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Era un vecchio Holiday Inn che risaliva agli anni Sessanta, quando i motel e le catene di fast food facevano a gara per costruire lungo le highway e le strade principali. Kyle c’era passato davanti almeno cento volte e non l’aveva mai notato. Dietro c’era una pancake house e, di fianco, un grande discount di elettrodomestici..
Il parcheggio era buio e occupato per un terzo, quando Kyle entrò in retromarcia nello spazio accanto a un mini-van con targa dell’Indiana. Spense i fari, ma lasciò motore e riscaldamento accesi. Cadeva una neve leggera. Perché non poteva esserci una tormenta, un’inondazione, un terremoto, un’invasione, una qualsiasi cosa che interrompesse quello scenario orribile? E per quale motivo stava seguendo come un sonnambulo il piano di quella gente? Il video..
Nell’ultima ora aveva pensato di telefonare a suo padre, ma la conversazione avrebbe richiesto troppo tempo. John McAvoy gli avrebbe fornito validi consigli legali, e in fretta, ma la storia di fondo comportava troppe complicazioni. Kyle aveva pensato anche di rivolgersi al professor Bart Mallory, suo consigliere, amico e brillante insegnante di procedura penale, un ex giudice che avrebbe saputo esattamente cosa fare. Ma, di nuovo, ci sarebbero stati troppi vuoti da riempire e non c’era abbastanza tempo. Aveva valutato l’ipotesi di chiamare due confratelli della Beta, ma perchè prendersi il disturbo? Qualsiasi consiglio gli avessero dato, sarebbe stato irragionevole quanto le strategie che gli balenavano nella mente. Non aveva senso rovinare anche le loro vite. E, nell’orrore del momento, Kyle aveva pensato anche a vari stratagemmi a cui avrebbe potuto ricorrere per sparire. Una folle corsa all’aeroporto. Un trasferimento clandestino in auto fino alla stazione degli autobus..
Un salto da un ponte molto alto..
Ma loro lo stavano tenendo d’occhio, giusto? E probabilmente stavano anche ascoltando, per cui qualsiasi telefonata sarebbe stata condivisa. Qualcuno lo stava osservando anche in quel momento, ne era certo. Forse a bordo del mini-van con targa dell’Indiana c’erano due piedipiatti con cuffie d’ascolto e occhiali per la visione notturna che si divertivano a monitorarlo e a sprecare i soldi dei contribuenti..
Se il Valium stesse funzionando, Kyle non era in grado di dirlo..
Quando l’orologio digitale della radio indicò le nove e cinquantotto, spense il motore e scese nella neve. Attraversò coraggiosamente il tratto d’asfalto, lasciando le impronte di ogni passo. Che quello fosse il suo ultimo momento di libertà? Aveva letto di moltissimi casi di indagati che erano entrati spontaneamente in una stazione di polizia per qualche domanda veloce solo per ritrovarsi incriminati, ammanettati, incarcerati e fagocitati dal sistema. Kyle poteva ancora scappare, da qualche parte..
Quando le porte di vetro si chiusero sbattendo alle sue spalle, si fermò per un secondo nella hall deserta, con la sensazione di aver sentito dietro di sé il clangore di ferro prodotto dalle sbarre di un carcere. Stava perdendo il controllo. A quanto pareva, il Valium aveva deciso di agire al contrario. Salutò con un cenno del capo il decrepito impiegato dietro il banco della reception, ma non ci fu alcuna reazione percepibile. Mentre saliva al secondo piano nell’ascensore ammuffito, si domandò che razza di idiota potesse entrare volontariamente in una stanza di motel piena di poliziotti e agenti, tutti decisissimi ad accusarlo di qualcosa che non era mai successo..
Perché lo stava facendo? Il video..
Kyle non l’aveva mai visto. E non conosceva nessuno che l’avesse visto. Nel mondo segreto della Beta erano girate voci, negazioni e minacce, ma nessuno aveva mai saputo con certezza se quella “cosa di Elaine” fosse stata effettivamente ripresa..
Il fatto che esistesse un video, e che ora fosse in possesso della polizia di Pittsburgh e dell’FBI, gli fece prendere in seria considerazione l’ipotesi “salto dal ponte”..
Aspetta un attimo. Io non ho fatto niente di male. Io non ho toccato quella ragazza, almeno non quella notte..
