1.

«Si segga, signorina» sospirò Maigret togliendosi a malincuore la pipa di bocca.

E diede un'occhiata al biglietto del magistrato: "Affare di famiglia.

Ascoltare Cécile Ledru, ma non agire che con la massima circospezione".

Questo succedeva a Caen, all'epoca in cui Maigret era stato mandato laggiù per riorganizzare la brigata mobile. Non era ancora abituato a quella provincia aspra e segreta e vi si sentiva le mani molto meno libere che nel suo ufficio del Quai des Orfèvres. Anche quella annotazione lo sconcertava: "Affare di famiglia... la massima circospezione..." Significava che sarebbe finito, una volta di più, nella famiglia di qualche alto funzionario o di qualche personaggio importante della regione? Inaudito quanti cugini, cognati e cognate finiti male avesse la gente nei paesi!

«L'ascolto, signorina Ledru.»

Aveva un aspetto decoroso, la signorina Cécile, favorito, bisogna dire, da un vestito nero che poetizzava il suo colorito pallido e opaco.

«La sua età?»

«Ventotto anni.»

«Professione?»

«Suppongo che sia meglio spiegarle tutto affinché capisca la mia situazione. Ero orfana e ho debuttato nella vita, a quindici anni, come domestica tuttofare. Avevo ancora i capelli sulle spalle e non sapevo né leggere, né scrivere...»

Era una rivelazione stupefacente, perché la persona che il commissario aveva di fronte possedeva un'aria di distinzione notevole.

«Continui, la prego...»

«La sorte mi ha portato in casa della signora Croizier, a Bayeux. Ne ha sentito parlare?»

«Confesso di no.»

Sono tutti uguali in provincia, immaginano che i loro personaggi locali siano conosciuti dal mondo intero!

«Le parlerò dopo di lei. Sappia intanto che si è affezionata a me e che mi ha fatto studiare. In seguito mi ha tenuto presso di sé a titolo di damigella di compagnia e voleva che la chiamassi zia

Joséphine...»

«Dunque, lei abita a Bayeux con la signora Joséphine Croizier?»

Gli occhi della ragazza si velarono di lacrime e dovette ricorrere al fazzoletto per asciugarle. «Tutto ciò appartiene al passato» disse sospirando. «La zia Joséphine è morta ieri, qui a Caen, ed è per dirle che è stata assassinata che...» «Un momento! E' sicura che la signora Croizier sia stata assassinata?» «Ci metterei la mano sul fuoco.» «Era presente?» «No!» «Qualcuno gliel'ha detto?» «Mia zia stessa!» «Come! Sua zia ha detto di essere stata assassinata?» «La prego, signor commissario... Non mi prenda per pazza... So quello che dico... Mia zia mi ha ripetuto molte volte che, se le capitava una disgrazia nella casa di rue des Récollets, il mio primo pensiero doveva essere di esigere un'inchiesta...» «Un momento! Di chi è questa casa di rue des Récollets?» «E' la casa di suo nipote, Philippe Deligeard... La zia Joséphine era venuta a passare qualche settimana a Caen per farsi curare i denti perché, a sessantotto anni, cominciava appena a soffrirne... Era andata a stare in casa del nipote e io ero rimasta a Bayeux perché Philippe non mi può vedere.» Su un foglio di carta, Maigret annotò: "Philippe Deligeard". «Che età ha questo nipote?» «Quarantaquattro o quarantacinque anni...» «Professione?» «Nessuna. Aveva un patrimonio, quello della moglie, ma credo che da molti anni questo patrimonio non esista più che allo stato di ricordo. La famiglia seguita ugualmente a abitare in una bella palazzina, in rue des Récollets, ad avere cuoca, cameriere e autista. Philippe è venuto molte volte a Bayeux per supplicare la zia di prestargli del denaro.» «E lei gliene ha prestato?» «Mai! Rispondeva al nipote che doveva solo avere pazienza e aspettare la sua morte...» Mentre la ragazza parlava, Maigret mandava a mente un piccolo riassunto fatto a modo suo. Anzitutto, a Bayeux, in una di quelle strade tranquille che sono vicine alla cattedrale e in cui il rumore dei passi smuove tutte le tende delle finestre, abitava la signora Joséphine Croizier, vedova di Justin Croizier. La storia del suo patrimonio era ad un tempo macabra e buffa. Croizier, semplice giovane di studio presso un avvocato quando si era sposato, era maniaco e la sua mania era quella delle assicurazioni. Passava il tempo firmando polizze con tutte le compagnie possibili e immaginabili e tutti lo prendevano in giro per questo. Una volta, una sola, si era imbarcato per Southampton. Il mare era mosso. Una rollata, per mala sorte, aveva sbattuto Croizier contro il parapetto della nave in modo tale da spaccargli la testa e la sua vedova, poco dopo, aveva riscosso, stupita, un milione da diverse compagnie di assicurazione. Da allora, l'unica distrazione di Joséphine Croizier, nella sua tetra casa di Bayeux, era stata di amministrare quel denaro, che era aumentato, e di chiacchierare per pomeriggi interi con Cécile

