Capitolo sesto: Il viaggio a Concarneau

 

 

Il consiglio anonimo inviato da Maigret non aveva avuto il tempo di raggiungere il Quai des Orfèvres che già qualcun altro decideva il viaggio a Concarneau e lo intraprendeva in modo spettacolare. Prima c'era stato un avvenimento molto più importante, ma il commissario doveva apprenderlo solo contemporaneamente al grosso pubblico.

Alla fine era ritornato in boulevard Richard-Lenoir sotto la pioggia. Come in un albergo di mare col brutto tempo aveva chiesto, senza nemmeno sedersi in poltrona:

«Cosa facciamo?»

«Quello che vuoi tu».

Erano solo le 5 del pomeriggio e bisognava riempire il resto della giornata.

«Perché non andiamo al cinema?»

Con questa sarebbero state due volte nella stessa settimana, il che non capitava da anni e anni. Solo che stavolta, per segnare la differenza, invece di accontentarsi del loro cinema di quartiere presero il metrò e scelsero una grande sala degli Champs-Elysées.

E là, dopo l'attualità e il documentario, ci fu un silenzio prolungato, e poi sullo schermo fu proiettato un testo che dovevano aver scritto in fretta su una lastra di vetro, come all'epoca delle elezioni e delle grandi catastrofi.

ULTIM'ORA.

IL CASO DI BOULEVARD HAUSSMANN.

IL DOTTOR GILBERT NEGREL

È STATO ARRESTATO QUESTO POMERIGGIO

AL SUO DOMICILIO.

Era impressionante, nella grande sala piena solo per un terzo, dopo le immagini in movimento sostenute dalla musica, vedere solo un testo immobile che sembrava proiettato da una vecchia lanterna magica. Qualche spettatore si agitava, a disagio, nella poltrona. Si sentì tossire in vari punti, poi ci furono dei sussurri.

Lo schermo ridivenne bianco, ma sempre luminoso, e una foto del giovane medico prese il posto della notizia.

Non era solo. Faceva parte di un gruppo di medici in camice bianco, nel cortile di un ospedale. Una croce, sotto uno dei personaggi, indicava quello che Coméliau aveva appena mandato in prigione con l'accusa di omicidio.

Infine, scomparsa quell'immagine, un'altra prese il suo posto: la fotografia già pubblicata dai giornali di Eveline Jave, col severo costume da bagno, sulla spiaggia bretone.

Qualcuno, nell'oscurità della sala, gridò:

«Basta!»

Un uomo di una certa età dietro Maigret mormorò:

«Lo sapevo che era stato lui».

Lo schermo si oscurò ancora, e fu un sollievo sentire la musica che precedeva il film i cui titoli cominciarono ad apparire.

Maigret non fu sollevato come gli altri perché, pur sforzandosi di interessarsi al film in via di proiezione, era suo malgrado col pensiero al Quai des Orfèvres, dove immaginava Négrel nel suo ufficio, perché oltretutto era nel suo ufficio che Janvier si era messo.

A un certo momento la signora Maigret fece scivolare la sua mano in quella di lui, come se capisse, e quando uscirono con la folla, non gli fece nessuna domanda, non si permise alcun commento.

Gli Champs-Elysées avevano cominciato, sotto le luci, la loro vita notturna, e come centinaia, migliaia d'altri, Maigret e sua moglie rimasero esitanti a domandarsi in che ristorante andare a cena. Alla fine scelsero, per non camminare, un vasto locale che aveva come specialità pesce e frutti di mare, e si ritrovarono seduti a un tavolo minuscolo dove Maigret non aveva posto per le gambe.

Avrebbe saputo il resto solo l'indomani, aprendo i giornali del mattino in place de la République. Il vento aveva preso il posto della pioggia.

L'AVVOCATO CHAPUIS A CONCARNEAU.

Come annunciato dalla radio ieri sera, il giudice istruttore Coméliau ha deciso nel primo pomeriggio di arrestare il dottor Négrel, e l'ispettore Janvier, accompagnato dal collega Lapointe, si è recato verso le tre in rue des Saints-Pères.