Nessuno l’aveva toccata. Era quella la versione giurata e ribadita all’interno della Beta. Ma se il video dimostrava il contrario? Kyle non l’avrebbe mai saputo finché non l’avesse visto..
L’odore venefico di vernice fresca lo colpì non appena uscì dall’ascensore nel corridoio del secondo piano. Si fermò davanti alla stanza 222 e guardò l’orologio per accertarsi di non essere in anticipo neppure di un minuto. Bussò tre volte e sentì movimenti e voci soffocate. La catenella di sicurezza tintinnò, la porta si aprì di colpo e l’agente speciale Nelson Edward Ginyard disse: «Mi fa piacere che tu sia venuto»..
Kyle entrò, lasciandosi il vecchio mondo alle spalle. Quello nuovo d’un tratto gli sembrò terrificante..
Ginyard si era tolto la giacca e sulla camicia bianca, sotto il braccio sinistro, spiccava una fondina ascellare nera, con dentro una grossa pistola anch’essa nera..
L’agente Plant e gli altri due della panineria si limitavano a osservare, anche loro senza giacca in modo che il giovane Kyle potesse apprezzare pienamente l’entità del loro arsenale. Quattro Beretta nove millimetri identiche, con relative fondine ascellari di pelle nera. Uomini armati, e tutti con la stessa espressione accigliata di chi sarebbe stato più che felice di sparare allo stupratore..
«Ottima mossa» disse Plant, annuendo..
In realtà, pensò Kyle nella nebbia del momento, andare lì era stata una mossa molto stupida..
La camera 222 era stata trasformata in un improvvisato centro di comando. Il letto king size era stato spostato in un angolo. Le tende erano tirate. Nella stanza erano stati portati due tavoli pieghevoli, al momento ingombri di fascicoli, grosse buste e blocchi per appunti. C’erano tre laptop accesi, e in quello più vicino alla porta Kyle colse una rapida visione di se stesso, tratta dall’annuario del liceo. Central York High School, classe del 2001. Dietro i tavoli pieghevoli, fissate con puntine alla parete spoglia, c’erano foto a colori formato venti per venticinque di tre confratelli della Beta. In fondo, quasi accanto alle tende, una fotografia di Elaine Keenan..
La camera comunicava con un’altra e la porta fra le due stanze era aperta. L’agente N. 5 varcò la soglia - stessa pistola, stessa fondina - e lanciò un’occhiata torva a Kyle..
Cinque agenti? Due camere. Una tonnellata di carta. Tutto questo lavoro, tutti questi uomini e un tale spiegamento di forze per inchiodare me? Kyle si sentiva disorientato, mentre osservava la potenza del suo governo in azione..
«Ti dispiace vuotare le tasche?» gli disse Ginyard, porgendo una piccola scatola di cartone..
«Perché?» «Per favore.» «Pensate che sia armato? Che potrei tirare fuori un coltello e aggredirvi?» L’agente N. 5 ruppe il ghiaccio con una sonora risata. Kyle estrasse il suo portachiavi, fece dondolare la sua collezione di chiavi davanti a Ginyard perché la vedesse e poi si rimise il tutto in tasca..
«Cosa ne dici di una tastata?» chiese Plant, avvicinandosi..
«Ma certo.» Kyle alzò le braccia. «Tutti gli studenti di Yale vanno in giro armati fino ai denti.» Plant effettuò una rapida quanto blanda perquisizione e dopo pochi secondi scomparve nell’altra stanza..
«Il detective Wright è sull’altro lato del corridoio» disse Ginyard. Ancora un’altra camera..
Kyle seguì l’agente nel corridoio soffocante e poi aspettò, mentre Ginyard bussava educatamente alla camera 225. Quando la porta si aprì, Kyle entrò da solo..
Bennie Wright non esibiva armamenti. Offrì una veloce stretta di mano mentre si presentava: «Detective Wright, dipartimento di polizia di Pittsburgh»..
Un vero piacere, pensò Kyle, ma non disse nulla. Cosa ci faccio qui? Wright era vicino alla cinquantina, basso, ordinato e calvo, a parte poche ciocche di capelli neri lisciate all’indietro appena sopra le orecchie. Anche gli occhi erano neri, parzialmente nascosti dietro un paio di minuscoli occhiali da lettura appollaiati a metà del naso sottile. Il detective chiuse la porta e poi fece un gesto vago con la mano, dicendo: «Accomodati»..
«Che cosa avete in mente?» domandò Kyle senza muoversi..
