Capitolo primo: Il commissario alla finestra

 

 

Il vecchietto con la barbetta, uscendo di nuovo all'indietro dall'ombra del magazzino, guardava a sinistra e a destra, facendo un gesto con le mani come per attirare verso di sé il pesante camion di cui dirigeva la manovra. Le mani dicevano:

"Un po' a destra... Bene... Diritto... Piano... A sinistra... e adesso... Freni..."

E il camion, anch'esso a marcia indietro, attraversava maldestramente il marciapiede e si inseriva nella strada dove il vecchietto, ora, faceva segno alle auto di fermarsi un istante.

Era il terzo camion in mezz'ora che usciva a quel modo dall'ampia volta sul cui frontone si leggeva: Catoire et Potut, Metalli; parole familiari a Maigret, giacché le aveva sotto gli occhi ogni giorno da più di trent'anni.

Era alla sua finestra, in boulevard Richard-Lenoir, e fumava la pipa a lente boccate, senza giacca, senza cravatta; dietro di lui, in camera, sua moglie cominciava a rifare il letto.

Non era malato, ed era questo il fatto straordinario, perché erano le dieci di mattina e non era nemmeno domenica.

Stare alla finestra nel bel mezzo del mattino a osservare distrattamente l'andirivieni nella strada, a seguire con gli occhi i camion che entravano e uscivano dal magazzino di fronte, gli dava una sensazione che lo riportava a certi giorni della sua infanzia, quando sua madre era ancora viva e lui non andava a scuola, a causa di un'influenza o perché le scuole erano chiuse. La sensazione, in qualche modo, di scoprire "cosa succedeva quando lui non c'era".

Era già il terzo giorno, il secondo, se non si contava la domenica, e lui continuava a provare un'estasi mista ad un vago disagio.

Stava facendo un mucchio di scoperte, si interessava non solo ai movimenti del vecchietto con la barba che gestiva l'uscita dei camion ma, per esempio, anche al numero di clienti che entravano nel bistrot di fianco.

Era già capitato che passasse la giornata nel suo appartamento.

Quasi sempre perché era malato e a letto o in poltrona.

Questa volta non era malato. Non aveva niente da fare.

Poteva usare il suo tempo come più gli piaceva. Imparava il ritmo delle giornate di sua moglie, con che cosa cominciava le faccende, in che momento andava dalla cucina alla camera e come faceva seguire un gesto a un altro.

Di colpo gli ricordò sua madre quando si occupava della casa mentre lui, anche là, rimaneva alla finestra.

Come lei, la signora Maigret gli diceva:

"Adesso dovresti spostarti nell'altra stanza, così posso spazzare".

Persino l'odore della cucina che cambiava e che stamattina era quello del fricandò con l'acetosa.

Ridiventava attento, come un bambino, a certi giochi di luce, all'avanzamento della linea d'ombra e di sole sul marciapiede, alla deformazione degli oggetti nell'atmosfera fremente di una giornata calda.

La cosa sarebbe durata ancora diciassette giorni.

Perché cominciasse ci erano volute un bel po' di combinazioni e coincidenze. E, prima di tutto, il fatto che in marzo avesse sofferto di una bronchite abbastanza seria.

Si era alzato troppo presto, come sempre, perché al Quai des Orfèvres il lavoro incalzava. Era dovuto tornare a letto e per un attimo si era temuta una pleurite.

Le belle giornate avevano vinto la malattia, ma lui era rimasto ansioso, cupo, depresso. Gli pareva all'improvviso di essere un vecchio e che la malattia, quella vera, quella che ti indebolisce per il resto dei tuoi giorni, lo aspettasse dietro l'angolo.

Non aveva detto niente a sua moglie, e lo irritava vederla che lo osservava di nascosto. Un giorno era andato dal suo amico Pardon, il dottore di rue Picpus da cui avevano l'abitudine di cenare una volta al mese.

Pardon l'aveva esaminato a lungo, e per scrupolo di coscienza lo aveva anche mandato da un cardiologo.

I medici non avevano trovato niente, se non la pressione arteriosa un po' alta, ma si erano trovati d'accordo sulla stessa raccomandazione:

"Deve prendere una vacanza".