Hanno trovato il giovane medico in compagnia della fidanzata, Martine Chapuis, e del futuro suocero, l'avvocato Noèl Chapuis.

I tre sembravano calmi e verosimilmente si aspettavano questa misura. Attraversando il marciapiede per entrare nella vettura della polizia il dottor Négrel si è fermato un istante per permettere ai fotografi di lavorare e, come si vedrà sulla foto che pubblichiamo, aveva sulle labbra un sorriso a un tempo amaro e fiducioso.

L'avvocato Chapuis l'ha accompagnato in auto.

Quanto a Martine Chapuis, rimasta sola in preda ai giornalisti, si è limitata a dichiarare:

"Non temo niente. Gilbert è innocente".

L'interrogatorio, alla Polizia Giudiziaria, è durato soltanto quaranta minuti, dopodiché, senza manette, sempre padrone di sé e quasi sereno, Négrel è stato portato da due agenti in una cella del Palazzo di Giustizia.

Ai giornalisti che lo incalzavano, nel corridoio della Polizia Giudiziaria, l'avvocato Chapuis ha annunciato:

"Sono più fiducioso che mai. Per difendere il mio cliente devo scoprire la verità e so che la scoprirò. Stasera prendo il treno per Concarneau".

"Lei crede, avvocato, che la verità sia a Concarneau?"

L'avvocato si è limitato a un gesto vago, ma non ha negato.

Questo spiega perché, alle 7,35, una mezza dozzina di reporter prendevano il treno alla gare Montparnasse contemporaneamente al difensore del dottor Négrel.

L'avvocato e i giornalisti hanno fatto il viaggio nello stesso scompartimento e sono arrivati stamattina nel porto bretone.

Forse è una coincidenza, ma Yves Le Guérec, fratello della vittima, si trovava in un altro vagone dello stesso treno. Non ha avuto alcun contatto con il primo gruppo.

Il dottor Jave, da parte sua, continua a non uscire dall'appartamento di boulevard Haussmann, dove Josépha si prende cura di lui. Il telefono rimane muto. Verso le 6 l'ispettore Lapointe, che è l'agente più giovane della Polizia Giudiziaria, è andato da lui e ha passato con lui quasi due ore. All'uscita si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni.

Secondo un'informazione che non abbiamo potuto verificare, Antoinette Chauvet si troverebbe in un albergo di cui solo la polizia, e probabilmente la madre e il dottor Jave, conoscono l'indirizzo.

Maigret, impaziente, per poco non cedette e non telefonò al Quai des Orfèvres. Fare la parte del pubblico cominciava a pesargli. Sentiva che il caso stava infine prendendo un ritmo accelerato, che la verità non era probabilmente lontana, e si annoiava nell'attesa delle notizie.

Gli aveva fatto impressione, il giorno prima, al cinema, vedere quelle due fotografie, un po' come se si fosse trattato di una esibizione indecente.

Pranzarono nel quartiere, la signora Maigret e lui, in un ristorante vicino alla Bastiglia i cui frequentatori abituali erano quasi tutti in vacanza, e che i turisti non conoscevano, quindi la sala era vuota per tre quarti.

Il padrone venne a stringergli la mano.

«La credevo in vacanza, commissario».

«E ci sono».

«A Parigi?»

«Ssst!»

«È tornato per il caso di boulevard Haussmann».

Non avrebbe dovuto farsi vedere in un luogo familiare.

«Siamo di passaggio, mia moglie e io. Ripartiamo fra poco».

«Qual è la sua opinione? È stato il giovane?»

«Non so niente».

E questo dipendeva da molte cose di cui non aveva la minima idea! Janvier possedeva delle informazioni di cui non aveva parlato alla stampa? Era possibile ed era proprio questo che infastidiva il commissario. Da una parte non poteva fare a meno di cercare di risolvere il problema, e dall'altra non aveva tutte le carte in mano.