Wright passò vicino al letto e si fermò accanto all’ennesimo tavolo pieghevole, completo di due dozzinali sedie di metallo disposte l’una di fronte all’altra..
«Facciamo due chiacchiere, Kyle» disse il detective in tono amichevole. Kyle notò un leggero accento. L’inglese non era la prima lingua di Wright, anche se non c’era quasi traccia della lingua madre. Però era strano. Un uomo che si chiamava Bennie Wright e veniva da Pittsburgh non avrebbe dovuto avere un accento straniero..
In un angolo della stanza, montata su un cavalletto, c’era una piccola videocamera i cui cavi arrivavano fino al tavolo, per l’esattezza fino a un laptop con uno schermo da dodici pollici. «Per favore» disse Wright, indicando una sedia mentre si accomodava sull’altra..
«Voglio che venga registrato tutto.» Wright lanciò un’occhiata al disopra della propria spalla, verso la videocamera, e rispose: «Nessun problema»..
Kyle si avvicinò lentamente alla sedia libera e si sedette. Wright si stava arrotolando le maniche della camicia bianca. La cravatta era già allentata..
Alla destra di Kyle c’era il laptop, con lo schermo vuoto. Alla sua sinistra un grosso fascicolo chiuso. Al centro del tavolo c’era un blocco per appunti nuovo, bianco, e sopra una penna nera in attesa. «Accenda la videocamera» disse Kyle..
Wright digitò un comando sulla tastiera e sullo schermo comparve la faccia di Kyle, il quale si guardò e non vide altro che paura..
Wright aprì il fascicolo e individuò i fogli che gli servivano con gesti efficienti, come se il giovane Kyle si fosse trovato lì semplicemente per richiedere una carta di credito per studenti. Una volta recuperati i documenti necessari, il detective li sistemò al centro del tavolo e disse: «Prima di tutto dobbiamo occuparci dei tuoi diritti garantiti dalla legge Miranda»..
«No» ribatté con calma il ragazzo. «Prima di tutto dobbiamo vedere il suo distintivo e qualche documento di identità.» La richiesta irritò il detective, ma solo per pochi secondi. Senza dire una parola, estrasse un portafoglio di pelle marrone da una tasca posteriore, lo aprì e annunciò: «Ce l’ho da ventidue anni, ormai»..
Kyle esaminò il distintivo di bronzo, che in effetti mostrava i segni del tempo..
Benjamin J. Wright, dipartimento di polizia di Pittsburgh, numero di matricola 6658..
«Mi fa vedere la patente?» Wright riprese in mano il portafoglio, aprì un altro scomparto, frugò tra alcune carte di credito e poi lanciò sul tavolo una patente della Pennsylvania con fotografia..
«Soddisfatto, ora?» Kyle gli restituì la patente. «Perché l’FBI è coinvolta in questa storia?» domandò..
«Possiamo toglierci dai piedi la storia dei tuoi diritti?» Wright stava riordinando i suoi documenti..
«Certo. Ma conosco la legge Miranda.» «Non ne dubito. Un brillante studente di una delle nostre scuole più prestigiose. Un giovanotto molto in gamba.» Kyle lesse in silenzio il testo mentre Wright glielo enunciava. «“Hai il diritto di restare in silenzio. Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te in tribunale e presentato come prova. Hai diritto all’assistenza di un avvocato. Se non te lo puoi permettere, lo Stato te ne assegnerà uno d’ufficio.” Qualche domanda?» «No.» Kyle firmò i due moduli e li spinse verso Wright..
«Perché l’FBI è coinvolta?» chiese poi di nuovo..
