invisibilità scivolò via... Harry lo afferrò, e la Mappa del Malandrino gli sfuggì di mano e cadde giù per sei gradini, dove, sprofondato com'era nello scalino fino al ginocchio, non poteva arrivare a prenderla. L'uovo d'oro rotolò al di là dell'arazzo ai piedi della scala, si aprì di scatto e cominciò a ululare. Harry estrasse la bacchetta e cercò di toccare la Mappa del Malandrino per cancellarla, ma era troppo lontana... Rimettendosi addosso il Mantello, Harry si rialzò, le orecchie tese, gli occhi sbarrati dalla paura... e quasi immediatamente...

«Pix!»

Era l'inconfondibile urlo di guerra di Gazza il custode. Harry sentì i suoi rapidi passi strascicati che si avvicinavano sempre di più, la voce affannosa vibrante di rabbia.

«Che cos'è questo fracasso? Vuoi svegliare tutto il castello? Ti prenderò, Pix, ti prenderò, sai... e questo cos'è?»

I passi di Gazza si arrestarono; si udì un tintinnio di metallo contro metallo, e l'ululato s'interruppe. Gazza aveva raccolto l'uovo e l'aveva chiuso. Harry rimase immobile, una gamba ancora incastrata profondamente nel gradino magico, in ascolto. Da un momento all'altro, Gazza avrebbe scostato l'arazzo, aspettandosi di vedere Pix... e non ci sarebbe stato nessun Pix... ma se avesse salito le scale, avrebbe visto la Mappa del Malandrino... e, Mantello dell'Invisibilità o no, la mappa avrebbe mostrato un

'Harry Potter' nel punto esatto in cui si trovava lui.

«Un uovo?» disse piano mastro Gazza ai piedi delle scale. «Tesorino!»

(Mrs Purr era evidentemente con lui). «Questo è uno degli enigmi del Tremaghi! Appartiene a un campione della scuola!»

Harry si sentì male; il cuore gli martellava forte...

«Pix!» ruggì Gazza trionfante. «Hai rubato!»

Scostò bruscamente l'arazzo, e Harry vide il suo orrendo viso gonfio e i pallidi occhi sporgenti che scrutavano la scala oscura e, per Gazza, deserta.