V

 

 

8 maggio 1945

Siamo scesi a St' James's Park, per vedere come celebrassero il Giorno della Vittoria Europea. C'era grande tranquillità vicino alle acque illuminate dai riflettori, tra le Guardie a cavallo e il Palazzo. Nessuno che gridasse, cantasse o fosse brillo. La gente era seduta sull'erba a coppie, tenendosi per mano. Ritengo che fossero contenti perché si era alla pace e non vi erano più bombe. Io dissi a Henry: "Non mi piace la pace".

"Mi domando: dove sarò distaccato dal Ministero della Sicurezza Nazionale?"

"Al Ministero delle Informazioni?" chiesi io cercando di parere interessata.

"No, no, non accetterei. E' pieno di impiegati avventizi. Cosa diresti del Ministero dell'Interno?"

"Qualunque cosa che faccia piacere a te, Henry" dissi. Poi la Famiglia Reale si presentò al balcone e la folla cantò molto decorosamente. Non erano condottieri come Hitler, Stalin, Churchill, Roosevelt: non erano che una famiglia che non aveva torto un capello a nessuno. Ho desiderato avere Maurice accanto a me. Ho desiderato ricominciare. Anch'io desideravo far parte di una famiglia.

"Molto commovente, vero" disse Henry. "Beh, ora possiam tutti dormire tranquilli la notte"; come se non avessimo mai fatto altro la notte che dormire tranquilli.

16 settembre 1945

Bisogna che sia ragionevole. Due giorni fa mentre stavo vuotando la mia vecchia borsa - Henry me ne ha regalato di punto in bianco una nuova come "regalo della pace": dev'essergli costata un occhio - ci ho trovato un biglietto con scritto: "Richard Smythe, 16 Cedar Road, 4-6 ogni giorno, per consigli riservati. Tutti sono benvenuti". Ho pensato: mi son trascinata abbastanza a lungo in giro. Ora prenderò una medicina diversa. Se costui potrà persuadermi che nulla è accaduto, che la mia promessa non conta, scriverò a Maurice e gli chiederò se vuole ricominciare. Forse lascerò perfino Henry. Non so. Ma prima debbo essere ragionevole. Non voglio più essere isterica. Voglio essere ragionevole. Così uscii e suonai il campanello di Cedar Road. Sto cercando ora di riandare quanto è successo. La signorina Smythe ha preparato il tè e dopo il tè è uscita, e mi ha lasciata sola con suo fratello. Egli mi ha chiesto quali fossero le mie preoccupazioni. Ero seduta su una poltrona di chintz, e lui su una poltrona piuttosto rigida, con un gatto sulle ginocchia. Accarezzava il gatto, e aveva mani piuttosto belle che non mi piacevano. Quasi quasi mi piaceva di più la voglia di fragola, ma aveva scelto di stare a sedere in modo da mostrarmi soltanto la guancia sana.

Dissi: "Vorreste dirmi perché siete così sicuro che Dio non esista?".

Egli fissò le proprie mani che accarezzavano il gatto, e io provai compassione per lui perché era orgoglioso delle proprie mani. Se il suo viso non fosse stato marcato a quel modo, forse non avrebbe avuto nessun orgoglio.

"Mi avete sentito parlare sul Common?"

"Sì" risposi.

"Debbo mettere le cose in maniera molto semplice lì. Per stuzzicare la gente a pensare per conto proprio. Voi avete cominciato a pensare per conto vostro?"

"Riterrei di sì."

"In quale chiesa siete stata allevata?"

"In nessuna."

"Cosicché non siete cristiana?"

"Può darsi che sia stata battezzata: è una convenzione sociale, no?"

"Se non avete nessuna fede, perché cercate il mio aiuto?"

"Infatti, perché?" Non potevo raccontargli di Maurice sotto il portone, e della mia promessa. Almeno non ancora. E questo non era il tutto, perché quante mai promesse non ho fatto e trasgredito in tutta una vita. Perché doveva rimanere quella, come un brutto vaso regalato da un amico che si aspetta che una domestica vi rompa, e invece anno dopo anno quella continua a rompervi le cose di valore, mentre il brutto vaso rimane? Non avevo veramente mai affrontato quella sua domanda, e ora me la dovette ripetere.

Dissi: "Non sono sicura di non credere. Ma non lo desidero".

"Raccontatemi" disse lui, e perché aveva dimenticato la bellezza delle proprie mani e mi aveva voltato la sua brutta guancia macchiata, dimenticandosi nel desiderio di aiutare, mi trovai a raccontare di quella notte e della bomba caduta e di quello stupido voto.

"E voi credete davvero" disse lui "che forse..."

"Sì."

"Pensate alle migliaia di creature per tutto il mondo che ora pregano, mentre le loro preghiere restano senza risposta."

