8. Il segreto di Monique
«Siediti, piccolo mascalzone.»
«Non sono un mascalzone» protestò Jorisse.
E, con voce più calma, benché non avesse ancora ripreso del tutto il respiro e ansimasse ancora:
«Non pensavo che il commissario Maigret insultasse le persone prima di dar loro il tempo di spiegarsi.»
Maigret, sorpreso, lo guardò aggrottando le sopracciglia:
«Hai mangiato?»
«Non ho fame.»
Era una risposta da moccioso indispettito.
Maigret alzò il ricevitore: «Mi passi la Brasserie Dauphine... Joseph?... Parla Maigret... Mi manderesti dei sandwich? Sei... Per me al prosciutto... Aspetta un momento...»
Rivolgendosi a Jorisse:
«Prosciutto o formaggio?»
«È lo stesso. Prosciutto.»
«Birra o vino rosso?»
«Acqua, se non le dispiace. Ho sete.»
«Joseph? Sei sandwich al prosciutto, belli grossi, e quattro birre... Aspetta, porta anche due caffè, già che ci sei... Ci vorrà molto?»
Riattaccò un attimo, poi chiese uno dei servizi del Quai, sempre senza staccare gli occhi dal giovanotto e osservandolo con curiosità. Jorisse era magro, gracilino, nervosissimo come se fosse stato nutrito a caffè invece che a bistecche. A parte questo, non era un brutto ragazzo: aveva i capelli castani piuttosto lunghi e ogni tanto faceva un brusco movimento con la testa per ricacciarli indietro.
Ogni tanto, forse perché era ancora molto emozionato, gli capitava di stringere le narici. Teneva il capo chino e continuava a fissare il commissario con aria di rimprovero.
«Hallo! Non occorre più cercare Albert Jorisse. Avvisate i commissariati e le stazioni.»
Il ragazzo aprì la bocca, ma il commissario non gli diede il tempo di parlare.
«Fra un attimo.»
Il cielo si era di nuovo oscurato. Stava per piovere, e si sarebbe trattato di sicuro della stessa pioggia assillante del giorno del funerale. Maigret andò a chiudere la finestra socchiusa, poi, sempre in silenzio, sistemò le pipe sulla scrivania, così come una dattilografa, prima di mettersi al lavoro, sistema la macchina da scrivere, i fogli e la carta carbone.
«Avanti» borbottò quando bussarono.
Era l'ispettore Neveu che, credendo che il capo fosse nel bel mezzo dell'interrogatorio, mise dentro solo la testa.
«Scusi. Volevo solo sapere se...»
«Sei libero. Grazie.»
Poi il commissario cominciò a camminare su e giù aspettando il cameriere della Brasserie Dauphine. Per passare il tempo, fece un'ennesima telefonata. Questa volta a sua moglie.
«Non torno a casa per pranzo.»
«Cominciavo a sospettarlo. Sai almeno che ore sono?»
«No. Ma non ha nessuna importanza.»
Lei scoppiò a ridere, e lui non sapeva perché.
«Sono venuto a dirle...» esordì il giovane.
«Tra un attimo.»
Era il terzo interrogatorio della giornata. Aveva sete. Il suo sguardo, a un certo punto, seguì lo sguardo del giovane, fermandosi sulla bottiglia di cognac e sul bicchiere rimasti nell'ufficio.
Maigret arrossì come un bambino e si sentì in dovere di dare una spiegazione, di precisare che non era stato lui a bere il cognac in quel bicchierone, ma Jef Schrameck, il quale aveva preceduto Albert nell'ufficio.
Era forse rimasto colpito dal rimprovero del ragazzo? O gli dispiaceva rovinare l'opinione che questi si era fatto del commissario Maigret?
«Entra pure, Joseph. Metti il vassoio sulla scrivania. Non hai dimenticato niente?»
Infine, rimasti soli con le cibarie:
«Mangiamo.»
Jorisse mangiò con appetito, nonostante quel che aveva dichiarato. Continuò a lanciare rapide occhiate curiose al commissario e, dopo un bicchiere di birra, aveva già ripreso il suo sangue freddo.
«Va meglio?»
«Grazie. Però mi ha dato del mascalzone.»
«Ne riparleremo tra poco.»
«Stavo davvero venendo da lei.»
«Perché?»
«Perché ero stufo di nascondermi.»
«E perché ti nascondevi?»
«Per non essere arrestato.»
«E perché avrebbero dovuto arrestarti?»
«Lo sa benissimo.»
«No.»
«Perché sono il ragazzo di Monique.»
«Eri sicuro che lo sapessimo?»
«Non era difficile scoprirlo.»
«E ti avremmo arrestato perché eri il ragazzo di Monique?»
«Lei sta cercando di farmi confessare.»
«Caspita!»
«Lei pensa che io stia mentendo e cerca di fare in modo che mi contraddica.»
«Lo hai letto in un romanzo giallo?»
«No. Nelle cronache dei giornali. So come funziona.»
«E allora cosa sei venuto a fare esattamente?»
«A dichiararle che non ho ucciso il signor Thouret.»
Maigret si era acceso la pipa e stava lentamente finendo il suo secondo boccale di birra. Aveva acceso l'abat-jour, mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere sul davanzale della finestra.
«Ti rendi conto di cosa implica tutto questo?»
«Non capisco cosa intenda dire.»