Quando, un po' più tardi, si sedettero a una terrasse in place de la Bastille, senza essersi presi il disturbo di cambiare quartiere, la signora Maigret osservò:

«Mi domando come fanno a Londra e a New York».

«Cosa vuoi dire?»

«Pare che non abbiano terrasse».

Già, avevano passato una buona parte della settimana alla terrasse dei caffè. Il commissario spiava l'arrivo dei giornali. Due prostitute ancora giovani andavano su e giù davanti alla porta di un albergo.

«Hai visto che ce ne sono ancora».

E non fece alcun commento quando suo marito replicò:

«Lo spero bene!»

Arrivò un ragazzino con una pila di giornali sul braccio, e Maigret aveva i soldi già contati.

Con un gesto che era già diventato automatico passò uno dei giornali a sua moglie, e aprì l'altro, quello su cui scriveva Lassagne.

FRENESIA A CONCARNEAU.

PRO O CONTRO EVELINE JAVE.

IL DIVORZIO DEL DENTISTA.

Lassagne prima di tutto raccontava, con le stesse parole dei quotidiani del mattino, l'arresto del dottor Gilbert Négrel, aggiungendo soltanto un dettaglio: il dottore aveva portato con sé una valigia che sembrava già pronta prima dell'arrivo della polizia. Lungo le scale, Martine Chapuis aveva insistito per portare questa valigia.

Sembrava che l'avvocato Chapuis avesse fatto apposta ad annunciare in modo spettacolare il suo viaggio a Concarneau, e che il suo secondo fine fosse stato di trascinare la stampa con sé.

Era per creare una diversione? Aveva davvero una idea sua, anche lui? Gli era stata suggerita dal suo futuro genero?

Fatto sta che in Bretagna il piccolo gruppo aveva invaso l'Hôtel de l'Admiral, in quai Carnot, che Maigret conosceva perché un tempo aveva condotto là un'inchiesta che aveva fatto un certo rumore.

Come sua abitudine, Lassagne cominciava abbozzando un quadro della città, del porto, dei bastioni della città vecchia.

Solo due giorni fa, sembra, c'era il sole, ma è stata una tempesta di nordovest ad accoglierci. Il cielo è greve e cupo. Le nuvole passano veloci quasi a raso dei tetti, e il mare è agitato, persino nel porto, dove si vedono i battelli da pesca che si urtano l'uno contro l'altro.

Anche per quel che riguarda il caso di boulevard Haussmann, troviamo qui un clima completamente diverso da quello di Parigi. Si sente che le passioni covano, che la popolazione ha già deciso per il pro o per il contro.

E non vogliamo dire pro o contro il dottor Jave o il dottor Négrel. È pro o contro Eveline Jave, forse pro o contro i Le Guérec.

Alla stazione ha avuto luogo un avvenimento significativo.

Mentre scendevamo dal treno in compagnia dell'avvocato Chapuis, Yves Le Guérec usciva da un altro vagone, e sembrava aspettare il nostro gruppo. Infatti ci stava aspettando, e non era più del tutto lo stesso uomo che avevamo incontrato all'Hôtel Scribe, a Parigi.

Più duro, brusco, ci ha interpellati all'improvviso, in mezzo all'ondata dei viaggiatori:

"Signori, non so cosa siate venuti a cercare qui, ma vi avverto che citerò per diffamazione chiunque si permetterà di calunniare mia sorella o la mia famiglia".

Confessiamo che è la prima volta, nel corso della nostra carriera, che ci viene dato un avvertimento del genere, e, beninteso, non ci impedirà di compiere i doveri della nostra professione.

Dopo aver vagato due ore in città, abbiamo subito compreso l'atteggiamento aggressivo di Yves Le Guérec.

I Le Guérec fanno parte del clan dei grossi borghesi, industriali, armatori, che costituiscono un piccolo gruppo chiuso, che hanno pochi contatti con il resto della popolazione.