«Credimi, Kyle, l’FBI è l’ultimo dei tuoi problemi.» Le mani del detective erano pelose, immobili e calme, con le dita intrecciate sopra il blocco per appunti. Wright parlava lentamente, con autorità. Non c’era alcun dubbio che fosse lui a dirigere la conversazione. «Ho una proposta, Kyle. Abbiamo parecchia strada da fare e il tempo vola. Hai mai giocato a football?» «Sì.» «Allora diciamo che questo tavolo è un campo da football. Non è un’analogia perfetta, ma funzionerà. Ecco, tu sei qui, su questa linea di meta.» Con la mano sinistra tracciò una linea immaginaria davanti al laptop. «Devi coprire cento yard per segnare, per vincere e uscire da qui ancora tutto intero.» Con la mano destra indicò l’altra linea di meta accanto al pesante fascicolo. La distanza tra le due mani era di oltre un metro. «Cento yard, Kyle. Seguimi, okay?» «Okay.» Wright riunì le mani e le batté sul blocco per appunti. «A un certo punto, diciamo sulle cinquanta yard, ti farò vedere il video che è alla base di questa storia. Non ti piacerà, Kyle. Ti farà stare male. Ti darà la nausea. Ti si rivolterà lo stomaco. Ma poi, se ci riusciremo, continueremo la nostra piccola marcia verso la linea di meta e, una volta raggiunta, ti sentirai molto sollevato. Tornerai a vederti come il golden boy, il bel ragazzo con un gran futuro davanti e un passato immacolato. Dammi retta, Kyle, consentimi di essere il boss, il coach, l’uomo che chiama gli schemi, e insieme riusciremo ad arrivare alla terra promessa.» La mano destra indicò la linea di meta..
«Cosa mi dice dell’incriminazione?» Wright toccò il fascicolo. «È qui.» «Quando potrò vedere il video?» «Basta, Kyle. Sono io a fare le domande. E spero che tu abbia le risposte.» L’accento non era spagnolo. Dell’Europa dell’Est, forse, e a volte era così leggero da risultare quasi impercettibile..
La mano sinistra di Wright indicò la linea di meta davanti al laptop. «Dunque, Kyle, dobbiamo cominciare dall’inizio. Un po’ di background, okay?» «Come vuole.» Wright estrasse alcuni fogli dal fascicolo, li studiò per un secondo e poi afferrò la penna. «Sei nato il 4 febbraio 1983 a York, Pennsylvania, terzo figlio e unico maschio di John e Patty McAvoy. I tuoi genitori hanno divorziato nel 1989, quando avevi sei anni, e nessuno dei due si è mai risposato. Corretto?» «Corretto.» Wright spuntò una voce e poi si lanciò in una serie di rapide domande sui familiari: date di nascita, scuole, lavori, indirizzi di casa, hobby, frequentazioni religiose, addirittura idee politiche. A mano a mano che la lista si allungava, il detective cambiava foglio e le voci spuntate si moltiplicavano. Le informazioni di cui disponeva erano esatte e accurate. Conosceva perfino data e luogo di nascita del nipote di due anni di Kyle che viveva a Santa Monica. Poi Wright afferrò altri fogli..
Kyle cominciava ad avvertire i primi segnali di stanchezza. E quello era solo il riscaldamento prepartita..
«Vuoi bere qualcosa?» chiese il detective..
«No.» «Tuo padre è avvocato generico a York?» Era un’affermazione, ma era stata formulata come una domanda..
Kyle si limitò ad annuire. Seguì un fuoco di fila su suo padre, la sua vita, la sua carriera e i suoi interessi. Ogni quattro o cinque domande, Kyle avrebbe voluto chiedere: “Questo è rilevante?”, ma tenne a freno la lingua. Wright aveva tutte le informazioni. Kyle stava semplicemente confermando ciò che qualcun altro aveva scoperto..
«Tua madre è una specie di artista?» «Sì. E dov’è la palla in questo momento?» «Hai guadagnato circa dieci yard. Che tipo di artista?» «È una pittrice.» Presero in esame la vita di Patty McAvoy per dieci minuti..
Passati in rassegna i membri della famiglia, il detective finalmente si dedicò all’indagato. Cominciò con qualche domanda facile sull’infanzia, ma senza soffermarsi sui dettagli. Sa già tutto, si disse Kyle..
«Diplomato con il massimo dei voti alla Central York High, atleta dell’anno, Eagle Scout. Perché hai scelto la Duquesne University?» «Mi avevano offerto una borsa di studio per il basket.» «Avevi altre proposte?» «Un paio, da università più piccole.» «Però non hai giocato molto alla Duquesne.» «Ho giocato tredici minuti da matricola, poi mi sono rotto il crociato anteriore all’ultimo minuto dell’ultima partita.» «Ti sei operato?» «Sì, ma il ginocchio era andato. Ho lasciato il basket e sono entrato in una confraternita.» «Della confraternita parleremo dopo. Sei stato invitato a rientrare nella squadra di basket?» «Più o meno. Ma non aveva importanza: il ginocchio era partito.» «Hai scelto economia come prima materia, con votazioni praticamente perfette..