«Hai pensato che volessimo arrestarti. Ciò presuppone che ci sarebbero delle ragioni per farlo.»
«Non è forse andato in rue d'Angoulème?»
«Come fai a saperlo?»
«Lei ha scoperto che il signor Thouret affittava una camera in città. Questo per via delle scarpe gialle.»
Un sorrisetto divertito sfiorò le labbra del commissario.
«Poi?»
«La padrona di casa le avrà sicuramente detto che ero andato a trovarlo.»
«E questa era una ragione per arrestarti?»
«Ha anche interrogato Monique.»
«Pensi che abbia parlato?»
«Mi stupirebbe che non l'abbia fatta parlare.»
«E se anche fosse, perché sei andato a nasconderti sotto il letto del tuo amico?»
«Sa anche questo?»
«Rispondi.»
«Non ho riflettuto. Mi sono fatto prendere dal panico. Avevo paura che mi avreste picchiato per farmi confessare cose non vere.»
«Anche questo l'hai letto sui giornali?»
L'avvocato di René Lecoeur non aveva forse parlato dei maltrattamenti della polizia, facendo dichiarazioni che erano poi state riportate da tutti i giornali? A proposito, c'era una lettera di Lecoeur tra la posta del mattino. Era stato condannato a morte e, disperato, supplicava il commissario di andarlo a confortare in prigione.
Maigret fu lì lì per mostrare la lettera al ragazzo. Poi rimandò la cosa a più tardi, se necessario.
«Perché hai abbandonato il nascondiglio di rue Gay-Lussac?»
«Perché non ce la facevo più a passare le giornate nascosto sotto un letto. Era terribile. Avevo male dappertutto. Temevo sempre di dover starnutire. L'appartamento era piccolo, le porte restavano sempre aperte, sentivo la zia del mio amico andare avanti e indietro: non appena mi fossi mosso, mi avrebbe sentito.»
«È tutto?»
«Poi avevo fame.»
«E allora cos'hai fatto?»
«Ho vagato per le strade. La notte ho dormito un'ora o due su un sacco di patate, ai mercati generali. Per due volte mi sono spinto fino al pont Saint-Michel. Una di queste ho visto Monique uscire di qui. Sono andato anche in rue d'Angoulème e, da lontano, ho veduto un tizio che sembrava esser di guardia. Ho immaginato che fosse un poliziotto.»
«Che motivo avresti avuto di uccidere il signor Louis?»
«Non sa che gli ho chiesto un prestito?»
«Un prestito?»
«Gli ho chiesto del denaro, se preferisce.»
«Chiesto?»
«Cosa intende dire?»
«Che ci sono vari modi di chiedere. E che c'è un modo, tra i tanti, che non permette assolutamente a colui cui si è chiesto di potersi rifiutare. A casa mia, si chiama ricatto.»
Il ragazzo tacque, guardando fissamente a terra.
«Rispondi.»
«Non avrei mai detto niente alla signora Thouret.»
«Ciò non toglie che tu abbia minacciato di farlo.»
«Non era necessario.»
«Lui invece pensava che avresti parlato?»
«Non lo so. Non capisco più le sue domande.»
Aggiunse con voce stanca:
«Ho un sonno da morire.»
«Bevi del caffè.»
Obbedì, docile, senza staccare lo sguardo da Maigret.
«Sei andato a trovarlo spesso?»
«Solo due volte.»
«Monique lo sapeva?»
«Cosa le ha detto?»
«Non ha importanza sapere cosa mi ha detto lei, ma conoscere la verità.»
«Lo sapeva.»
«Cosa gli hai raccontato?»
«A chi?»
«Ma al signor Louis, che diamine!»
«Che noi avevamo bisogno di soldi.»
«Noi chi?»
«Monique e io.»
«Perché?»
«Per andare in Sudamerica.»
«Gli avevi detto che avevate intenzione di partire?»
«Sì.»
«Qual è stata la sua reazione?»
«Ha finito col riconoscere che non c'era nient'altro da fare.»
Qualcosa non quadrava. Maigret si rendeva conto che il ragazzo credeva che lui sapesse più cose di quante non ne sapeva in realtà. Bisognava procedere con cautela.
«Non gli hai proposto di sposarla?»
«Si. Ma si rendeva conto anche lui che era impossibile. Innanzitutto non sono maggiorenne e ci vuole il consenso dei genitori. Poi, anche se lo avessi ottenuto, la madre di Monique non avrebbe mai accettato un genero senza una posizione. Il signor Thouret per primo mi ha consigliato di non parlarne a sua moglie.»
«Gli avevi raccontato che tu e Monique eravate già stati a letto in non so quanti alberghi a ore?»
«Non sono sceso nei particolari.»
Arrossì ancora, prima di dire:
«Lo avevo semplicemente messo al corrente che Monique era incinta.»
Maigret non si scompose, non si mostrò stupito. Però non se l'aspettava. Non era stato per nulla psicologo, perché era un'eventualità cui non aveva pensato.
«Di quanti mesi?»
«Poco più di due mesi.»
«Si è fatta visitare da un medico.»
«Non sono andato con lei.»
«Ma lei ci è andata?»
«Sì.»
«Tu aspettavi fuori dalla porta?»
«No.»
Si adagiò meglio sulla poltrona e caricò macchinalmente una nuova pipa.
«Cos'avresti fatto in Sudamerica?»
«Qualsiasi cosa. Non ho paura. Avrei potuto lavorare come cow-boy.»