Abbiamo visto l'antica dimora dei Le Guérec, di fronte al mare, in boulevard Bougainville, e crediamo di aver capito molte cose. È un enorme edificio di stile neogotico, con una torre e delle finestre che fanno pensare a un convento od a una chiesa. La pietra è scura. Il sole deve penetrare raramente in quelle stanze coi soffitti a trave a vista.

Qui colei che doveva diventare la signora Jave ha passato l'infanzia e l'adolescenza. Infatti i Le Guérec hanno abitato la casa fino alla morte del padre e Yves si è poi fatto costruire una villa moderna in fondo alla spiaggia di Sables Blanches.

Abbiamo visto anche la fabbrica, il cui odore si riconosce a più di duecento metri, e dove, stagionalmente, lavorano trecento donne che vanno dai quattordici agli ottantadue anni.

Perché in questa città il contrasto tra i padroni e il paese è più grande che da qualsiasi altra parte? È stato forse il tempo, il cielo cupo, il vento e la pioggia che cade a scrosci, a darci questa impressione?

Abbiamo parlato a qualche pescatore sul lungomare, siamo entrati nei negozi, nei bar. Abbiamo ascoltato.

Abbiamo fatto domande.

Certo, sono tutti unanimi nel compiangere Eveline Jave e nessuno si rallegra della sua morte. Ma si sente dire, per esempio:

"Doveva succedere, un giorno".

Non è sempre stato facile ottenere di più. La gente diffida dei forestieri. Inoltre la maggior parte dipende dai Le Guérec per guadagnarsi il pane, o da altri industriali e armatori che fanno causa comune con loro.

Una vecchietta però, in una drogheria, con uno scialle nero legato sul davanti, ci ha detto, incurante delle occhiate della negoziante che cercava di farla tacere:

"Quel povero dottore non poteva sapere chi andava a sposare. Veniva da Parigi. Se solo si fosse preso la briga di informarsi, ne avrebbe sapute delle belle sulla signorina.

E prima di tutto gli avrebbero parlato del signor Lemaire, il dentista, che era un così caro ragazzo".

A dispetto delle minacce di Yves Le Guérec siamo costretti a raccontare questa storia, che del resto ci è stata confermata da una persona che sa di certo e di cui taciamo il nome.

Eveline aveva sedici anni all'epoca, e, secondo le voci, non era la sua prima avventura. Riceveva le cure di un certo Alain Lemaire, dentista che operava di fronte alla posta, allora sposato da cinque anni e padre di due bambini.

"E comunque non era per i denti" ci ha detto la vecchia "che lei è andata da lui ogni giorno, per tutto un inverno, e che aspettava in piazza la fine delle visite. L'ho vista coi miei occhi, incollata ad un muro, a spiare le luci del primo piano. Un'altra volta li ho visti passare insieme, nella macchina del dottor Lemaire, e lei era così stretta a lui che mi chiedo come facesse a guidare.

La signora Lemaire li ha sorpresi in una posizione che non lasciava adito a dubbi. È una donna orgogliosa. Per prima cosa ha schiaffeggiato la ragazza e l'ha buttata fuori, poi, per almeno un'ora, si sono sentiti i rumori di una lite nell'appartamento.

Lei se n 'è andata con i figli, e qualche settimana più tardi, dalla casa dei genitori a Rennes, ha chiesto il divorzio.

Tutta Concarneau lo sa. I Le Guérec lo sanno e si scocciano abbastanza. Per sei mesi hanno messo la figlia in convento, non so dove, ma lei alla fine ha ottenuto di tornare.

È stato il povero dentista a doversene andare, perché lo accusavano di traviare le ragazzine.

E non c'è stato solo lui. Potrei citarle altri uomini sposati, persone per bene, serie, a cui lei è corsa dietro. Era più forte di lei.

Hanno cercato di trovarle marito, ma nessuno di qui l'avrebbe sposata. Un giovane notaio di Rennes ha frequentato la casa per un po', poi, una volta informato, non è più tornato.

Immagina che colpo di fortuna, quando un dottore di Parigi si è invaghito di lei?"