Da tre anni non aveva conosciuto vere vacanze. Ogni volta che era sul punto di partire, capitava un caso di cui era costretto a occuparsi, tanto che, un giorno che era appena arrivato da sua cognata, in Alsazia, aveva ricevuto una telefonata che lo richiamava a Parigi.

"D'accordo" aveva promesso brontolando al suo amico Pardon. "Quest'anno prenderò una vacanza, qualunque cosa succeda".

In giugno ne aveva fissato la data: il primo agosto. Sua moglie aveva scritto alla sorella. Costei, che abitava a Colmar con il marito e i figli, possedeva uno chalet sul colle della Schlucht, dove i Maigret erano andati abbastanza spesso e dove la vita era gradevole e riposante.

Ahimè! Al cognato era appena arrivata la macchina nuova e lui aveva deciso di portare la famiglia a visitare l'Italia.

Quante sere avevano passato, lui e la signora Maigret, a discutere su dove andare? Avevano dapprima pensato alla Loira, dove Maigret avrebbe potuto pescare, poi all'Hôtel des Roches Noires, a Sables-d'Olonne, dove avevano trascorso eccellenti vacanze. Alla fine avevano optato per Sables. La signora Maigret aveva scritto l'ultima settimana di giugno e le avevano risposto che tutte le camere erano prenotate fino al 18 di agosto.

Alla fine era stato il caso a determinare la decisione del commissario. Un sabato, a metà luglio, era stato chiamato verso le 7 di sera alla gare de Lyon per un caso senza grande importanza. Dal Quai des Orfèvres alla stazione, in una macchina della Polizia Giudiziaria, ci aveva messo mezz'ora, tanto le auto formavano una massa compatta.

Erano stati annunciati otto treni supplementari e la folla nell'entrata, sui binari, dappertutto, con valigie, bauli, fagotti, bambini, cani e canne da pesca, evocava un esodo.

Tutta quella gente stava andando in campagna o al mare, avrebbe invaso fino il più piccolo albergo, la più umile locanda, senza contare quelli che avrebbero piantato una tenda non appena avessero scoperto uno spazio disponibile.

L'estate era calda. Maigret era ritornato a casa spossato, come se fosse stato lui a imbarcarsi su un treno della notte.

«Cos'hai?» aveva chiesto sua moglie che dall'epoca della bronchite era attenta a tutto.

«Comincio a domandarmi se dobbiamo andare in vacanza».

«Dimentichi cosa ha detto Pardon?»

«Non lo dimentico».

Immaginava con terrore gli alberghi, le pensioni familiari stipate di pensionanti.

«Non faremmo meglio a passare le vacanze a Parigi?»

Dapprima lei aveva creduto che scherzasse.

«Noi non passeggiamo per così dire mai a Parigi insieme.

A malapena una volta alla settimana troviamo il tempo di andare nel primo cinema che ci capita nei Boulevards.

In agosto la città, vuota, sarà nostra».

«E la tua prima preoccupazione sarà di precipitarti al Quai des Orfèvres per occuparti di non so che caso!»

«Ti giuro di no».

«Adesso dici così».

«Potremmo andare a zonzo, nei quartieri dove non mettiamo mai piede, pranzando e cenando in ristorantini divertenti...»

«Sapendoti qui, la Polizia Giudiziaria ti telefonerà alla prima occasione».

«La polizia non lo saprà, e nessun altro, risulteremo assenti».

L'idea lo attirava davvero e alla fine attirava anche sua moglie. Il telefono in sala da pranzo era dunque muto, altro particolare a cui era difficile abituarsi. Due volte Maigret aveva teso la mano verso l'apparecchio prima di ricordarsi che non ne aveva il diritto.

Ufficialmente non era a Parigi. Era a Sables-d'Olonne.

Era quello l'indirizzo che aveva fornito alla Polizia Giudiziaria e, se un messaggio urgente fosse arrivato laggiù, glielo avrebbero fatto recapitare a Parigi.

Aveva lasciato il Quai des Orfèvres il sabato sera e tutti lo credevano partito per il mare. La domenica erano usciti solo verso la fine del pomeriggio per cenare in una brasserie della place des Ternes, lontana da casa loro, come per cambiare zona.