Cos’è successo con lo spagnolo al secondo anno? Non sei riuscito a prendere una A?» «Immagino che avrei dovuto scegliere il tedesco.» «Una sola B in quattro anni non è male.» Wright scelse un foglio e prese nota di qualcosa. Kyle lanciò un’occhiata alla sua faccia nel monitor e si raccomandò di rilassarsi..
«Votazioni con lode, una decina di organizzazioni studentesche, campionati universitari di softball, segretario e poi presidente di confraternita. La tua carriera accademica è impressionante, eppure sei riuscito ad avere anche una vita sociale molto attiva. Parlami del tuo primo arresto.» «Sono sicuro che ha tutti i dati nel suo fascicolo.» «Il tuo primo arresto, Kyle.» «Primo e unico. Non c’è un secondo arresto. Non fino a questo momento, almeno.» «Cos’era successo?» «Tipica scemenza da confraternita. Un party rumoroso che è finito solo quando sono arrivati i poliziotti. Mi hanno sorpreso con in mano una bottiglia di birra, in bella vista. Eccesso di zelo della polizia, un reato minore. Ho pagato un’ammenda di trecento dollari e ho avuto sei mesi di libertà vigilata. Dopodiché la mia fedina è stata ripulita e Yale non ne ha mai saputo niente.» «È stato tuo padre a occuparsene?» «È stato coinvolto, ma avevo un avvocato a Pittsburgh.» «Chi era?» «Una signora di nome Sylvia Marks.» «Ne ho sentito parlare. Non è specializzata in stupide questioni di confraternite?» «Sì. E sa il fatto suo.» «Pensavo che ci fosse anche un secondo arresto.» «No. Una volta sono stato fermato dai poliziotti nel campus, ma non c’è stato alcun arresto. Solo una diffida.» «Cosa avevi fatto?» «Niente.» «Allora perché ti avevano fermato?» «Due confraternite si stavano sparando addosso fuochi d’artificio. Dei veri geni. Io non ero coinvolto. Sulla mia fedina penale non è mai comparso niente, per cui mi chiedo come mai lei ne abbia sentito parlare.» Wright ignorò l’osservazione e annotò qualcosa sul suo blocco. Quando finì di scrivere, domandò: «Perché hai scelto di frequentare legge?»..
«L’ho deciso a dodici anni. Ho sempre voluto diventare avvocato. Il mio primo lavoretto è stato gestire la fotocopiatrice nello studio di mio padre. Praticamente sono cresciuto lì dentro.» «Dove hai presentato la domanda d’ammissione?» «Penn, Yale, Cornell e Stanford.» «Dove eri stato accettato?» «In tutte e quattro.» «Perché Yale?» «È sempre stata la mia prima scelta.» «Yale offriva borse di studio in denaro?» «Incentivi finanziari, sì. Anche le altre.» «Hai chiesto un prestito?» «Sì.» «Quanto?» «Ha davvero bisogno di saperlo?» «Non te lo chiederei, se non avessi bisogno di saperlo. Credi che parli solo per il gusto di sentire la mia voce?» «A questo non sono in grado di rispondere.» «Torniamo al prestito.» «Quando mi laureerò in maggio, sarò in debito di circa sessantamila dollari.» Wright annuì, come confermando che era l’importo esatto. Prese un altro foglio e Kyle riuscì a vedere che anche quello era pieno di domande..
«E lavori per la rivista di facoltà?» «Sono il direttore dello “Yale Law Journal”.» «Si tratta dell’onore più prestigioso della scuola?» «Secondo alcuni, sì.» «L’estate scorsa hai lavorato a New York. Parlamene.» «Era uno di quegli enormi studi di Wall Street, Scully & Pershing, un tipico stage estivo. Ci hanno trattati a vino, cene e orari comodi: la solita strategia di seduzione adottata da tutti i grandi studi legali. Viziano i giovani impiegati e poi, appena diventano associati, li massacrano.» «Lo studio Scully & Pershing ti ha offerto un lavoro dopo la laurea?» «Sì.» «Hai accettato o rifiutato?» «Nessuna delle due cose. Non ho ancora preso una decisione. Lo studio mi ha concesso un po’ di tempo per decidere.» «Come mai ci stai mettendo tanto?» «Ho qualche altra opzione. Una è lavorare per un giudice federale, il quale però potrebbe avere una promozione. Le cose sono un po’ in sospeso.» «Hai avuto altre offerte?» «Sì, ne ho avute.» «Parlamene.» «Tutto questo è attinente?» «Tutto quello che dico io è attinente, Kyle.» «Posso avere un po’ d’acqua?» «Sono sicuro che in bagno ce n’è.» Kyle balzò in piedi, passò tra il letto king size e la credenza, accese la luce del piccolo bagno e fece scorrere l’acqua del rubinetto in un bicchiere di plastica sottile..