Pronunciava quelle parole in maniera serissima, con una punta di orgoglio, e al commissario vennero in mente i ragazzoni alti quasi due metri che aveva visto nei ranch del Texas e dell'Arizona.
«Cow-boy!» ripete Maigret.
«Oppure avrei potuto lavorare nelle miniere d'oro.»
«È ovvio!»
«Mi sarei arrangiato.»
«E avresti sposato Monique?»
«Sì. Credo che laggiù sia più facile che qui da noi.»
«Ami Monique?»
«È la mia donna, no? Non è certo perché non abbiamo regolarizzato la nostra unione che...»
«Qual è stata la reazione del signor Louis nel sentire questa storia?»
«Non credeva possibile che sua figlia avesse fatto questo. Ha pianto.»
«Davanti a te?»
«Sì. Io gli ho giurato che le mie intenzioni...»
«... erano pure, naturalmente. E poi?»
«Ha promesso di aiutarci. Non aveva abbastanza denaro disponibile. Me ne ha dato un po'.»
«Dov'è ora il denaro?»
«Ce l'ha Monique. Lo tiene nascosto in ufficio.»
«E il resto della somma che vi serviva?»
«Aveva promesso di darmelo martedì. Aspettava un grosso versamento.»
«Da parte di chi?»
«Non lo so.»
«Ti ha detto cosa faceva?»
«Ovviamente non poteva.»
«Perché?»
«Perché non lavorava. Non sono riuscito a scoprire come si procurava i soldi. Erano in due.»
«L'altro l'hai visto?»
«Una volta, sul viale.»
«Un tipo alto e magro con la faccia da clown?»
«Sì.»
«Era qui poco prima che tu arrivassi, ed è lui che ha bevuto il bicchiere di cognac.»
«Allora lei sa la verità.»
«Vorrei sapere tu cosa sai.»
«Niente. Ho pensato che ricattassero qualcuno.»
«E hai pensato che era sciocco non approfittarne?»
«Avevamo bisogno di soldi, per via del bambino.»
Maigret alzò il ricevitore:
«Lucas? Puoi venire un attimo?»
E, quando Lucas entrò nell'ufficio:
«Ti presento Albert Jorisse. Monique Thouret aspetta un figlio da lui.»
Parlava con tono serissimo e Lucas, non sapendo bene cosa pensare, accennò a un saluto con la testa.
«Può darsi che ora la ragazza sia in ufficio, dato che stamattina non ci è andata. Andrai a cercarla. Poi la porterai dal dottore che vuole lei. Se non ha preferenze, va' dal medico della Questura. Vorrei sapere di quanti mesi è incinta.»
«E se si rifiuta di farsi visitare?»
«Dille che in tal caso sono costretto ad arrestarla, lei e il suo ragazzo, che si trova nel mio ufficio. Prendi pure la macchina. Telefonami il responso.»
Quando furono di nuovo soli, Jorisse chiese:
«Perché lo fa?»
«Perché è mio dovere verificare anche questo.»
«Non mi crede?»
«A te, sì.»
«E a lei, che non crede?»
Una telefonata arrivò al momento giusto e diede a Maigret la scusa per non rispondere. Non aveva nulla a che vedere col caso. Gli chiedevano informazioni su uno psicopatico che qualche giorno prima era venuto nel suo ufficio e che era stato arrestato per strada, dove provocava degli assembramenti. Invece di rispondere in poche parole, cosa che avrebbe potuto benissimo fare, il commissario prolungò la conversazione il più possibile.
Quando riattaccò, come se avesse dimenticato a che punto erano rimasti, chiese al ragazzo:
«E adesso cosa farai?»
«Si è convinto che non sono stato io a ucciderlo?»
«Ne ho sempre avuto la convinzione. Vedi, dare una coltellata nella schiena a qualcuno non è così facile come si crede. E ancora più difficile è ucciderlo senza dargli il tempo di gridare.»
«Io non ne sarei capace?»
«No di certo.»
Jorisse si sentiva umiliato. Era vero che aveva sognato di fare il cow-boy o il cercatore d'oro in Sudamerica.
«Andrai a trovare la signora Thouret?»
«Penso che sarà il caso.»
Poco mancò che Maigret scoppiasse a ridere all'idea del ragazzino che, con una fifa del diavolo, entrava nella casa di Juvisy per spiegarsi con la madre di Monique.
«Credi che ora ti accetterà come genero?»
«Non lo so.»
«Confessa di non averla raccontata tutta giusta...»
«Cosa intende dire...»
«Che non hai chiesto il denaro al signor Louis solo per pagare il viaggio in Sudamerica. Dato che il pomeriggio Monique non lavora in ufficio ma riscuote gli incassi in città, avevi trovato il modo di stare un po' di più con lei. Poteva sempre ritagliare un'ora o due dal suo orario di lavoro, e andavate a chiudervi in qualche camera d'albergo.»
«È capitato.»
«Per questo hai cominciato ad andare in libreria solo al mattino. Le camere d'albergo, però, si devono pagare.»
«Abbiamo speso una piccola parte...»
«Sapevi dove il signor Louis teneva il denaro?»
Osservava attentamente il giovanotto che non ebbe esitazioni.
«Sopra l'armadio a specchio.»
«È lì che ha preso le banconote che ti ha dato?»
«Sì. Ma lo sapevo già da prima, me l'aveva detto Monique.»