La signora Maigret, accanto a lui, stava leggendo probabilmente più o meno la stessa cosa in altri termini, perché si mostrava scandalizzata:

«Tu ci credi, a queste cose?»

Lui preferì non rispondere, sapendo che sua moglie non amava guardare in faccia certe realtà. Dopo tanti anni di vita con lui, aveva conservato del mondo l'immagine che si era fatta ai tempi dell'infanzia. Più esattamente, vi si accostava senza crederci troppo.

«A sedici anni!» sospirò.

«Sembra che abbia cominciato anche prima».

«Eppure hai visto la sua fotografia».

Lassagne continuava:

Il dottor Lemaire, il solo che potrebbe confermare questa storia, ora vive in Marocco e sua moglie, risposata, ci dicono, vivrebbe nel Sud.

Abbiamo cercato un certo numero di amiche d'infanzia di Eveline e abbiamo trovato tre sue compagne di classe, di cui due ora sposate con figli. La terza, che lavora negli uffici di un armatore amico dei Le Guérec, ci ha risposto vivamente:

"È tutto falso. E del resto, non riguarda nessuno".

Quando abbiamo interrogato una delle altre due, suo marito era presente e le ha impedito di risponderci.

"Non impicciarti di queste cose. Sai che non ti può portare niente di buono. E inoltre, non sono i giornalisti che conducono l'inchiesta, ma la polizia".

Sua moglie è stata zitta, di malavoglia, crediamo, perché sembrava avere un peso sul cuore.

Una sola dunque ci ha risposto francamente, continuando nel frattempo a fare le pulizie.

"Tutti, a scuola, e poi al liceo, sapevano che Eveline era malata e che poteva morire da un momento all'altro.

Lei stessa ce l'aveva detto e ci aveva avvertiti che dovevamo trattarla con delicatezza. Lo sapeva anche lei.

Diceva:

«Devo approfittare della vita, perché non sono sicura di arrivare a vent'anni».

I nostri giochi non la interessavano. Alla ricreazione restava sola in un angolo, a fantasticare. Un giorno doveva avere quattordici anni mi ha annunciato con sicurezza:

«Sono innamorata».

Mi ha citato il nome di un uomo ben noto in città, un uomo di una quarantina d'anni, che incontravamo quasi ogni giorno uscendo dal liceo.

«Non fa caso a me, perché mi considera una ragazzina, ma io lo avrò».

Ha preso l'abitudine di uscire da scuola per ultima, per poter camminare per strada da sola. Era dicembre, se ricordo bene. Faceva buio presto.

Dopo forse un mese, mi ha dichiarato:

«Ci siamo».

«Cosa?»

«Come ti avevo detto».

«Tu hai...?»

«Non del tutto, ancora, ma quasi. Sono andata a casa sua».

Era uno scapolo che, si diceva e si dice ancora, aveva un sacco di soldi. Io non credevo a Eveline, e gliel'ho fatto capire.

«Beh, allora, domani, devi solo seguirmi».

E l'ho fatto. Lui l'aspettava ad un angolo di strada, e hanno camminato insieme verso una casa dove sono entrati e dove ho visto accendersi le luci e chiudere le tende.

«Allora, ho mentito?» mi ha chiesto il giorno dopo.

«No».

«Prima di una settimana sarò una vera donna».

Non me ne ha più parlato, ma io l'ho vista uscire una sera, dopo un mese, dalla stessa casa.

So che ce ne sono stati altri. Però lei si mostrò più discreta. Non era colpa sua. Era malata, no?"

Secondo Lassagne c'era l'altro campo, quello dei difensori di Eveline, e si arrivava fino a tirare in ballo, per quel caso, delle questioni politiche.

L'arrivo dell'avvocato Chapuis ha avuto come risultato quello di spingere le passioni al parossismo: si era appena sistemato nella sua camera d'albergo che il telefono ha cominciato a suonare, e gli avvertimenti, anonimi o no, si sono seguiti senza interruzione.

