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...nulla rimaneva quando avevamo finito, salvo Te. Per nessuno dei due. Avrei potuto impiegare tutta una vita, spendendo un poco d'amore alla volta, diluendolo qua e là, su quest'uomo o su quello. Ma anche quella prima volta, nell'albergo vicino a Paddington, noi l'abbiamo speso tutto. Tu eri lì a insegnarci come sprecarlo, come avevi insegnato all'uomo ricco, in modo che un giorno non ci rimanesse nulla all'infuori di questo amore per Te. Ma sei troppo buono con me. Quando Ti chiedo dolore, Tu mi dai pace. Dalla anche a lui. Dagli la mia pace, ne ha più bisogno di me.

12 febbraio 1946

Due giorni fa ho avuto una tale sensazione di pace quiete e amore. La vita sarebbe ritornata felice, ma la notte scorsa ho sognato che stavo salendo una lunga scalinata per incontrare Maurice in cima. Ero tuttavia felice, perché quando avessi raggiunta la cima della scalinata dovevamo fare all'amore. Gli ho gridato che stavo arrivando, ma non è stata la voce di Maurice che mi ha risposto; è stata quella di un estraneo che ululava come il corno da nebbia che mette in guardia le navi smarrite, e mi ha fatto paura. Pensai: ha affittato il suo appartamento e se ne è andato, e non so dove sia, e ridiscendendo gli scalini l'acqua mi è salita più su della vita e l'entrata era piena di nebbia. Poi mi sono svegliata. Non sento più la pace. Non faccio che desiderarlo come solevo nei giorni andati. Desidero mangiare quei panini con lui. Bere insieme a lui nel bar. Sono stanca e non voglio più sofferenza. Buon Dio, Tu sai che voglio desiderare la Tua sofferenza, ma non la voglio ora. Toglimela per un poco e dammela un'altra volta.

 

Dopo di ciò cominciai il libro da principio. Non aveva fatto annotazioni quotidiane nel diario, e non desideravo affatto di leggere ogni annotazione. I teatri a cui era andata con Henry, i ristoranti, le feste - tutta quella vita di cui io non conoscevo niente aveva ancora il potere di ferirmi.