Lo vuotò d’un fiato e lo riempì di nuovo. Quando tornò a sedersi al tavolo, piazzò il bicchiere più o meno sulla sua linea delle venti yard, poi si controllò nel monitor..
«Solo per curiosità: dov’è la palla, adesso?» «Sei al limite del fuorigioco. Parlami delle altre offerte di lavoro, degli altri studi legali.» «Perché invece non saltiamo tutte queste stronzate e mi fa vedere il video? Se esiste davvero, e se io sono coinvolto, allora esco da qui e vado a cercarmi un avvocato.» Wright si piegò in avanti, con i gomiti appoggiati sul tavolo, e cominciò a picchiettare delicatamente le punte delle dita. La parte inferiore del suo viso si allentò in un sorriso, ma la metà superiore restò inespressiva. Poi, con molta freddezza, disse: «Perdere il controllo, Kyle, potrebbe costarti la vita»..
Vita nel senso di morire? O vita intesa come brillante futuro? Kyle non ne era sicuro. Fece un respiro profondo e poi bevve un altro sorso d’acqua. Il lampo di rabbia era svanito, sostituito dal peso schiacciante della confusione e della paura..
Il falso sorriso di Wright si allargò mentre lui continuava: «Per favore, Kyle. Stai andando benissimo. Ancora qualche domanda e poi ci sposteremo in un territorio più accidentato. Gli altri studi legali?»..
«Mi è stato offerto un lavoro da Logan & Kupec di New York, da Baker Potts di San Francisco e da Garton di Londra. Ho detto di no a tutti e tre. Sto ancora pensando a un lavoro nell’interesse della collettività.» «Facendo che cosa? Dove?» «In Virginia. Nell’ambito dell’assistenza legale ai lavoratori immigrati.» «E per quanto tempo avresti intenzione di farlo?» «Un paio d’anni, forse, non ne sono sicuro. È solo un’opzione.» «Con uno stipendio più basso?» «Oh, sì. Molto più basso.» «E come salderai il tuo debito studentesco?» «Un modo lo troverò.» A Wright quella risposta un po’ arrogante non piacque, ma decise di lasciar perdere. Diede un’occhiata ai suoi appunti, anche se quel rapido controllo non era affatto necessario. Il giovane Kyle doveva restituire sessantunmila dollari di prestito studentesco, somma che Yale gli avrebbe totalmente abbonato se avesse trascorso i successivi tre anni lavorando a salario minimo per proteggere i poveri, gli oppressi, gli sfruttati o l’ambiente. L’offerta di impiego era stata presentata a Kyle dal Piedmont Legal Aid e lo stipendio era finanziato da un potentissimo studio legale di Chicago. Secondo le fonti di Wright, Kyle aveva accettato verbalmente l’incarico, che gli avrebbe reso trentaduemila dollari all’anno. Wall Street poteva aspettare..
Sarebbe sempre stata là. Il padre aveva incoraggiato il ragazzo a passare qualche anno in trincea e a sporcarsi le mani, lontano da quel tipo di attività legale in stile societario che lui, John McAvoy, disprezzava..
In base alle informazioni contenute nel dossier, Scully & Pershing offrivano uno stipendio base di duecentomila dollari all’anno, più i soliti extra. Le proposte degli altri studi erano su quel livello..
«Quando deciderai?» domandò Wright..
«Molto presto.» «In che senso sei orientato?» «Non lo sono.» «Sicuro?» «Certo che sono sicuro.» Il detective afferrò il dossier, scuotendo cupo la testa e aggrottando la fronte come se fosse appena stato insultato. Recuperò altri fogli, li studiò e poi lanciò un’occhiata a Kyle. «Non ti sei impegnato verbalmente ad accettare un impiego presso un’organizzazione che si chiama Piedmont Legal Aid a Winchester, in Virginia, a partire dal due settembre di quest’anno?» Un soffio di aria calda sfuggì dalle labbra aride di Kyle. Mentre assorbiva il colpo, per istinto guardò il monitor e, sì, sembrava debole esattamente come si sentiva. Fu quasi sul punto di chiedere: “Come diavolo fai a saperlo?”, ma avrebbe significato ammettere la verità. Non che potesse negarla. Wright la conosceva già..