È certo che, se le informazioni che abbiamo raccolto, se le voci di cui, nonostante le minacce di Le Guérec, ci siamo fatti eco, troveranno conferma, il caso di boulevard Haussmann si presenterebbe sotto una nuova luce.

Quel che Maigret avrebbe voluto era una risposta a due domande:

Eveline Jave era informata della relazione di suo marito con la figlia di Josépha?

Philippe Jave era informato dei rapporti di sua moglie col dottor Négrel?

Janvier, nel suo ufficio al Quai des Orfèvres, aveva ottenuto quelle risposte?

Maigret ricordava un'altra domanda, che si era fatto il primo giorno:

Perché Eveline Jave era nuda quando l'avevano scoperta nell'armadio, e perché i vestiti erano scomparsi?

Era un dramma con tre personaggi, proprio come in un vaudeville, con la differenza che qualcuno ci aveva lasciato la vita e che un uomo ci avrebbe lasciato la testa o comunque la libertà.

«Tu pensi che sia necessario raccontare tutto questo?»

O non si raccontava niente, o si diceva tutto.

«Se quello che dice il giornale è vero, era un'infelice, più da compiangere che da condannare».

Sapeva in anticipo quale sarebbe stata la reazione di sua moglie. Lei continuò, dopo un silenzio:

«Non è un buon motivo per ammazzare una persona, soprattutto in un modo così vigliacco».

Non aveva torto, beninteso. Ma chi l'aveva uccisa? E perché? Era soprattutto il perché a interessarlo.

Solo conoscendo meglio Eveline si sarebbe arrivati a capire i moventi del suo assassino.

Durante gli ultimi anni, almeno due, si era trovata in qualche modo fra due uomini, suo marito da una parte, il dottor Négrel dall'altra.

Se si poteva immaginare che entrambi l'avessero amata a un dato momento, nessuno dei due l'amava più il sabato della sua morte.

Philippe Jave, per motivi che Maigret ignorava, ma che credeva di indovinare, si era a poco a poco staccato da lei e si era innamorato di Antoinette Chauvet.

Gilbert Négrel invece si era fidanzato con una ragazza che sembrava la compagna ideale per lui.

Eveline lo sapeva? Lui le aveva chiesto di interrompere il rapporto?

E di che genere esattamente era quel rapporto?

Le informazioni di Concarneau permettevano ora di farsene un'idea. Eveline non aspettava che un uomo le facesse la corte. Era lei ad attaccare.

"Lo avrò!" aveva dichiarato, ancora ragazzina, alla sua amica, parlando di un quarantenne.

Lo aveva avuto.

Quando Négrel aveva cominciato a frequentare boulevard Haussmann, aveva giurato ancora una volta:

"Lo avrò"?

Suo marito, a quell'epoca già innamorato di Antoinette, doveva trascurarla. Era capitato che uscisse la sera per visitare qualcuno mentre Eveline e Négrel rimanevano soli insieme.

Négrel non aveva ancora incontrato la figlia dell'avvocato Chapuis. Studioso, lavoratore, non aveva conosciuto che amori da una notte.

Tutto questo era plausibile. Négrel ignorava il passato della ragazza dall'aria così saggia che sembrava priva di difesa davanti alla vita.

C'era qualcosa di ironico e tragico al tempo stesso in quella situazione.

Eveline, che aveva una voglia così furiosa di vivere intensamente, di vivere in fretta, di assorbire tutto dell'esistenza, restava sola fra due uomini, ed entrambi amavano un'altra.

Suo marito aveva Antoinette che le assomigliava!

Négrel aveva Martine Chapuis, decisa a sposarlo come Eveline era stata un tempo decisa ad avere il quarantenne di Concarneau.

Non le restavano che i suoi gioielli, perché sua figlia non pareva avere un posto importante nella sua vita ed era soprattutto la bambinaia ad occuparsene.

Questo accumulo di gioielli, che lei non portava, gettava una luce abbastanza curiosa sul suo carattere.

