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« Ho questo grosso debito verso Simenon. Quando ho cominciato a scrivere i miei gialli, il problema è stato quello di differenziare Montalbano da Maigret. In parte credo di esserci riuscito, soprattutto nel modo di condurre l’indagine. Maigret si affida alle atmosfere, alle sensazioni, cerca di mettersi dalla parte del morto quasi identificandosi con lui e così capire le motivazioni del delitto. Montalbano cerca invece di ragionare, di scansare la ricreazione dell’atmosfera. Dubita delle sensazioni. Ho inoltre fatto ricorso a un piccolo escamotage per accentuare la differenza tra i due (lo confesso per la prima volta). Maigret è felicemente maritato e sua moglie (quando lui non va a mangiare alla Brasserie Dauphine) gli prepara squisiti piatti. Anche a Montalbano piace mangiare : se maritato con una femmina che non sapeva cucinare, avrebbe domandato il divorzio dopo qualche mese, se invece Livia avesse saputo stare in cucina, avrei fatto un doppione della coppia Maigret. Allora ho scisso la signora Maigret in due : la “cammarera” Adelina che gli prepara i piatti che piacciono a lui e la fidanzata Livia la quale, come vedete per ragioni del tutto letterarie, da troppo tempo aspetta che Montalbano la sposi. » – Andrea Camilleri, Il mio debito con Simenon, in Racconti quotidiani, a cura di Giovanni Capecchi, Milano, Mondadori, 2007, p. 62 [Il medesimo volume era in precedenza stato pubblicato presso la Libreria dell’Orso, Pistoia, 2001]. Nonostante gli sforzi di Camilleri di rendere diverso il suo personaggio mediante la compagna di vita, Livia, è proprio in questo dettaglio che si annida un’altra somiglianza tra i due personaggi. I coniugi Maigret rimpiangono di non aver avuto figli e si rendono protagonisti di diverse “adozioni” temporanee nel corso della serie ; Salvo e Livia vivono un’adozione mancata ne Il ladro di merendine col piccolo François che poi verrà affidato alla famiglia di Augello. Una piccola curiosità : il personaggio di Livia si ispira a un omonimo personaggio de Il giorno della civetta di Sciascia in cui Livia Giannelli ha un’immagine stereotipata della Sicilia (« adoro la Sicilia », dice).