"Vi erano migliaia di persone che morivano in Palestina quando Lazzaro..."

"Ma noi non ci crediamo a cotesta storia, non vi pare, voi ed io?" disse con una specie di complicità.

"Certamente no, ma milioni di persone ci han creduto. Debbono aver pensato che fosse ragionevole..."

"La gente non domanda che una cosa sia ragionevole, quando sono messe in gioco le sue emozioni. Gli amanti non sono ragionevoli, non vi pare?"

"Siete in grado di liquidare anche l'amore?" chiesi io.

"Ma sì" disse lui. "Desiderio di possesso in alcuni, analogo all'avarizia; in altri desiderio di sottomettersi, perdere il senso della responsabilità; passione di essere ammirati. A volte puro desiderio di potersi confidare, sfogarsi con qualcuno che non si mostrerà seccato. Desiderio di trovare un padre o una madre. E naturalmente, sotto tutto ciò, il motivo biologico."

Trovai che tutto era vero, ma non vi era qualcosa al disopra? Ho scavato tutto ciò in me stessa, e anche in Maurice, ma ancora la vanga non ha toccato roccia. "E l'amore di Dio?" gli chiesi.

"E' l'identica cosa. Dio ha creato l'uomo a propria immagine, quindi è naturale che lo ami. Conoscete quegli specchi deformatori delle fiere. Anche l'uomo si è creato uno specchio, che lo abbellisce, in cui si vede amabile, potente, giusto e saggio. E' la sua idea di se stesso. Egli si riconosce più facilmente che non nello specchio deformatore che lo fa unicamente ridere, ma quanto ama se stesso in quell'altro!"

Quando parlò di specchi deformatori o abbellitori, non potei più ricordarmi di cosa trattassimo, dal pensiero di quante volte dall'adolescenza in poi doveva essersi guardato negli specchi lui, cercando di farsi abbellire e non deformare, semplicemente col modo di portare il capo. Mi domandai perché non si fosse fatta crescere la barba abbastanza lunga da nascondere la macchia; non crescevano i peli, o era perché odiava l'inganno? Avevo l'impressione che fosse un uomo che amasse veramente la verità, ma eccoti di nuovo quella parola "amore" e non era che troppo ovvio in quanti desideri il suo amore per la verità potesse essere sezionato. Un compenso per l'offesa inflittagli con la nascita, il desiderio di potenza, la brama di essere ammirato, più ancora, perché quel povero viso spiritato non avrebbe mai potuto ispirare desiderio fisico. Provai un immenso desiderio di toccarlo con la mia mano, di consolarlo con parole d'amore permanenti quanto quella ferita. Fu come quando avevo visto Maurice sotto il portone, provavo il bisogno di pregare: offrire qualche insolito sacrificio purché potesse essere risanato, ma ora non mi era più rimasto nessun sacrificio da offrire.

"Mia cara" disse lui "lasciate fuori l'idea di Dio da tutto ciò. Non si tratta che di un problema tra il vostro amante e vostro marito. Non confondete le cose con i fantasmi."

"Ma come posso decidere, se non esiste quel che si chiama amore?"

"Dovete decidervi su ciò che a lungo andare darebbe la maggior felicità."

"Credete nella felicità?"

"Non credo in nulla di assoluto."

Pensai che l'unica felicità cui mai potesse aspirare era quella: l'idea di poter confortare, consigliare, aiutare, l'idea di poter essere utile. Essa lo spingeva ogni settimana al Common, per parlare a gente che andava via, che non faceva mai una domanda, che lasciava cadere i suoi biglietti sull'erba. Quanto spesso gli veniva qualcuno, come c'ero andata io quel giorno? Glielo chiesi: "Avete molti visitatori?".

"No" disse. Il suo amore della verità era maggiore del suo orgoglio. "Siete la prima da molto tempo."

"Mi ha fatto bene parlare con voi" dissi io. "Mi avete schiarito non poco la mente." Era l'unico conforto che gli si potesse dare: nutrire la sua illusione. Disse timidamente: "Se aveste del tempo d'avanzo, potremmo veramente cominciare dai primi principi e andare in fondo alle cose. Intendo alludere agli argomenti filosofici e alla prova storica".

Ritengo di aver dato qualche risposta evasiva perché egli continuò: "E' veramente importante. Non dobbiamo disprezzare i nostri nemici. Hanno le loro buone ragioni".

"Credete?"

"Non sono buone ragioni che superficialmente. Sono speciose."