Ledru, la sua protetta. La gente sosteneva che il milione di un tempo aveva prolificato e che, grazie a degli investimenti fortunati, Joséphine Croizier era in possesso di quattro o cinque milioni.

Philippe Deligeard, figlio di sua sorella, aveva invece debuttato fastosamente, sposando la figlia di un ricco mercante di cavalli.

Aveva ammobiliato una magnifica palazzina e la sua casa era giudicata una delle migliori di Caen. Al contrario della zia, aveva fatto alcuni investimenti svantaggiosi e, secondo le voci che correvano, erano già tre o quattro anni che viveva solo sul credito prendendo in prestito dagli usurai delle somme sulla futura eredità di sua zia.

«Insomma, signorina Cécile, non c'è altra base seria alla sua accusa, se non che Philippe aveva bisogno di denaro e che la morte di sua zia gliene procurava?»

«Le ho già detto che la stessa signora Croizier ha sempre sostenuto che, se fosse morta in rue des Récollets...»

«Mi scusi, ma deve sapere quello che valgono questi timori di vecchie signore... Vuole, adesso, mettermi al corrente dei fatti propriamente detti?»

«Mia zia è morta ieri, verso le cinque del pomeriggio. Si cerca di sostenere che è morta per una crisi cardiaca.»

«Aveva una malattia di cuore?»

«Come tutti! Non al punto da morirne...»

«Lei era a Bayeux in quel momento?»

Sembrò a Maigret, ma forse era solo un'impressione, che la ragazza avesse una breve esitazione.

«No... ero a Caen...»

«Credevo che non avesse accompagnato Joséphine Croizier...»

«E' esatto... Ma con l'autobus c'è appena una mezz'ora di strada tra

Caen e Bayeux... Ero venuta a fare degli acquisti...»

«E non ha cercato di vedere sua zia?»

«Sono passata da rue des Récollets...»

«A che ora?»

«Verso le quattro... Mi hanno risposto che la signora Croizier era uscita...»

«Chi le ha dato questa risposta?»

«Il cameriere...»

«Dopo aver consultato i suoi padroni?»

«No! Di testa sua.»

«Dunque bisogna credere che fosse la verità o che gli avessero dato in anticipo delle istruzioni.»

«E' quello che ho pensato.»

«Dove è andata poi?»

«In città. Avevo un mucchio di piccole commissioni da fare... Poi sono tornata a Bayeux e, stamattina, sul giornale di Caen che riceviamo, ho saputo che mia zia era morta...»

«Strano...»

«Come dice?»

«Dico che è strano. Alle quattro del pomeriggio, quando si presenta in rue des Récollets le annunciano che sua zia è uscita. Torna a Bayeux e, l'indomani mattina viene a sapere dal giornale che essa è morta solo pochi minuti, un'ora al massimo, dopo la sua visita... E' esatto che lei ha sporto denuncia, signorina Cécile?», domandò.

«Sì, signor commissario. Non sono ricca, ma darò il poco che possiedo perché si scopra la verità e si puniscano i colpevoli...»

«Un momento! Poiché parla della sua situazione finanziaria, posso chiederle se conta di ereditare da Joséphine Croizier?»

«Sono sicura che non erediterò perché sono stata io che ho redatto il testamento e ho formalmente rifiutato qualsiasi somma. Altrimenti, nessuno avrebbe creduto al mio disinteresse, durante gli anni che ho dedicato alla mia benefattrice...»

Era quasi troppo perfetta. Per quanto la osservasse, Maigret non trovava un punto debole.

«Perciò è senza un soldo?»