Mentre annaspava in cerca di un’improbabile risposta, il suo avversario si fece ancora più sotto. «Questa chiamiamola Bugia Numero Uno, okay?» ringhiò Wright..
«Se mai dovessimo arrivare alla Bugia Numero Due, spegniamo la videocamera, ci diamo la buonanotte e ci rivediamo domani per l’arresto. Portato via in manette davanti a tutti, foto segnaletica, magari un paio di giornalisti. Tutta la trafila. Non dovrai più occuparti di proteggere gli immigrati clandestini e neppure di Wall Street..
Non raccontarmi fandonie, ragazzo. Io so troppe cose.» Kyle fu quasi sul punto di dire: “Sissignore”, ma si limitò a un lieve cenno affermativo della testa..
«Allora, pensi di fare un po’ di lavoro sociale per un paio d’anni?» «Sì.» «E poi?» «Non lo so. Di sicuro entrerò in qualche studio, comincerò una carriera.» «Cosa ne pensi di Scully & Pershing?» «Grossi, potenti, ricchi. Credo che sia il più grande studio legale del mondo, dipende da chi è stato assorbito o fagocitato ieri. Uffici in trenta città di cinque continenti. Gente in gamba, che lavora duro ed esercita un’enorme pressione su tutti, specialmente sui giovani associati.» «È il tuo tipo di lavoro?» «Difficile a dirsi. Lo stipendio è grandioso. Il lavoro è brutale. È la serie A..
Probabilmente finirò lì.» «In che sezione hai lavorato l’estate scorsa?» «Ho girato varie sezioni, ma ho passato la maggior parte del tempo al contenzioso.» «E ti piace?» «Non particolarmente. Posso chiedere cosa hanno a che fare queste domande con la storia di Pittsburgh?» Wright tolse i gomiti dal tavolo e cercò di rilassarsi un po’ sulla sedia pieghevole..
Accavallò le gambe e posò il blocco per appunti sulla coscia sinistra. Mordicchiò per un attimo l’estremità della penna, fissando Kyle come uno psichiatra che analizza il suo paziente. «Parliamo della tua confraternita alla Duquesne.» «Come vuole.» «Il tuo gruppo di neofiti contava circa dieci membri, giusto?» «Nove.» «Ti tieni in contatto con tutti loro?» «In una certa misura.» «L’incriminazione indica te e altri tre, quindi parliamo degli altri tre. Dov’è Alan Strock?» L’incriminazione. Da qualche parte in quel maledetto fascicolo distante meno di un metro c’era l’incriminazione. Come poteva il suo nome comparire tra gli indagati? Lui non aveva toccato la ragazza. Non era stato testimone di uno stupro. Non aveva visto nessuno fare sesso. Ricordava vagamente di essere stato in quella stanza, ma a un certo punto durante la notte aveva perso i sensi. Come poteva essere complice, se non era cosciente? Sarebbe stata quella la sua difesa, e sarebbe stata anche una difesa solida, ma lo spettro di un processo era troppo orrendo da immaginare. Un processo sarebbe arrivato parecchio tempo dopo l’arresto, la pubblicità, l’orrore di vedere la sua foto sui giornali. Kyle chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie, pensando alle telefonate a casa, prima a suo padre e poi a sua madre. Ci sarebbero state altre telefonate: a ogni direttore del personale che gli aveva offerto un impiego, a ognuna delle sue sorelle. Avrebbe proclamato la propria innocenza e tutto il resto, ma sapeva che non si sarebbe mai scrollato di dosso il sospetto di stupro..
In quel momento non aveva alcuna fiducia nel detective Wright, né in qualunque proposta avesse in mente. Se esisteva effettivamente un’incriminazione, allora nessun miracolo avrebbe potuto seppellirla..
«Alan Strock?» ripetè Wright..