Il lunedì mattina, verso le dieci e trenta, Maigret era sceso fino a place de la République, mentre sua moglie finiva le faccende, e aveva letto i giornali a una terrasse quasi deserta. In séguito avevano pranzato a La Villette, avevano cenato a casa ed erano andati al cinema.

Nessuno dei due sapeva ancora cosa avrebbero fatto quel giorno, martedì, tranne che avrebbero mangiato il fricandò in casa e che poi probabilmente sarebbero andati alla ventura.

Era un ritmo di vita a cui dovevano abituarsi: sembrava strano non essere incalzati da obblighi, non dover contare le ore, i minuti.

Maigret non si annoiava. A dire il vero, aveva solo un pochino di vergogna a non far nulla. Sua moglie se ne rendeva conto?

«Non vai a prendere i giornali?»

Già si creava un'abitudine. Alle dieci e trenta sarebbe andato a prendere i giornali, probabilmente li avrebbe letti alla stessa terrasse di place de la République. Questo lo divertì. In conclusione, era appena sfuggito a delle costrizioni che già se ne creava di nuove.

Lasciò la finestra, si mise una cravatta, le scarpe, cercò il cappello.

«Non è necessario che tu rientri prima di mezzogiorno e mezzo».

Anche per lei non era più del tutto lo stesso Maigret, era che non andava al Quai des Orfèvres, e una volta di più lui pensò a sua madre che gli buttava là:

"Vai a giocare un'ora, ma rientra per pranzo".

Persino la portinaia lo guardava con uno stupore non privo di rimprovero. Un uomo grande e forte ha il diritto di vagare così senza fare niente?

Un'innaffiatrice municipale passava lentamente e lui guardò, come fosse stato uno spettacolo inedito, l'acqua che scivolava fuori da una moltitudine di buchini e si spandeva poi sulla strada.

Le finestre, al Quai, dovevano essere spalancate sullo spettacolo della Senna. La metà degli uffici era vuota.

Lucas era a Pau, dove aveva dei parenti, e non sarebbe rientrato prima del 15. Torrence, che aveva appena comprato un'auto d'occasione, visitava la Normandia e la Bretagna.

Non c'era quasi traffico, e pochissimi taxi. place de la République sembrava immobile come su una cartolina e solo un autobus di turisti vi portò un po' di animazione.

Si fermò all'edicola e comprò tutti i giornali del mattino che era abituato a trovarsi sulla scrivania e a scorrere prima di mettersi al lavoro.

Adesso aveva il tempo di leggerli, e il giorno prima aveva persino letto un certo numero di annunci economici.

Si sistemò alla stessa terrasse, allo stesso posto, ordinò una birra e dopo essersi tolto il cappello e asciugato la fronte faceva già caldo aprì il primo giornale.

I due titoli più grandi riguardavano gli avvenimenti internazionali e un grave incidente stradale che aveva fatto otto morti: un pullman era caduto in un burrone dalle parti di Grenoble. All'improvviso il suo sguardo si fermò su un altro titolo, nell'angolo destro della pagina.

UN CADAVERE IN UN ARMADIO.

Non gli fremettero le narici, ma provò nondimeno una certa eccitazione.

La Polizia Giudiziaria circonda di un certo mistero una macabra scoperta fatta ieri mattina, lunedì, nell'appartamento di un noto medico, in boulevard Haussmann.

Questo medico sarebbe al momento sulla Costa Azzurra con la moglie e la figlia.

Prendendo servizio ieri mattina, dopo aver passato la domenica in famiglia, la cameriera sarebbe stata colpita da un odore sospetto, e, aprendo l'armadio da cui l'odore sembrava provenire, avrebbe scoperto il cadavere di una giovane donna.

Contrariamente alla tradizione, la Polizia Giudiziaria si sta dimostrando assai avara di informazioni, il che lascia supporre che attribuisca a questo caso una importanza eccezionale.

Il dottor J... , di cui si parla, è stato richiamato d'urgenza e un altro medico, che lo sostituisce durante le vacanze, sarebbe coinvolto.

Speriamo domani di essere in grado di fornire particolari di questa strana storia.

Maigret spiegò gli altri due giornali del mattino che aveva comprato.

Uno dei due non riportava l'informazione. L'altro, informato troppo tardi, la riassumeva in poche righe, ma sotto un titolo in grassetto.

UN CADAVERE DAL DOTTORE.