«Non ho detto questo, signor commissario. La signora Croizier mi pagava come damigella di compagnia. Dato che non avevo spese, ho potuto mettere da parte una discreta somma... Questa somma, se è necessario, la spenderò completamente perché mia zia sia vendicata...»

«Permette ancora una domanda? Philippe è l'erede, vero? Supponendo che sia provato che ha ucciso sua zia, non può più ereditare. Che ne sarà di quei milioni?»

«Andranno alle "Opere per la protezione della giovane" oppure ad altre opere di carità.»

«La signora Croizier si interessava a questa specie di beneficenza?»

«Aveva pietà delle ragazze e conosceva i pericoli che le circondano...»

«Era molto virtuosa?»

Cécile esitò un momento, rifletté:

«Sì!»

«Un po' maniaca, in proposito?»

«Quasi...»

«La ringrazio, signorina.»

«Aprirà un'inchiesta, vero?»

«Prenderò informazioni e se sarà il caso... Piuttosto dove posso rintracciarla?»

«Nei due giorni che precederanno le esequie, che avranno luogo a Caen, passerò la maggior parte del mio tempo nella camera ardente, in rue des Récollets...»

«Nonostante la presenza di Philippe?»

«Non ci rivolgiamo la parola e non metto piede nel resto nella casa.

Piango e prego... La notte dormo all'albergo Saint-Georges...»

Maigret finiva di fumare la sua pipa guardando con occhi curiosi la grande casa grigia, il portone col battente di rame, il cortile d'onore con i candelabri di bronzo. Era quello che lui chiamava un affare senza pipa, cioè, in altre parole un'inchiesta che si svolgeva in luoghi in cui il commissario non poteva tenere in bocca la pipa.

Era per questo che fumava ancora un po', prima di entrare, osservando la gente che andava e veniva, signore in nero, signori correttissimi, tutta l'alta borghesia di Caen, insomma, che si recava a presentare le sue condoglianze.

«Ci sarà da divertirsi!» sospirò il commissario, scuotendo infine il fornello della pipa sul tacco della scarpa. Ed entrò, come gli altri, passò davanti al vassoio d'argento pieno di biglietti da visita, arrivò in fondo a un corridoio col pavimento azzurro e bianco e, al di là di una grande porta parata a lutto, scorse la camera ardente, la bara circondata di fiori e di ceri, delle figure nere, in piedi o inginocchiate. Bastava l'odore di cera bruciata e di crisantemi a far penetrare nell'ambiente, insieme ai mormorii, ai fazzoletti con cui i presenti si premevano le narici, a quell'aria di grande dignità che la gente prende soltanto davanti alla Morte e alla Giustizia... C'era anche Cécile Ledru, in un angolo, su un inginocchiatoio, il viso coperto da un velo di crespo abbastanza sottile perché si potessero distinguere i suoi lineamenti regolari e le sue labbra si muovevano mentre le dita sgranavano un rosario di giada. Un uomo, anche lui tutto in nero, con gli occhi rossi, il viso irregolare, guardava Maigret con l'aria di domandargli cosa veniva a fare e il commissario gli si avvicinò. «Il signor Philippe Deligeard, immagino? Commissario Maigret. Se volesse accordarmi un breve colloquio...» Maigret ebbe l'impressione che il suo interlocutore lanciasse una brutta occhiata alla ragazza prima di uscire dalla stanza parata a lutto. «Voglia seguirmi, signore. Il mio studio è al primo piano...» La scala era di marmo con una bellissima ringhiera di ferro battuto. Alla parete del pianerottolo, un vero Aubusson, poi uno studio impero molto vasto, con tre finestre affacciate su un parco che non ci si aspettava di trovare, così grande, in piena città. «Si segga, prego. Immagino che quella ragazza continui le sue manovre e che sia a lei che devo la sua visita?» «Parla della signorina Cécile Ledru?» «Parlo difatti di quell'intrigante di bassa condizione che, per un certo periodo di tempo, era riuscita ad avere un funesto ascendente su mia zia... Un sigaro?» «No, grazie... Ha detto per un certo periodo di tempo... Devo capire che questo ascendente non è durato?» Maigret non aveva bisogno di esaminare Philippe Deligeard che, sia pure in lutto, era vestito con ricercatezza. Era esattamente il tipo che si incontra in tutte le città di provincia, il tipo del grosso ricco borghese, sempre aggiornato, che fa gran vita, che tiene soprattutto al decoro, a certi particolari nel vestire, a certi modi di parlare e di comportarsi che lo distinguono dai comuni mortali. «Capisce, signor commissario, come sia per me estremamente penoso, e anche estremamente sgradevole, ricevere in momenti tanto dolorosi, la visita di un poliziotto. Tuttavia risponderò alle sue domande, perché voglio che questa storia sia chiarita e che Cécile riceva la punizione che merita...» «Cioè?» «Come ha già capito, e la sua precedente domanda me lo prova, la mia povera zia non è stata vittima fino all'ultimo delle maniere insinuanti di quella ragazza e della sua famosa devozione disinteressata. E' così vero che, quando è venuta a passare un mese da noi, le abbiamo proposto, per non cambiare niente nelle sue abitudini, di ospitare anche la sua damigella di compagnia, perché la casa è abbastanza grande... Ma la mia povera zia ha rifiutato, confidandoci che ne aveva abbastanza di quella ragazza e che cercava un mezzo per liberarsene. Temeva soltanto, agendo troppo brutalmente, di provocare una vendetta di Cécile...»