Era per avarizia che li ammassava così, come certe donne che pensano si tratti di un capitale che rimarrà loro qualunque cosa succeda?

Maigret non aveva visto nessuno dei personaggi del dramma in carne ed ossa. Solo attraverso i giornali aveva familiarizzato con loro. Aveva tuttavia l'impressione di non sbagliarsi se pensava che i gioielli costituissero una specie di vendetta.

Se avesse potuto telefonare al Quai des Orfèvres avrebbe chiesto a Janvier:

"Quando ha cominciato a comprarsi o a farsi regalare gioielli?"

Avrebbe giurato che la data coincidesse con l'inizio dell'avventura del dottor Jave con Antoinette, o in ogni caso con il momento in cui Eveline aveva scoperto di non essere più amata.

Rimaneva una Le Guérec nonostante tutto. Era il suo denaro, il denaro dei Le Guérec, che aveva permesso a suo marito di sistemarsi in boulevard Haussmann e di diventare un medico alla moda.

Non lo aveva forse comprato? E ancora, le rendite Le Guérec non erano forse la più cospicua risorsa della coppia?

Lui non l'amava più. Aveva un'amante. Pagava l'affitto dell'alloggio di rue Washington. Manteneva la figlia di Josépha, che non lavorava più.

Nella mente di Eveline non era sempre il denaro Le Guérec?

Allora, anche lei si metteva a spendere. E per spendere più in fretta, per spendere di più, si comprava gioielli o li esigeva dal marito.

Questo, Janvier era in grado di verificarlo esaminando i conti correnti. Poteva anche sapere se la parte delle rendite della ditta che spettava a Eveline le era versata direttamente o era versata a suo marito.

I frequentatori di boulevard Haussmann non avevano sospettato niente. I pazienti del dottore nemmeno. E lui era alle strette.

Aveva il diritto, davanti alle esigenze della moglie, di dire:

"No!"

Amava Antoinette, si consolava con lei con un amore a metà. Preferiva pagare il prezzo, per essere tranquillo?

La situazione di Négrel non era più invidiabile della sua. Non aveva respinto le avances di Eveline. Lei lo aveva commosso. Era diventato il suo amante.

Che scoperta aveva fatto, a sua volta, per allontanarsi da lei?

Aveva conosciuto Martine e avevano progettato un avvenire insieme.

Solo che, da quel che si poteva giudicare, Eveline non lo lasciava in pace. Andava ad infastidirlo in rue des Saints-Pères. Gli telefonava da Cannes. Si precipitava all'aeroporto per venire a raggiungerlo il sabato.

Cosa voleva, cosa esigeva da lui?

Diventava patetica, in quella sua corsa verso una felicità impossibile. Anche se divorziato, il dentista di Concarneau aveva lasciato la città senza più preoccuparsi di lei.

Gli altri avevano approfittato del piacere che lei offriva loro, poi si erano affrettati a mettere fine all'avventura.

Veniva in mente qualcuno che, caduto in acqua in mezzo a una forte corrente, si aggrappa invano a relitti putrefatti.

L'amore la fuggiva. La felicità la fuggiva. Cocciuta, tallonata dall'idea della morte, lei continuava lo stesso, ostinatamente.

E la corsa era finita con un corpo piegato in due, in un armadio.

Secondo il medico legale, l'avevano dapprima colpita, a meno che non avesse sbattuto contro un mobile o contro l'angolo di un muro. L'ecchimosi rivelava una scena violenta.

Scena di gelosia?

Philippe Jave aveva un alibi fin dal giorno prima, ma questo alibi era sospetto perché veniva da Antoinette e da Josépha.

Négrel, invece, aveva trascorso il pomeriggio del sabato in boulevard Haussmann, e per la maggior parte del tempo Josépha era rimasta nell'appartamento di fronte.

Eveline era stata spogliata prima o dopo la morte?

Se era stato prima, si doveva supporre che Négrel si era lasciato commuovere e che la coppia era passata nella camera da letto che si trovava dietro l'ambulatorio.