La Polizia Giudiziaria è impegnata da ieri in un'inchiesta che potrebbe diventare un nuovo caso Petiot, con la differenza che stavolta due medici, e non uno solo, sembrano implicati. In effetti il cadavere di una giovane donna è stato trovato nell'ambulatorio di un medico ben noto di boulevard Haussmann, ma finora non siamo stati in grado di ottenere informazioni più diffuse.

Maigret si sorprese a borbottare:

"Idiota!"

Non ce l'aveva coi giornalisti ma con Janvier, sul quale per la prima volta pesavano le responsabilità del servizio.

Era parecchio che l'ispettore aspettava quell'occasione, perché all'epoca delle precedenti vacanze di Maigret c'era sempre stato un agente più anziano per sostituire il commissario.

Quest'anno era il capo per quasi tre settimane e Maigret aveva appena lasciato il Quai che scoppiava un caso, e importante, a giudicare dal poco che ne dicevano i giornali.

Ora, Janvier aveva già commesso un primo errore: si era messo i giornalisti contro. Era capitato anche a Maigret di nascondergli delle informazioni, ma ci metteva una certa dolcezza, e anche se non diceva loro niente aveva tuttavia l'aria di fargli delle confidenze.

Il suo primo impulso fu di andare in una cabina per telefonare a Janvier. Si ricordò appena in tempo che ufficialmente lui era a Sables-d'Olonne.

La scoperta del cadavere, secondo i giornali, risaliva al mattino precedente. La polizia, come pure la Procura, si era immediatamente impossessata del caso. Normalmente i giornali del lunedì pomeriggio avrebbero dovuto pubblicare l'informazione.

Era intervenuto qualcuno nelle alte sfere? Oppure Janvier aveva preso la decisione di mantenere il silenzio?

"Un noto medico di boulevard Haussmann..." Maigret conosceva il quartiere, e quando era arrivato a Parigi era forse quello che lo aveva impressionato di più con i suoi palazzi calmi ed eleganti, i portoni che lasciavano vedere antiche scuderie in fondo ai cortili, l'ombra dolce dei castagni e le limousine in sosta lungo i marciapiedi.

«Mi dà un gettone?»

Non per telefonare al Quai, perché gli era vietato, ma per chiamare Pardon, che era stato al mare in luglio ed era il solo al corrente delle vacanze parigine di Maigret.

Pardon era in ambulatorio.

«Mi dica, conosce un certo dottor J... che abita in boulevard Haussmann?»

Anche il medico aveva avuto il tempo di leggere i giornali.

«Mi sono posto la domanda mentre facevo colazione.

Ho cercato nell'annuario medico. Sono piuttosto incuriosito.

Si tratterebbe infatti di un medico di valore, il dottor Jave, ex interno di ospedale, che ha una vasta clientela».

«Lo conosce?»

«L'ho incontrato due o tre volte, ma l'ho perso di vista da parecchi anni».

«Che tipo di uomo è?»

«Sul piano professionale?»

«Per cominciare, sì».

«Un medico serio, che sa il fatto suo. Deve avere una quarantina d'anni, forse quarantacinque. È un bell'uomo.

L'unico rimprovero che gli si potrebbe fare, sempre ammesso che sia un difetto, è che si è specializzato in clientela mondana. Non è per caso che si è sistemato in boulevard Haussmann. Immagino che abbia guadagnato molti soldi».

«Sposato?»

«Lo dicono sul giornale. Io non lo sapevo. Senta, Maigret, spero che adesso non corra al Quai per occuparsi di questo caso!»

«Le prometto di no. E l'altro medico di cui parlano?»

«Non sono stato il solo, stamattina, a telefonare ai colleghi. È abbastanza raro avere un caso del genere nella nostra professione e siamo curiosi come portinaie. Come buona parte dei medici che vanno in vacanza, Jave ha preso un giovane supplente per la durata della sua assenza.

Non lo conosco personalmente e non penso di averlo incontrato. Si tratta di un certo Négrel, Gilbert Négrel, che ha una trentina d'anni ed è uno degli assistenti del professor Lebier. Questa è una referenza, perché Lebier è noto per scegliere con cura i collaboratori e per essere un uomo difficile».

«È molto impegnato?»

«Adesso?»

«In generale».