Maigret non riuscì a trattenersi! Preso dall'ambiente, mormorò con un'ironia che l'altro non capì:

«Come è falso e cattivo il mondo!»

«Dicevo dunque che, prima o poi, mia zia si sarebbe separata da quella creatura che ha cercato invano di metterci in urto...»

«Ha fatto questo?»

«Sostenendo, tra l'altro, che avevo delle amanti... Siamo tra uomini, commissario... Alla mia età e nella mia posizione ammetterà che è naturale che... Discretamente, è sottinteso... Da uomo di mondo...

Evidentemente, la mia povera zia, infatuata di virtù, non poteva capirlo... Ci sono poi dei particolari di cui è inutile parlare con le persone di una certa età...»

«Cécile lo ha fatto?»

«Altrimenti, mia zia come l'avrebbe saputo? D'altronde, è stata una cattiva manovra da parte di quella perfida ragazza, perché tutto questo si è rivolto contro di lei. Quando mia zia Joséphine ha saputo che la sua casta damigella di compagnia riceveva sotto il suo tetto, di nascosto, un giovanotto di cui il meno che si possa dire è che la sua famiglia non è molto onorata...»

«Cécile aveva un amante?»

O l'indignazione di Maigret era reale, o era ammirevolmente imitata.

E' vero che ne approfittò per prendere di tasca la sua pipa con aria perfettamente innocente, come se dimenticasse la casa lussuosa in cui si trovava e i sigari avana che aspettavano sul tavolo.

«Da due anni! Sono due anni che sono amanti e che si vedono quasi ogni notte. Lui si chiama Jacques Mercier. Si occupa di una ditta di trasporti con un amico, ma bisogna dire che i suoi genitori sono falliti da alcuni anni...»

«C'è da crederlo! E l'ha detto a sua zia?»

«Naturalmente... Perché non dovevo dirglielo?... Non era mio dovere?...»

«Evidentemente...»

«Così mia zia era decisa a mettere alla porta Cécile... Ancora una volta, soltanto la paura di una vendetta la tratteneva... E' per questo che avevo proposto a mia zia di ospitarla d'ora innanzi in casa nostra... Avrei messo a sua disposizione tutto il secondo piano...»

«Quando sono state discusse queste questioni?»

«Ma... ancora l'altro ieri...»

«E la decisione era stata presa?»

«Non formalmente... Cominciava a essere ammesso il principio...»

«Suppongo che, tuttavia, non accusi Cécile di aver ucciso sua zia?»

Philippe alzò bruscamente verso Maigret un viso sconvolto.

«Ma... mia zia non è stata uccisa!... Bisogna che questa ragazza sia pazza e viziosa per aver raccontato simili fandonie... Mia zia è morta di una crisi cardiaca e il medico dello stato civile lo ha espressamente riconosciuto... Non vedo come...»

«Insomma, lei non accusa Cécile di aver ucciso sua zia?»

«L'accuserei se non fossi sicuro che mia zia è morta di morte naturale... Piuttosto se questa ragazza continuerà a divulgare tali chiacchiere sul nostro conto, mi vedrò costretto a sporgere querela contro di lei per calunnia.»