Mi guardava con ansietà. Credo che stesse domandandosi se ero una di quelle che se la battevano. Mi parve fosse chiedere una piccola cosa quando mi disse nervosamente: "Un'ora la settimana. Vi aiuterebbe immensamente" ed io pensai: non ho tutto il tempo che voglio, ora? Posso leggere un libro o andare al cine, eppure non capisco le parole, né ricordo il film. Me stessa e la mia infelicità martellano negli orecchi e mi riempiono gli occhi. Per un momento quel pomeriggio mi ero dimenticata. "Sì, verrò. E' molto gentile da parte vostra concedermi il vostro tempo" dissi, versando tutta la speranza possibile nel suo grembo, pregando quel Dio del quale mi stava promettendo di guarirmi: lascia che gli possa essere utile.

2 ottobre 1945

Faceva molto caldo oggi e piovigginava. Così son entrata nella cupa chiesa all'angolo di Park Road per sedermi un momento. Henry era in casa e non lo volevo vedere. Cerco di ricordarmi di essere gentile a colazione, gentile a desinare, quando è in casa, gentile a cena, e qualche volta dimentico, e lui mi ricambia la gentilezza. Due persone gentili l'una all'altra per tutta una vita. Quando mi trovai dentro e mi misi a sedere e mi guardai intorno, mi accorsi che era una chiesa cattolica piena di statue di gesso e di brutta arte realistica. Io detestavo le statue, il crocifisso, tutta quell'enfasi sul corpo umano. Cercavo di evadere dal corpo umano con tutte le sue necessità. Pensavo di poter credere in qualche specie di Dio che non avesse nessuna relazione, con noi stessi, in qualcosa di vago, amorfo, cosmico, al quale avevo promesso qualche cosa e che mi aveva dato qualcosa in cambio; qualcosa che si stendeva fuori del vago, entro la concreta vita umana, come una potente esalazione che si muovesse tra le panche ed i muri. Un giorno, anch'io sarei diventata parte di quella esalazione, sarei stata liberata da me stessa per sempre; e così ero entrata in quella cupa chiesa di Park Road e vedevo i corpi che mi stavano intorno su tutti gli altari, le orribili statue di gesso con quei loro visi compiaciuti, e mi son ricordata che credevano nella resurrezione del corpo, quel corpo che io volevo distruggere per sempre. Avevo fatto tanto male con quel corpo. Come avrei potuto desiderare di conservarlo per l'eternità? E ad un tratto ricordai una frase di Richard, sul fatto che gli esseri umani inventano delle dottrine per giustificare i propri desideri, e pensai quanto aveva torto. Se io dovessi inventare una dottrina, sarebbe quella che il corpo non potesse mai più rinascere, che si putrefacesse con i vermi dell'anno passato. E' strano come la mente umana oscilli avanti e indietro da un estremo all'altro. La verità si trova a qualche punto dell'oscillazione del pendolo, a un punto dove non si ferma mai, non nel monotono centro perpendicolare dove penzola alla fine, come una bandiera senza vento, ma ad un angolo più vicino a un estremo che a un altro? Oh, se un miracolo avesse potuto fermare un pendolo a un angolo di sessanta gradi, si sarebbe potuto credere che lì fosse la verità. Beh, il pendolo oggi ha fatto la sua oscillazione, e invece di pensare al mio proprio corpo ho pensato a quello di Maurice. Ho pensato a certe righe che la vita ha tracciato sul suo viso, individuali quanto una riga dei suoi scritti. Ho pensato a una nuova cicatrice sulla sua spalla che non ci sarebbe stata se non avesse una volta cercato di proteggere il corpo di un altr'uomo da un muro crollante. Non mi aveva detto perché fosse rimasto all'ospedale per tre giorni: me l'aveva detto Henry. Quella cicatrice faceva parte del suo carattere quanto la sua gelosia. E così pensai: lo vorrei davvero che quel suo corpo fosse una esalazione (il mio sì, ma il suo?), e vidi che desideravo che quella cicatrice esistesse per tutta l'eternità. Ma avrebbe la mia esalazione potuto amare quella cicatrice? Così cominciai a desiderare quel mio corpo che io odiavo, ma soltanto perché sapeva amare quella cicatrice. Noi possiamo amare con la nostra anima, ma possiamo amare soltanto con quella? L'amore si estende continuamente, in modo tale che possiamo amare persino con le nostre insensibili unghie: amiamo perfino con i nostri vestiti, cosicché una manica può sentire una manica.

Richard ha ragione, pensai; noi abbiamo inventato la resurrezione dei corpi perché abbiamo bisogno dei nostri corpi, e non appena ebbi ammesso che aveva ragione e che quella era una fiaba che ci raccontavamo per darci conforto, non sentii più nessun odio per quelle statue. Erano come cattive illustrazioni a colori in un libro di Hans Andersen; erano come della brutta poesia, ma qualcuno aveva sentito il bisogno di disegnarle, qualcuno che non era tanto orgoglioso da nasconderle piuttosto che mettere in mostra la propria follia. Percorsi la chiesa fino all'estremità, passandole in rivista una per una: davanti alla peggiore di tutte - non so chi rappresentasse - un uomo di mezza età stava pregando. Si era posato accanto il tubino, con dentro rinvoltati in un giornale alcuni gambi di sedano.