«Meno del solito, la maggior parte dei miei pazienti è in vacanza. Perché me lo chiede?»

«Vorrei che cercasse di ottenere il maggior numero possibile di informazioni su questi due medici».

«Non dimentica che è in vacanza, per ingiunzione dell'Ordine dei Medici?»

«Prometto di non mettere piede al Quai des Orfèvres».

«Il che non le impedisce di occuparsi del caso da dilettante.

È così?»

«Più o meno».

«Va bene. Farò qualche telefonata».

«Potremmo vederci stasera?»

«Perché non viene da me a cena con sua moglie?»

«No. Sono io che la invito, con sua moglie, in un bistrot qualunque. Verremo a prendervi verso le otto».

Di colpo, Maigret non era più esattamente lo stesso uomo della mattina. Aveva smesso di fantasticare e di sentirsi come un ragazzino che non va a scuola.

Tornò al suo posto sulla terrasse, ordinò un'altra birra e pensò a Janvier che doveva essere terribilmente eccitato.

Forse aveva cercato di telefonargli a Sables-d'Olonne per chiedergli consiglio? Probabilmente no. Ci teneva a condurre il caso a buon fine da solo.

Il commissario aveva fretta di saperne di più, ma ora che non era più dietro le quinte doveva aspettare i giornali del pomeriggio, come il pubblico.

Quando rientrò a pranzo, sua moglie lo guardò aggrottando le sopracciglia: già fiutava qualcosa.

«Hai incontrato qualcuno?»

«Nessuno. Ho solo telefonato a Pardon. Li portiamo a cena in un bistrot stasera, non so ancora quale».

«Non ti senti bene?»

«Sono in piena forma».

Era vero. Il trafiletto del giornale aveva dato un senso alla sua vacanza e non era tentato di andare in ufficio a prendere in mano il caso. Per una volta, era un semplice spettatore e trovava la situazione divertente.

«Cosa facciamo questo pomeriggio?»

«Andiamo a passeggiare in boulevard Haussmann e nel quartiere».

Lei non protestò, non gli chiese perché. Avevano tutto il tempo di mangiare senza guardare l'ora, davanti alla finestra aperta, cosa che non succedeva spesso. Persino i rumori di Parigi non erano i soliti. Invece di formare una sinfonia confusa, i suoni, più rari, diventavano distinti, si sentiva un taxi girare l'angolo di una certa via, un camion fermarsi davanti a una certa casa.

«Non fai la siesta?»

«No».

Intanto che lei lavava i piatti e si vestiva, lui scese di nuovo per andare a comprare i giornali della sera. Il caso aveva acquisito diritto ai titoli in grande:

UN NUOVO CASO PETIOT.

UNA DONNA MORTA IN UN ARMADIO.

DUE MEDICI SUL BANCO DEGLI IMPUTATI.

L'articolo migliore, firmato dal piccolo Lassagne, uno dei reporter più intraprendenti, diceva:

Un caso di omicidio, che non mancherà di avere una certa risonanza e che riserva delle sorprese, è stato scoperto in uno dei quartieri più eleganti di Parigi, in boulevard Haussmann, fra rue de Miromesnil e rue de Courcelles.

Malgrado la scarsa collaborazione della polizia nel fornire informazioni, grazie a una nostra personale inchiesta abbiamo potuto scoprire i seguenti particolari.

Dunque, in boulevard Haussmann, al 137 bis, abitano da cinque anni al terzo piano il dottor Philippe Jave, di quarantaquattro anni, la moglie e la bambina di tre anni.

I Jave occupano uno dei due appartamenti del piano, e l'altro è riservato alla sala d'attesa e ai lussuosi ambulatori; la clientela del medico è delle più eleganti e la maggior parte dei suoi pazienti figura nel Gotha della mondanità.

Il primo luglio i Jave, accompagnati dalla bambinaia, lasciavano Parigi per un soggiorno di sei settimane a Cannes, dove avevano affittato la villa Marie-Thérèse.

Lo stesso giorno un giovane medico, il dottor Négrel, prendeva il posto del collega durante le ore di visita.

Di solito oltre alla bambinaia, signorina Jusserand, i Jave hanno due domestiche, ma una di loro, i cui genitori abitano in Normandia, ha preso le ferie contemporaneamente ai padroni e solo Josépha Chauvet, di cinquantun anni, è rimasta a Parigi.