«Immagino che lunedì tu non sia andato in rue d'Angoulème...»
«Può controllarlo facilmente. La proprietaria glielo confermerà. Sarei dovuto andarci martedì alle cinque di pomeriggio.»
«Quando avevate intenzione d'imbarcarvi?»
«C'è una nave fra tre settimane. Avremmo avuto tutto il tempo per ottenere i visti. Ho già fatto richiesta del passaporto.»
«Pensavo che per i minorenni ci volesse un'autorizzazione dei genitori.»
«Ho falsificato la firma di mio padre.»
Ci fu un attimo di silenzio. Per la prima volta Jorisse chiese:
«Posso fumare?»
Maigret fece di sì con la testa. Adesso, dopo il caffè, aveva davvero voglia di un bicchiere di cognac, ma non osava andare a riprendere la bottiglia che aveva riposto nell'armadio a muro.
«Lei mi ha dato del mascalzone.»
«Tu cosa ne pensi?»
«Che non potevo fare diversamente.»
«Ti piacerebbe che tuo figlio si comportasse come te?»
«Io educherò mio figlio diversamente. Non dovrà...»
Furono di nuovo interrotti dal telefono.
«È lei, capo?»
Maigret aggrottò le sopracciglia sentendo la voce di Neveu, cui non aveva affidato nessun compito.
«Ho il malloppo!»
«Cosa stai dicendo?»
Guardò Jorisse e interruppe l'ispettore.
«Aspetta. Cambio telefono.»
Passò nell'ufficio accanto e mandò un agente nel suo per sorvegliare il giovanotto.
«Parla pure. Dove sei?»
«Quai de Valmy. In un bistrot.»
«Cosa fai lì?»
«Spero che non si arrabbi.»
«Parla lo stesso.»
«Ho creduto di agir bene. Sono dieci anni che Jef vive con quella certa Francoise. Da quel che ho saputo, le è più affezionato di quanto non dice. Così ho pensato di andare a parlare un po' con lei.»
«Perché?»
«Mi sembrava strano che la lasciasse senza soldi. Ho avuto la fortuna di trovarla in casa. Hanno solo due stanze, più una specie di rientranza che fa da cucina. In camera c'è un letto in ferro con i pomelli di ottone. Le pareti sono imbiancate a calce, come in campagna, e i locali sono molto puliti.»
Maigret, di cattivo umore, aspettava il seguito. Non gli piaceva che gli ispettori agissero per conto proprio, soprattutto se. come nel caso di Neveu, non appartenevano alla sua squadra.
«Le hai detto che Jef era stato arrestato?»
«Ho fatto male?»
«Continua.»
«Innanzitutto, dalla sua reazione, ho capito che era all'oscuro di tutto. Ha pensato subito che fosse stato colto in flagrante mentre rubava un portafoglio nel metrò o su un autobus. Probabilmente la cosa succedeva spesso.»
Era una delle attività cui Schrameck si dedicava fin da quando lavorava nelle fiere, ed era già stato condannato per borseggio.
«Malgrado le sue proteste mi son messo a ispezionare l'appartamento. Alla fine mi è venuta l'idea di svitare i pomelli di ottone. Le gambe del letto sono di ferro cavo e all'interno di due di esse ho trovato il rotolo di banconote. Si trattava proprio di un bel gruzzolo. Francoise non credeva ai suoi occhi: “Pensare che era pieno di soldi e che mi mandava a far le pulizie! Che il diavolo se lo porti! Quando tornerà a casa faremo i conti... “. Era fuori di sé. L'ha insultato in tutti i modi possibili. Si è calmata solo quando le ho detto che forse Jef aveva messo quel denaro da parte nel caso gli fosse successo qualcosa. “Mi chiedo solo come mai non lo abbia giocato alle corse!" ha brontolato. Capisce ora, capo? Sabato scorso devono essersi divisi il malloppo. Ho trovato più di duecentomila franchi. Jef non poteva giocare una simile somma, soprattutto nel bar di Fernand. Ne ha persa solo una piccola parte. Se avevano diviso a metà, il signor Louis probabilmente ne aveva ancora di più.»
«Ti ringrazio.»
«Cosa ne faccio delle banconote?»
«Le hai prese?»
«Ho pensato che era meglio. Non potevo lasciarle lì.»
«Vai dal tuo commissario e chiedigli di ricominciare da capo secondo le regole.»
«Devo proprio?...»
«Che diamine! Non voglio mica che gli avvocati insinuino che siamo stati noi a metter lì i soldi...»
«Ho sbagliato?»
«Direi proprio.»
«La prego di scusarmi. Volevo...»
Maigret riattaccò. Torrence era entrato nell'ufficio.
«Hai da fare?»
«Niente d'importante.»
«Allora vai dal commissario Antoine. Chiedigli di far cercare dai suoi uomini l'elenco dei furti commessi nei negozi dei Grands Boulevards negli ultimi due anni e mezzo. In particolare i furti commessi nell'intervallo del pranzo, durante la chiusura.»
Quei casi non concernevano la sua sezione ma quella di Antoine, i cui uffici si trovavano all'altro capo del corridoio.
Ritornò da Albert Jorisse, che nel frattempo aveva acceso un'altra sigaretta, e congedò l'agente che lo sorvegliava.
«Tanto non avrei cercato di scappare.»