Era scoppiata una lite allora? Eveline aveva minacciato di impedire il matrimonio del suo amante? E lui aveva colpito e poi, sconvolto, le aveva fatto un'iniezione?

In questo caso aveva sbagliato fiala o aveva scelto coscientemente il prodotto che doveva ucciderla?

Entrambe le versioni erano possibili. Entrambe si spiegavano.

E si spiegava anche il fatto che lui avesse nascosto il corpo nell'armadio, poi rimesso ordine nella stanza da letto, e che all'ultimo momento, vedendo i vestiti a terra o su un mobile, li avesse portati via per distruggerli.

Era più difficile immaginare Jave, che arrivava da Cannes, che passava prima dalla sua amante, e, trovando poi sua moglie in boulevard Haussmann, la spogliava per fare l'amore.

Se l'aveva uccisa lui, l'aveva fatto in altre circostanze.

Ma quali?

Si doveva credere a una macchinazione cinica, quasi scientifica? Per esempio Jave che voleva da un po' di tempo sbarazzarsi di Eveline per assicurarsi allo stesso tempo la sua libertà e il denaro, che seguiva la donna a Parigi, che si creava un alibi passando per rue Washington, che arrivava in boulevard Haussmann dopo la partenza del suo supplente, e metteva in opera il suo progetto?

Un fatto era certo, tranne che i giornali non avessero scritto tutta la verità riguardo le chiavi. Secondo loro, esistevano solo quattro chiavi dell'appartamento, e tutte aprivano le porte che davano sul pianerottolo. Josépha ne aveva una, Jave un'altra, la portinaia una terza, e la chiave della signora Jave era stata consegnata al dottor Négrel per il periodo della supplenza.

Eccetto che la portinaia avesse mentito, per una ragione difficile da capire, qualcuno dunque aveva aperto la porta ad Eveline.

Josépha sosteneva di non essere stata lei.

Jave sosteneva di non aver messo piede in boulevard Haussmann.

Négrel giurava di non avere visto la giovane donna.

Négrel, è vero, aveva già due menzogne al suo attivo, entrambe attribuibili a una certa delicatezza mascolina.

Prima aveva negato di aver avuto rapporti con la signora Jave.

In séguito aveva negato che la signora fosse mai entrata nel suo alloggio di rue des Saints-Pères.

«Che si arrangi!» borbottò all'improvviso Maigret facendo cenno al cameriere di portargli un'altra birra piccola.

«Parli di Janvier?»

In effetti stava pensando a Janvier. Lo irritava il fatto di rimanere all'oscuro, di pensare che al Quai avevano in mano degli elementi che gli avrebbero permesso di vederci chiaro.

«Credi che non se la stia cavando bene?»

«Al contrario, se la sta cavando ammirevolmente. Non è colpa sua se Coméliau ha voluto a tutti i costi arrestare Négrel».

«È innocente?»

«Non lo so. In ogni modo è un errore arrestarlo prima di saperne di più. Soprattutto ora che Noel Chapuis farà in modo di imbrogliare le carte. Non è andato a Concarneau per niente».

«Cosa spera?»

«Di provare che Jave aveva dei buoni motivi per sbarazzarsi di sua moglie».

«E non è vero?»

«Sì. Ma il suo cliente ne aveva altrettanti».

«Sei sicuro di non voler passare dal tuo ufficio?»

«Sicurissimo. Tanto più che ci si è sistemato Janvier. È già una fortuna che fumi solo sigarette, perché avrebbe potuto servirsi delle mie pipe».

Questa uscita lo sollevò, e lui si beffò di se stesso.

«Non aver paura. Non sono geloso del bravo Janvier.

Mi fa solo un po' male al cuore. Andiamo!...»

«Dove?»

«Non importa. Sul Lungosenna, se vuoi, dalla parte di Bercy».

E la signora Maigret, che pensava ai suoi piedi e alla lunghezza del Lungosenna, soffocò un sospiro.