Poiché le stanze destinate ad abitazione erano vuote, la donna doveva occuparsi solo dei locali a uso professionale.

Il dottor Négrel, che è scapolo e vive in un appartamento ammobiliato in rue des Saints-Pères, veniva ogni mattina alle 9, prendeva nota delle chiamate telefoniche, faceva le visite in città, pranzava in un ristorante ed alle 2 ritornava in boulevard Haussmann per l'ambulatorio.

Verso le 6 era di nuovo libero e Josépha Chauvet ne approfittava per andare da sua figlia, che abita nel quartiere, in rue Washington, e dove lei passava quasi tutte le notti.

Cosa è successo? A causa del mutismo della polizia ci è difficile ricostruire la catena degli avvenimenti, ma un certo numero di fatti sono sicuri.

Sabato scorso il dottor Négrel ha lasciato l'ambulatorio di boulevard Haussmann alle 5,30, mentre Josépha era ancora là. Durante il pomeriggio aveva ricevuto una mezza dozzina di clienti uomini e donne e nessuno nel palazzo ha notato andirivieni anormali.

Domenica il dottor Négrel è andato da alcuni amici in campagna mentre Josépha passava la giornata con sua figlia in rue Washington per rientrare solo lunedì mattina alle 8.

La donna ha cominciato, come al solito, col passare l'aspirapolvere nella sala d'attesa, poi è entrata nell'ufficio che precede l'ambulatorio.

Solo arrivando nella terza stanza è stata colpita da un odore insolito, leggero e nauseante, ha dichiarato, ma non si è preoccupata subito.

Infine, pochi minuti prima delle 9, incuriosita, ha aperto la porta di una quarta stanza, più piccola, trasformata in laboratorio. Era da lì che l'odore proveniva, e più esattamente da uno degli armadi a muro.

L'armadio in questione era chiuso a chiave. La chiave non era nella serratura. Mentre Josépha esaminava il mobile, ha sentito dei passi dietro di sé, e girandosi ha visto il dottor Négrel che arrivava.

È sobbalzato? È impallidito? Le testimonianze indirette che abbiamo raccolto sono contraddittorie. Lui le avrebbe detto:

"Cosa sta facendo lì?"

Lei avrebbe risposto:

"Non sente?"

E avrebbe poi parlato di un topo morto.

"Il dottor Jave non le ha lasciato le chiavi?"

Naturalmente noi non facciamo altro che ricostruire i fatti come meglio possiamo. Qualche minuto più tardi, Josépha usciva dal palazzo per andare a cercare un fabbro in rue de Miromesnil, e tornava poi con lui.

Maigret si domandava, leggendo, dove aveva pescato quei particolari il piccolo Lassagne. Non era stata Josépha a parlare, lo avrebbe giurato. Ancor meno il dottor Négrel. La portinaia? Era possibile. E forse, poi, il fabbro?

Continuò a leggere:

Quando la porta dell'armadio fu aperta, lo spettacolo che si presentò loro fu quello di un corpo di donna completamente nudo, che avevano dovuto piegare in due per farlo entrare nello spazio abbastanza angusto.

In assenza del commissario Maigret, in vacanza, fu l'ispettore Janvier ad arrivare sul posto, seguito dal medico legale e dagli uomini della Procura, mentre la stampa, per motivi che ancora non capiamo, era tenuta all'oscuro.

L'identificazione del corpo non ha causato alcuna difficoltà: si tratta della stessa signora Jave, che tutti credevano a Cannes.

A parte una ecchimosi alla tempia destra, che potrebbe essere stata provocata da una caduta, il cadavere non reca traccia di violenza.

Il dottor Négrel sostiene di non aver visto la signora Jave né sabato né in nessun altro giorno dopo la partenza del dottor Jave e della moglie, il primo luglio, per Cannes.

Josépha avrebbe fatto la stessa dichiarazione.

Come è stata uccisa la giovane donna? Quando? Crediamo di sapere che il medico legale farebbe risalire la morte a sabato.

Il lunedì a mezzogiorno, avvisato per telefono, il dottor Jave prendeva a Nizza l'aereo per Parigi.