«Può darsi. Però avresti dato volentieri un'occhiata alle carte che ci sono sulla scrivania... Di' la verità, lo avresti fatto?»
«Forse.»
«Qui sta la differenza.»
«Quale differenza?»
«Niente. So io.»
«Che intenzioni ha nei miei confronti?»
«Vedremo.»
Maigret guardò il suo orologio e calcolò che Lucas e Monique dovevano essere già dal medico, probabilmente stavano sfogliando i giornali nella sala d'aspetto.
«Lei mi disprezza, vero?»
Il commissario alzò le spalle.
«Io non ho mai avuto la possibilità...»
«La possibilità di cosa?»
«Di fare a modo mio.»
«Fare a modo tuo cosa?»
Maigret era quasi aggressivo.
«Vedo che proprio non capisce. Se lei avesse passato la sua infanzia a sentir parlare sempre e solo di soldi, con una madre che quando si avvicina la fine del mese comincia a tremare...»
«Io non ho avuto una madre.»
Il ragazzo tacque e per dieci minuti regnò il silenzio. Per un lungo momento Maigret rimase in piedi davanti alla finestra, di schiena alla stanza, a guardare la pioggia che disegnava i rigagnoli sui vetri. Poi camminò un po' su e giù e infine aprì, con un gesto brusco, la porta dell'armadio a muro. Aveva lavato poco prima il bicchiere nel lavandino di maiolica. Lo sciacquò di nuovo e vi versò un goccio di cognac.
«Immagino che tu non ne voglia.»
«No, grazie.»
Albert Jorisse faticava a stare sveglio. Aveva le guance rosse e le palpebre pesanti. Ogni tanto ciondolava sulla sedia.
«Forse un giorno diventerai un vero uomo.»
Si udirono dei passi nel corridoio, passi di uomo e di donna, e Maigret capì che si trattava di Lucas e di Monique. Bisognava prendere una decisione. Era a questo che pensava da quasi un quarto d'ora. Avrebbe potuto far entrare la ragazza o riceverla nell'ufficio accanto.
Alzò le spalle e andò ad aprire la porta. I due erano gocciolanti di pioggia. Monique aveva perduto la sua sicurezza e quando vide Albert s'immobilizzò. Strinse le mani sulla borsetta e lanciò al commissario uno sguardo incollerito.
«L'hai portata dal medico?»
«Lei non voleva. Allora...»
Jorisse si era alzato e guardava la ragazza come se stesse per gettarsi ai suoi piedi e chiederle perdono.
«Risultato...»
«Niente.»
«Non è incinta?»
«Non lo è mai stata.»
Jorisse non credeva alle sue orecchie, non sapeva verso chi volgersi. Ebbe la velleità di prendersela con Maigret, che doveva apparirgli come l'uomo più crudele della terra.
Quest'ultimo, dopo aver chiuso la porta, indicò una sedia alla ragazza.
«Ha qualcosa da dire?»
«Io credevo...»
«No.»
«Cosa ne sa lei? Non è mica una donna.» E rivolgendosi al ragazzo:
«Ti giuro Albert, che credevo davvero di aspettare un bambino.»
La voce di Maigret, calma e neutra:
«Per quanto tempo lo ha creduto?»
«Per un po' di giorni.»
«E poi?»
«Poi non ho voluto deluderlo.»
«Deluderlo?»
Maigret lanciò un'occhiata a Lucas. Questi seguì il commissario nell'ufficio degli agenti. Poi Maigret richiuse la porta lasciando i due fidanzati a tu per tu.
«Non appena le ho detto che saremmo dovuti andare da un medico, ha capito subito che c'era sotto qualcosa. Non voleva assolutamente. E solo quando ho minacciato di arrestare sia lei che Albert...»
Maigret non ascoltava. Sapeva già tutto. Torrence era ritornato nell'ufficio.
«Hai fatto quello che ti avevo chiesto?»
«Stanno preparando l'elenco. Sarà lungo. È da più di due anni che la squadra del commissario Antoine si dà da fare per quei furti. Sembra che...»
Maigret si avvicinò alla porta che comunicava col suo ufficio e tese le orecchie.
«Cosa fanno?» chiese Lucas. »
«Niente.»
«Non si parlano?»
«Tacciono.»
Il commissario andò allora dal capo e lo mise al corrente della situazione. Parlarono anche di altre cose. Trascorse così un'oretta durante la quale Maigret entrò in diversi uffici e s'intrattenne con vari colleghi.
Quando rientrò nel suo ufficio, i due giovani sembravano non essersi mai mossi. Erano rimasti ciascuno sulla propria sedia, a tre metri di distanza l'uno dall'altro. Il volto della ragazza aveva un'espressione dura e le sue forti mascelle ricordavano quelle della madre e delle zie.
Il suo sguardo, di tanto in tanto, si posava sul giovanotto. Era difficile dire se contenesse più odio o più disprezzo.
Jorisse dal canto suo era spossato, con gli occhi rossi dal sonno, o dal pianto.
«Siete liberi» disse semplicemente Maigret, mentre si dirigeva verso la sua poltrona.
La domanda la fece Monique:
«Finiremo sui giornali?»
«Non c'è motivo perché i giornali ne parlino.»
«Mia madre verrà a saperlo?»
«Non è indispensabile.»
«E i miei datori di lavoro?»