«Una domanda, signor Deligeard... Sua zia è morta verso le cinque, vero?»

«Le cinque e pochi minuti, sì... E' stata mia moglie a dirmelo, perché personalmente ero assente...»

«Benissimo... Ora, verso le quattro, la signora Joséphine Croizier non era in casa?», chiese.

«Ogni giorno, alle quattro, aveva appuntamento dal suo dentista, perché si trattava di un lungo lavoro di protesi...»

«Sa a che ora è tornata a casa, sua zia?»

«Me l'hanno detto... Circa verso le cinque... E' stato quasi subito dopo il suo arrivo che la crisi l'ha colta ed è morta senza avere il tempo di prendere disposizioni...»

«La crisi ha avuto luogo nella sua stanza?»

«Sì... La stanza Luigi Quattordicesimo del secondo piano...»

«Sua moglie era lassù?»

«Mia moglie è salita poco dopo, nel momento in cui mia zia apriva la porta per chiamare aiuto...»

«Posso chiederle dove era?»

«Suppongo, commissario, che non si tratti di un interrogatorio, perché non lo sopporterei.»

«No, si tratta, invece, di rispondere a quella audace ragazza che...»

«Dovevo essere al mio circolo... Generalmente esco di casa alle quattro e mezzo o cinque meno un quarto, a piedi, per fare un po' di esercizio... Attraverso così una parte della città... Verso le cinque faccio un bridge e alle sette e mezzo la macchina viene a riprendermi per la cena...»

«E' stato avvertito al circolo da una telefonata?»

«E' proprio così...»

«E quando è arrivato?...»

«Mia zia era morta e il medico era già presente...»

«Il medico di famiglia?»

«No! Abita troppo lontano e mia moglie aveva chiamato un dottore che abita nei dintorni e che non ha potuto far niente...»

«Ha un figlio?»

«Gérard, sì, che ha vent'anni e segue gli studi commerciali superiori... All'ora della morte, doveva essere al corso o in qualche caffè della città... E' l'età... I giovani di oggi non capiscono che il posto di un uomo di mondo è al circolo e non in un locale aperto a chiunque...»

«I domestici?»

«Arsène, l'autista, era in permesso... Il cameriere, nel pomeriggio, non lascia mai il suo posto al pianterreno. Quanto alla cuoca, suppongo che, come indica il suo nome, fosse in cucina... C'è ancora qualcosa che vuole sapere, commissario?... Devo ricevere chi viene a presentarmi le condoglianze e aspetto da un momento all'altro il presidente del tribunale che è anche presidente del mio circolo...

Avverta quella ragazza, credo che sia la cosa migliore che possa fare!... Se continuerà con le chiacchiere, la farò arrestare...» Philippe Deligeard doveva domandarsi che cosa, in un simile momento, poteva far nascere uno strano sorriso sulle labbra di Maigret. La ragione era che, da qualche minuto, il commissario aveva lo sguardo fisso su uno specchio che si trovava sopra il caminetto. In questo specchio, vedeva una porta, mascherata da una tenda. Già molte volte quella tenda si era mossa. Una volta, il commissario aveva scorto un viso pallido di donna ed era persuaso che si trattasse della signora Deligeard. Aveva sentito quello che il marito confessava a proposito della necessità, per un uomo di mondo, di avventure tanto discrete che galanti? «La saluto, commissario... Voglio credere che dopo le spiegazioni che mi sono dato la pena di fornirle, il mio lutto non sarà più turbato da questa sciocca e indecente storia... Il cameriere l'accompagnerà...» Philippe suonò, si limitò a un saluto secco all'indirizzo del commissario, si diresse dignitosamente verso la famosa tenda dietro la quale si udì del rumore. Un quarto d'ora dopo, Maigret era dal procuratore della Repubblica: un Maigret placido e ironico che rigirava la pipa in tasca, perché il procuratore di Caen non era tipo da lasciar fumare nella sua stanza. «Allora! Ha ascoltato quella signorina?» «Sono andato anche sul posto.» «Il suo parere? Delle chiacchiere, vero?» «Ho l'impressione, al contrario, che quella brava vecchia di Joséphine Croizier sia stata aiutata a morire... Ma da chi?... Ecco la domanda... E c'è un'altra domanda, che mi pongo: "Ci tiene che si sappia?".»