Come il dottor Négrel, ha passato la notte al guai des Orfèvres. Non è trapelato nulla delle dichiarazioni che i due uomini avrebbero fatto.

Anche stamattina alla Polizia Giudiziaria hanno rifiutato di dirci se uno dei due è in stato d'arresto.

Incaricato dell'istruttoria è il giudice Coméliau, che è ancora più taciturno dell'ispettore Janvier.

Il nostro corrispondente a Cannes ha tentato di mettersi in contatto con la bambinaia, signorina Jusserand, rimasta là con la bambina, ma gli è stato impossibile penetrare nella villa che già due volte ha ricevuto la visita della Brigata Mobile.

Questo caso, come si vede, è uno dei più misteriosi degli ultimi anni e dobbiamo aspettarci qualche colpo di scena.

Chi ha ucciso la signora Jave? Perché? E perché il suo corpo interamente nudo è stato rinchiuso in un armadio, dietro l'ambulatorio del marito?

In attesa degli sviluppi che non mancheranno di presentarsi siamo in grado di fornire qualche informazione sui personaggi implicati in questa storia.

Il dottor Philippe Jave, nato a Poitiers, ha quarantaquattro anni, e dopo studi brillanti alla Scuola di Medicina di Parigi è stato interno di ospedale.

Fino al matrimonio lavorava a Issy-les-Molyneaux, dove il suo ambulatorio era dei più modesti e la clientela composta principalmente da operai delle fabbriche vicine.

Cinque anni fa ha sposato Eveline Le Guérec, di sedici anni più giovane di lui, che aveva dunque ventotto anni al momento della morte.

I Le Guérec possiedono, a Concarneau, una fabbrica di alimenti in scatola e la marca di sardine "Le Guérec et Laurent" è ben nota alle massaie.

Subito dopo il matrimonio la giovane coppia si è sistemata in boulevard Haussmann, in un lussuoso appartamento, e il dottor Jave non ha tardato a diventare uno dei medici più richiesti della capitale.

Due anni più tardi Le Guérec padre moriva lasciando l'azienda di Concarneau a suo figlio Yves e a sua figlia.

I Jave hanno una bambina di tre anni, Michèle.

Quanto al dottor Négrel, è anche lui un elemento brillante. Trent'anni, è scapolo e occupa sempre la sua stanza da studente in rue des Saints-Pères, dove vive modestamente.

Non ha aperto un ambulatorio e lavora con il professor Lebier. Era la prima volta che accettava di sostituire un collega durante le vacanze.

Abbiamo cercato di sapere se i Jave e il dottor Négrel fossero in rapporti di amicizia prima di questa sostituzione, ma non abbiamo ottenuto risposta.

Dappertutto, sia al Quai des Orfèvres, sia in boulevard Haussmann o dai medici, si cozza contro uno strano mutismo.

La portinaia non è più loquace e si limita ad affermare che non sapeva della presenza della signora Jave in casa.

Il nostro corrispondente sulla Costa Azzurra ha tuttavia ottenuto un risultato, sebbene piuttosto scarso.

All'aeroporto di Nizza una passeggera che risponde ai connotati della signora Jave sarebbe stata vista prendere l'aereo delle 9,15, sabato mattina, aereo che arriva a Orly alle 11,15. La compagnia di navigazione aerea rifiuta di confermare se la signora figura sulla lista dei passeggeri.

Mentre andiamo in macchina il dottor Paul procede all'autopsia.

Quando Maigret ritornò a casa ritagliò con cura l'articolo e lo fece scivolare in una cartella di carta da pacco, come faceva al Quai quando apriva un dossier.

Solo che al Quai des Orfèvres i suoi dossier contenevano documenti originali, autentici, mentre qui doveva accontentarsi degli articoli più o meno romanzati dei giornali.

«Sei pronta, signora Maigret?»

Sua moglie emerse dalla camera da letto, con un abito di cotone chiaro, un cappellino bianco in testa e guanti bianchi, e mentre si avviavano per il marciapiede a braccetto sembravano davvero una coppia in vacanza.

«Si direbbe che cominci a divertirti» osservò lei guardandolo in tralice.

Lui non rispose, ma sorrideva, non pensando alla povera signora Jave, ma evocando Janvier alle prese con quel caso che doveva tenere moltissimo a risolvere da solo.