Quando le fece segno di no, la ragazza si alzò di scatto e si diresse alla porta senza più occuparsi di Jorisse. Con la mano sulla maniglia, si girò verso il commissario e disse:
«Ammetta di averlo fatto apposta!»
Maigret disse di sì. Poi sospirò:
«Sei libero anche tu.»
Siccome il ragazzo non fece una mossa:
«Non le corri dietro?»
La ragazza era già per le scale.
«Pensa che dovrei?»
«Cosa ti ha detto?»
«Mi ha dato dell'imbecille.»
«Tutto qui?»
«Ha aggiunto che mi vietava di rivolgerle ancora la parola.»
«Allora?»
«Niente. Non so cosa fare.»
«Puoi andare.»
«Cosa dirò ai miei genitori?»
«Quello che vorrai. Saranno talmente felici di rivederti...»
«Crede?»
Bisognò spingerlo fuori. Sembrava ci fosse ancora qualcosa che non gli andava giù.
«Va', imbecille.»
«Non sono un mascalzone, allora?»
«Sei un imbecille! Ha ragione lei.»
Girò la testa per tirar su col naso e mormorò:
«Grazie.»
Rimasto solo nell'ufficio, Maigret poté finalmente versarsi il suo bicchiere di cognac.
9. L'impazienza del giudice Coméliau
«È lei, Maigret?»
«Sì, signor giudice.»
Era la solita telefonata quotidiana e, se nell'ufficio c'era anche qualcuno dei suoi ispettori, Maigret non mancava mai di strizzargli l'occhio. Inoltre, ogni volta che parlava col magistrato, assumeva un tono particolarmente soave.
«Allora, questo caso Thouret?»
«Procede. Procede.»
«Non trova che vada un po' troppo per le lunghe?»
«Sa com'è, gli omicidi a scopo di rapina richiedono sempre un po' di tempo.»
«È sicuro che si tratti proprio di un omicidio a scopo di rapina?»
«L'ha detto lei stesso fin dal primo momento: “Salta agli occhi”.»
«Crede a ciò che racconta quel tale Schrameck?»
«Sono convinto che dica la verità.»
«In tal caso, chi avrebbe ucciso Louis Thouret?»
«Qualcuno che voleva i suoi soldi.»
«Cerchi di stringere i tempi.»
«Glielo prometto, signor giudice.»
Si dedicò, invece, ad altri due casi che gli presero la maggior parte del tempo. Tre uomini, tra cui Janvier e il giovane Lapointe, si davano però il cambio nel sorvegliare la casa di rue d'Angoulème giorno e notte, e il telefono era sempre sotto controllo.
Maigret non si occupò più né della signora Thouret, né di sua figlia e neppure di Albert Jorisse, che aveva ripreso a lavorare a tempo pieno nella libreria del boulevard Saint-Michel. Proprio come se non li avesse mai conosciuti.
Quanto ai furti nei negozi, aveva passato il dossier al collega Antoine, il quale interrogava quasi ogni giorno Jef il Clown, detto l'Acrobata. Maigret ogni tanto incontrava quest'ultimo nel corridoio.
«Come va?»
«Va bene, signor commissario.»
Faceva freddo, ma non pioveva più. L'affittacamere di rue d'Angoulème non aveva ancora trovato nuovi inquilini e due delle stanze continuavano a rimaner vuote. Le tre ragazze che abitavano ancora lì, ora che sapevano che la casa era sotto sorveglianza, non osavano più dedicarsi alle loro abituali occupazioni. Uscivano pochissimo, solo per andare in uno dei ristoranti del quartiere o per comprare qualcosa da mangiare. Di tanto in tanto una di loro andava anche al cinema.
«Cosa fanno tutto il giorno?» chiese Maigret a Janvier.
«Dormono, giocano a carte o fanno dei solitari. Ce n'è una, quella che si fa chiamare Arlette, che mi fa la lingua ogni volta che mi vede attraverso le tendine. Ieri invece ha cambiato tattica: si è girata, si è tirata su la vestaglia e mi ha mostrato il didietro.»
La squadra mobile di Marsiglia si stava occupando del coltello. Non indagava solo in città ma anche nelle località vicine. S'interessava anche a certi delinquenti che, negli ultimi mesi, erano “saliti” a Parigi.
Tutto ciò procedeva senza particolare fervore, e senza apparenti risultati. Però Maigret non aveva dimenticato il signor Louis. Gli capitò anche, trovandosi a passare per rue de Clignancourt grazie a un altro caso, di far fermare la macchina davanti al negozietto della signorina Leone e di rifornirsi di un dolce alla crema per la vecchia madre.
«Non ha scoperto niente?»
«Prima o poi troveremo il colpevole.»
Non svelò all'ex dattilografa l'attività del signor Louis.
«Si sa almeno perché è stato ucciso?»
«Per i soldi.»
«Ne aveva così tanti?»
«Guadagnava bene.»
«Poverino! Farsi ammazzare proprio quando era finalmente riuscito ad avere un buon posto!»
Non salì invece in casa del signor Saimbron, ma lo incontrò vicino al mercato dei fiori, e si scambiarono i saluti.
Una mattina, infine, gli annunciarono una chiamata da Marsiglia. Ebbe una lunga conversazione al telefono, poi salì ai Registri dove rimase quasi un'ora a scartabellare le schede. Quindi scese agli Archivi, dove non restò minor tempo.
Erano pressappoco le 11 quando salì in macchina.
«Rue d'Angoulème.»