Naturalmente anche su quell'altare vi era un corpo: un corpo così familiare, più familiare di quello di Maurice, che non mi aveva mai colpita come un corpo con tutte le parti di un corpo, anche le parti che il cencio sui lombi nascondeva. Mi ricordai di un altro corpo in una chiesa spagnola che avevo visitato con Henry, dove il sangue colava in tinta scarlatta dagli occhi e dalle mani. Mi aveva nauseata. Henry voleva che ammirassi i pilastri del dodicesimo secolo, ma io ero nauseata e volevo uscire all'aperto. Avevo pensato che quella gente amasse la crudeltà. Un'esalazione non potrebbe urtarvi col sangue e le urla.

Quando ero uscita sulla plaza, avevo detto a Henry: "Non posso sopportare tutte coteste piaghe dipinte". Henry era stato molto ragionevole; è sempre ragionevole. Mi disse: "Certo è una fede molto materialistica. Parecchia magia..."

"E' materialistica la magia?" chiesi io.

"Sì. Occhi di salamandra, zampe di ranocchi, dita di un neonato strangolatosi alla nascita. Non ci possono essere cose più materialistiche di queste. Nella messa credono ancora alla transustanziazione."

Ero al corrente di tutto ciò, ma avevo l'idea che fosse roba più o meno svanita con la riforma, salvo naturalmente per la povera gente. Henry mi corresse su questo punto (quante volte Henry non ha rimesso un po' d'ordine nei miei confusi pensieri). "Il materialismo non è esclusivamente un atteggiamento da povera gente" disse. "Alcuni dei cervelli più mirabili sono stati materialisti, Pascal, Newman. Così sottili in certe direzioni e così crudamente superstiziosi in altre. Un giorno forse sapremo perché: può essere una deficienza glandolare."

E così oggi ho guardato quel corpo materiale su quella croce materiale e mi sono chiesta: come avrebbe potuto il mondo inchiodarci un'esalazione? Una esalazione naturalmente non poteva sentire né pena né piacere. Era soltanto la mia superstizione che si figurava che potesse rispondere alle mie preghiere. Avevo detto: "Buon Dio"; avrei potuto dire "Buona esalazione". Avevo detto che Ti odiavo ma si può forse odiare un'esalazione? Potrei odiare quella figura sulla croce, con la sua pretesa alla mia gratitudine: "Ho sofferto questo per te...", ma un'esalazione... Eppure Richard credeva in meno ancora che un'esalazione. Odiava una favola, la combatteva, la prendeva sul serio. Io non potevo odiare Hänsel e Gretel, non potevo odiare la loro casina di zucchero, come lui odiava la leggenda del Cielo. Quando ero bimba, potevo odiare la regina cattiva in Biancaneve, ma Richard non odiava il suo diavolo della fiaba. Il diavolo non esisteva, e Dio non esisteva, ma tutto il suo odio era per la fiaba buona, non per quella malvagia. Perché? Alzai gli occhi verso quel corpo ultrafamiliare, teso da sofferenze immaginarie, la testa penzolante come quella di un assopito. Pensavo qualche volta di avere odiato Maurice, ma l'avrei forse odiato se non l'avessi anche amato? Oh Dio, se potessi veramente odiarti, cosa potrebbe significare ciò?

Sono forse una materialista, dopo tutto?, mi chiesi. Ho qualche deficienza glandolare per interessarmi così poco delle cose e cause veramente importanti e non superstiziose, come il comitato di beneficenza, l'indice del carovita e l'aumento delle calorie per le classi lavoratrici? Sono materialista perché credo nell'esistenza indipendente di quell'uomo in tubino, nel metallo di questa croce, in queste mani con cui non posso pregare? Supponiamo che Dio veramente esista, che abbia un corpo come questo, che male c'è nel credere che il suo corpo sia esistito quanto il mio? Potrebbe qualcuno amarlo o odiarlo se non avesse un corpo? Io non posso amare un'esalazione che è stata Maurice. E' volgare, è bestiale, è materialistico, lo so, ma perché non dovrei essere bestiale, volgare e materialistica? Sono uscita dalla chiesa bollente d'ira, e per sfidare Henry e tutti i razionalisti e i superuomini, ho fatto ciò che avevo visto fare alla gente nelle chiese spagnole: ho intinto il dito nell'acqua cosiddetta benedetta, e tracciato una specie di croce sulla mia fronte.