«Frequenta medicina alla Ohio State.» «Qualche contatto recente?» «Un’e-mail un paio di giorni fa.» «E Joey Bernardo?» «È ancora a Pittsburgh e lavora in un’agenzia di brokeraggio.» «Contatti recenti?» «Una telefonata, pochi giorni fa.» «Qualche accenno a Elaine Keenan con Alan o Joey?» «No.» «Voi ragazzi avete cercato di scordarvi ai Elaine, vero?» «Sì.» «Be’, è tornata.» «Evidentemente.» Wright si risistemò sulla sedia, scavallò le gambe, si stirò la schiena e si rimise nella posizione più comoda, con i gomiti piantati sul tavolo. «Elaine se n’è andata dalla Duquesne dopo il primo anno» cominciò a voce più bassa, come se quella che aveva in mente di raccontare fosse una storia molto lunga. «Aveva dei problemi. I suoi voti erano un disastro. Adesso sostiene che lo stupro le aveva provocato gravi disagi emotivi. Ha vissuto a Erie con i genitori per circa un anno, poi ha cominciato a perdere la bussola. Farmaci a palate, alcol, droga. Si è rivolta a qualche terapeuta, ma non è servito. Mai saputo niente di tutto questo?» «No. Dopo che se n’è andata, non ho più sentito una parola.» «Comunque, Elaine ha una sorella maggiore che vive a Scranton e che l’ha presa con sé, ha cercato qualcuno che l’aiutasse e ha pagato per la riabilitazione. Poi le due ragazze hanno trovato uno strizzacervelli che evidentemente ha fatto un buon lavoro ed è riuscito a rimettere in sesto Elaine. Adesso è pulita, sobria, sta benissimo e la sua memoria ha avuto un miglioramento stupefacente. Si è anche trovata un avvocato e naturalmente ora chiede giustizia.» «Mi sembra scettico.» «Io sono un poliziotto, Kyle, e sono scettico su tutto. Ma mi ritrovo con una giovane donna credibile che afferma di essere stata stuprata, e ho anche un video che costituisce una prova piuttosto concreta. E, a completare il quadro, c’è un avvocato che vuole il sangue.» «Questa è una specie di estorsione, vero? Si tratta solo di soldi.» «Cosa intendi dire?» «Il quarto indagato è Baxter Tate, e ovviamente noi sappiamo di cosa si tratta. La famiglia Tate è ricchissima, vecchio denaro di Pittsburgh. Baxter dispone di fondi fiduciari da quando è nato. Quanto vuole Elaine?» «Le domande le faccio io. Tu hai mai fatto sesso con...» «Sì, ho fatto sesso con Elaine Keenan, come l’hanno fatto quasi tutti i miei compagni. Era una senza regole, passava più tempo lei nella sede della Beta della maggior parte dei confratelli. Se c’era una gara a chi beveva di più, poteva spedire chiunque di noi sotto il tavolo. E aveva sempre un sacchetto pieno di pillole. I suoi problemi erano cominciati molto prima che arrivasse alla Duquesne. Mi creda, è meglio per Elaine non arrivare al processo.» «Quante volte hai fatto sesso con lei?» «Solo una, circa un mese prima del presunto stupro.» «Tu sai se Baxter Tate ha avuto rapporti sessuali con Elaine Keenan la notte in questione?» Kyle fece un respiro profondo e, dopo una pausa, rispose: «No, non lo so. Io a un certo punto ho perso i sensi»..
«Baxter Tate ha ammesso di aver fatto sesso con lei quella notte?» «Non con me.» Wright finì di scrivere una lunga frase sul suo blocco, mentre l’aria sembrava schiarirsi. Kyle sentiva quasi il rumore della videocamera in funzione. La guardò e vide la lucetta rossa fissa su di lui..
«Dov’è Baxter?» domandò Wright dopo una lunga, pesante pausa..
«Da qualche parte a Los Angeles. Si è laureato a fatica e poi si è trasferito a Hollywood per fare l’attore. Non è molto stabile.» «Vale a dire?» «Baxter viene da una famiglia ricca che è ancora più disgregata della maggior parte delle famiglie ricche. Non si perde una festa, consuma una quantità di alcol, droga e ragazze. E non mostra segni di voler crescere. Il suo obiettivo nella vita è diventare un grande attore e poi bere fino a schiattare. Vuole morire giovane, come James Dean.» «È comparso in qualche film?» «Nemmeno uno. Però è comparso in un mucchio di bar.» D’improvviso, Wright sembrò annoiato dalle domande. Aveva smesso di prendere appunti. Il suo sguardo duro cominciò a vagare. Rimise qualche foglio nel fascicolo e poi picchiettò un dito al centro del tavolo. «Abbiamo fatto progressi, Kyle, ti ringrazio. La palla adesso è a metà campo. Vuoi vedere il video?»