Davanti alla casa era di guardia il giovane Lapointe.»
«Sono tutte dentro?»
«Ne è uscita una sola. Sta facendo la spesa nel quartiere.»
«Chi è?»
«Olga. La bruna.»
Maigret suonò il campanello. La tendina si mosse. Mariette Gibon, la proprietaria, venne ad aprirgli trascinando le pantofole.
«Toh! Il grande capo si disturba di persona stavolta! I suoi uomini non si sono ancora stufati di camminare su e giù per il marciapiede?»
«Arlette è di sopra?»
«Vuole che gliela chiami?»
«Grazie, preferisco salire io.»
La donna rimase nel corridoio con un'espressione inquieta mentre il commissario saliva i gradini e bussava alla porta del primo piano.
«Avanti!»
Era in accappatoio, come sempre, distesa sul letto sfatto, e leggeva un romanzo rosa.
«Lei?»
«Io» rispose, appoggiando il cappello sul comò e sedendosi su una sedia.
La ragazza sembrava sorpresa e divertita nello stesso tempo.
«Non è ancora finita questa benedetta storia?»
«Finirà quando avremo scoperto l'assassino.»
«Non l'ha ancora trovato? La credevo più in gamba. Non le dispiace, vero, se la ricevo in accappatoio?»
«Affatto.»
«Immagino ci sia abituato.»
Senza lasciare il letto, la ragazza aveva fatto una mossa che le aprì l'accappatoio. Poiché Maigret sembrava non farci caso, gli disse:
«Non le fa molto effetto!»
«Che cosa?»
«Vedere ciò che ha visto.»
Lui non si scompose e lei si spazientì. Con aria cinica, aggiunse:
«Non vuol...»
«Grazie.»
«Grazie, sì?»
«Grazie, no.»
«Bene, vecchio... E allora?»
«La diverte esser volgare?»
«Non vorrà anche sgridarmi!»
Non si era chiusa meglio l'accappatoio e si era seduta sul bordo del letto.
«Si può sapere cosa vuole da me, allora?»
«I suoi genitori credono ancora che lei lavori in avenue Matignon?»
«Cosa sta dicendo?»
«Lei ha lavorato per un anno presso Hélène et Hélène, la modista di avenue Matignon.»
«E allora?»
«Mi chiedevo solo se suo padre sa che lei ha cambiato mestiere.»
«A lei cosa interessa?»
«È un brav'uomo, suo padre.»
«È un vecchio idiota, sì...»
«Se venisse a sapere cosa fa veramente...»
«Ha intenzione di dirglielo?»
«Dipende.»
Questa volta non riuscì a nascondere l'agitazione.
«È andato a Clermont-Ferrand? Ha visto i miei genitori?»
«Non ancora...»
La ragazza si alzò e si precipitò alla porta. L'aprì bruscamente e apparve Mariette Gibon. che doveva essere stata lì con l'orecchio incollato.
«Non farti scrupoli, tu!»
«Posso entrare?»
«No. Togliti dai piedi. E se ti salta ancora in mente di venirmi a spiare...»
Maigret non si era mosso dalla sua sedia.
«Allora?» disse.
«Allora cosa?»
«Lo sa benissimo.»
«No. Voglio mettere le cose in chiaro.»
«Sono sei mesi che vive in questa casa.»
«E con ciò?»
«Lei se ne sta chiusa qui dentro quasi tutta la giornata e sa tutto quello che succede.»
«Continui.»
«C'era una persona che veniva qui regolarmente e che non ha più messo piede in questa casa dalla morte del signor Louis.»
Sembrava che le pupille di Arlette si restringessero.
Di nuovo andò alla porta, ma questa volta dietro non trovò nessuno.
«Comunque sia, quel qualcuno non veniva per me.»
«Per chi?»
«Dovrebbe saperlo. Penso che ora farei bene a vestirmi.»
«Perché?»
«Perché dopo questa conversazione sarà meglio che non mi faccia più vedere qui.»
Lasciò cadere l'accappatoio, questa volta senza cattive intenzioni, s'infilò un paio di mutandine, un reggiseno e aprì l'armadio a muro.
«Dovevo aspettarmelo che sarebbe andata a finire così.»
Parlava da sola.
«Sa che non è mica scemo, lei?»
«È il mio mestiere, arrestare i criminali.»
«L'ha arrestato?»
Aveva scelto un vestito nero e ora si stava mettendo il rossetto.
«Non ancora.»
«Sa chi è?»
«Me lo dirà lei.»
«Sembra esserne sicuro.»
Maigret tirò fuori dalla tasca il portafoglio e ne trasse la foto di un uomo d'una trentina d'anni che aveva una cicatrice sulla guancia sinistra. Lei vi diede un'occhiata e non disse una parola.
«È lui?»
«Lei sembra crederlo.»
«Mi sbaglio?»
«Dove vado in attesa che lei lo arresti?»
«In qualche posto dove uno dei miei ispettori si prenderà cura di lei.»
«Quale?»
«Quale preferisce?»
«Quello bruno con tanti capelli.»
«L'ispettore Lapointe.»
Ritornando alla foto, Maigret chiese:
«Cosa sa di Marco?»
«Che è l'amante della padrona di casa. Ritiene indispensabile parlarne qui?»
«Dov'è ora?»
Senza rispondergli, la ragazza metteva alla rinfusa nella valigia i vestiti e tutte le sue cose, come se avesse una gran fretta di andarsene.
«Continueremo a parlare fuori di qui.»
E poiché il commissario si era chinato a prendere la valigia:
«Toh! Sa anche essere galante!»
La porta del salotto, di sotto, era aperta. Mariette Gibon era in piedi appoggiata allo stipite della porta, immobile, coi lineamenti tesi e l'espressione ansiosa.
«Dove vai?»
«Devo seguire il commissario.»
«L'arresta?»
Non osò dire nient'altro. Li guardò andare via, poi andò alla finestra e scostò la tendina. Maigret mise la valigia in macchina e disse a Lapointe:
«Manderò qualcuno a darti il cambio. Non appena arriverà, raggiungici alla Brasserie de la République.»
«D'accordo, capo.»
Il commissario diede istruzioni all'autista senza salire in macchina.
«Venga.»
«Alla Brasserie de la République?»
«Aspetteremo lì.»
Era a due passi. Si sedettero a un tavolino in fondo.
«Devo fare una telefonata. Meglio che non provi ad andarsene.»
«Capito.»
Chiamò il Quai e diede alcune istruzioni a Torrence. Quando tornò al tavolo ordinò due aperitivi.
«Dov'è Marco?»
«Non lo so. Quando lei è venuto la prima volta, la padrona ha voluto che gli telefonassi per dirgli di non chiamare né farsi vedere fino a nuovo ordine.»
«Quando ha fatto questa telefonata?»
«Mezz'ora dopo che eravate usciti, da un ristorante del boulevard Voltaire.»
«Gli ha parlato personalmente?»
«No. Ho telefonato a un cameriere del bar di rue Douai.».
«Come si chiama?»
«Felix.»
«E il bar?»
«Poker d'Assi.»
«La donna non ha più avuto notizie di lui?»
«No. È disperata. Si rende conto di avere vent'anni più di lui e pensa sempre che vada con ragazze più giovani.»
«È lui che ha i soldi?»
«Non lo so. So solo che quel giorno era venuto a casa.»
«Quale giorno?»
«Il lunedì in cui il signor Louis è stato ucciso.»
«A che ora?»
«Verso le cinque. Si sono chiusi nella stanza della padrona.»
«E questa è andata nella camera del signor Louis?»
«Può darsi. Non ci ho fatto caso. Marco è andato via dopo circa un'ora. Ho sentito sbattere la porta.»
«Non ha cercato di dargli notizie tramite una di voi?»
«Temeva che fossimo seguite.»
«Sospettava che il telefono fosse sotto controllo?»
«Ha capito la storia della pipa. È furba. A me non piace molto ma è una povera donna. È pazza di lui. Ne ha fatto una malattia.»
Il giovane Lapointe li trovò che chiacchieravano tranquillamente al tavolino del caffè.
«Cosa prendi?»
Lapointe non osava neppure guardare la ragazza. Lei, invece, lo fissava sorridendo.
«Quello che avete preso voi.»
«La porterai in un albergo tranquillo dove ci siano due camere comunicanti. Resterai lì anche tu finché non ti darò nuovi ordini. Appena sarai sistemato, telefonami per dirmi dove sei. Non occorre andar lontano. Troverai quasi di sicuro delle camere all'Hotel Moderne, qui di fronte. È meglio che lei non veda nessuno e che mangi in camera.»
Quando uscirono, sembrava che fosse piuttosto lei a doversi prendere cura di lui.
La faccenda andò avanti ancora per due giorni. Qualcuno, non si seppe mai chi - doveva aver avvertito Felix, il cameriere del bar di rue Douai, il quale si era nascosto in casa di un amico. Venne rintracciato solo la sera del giorno dopo.
Ci volle gran parte della notte per fargli confessare di conoscere Marco e per riuscire a sapere l'indirizzo di quest'ultimo.
Marco aveva lasciato Parigi per nascondersi in un alberghetto di pescatori in riva alla Senna dove, in quel periodo dell'anno, era l'unico cliente.
Prima di venir arrestato, trovò il tempo di sparare due volte, senza però colpire nessuno. Portava i soldi rubati al signor Louis in una cintura che Manette Gibon doveva aver cucito per lui.
«È lei, Maigret?»
«Sì, signor giudice.»
«Allora, il caso Thouret?»
«Concluso. Le mando il colpevole e la sua complice tra poco.»
«Chi è? Si trattava proprio di un omicidio a scopo di rapina?»
«Uno dei più tipici. Lei è tenutaria di una casa equivoca e il suo amante un duro di Marsiglia. Il signor Louis ha commesso l'ingenuità di nascondere il suo gruzzolo sopra l'armadio a specchio e...»
«Come, come?»
«... bisognava impedire che si accorgesse che il denaro non c'era più. Marco se n'è incaricato. È stato rintracciato il negoziante che ha venduto il coltello. Avrà il mio rapporto entro stasera...»
Era la cosa più seccante. Maigret vi lavorò tutto il pomeriggio, con la lingua tra le labbra, come uno scolaretto.
La sera, aveva già finito di cenare quando si ricordò di Arlette e del giovane Lapointe.
«Acc... Mi son dimenticato di...!» esclamò.
«È grave?» chiese la signora Maigret.
«Non credo sia molto grave. Ormai è tardi, tanto vale aspettare domattina... Andiamo a dormire?»
Revisione e ipertesto da Bandinotto (maggio 2014)